Musica Mannheimer Philharmoniker

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Musica Mannheimer Philharmoniker
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Musica
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Sinfonica
Mannheimer
Philharmoniker
Francesca Dego
violino
Boian Videnoff
direttore
Sinfonica
martedì 28 febbraio
Mannheimer Philharmoniker
Ritratti di artisti allo specchio
Francesca Dego
violino
di Gregorio Moppi
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concerto realizzato nell’ambito del progetto
Circolazione Musicale in Italia
promosso dal CIDIM
programma
Richard Strauss (1864 – 1949)
Träumerei am Kamin, Interludio Sinfonico
dall’opera Intermezzo, Op.72
Johannes Brahms (1833 – 1897)
Concerto per violino in Re Maggiore, Op. 77
Allegro non troppo
Adagio
Allegro giocoso, ma non troppo vivace
Robert Schumann (1810 – 1856)
Sinfonia N° 4 in Re Minore, Op. 120
Ziemlich langsam – Lebhaft
(Moderatamente lento – vivace)
Romanze
Scherzo e Trio
Langsam - Lebhaft – Schneler – Presto
(Lento – Vivace – Più Presto)
L’appartamento di Eduard Dahlhütte, a Francoforte, straborda di
libri. Gli scaffali alle pareti non ne potrebbero alloggiare uno di più, né
al muro si trova spazio per conficcarne altri, di scaffali. Pile di volumi
si innalzano dal pavimento simili a colonne tortili e occupano ogni
superficie orizzontale, compreso il letto e l’interno del forno a microonde
evidentemente mai adoperato. A ottant’anni, e sessanta di studi,
Dahlhütte è venerato come il pontefice della musicologia germanica.
Fondamentali i suoi saggi sul romanticismo (Non esistono solo i
Notturni) e sull’opera dell’Ottocento (Il wagneriano pugnace, Il belliniano
arrendevole e «Cessate queste strida». Storia sociale del melodramma).
Con la sua risaputa disponibilità, ha accettato di illustrarci il concerto
odierno.
Professor Dahlhütte, il primo pezzo in programma, di Richard
Strauss, è un quadretto autobiografico, giusto?
«Lo è l’opera da cui è tratto, Intermezzo. Strauss, al culmine della fama
dopo la scandalosa Salome e la nostalgia per il Settecento mozartiano
espressa nel Cavaliere della rosa, cominciò a pensarci negli anni della
Grande Guerra. Per il libretto fece da sé, siccome non trovò nessun
poeta disponibile a scriverglielo - neppure il suo collaboratore abituale
Hugo von Hofmannsthal, cui ripugnava un soggetto del genere».
Che cosa racconta Intermezzo?
«Beghe di casa Strauss. Richard, borghese pragmatico nipote di un
birraio bavarese, adorava mettere in piazza la sua quotidianità. L’aveva
già fatto nella Symphonia domestica, album sonoro di istantanee familiari
raffiguranti se stesso, la moglie Pauline, il figlioletto Franz detto Bubi,
il parentado, e i giochi del bimbo, le sculacciate, l’idillio notturno dei
coniugi, i loro litigi. Intermezzo sviluppa in chiave umoristica un qui pro
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Boian Videnoff
direttore
Intervista immaginaria con il più grande
musicologo tedesco mai esistito
Tra questi vi è Träumerei am Kamin, “Sogno presso il
camino”.
«Uno dei quattro pezzi sinfonici che il compositore pubblicò a parte.
Il camino è quello della villa di famiglia, a Garmisch, riprodotta anche
dallo scenografo per la première dell’opera. La scrittura straussiana,
d’un languore morbido e polposo, richiama il tepore rassicurante degli
affetti domestici».
Passiamo adesso al Concerto per violino di Johannes Brahms.
«Dal debutto di Intermezzo dobbiamo risalire indietro nel tempo di
quasi mezzo secolo. Al 1878, quando Brahms contendeva a Richard
Wagner la primazia di maggior compositore tedesco in attività. Solo
che, da oltre un decennio, l’amburghese Brahms aveva scelto per
patria d’elezione Vienna: un modo per offrirsi emblematicamente
come erede del trifoglio classico Haydn-Mozart-Beethoven. Così,
mentre il superuomo Wagner componeva drammi musicali ispirati
al medioevo germanico e alla mitologia nordica da rappresentare
nel suo teatro-tempio di Bayreuth appena inaugurato, Brahms si
dedicava alla musica pura e a generi codificati da un secolo: sonate,
quartetti, concerti, sinfonie. Per lui, il segregarsi dentro le gabbie della
tradizione rappresentava uno scudo contro l’angoscia del vivere».
Si può definirlo un conservatore?
«Lo si è creduto a lungo. Finché nel 1933, centenario della nascita,
un saggio di Arnold Schönberg non ha dimostrato come, in Brahms e
Wagner, il trattamento del materiale musicale sia simile. Le composizioni
di tutt’e due germogliano da pochissime note, da piccole cellule
tematiche, alla maniera di un albero frondoso che vien su da un semino.
È il medesimo procedimento creativo che guidava Bach e Beethoven; lo
si ritrova in Schönberg e nei suoi scolari Berg e Webern».
Come nasce il Concerto op. 77?
«È un omaggio a Josef Joachim, stupefacente violinista e amico di
vecchia data che al principio degli anni Cinquanta aveva presentato
Brahms a Robert Schumann. Incontro che aveva mutato radicalmente
la vita del giovane d’Amburgo, poiché Schumann, prima di perdere il
senno ed essere rinchiuso in manicomio, si era prodigato a diffonderne
il nome nel mondo musicale. Al contempo, però, lo aveva caricato di
un fardello gravoso: proseguire sulla strada tracciata da Beethoven, per
superarlo. Brahms, già predisposto per natura all’autocritica feroce, da
un tal lascito rischiò di venir schiacciato. Tenacia, talento e applicazione
instancabile al lavoro lo salvarono, e all’epoca della stesura del Concerto
la soggezione nei confronti di Beethoven (e Schumann) poteva dirsi
superata».
Eppure durante la composizione chiedeva di continuo il parere
di Joachim, no?
«Per tutta la vita, prima di proporre al pubblico o dare alle stampe una
partitura, Brahms la sottoponeva al giudizio di alcuni ‘consulenti’ di cui
teneva i giudizi in gran conto. Joachim era fra i più ascoltati assieme alla
vedova di Schumann, Clara, celeberrima concertista di piano. Nel caso
specifico del Concerto, poi, non stupisce che lui, pianista di formazione,
si rivolgesse con assiduità proprio all’amico violinista: non voleva
produrre qualcosa di ineseguibile per il solista. “Tu sei più o meno
responsabile della parte del violino”, gli scrive infatti annunciandogli la
dedica dell’op. 77».
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quo avvenuto verso il 1903, quando una signora di dubbia reputazione
inviò a Strauss un biglietto d’amore (per sbaglio, poiché voleva
indirizzarlo a un altro musicista incontrato una sera in un locale e di
cui aveva frainteso il nome) che venne consegnato, aperto e letto da
Pauline, mandandola su tutte le furie. Poi ogni cosa fu chiarita. Tanto
più che pure lei aveva qualche peccatuccio da farsi perdonare, giacché
nello stesso periodo stava flirtando con un giovane aristocratico che
tentava di spillarle quattrini. Nell’opera, data la prima volta a Dresda
nel 1924, Strauss si tramuta nel direttore d’orchestra Robert Storch,
fanatico giocatore di skat come lui, Pauline si chiama Christine, e ci
sono il piccolo Franzl, la governante Anna, la svagata femme fatale
Mieze Maier e il barone Lummer che insidia la signora Storch per
interesse. La partitura è punteggiata di interludi orchestrali che
sonorizzano i cambi di scena».
Neppure la Sinfonia in re minore di Schumann ottenne subito
il favore dell’uditorio...
«L’autore stesso non era pienamente convinto del risultato. Tant’è
che, dopo il debutto fallimentare a Lipsia nel 1841, la ritirò dalla
circolazione per riportarla alla luce, rielaborata, un decennio dopo.
Allora il suo catalogo sinfonico comprendeva altre tre sinfonie, ecco
perché questa vi venne accolta come quarta (e ultima), sebbene la
sfortunata versione originaria fosse stata concepita a poche settimana
dalla Prima. D’altronde, quel 1841, Schumann aveva stabilito di
passarlo tutto a scrivere sinfonie; e lavorò quasi simultaneamente su
cinque partiture, portando a termine, appunto, la Prima e la futura
Quarta, e una convertendola più avanti nel Concerto per pianoforte».
La Quarta, nella stesura definitiva, venne apprezzata?
«Fino al pieno Novecento no. La si giudicava scorretta e povera
nell’orchestrazione; Gustav Mahler addirittura la ritoccò. Ma quelli
che allora si ritenevano difetti, oggi sono considerati tratti idiomatici
della scrittura schumanniana. Non errori, ma colorazioni e sonorità
volute».
Del resto questa è una Sinfonia sperimentale...
«I quattro movimenti, che si succedono senza soluzione di
continuità, hanno origine dal motivo serpentino che si ascolta nelle
prime battute, durante l’introduzione lenta. Da tale disegno si
generano il tema del primo movimento (da cui deriva quello del
quarto) e i temi centrali del tempo lento e dello Scherzo. La Quarta
costituisce un tentativo di risposta al cruccio che attanagliò tutti i
compositori tedeschi del Romanticismo: come è possibile azzardarsi a fare
ancora sinfonie dopo il titano Beethoven? Schumann, certo, sente il peso
della storia su di sé, ma non se ne lascia schiacciare come invece rischierà
Brahms. È uno audace, lui. Non per nulla in tante occasioni ha paragonato
se stesso al fanciullo Davide che sfida, e sconfigge, il gigante Golia.
Quindi, riguardo a dove indirizzare la sinfonia post-beethoveniana, la sua
idea è di ispirarsi alle innovazioni strutturali già innescate da Beethoven
(principalmente nella Quinta, nella Sesta, nella Nona, dove i movimenti
propendono a legarsi insieme e talvolta a riversarsi gli uni negli altri) per
dirigerle verso un’incalzante coesione formale capace, però, di librarsi
sulle ali della fantasia e dell’afflato epico».
In pratica?
«In pratica la Quarta (definita “fantasia sinfonica” dall’autore) è
un poema romantico di situazioni, sentimenti, scenari volta a volta
contrastanti, in cui spazio e tempo, futuro, presente, passato, si
comprimono, dilatano e intersecano. Vi è raffigurata l’esistenza di un
individuo esemplare, la sua molteplicità di esperienze».
E chi è quest’individuo?
«La quintessenza dell’artista romantico. Magari Schumann stesso, che
in tanti suoi pezzi si è fatto l’autoritratto rappresentandosi ora come
Florestano, giovane d’animo acceso, ora come Eusebio, sognatore
malinconico. Nella Quarta possiamo intravederli entrambi».
Gregorio Moppi
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Qual è la struttura del Concerto?
«Quella solita in tre movimenti, svelto-lento-svelto (quest’ultimo dal
profilo tzigano molto pronunciato); un previsto quarto movimento,
lo Scherzo, fu cassato ed è confluito in parte nel secondo Concerto
per pianoforte. E se nessuna innovazione rilevante si riscontra sul
piano formale, tuttavia di notevole, e allora inaudito, vi è lo spessore
sinfonico della partitura, la densità dell’orchestrazione, la tensione
dialettica che innerva il colloquio, complesso e articolato, fra il violino
e gli altri strumenti. Insomma, qui il solista non può comportarsi la
primadonna, è parte di un insieme a cui deve adeguarsi. Ciò, forse,
determinò all’inizio lo scarso successo dell’opera».
Francesca Dego
Francesca Dego è considerata fra
le migliori interpreti italiane di oggi.
Artista Deutsche Grammophon dal
2012, il suo debutto discografico con
i 24 Capricci di Paganini suonati sul
Guarneri del Gesù appartenuto a
Ruggiero Ricci ha riscosso unanime
consenso di critica e pubblico. Dal
2013 al 2015 si è dedicata all’incisione
delle sonate per violino e pianoforte
di Beethoven.
Regolarmente ospite delle più
prestigiose orchestre internazionali,
si è esibita con la Philharmonia
Orchestra/Grant Llewellyn alla
Royal Festival Hall di Londra,
Tokyo Symphony alla Suntory Hall,
l’Orchestre Philharmonique de
Monte-Carlo, Grosses Orchestre Graz
al Musikverein della città, Filarmonica
di Tblisi (Georgia), Northern
Czech Philharmonic (Repubblica
Ceca), Wuhan Philharmonic
(Cina), Wyoming Symphony e la
Philharmonique du Liban.
Vincitrice di numerosi concorsi
internazionali, nel 2008 è stata la prima
violinista italiana a entrare in finale al
Premio Paganini di Genova dal 1961,
aggiudicandosi il premio speciale
riservato al più giovane finalista.
Nata a Lecco nel 1989, Francesca
debutta da solista a soli 7 anni in
California con un concerto di Bach,
in Italia a 14 con Beethoven e l’anno
È stata ospite di festival e stagioni
concertistiche prestigiose in tutto il
mondo tra cui la Wigmore Hall e la
Royal Albert Hall di Londra, l’Oriental
Arts Center di Shanghai e l’NCPA di
Pechino, la Sala Tchaikovsky a Mosca
e la Filarmonica di San Pietroburgo,
il Teatro Colon di Buenos Aires, Sala
Verdi a Milano e Auditorium Parco
della Musica a Roma, Teatro Sao
Carlos a Lisbona.
Ha partecipato da solista ai Concerti
per la Vita e per la Pace a Betlemme
e Gerusalemme con l’Orchestra
Giovanile Italiana, al Concerto per il
Giorno della Memoria 2014 al Parco
della Musica a Roma, e a Gennaio
2015 alla Camera dei Deputati,
tutti eventi trasmessi dalla RAI in
mondovisione. A giugno 2014 è stata
invitata ad aprire i Mondiali di Calcio
in Brasile con un recital al Teatro
Municipal di Rio de Janeiro.
La sua registrazione del concerto
di Beethoven a 14 anni è stata usata
come colonna sonora per il film
documentario americano “The
Gerson Miracle”, Palma d’Oro 2004
al prestigioso Beverly Hills Film
Festival e altre incisioni sono state
inserite nel film del regista americano
Steven Kroschel, “The Beautiful
Truth” (2008). È inoltre stata invitata
a duettare come guest artist con il
celebre tenore Vittorio Grigolo nel
suo disco Sony International “Ave
Maria” (2013).
Diplomata con lode e menzione
speciale al Conservatorio di Milano
sotto la guida di Daniele Gay, si è
perfezionata con Salvatore Accardo
all’Accademia Stauffer di Cremona
e all’Accademia Chigiana di Siena
e con Itzhak Rashkovsky al Royal
College of Music a Londra.
Suona un prezioso violino
Francesco Ruggeri (Cremona 1697)
e il Giuseppe Guarneri del Gesù
ex-Ricci (Cremona 1734) per gentile
concessione della “Florian Leonhard
Fine Violins” di Londra.
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dopo suona con Shlomo Mintz al
Teatro d’Opera di Tel Aviv. Tra le
successive collaborazioni si ricordano
i Cameristi della Scala, la European
Union Chamber Orchestra, la Verdi di
Milano, la Sinfonica Arturo Toscanini,
la Royal Philharmonic Orchestra,
l’Orchestra Sinfonica del Teatro Colon
di Buenos Aires, l’Orchestra dell’Arena
di Verona, la Sinfonica del Comunale
di Bologna, Opera North Symphony
Orchestra di Leeds, l’Orchestra del
Teatro Petruzzelli di Bari, l’Orchestra
della Toscana, la Israel Sinfonietta, la
Haydn di Trento e Bolzano, l’Orchestra
da Camera di Mantova, l’Orchestra
del Teatro Carlo Felice di Genova
e la Sinfonica del Teatro “Verdi” di
Trieste a fianco di solisti e direttori
del calibro di Salvatore Accardo,
Gianluigi Gelmetti, Gabriele Ferro,
Bruno Giuranna, Mathieu Herzog, Joel
Levi, Jan Lisiecki, Wayne Marshall,
Diego Matheuz, Antonio Meneses,
Domenico Nordio, Donato Renzetti,
Daniele Rustioni, e Xian Zhang.
Mannheimer
Philharmoniker
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La Mannheimer Philharmoniker
ha rapidamente raggiunto
un’attenzione internazionale grazie
al riconoscimento tanto del pubblico
che della critica più accreditata,
dell’eccezionale livello delle sue
esecuzioni unito ad una straordinaria
gioia del far musica che traspare
immediatamente all’ascolto.
È stata fondata nel 2009 da Boian
Videnoff con l’obiettivo di offrire ai
migliori talenti una significativa e
qualificata opportunità per entrare
nel mercato del lavoro. In pochi
anni l’orchestra si è esibita nelle
più prestigiose sale da concerto in
Europa (Philharmonie al Gasteig e la
Herkulessaal di Monaco di Baviera,
l’Auditorio Nacional di Madrid, la
Meistersingerhalle Norimberga e il
Liederhalle Stoccarda) e realizzato
tournée in Asia.
Collabora con solisti di fama
internazionale quali, tra gli altri,
Mischa Maisky, Johannes Moser, Sergei
Nakariakov, Igor Levit, Alena Baeva e
Julian Steckel.
Nella stagione 2011/12 la Filarmonica
di Mannheim ha fatto la sua prima una
tournée in Cina articolata in 13 concerti e
una trasmissione in diretta per 30 milioni
di spettatori sulla televisione nazionale
cinese. Nell’ottobre 2013 l’orchestra
ha tenuto quattro concerti nell’ambito
del Festival Internazionale di Musica
Eurasia in Russia. Nel novembre 2014 ha
realizzato un tour in Spagna con solista
Mischa Maisky e nel mese successivo ha
debuttato con la IX Sinfonia di Beethoven
al Gasteig di Monaco di Baviera. Dal 2013
i suoi concerti sono mandati in diretta
streaming sul portale Home Symphony®
(www.homesymphony.com) che al
momento registra più di 10.000 utenti
al mese.
Boian Videnoff
Boian Videnoff, fondatore e
direttore artistico della Mannheimer
Philharmoniker, è costantemente
ospite di importanti orchestre come
la Filarmonica della Radio tedesca,
la WDR Orchestra della Radio di
Colonia, l’Orchestra della Radio della
Svizzera italiana, la Biel-Solothurn
Symphony Orchestra, la Filarmonica
Slovacca e Slovak Radio Symphony
Orchestra, il Basilea Sinfonietta, la
Filarmonica George Enescu Bucarest,
l’Orchestre de Limoges et du
Limousin ecc.
Appassionato promotore della
musica classica ad un pubblico
sempre più vasto, Boian Videnoff
ha ideato con la Mannheimer
Philharmoniker un progetto educativo
denominato “Junior Philharmoniker”,
cui si aggiunge una serie di concerti
educativi per i bambini favorendo
la partecipazione alle prove delle
famiglie. Per favorire una sempre
maggiore divulgazione della musica
colta ha ideato e sviluppato la
Home Symphony®, la piattaforma
Mannheimer Philharmoniker per le
trasmissioni dei concerto dal vivo
su internet e la realizzazione dello
schermo video al Rosengarten di
Mannheim. Boian Videnoff, nato nel
1987 in una famiglia di musicisti in
Bulgaria, è cresciuto musicalmente in
Italia e in Germania, dove ha ricevuto
la sua formazione musicale in violino,
pianoforte e canto, prima di studiare
direzione d’orchestra con Jorma
Panula e Gianluigi Gelmetti.
Prossimi appuntamenti
3, 4 ,5 marzo
Prosa
Le donne gelose
di Carlo Goldoni
regia di Giorgio Sangati
7 marzo
Danza
Malandain Ballet Biarritz
La bella e la bestia
coreografia di Thierry Malandain
9 marzo
La voce del violino
Trio
Metamorphosi
introduzione di Stefano Catucci
Comune di Pordenone
Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia
Provincia di Pordenone
comunale
giuseppeverdi.it
Virtuosa
Magica
Diversa
Tutta un’altra stagione
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Musica
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