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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa 33 3.3 Criosfera (ghiacciai, neve e ghiaccio) 3.3.1 Ghiacciai Messaggi chiave • • • • In otto delle nove regioni glaciali europee i ghiacciai si stanno ritirando, coerentemente con la tendenza a livello globale. Dal 1850 al 1980 i ghiacciai alpini si sono ridotti di circa un terzo in superficie e della metà in massa e dal 1980 ad oggi hanno perso un altro 20-30% in massa. La caldissima estate siccitosa del 2003 ha infine provocato la perdita di un ulteriore 10%. L’attuale ritiro dei ghiacciai alpini è arrivato a livelli mai raggiunti negli ultimi 5.000 anni. È probabile che il fenomeno continui e, nel 2050, si prevede che circa il 75% dei ghiacciai delle Alpi Svizzere saranno scomparsi. Figura 3.4 Bilancio netto cumulativo delle regioni glaciali europee. 30 000 Cumulative specific net balance (mm) 20 000 10 000 0 – 10 000 – 20 000 – 30 000 20 00 19 95 19 90 19 85 19 80 19 75 19 70 19 65 19 60 19 55 19 50 19 45 – 40 000 Year Nigardsbreen (NO) Au. Broeggerbr. (NO) Aalfotbreen (NO) Saint Sorlin (FR) Maladeta (ES) Gries (CH) Hofsjokulln (IS) Hintereis F. (AT) Vernagt F. (AT) Careser (IT) Storglaciaeren (SE) Sarennes (FR) Fonte: Frauenfelder, WGMS, 2003. Rilevanza Con l’esclusione della Groenlandia, circa 54.000 km_ del territorio europeo sono coperti dai ghiacciai: il 68% è localizzato nelle isole Svalbard, il 21% in Islanda, il 6% in Scandinavia e il 5% su Alpi e Pirenei. I ghiacciai montani sono particolarmente sensibili al cambiamento climatico perché la CC impacts-260804 ok.indd 33 loro temperatura è molto vicina al punto di fusione del ghiaccio. Le variazioni di massa, volume, area e lunghezza dei ghiacciai sono uno dei più chiari segnali del cambiamento climatico su un sistema naturale e i ghiacciai sono quindi considerati indicatori chiave della scoperta dei trend di riscaldamento legati all’effe�o serra globale. (IPCC, 2001a). 21-12-2004 16:30:29 34 Gli impatti del cambiamento climatico in Europa Trend previsti Source: XXXXX Ghiacciaio Vernagt (Austria) Fonte: Weber; BAdW/kfG; 1985, 2000. Se la massa ghiacciata si riduce, nel lungo periodo è destinata a diminuire anche l’acqua di scioglimento che alimenta i fiumi, nonchè il livello del mare. Il processo di fusione favorisce un aumento di incidenti rischiosi, come la ro�ura dei laghi glaciali e le valanghe, inoltre il ritiro dei ghiacciai ha conseguenze negative sul turismo e sugli sport invernali e riduce l’a�ra�ività dei paesaggi montani. Le variazioni del ciclo idrologico portano ad una minore disponibilità di acqua da utilizzare per usi potabili, irrigui ed idroele�rici. La crescita degli incidenti rischiosi potrebbe causare danni alle infrastru�ure. L’incertezza sugli andamenti osservati è limitata, mentre è maggiore quella sugli andamenti previsti, per via della conoscenza incompleta del sistema del clima, in particolare dei fenomeni di neve estiva nelle aree montane. CC impacts-260804 ok.indd 34 La dinamica dei ghiacciai può essere rappresentata dai siti meglio esplorati in ognuna delle nove regioni europee: in quasi tu�e queste aree si è osservata una perdita generalizzata di massa glaciale, dopo il cosidde�o ‘grande arresto dei ghiacciai’ a metà del diciannovesimo secolo. I ghiacciai alpini hanno perso un terzo in superficie e la metà in massa tra il 1850 ed il 1980, ed oggi si registra un’accelerazione del tasso di perdita di volume e di area glaciale (Dyurgerov, 2003). Per esempio i ghiacciai alpini dal 1980 hanno perso circa il 20-30% del volume e la caldissima estate siccitosa del 2003 ha comportato una ulteriore perdita del 10% (Haeberli, 2003). L’a�uale ritiro dei ghiacciai alpini sta avvenendo a livelli mai raggiunti negli ultimi 5.000 anni (IPCC, 2001a). Quasi tu�i i ghiacciai europei si stanno ritirando, stanno perdendo massa e volume a causa delle estati più calde e della mancanza di nevicate estive. Soltanto quelli della costa norvegese stanno crescendo, essendo aumentate, in questa regione, le nevicate invernali, anch’esse per effe�o del cambiamento climatico (IPCC, 2001a). Trend previsti I ghiacciai e le aree montane delle nevi perenni sono in tu�o il mondo le regioni più vulnerabili al continuo e crescente cambiamento del clima. Modelli di studio di specifici ghiacciai indicano che in futuro il continuo ritiro indo�o dal riscaldamento globale crescerà. (Wallinga e van de Wal, 1998; Haerberli e Beniston, 1998). Probabilmente entro il 2035 la metà dei ghiacciai svizzeri oggi esistenti - entro il 2050 i tre quarti - saranno scomparsi (Maisch e Haeberli, 2003). Il ritiro continuo dei ghiacciai influenzerà negativamente le a�ività di sci estivo e ridurrà il turismo e i relativi benefici economici delle regioni interessate (Bürki et al., 2003), inoltre ci potranno essere impa�i negativi a scala regionale sul fronte delle risorse idriche. 21-12-2004 16:30:32 Gli impatti del cambiamento climatico in Europa 35 3.3.2 Copertura nevosa Messaggi chiave • • Dal 1966 l’estensione della copertura nevosa annuale nell’emisfero boreale si è ridotta circa del 10%. Tra il 1971 e il 1994 nel territorio compreso tra il 45° N e il 75° N la stagione delle nevicate si è accorciata mediamente di 8,8 giorni/decennio. Si prevede che l’estensione della copertura nevosa nell’emisfero boreale si ridurrà ulteriormente. Figura 3.5 Scarto mensile dell’estensione di copertura nevosa nell’emisfero boreale (compresa Groenlandia). Figura 3.6 Scarto stagionale della copertura nevosa (linea a tratto continuo) e della temperatura (linea tratteggiata). 2 1.0 1 0.5 0 0 –1 – 0.5 –2 – 1.0 10 8 Km2 x 106 Km2 x 106 6 4 2 0 –2 Temperature deviation (˚C) • Year 19 19 6 19 6 6 19 8 7 19 0 7 19 2 7 19 4 7 19 6 7 19 8 8 19 0 8 19 2 8 19 4 8 19 6 8 19 8 9 19 0 9 19 2 9 19 4 9 19 6 9 20 8 00 –6 7 19 2 7 19 4 7 19 6 7 19 8 8 19 0 8 19 2 8 19 4 8 19 6 8 19 8 9 19 0 9 19 2 9 19 4 9 19 6 98 –4 Year Note:gli scarti si intendono rispetto alla media mobile su 12 mesi calcolata su un campione di 30 anni (linea piena) Fonte: IPCC, 2001a. Note: gli scarti si intendono rispetto alla media trentennale. Fonte: IPCC, 2001a. Rilevanza dalla neve, nell’emisfero boreale (NHL) l’estensione raggiunge il massimo di circa 46 milioni di km2 (circa il 50% del NHL) in gennaio e febbraio e il minimo di circa 4 milioni di km2 in agosto (Armstrong e Brodzik, 2001). La copertura nevosa è un importante meccanismo di feedback del sistema climatico: essa dipende da numerosi fa�ori climatici, per esempio dalla temperatura e dalla radiazione solare, e a sua volta influenza il clima e i sistemi ad esso correlati, come la riflessione solare, l’isolamento termico, l’idrologia e la lunghezza della stagione vegetativa. La riduzione della copertura quindi comporta una riduzione della riflessione di radiazione solare, contribuendo all’accelerazione del cambiamento climatico. Più del 30% della superficie terrestre in alcune stagioni dell’anno è coperta CC impacts-260804 ok.indd 35 La neve influenza le portate fluviali, la vegetazione (isolamento termico) e la fauna (percorsi migratori), inoltre la riduzione della copertura colpisce negativamente gli sport ed il turismo invernali, così come la produzione di energia idroele�rica con le acque derivanti dallo scioglimento delle nevi. D’altra parte il fenomeno riduce i problemi di manutenzione invernale di strade e ferrovie, con un conseguente miglioramento dei trasporti. 21-12-2004 16:30:33 36 Gli impatti del cambiamento climatico in Europa nevi svizzere si sono documentate variazioni di lungo periodo (Laternser, 2001): in alta quota registrano scarse variazioni ma a quote medie e basse si evidenziano notevoli cambiamenti. La riduzione della durata della copertura nevosa sulle Alpi è dovuta al precoce scioglimento primaverile delle nevi e alle nevicate autunnali tardive. Sulle Alpi svizzere nel periodo 1931-1999 lo spessore medio e la durata sono cresciuti gradualmente fino ai primi anni ’80 con interruzioni significative alla fine degli anni ’50 e nei primi ’70, seguite da una riduzione verso la fine del secolo. Fonte: M. Zebisch, 2004. Se i dati nivologici registrati da sistemi remoti dalla metà degli anni ’60 e le misurazioni terrestri hanno un’incertezza limitata, altre�anto non si può dire per la previsione dei valori dell’indicatore, che risulta incerta per la conoscenza incompleta del sistema climatico e per la dipendenza da molti parametri non climatici, come la topografia e la copertura della vegetazione. Trend osservati I dati registrati da satellite (Figure 3.5 e 3.6) mostrano dal 1966 nell’emisfero boreale una riduzione della copertura nevosa del 10%, verificatasi per effe�o dell’aumento della temperatura del suolo (IPCC, 2001a), specialmente in primavera e in estate, con anche una forte riduzione dalla metà degli anni ’80, sia nel continente eurasiatico che in quello americano (Robinson, 1997, 1999). Tra il 1971 e il 1994 nel territorio compreso tra i paralleli 45° N e 75° N i giorni senza neve sono cresciuti in media di 8,8 (± 1.7) unità ogni 10 anni (Dye, 1997). Anche per le CC impacts-260804 ok.indd 36 Trend previsti Si stima che al crescere del riscaldamento globale nelle aree dove oggi nevica presto pioverà: per ogni incremento termico di 1° C la linea delle nevi perenni si innalza di circa 150 metri, con un conseguente minore accumulo nevoso a bassa quota. Contrariamente ci potrebbe essere un maggiore accumulo nevoso al di sopra della linea delle nevi perenni, nelle zone in cui nevicherebbe di più (IPCC, 2001a). I modelli climatici mostrano che sulle Alpi e sui Pirenei si verificheranno inverni più miti con maggiori piogge ed estati più calde e secche (Beniston et al., 1995), queste condizioni favoriscono la riduzione della copertura nevosa montana perché nelle regioni temperate la temperatura della neve è molto vicina al punto di fusione e perciò essa è sensibilissima alle variazioni termiche. Nei prossimi decenni le nevicate a bassa quota diventeranno sempre meno prevedibili ed affidabili (Bürki et al., 2003) e quindi circa la metà delle stazioni sciistiche di Svizzera, Germania, Austria e dei Pirenei avranno maggiori difficoltà ad a�rarre turisti. 21-12-2004 16:30:34 Gli impatti del cambiamento climatico in Europa 37 3.3.3 Ghiacci marini artici Messaggi chiave Tra il 1978 e il 2003 l’estensione del ghiaccio Artico si è ridotta di più del 7%. Dal 1985-1976 al 1993-1997 lo spessore è diminuito in media del 40% con una forte variabilità geografica. Dal 1979 al 1996 per gran parte del territorio coperto dai ghiacci perenni del mare Artico la durata del periodo estivo di scioglimento è cresciuta di 5,3 giorni/decade (8%). Le previsioni mostrano che probabilmente entro il 2100 il mare Artico sarà privo di ghiaccio nella stagione estiva. • • • • Figura 3.7 Scarti mensili della superficie ghiacciata del mare Artico 2.0 Deviation (millions of km²) 1.5 1.0 0.5 0.0 – 0.5 – 1.0 03 20 01 20 99 19 97 95 19 19 93 19 91 19 89 19 87 85 19 83 19 81 19 79 19 19 77 19 75 19 19 73 – 1.5 Year Monthly deviation Smoothed monthly deviation Note: gli scarti si intendono relativi alla media mensile calcolata su 30 anni. Fonte: N. Rayner, UKMO, 2004. Figura 3.8 Variazioni stagionali dello spessore del ghiaccio sottomarino artico 4.0 Mean sea ice draft (Metres) 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 Chukchi Cap (5) Beaufort Sea (5) Canada Basin (6) North Pole (5) Nansen Basin (6) Eastern Arctic (2) All regions (29) Regions 1958–1976 1993–1997 Note: Sea ice draft is the subsurface fraction of the ice thickness. Fonte: Rothrock et al., 1999. CC impacts-260804 ok.indd 37 21-12-2004 16:30:35 38 Gli impatti del cambiamento climatico in Europa Rilevanza Lo strato ghiacciato del mare Artico è una parte fondamentale del sistema climatico: la sua variazione influenza la riflessione della radiazione solare e gli scambi di calore tra oceano e atmosfera; esso modifica la stratificazione dello strato superiore dei mari nordici e le circolazioni termoaline, come la Corrente Atlantica Se�entrionale. Le modificazioni osservate dell’estensione dello strato ghiacciato del mare Artico costituiscono una prova iniziale del riscaldamento globale. I trend di lungo periodo della superficie e dello spessore ghiacciato sono il risultato delle variazioni della circolazione atmosferica e delle derive oceaniche così come la termometria e la pluviometria regionali e globali. Lo strato ghiacciato del mare Artico ha una grande rilevanza per le realtà biofisiche e socio-economiche della regione artica e dei dintorni: la sua riduzione infa�i me�e in pericolo gli habitat di orsi polari, foche e trichechi ma aumenta la capacità dell’oceano di immagazzinare carbonio, poiché dallo scioglimento si avrebbe una maggior quantità di acqua fredda oceanica. La riduzione dei ghiacci marini artici influenza anche gli habitat delle popolazioni locali, le a�ività i�iche e facilita i trasporti via mare; inoltre rende le coste più esposte al maltempo e all’erosione, minacciando gli edifici e favorendo la dispersione degli inquinanti presenti nelle acque. I dati utilizzati per studiare questo indicatore provengono principalmente dai sistemi di rilevamento remoti e la loro incertezza è quindi limitata, tu�avia, essendo spesso lo spessore dello strato ghiacciato misurato dal basso con sonar localizzati su so�omarini militari, l’accesso ai dati è limitato e parziale. Alcuni satelliti, come il Cryosat in partenza nel prossimo futuro, miglioreranno la disponibilità dei dati. L’incertezza nell’a�ribuzione delle variazioni dell’indicatore al cambiamento climatico è il risultato dell’incertezza di cui sono affe�e le previsioni della variazione del ghiaccio marino. Trend osservati Il riscaldamento della regione artica è il massimo registrato globalmente, con una Fonte: H. Bäsemann, 2004. CC impacts-260804 ok.indd 38 21-12-2004 16:30:39 Gli impatti del cambiamento climatico in Europa crescita di 5° C nel XX secolo su vaste aree (IPCC, 2001). Nella prima metà del ‘900 l’estensione del ghiaccio artico è rimasta essenzialmente costante in tu�e le stagioni, a�orno al 1950 la superficie minima estiva ha iniziato a ridursi ed infine, a partire dal 1975 anche la superficie massima invernale ha fa�o rilevare lo stesso trend. Assessment - ACIA) a cui si rimanda per ulteriori analisi de�agliate. I rilievi dal satellite evidenziano dal 1978 al 2003 una riduzione costante del ghiaccio marino almeno del 7,4% (Johannessen et al., 2002, 1995; Bjørgo et al., 1997, Cavalieri et al., 1997; WMO, 2002), con un minimo nel se�embre 2002 (Johannessen et al., 2002) (Figura 3.7). Dai primi anni ’90 si registra anche un evidente trend negativo nella concentrazione marina di ghiaccio (percentuale della superficie del mare Artico ricoperta dal ghiaccio) (Loewe, 2002). I modelli climatici simulano bene il ritiro osservato dei ghiacci marini artici, e sia i trend modellati che quelli misurati sono molto lontani da andamenti di origine naturale: ciò sta ad indicare che dal 1950 il fenomeno è dovuto al citato riscaldamento artico, conseguenza di impa�i dire�i e indire�i del cambiamento climatico (Moritz et al., 2002). Nonostante la variabilità regionale il valor medio dello spessore dello strato ghiacciato artico si è rido�o del 40% dal periodo 1958–1976 al periodo 1993–1997 (Rothrock et al., 1999) (Figura 3.8). Nel decennio 19912000 nella tarda stagione estiva lo spessore della calo�a polare artica si è rido�o di circa il 20% (Haas, 2004), dato confermato anche da uno studio pubblicato recentemente (Overland et al., 2004). Al termine del 2004 sarà pubblicata la Valutazione di Impa�o Climatico sull’Artico (Arctic Climate Impact Dalle simulazioni del modello climatico globale relativo al ghiaccio del mare Artico si stima che l’asso�igliamento massimo dello spessore ghiacciato sarà di 0,06 metri per °C e che la durata della fase liquida crescerà di circa 7,5 giorni per °C (IPCC, 2001). CC impacts-260804 ok.indd 39 39 Dal 1979 al 1996 su gran parte del mare Artico ghiacciato la durata della stagione estiva (numero di giorni la cui temperatura è superiore allo zero) è cresciuta di 5,3 giorni/ decade (8%) (IPCC, 2001a). Trend previsti Al 2050 l’estensione del ghiaccio marino sarà inferiore dell’80% rispe�o a quella della metà del XX secolo e per la fine del secolo esso sarà completamente assente durante la stagione estiva (Johannessen, 2002). 21-12-2004 16:30:39