BUZZATI E LA MUSICA: UNA GRANDE PASSIONE

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BUZZATI E LA MUSICA: UNA GRANDE PASSIONE
BUZZATI E LA MUSICA:
UNA GRANDE PASSIONE
Buzzati ha sempre dimostrato una profonda predilezione per la musica
e per i musicisti classici. Considerava la musica come la più astratta
delle arti. Fin da giovane si era appassionato allo studio del violino e
del pianoforte. Non come piacere in sé, ma come interesse, curiosità e
passione.
Ho studiato da principio il violino. Io mi ricordo, proprio in questa
stanza qui, studiavo il violino — avrò avuto nove anni, allora — con
un accanimento folle. Tre ο quattro ore al giorno. [...] Ho amato
moltissimo la musica classica, ho avuto una passione tremenda per
Bach, di cui avevo comperato i dischi.1
Tale amore per la musica affiora spesso in tutta la sua narrativa, nei
suoi primi libri, da Bàrnabo delle montagne a Le notti difficili.
Si può chiaramente constatare con precisione che, rileggendo
attentamente la narrativa di Buzzati, il lettore vi trovi un segreto amore
per melodie e sottofondi musicali e sonori.
Che Dino Buzzati fosse sempre stato un uomo modesto e di
semplici gusti, tutti lo sanno. Nella sua umile casa c'erano sempre pochi
libri. I libri gli davano fastidio. Non amava la politica, nutriva disprezzo
per la filosofia e le scuole letterarie. Non capiva il bel mondo e le sue
riunioni mondane. Amava la musica. "Ma d'autunno mi ricordo che si
cantava, quando l'Ermeda faceva la grande caccia, [...] e il vecchio Da
Rin attaccava a suonare il violino." E durante le varie festività c'erano
sempre le fisarmoniche che suonavano in festa. E alla sagra di San
Nicola c'era sempre "un gran suonare di campane. Arrivano sulla piazza
mercanti forestieri, suonatori con armoniche, flauti e chitarre. [...] E
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cantano nella chiesa i cori della messa solenne."
Un continuo contrappunto di suoni si fa sentire attraverso quasi
tutto il racconto Il segreto del Bosco Vecchio in cui la musica giunge
a svelare tutto il suo fascino con Matteo, il vento di bonaccia. La gente
usciva dal piccolo villaggio e si riuniva nel bosco ad ascoltare per ore
ed ore la voce limpida di Matteo che cantava lieto e sereno. "Soffiando
in mezzo ai boschi, qua più forte, là più adagio, il vento si divertiva a
suonare; allora si udivano venir fuori dalla foresta lunghe canzoni, simili
alquanto ad inni sacri." E con il vento Matteo ci viene alla mente la
gazza ladra nei suoi incantevoli colloqui con il vento. In questo
racconto, Buzzati "entra in pieno in quel suo territorio di magia che non
dovrà, sino ad oggi, abbandonare più. Un singolare popolo di elfi, di
gazze parlanti, di turbini animati (come il vento Matteo) di gufi."
Nel romanzo Il deserto dei Tartari, affiorano più che sonorità vere
e proprie, certi effetti sonori con un ben definito sottofondo musicale.
Ciò valga ad esempio quel vago suono di tromba fra i monti all'arrivo
di Drogo sotto le mura della fortezza Bastiani, e i rumori durante la
prima notte come un lontano colpo di tosse, un ploc d'acqua nel
corridoio, un rumore da sotterranei, da acquitrini. Inoltre si notano qua
e là brevissimi momenti musicali come il monotono canticchiare dei
soldati, il dolce suono delle acque, il fischio d'un treno lontano, il
cinguettio d'un uccellino. Alcune sere dopo, nel grande silenzio della
fortezza, ecco apparire "ad uno ad uno, i trombettieri delle sette guardie
suonarono i ritornelli d'uso. Erano le famose trombe d'argento della
fortezza Bastiani [...]. L'ultimo squillo restò a lungo nell'aria, ripetuto
dalle lontane mura."
Durante la licenza di Drogo, tutta l'azione viene accompagnata da
una vera e propria tematica musicale fondamentale, basata sul pianoforte su cui il protagonista tenta di mettere insieme alcuni accordi,
mentre dalla via semideserta del paese giunge il lento rumore dei carri
e il sordo vocio dei passanti. Riabbassato il coperchio della tastiera.
Drogo scende in giardino, e fra il silenzio triste della notte gli giungono
incerti echi di valzer, mentre, più da lontano, lenti e melodici accordi
di piano risuonano nell'aria mite della sera. È questo, senza dubbio, un
momento musicale molto importante: questo suono di pianoforte che dal
sottofondo sale in alto e si espande tutto all'intorno, diventa davvero il
protagonista dell'intero periodo di licenza. Al suo ritorno fra le alte
mura della fortezza, Drogo, totalmente solo nella sua cameretta, scrive
alla mamma, e ripensa ai rumori di casa sua, della sua città, con gli
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orologi che suonano l'ora, uno dopo l'altro, con suoni diversi, e i
giovani spensierati che ridono con gioia al suono del piano. E alla fine,
mentre Drogo sta per morire in una squallida stanzetta d'una locanda,
sente "di sotto, nella sala comune, un uomo, poi due insieme, si erano
messi a cantare, una specie di canzone popolare di amore." Sono tutti
suoni che ripetono cari ricordi, che parlano di vecchie storie, di
momenti felici. Sono tutte note piene d'una profonda umanità.
Ma una notevole messe di argomenti e di riferimenti musicali veri
e propri si possono constatare nei Sessanta racconti. Nel quadro di vita
borghese troviamo la signora Ermelinda la quale, nell'interessante
racconto Il cane che ha visto Dio, si serve dell'organista del duomo per
far insegnare il canto alla sua bambina, appassionata di musica, e che
veniva in chiesa solo per ascoltarla nel bel canto del Magnificat anima
mea Dominum. E la signorina Irene ne Le precauzioni inutili la quale
si sente rinascere sana, giovane, felice e piena d'amore solo ascoltando
le semplici note di una vecchia canzone. "Da una vicina casa viene una
breve onda di suono. Qualcuno ha la radio accesa ο fa andare il
grammofono, e una finestra è aperta e poi subito chiusa. È bastato. Sei
sette note, non di più, la sigla di un vecchio motivo, la sua canzone."
Inoltre ci sono occasioni musicali rivissute attraverso la fantasia. In
24 marzo 1958. la casa degli Angeli situata alla periferia del nostro
pianeta, è tutta invasa da una musica celeste e divina. "Suonano e
cantano, lassù. E non esiste involucro grosso abbastanza [...] che possa
chiudere il varco a quelle note, più belle di quanto noi possiamo
sopportare."
Alle volte si trovano delle precise citazioni di musicisti autentici
come Backaus, Cortot, Beethoven, Brahms, Purcell e altri. Ne La notizia
ecco la divertente figura eroicomica del maestro Saracino, direttore
d'orchestra, mentre dirige la inesistente sinfonia n. 8 di Brahms. "Il
maestro Arturo Saracino, di 37 anni, già nel fulgore della fama, stava
dirigendo al Teatro Argentina la Ottava Sinfonia di Brahms in la
maggiore."
E accanto al direttore Saracino ne troviamo un altro, il compositore
illuso. Augusto Gorgia, che appare ne Il musicista invidioso. Sono tutti
e due nient'altro che rappresentanti delle categorie musicali più facili al
fallimento dove ogni speranza naufraga, e la presunzione finisce spesso
nel vuoto della solitudine.
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Il compositore Augusto Gorgia, uomo invidiosissimo, già al colmo
della fama e dell'età, una sera passeggiando da solo nel quartiere, udì
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un suono di pianoforte uscire da un grande casamento. Augusto si
fermò. Era una musica moderna però diversa dal tipo che faceva lui
ο da quella che facevano i colleghi; di simile non ne aveva mai
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sentita.
E da quella sera in poi, il tarlo dell'invidia cominciò a fermentare nel
suo animo. Un nuovo astro nel campo della musica era già sorto, un
genio da tanto atteso e che non era proprio lui.
Ma più che altrove, in Paura alla Scala, compaiono numerose e
acute argomentazioni musicali con una certa venatura ironica ο con un
pizzico di scetticismo. Tutto questo lungo racconto è totalmente
ambientato nel celebre teatro milanese in cui il pubblico è riunito per
la prima rappresentazione di La strage degli innocenti, opera del
compositore Pierre Grossgemüth, ed eseguita dal maestro Claudio
Cottes. "Fu un grande successo. È molto dubbio che in tutta la sala ci
fosse uno a cui la musica della Strage piacesse sinceramente. [...]
Inoltre: quando mai, con le opere moderne, ci si era divertiti?" E di
tale concetto c'è una conferma di Buzzati stesso in cui affermava:
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Ho amato moltissimo la musica classica. Ho avuto una mania
tremenda per Bach. Ma se faccio un bilancio della mia vita, [...] in
fondo è stata più efficace su di me la così detta musica leggera, certa
musica centro-americana, certa musica spagnolesca, certe canzoni
anche. Erano cose che mi commovevano alle volte più che la musica
classica. Lo confesso.
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A Buzzati piaceva tanto la musica elettronica, il che appare chiaro
ne Il grande ritratto. Un gruppo di scienziati da anni lavorano al
Numero 1, un gelido impianto segreto, in una valle impervia, tra fili,
schermi, manopole, antenne. S'incontrano qua e là, sfuggevoli acceni a
sonorità musicali insolite, quali "un triplice suono di corno," "un suono
di clacson," "il rumore di una saracinesca," "il rumore della pioggia,"
"un suono di campana," e via dicendo. Si sentono inoltre varie voci che
vengono dall'alto, accompagnate da misteriosi suoni di tromba, ma che
non sembrano voci d'uomo. Sono tutti tipici effetti da studio di
fonologia che giungono addirittura ad una specie di programmazione
analitica del suono, quando Olga Strobele sente Giancarlo allontanarsi
e le voci perdersi lontano:
Ma, confuso con questo brulichio di infinitesime voci, un altro suono.
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Anch'esso vasto, indefinibile fatto di una quantità innumerevole di
particelle che formavano un coro di sussurri, soffi, scatti, battiti,
tremiti, strisciamenti, esili fischi, sospiri, remoti tonfi, echi di lontane
cavità in vibrazione, soffice vorticare di ruotismi, fruscii di
condutture, flussi viscosi, elastici contatti.
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Una larga narrazione degli ambienti e dei personaggi del mondo
della musica si trova nel romanzo Un amore. Si tratta d'una musica
d'un tono completamente diverso, se così si può dire. S'incontrano
spesso canzoni piuttosto rozze e, qualche volta anche volgari, che
cantano storie di caserme e d'osteria, con doppi sensi. Ecco la ballerina
e cantante Laide che si mette a eseguire un repertorio di canzoni "uscite
dalle lontanissime profondità del popolo, rozze e volgari, forse senza
nostalgie e languori, [...] ma secche ed autentiche." E mentre lei balla
e canta, alla ribalta, attorno ad un pianoforte verticale, si possono
scorgere il direttore d'orchestra, il compositore, il coreografo.
Nei vari racconti de Il Colombre, ci sono innumerevoli echi di
musica, folate di jazz e di musica leggera, provenienti da vecchi e
sgangherati giradischi ο da pianoforti stonati. Ci sono comunque due
interessanti personaggi musicali. Nel racconto E se appare un illustre
compositore. "Egli era il Grande Musicista che poco prima al Teatro
Imperiale dell'Opera aveva udito le note del suo capolavoro lievitare ed
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espandersi nel cuore del pubblico anelante." In secondo luogo
incontriamo una pianista dilettante la quale, seduta ad un pianoforte a
mezza coda esegue "un improvviso di Schubert." Altri personaggi
musicali entrano in scena nel racconto Il vento dove Buzzati raggiunge
un'efficacia espressiva propriamente musicale attraverso la concezione
di vocaboli e di fonemi interrotti dalle raffiche del vento. E dalla prosa
compenetrata dal concetto, egli approda a semplici interiezioni fino ad
incontrale la musica.
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Aooo! Aooo! non udii altro. E poi il vuum vuum del [...] Cosa? cosa?
ur [...] Gridò anche lei, sul [...] libera, fel [...] La sua faccia era vic
[...] due occhi così grandi e spav [...],come una gig [...] molla di ferro
lib [...].
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Ne La Torre Eiffel, gli operai che, finito di mangiare e di giocare,
intonano "i grandi cori delle illusioni e delle vittorie." E nella Ragazza
che precipita, mentre piomba velocemente verso il basso, giungono alle
sue orecchie dall'interno degli appartamenti echi di musica, "fiotti sparsi
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e confusi di musiche."
Il Poema a fumetti, in cui Buzzati narra il viaggio di Orfi agli
Inferi, non è altro che un sogno musicale in quanto si svolge al suono
conduttore delle canzoni del protagonista accompagnate dalla sua
chitarra. "E allora, — portato dal — vento della — disperazione — si mise
a — cantare — una — canzone — che comincia — con TOC TOC." Orfi
infatti canta sempre, canta perfino per la Diavolessa per ottenere da lei
dove fosse la sua amata Eura. "Io sono Orfi, lo dimentichi? — Con le
mie canzoni [...] sono arrivato fino a te — ades — so canterò la storia
più bella, canterò l'amore che — qui non avete." E fra tutte queste
tavole a colori la più bella forse è quella dedicata a Chopin: "Ti ricordi
la sera — che i due si baciavano — e tu, solo? Chopin discese — dalle
mansarde di Dio — ti colpì per sempre alla nuca — facendoti grande e
felice." E sul treno lugubre dei morti troviamo anche il celebre
Toscanini con gli altri titolati che vengono definiti in mi maggiore.
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Pochissimi sono gli accenni musicali ne I miracoli di Val Morel
ove le immagini, i vari ex voto e le altre tavole prendono il sopravvento
sul testo. Incontriamo comunque un vecchio conte dai capelli lunghi,
pallidissimo e macilento che sta suonando il pianoforte. È il derelitto
conte Gualtiero Santi ne Il labirinto. Nel racconto Serata asolana viene
presentata una lieta compagnia di amici che si radunano in una villa sui
Colli Asolani. Giocano, brindano, ammirano il paesaggio e cantano
accompagnati da "musiche esilaranti." Ci è pure introdotta la traduzione
di una vecchia canzone popolare del Cadore: "Quando la luna — vien
su dai monti — Listilina sola soletta — vola vola vola vola — a far
l'amor - ."
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Nell'ultimo libro di Buzzati, Le notti difficili, appaiono diverse
citazioni di nomi e di fatti del mondo musicale. Si tratta sempre però di
ricorrenze musicali che, come cellule deliranti passano dal vortice della
fantasia in situazioni eccentriche ο paradossali. In Sulla cresta
dell'onda, un gruppo di suonatori su una zattera esegue vari pezzi
musicali sotto la direzione d'un celebre maestro. "Io sono il maestro
direttore della banda musicale che esegue festeggiamenti sulla cresta
dell'onda [...]. Coraggio. Una volta tanto, attacchiamo la famosa Scalata
del cielo di Widmar Johannsen, massima glorificazione in re
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maggiore."
Più si legge e si rilegge Buzzati, più ci si accorge che il senso della
musica è in lui una travolgente passione, nata dall'ambiente in cui è
nato e cresciuto: il Cadore con le sue montagne, tra foreste di pini,
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lungo i ruscelli, tra suoni e fragori di cascatene, e gli echi delle valli.
Tutta la narrativa di Buzzati genera un'atmosfera che è parte del regno
della poesia, della pittura e della musica.
ALDO FINCO
Texas Tech University,
Lubbock, Texas
NOTE
1
Dino Buzzati, Un autoritratto. Dialoghi con Yves Panafieu (Milano:
Mondadori, 1973), pp. 34-5.
Buzzati, Bàrnabo delle montagne (Milano: Garzanti, 1957), p. 20.
Ibid., p. 46.
Buzzati, Il segreto del Bosco Vecchio (Milano: Garzanti, 1957), p. 106.
Luciana Pietrosi, "Dino Buzzati," Italica XLII, No. 4 (1965), 395.
Buzzati, Il deserto dei Tartari (Milano: Mondadori, 1945), p. 53.
Ibid., p. 295.
Buzzati, Sessanta racconti (Milano: Mondadori, 1958), p. 437.
Ibid., p. 304.
Ibid., p. 529.
Ibid., p. 325.
Ibid., p. 136.
Buzzati, Un autoritratto, op. cit., pp. 34-5.
Buzzati, Il grande ritratto (Milano: Mondadori, 1960), p. 137.
Buzzati, Un amore (Milano: Mondadori, 1963), p. 218.
Buzzati, Il Colombre (Milano: Mondadori, 1966), p. 64.
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Ibid., p. 233.
Buzzati, Poema a fumetti (Milano: Mondadori, 1969), p. 50.
Ibid., p. 204.
Ibid., p. 145.
Buzzati, I miracoli di Val Morel (Milano: Mondadori, 1971), p. 18.
Buzzati, Le notti difficili (Milano: Mondadori, 1971), p. 318.
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