Parere Consiglio di Stato 22 giugno 2005 Consiglio di
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Parere Consiglio di Stato 22 giugno 2005 Consiglio di Stato Adunanza della Sezione SECONDA - 30 giugno 2004 Sezione 295712004 OGGETTO: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali — Quesito in merito alla natura dei fondi interprofessionale di cui all‘articolo 118 delle L. 23 dicembre 2000, n. - 388, e successive modificazioni (legge finanziaria per il 2001). - Vista la relazione in data 12 marzo 2004, con cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali chiede il parere sul quesito in oggetto; - Esaminati gli atti e udito il relatore – estensore consigliere Armando Pozzi; PREMESSO: Riferisce l‘Amministrazione che l‘articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) dispone che al fine di promuovere lo s della ‗formazione prof continua, possono essere istituiti, per ciascuno dei settori economici dell‘industria, dell‘agricoltura, dei terziario e dell‘artigianato fondi paritetici interprofessionali .nazionali per la formazione continua. I fondi possono finanziare in tutto o in parte piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali concordati tra le p sociali, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a d piani concordate tra le parti. In relazione al ruolo dello Stato per quanto concerne il funzionamento dei fondi e la loro gestione, il legislatore allo stesso articolo 118, comma 2, come modificato dall‘articolo 48 della legge 27 dicembre 2002 n.. 289, ha introdotto alcune specifiche previsioni, in base alle quali il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali esercita la vigilanza ed il monitoraggio sulla gestione dei fondi disponendo la sospensione dell‘operatività o il commissariamento in caso di irregolarità. Inoltre, presso lo stesso Ministero è istituito l‘Osservatorio per la formazione continua, con il compito di elaborare proposte di indirizzo attraverso la predisposizione di linee — guida e di esprimere pareti e valutazioni in ordine alle attività svolte dai fondi, anche in relazione all‘applicazione delle suddette Iinee – guida. Il meccanismo di finanziamento dei Fondi - continua la relazione - delineato dalle seguenti disposizioni: articolo 118, comma 1, secondo cui ai fondi cui ai fondi afferiscono, progressivamente le risorse derivanti daI gettito del contributo integrativo. stabilito dall‘articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845; articolo 118, comma 3, secondo cui i datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo negativo di cui all‘articolo 25, quarto comma della Legge n. 845 all‘INPS, che provvede a trasferirlo al fondo indicato dal datore di lavoro; articolo 25, quarto comma; della legge 21 dicembre 1978, n. 845 secondo il quale l‘aliquota del contributo integrativo dovuto per l‘assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai sensi dell‘articolo 12 della legge 3 giugno 1975, n. 160 è aumentata in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni soggette all‘obbligo contributivo. Osserva l‘Amministrazione che il contributo integrativo, ha carattere impositivo ed obbligatorio e tale carattere e reso ancor pin evidente dal sistema sanzionatorio introdotto dall‘articolo 48 della legge 27 dicembre 2002, per cui in caso di omissione, anche parziale, del contributo integrativo, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere il contributo omesso e le relative sanzioni. Dalla natura pubblicistica del finanziamento deriverebbero, secondo l‘Amministrazione due conseguenze: la necessità per i Fondi Interprofessionali di gestire. le risorse nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti, dovendosi ritenere, alla stregua della normativa comunitaria, organismi di diritto pubblico; la necessità per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di esercitare il potere di ―vigilanza e monitoraggio‖ sui Fondi in coerenza con la natura pubblica delle risorse e con le finalità pubblicistiche dell‘intervento. Argomentazioni diverse sono state tuttavia prospettate da parte di alcuni Fondi lnterprofessionali di nuova costituzione. In particolare, Fondimpresa ha sostenuto la natura privatistica delle risorse sulla base della provenienza privata delle stesse (imprese) e sul conseguente ritorno agli stessi soggetti che hanno effettuato il versamento. Quindi, si configurerebbe in tal modo, un doppio sistema di finanziamento per la formazione continua dei lavoratori: a) un sistema di formazione privato gestito attraverso i Fondi Interprofessionali ed alimentato dalle risorse che le imprese scelgono di destinare, attraverso l‘adesione ad un Fondo, a tale sistema; b) un sistema di formazione pubblico gestito attraverso il Fondo di Rotazione alimentato dal contributo integrativo dello 0,30% versato dalle imprese non aderenti ad alcun Fondo. Tutto ciò premesso, il Ministero ritiene di dover chiedere a questo Consiglio di Stato di voler esprimere un parere sulla natura delle risorse di cui all‘articolo 118 della legge n 388/2000 oltre che sulle conseguenze gestionali che ne derivano. CONSIDERATO: Per rispondere al quesito posto dall‘amministrazione occorre ricordare, come gia sinteticamente espresso nelle premesse che la legge 23 dicembre 2000 n. 388, (legge finanziaria 2001), ha dettato, all‘art. 118, una serie di disposizioni inerenti gli interventi in materia di formazione professionale nonché disposizioni di attività svolte in fondi comunitari e di Fondo sociale europeo. Prima di scendere, tuttavia, all‘esame della disposizione richiamata dall‘amministrazione nella sua relazione ritiene la Sezione che sia necessario procedere ad una ricostruzione del sistema della formazione professionale dei lavoratori, come delineato dai più recenti interventi legislativi nazionali. Con la legge – quadro 21 dicembre 1978, n. 845, venne data (art. 2, comma 1, successivamente abrogato dall‘art. 147 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 112) la definizione della ―formazione professionale‖, consistente in tutte in iniziative, costituenti un servizio di interesse pubblico inteso ad assicurare un sistema dì interventi formativi finalizzati alla diffusione delle conoscenze teoriche e pratiche necessarie per svolgere ruoli professionali e rivolti al primo inserimento, alla qualificazione, alla riqualificazione, alla specializzazione, all‘aggiornamento ed al perfezionamento dei lavoratori, in un quadro di formazione permanente. La predetta definizione, venne riformulata dal D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112, relativo al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. L‘art. 141 del decreto, infatti; precisò che per «formazione professionale» si intende il complesso degli interventi volti al primo inserimento compresa la formazione tecnico professionale superiore, al perfezionamento, alla riqualificazione e all‘orientamento professionali, ossia con una valenza prevalentemente operativa, per qualsiasi attività di lavoro per qualsiasi finalità, compresa la formazione impartita dagli istituti professionali, nel cui ambito non funzionano corsi di studio di durata quinquennale per il conseguimento del diploma di istruzione superiore, la formazione continua, permanente e ricorrente, nonché quella conseguente a riconversione di attività produttive Detti interventi, sempre a detta del legislatore, riguardano tutte le attività formative volte al conseguimento di una qualifica, di un diploma di qualifica superiore o di un credito formativo, anche in situazioni dì alternanza tra formazione e lavoro. La norma confermò altresì, la tradizionale differenza tra titoli di studio ed attestati di formazione, stabilendo che tali interventi non consentono il conseguimento di un titolo di studio o di diploma di istruzione secondaria superiore universitaria o post-universitaria se non nei casi e con i presupposti previsti dalla legislazione dello Stato o comunitaria, ma sono comunque certificabili ai fini del conseguimento di tali titoli. Significativo appare il disposto del comma 2 dello stesso articolo 141, secondo il quale rientra, fra le funzioni. inerenti la materia, la vigilanza sull‘attività privata di formazione professionale. 2 - Tornando all‘art. 2 della quadro n. 845 del 1978 vale ulteriormente ricordare che l‘ultimo comma dispone che l‘esercizio delle attività di formazione professionale è libero. Con l‘articolo 25 della legge in questione, poi abrogato dall‘art. 9 del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, di cui si dirà tra poco, si provvide, poi, alla istituzione, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di un Fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell‘articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041, quale strumento contabile interno per favorire l‘accesso al Fondo sociale europeo Fondo regionale e dei progetti realizzati dagli organismi di cui all‘articolo 24 della stessa legge n. 845 (cioè gli organismi indicati all‘articolo 8 della decisione del consiglio delle Comunità europee n. 71/66/CEE del 1 febbraio 1971, modificata dalla decisione n. 77/801/CEE 20 dicembre 1977). Per la costituzione del predetto Fondo di rotazione, la cui dotazione veniva fissata n lire 100 miliardi si provvedeva a carico del bilancio dello Stato con l‘istituzione di un apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale per l‘anno 1979. Contemporaneamente si prevedeva che con decorrenza dal periodo di paga in corso al 1 gennaio 1979, le aliquote contributive dovute alla Cassa unica per gli assegni familiari da datori di lavoro di cui ai numeri da 1) a 5) dell‘articolo 20 del d.l. 2 marzo 1974, n. 30, convertito nella legge 16 aprile 1974, n. 114, fossero ridotte: 1. dal 4,45 al 4,15 per cento; 2. dal 4,45 al 4,15 per cento; 3. dal 3,05 al 2,75 per cento; 4. dal 4,30 al 4 per cento; 5. dal 6,50 al 6,20 per cento. Contemporaneamente, con la stessa decorrenza l‘aliquota del contributo integrativo dovuto per l‘assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai sensi dell‘articolo 12 della legge 3 giugno 1975, n. 160, veniva aumentata in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni soggette all‘obbligo contributivo. I due terzi delle entrate derivanti dall‘aumento contributivo dello 0 30% a al Fondo di rotazione, mediante versamento operato dall‘Istituto nazionale della previdenza sociale con periodicità trimestrale. Per l‘eventuale parte di disponibilità del Fondo di rotazione non utilizzata al termine di ogni biennio, a partire da quello successivo alla data di. entrata in vigore della legge, rimaneva acquisita alla gestione per l‘assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. Alla legge quadro seguirono una serie di interventi legislativi, tra i quali vale ricordare la legge 14 febbraio 1987 n. 40, contenente norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative, la quale attribuì al Ministero dei lavoro e della previdenza sociale la potestà dì concedere agli enti privati, che svolgono attività rientranti nell‘ambito delle competenze statali di cui all‘articolo 13 della legge quadro n. 845, contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti medesimi, non coperte da contributo regionale; contributi inizialmente carico al Fondo per la mobilità della manodopera, di cui all‘articolo 28 della legge 12; agosto 1l977 n. 675 (art. 4, comma 1 della legge n. 40) ma poi ricondotti nel sistema di finanziamento del Fondo di rotazione, a seguito dell‘abrogazione del citato art. 4 della legge n. 40 disposta dall‘art. 9 del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, di cui subito si dirà. 3 - Su tale tessuto normativo, si inserì quindi, il d.l. 20 maggio 1993 n. 148, recante uno degli innumerevoli interventi urgenti (ma decaduti) a sostegno dell‘occupazione (iniziati con il d.l. n. 398 dell‘8 ottobre 1992), decreto questa volta convertito in legge, con modificazioni, dall‘art. 1, comma 1, L. 19 luglio 1993, n. 236. L‘articolo 9 del citato decreto detto una serie di disposizioni in materia di interventi di formazione professionale, prevedendo che le regioni e le province autonome potessero stipulare convenzioni — ma solo per l‘analisi e l‘approfondimento delle situazioni occupazionali locali e lo svolgimento di indagini mirate ai fabbisogni di professionalità - con organismi paritetici istituiti in attuazione di accordi tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori c lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con il finanziamento a carico del Fondo di rotazione, ridisciplinato al comma 5 dello stesso articolo 9. Secondo l‘articolo 9, comma 5, le risorse derivanti dalle maggiori entrate costituite dall‘aumento contributivo già stabilito dalla disposizione contenuta nell‘art. 25 della legge 21 dicembre 1978, n 845, affluivano interamente (e non più nella misura dei due terzi) al Fondo. Lo stesso articolo 9 prevedeva, inoltre, una serie di attività tese alla ricollocazione dei lavoratori quali: servizi di informazione e consulenza in favore dei lavoratori in cassa integrazione straordinaria e degli iscritti nelle liste di mobilità, diretti a favorirne la ricollocazione anche in attività di lavoro autonomo e cooperativo, nonché servizi di informazione e di orientamento sul mercato del lavoro in ambito comunitario e scambi di domanda e di offerta di lavoro nello stesso, con priorità per quelli in attuazione di convenzioni stipulate tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro con gli uffici regionali del lavoro e/o le agenzie per l‘impiego, laddove, a livello territoriale, non fossero adeguatamente presenti le strutture pubbliche, interventi finanziati con contributi del Ministero dei lavoro, nel limiti di 20 miliardi di lire, d‘intesa con le commissioni regionali per l‘impiego (comma 2); interventi dì formazione continua a lavoratori occupati in aziende beneficiarie dell‘intervento straordinario di integrazione salariale; interventi di riqualificazione o aggiornamento professionali per dipendenti da aziende che contribuissero in misura non inferiore al 20 per cento del costo delle attività, nonché interventi di formazione professionale destinati ai lavoratori iscritti nelle liste ai mobilità, formulate congiuntamente da imprese e gruppi di imprese e dalle organizzazioni sindacali, anche a livello aziendale dei lavoratori, ovvero dalle corrispondenti associazioni o dagli organismi paritetici che abbiano per oggetto la formazione professionale, finanziati con la partecipazione del Ministero del lavoro, delle regioni e delle province autonome, ovvero con contributi erogati direttamente dal Ministero del lavoro, d‘intesa con le regioni, nei casi di crisi di settore (comma 3); progetti di intervento di formazione continua, formulati da organismi aventi per oggetto la formazione professionale, diretti ai soggetti privi di occupazione e iscritti alle liste di collocamento che abbiano partecipato ad attività socialmente utili, specificamente approvati dal Ministro del lavoro dalle regioni e dalle province autonome (comma 3-bis, aggiunto dalla legge di conversione). I finanziamenti pubblici delle predette attività avvenivano attingendo dalle disponibilità del Fondo di rotazione - salvi quelli per gli interventi diretti ai dipendenti degli enti di formazione professionale, sulla disponibilità di cui al d.l. 17 settembre 1988, n. 408, convertito dalla legge 12 novembre 1988, n. 92 secondo il sistema di ripartizione stabilito dal comma 7 del medesimo articolo 9, in base al quale il Ministro del lavoro proponeva, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai CIPE l‘ammontare delle disponibilità annuali del Fondo, in misura pari ai due terzi, destinato al finanziamento degli interventi formativi per i quali era chiesto il contributo del Fondo sociale europeo, secondo le modalità ed i tempi fissati dai regolamenti comunitari, mentre le residue disponibilità del Fondo venivano programmate dallo stesso Ministro d‘intesa con le regioni. Il sistema veniva completato ed integrato da una serie di attività che vedevano coinvolte, mediante procedure concordate e negoziate, strutture scolastiche ed universitarie, regioni ed imprese. 4 - Con la legge 24 giugno 1997 n. 196, recante norme in materia di promozione dell‘occupazione (si tratta della legge che ha introdotto il contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, successivamente assorbito nelle nuove tipologie contrattuali del decreto c.d. Biagi, n. 276/2003) si è provveduto ad un ulteriore riordino della formazione professionale. In particolare, nell‘art. 17, comma 1, della legge sono stati posti una serie di principi e criteri generali, nel rispetto dei quali sono adottate norme di natura regolamentare costituenti la prima fase di un più generale, ampio processo di riforma della disciplina aI dichiarato scopo di assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione ed elevazione professionale anche attraverso l‘integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolastico e universitario con il mondo del lavoro e un più razionale utilizzo delle risorse vigenti, anche comunitarie, destinate alla formazione professionale e al fine di realizzare la semplificazione normativa e di pervenire ad una disciplina organica della materia, anche con riferimento ai profili formativi di speciali rapporti di lavoro. Tra i predetti principi - che tendono alla valorizzazione della formazione professionale intesa quale momento di politica dinamica del lavoro, vale a dire quale strumento per migliorare la qualità dell‘offerta di lavoro, per rafforzare le capacita competitive del sistema produttivo, con particolare riferimento alle medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e per incrementare l‘occupazione, attraverso moduli flessibili adattati alle diverse realtà produttive locali ed articolati m diverse tipologie di interventi formativi svolti o direttamente nell‘ambito delle imprese anche attraverso ti ricorso generalizzato a stages, ovvero da parte delle regioni e delle province anche m convenzione con istituti di istruzione secondaria e con enti privati aventi requisiti predeterminati — mette conto evidenziare quello esposto nella lettera d) del medesimo comma 1. Ivi si prevede la destinazione progressiva delle risorse del Fondo di rotazione agli interventi di formazione nell‘ambito di piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali con specifico riferimento alla formazione di lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, di lavoratori collocati in mobilità, di lavoratori disoccupati per i quali l‘attività formativa è propedeutica all‘assunzione. Si prevede altresì che tali risorse confluiranno in uno o più fondi nazionali, articolati regionalmente e territorialmente aventi configurazione giuridica di tipo privatistico e gestiti con partecipazione delle parti sociali. Si prevede, ancora, la ridefinizione dei meccanismi di integrazione del fondo di rotazione. Sui piano finanziario il comma 3 dello stesso articolo 1 prevede nuovi e ulteriori strumenti, istituendo, presso il Ministero del tesoro - Ispettorato generale per l‘amministrazione del Fondo di rotazione per l‘attuazione delle politiche comunitarie (IGFOR) - con specifiche finalità di garanzia delle somme erogate a titolo di anticipo o di acconto a valere sulle risorse del Fondo sociale europeo e dei relativi cofinanziamenti nazionali e per rimborsare gli organismi. comunitari e nazionali, erogatori dei finanziamenti, nelle ipotesi di responsabilità sussidiaria dello Stato membro, ai sensi dell‘articolo 23 del regolamento (CEE) n 2082/93 - uno speciale fondo di rotazione con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio ai sensi dell‘articolo 9 della legge 25 novembre 1971 n. 1041, alimentato da un contributo a carico dei soggetti privati attuatori degli interventi finanziati, nonché, per l‘anno 1997, da un contributo di lire 30 miliardi gravante sulle disponibilità derivanti dal terzo del gettito della maggiorazione contributiva prevista dall‘articolo 25 della legge n 845/1978, che affluisce, ai sensi del sopra ricordato articolo 9, comma 5, del d. l. n. 148/1993 al Fondo di rotazione per la formazione professionale e per l‘accesso al Fondo sociale europeo previsto dal medesimo articolo 25. Neppure va dimenticato, tra gli innumerevoli interventi legislativi sulla materia della formazione, quello apportato dalla legge 17 maggio 1999 n. 144, recante misure in materia di investimenti e di delega aI Governo per il riordino degli incentivi all‘occupazione e della normativa che disciplina l‘INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali. L‘art. 66 della legge ha dettato disposizioni in materia di integrazione deI Fondo per l‘occupazione e interventi in materia di formazione continua, prevedendo, tra l‘altro, in attuazione dell‘innanzi riportato articolo 17, comma 1, lettera d), della legge n. 196/1997 (comma 2) che la quota di gettito dei contributi di cui all‘articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, destinata agli interventi di cui al medesimo articolo 17, comma 1, lettera d) è stabilita a decorrere dall‘anno 1999 m lire 200 miliardi, con conseguente autorizzazione di spesa di lire 200 miliardi a. decorrere dall‘anno 1999. 5 - In estrema sintesi, a fronte della congerie di disposizioni legislative che si sono succedute nel tempo senza una sistematica visione d‘insieme e con interventi frammentati ed episodici, può affermarsi che il sistema di finanziamento dell‘attività di formazione viene ad essere configurato come sistema oggettivamente e soggettivamente misto. Anche se le risorse finanziarie sono prevalentemente fornite dallo Stato mediante una serie di strumenti di finanza propria o derivata da quella comunitaria, quali (ma non solo) i Fondi comunitari ed il Fondo di rotazione nazionale non mancano, tuttavia, forme di partecipazione assunte direttamente dai privati (cfr. art. 9, comma 3, d.I. n. 148/1993, innanzi citato che prevede, come gia detto, interventi di riqualificazione o aggiornamento professionali per dipendenti da aziende che contribuissero in misura non inferiore al 20 per cento del costo delle attività), ovvero finanziate indirettamente dagli stessi soggetti mediante il sistema contributivo, in coerenza con le modalità e localizzazioni aziendalistiche e non solo burocratiche della formazione stessa Nell‘ambito di questo sistema misto, tuttavia, appare di gran lunga prevalente l‘apporto finanziano dello Stato. 6 - Su tale sistema si colloca l‘articolo 118 della legge 23 dicembre 2000 n. 388. La norma, sviluppando e precisando il sistema della legge n. 196/1997, ha previsto, al comma 1 (sostituito dall‘art 48, L. 27 dicembre 2002, n. 289), la possibilità di istituire, nelle forme di cui al comma 6 dell‘articolo stesso, fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua al fine di promuovere, in coerenza con la programmazione regionale e con le funzioni di indirizzo attribuite in materia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo sviluppo della formazione professionale continua, in un‘ottica di competitività delle imprese e di garanzia di occupabilità dei lavoratori. Tali fondi possono essere istituiti per i settori economici dell‘industria, dell‘agricoltura, del terziario e dell‘artigianato. I predetti settori. economici di intervento possono essere increméntati dagli accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, i quali possono prevedere l‘istituzione di fondi anche per settori diversi da quelli elencati nella legge, nonché, all‘interno degli stessi settori, la costituzione di un‘apposita sezione relativa ai dirigenti, con l‘ulteriore specificazione che i fondi relativi ai dirigenti possono essere costituiti. mediante accordi stipulati dalle, organizzazioni sindacali dei datori di lavoro dei dirigenti comparativamente più rappresentative, oppure come apposita sezione aIl‘interno dei fondi interproffesionali nazionali. Per quanto riguarda l‘articolazione territoriale e le funzioni, l‘articolo stabilisce, ancora, che i fondi, previo accordo tra le parti, si possono articolare regionalmente o territorialmente e che gli stessi fondi possono finanziare in tutto o in parte piani formativi aziendali territoriali settoriali o individuali concordati tra le parti sociali nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani, sempre concordate tra le parti. La norma aggiunge che i progetti relativi a tali piani ed iniziative sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome territorialmente interessate affinché ne possano tenere conto nell‘ambito delle rispettive programmazioni. Il comma 2 dell‘articolo subordina, poi, l‘attivazione dei fondi al rilascio di autorizzazione da parte del Ministero del lavoro, previa verifica della conformità alle finalità di cui al comma 1 dei criteri di gestione, degli organi e delle strutture di funzionamento dei fondi medesimi e della professionalità dei gestori. Il medesimo Ministero esercita altresì, la vigilanza ed il monitoraggio sulla gestione dei fondi, potendo disporne la sospensione dell‘operatività o il commissariamento in caso di irregolarità o di inadempimenti E‘ prevista, altresì la potestà che il Ministero effettui una valutazione dei risultati conseguiti entro tre anni dall‘entrata a regime dei fondi. Quanto agli organi, il presidente dal collegio dei sindaci è nominato dal Ministero del lavoro presso il quale ministero è istituito, con decreto ministeriale e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, l‘‖Osservatorio per la formazione continua‖, a composizione mista con il compito ai elaborare proposte di indirizzo attraverso la predisposizione di linee-guida e di esprimere pareri e valutazioni in ordine alle attività svolte dai fondi, anche in relazione all‘applicazione delle suddette linee-guida. Quanto al procedimento istitutivo, il comma 6 dell‘articolo lo configura in termini negoziali, disponendo che ciascun fondo è istituito, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale o come soggetto giuridico di natura associativa ai sensi dell‘articolo 36 del codice civile, ovvero come soggetto dotato di personalità giuridica privata, ai sensi degli articoli 1 e 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 (contenente il regolamento per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell‘atto costitutivo e dello statuto, ai sensi dell‘art. 17 dell‘allegato 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59) concessa con decreto del Ministro del lavoro. Per quanto riguarda il finanziamento si prevede che ai fondi afferiscono, progressivamente e secondo le disposizioni dello stesso articolo, le risorse derivanti dal gettito del contributo integrativo dello 0,30 per cento delle retribuzioni soggette all‘obbligo contributivo, già stabilito dall‘articolo 25, quarto comma, della legge n. 845/1978, relative ai datori di lavoro che aderiscono a ciascun fondo. Sempre per ciò che riguarda il finanziamento di tali fondi, il comma 3 della stessa norma prevede che i datori di lavoro aderenti ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo di cui all‘articolo 25 della legge n. 845 del 1978 all‘INPS, il quale, a sua volta, provvede a trasferirlo al fondo indicato dal datore di lavoro. L‘atto di adesione ai fondi doveva avvenire, per la prima volta, entro il 30 giugno 2003, mentre le successive adesioni o disdette hanno effetto dal 30 giugno di ogni anno. Lo stesso Istituto previdenziale provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi e di trasferimento delle risorse agli stessi mediante acconti bimestrali. Per i datori di lavoro che non aderiscono ai fondi rimane l‘obbligo di versare all‘]INPS il contributo integrativo di cui al quarto comma dell‘articolo 25 della citata legge n. 845 del 1978, e successive modificazioni, secondo le modalità vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge. Sempre sul piano contributivo il comma 8 prevede che in caso di omissione, anche parziale, del contributo integrativo di cui all‘articolo 25 della legge n. 845 del 1978, il datore di lavoro e tenuto a corrispondere il contributo omesso e le relative sanzioni, che vengono versate daII‘INPS al fondo prescelto. La materia del finanziamento viene poi ripresa nel comma 10, il quale scandisce quantità e tempi (ripresi nei commi 19 e 58 dell‘art. 52 della legge 28 dicembre 2001, n. 448), prevedendo che con decorrenza dall‘anno 2001 e stabilita al 20 per cento la quota del gettito complessivo da destinare ai fondi a valere sul terzo delle risorse derivanti dal contributo integrativo di cui all‘articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 destinato al Fondo di cui all‘articolo medesimo. Tale quota e elevata al 30 per cento per il 2002 e al 50 per cento per il 2003. A sua volta, il comma 12 dell‘art. 118 (come sostituito dell‘art. 48, L. 27 dicembre 2002, n. 289) dispone che gli importi previsti per gli anni 1999 e 2000 dall‘articolo 6 comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144, relativamente alla quota di gettito dei contributi di cui all‘articolo 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, destinata agli interventi dì cui all‘ articolo 17, comma 16, lettera d) della legge 196/1997, già stabilita a decorrere dall‘anno 1999 in lire 200 miliardi (v. sopra sub § 4) sono per il 75 per cento assegnati ai Fondo di rotazione della legge quadro del 1978, per finanziar in via prioritaria, i piani formativi aziendali, territoriaIi o settoriali concordati tra le parti sociali; mentre per il restante 25 per cento accantonati per essere destinati ai fondi, a seguito della loro istituzione secondo termini e criteri di attuazione stabiliti con decreto dei Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell‘economia e delle finanze. Tale decreto è stato emanato con D.M. 23 aprile 2003. In conseguenza (dispone il comma 13 dell‘articolo) per le due predette annualità I‘INPS continua ad effettuare il versamento stabilito dall‘articolo 1, comma 72, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, al Fondo di rotazione per l‘attuazione delle politiche comunitarie di cui all‘articolo 5 della le 16 aprile 1987, n. 183, nonché il versamento stabilito dall‘articolo 9 comma 5, del citato decretolegge n. 148 del 1993 al Fondo di cui al medesimo comma. L‘art. 118 dedica inoltre, ulteriori disposizioni alla materia del finanziamento della formazione, disponendo che (comma 15 ) gli avanzi finanziari derivanti dalla gestione delle risorse del Fondo sociale europeo, amministrate negli esercizi antecedenti la programmazione comunitaria 1989-1993 dei Fondi strutturali dal Ministero del lavoro tramite la gestione fuori bilancio del Fondo di rotazione istituito dall‘articolo 25 della legge n. 845, possono essere destinati alla copertura di oneri derivanti dalla responsabilità sussidiaria dello Stato membro ai sensi della normativa comunitaria in materia. Inoltre, si prevede (comma 16) che il Ministero del lavoro, con proprio decreto, destina nell‘ambito delle risorse di cui all‘articolo 68, comma 4, lettera a) della legge 17 maggio 1999, n. 144, una quota fino a lire 200 miliardi, per l‘anno 2001 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004, per le attività di formazione nell‘esercizio dell‘apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età, secondo le modalità di cui all‘articolo 16 della legge 24 giugno 1997, n. 196. 7 - Al termine di questo excursus normativo il quale non ha riguardato anche i vari provvedimenti amministrativi dì fonte ministeriale o dirigenziale intervenuti sulla stessa materia (al riguardo sarebbe occorsa una più completa istruttoria da parte dell‘amministrazione) ritiene la Sezione di poter arrivare alle seguenti conclusioni. Il sistema della formazione professionale si è arricchito, con la legge finanziaria n. 388/2000 di un nuovo strumento di intervento prevalentemente finanziario, costituito dai fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, i quali possono finanziare in tutto o in parte piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o i concordati tra le parti sociali. Tali fondi hanno certamente base e struttura negoziale essendo costituiti a seguito in accordi collettivi di livello interconfederale, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nelle forme tipicamente privatistiche alternativamente, o come soggetto giuridico di natura associativa ai sensi dell‘art. 36 del codice civile (associazioni non riconosciute), ovvero come soggetto dotato di personalità giuridica privata ai sensi degli articoli 1 e 9 del regolamento emanato con. DPR 10 febbraio 2000 n. 361. 8 - Non v‘e dubbio, dunque, che sul piano delle forme i fondi nazionali in parola siano soggetti di diritto privato operanti nelle due forme alternative delle associazioni non riconosciute o delle persone giuridiche private non lucrative. Tuttavia, non mancano elementi di pubblicizzazione quali l‘autorizzazione ministeriale per l‘attivazione (rectius: esercizio dell‘attività sociale), la vigilanza ministeriale sulla gestione del fondo, con possibilità di disporne il commissariamento in caso di grave irregolarità od inadempimento degli obblighi, valutazione dei risultati, nomina del presidente del collegio dei sindaci, sottoposizione ad attività di indirizzo svolta da un apposito organo collegiale istituito presso il Ministero, ecc A ciò si aggiunga il finanziamento dei predetti fondi, il quale è pubblico almeno per la metà a partire, come visto sopra, dall‘anno 2003. Non è esatto, infatti, che i fondi si alimentano finanziariamente con i contributi degli imprenditori che vi aderiscono. Essi, al contrario, funzionano con le somme erogate dall‘INPS, prelevate, secondo il sistema normativo esposto all‘inizio, da un apposito capitolo di spesa nello stato di previsione del Ministero il quale va ad aIimentare anche il sistema pubblico della formazione, incentrato sul Fondo di. rotazione Il contributo dello 0,30 %, dunque, non può essere assimilato ai ―contributi degli associati.‘ di cui fa parola l‘art. 37 cod. civ., ma rappresenta una prestazione patrimoniale imposta, ai sensi dell‘art. 23 Cost. Nè si può ritenere che tali prestazioni in quanto non rientranti nella. categoria delle prestazioni tributarie di cui all‘art. 53 Cost., non concorrano al sistema della finanza pubblica. Vero è, al contrario, che, secondo l‘insegnamento della Corte Costituzionale, le prestazioni patrimoniaIi imposte, anche quando non abbiano natura tributaria (ma possono anche averla, non essendovi contrasto tra gli artt. 23 e 53 Cost., atteso che anche i tributi sono coperti dal principio di riserva di legge), in tanto sono obbligatorie per legge, in quanto vanno ad alimentare un sistema di finanza pubblica, diretta o indiretta [ cfr.C. Cost -20 dicembre 2002, n. 533 18 luglio 1997, n. 239]. AI riguardo il Giudice delle leggi ha precisato che la nozione ai «prestazione patrimoniale imposta», prevista dall‘art 23 Cost., include anche prestazioni non tributarie, le quali possono avere funzione di corrispettivo quando, per i caratteri e il regime giuridico dell‘attività resa a fronte della prestazione patrimoniale, sia pure su richiesta del privato, appaia prevalente l‘elemento dell‘imposizione legale sui terzi interessati all‘attività stessa ed onerati a farla porre in essere per curare i procedimenti che li riguardino [sent. 28 dicembre 2001, n. 435]. E proprio con riferimento alle maggiorazioni dei contributi previdenziali in senso stretto la stessa Corte ha avuto modo di dichiarare manifestamente infondata, in relazione al principio di ragionevolezza, la questione di costituzionalità dell‘art 37 L. 23 dicembre 1999 n. 488, nella parte in cui prevede un contributo di solidarietà soltanto a carico di taluni trattamenti previdenziali obbligatori superanti un determinato massimale annuo (quello di cui all‘art. 2 comma 18 L. 8 agosto 1995 n. 335 ), atteso che la scelta del Legislatore di stabilire l‘ imposizione di una prestazione patrimoniale gravante soltanto su alcuni trattamenti previdenziali si pone in coerenza con i principi solidaristici dettati dall‘ art 2 Cost. [ C. Cost. 30 gennaio 2003, n. 22]. Principi tra i quali vanno annoverati quelli tesi ad assicurare il diritto alla formazione dei lavoratori, di cui all‘art 35 Cost. 9 - Fermo restando dunque che il contributo dello 0,30 va ad aumentare la consistenza del bilancio dello Stato e si inserisce, dunque in un sistema di. finanza pubblica (rappresenta, cioè, una volta versata, una quota parte delle risorse economico finanziarie appartenenti allo Stato) resta da vedere se questa osservazione, unita agli altri indici di pubblicità sopra ricordati, valga a rendere recessivo il dato formale della veste giuridica privatistica con cui operano i predetti fondi nazionali La risposta non può essere univoca ma è di stretto diritto positivo, poiché è in relazione alle norme che impongono requisiti di condotti a determinati soggetti, qualificandone a tali fin la natura privatistica o pubblicistica che occorre condurre l‘analisi. Il quesito posto dall‘amministrazione coinvolge l‘analisi della legislazione comunitaria e nazionale in materia di organismi. di diritto pubblico, tenuti ad applicare le procedure ad evidenza pubblica, anche se non chiaro, dal medesimo quesito, perché ed in qual misura, tali procedure dovrebbero essere applicate. Per aver una nozione chiara ed esauriente della nozione di « organismo di diritto pubblico» occorre rifarsi anzitutto, attesa la natura delle - fonti, alla giurisprudenza comunitaria, la quale si e occupata espressamente della questione. In particolare il giudice comunitario ha chiarito, in più occasioni, che: a) «un determinato Ente non può rientrare al tempo stesso in due categorie diverse, tra quelle indicate nella normativa comunitaria (lì si trattava dell‘art. 1 lett. b) della direttiva 92/50, relativa all‘appalto di servizi, nella quale si ripete la dizione di «organismo di diritto pubblico» usata anche nella legislazione sui lavori pubblici); b) «il carattere non industriale o commerciale costituisce un criterio diretto a precisare la nozione di bisogni di interesse generale»; c) «il fatto che esista una concorrenza non è sufficiente ad escludere la possibilità che un »Ente di diritto pubblico« si lasci guidare da considerazioni non economiche»; d) la normativa comunitaria può essere applicata « ad un organismo determinato, anche quando gli stessi bisogni siano o possano essere parimenti soddisfatti da imprese private e che la mancanza di concorrenza non costituisce una condizione necessaria ai finì della definizione di un organismo di diritto, pubblico», anche se la presenza di una concorrenza articolata «può costituire un indizio a sostegno del fatto che non si tratti-di un bisogno di interesse generale, senza carattere industriale o commerciale»; e) questi ultimi sono . bisogni al cui -soddisfacimento lo Stato preferisce provvedere per motivi connessi all‘interesse generale direttamente o, con riguardo ai quali intenda mantenere un‘influenza dominante»; f) «al fine di assicurare la piena efficacia al principio della libera circolazione, alla nozione ai Amministrazione aggiudicatrice dev‘essere data un‘interpretazione funzionale. Questi concetti sono stati ripetuti anche di recente dal Giudice comunitario, il quale ha precisato che al fine di poter qualificare un Ente come organismo di diritto pubblico ai sensi dell‘art. 1 lett. b) delle direttive Cons. C.E.E. 14 giugno 1993 n. 92/50, 93/36 e 93/37, in materia di appalti pubblici, è necessario che concorra l‘esistenza di un triplice gruppo di requisiti e precisamente a) il possesso della personalità giuridica, b) lo syolgimento di attività finanziata in moda maggioritario dallo Stato o da altri Enti pubblici od organismi di diritto pubblico ovvero soggetta al loro controllo ovvero condotta con organismi di amministrazione, direzione o vigilanza costituiti in misura non inferiore alla meta da componenti designati dai medesimi Enti, c) la sua istituzione per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non a carattere industriale o commerciale. Tale nozione, a detta dello stesso giudice, deve essere interpretata estensivamente, dovendo esseri ricompresi tale contesto. anche le società di diritto privato che soddisfano i prefati requisiti, poiché è indifferente la forma d costituzione degli organismi de quibus [Corte di giustizia C.E., - 15 maggIo 2003 - C214700 sig Valero Jordana) c. Regno di Spagna 15 gennaio 1998 causa C - 44/96, Mannesmann Anlagenbau Austria e a, 10 novembre 1998, causa C - 360/96, Bfi Holding 1 febbraio 2001 causa C - 237/99, Commissione/Francia 12 dicembre 2002, causa C - 470/99, Universale Bau e a.] 10 - Anche secondo i giudici nazionali la nozione comunitaria di «organismo di diritto pubblico » (di cui alla direttiva 92/50/CEE, come recepita dal D.L. vo 17 marzo 1995 n 157) non incide ne tantomeno altera la natura giuridica (pubblica o privata) dei soggetti cui si riferisce essa assume rilievo ai soli finì della individuazione della normativa applicabile per la scelta dell‘erogatore dei servizi Pertanto come ormai pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza anche di questo Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (quantomeno a partire dalla decisione n 1478 del 1998 della VI sezione), la normativa comunitaria m materia ben può applicarsi. pure a soggetti di diritta privato (quali ad esempio Ie fondazioni bancarie - laddove sussistano, congiuntamente, i .tre presupposti previsti dalla direttiva n. 92/50 e dall‘art. 2 comma 1 lettera b) del D.L. vo n. 157 del 1995: il possedere la «personalità giuridica», il «soddisfare specifiche finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale» e subire l‘influenza dominante di un apparato pubblico sotto i tre profili alternativi del finanziamento, del controllo o dell‘organizzazione (―l‘avere «organi di amministrazione di direzione o di vigilanza costituiti, almeno per la metà, da componenti designati» da «soggetti pubblici»―). Con riferimento ai requisiti sopra elencati la normativa comunitaria fa riferimento ad un parametro oggettivo, che non si presta ad interpretazioni sostanzialistiche, le quali non trovano riscontro nella giurisprudenza dalla Corte dì giustizia e neppure, con riferimento al caso di specie, nella legge istitutiva dei fondi in questione Deve pertanto reputarsi che la norma comunitaria, nei prevedere i requisiti suddetti, fissa una presunzione juris et de jure, non interpretativamente aggirabile con operazioni manipolative e potenzialmente elusive. [cfr. Sez. Atti norm. 13 gennaio 2003, n.4751]. 11 - Quanto alle ―finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale― che gli organismi d diritto pubblico debbono perseguire, secondo le disposizioni in materia d appalti ad evidenza pubblica, questa stessa Sezione con il parere settembre 2002, n. 2020, rilevando l‘improprietà di una qualificazione (industriale o commerciale) riferibile più alla natura dell‘attività che non ai bisogni, ha avuto modo di precisare che se un‘attività, pur industriale o commerciale, viene tuttavia svolta in stretta correlazione funzionale con un interesse pubblico, essa perde - ai fini di cui qui si discute - la sua tradizionale connotazione giuridica ed economica, per acquistare quella specifica nell‘ordinamento comunitario. Detto in altri termini, il bisogno, perché acquisti carattere non industriale, deve ricollegarsi ad un interesse generale che il Legislatore configurando una serie di «distorsioni» mirate al regime del libero mercato, ha inteso sottrarre, per la loro soddisfazione, dall‘ambito di mercati alimentati esclusivamente da un e libera attività imprenditoriale, industriale o commerciale. Con ciò non si vuoi dire che tutti i soggetti agenti nei mercati che soddisfino interessi generali perdono la loro natura imprenditoriale (si pensi agli istituti di vigilanza privata, alle scuole private, ai laboratori e studi medici privati, ecc). Ciò si verifica, nell‘ambito di tali mercati, solo per gli operatori che agiscono in diretta, seppure non esclusiva (perseguendo anche interessi di profitto), connessione con le finalità pubbliistiche dell‘ordinamento produttivo settoriale come disegnato dal Legislatore. Occorre aggiungere che la concezione finalistica dell‘interesse generale non industriale e non commerciale trova eco, seppure indiretta (trattandosi di affermazioni relative alla giurisdizione), in aIcune pronunce di questo Consiglio, che registrano la complessiva evoluzione giurisprudenziale rispetto all‘originaria impostazione limitativa e minimalista della teoria nell‘organo indiretto come qualificazione necessaria per applicare la normativa dell‘evidenza pubblica [cfr. la ben nota, sentenza della Cassazione, n. 12221 del 1991], nel senso di ricomprendere nel novero delle Amministrazioni giudicatrici anche imprenditori privati non concessionari, purché preordinati per indirizzo del Legislatore che li crea direttamente o li inserisce in un mercato differenziato, a perseguire obiettivi ed interessi di carattere generale [cfr. Cons. Stato, V Sez., 2 luglio 2001 n. 3588, relativa ad un consorzio concessionario della realizzazione e gestione delta rete fognante comunale; id.VI Sez. 22 gennaio 2201 n. 192, riguardante gli appalti di servizi aggiudicati. dalla Società pei l’imprenditorialità G. S.p.A.; id. VI Sez. 1 marzo 2001 n. 1101 relativa a lavori ferroviari appaltati da un consorzio industriale; cfr. anche Cass. Sez. un. 13 febbbraio 1999 n. 64]. Queste pronunce trovano il loro precedente m quella giurisprudenza, secondo la quale i soggetti privati che aggiudicano gare d‘appalto di opere pubbliche - ove presentino le caratteristiche richieste dalla disciplina comunitaria e dalla legislazione interna di adeguamento, limitatamente agli atti della serie procedimentale di evidenza pubblica - sono Pubbliche amministrazioni in senso soggettivo, come tali deputate all‘esercizio di potestà pubbliche capaci di sortire un effetto di affievolimento nei confronti delle posizioni dei partecipanti alla gara, a fronte delle quali sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo per le controversie aventi ad oggetto ad esempio, gli atti di una gara indetta da una società per azioni a partecipazione pubblica per l‘aggiudicazione di lavori di costruzione secondo il sistema della tacitazione privata [Cons. Stato VI Sez. 28 ottobre n. 1478, già citata relativa alla Soc. I..T V] 12 - Venendo al caso di specie e per rispondere conclusivamente al quesito se i Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua previsti dall‘art 118 della legge a 388/2000 possano considerarsi organismi di diritto pubblico e da rilevare, conclusivamente, quanto segue. Essi sono dotati comunque di una soggettività giuridica, anche se non ancora formalmente eretti in persone giuridiche private. Anche le associazioni non riconosciute, infatti, operano in regime di separazione dai loro associati come soggetto di diritto ad essi distinto. Alle stesse poi, si applicano in via analogica le disposizioni dettate per le persone giuridiche optimo jure ad es. l‘art. 24. Al riguardo non va dimenticato che la giurisprudenza di questo Consiglio ha considerato dotate di poteri pubblicistici tipici della persona giuridica strutture, quali le Federazioni sportive, che pur sorgendo come associazioni private non riconosciute, in presenza di determinati presupposti assumono la qualifica di organi del C.O.N.I. e partecipano alla natura pubblica di questo ove pongano in. essere atti finalizzati alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell‘attività sportiva [Cons. St., sec.VI , 10 ottobre 2002, n. 5442]. Non appare contestabile, dunque, che le stesse associazioni, quando svolgano le attività di sostegno all‘attività pubblica della formazione, siano da considerare, sotto il profilo dei requisita della ―personalità come organismi di diritto pubblico, seppure ai limitati effetti dell‘applicazione della normativa pubblicistica sugli appalti. Quanto al requisito della natura dell‘interesse perseguito, non occorre spendere molte parole per ritenere che i fondi svolgano un‘attività di interesse generale in quanto correla al perseguimento del precetto costituzionale dell‘art. 35 comma 2 Cost, secondo cui la Repubblica cura la formazione dei lavoratori, attività che la stessa legge del 1978 qualificava espressamente in termini di interesse pubblico. Che, poi, la finalità D‘interesse generale perseguita dai fondi, non abbia carattere industriale o commerciale, lo si ricava dalla circostanza richiamata sub § 11, che operatori che tali strutture agiscono in diretta connessione con le finalità pubblicistiche dell‘ordinamento settoriale come disegnato dal Legislatore. Quanto, infine, ai terzo requisito della dominanza pubblica, esso trova riscontro nella già rilevata circostanza che almeno il 50% del patrimonio di questi fondi si alimenta con il finanziamento pubblico, almeno a partire dal 2003 A ciò si aggiunga, ad abbondare in motivazione (ma i tre indizi afferenti al requisito della dominanza sono alternativi) che l‘amministrazione statale esercita un penetrante potere di vigilanza e monitoraggio sulla gestione dei fondi, tanto penetrante ed incisivo da poter disporre la sospensione dell‘operatività o il commissariamento in caso di irregolarità o di inadempimenti. Si tratta di una forma di ingerenza qualificabile come controllo indiretto, cioè verifica dei risultati che incide indubitabilmente, seppure a consuntivo, anziché sui singoli atti gestori, sul tipo di scelte economiche e gestionali operate dai Fondi, i cui amministratori saranno costretti — anche- in base ai provvedimenti sollecitatori ed alle segnalazioni che potrebbero essere assunte dall‘ amministrazione prima di arrivare al commissariamento od alla sospensione, secondo i principi di partecipazione dell‘art. 7 della legge n. 241 del 1990 - a linde gestionali di buona amministrazione e- coerenza con le finalità istituzionali del Fondo. Circostanza, questa, che, abbinata alla nomina ministeriale del presidente del collegio sindacale, denota un elevato tasso di ingerenza anche sull‘organizzazione del soggetto privato. Per quanto riguarda l‘altro aspetto del quesito posto, relativo alle –modalità dell‘esercizio del potere di vigilanza e monitoraggio, la Sezione ritiene che in questa fase e per tale aspetto non rilevi più la nozione di organismo di diritto pubblico. Per tale attività dovrà essere prevista una fase di acquisizione, dì elaborazIone e di valutazione di dati economici e giuridici (numero e natura dei progetti finanziati, esito e risultati dei progetti finanziati, ecc.), secondo criteri in parte già prefigurati nella legislazione di settore e che potrebbero essere ulteriormente definiti secondo criteri predisposti con apposito decreto ministeriale non avente natura regolamentare, anche con l‘apporto consultivo dell‘‖Osservatorio per la formazione continua‖, appositamente costituito e prefigurato dalla legge n. 388. PQM nelle esposte considerazioni è reso il richiesto parere. IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE (Armando Pozzi) IL SEGRETARIO D‘ADUNANZA (SergioSantoro) L‘ESTENSORE (Roberto Craca)