Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
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Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
Regulate Finance for Development Lo Stress Test per la governance finanziaria globale La governance economica in condizioni di crisi Problemi, tendenze e alternative Una prospettiva della società civile Scritto da Peter Wahl, WEED Lo Stress Test per la governance finanziaria globale La governance economica in condizioni di crisi Problemi, tendenze e alternative Una prospettiva della società civile Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 1 Lo Stress Test per la Governance Finanziaria Globale Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito di un progetto di sensibilizzazione riguardo alla creazione di un sistema finanziario globale adatto allo sviluppo, promosso da sei ONG europee (BWP, CRBM, CCFD, EURODAD, GLOPOLIS e WEED). Il progetto vuole contribuire alla creazione di un approccio politico comune e più coerente per la regolamentazione e la supervisione finanziarie all’interno dell’UE, e per la costruzione di posizioni comuni nei processi internazionali di riforma, come il G20, il FMI, l’FSB e le Nazioni Unite. Per ulteriori informazioni: www.regulatefinancefordevelopment.org Il report è stato scritto da Peter Wahl di WEED, World Economy, Ecology and Development. Commenti utili ed informazioni sono state fornite da: Antonio Tricarico, CRBM; Marta Ruiz and Nuria Molina, Eurodad; Jean Merckaert, CCFD. Traduzione: Irene Forcella Grafica: Carlo Dojmi di Delupis Questa pubblicazione è stata realizzata con il sostegno economico dell’Unione Europea. I contenuti del documento sono esclusiva responsabilità degli autori e non sono riconducibili in alcun modo alle posizioni ufficiali dell’UE. 2 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale Indice Prefazione p. 4 1. La governance finanziaria globale in un’epoca di sconvolgimenti p. 6 1.1. La globalizzazione finanziaria, avamposto della globalizzazione neoliberista 2. Una governance globale per disciplinare la globalizzazione economica? p. 8 2.1. Il deficit democratico della governance globale 2.2. Stato-nazione e governance globale, un dilemma di fondo 2.3. Dimensioni e complessità contano 3. Una governance economica globale realmente esistente p. 13 3.1. I “G-club”, nuovo fenomeno della governance globale 3.2. Il G8 nella transizione 3.3. Il G20: nuovo ragno nella tela della governance economica globale tabella: Un riepilogo del G20 3.4. L’FMI: mancata vigilanza sul sistema box: Una commissione di esperti Onu propone una riforma fondamentale 3.5. Banca Mondiale: come privatizzare la finanza e poi far prestiti per sistemare le cose 3.6. Dietro le quinte – Il Financial Stability Board 3.7. Organismi responsabili della definizione dei principi 3.8. L’OMC, uno strumento di liberalizzazione degli scambi di servizi finanziari 4. Equilibri che cambiano: l’ascesa di nuove potenze p. 21 4.1. Il declino dell’egemonia Usa 4.2. La Cina, un fenomeno senza precedenti nella storia 4.3. Non solo Cina 4.4. Nuove iniziative e istituzioni regionali 4.5. Regionalismo e multilateralismo caotico 5. L’Ue: quale modello per una governance finanziaria? p. 25 5.1. Il deficit democratico e la ‘cooptazione della regolamentazione’ sulle politiche finanziarie box: Asimmetrie tra integrazione economica e stato sociale nell’Ue box: Critiche degli accademici al rapporto de Larosière 5.2.Il dibattito emergente sulla governance finanziaria europea: interessi in competizione all’interno dell’Ue 5.3. Alcuni passi importanti verso la regolamentazione e la vigilanza finanziari nell’Ue 5.4. Impatto delle politiche finanziarie dell’Ue sui paesi in via di sviluppo 6. Conclusioni e prospettive p. 33 Livello nazionale, livello regionale, livello globale Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 3 Prefazione Il mondo assiste a rapidi mutamenti e si trova di fronte a difficoltà di straordinaria portata: la crisi economico-finanziaria, i cambiamenti climatici, la scarsità crescente di alcune risorse fondamentali, prima tra tutte il petrolio. C’è la necessità urgente di nuovi organismi regionali e globali che ci aiutino a superarle perché le istituzioni e le prassi esistenti sono incapaci di farlo in modo idoneo: non si è trovato alcun accordo conforme al protocollo di Kyoto e la gestione della crisi finanziaria si è ridotta per lo più al solo ambito nazionale, le grandi potenze continuano a usare i metodi tipici della politica di potere minando alla base l’efficacia delle pratiche attuali e degli attuali strumenti di governance globale e come se non bastasse l’integrazione regionale, vedi il caso dell’Ue, è segnata da un deficit di democrazia. membri, la loro efficacia rischia di crollare. Alla costituzione del G20 il G8 ha perso peso. Il G20 indica un certo progresso in termini di rappresentanza, anche se il deficit democratico resta: con i due terzi della popolazione mondiale, l’80 per cento del commercio e l’85 per cento del PIL globali, è senz’altro più rappresentativo, ma 90 paesi della terra su 100 ne sono ancora esclusi. Del resto, essendo i conflitti di interessi al suo interno molto superiori a quelli del G8, meglio non sopravvalutare la sua capacità di risolvere problemi globali. Questo vale anche per le proposte di riforma del sistema finanziario. L’aumento dei requisiti patrimoniali, la regolamentazione dei derivati e degli istituti con elevato rapporto di indebitamento (highly leveraged institutions) nonché il rafforzamento della vigilanza vanno nella giusta direzione ma sono insufficienti. Finché esisterà il capitalismo ‘da casinò’ non ci saranno soluzioni sostenibili. Quanto alla portata istituzionale di una riforma il G20 è assai moderato per non dire retrivo: dare più forza all’FMI e alla Banca Mondiale, che semmai sono parte del problema e non della soluzione, non porterà ad alcun cambiamento sostanziale se non si cambiano in profondità il modello economico, la governance e i comportamenti pratici. Nella scia del collasso postbellico del sistema di Bretton Woods (1972) la liberalizzazione ha scatenato la globalizzazione della finanza generando uno squilibrio tra economia e governance: mentre i soggetti economici globali agiscono sempre più a livello Per recuperare il principio Si prosegue prendendo in esame altre transnazionale l’ambito della politica istituzioni: il Comitato di Basilea, il democratico, la politica e della democrazia è costretto entro i Financial Stability Board e gli organismi deve riprendere il controllo confini dello stato-nazione. C’è nella globalizzazione un’implicita tendenza sull’economia e soprattutto responsabili della definizione dei principi. Se ne conclude che per tutti occora erodere il principio democratico. Per sui mercati finanziari rono più democrazia e un mutamento recuperarlo la politica deve riprendere esemplare. Il modello neoliberista ha il controllo sull’economia e soprattutfallito. Ci vuole un altro paradigma che sia al servizio della to sui mercati finanziari. stabilità, della giustizia sociale e dello sviluppo sostenibile. Ed eccoci ai cambiamenti nel sistema internazionale: il E qui si arriva a un dilemma fondamentale: da un lato il declino degli Usa e l’ascesa della Cina e di altre nuove contrasto tra dimensioni dei soggetti sociali e complessità potenze. La nascita dell’iniziativa di Chiang Mai, i BRIC, il dei problemi e dall’altro la capacità dei cittadini e delle Banco del Sur (la Banca del Sud) e il Gruppo di Shanghai istituzioni di farvi fronte: dimensioni e complessità sono mettono in luce la tendenza all’integrazione e la costituimportanti per la democrazia. zione di nuove alleanze esterne alle istituzioni tradizionali. I nuovi equilibri sulla scena mondiale indicano che la Si passa poi all’analisi di due strutture globali esistenti, il nostra epoca volge al termine. Dopo 500 anni di domiG8 e il G20, la cui natura informale rivela che esse mannio economico, politico, militare e culturale l’Europa e la cano di trasparenza proprio come il loro impatto sul monsua discendenza nordamericana non accetteranno tanto do: non sono né un governo globale né un mero esercizio facilmente l’ormai prossima storica frattura. A proposito di pubbliche relazioni, forse hanno qualche efficacia ove di Europa si sottolinea il ruolo marginale dell’Ue nella e quando vi sia consenso tra i membri, ma se cresce l’etecrisi finanziaria, gestita largamente dai governi nazionali. rogeneità, il che già avviene con l’aumento del numero di 4 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale La crisi è il risultato della carenza di regole e di vigilanza, dovrebbe fare da apripista smantellando quelli controllati sostenuta da una ideologia secondo la quale liberalizzadagli Stati membri: isole Cayman (britanniche) e affini. re i mercati finanziari garantirebbe Sul piano globale si invocano la l’efficienza. Oggi è in atto un impegno La crisi è il risultato della costituzione di un consiglio per il febbrile per migliorare la situazione. Si carenza di regole e di coordinamento economico mondiale studiano linee guida che regolino gli patrocinato dall’Onu e la democravigilanza, sostenuta da hedge funds, i requisiti patrimoniali, i tizzazione delle istituzioni di Bretton una ideologia secondo la derivati, le agenzie di rating e la vigiWoods, del Comitato di Basilea e lanza dell’Europa. Il processo è ancora quale liberalizzare i mercati degli organismi responsabili della in corso ma al momento le misure non finanziari garantirebbe definizione dei principi. l’efficienza sono vincolanti sotto il profilo legale, vedi per esempio la direttiva sui deriInfine è necessario un sistema monevati: sono troppo limitate, come motario sopranazionale che ponga fine strano gli emendamenti sui requisiti patrimoniali e sugli al dominio di una sola valuta. Come passo intermedio verhedge funds, e riguardano questioni di impatto marginale so una valuta globale si propongono un paniere di valute come la direttiva sulle agenzie di rating. Si prevedono forti e i diritti speciali di prelievo. resistenze contro l’“eccesso” di regole da parte della City di Londra e dell’intera finanza, che usa il suo potere lobbistico per annacquare ogni regolamentazione efficace. Berlino, Marzo 2010 In ultimo si illustrano le alternative. L’idea di fondo è una deglobalizzazione selettiva della finanza. A partire dalle posizioni di Keynes secondo le quali gli scambi commerciali andrebbero globalizzati mentre la finanza dovrebbe limitarsi al livello nazionale poiché “non è possibile cavalcare la tigre”, vengono presentate delle ipotesi di riforma a livello nazionale, regionale e globale. Si propone non solo di ridimensionare la finanza ma di modificarne il ruolo affinché sia al servizio dell’economia reale e combatta la povertà. Va attuato il principio secondo cui “chi specula paga” per far sì che chiunque in passato abbia messo da parte incredibili fortune oggi finalmente ne paghi i costi. La finanza ‘da casinò’ consolidatasi negli ultimi decenni non minaccia solo la stabilità ma anche la distribuzione della ricchezza e la democrazia. Perciò è in agenda una redistribuzione dall’alto verso il basso attraverso idonei sistemi di tassazione e l’affidamento a mani pubbliche della sanità, delle pensioni e dell’istruzione: occorre sottrarre questi servizi al controllo della finanza, che mira a massimizzare i profitti. Per l’Europa si suggeriscono una regolamentazione severa del settore finanziario e la riforma della Banca centrale (BCE). Occupazione e sviluppo sostenibile devono entrare nel mandato della BCE e il controllo dell’inflazione va esteso ai prezzi delle attività patrimoniali (asset). Una regolamentazione efficace della finanza non è pensabile finché i paradisi fiscali renderanno vana ogni regola. L’Ue Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 5 1. La governance finanziaria globale in un’epoca di sconvolgimenti Assistiamo a rapidi cambiamenti economici e politici. 1 Ci sono alcune domande fondamentali su come affrontare la crisi finanziaria, il riscaldamento globale e la scarsità dell’energia basata sul carbone e su altre materie prime importanti. Quali tipi di istituzioni ci servono a livello locale, nazionale e mondiale? Quali rapporti dovremmo instaurare tra stato-nazione, integrazione regionale e cooperazione internazionale? Può una governance globale essere democratica e allo stesso tempo garantire soluzioni efficaci? E soprattutto come può garantirle in tempo utile? New York, 2010 Foto di Riccardo Carraro limiti e lacune. L’attuale mosaico di istituti è incoerente: scarsa copertura, rappresentanza sbilanciata, regole inique, pratiche inefficaci. Il loro potere non basta a spingere o convincere i paesi più forti perché aderiscano ai loro accordi. Che ci piaccia o no la struttura e le dinamiche del sistema internazionale sono ancora determinate dal potere militare, economico, politico e culturale degli stati. L’attuale sistema di governance mondiale pertanto è soggetto a un potere egemonico e asimmetrico. Il tempo infatti ha assunto una qualità nuova. I tempi dei processi chimici, fisici e biologici non sono quelli delle decisioni politiche, delle politiche di potere, della diplomazia e dei negoziati multilaterali. Quando si arriva a un punto di non ritorno il danno è irreversibile. Pensiamo a qualche Venti anni fa con la caduta del muro di Berlino si levò esempio del passato: la deforestazione di Italia e Spagna la speranza che il mondo avrebbe superato il confronto duemila anni or sono, il fallimento agricolo dei Vichinghi bipolare e la rivalità tra imperi per orientarsi verso un in Groenlandia, il declino della cultura sistema di governance globale multiMaya mille anni fa nello Yucatan. Ma I tempi dei processi laterale. Questo avrebbe consentito di si trattava di disastri regionali che in chimici, fisici e biologici opporre ai problemi del mondo soluqualche misura era possibile compenzioni coordinate, tali che tutti potessero non sono quelli delle sare. Oggi invece per la prima volta vivere insieme nella pace e nella coonella sua storia l’uomo provoca disastri decisioni politiche, delle perazione. Si trattava di andare oltre le politiche di potere, della irreversibili di dimensioni planetarie. Nei prossimi due decenni si deciderà diplomazia e dei negoziati logiche competitive degli stati-nazione sostituendole con una politica capace dove andiamo: è una congiuntura multilaterali di coniugare gli interessi nazionali con storica straordinaria. quelli globali. La finanza globale degli ultimi quarant’anni e le sue conseguenze fino all’attuale manifesta crisi economica sono un caso di studio perfetto: dalla loro analisi è necessario trovare proposte per cambiare la 1.1. La globalizzazione finanziaria, avampopolitica di sistema e la governance a tutti i livelli. La crisi economico-finanziaria ne ha messi bene in chiaro 1 Hobsbawm, Eric (1994): Il Secolo breve, 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi, Rizzoli Milano, trad. di Brunello Lotti 6 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale sto della globalizzazione neoliberista L’odierna globalizzazione nasce nel 1972 con l’abbandono dei tassi di cambio fissi e la conseguente deregolamentazione dei mercati finanziari, che diventò a sua volta il motore della globalizzazione dei commerci e della produzione. Facevano da cornice al cambiamento le politiche neoclassiche della concorrenza e del mercato e il monetarismo nella finanza pubblica. Secondo la teoria neoclassica il settore pubblico dovrebbe ridurre la sua quota di attività economiche consentendo alle aziende private di decidere liberamente sui luoghi degli investimenti e sulla fornitura di beni e servizi. Sempre secondo la teoria le decisioni di più privati produrrebbero un effetto sociale ottimale per tutti. Nei fatti il tradizionale rapporto tra economia reale e sistema finanziario, in cui il secondo era al servizio della prima, si è ribaltato. La logica e le dinamiche della speculazione finanziaria hanno dominato sull’economia segnando un nuovo passo dello sviluppo capitalistico, oramai guidato e spinto dalla finanza. L’economista John Maynard Keynes la chiamò “casino” economy, economia “del casinò”, altri parlano di finanziarizzazione e altri ancora di capitalismo finanziario. In ogni caso è emersa un’economia di tipo nuovo. COP 15 UN climate Forum - Manifestazione Copenhagen, Dicembre 2009 Foto di Carlo Dojmi di Delupis un ventennio è nato un nuovo dibattito sul fallimento del modello, sui rapidi cambiamenti degli ultimi anni nella mappa geoeconomica e geopolitica e su come uscire da una economia mondiale fortemente finanziarizzata. La questione dei nuovi modelli di governance a livello nazionale, regionale e globale è la prima in ordine di importanza accanto alla ricerca di nuove politiche economiche e finanziarie. Non è ancora la fine del neoliberismo o del monetarismo ma si è spezzata la loro egemonia discorsiva. Si profila una fase di passaggio, alcuni presupposti saranno messi senz’altro in discussione e ci sarà un cambiamento. Ma resta da chiarire in quale direzione. L’intero processo è stato portato avanti dai rapporti di potere. 2 Al crescere della povertà cresceva la polarizzazione sociale, il benessere si redistribuiva dal basso verso l’alto: i ricchi diventavano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. E oggi anche ampi strati della classe media vivono sotto la minaccia del degrado sociale mentre i vincitori sono soprattutto la finanza e le multinazionali. La democrazia rappresentativa è stata compromessa, all’internazionalizzazione dell’economia non ha corrisposto l’internazionalizzazione delle prassi democratiche. Non c’è uno stato internazionale o globale con organismi democratici idonei. C’è invece una asimmetria tra aziende che operano a livello transnazionale e una democrazia limitata allo stato nazione. Nel 2008 il “nuovo mondo” del capitalismo finanziario è crollato sulle crisi già in atto. Per la prima volta dopo oltre 2 vedi Brand, Ulrich et al. (2000): Global Governance. Alternative zur neoliberalen Globalisierung? [La governance globale: un’alternativa alla globalizzazione neoliberista?] Münster. Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 7 2. Una governance globale per disciplinare la globalizzazione economica? La proposta di ‘governance globale’ affronta alcuni problemi della globalizzazione economica contemporanea e mira a sviluppare delle alternative. L’idea è che decisioni e obiettivi debbano essere discussi sul piano politico ma anche su quello etico e che lo stato vi abbia certamente un ruolo ma non possa risolvere da solo i problemi globali. Pertanto i privati e la società civile sono chiamati sempre più a prendere parte attiva nelle scelte politiche internazionali. 3 E ciò contrasta col fondamentalismo di un mercato che si autocelebra come la forma ottimale per regolare le interazioni sociali. Una governance globale deve affrontare anche la questione dei diversi livelli, deve cioè collegare e coordinare ai vari livelli: locale, regionale e globale le decisioni politiche e la capacità di risoluzione dei problemi. Il mercato non può chiarire o risolvere adeguatamente i problemi globali. “È necessario realizzare una nuova cornice istituzionale (questa volta globale) dell’economia di mercato mondiale previa sottomissione delle economie di mercato nazionali al dettato della legge e allo stato sociale.” 4 Fin dagli anni Settanta alcuni importanti rapporti internazionali, uno per tutti l’Independent Commission on International Development Issues noto come Rapporto Brandt, chiedevano una riflessione globale, una pace globale, uno sviluppo e una politica economica responsabili. 5 Il Rapporto Brundtland, che era servito da modello al Summit della Terra di Rio nel 1992, diffuse l’idea dello svi- 3 Naturalmente i governi, i privati e la società civile non sono ‘alla pari’. Le multinazionali per esempio hanno un enorme potere economico che consente loro di ricattare interi paesi o intere regioni. Di contro il potere della società civile è un potere più “sensibile”, fatto di prestigio e di integrità morale. Inoltre la presenza di esponenti della società civile può essere ambigua o persino negativa quando funga da schermo tra il pubblico e gli scarsi risultati dei processi che avvengono alle sue spalle. Spesso le ONG sono semplici risorse aggiuntive che aiutano i governi consolidando la propria capacità di risolvere problemi; 4 Nuscheler, Franz (1998): Warum brauchen wir Entwicklungstheorien? [A che servono le teorie dello sviluppo?] In: E+Z Entwicklung und Zusammenarbeit. Vol. 39, n. 11. 5 North-South: A Program for Survival [Nord-Sud: un programma per la sopravvivenza], 1980; dal nome dall’ex-cancelliere della Germania occidentale Willy Brandt. 8 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale luppo sostenibile 6. La Commission on Global Governance indicava per sommi capi il modo di risolvere i problemi globali in un documento del 1995 intitolato Our Global Neighbourhood. Si suggeriva di utilizzare la cooperazione internazionale per risolvere i problemi generati dalla globalizzazione economica. L’approccio comune insisteva sugli aspetti etici e politici degli obiettivi sociali e la regolamentazione statale dell’economia e si opponeva al fondamentalismo del mercato, cioè all’idea che il mercato sia la forma ottimale per regolare le interazioni sociali. 2.1 Il deficit democratico della governance globale Di fronte alle molteplici drammatiche crisi e all’urgenza già descritte si sarebbe tentati di dire che la priorità assoluta spetti a una risoluzione efficace dei problemi e che tutto il resto, democrazia compresa, non abbia poi tanta importanza. Crediamo che ciò sia falso. La democrazia non è solo un valore in sé: in un mondo pluralistico è anche un prerequisito dell’efficienza. Solo attraverso il consenso democratico si possono risolvere i problemi internazionali. Senza consenso scoppiano le guerre e i conflitti e diventa ancora più difficile affrontare le sfide impegnative di oggi. Perciò si insiste molto sulla democrazia. Lo stato-nazione con i suoi organismi e le sue prassi democratiche ha raggiunto nelle capacità decisionali un livello senza precedenti. Ma per ora è impossibile trasferire lo stesso livello di democrazia al sistema internazionale. L’Unione Europea, il progetto di integrazione sopranazionale più importante del nostro tempo, è un esempio eloquente dei problemi che sorgono quando gli stati nazionali tentano di integrarsi in una entità superiore. L’Ue soffre di un notevole deficit di democrazia. In un pronunciamento del giugno 2009 sul Trattato di Lisbona la Corte Costituzionale della Germania federale ha stabilito che al momento l’Ue non ha i requisiti di un’alleanza democratica. Secondo la sentenza il Parlamento europeo “non viene eletto su basi egualitarie”, non ha l’autorità per prendere “decisioni politiche sostanziali” e non rappresenta alcun “popolo europeo sovrano.” Mentre un europarlamentare tedesco, a un capo della scala, rappresenta 833.000 votanti, quello del Lussemburgo, all’estremo 6 Our Common Future [Il nostro futuro comune], 1987; dal nome del primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland. opposto, ne rappresenta solo 66.667 7. La disuguaglianza nel suffragio compromette il principio fondante della moderna democrazia: “una persona, un voto”. Un altro deficit significativo è l’assenza della divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario formulata per la prima volta da Montesquieu, la regola aurea di ogni moderna democrazia. Il Parlamento europeo è privo di un diritto fondamentale per qualsiasi parlamento democratico: una legislazione. La Commissione europea, unitamente al Consiglio, ha solo il diritto di iniziativa nel processo legislativo e contemporaneamente è l’organo esecutivo dell’Ue. Con il Trattato di Lisbona i diritti del Parlamento europeo si sono leggermente estesi ma il deficit primario sussiste. le.” Nella sua osservazione il Premio Nobel Joseph Stiglitz 8 sottolinea che la nazione è tutt’ora la cornice dominante dell’integrazione sociale. Va da sé che i grandi stati-nazione come gli Usa e la Cina detengono ancora un potere di forgiare la storia superiore a quello di ogni altro soggetto della scena mondiale. La crisi economico-finanziaria ha messo in luce l’importanza dello stato-nazione. Nella globalizzazione le economie si affrancano dal suo quadro legislativo. Come riporta il capitolo 1 il controllo e le capacità degli stati di risolvere i problemi si sono indeboliti ma a tutt’oggi non esiste una valida alternativa. Fiaccato dalla globalità lo stato-nazione è ancora il soggetto più importante di regolamentazione della politica. Il crollo finanziario ha delegittimato quanti credevano che il mercato fosse in ogni circostanza il sistema ottimale per regolare l’economia e la società 9. In conseguenza del vuoto di democrazia c’è maggiore spazio per una influenza informale da parte di vari gruppi di interesse. L’esempio più evidente è il settore privato, che grazie al denaro conserva il suo apparato di potere lobbistico influenzando i gover- Il deficit democratico dell’Ue D’altro canto le istituzioni gloni e le istituzioni dell’Ue più facilmente deriva dagli squilibri di fondo del bali si sono mostrate incapaci di della società civile o di chiunque altro. processo di integrazione, nel quale azioni decisive. Furono gli statiIl deficit democratico dell’Ue deriva si assegna la massima priorità alla nazione con i loro programmi di dagli squilibri di fondo del processo di costituzione di un mercato comune soccorso e di incentivi economici integrazione, nel quale si assegna la e in alcuni casi con la nazionamassima priorità alla costituzione di un lizzazione e gli espropri a evitare mercato comune al di là delle istanze il totale collasso del sistema sociopolitiche. Mentre la liberalizzazione, la deregolamentafinanziario. Fino a oggi i governi più ricchi hanno speso zione e la privatizzazione sono state spinte con forza a favore oltre 18 trilioni di dollari per salvare o garantire i propri degli interessi capitalistici, altri aspetti quali la democrazia e istituti finanziari privati. 10 In confronto le organizzazioni le questioni sociali sono rimasti drammaticamente in coda. multilaterali sono tigri di carta: persino l’FMI e la Banca Tra gli esempi di rilievo della svolta neoliberista del progetto Mondiale sarebbero impotenti senza il sostegno degli Usa europeo emergono il cosiddetto Patto di stabilità e crescita, le e in minor misura degli altri paesi ricchi industrializzati. politiche della Banca centrale europea e l’affermazione di altri principi neoliberisti quali la competizione e il libero scambio Eppure la gestione della crisi da parte degli stati-nazione come previsto dal Trattato di Lisbona (vedi anche capitolo 5). ha fatto gli interessi del settore finanziario, ha mancato A parte l’Ue lo squilibrio è ancora più marcato a livello mondi trasparenza e avrà effetti negativi di lungo termine sui diale, dove a fronte di un potere economico globalizzato la governance democratica si riduce alla sfera nazionale. 8 2.2 Stato-nazione e governance globale, un dilemma di fondo “Una crisi globale postula una reazione globale. Purtroppo le competenze sono ancora limitate al livello naziona- 7 Il fenomeno è chiamato proporzionalità degressiva. Financial Times Deutschland, aprile 17, 2009 9 Ciò non significa che i mercati andrebbero aboliti. Occorre invece integrarli nella regolamentazione della politica e affidare servizi essenziali quali la salute, le pensioni, l’istruzione, le comunicazioni di massa, la finanza, i trasporti e l’energia a un settore pubblico forte. 10 La somma comprende dei pacchetti di soccorso finanziario tra cui le obbligazioni accessorie tramite garanzie e iniezioni di liquidità nei sistemi finanziari dal settembre 2008 al marzo 2009. ‘The world financial and economic crisis and its impact on development’, il Segretario Generale delle Nazioni Unite [La crisi economico-finanziaria mondiale e il suo impatto sullo sviluppo], giugno 2009: www.un.org/ga/search/ view_doc.asp?symbol=A/CONF.214/4&Lang=E Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 9 gruppi a minor reddito e a medio reddito. Dando aiuto a un’industria così poco virtuosa per l’ambiente quale quella automobilistica si è persa un’occasione d’oro per ridisegnare la base tecnologica dello sviluppo. Ma al contrario di quanto accadde nella Grande Depressione del 1929 i governi hanno imparato qualcosa e per combattere la crisi sono tornati a Keynes. Grazie alle politiche fiscali anticicliche sono riusciti a impedire il crollo totale del sistema finanziario, il che non avvenne nel ‘29. E l’hanno fatto con gli strumenti dello stato-nazione misura quel deficit ma non risolverebbero le questioni proprio perché finora i dispositivi anticrisi esistono solo fondamentali. a livello di stato-nazione. Solo i governi nazionali hanno Una ragione è che gli organismi della società civile e in il denaro e i mezzi istituzionali, finanziari e legali che maggior misura le imprese hanno scarsa o nulla legittimiservono. Persino l’FMI e la Banca Mondiale, gli istituti tà. I manager, i consigli di amministrazione e gli azionisti multilaterali più potenti, non sono niente senza il sostenon hanno neppure un’ombra di legittimità democratica. gno degli Usa e in minor misura degli altri grandi paesi industrializzati. È assai probabile In quanto soddisfa il fondamentale che lo stato-nazione rimarrà per diritto di ogni essere umano all’auSolo i governi nazionali hanno molto tempo ancora l’unico centro todeterminazione e all’autogoveril denaro e i mezzi istituzionali, istituzionale di risposta alle crisi e no la democrazia è un obiettivo in finanziari e legali che servono l’unico a gestire la globalizzaziosé e ha allo stesso tempo un valoper reagire alla crisi ne. Naturalmente i diversi statire strumentale: serve a risolvere i nazione hanno capacità diverse problemi interni di una comunità. di attuare le politiche interne e di incidere sulle decisioni Di solito le comunità più ampie soffrono di conflitti di del sistema internazionale e multilaterale: c’è per esempio interessi maggiori, le decisioni al loro interno sono più un’enorme distanza tra il Burkina Faso e gli Usa, tra la complesse e richiedono molto più impegno che in quelle Cina e il Bangladesh. piccole. Perciò in democrazia le dimensioni e la complessità contano parecchio. Ciò che vale per le comunità di A un primo sguardo il sistema delle Nazioni Unite sembra individui è ancor più importante nella comunità interovviare alle differenze dando un voto a ciascun paese nazionale: oltre 190 stati-nazione con tutte le istituzioni negli organismi multilaterali. L’Onu viene citata spesso multilaterali e le prassi instaurate negli ultimi cento anni. come possibile contrappeso ai mercati globali: sembra più democratica delle istituzioni di Bretton Woods in cui le 2.3 Dimensioni e complessità contano decisioni le prende il potere economico. Ma al Consiglio di Sicurezza pochi paesi hanno diritto di voto e la Cina Spesso richieste ragionevoli vengono respinte perché con una popolazione di 1,3 miliardi conta formalmenmanca la collaborazione di un membro chiave: gli Usa pote quanto l’Islanda che ne ha 300.000. L’equilibrio dei trebbero bloccare i limiti massimi sugli incentivi finanziari, poteri è congelato nelle procedure formali: se gli Usa e la Francia impedire l’abolizione del protezionismo agricolo la Cina sono contrari non basta la maggioranza del resto in Europa e i cinesi pronunciarsi contro una severa regoladel mondo, come dimostra il fallimento dei negoziati di mentazione dei paradisi fiscali e dei centri offshore. Copenhagen sul clima nel dicembre 2009. Da qui sorge una domanda: non sarebbe possibile eserciPer contrastare il deficit democratico si è pensato di tando opportune pressioni ottenere una maggiore coopeinserire rappresentanze della società civile negli organi razione? Gli Usa ci sono riusciti nel 2009 minacciando la decisionali, a esempio nell’Assemblea generale dell’Onu, e Svizzera di sanzioni se le sue banche presenti in territorio di introdurvi ufficialmente tutte le parti interessate. Simili americano non avessero usato maggiore trasparenza con ‘modelli di codeterminazione’ ridurrebbero in qualche gli eventuali evasori. In quel caso ha funzionato. L’altra 10 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale Consiglio di Sicurezza Onu Foto di Bernd Untiedt, Gennaio 2005 d’oltremare solo quattro governi lo hanno fatto. Se ne conclude che dimensioni e complessità contano parecchio per la democrazia. Più ampio è l’elettorato democratico più complessi sono i problemi e diventa difficile ottenere il consenso senza ricorrere a pressioni o addirittura alla violenza. Il che dice l’intrinseca difficoltà di una democrazia globale. Anche nei grandi stati-nazione il filo che unisce governo e cittadini nei processi decisionali è diventato estremamente sottile. faccia della medaglia è che non si trattò di un consenso tra pari. L’equilibrio dei poteri fu l’elemento decisivo. Gli Usa in quel caso invocavano una causa legittima: il principio democratico della giustizia fiscale. Ma con il potere che hanno possono imporre anche interessi di segno opposto, la storia è ricca di esempi. La deglobalizzazione selettiva potrebbe essere una soluzione parziale. Il decentramento e la regionalizzazione dei processi economici e politici migliorerebbero la sussidiarietà consentendo di diagnosticare e risolvere un maggior numero di problemi a livello regionale e locale. Lecito obiettare a questo punto che la democrazia abbia più affinità con le comunità e le aggregazioni di piccola scala: In linea di principio non c’è contraddizione tra efficienza e verrebbe più facilmente amministrata. Gli stati-nazione democrazia, anzi: spesso si rafforzano l’una con l’altra. Le più popolosi si ritroverebbero in pratica a forzare i suoi decisioni prese senza sufficiente legittimità e partecipaziolimiti “naturali”. ne si rivelano inefficaci se gli esclusi non le sostengono. Con ciò non si vuole fornire pretesto a ideologie quali il nazionalismo, il patriottismo e altre espressioni dell’idenL’inclusione aumenta l’efficacia ma decidere diventa più tità collettiva ma solo suggerire che le strutture e gli complesso: un problema comune a tutti gli organismi ed interventi sociali devono conservare dimensioni tali da enti multilaterali, che si tratti di piccoli gruppi informali non privarci di ogni potere. La promozione e la gestione come il G8, in cui dietro i fumi della retorica diplomadi beni pubblici globali quali l’equilibrio climatico o la tica del consenso si celano forti contrasti e rivalità, 11 o produzione della conoscenza dell’Onu, che rappresenta 192 statinazione. Anche nei grandi stati-nazione sono sfide che richiedono azioni congiunte e coordinate a livello il filo che unisce governo internazionale. A volte gli attuali strumenti multilaterali e cittadini nei processi non riescono a trovare soluzioni comuni decisionali è diventato Ma anche per l’economia e sosu problemi gravi quali il cambiamento estremamente sottile prattutto per la finanza, sempre climatico, come provano i negoziati più globalizzata negli ultimi di Copenhagen. 12 E se si giunge a un decenni, il ritorno a dimensioni accordo non è detto che si applichi, 13 più controllabili sarebbe un buon viatico per uscire dalla come dimostra la storia degli aiuti stranieri: quarant’anni crisi. E per “deglobalizzare” certi ambiti dell’economia dopo che ben 70 paesi donatori si erano impegnati a elarmondiale è auspicabile una qualche forma di coordinagire lo 0,7% del PIL sotto forma di assistenza allo sviluppo mento internazionale e multilaterale. Se ha senso limitare il libero scambio in alcune aree importanti sia per evitare il dumping e altre pratiche sleali sia per salvaguardare 11 Si considerino le differenze strategiche tra Russia e USA o la interessi legittimi quali la garanzia del cibo e la protezione rivalità nelle politiche commerciali tra Usa e Ue. dell’ambiente oltre che della salute e della sicurezza dei 12 Così il Canada, la Russia e le zone temperate dell’Europa si consumatori, le eventuali restrizioni andrebbero negoziate preparano a migliorare le condizioni dell’agricoltura con idee quali il e concordate tra tutti i membri. Le misure unilaterali servino rosso di Copenhagen o il frumento della Siberia o l’incremento del virebbero solo a generare una reazione a catena di guerre turismo e i minori costi di riscaldamento. commerciali incontrollabili. 13 ‘CONTO ALLA ROVESCIA’ 20 problemi globali, 20 anni per risolverli, Jean-Francois Rischard 2002, Sperling & Kupfer Editori. Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 11 L’idea di deglobalizzazione selettiva trova un interessante riscontro in una proposta già avanzata da Keynes. Benché favorevole alla liberalizzazione globale degli scambi egli suggeriva che la finanza rimanesse sotto il controllo nazionale. Secondo lui “il controllo dei movimenti di capitali verso l’interno e verso l’esterno” avrebbe dovuto essere “una caratteristica permanente del sistema postbellico” 14. Keynes proponeva un “meccanismo di controllo degli scambi per tutte le transazioni” pur ammettendo “una generica licenza aperta per ogni rimessa relativa allo scambio in corso.” 15 Riservava allo stato-nazione e alla sua banca centrale “il controllo assoluto sulle transazioni di capitali dei residenti sia verso l’esterno sia verso l’interno… e la facoltà di chiedere la collaborazione delle banche di altri membri per impedire i movimenti non autorizzati.” 16 In realtà i rischi della finanza globalizzata non sono controllabili. La crisi attuale dimostra che non è possibile cavalcare la tigre. Keynes riserva allo stato nazionale e alla sua banca centrale “il controllo assoluto sulle transazioni di capitali dei propri residenti sia verso l’esterno sia verso l’interno …” e la facoltà di “chiedere la collaborazione delle banche di altri membri per impedire i movimento non autorizzati.” 17 Potrebbero esserci inoltre altri settori per i quali converrebbe adottare la strategia della deglobalizzazione selettiva. È giunta l’ora di mettere questi temi in agenda. 14 Keynes, John Maynard (1942): PROPOSAL FOR AN INTERNATIONAL CLEARING UNION [PROPOSTA PER UNA STANZA DI COMPENSAZIONE INTERNAZIONALE]. , p. 9 15 Keynes, John Maynard (1941): Proposals for an International Currency Union [Proposta per una unione valutaria internazionale ] (Second Draft, November 18,1) London. Appendix C. 16 ibid. 17 Keynes, John Maynard (1941): Proposals for an International Currency Union [Proposta di una unione valutaria internazionale ] (Second Draft, November 18,1941) London. Appendix C. 12 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 3. Una governance economica globale realmente esistente Per quasi tutta la storia dell’uomo la sfera internazionale è stata un luogo privo di leggi e di regole. L’unica legge era la legge del più forte: la violenza. Gli eserciti e le guerre dominavano i rapporti internazionali. Nel diciassettesimo secolo dopo la Guerra dei trent’anni emersero i primi germi di legge internazionale ma rimasero vaghi, non erano applicabili e non c’era alcun istituto che potesse proteggerli. La prima Convenzione di Ginevra del 1864 creò un dispositivo a favore dell’applicazione: la ratifica nazionale delle regole internazionali. Ma continuava a mancare uno strumento sopranazionale. La Società delle Nazioni, fondata nel 1920, era il tentativo di creare un’istituzione multilaterale volto al mantenimento della pace. Che si infranse già nell’imminenza della seconda guerra mondiale. Nel 1944 la Società delle Nazioni venne sostituita dall’Onu, che conteneva elementi più efficaci di imposizione, compreso l’uso della forza militare, a condizione che il Consiglio di Sicurezza decidesse all’unanimità. Sotto gli effetti della Grande Depressione del 1929 si delineò un nuovo scenario di cooperazione internazionale: l’economia. Il sistema di Bretton Woods fu istituito nel 1944 insieme con l’FMI e la Banca Mondiale per regolamentare i rapporti finanziari internazionali. Si pensò anche a un istituto per gli scambi commerciali e il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) sarebbe dovuto diventare uno strumento efficace per la soluzione delle questioni economiche e sociali internazionali. La guerra fredda impedì all’Onu di esprimere al meglio le sue possibilità. Anche se oggi esistono decine di agenzie internazionali speciali impegnate in questioni tecniche, definizione di norme ecc. per lo più sotto l’egida dell’Onu, in fatto di economia e sicurezza l’Onu è costretta a un ruolo marginale sia dalle tradizionali politiche delle grandi potenze sia dagli organismi multilaterali concorrenti, sempre supportati dalle grandi potenze: le istituzioni di Bretton Woods, le loro affiliate ‘tematiche’ e regionali e la OMC. L’ECOSOC è irrilevante e altri istituti dell’Onu come l’UNCTAD, l’ILO e la FAO hanno un’influenza assai limitata. Summit G-8 a L’Aquila, Italia, 8 luglio, 2009 (Official White House Foto di Pete Souza) 3.1. I “G-club”, nuovo fenomeno della governance globale Negli anni Settanta del secolo scorso emergeva un nuovo fenomeno di governance: i raggruppamenti e le istituzioni informali. E così nel 1964 settantasette paesi sviluppati si riunirono nel G77 (oggi conta 130 membri) per rappresentare meglio i loro interessi in seno all’Onu. Molti altri gruppi (G24, G4 ecc.) si costituiscono ogni tanto su progetti specifici e ogni tanto in modo permanente con diversi livelli di cooperazione più o meno blanda. Nella gran parte dei casi operano all’interno di istituzioni formali come l’Onu o l’OMC. Solo due di essi, il Gruppo dei 7 (G7, poi G8) e di recente il G20, hanno assunto un’importanza globale. Al contrario delle istituzioni dell’Onu o di Bretton Woods e dell’OMC tali organismi non hanno uno status legale né una legittimità formale internazionale. Non hanno regole formali né struttura formale né direzione fissa né procedure decisionali (a parte un vago consenso) né funzione esecutiva né una sede. L’adesione avviene, come nei club, per autoselezione: successivamente altri possono essere invitati dai vecchi soci a farne parte in modo temporaneo o permanente, è successo con l’Unione Sovietica di Gorbaèëv (e poi con la Russia) nel G7 e nel G8, ma non esiste una procedura formale di accesso. In conseguenza di tale opacità l’impatto possibile o effettivo di queste istituzioni informali rimane controverso. Da un lato sono considerate una specie di governo globale o di polit-bureau che decide i destini del mondo e dall’altro sono viste come un esercizio di pubbliche relazioni, uno spettacolo della politica senza alcuna vera incidenza. Naturalmente la realtà è più complessa. Il G8 e il G20 un impatto ce l’hanno. In primo luogo servono ai membri Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 13 come spazio di comunicazione, discussione e collaudo delle posizioni sui possibili conflitti e sul possibile consenso. Fungono da moderatori in un continuo processo di definizione delle posizioni e delle strategie. Costituiscono un elemento di pressione morbida su uno o più membri. Capita inoltre che aiutino a preparare le decisioni o in organismi multilaterali o in modo simultaneo a livello nazionale. meno dipende sempre dall’equilibrio dei poteri tra i grandi stati-nazione. Data la sua varia composizione e dato il potere crescente di economie emergenti quali Cina, India e Brasile il G20 avrà più difficoltà ad adottare nuove politiche. Ma un altro serio problema del G8 e del G20 è l’ulteriore marginalizzazione dell’Onu. 3.2 Il G8 nella transizione Come effetto collaterale un organismo informale del genere può influenzare l’opinione pubblica attraverso In passato il G8 era il canale prioritario della governance l’enorme copertura mediatica dei summit. Così negli anni economica internazionale. I suoi otto membri: Canada, Ottanta e Novanta il G7 ha contribuito considerevolmente Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito all’egemonia, cioè al dominio attraverso il consenso, del e Stati uniti, rappresentano il 14 per cento della popolamodello neoliberista. Capita inoltre che quegli apparati zione mondiale e il 60 per cento del PIL mondiale. abbiano un impatto notevole su importanti settori della In generale le decisioni che prende assumono la forma di politica. A esempio negli anni ’90 larghe intese espresse in comuniil G7 fornì le linee guida per la Negli anni ’90 il G7 fornì le linee cati. La sua importanza intorno alle gestione del debito dei paesi in guida per la gestione del debito questioni economiche e finanziarie via di sviluppo implementate dal si è molto ridotta con l’affermaziodei paesi in via di sviluppo Club di Parigi, dall’FMI, dalla Banca ne del G20. La riunione dei capi del Mondiale e dalle banche multilateG8 all’Aquila nel 2009 si è limitata rali di sviluppo. Sono state politiche ‘dure’, ferree e molto a riformulare gran parte delle decisioni già prese dal G20. efficaci, anche se solo dal punto di vista dei creditori. E la dichiarazione di Pittsburgh del G20 era eloquente: “Abbiamo designato il G20 primo forum della nostra Un esito possibile solo perché c’erano interessi convergencooperazione economica internazionale.” ti e un consenso tra i membri: se gli interessi confliggono All’Aquila è emersa una divisione di competenze tra i due e il consenso non si raggiunge il G7 o il G8 sono impoforum, anche se non chiaramente definita: al G20 spettenti. E anche se si raggiunge il consenso i loro pronunciatano le questioni economiche e finanziarie e al G8 il coordinamento della sicurezza e delle decisioni geopolitiche menti sono meri consigli: i singoli Stati membri possono occidentali. All’interno dello stesso G8 ci sono opinioni formularli a loro capriccio. Ecco perché il G8 e il G20 sono diverse su una sua definitiva chiusura negli anni a venire. lontani dall’essere un governo globale. In termini reali non Si prevede una decisione importante per il 2011, quando impongono niente. sia il G8 sia il G20 saranno presieduti dalla Francia. Durante la guerra fredda ci fu all’interno del G7 una forte pressione verso la conformità sostenuta ovviamente dalla posizione di dominio degli Usa nel loro ruolo di superpo3.3. Il G20: nuovo ragno nella tela della gotenza. Con la fine della guerra fredda il fattore unificante vernance economica globale del nemico comune si dissolse e il potere degli Usa si avviò verso un relativo declino. Inoltre la Russia aderì al club. Oggi il G20 è il più importante gruppo informale della goCrebbe l’eterogeneità, crebbero le contraddizioni interne vernance globale. All’inizio l’appartenenza al G20 veniva e il G8 fu meno capace di prendere decisioni di impatto decisa dal G8. Oltre ai membri del G8 il G20 comprende concreto. alcuni grandi mercati emergenti: Cina, Brasile, Russia, India ma anche Australia, Indonesia 18, Messico, Sudafrica, Quanto al G20 diversità e eterogeneità sono maggiori che Turchia, Corea del sud e Arabia saudita. L’Ue è rappresenin altri organismi. Il G20 è un elemento importante della tata dall’attuale presidenza. Sono inoltre presenti l’FMI, governance globale ma la sua capacità di reale incidenza non va sopravvalutata. I suoi limiti stanno negli interessi nazionali dei membri. Se quei limiti si possano spostare o 18 L’Indonesia è il più grande paese islamico: un elemento chiave di rappresentanza culturale 14 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale Un riepilogo del G20 Popolazione nel 2008 (Ml)1 PIL assoluto nominale nel 2008 (mld. di dollari USA)1 PIL procapite 2008 (dollari USA)1 Paese Fatturato scambi con l’estero 2008(s) (mld. dollari USA)2 Spesa militare 20073 Povertà relativa Esportazioni Importazioni cifre assolute % sul costanti (2005) PIL mil. di dollari USA 60% del reddito medio (metà anni 2000)4 Quota di popolazione sotto la soglia di povertà (20002007)5 Arabia Saudita 25.5 487.4 19137.1 352,8 188,8 33,320 9,3 - - Argentina 39,9 291,4 7307,6 80,9 69,4 1,738 0,8 - - Australia 20,9 978,8 46832.8 234,1 235,3 14,896 1,9 20,3 - Brasile 193.9 1615.1 8328.0 194,1 189,8 14,737 1,5 - 21,5 Canada 33.1 1513.6 45791.1 553,0 539,2 14,817 1,2 19,0 - 1336.9 3710.6 2775.5 1661,0 1406,3 57,861 2,0 - 2,8 48.4 924.0 19088.9 434,5 440,4 22,119 2,6 20,8 - 61.8 2844.7 46004.6 745,9 834,0 53,403 2,3 14,1 - Cina Corea del Sud d Francia Germania 82.4 3682.2 44674.9 1739,9 1553,1 37,233 1,3 17,2 - Giappone 127.8 4965.5 38851.0 865,7 842,1 43,460 0,9 20,8 - Gran Bretagna 60.8 2611.8 42988.3 775,2 895,3 55,746 2,4 15,5 - India 1183.2 1233.0 1042.1 303,6 396,7 23,535 2,5 - 28,6 Indonesia 234.3 477.8 2039.6 175,3 143,5 4,131 1,2 - 16,0 Italia 58.7 2270.4 38699.9 622,3 659,4 32,988 1,8 19,7 - Messico 108.0 966.1 8941.6 332,2 358,8 3,931 0,4 25,3 - Russia 141.7 1713.0 12085.6 513,2 356,5 33,821 3,5 - 19,6 Sudafrica 48.6 280.6 5767.7 99,2 107,9 4,027 1,4 - - Turchia 75.7 729.9 9637.8 174,0 207,4 11,155 2,1 24,3 27,0 Unione Europea (27)a,b,c 495.1 14852,4 29946 1924,7 2280,8 - - 16,0 - USA 308.3 14002.2 45411.3 1866,9 2555,7 524,591 4,0 23,9 - s=stimato 1 Fonte: Banca Mondiale (http://go.worldbank.org/G5FQ5EQYJ0) 2 Fonte: Banca Mondiale (http://go.worldbank.org/9JRT5ZDDK0 ) 3 Fonte: SIPRI (http://milexdata.sipri.org/) 4 Fonte: OCSE (http://stats.oecd.org/index.aspx) 5 Fonte: UNDP, Human Development Indices 2008 (http://hdr.undp.org/en/media/HDI_2008_EN_Tables.pdf) a Cifre sulla popolazione, PIL assoluto e PIL pro capite dall’OCSE 2007 (http://stats.oecd.org/index.aspx) b Cifre sulla povertà relativa 2007 da Eurostat (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=de&pcode=tsis c030) c Cifre delle esportazioni e delle importazioni per il 2008 da Eurostat (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/refreshTableAction.do?tab=table&plugin= 1&init=1&pcode=tet00018&language=de) calcolate con il tasso di cambio euro/dollaro Usa del 2008 (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do? tab=table&init=1&language=de&pcode=tec00033&plugin=1) d Cifre delle esportazioni e delle importazioni nel 2007 dall’OCSE (http://stats.oecd.org/index.aspx) Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 15 la Banca Mondiale e il Financial Stability Board. Durante il sia agganciata alla prestazione; summit di Londra la Spagna e l’Olanda hanno fatto pressioni per partecipare e ci sono riuscite. • migliorare i mercati di derivati non regolamentati I paesi del G20 rappresentano i due terzi della popola(OTC): Tutti i contratti standardizzati di derivati OTC zione mondiale, l’80 per cento degli scambi commerciali andrebbero negoziati in borsa o su una piattaforma mondiali (compresi quelli intraeuropei) e l’85 per cento di negoziazione elettronica e compensati tramite del PIL mondiale. Ma nessun paese a basso reddito è coincontroparti centrali al più tardi entro il 2012; volto né si può pensare che i paesi in via di sviluppo che vi aderiscono rappresenteranno gli interessi di altri paesi • dedicarsi alle risoluzioni transfrontaliere e alle istitunon membri. Ad esempio, il solo paese africano membro zioni finanziarie sistemicamente importanti entro il è il Sudafrica, che esporta servizi finanziari agli altri paesi 2010 e istituire la vigilanza a livello internazionale. africani e ha pertanto, rispetto agli altri paesi africani, interessi molto diversi sulla liberalizzazione della finanza Inoltre, hanno affidato all’FMI la preparazione di un rape sul controllo dei capitali. Per questo il presidente della porto in cui si valutasse come il settore finanziario potrebBanca Mondiale Robert Zoellick è arrivato a suggerire be contribuire ai costi della crisi. Si potrebbe prevedere l’inserimento nel G20 di un secondo paese africano. l’imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie Nondimeno, a dispetto dei suoi limiti, in confronto al G8 (FTT) in tutti gli scambi di prodotti finanziari: azioni, obbliil G20 è un passo avanti di dimensioni storiche. La sua gazioni, titoli, derivati, valute ecc. ascesa è un segno che il dominio occidentale sul resto del mondo durato 500 anni sta volgendo al termine. L’epoca Tutte queste misure vanno nella direzione giusta anche se dell’unilateralismo di un’unica superpotenza è finita. Il riflettono una conoscenza semplicistica delle origini della mondo si sta trasformando in un crisi, che sarebbe stata generata sistema multipolare, anche se gli “Per una soluzione durevole dall’assunzione di rischi troppo esiti sono incerti. E il G20 non grandi e da altri eccessi, mentre il basterebbe chiudere il casinò” può essere trattato alla stregua sistema in sé era sano. In realtà non (UNCTAD) del G8. Fermo restando che gli bastano e non cambieranno nella accordi dei suoi membri, pubblisostanza le dinamiche dei mercati cati dopo ogni summit in forma di comunicati congiunti, finanziari. Occorre un approccio più ampio (vedi capitolo non sono vincolanti e non possono essere imposti. 6). Citando dall’UNCTAD si potrebbe dire che: “Per una soluzione durevole basterebbe “chiudere il casinò.” 19 I summit dei G20 di Londra e Pittsburgh nel 2009 hanno diffuso molte raccomandazioni per la ristrutturazione del sistema finanziario. In particolare si sono impegnati a: Circa le conseguenze istituzionali da trarre dalla crisi il G20 rimane su posizioni moderate o conservatrici. Le sue • costruire capitale di alta qualità e a mitigare la prociproposte principali prevedono di: clicità formulando entro il 2010 delle leggi concordate a livello internazionale che migliorino la quantità e • aumentare le risorse dell’FMI e rinnovarne il mandato la qualità del capitale bancario e scoraggino un eccessupportando la riforma del sistema di voto, in via di so di effetto leva. Questo comprenderebbe cuscinetti attuazione. Si vuole spostare le quote di potere di aldi capitale anti-ciclici, requisiti patrimoniali più elevati meno il 5% dell’FMI a favore dei mercati emergenti e per i prodotti a rischio e le attività legate a conti fuori dei paesi in via di sviluppo: lo spostamento dovrebbe bilancio; avvenire dai paesi sovrarappresentati ai paesi sottorappresentati. Per la Banca Mondiale si propone un • riformare le pratiche di compensazione per sostenere la stabilità finanziaria allineando la compensazione 19 UNCTAD (2009):The Global Economic Crisis: Systemic Failures con la creazione di valore di lungo termine invece di and Multilateral Remedies. [La crisi economica globale: guasti sistemici assumersi rischi eccessivi, evitando gli incentivi plue rimedi multilaterali.] Report by the UNCTAD Secretariat Task Force on riennali garantiti ed esigendo che una quota signifiSystemic Issues and Economic Cooperation. [Rapporto dell’UNCTAD Secativa della compensazione variabile venga differita e cretariat Task Force sui problemi sistemici e la cooperazione economica] New York/Ginevra 16 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale Una commissione di esperti Onu propone una riforma fondamentale aumento minimo del 3% del potere di voto a favore dei paesi in via di sviluppo e in transizione oltre a un aumento dell’1,46% nella prima fase delle modifiche; • riformare il Financial Stability Forum varato nel 1999 in conseguenza della crisi finanziaria nel Sud-est asiatico con il nome di Financial Stability Board e aumentarne gli iscritti per includere i paesi emergenti • lasciando all’OCSE il mandato di contrastare i para- disi fiscali anche se dal punto di vista dei paesi in via di sviluppo è tuttora molto limitato e non è riuscito a imporre un accordo multilaterale sullo scambio di informazioni in materia fiscale. Peraltro l’Organizzazione delle nazioni unite, il forum internazionale più rappresentativo, è stata fino a oggi ampiamente esclusa dalle decisioni sulla governance finanziaria internazionale, anche se la commissione appositamente costituita e presieduta da Joseph Stiglitz aveva inoltrato alcune proposte interessanti. 3.4. L’FMI: mancata vigilanza sul sistema Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha tra gli altri il compito di vigilare sul sistema finanziario globale. Le attuali attività dell’FMI si possono suddividere a grandi linee in quattro settori: (1) prestiti di denaro ai paesi con problemi temporanei di bilancia dei pagamenti; (2) vigilanza sul sistema monetario e finanziario globale, compresi un sistema di avvertimenti e il monitoraggio delle politiche macroeconomiche e di regolamentazione finanziaria dei vari paesi; (3) assistenza tecnica e (4) l’emissione di una valuta di riserva internazionale, il diritto speciale di prelievo (Dsp). Una delle attività centrali dell’FMI è il prestito di denaro ai paesi con problemi temporanei di bilancia dei pagamenti. In gran parte dei casi l’FMI associa ai prestiti una condizionalità imponendo ai paesi le scelte di macroeconomia e altre direttive, talvolta anche tagli forzati del budget e la liberalizzazione delle finanze. Negli ultimi venti anni questa condizionalità è stata fortemente segnata dall’ideologia. A partire dal cosiddetto Washington Consensus l’FMI è stato il (pro)motore delle riforme neoliberiste, applicate dovunque e ogni volta che fosse possibile con l’esito di aumentare le disuguaglianze e spesso di peggiorare la situazione dei paesi poveri. Una settimana dopo l’incontro del G20 a Londra (aprile 2009) la commissione sulle riforme finanziarie del presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni unite ha pubblicato una bozza del suo rapporto. Guidata dal premio Nobel Joseph Stiglitz, raccoglieva le opinioni di alcuni politici e accademici e dei capi di stato di alcuni paesi in via di sviluppo. Dalle raccomandazioni emergeva che: “le misure di breve periodo volte a stabilizzare la situazione devono garantire la protezione dei poveri del mondo” mentre “le misure di lungo periodo volte a ridurre le probabilità di un’altra crisi devono garantire una finanza sostenibile capace di rafforzare la risposta politica dei paesi in via di sviluppo.” La commissione non mancava di denunciare le responsabilità: “Una politica monetaria sfrenata, leggi inidonee e controlli negligenti hanno interagito in modo da creare l’instabilità finanziaria”; c’era stata inoltre “una valutazione insufficiente dei limiti dei mercati.” Il rapporto distingueva tra interventi immediati e altri da mettere in agenda in vista di una riforma sistemica. Tra i primi invocava: - uno stimolo fiscale globale, una nuova struttura creditizia con dispositivi di governance migliori di quelli attualmente previsti da istituzioni come l’FMI; - La fine della condizionalità pro-ciclica e il ritiro o la riduzione dei limiti imposti alle politiche dei paesi in via di sviluppo, limiti generati dagli accordi di libero scambio. Sulla finanza la commissione si pronunciava così: “Una maggiore trasparenza è senz’altro importante, ma occorre molto più che migliorare la comprensibilità degli strumenti finanziari” e raccomandava l’uso di regole e incentivi per limitare l’eccesso di effetto leva, prevenire l’evasione fiscale e contrastare la corsa al ribasso. Mentre i consigli sul breve periodo attiravano ogni tanto l’attenzione, le domande sistemiche andavano al nucleo dei problemi connessi con la governance economica globale. La proposta di “un nuovo sistema di riserva” riecheggiava la richiesta, avanzata da molti paesi nel 2009, di porre fine alla posizione privilegiata del dollaro Usa come valuta di riserva internazionale. In relazione ai cambiamenti di lungo termine della regolamentazione finanziaria la commissione indicava sette aree di riforma e metteva in guardia contro i “meri cambiamenti cosmetici”. In particolare si diceva: “Il fatto che il comportamento correlato di un gran numero di istituzioni, ciascuna non determinante da sola ai fini del sistema, possa portare a una “vulnerabilità sistemica” rende necessario sorvegliarle tutte.” Il che contrastava con i piani del G20 di regolamentare solo le istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti. La commissione sosteneva l’idea di un consiglio economico globale sotto l’egida dell’Onu che si ponesse al disopra degli stati nazionali vigilando sui cambiamenti da apportare. In sostanza il consiglio porterebbe una struttura simile al G20 sotto l’ombrello dell’Onu per renderla più rappresentativa e responsabile di quella attuale. Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 17 Manifestazione durante i Negoziati ONU sul clima a Bangkok, 2009 (Foto di Elena Gerebizza, CRBM) Anche se le crisi di Asia e Argentina degli anni Novanta avevano messo seriamente in discussione il suo modello preferito fatto di liberalizzazione della finanza e abbandono dei controlli sui capitali e dei tassi di cambio fissi, l’FMI è rimasto fedele ai suoi dogmi. Il suo ruolo nella risoluzione delle crisi ha danneggiato le economie dei debitori. In risposta i paesi in via di sviluppo hanno stipulato accordi regionali e costituito forme alternative di prevenzione delle crisi compresa l’autoassicurazione tramite aumenti delle riserve valutarie. Persino nella crisi attuale in cui l’FMI decantava le politiche anti-cicliche dei paesi ricchi la gran parte dei paesi si trova a dover affrontare condizioni avverse che spesso comportano tagli di bilancio e altre misure procicliche 20. Oltre a concedere prestiti l’FMI aveva il mandato di vigilare sul sistema finanziario e monetario globale gestendo un dispositivo di avvertimento che anticipava le crisi e riesaminava i regimi regolativi dei vari paesi. Ma non è riuscilungo per l’ideologia di cui ha imbevuto i suoi prestiti. La to ad allertarci contro la crisi stessa. Anche se fortemente Banca e in modo speciale il suo braccio privato, la Società necessaria, la capacità di prevedere le crisi e di attuare con Finanziaria Internazionale (International Finance Corposuccesso un sistema di avvertimento sembra nel migliore ration, IFC) sono stati strumentali nel promuovere la dedei casi molto limitata. Gli sforzi di definire un sistema del regolamentazione della finanza e nel trattare con grande genere sono in atto da decenni ma hanno sempre fallito riguardo i mercati finanziari aperti. Attraverso la condizioper l’imprevedibilità dei mercati finanziari, tanto fragili e nalità, l’assistenza tecnica e la ricerca tanto complessi da piegarsi agli improvla Banca Mondiale ha spinto i paesi ad visi cambiamenti di comportamento e Mentre l’FMI decantava le aprire i mercati di capitale, a liberalizdi giudizio dei soggetti coinvolti. politiche anti-cicliche dei zare i sistemi bancari e a privatizzare le paesi ricchi, la gran parte banche di proprietà dello Stato e altre In sintesi il ruolo dell’FMI di garantire dei paesi si trova a dover istituzioni finanziarie. In Europa orientaun sistema finanziario e monetario affrontare condizioni le, una delle aree più duramente colpite stabile e ben funzionante è limitato dalla crisi, la Banca Mondiale ha avuto avverse a causa di una governance sbilenca, un forte coinvolgimento creando condiasimmetrica. I cambiamenti di programzioni di infezione finanziaria e forzando ma sono stati frustrati dalle sue struttul’apertura del sistema bancario. Questo ha alimentato re di governance, che il G20 non è riuscito a riformare in l’attività speculativa nel settore immobiliare portando a misura significativa. insostenibili livelli di debito in valuta estera le imprese e le famiglie di alcuni paesi 21, soprattutto l’Ungheria e gli Stati 3.5 Banca Mondiale: come privatizzare la fidel Baltico. Ma non tutti i problemi di quella regione sono nanza e poi far prestiti per sistemare le cose legati direttamente alla crisi finanziaria. Altri paesi fortemente colpiti hanno sofferto per il rallentamento degli L’attuale crisi finanziaria ha avuto sulle economie dei scambi commerciali. Tra questi la Slovacchia, la Repubblipaesi in via di sviluppo effetti particolarmente devastanti. Come l’FMI anche la Banca Mondiale è stata criticata a 20 Documento CEPR, http://www.cepr.net/index.php/publications/reports/imf-supported-macroeconomic-policies-and-the-worldrecession/ 18 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 21 “The World Bank, the IFC and the antecedents of the financial crisis [La Banca Mondiale,l’IFC e gli antecedenti della crisi finanziaria ]”, Paulo dos Santos, Bretton Woods Project, 27 novembre 2008, http:// www.brettonwoodsproject.org/art-563119. ca Ceca e la Polonia, in cui la crisi finanziaria ha avuto un impatto meno diretto. 22 Mentre la crisi economico-finanziaria travolgeva i paesi in via di sviluppo la Banca Mondiale e altri soggetti continuavano a insistere sulla necessità di aumentare gli aiuti e la concessione dei prestiti. La Banca Mondiale ha ampiamente aumentato i prestiti dai 37 miliardi di dollari Usa dell’anno fiscale 2008 ai 59 del 2009 concentrando il maggiore aumento sui paesi a medio reddito. L’aumento però non è stato bene accolto da tutti. Più prestiti significano più debito e le Ong e la stessa UNCTAD hanno messo in guardia sulla possibilità che ne scaturisse una nuova crisi. La Banca Mondiale è stata criticata anche per l’uso perdurante di condizionalità in aree sensibili della politica economica, il che compromette le politiche interne dei paesi in via di sviluppo. La banca soffre di problemi di governance analoghi a quelli dell’FMI: lo squilibrio di rappresentanza nei consigli di amministrazione, dominati dai paesi ricchi, e il rifiuto di offrire il seggio della presidenza a chiunque non sia un rappresentante degli Usa. 3.6 Dietro le quinte – Il Financial Stability Board Il Financial Stability Board (FSB) è una evoluzione del Financial Stability Forum, gruppo informale di esperti fondato dal G7 in risposta alla crisi asiatica. I suoi obiettivi sono facilitare la discussione e il coordinamento tra gli enti di regolamentazione e finanziare i ministeri e le banche centrali delle economie più importanti. Al summit di Londra il G20 ha deciso di cambiare il nome dell’FSF in FSB, Financial Stability Board. Compito principale è fornire consulenze su questioni di finanza mondiale. Oggi nell’FSB sono rappresentati i membri del G20 più la Spagna e la Commissione europea. Ci sono anche l’FMI, la Banca Mondiale, la Banca centrale europea, la Banca dei regolamenti internazionali (Bank of International Settlements, BIS), l’OCSE e i più importanti organismi responsabili della definizione dei principi (vedi più avan- 22 “The World Bank, the IFC and the antecedents of the financial crisis [La Banca Mondiale, l’IFC e gli antecedenti della crisi finanziaria]”, Paulo dos Santos, Bretton Woods Project, 27 novembre 2008, http://www.brettonwoodsproject.org/art-563119. ti). Il G20 non ha deciso di ampliare solo il numero degli membri ma anche il mandato dell’FSB: gli si chiede di consultarsi con le banche e gli altri istituti finanziari sulle proprie operazioni ma non di discuterle con le organizzazioni della società civile. Oggi l’FSB è predisposto per lanciare avvertimenti: per individuare falle e differenze nei regolamenti finanziari globali; integrare e monitorare la governance e collaborare con i diversi organismi responsabili della definizione dei principi. L’FSB non prende decisioni formali e i suoi rapporti non sono vincolanti, ma ha un grande potere discorsivo influenzando le discussioni grazie al suo lavoro analitico. 23 3.7 Organismi responsabili della definizione dei principi Nella regolamentazione del sistema finanziario internazionale riveste un ruolo cruciale una serie di norme e principi facoltativi formulati da organismi pubblici e privati, preposti appunto alla definizione di principi, e da alcune istituzioni multilaterali. Il più importante è di gran lunga il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (Basel Committee on Banking Supervision, BCBS), patrocinato dalla Banca per i regolamenti internazionali (BIS) di Basilea, in Svizzera. La BIS è l’associazione delle banche centrali dei paesi dell’OCSE. Anche se il BCBS non prende decisioni legalmente vincolanti, la norma sulle attività bancarie, il cosiddetto accordo di Basilea, è stata vista come un principio di rilievo. Le banche che non seguono questo principio sono considerate partner pericolosi e dovranno pagare tassi di interesse più elevati. Per questa ragione i principi di Basilea sono largamente rispettati. In diversi paesi i principi sono stati introdotti nella legislazione. Una nuova versione (Basilea 2) è stata resa vincolante all’interno dell’Unione Europea nel gennaio 2008. L’accordo di Basilea riguarda la gestione dei rischi, in particolare i requisiti patrimoniali delle banche. Men- 23 Schmelzer, Matthias, 2009, Towards a New Bretton Woods? A Critical Synopsis of Governmental, non Governmental and Private Sector Proposals to Reform the International Financial System, [Verso una nuova Bretton Woods? Una sintesi critica di proposte governative, non governative e private per riformare il sistema finanziario internazionale] http://www.weed-online.org/themen/iwf/2593529.html, p 23. Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 19 tre Basilea 1 prevedeva un requisito generale dell’8% degli attivi per ciascuna banca, Basilea 2 introduceva un sistema più flessibile e complesso molto influenzato dalla filosofia dell’autoregolamentazione. Il problema principale dell’accordo di Basilea tuttavia è che tratta il rischio solo a un livello micro mentre il rischio sistemico non viene considerato. In conseguenza della crisi oggi il Basilea 2 è in declino e si prevede un Basilea 3 entro il 2010. L’International Accounting Standards Board (IASB) è un ente privato costituito da quindici membri. Gli organismi nazionali privati di definizione dei principi contabili nominano i fiduciari che a loro volta scelgono gli esperti sulla base delle esperienze e delle competenze con procedura aperta di presentazione delle candidature. Nella sua qualità di ente privato lo IASB non è responsabile dei suoi membri esterni e del pubblico in generale. Data la globalizzazione della finanza i principi contabili comuni sono importanti sia per la trasparenza sia per la gestione dei rischi sia per il controllo dei costi. I differenti sistemi contabili fanno lievitare i costi delle transazioni negli accordi internazionali. Il sistema contabile può avere drammatiche implicazioni sistemiche. Ciò diventa ovvio nelle “norme contabili basate sul valore di mercato”. Le attività finanziarie si possono valutare rispetto al valore facciale o al valore di mercato. Per esempio se un’azione della Volkswagen con valore facciale di 100 euro scende in borsa a 60 euro alla data di registrazione, come verrà contabilizzata nei registri la differenza con il valore facciale? Poiché dopo tre mesi potrebbe risalire a 100 euro o anche più, queste variazioni potrebbero non venire contabilizzate. Il metodo basato sul valore di mercato la calcola secondo il valore di mercato, nel nostro caso 60 euro. Questo metodo gonfia il bilancio patrimoniale durante i periodi di rapida crescita e lo contrae nelle recessioni giocando un ruolo prociclico. Con il crollo i beni patrimoniali di molte banche e altri soggetti valutati secondo il sistema basato sul valore di mercato perderebbero tutto il valore e finirebbero in stato di insolvenza. Con l’immissione di denaro nuovo potrebbero recuperare. Altri organismi di definizione dei principi sono IOSCO – l’International Organisation of Securities Commissions, e la International Association of Insurance Supervisors. Una riforma generale del sistema di vigilanza metterebbe tutte queste istituzioni sotto il controllo pubblico e svilupperebbe i principi in modo trasparente, aperto a tutti i soggetti interessati. 20 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 3.8 L’OMC, uno strumento di liberalizzazione degli scambi di servizi finanziari In una prospettiva di governance finanziaria l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è stata importante perché i paesi sviluppati hanno fatto pressione per liberalizzare i servizi finanziari in base all’Accordo generale sullo scambio di servizi, il GATS. In un allegato al GATS relativo ai servizi finanziari l’OMC promuove la liberalizzazione e la deregolamentazione del settore finanziario. Nel Doha Round i paesi industrializzati hanno presentato molte richieste ai mercati emergenti e ai paesi in via di sviluppo perché aprissero i propri settori finanziari (vedi Lipke/Vander Stichele 2003 24). Liberalizzare i servizi finanziari significa aprire i mercati interni dei servizi alle società finanziarie straniere dando loro la libertà di investire facilitando l’ingresso delle banche straniere. Ciò può avere diverse conseguenze negative per i paesi in via di sviluppo: una eccessiva concorrenza in loco, un minore accesso delle famiglie più povere ai servizi finanziari fondamentali, gli spostamenti dal credito per le attività produttive ai crediti per consumo personale e le pressioni verso la privatizzazione di pensioni e sanità 25. Inoltre liberalizzando i flussi di capitali si creano nuovi canali di infezione e si dà libero accesso ai modelli di attività rischiose quali il carry trade e altri tipi di operazioni speculative che minacciano la stabilità 26. 24 Lipke, Isabel/ Vander Stichele, Myriam (2003): Financial Services in the WTO: LICENSE TO CASH IN? A Civil-Societal Critique of the Liberalization of Financial Services in the GATS Negotiations. Berlin. WEED Working paper [I servizi finanziari dell’OMC: LICENZA DI ‘PROFITTO’? Una critica della società civile contro la liberalizzazione dei servizi finanziari nei negoziati del GATS.] 25 World Development Movement, Marzo 2009, Taking the credit: How financial services liberalization fails the poor, [Accesso al credito: la liberalizzazione dei servizi finanziari volta le spalle ai poveri] http://wdm.gn.apc.org/sites/default/files/takingthecredit09032009.pdf. 26 Il carry trade sfrutta le differenze tra i tassi di interesse nei diversi paesi. Con un credito ottenuto in un paese a basso tasso di interesse quale il Giappone, diciamo il 2%, è possibile guadagnare denaro offrendo lo stesso credito come prestito in Brasile con un tasso del 15%. Il carry trade è stato un importante fattore di destabilizzazione durante la crisi. 4. Equilibri che cambiano: l’ascesa di nuove potenze La “governance globale realmente esistente” emerge essenzialmente in due fasi: il secondo dopoguerra e l’ultimo decennio del ventesimo secolo. Ciò accadeva principalmente sotto il dominio unipolare degli Usa anche se nella prospettiva della storia quel dominio non è durato poi molto. L’indiscusso predominio degli Usa si sta erodendo. È la conseguenza di un indebolimento degli Usa e dell’emergere di nuove potenze. Il che cambierà l’intero assetto internazionale aprendo una nuova era. Oggi viviamo già in un mondo multipolare, nonostante un’architettura della governance ancora in fieri e le strutture esistenti in via di consolidamento. Ma resta da vedere in quale misura la nuova configurazione rifletterà un paradigma multilaterale e più democratico. Non si sa abbastanza su come compensare gli attuali squilibri di potere, non si sa in che modo i regionalismi locali e le nuove potenze regionali incideranno sui nuovi equilibri né quanto la loro istituzionalizzazione influirà sull’intero modello. 4.1. Il declino dell’egemonia Usa L’indebolimento degli Usa assume aspetti diversi: • la guerra al terrorismo è stata un fallimento; il ritiro dall’Iraq è stato già deciso dall’amministrazione Obama ed è lecito prevedere il ritiro dall’Afghanistan in un prossimo futuro: la potenza militare degli Usa era stata pianificata per le “grandi guerre” del ventesimo secolo ma non è in grado di affrontare la guerra asimmetrica lanciata dalle reti transnazionali di soggetti ‘non statuali’ quali Al-Qaeda; questo porta a una certa svalutazione della macchina militare tradizionale; • la complessità delle questioni legate al riscaldamento globale e le nuove sfide sulla sicurezza energetica unite alla scarsità delle risorse naturali superano anche le capacità di una superpotenza come gli Usa; • il collasso del capitalismo ‘da casinò’ sta accelerando Lo Skyline del distretto finanziario di Shangai (Cina) Istock photos l’erosione dell’egemonia degli Usa; il loro modello si è diffuso in tutti i paesi sviluppati; il crollo ha avuto origine come la Grande Depressione al centro del sistema; • gli Usa sono con la Cina al centro dei cosiddetti squi- libri globali, cioè il deficit nella bilancia dei pagamenti negli Usa e il surplus corrispondente della Cina, una delle cause strutturali del crollo; • come conseguenza di queste distorsioni economi- che non solo si è messo in discussione il sistema ‘da casinò’ ma anche i solidi pilastri dell’economia del dopoguerra; in particolare il dominio del dollaro Usa come valuta principale registra l’inizio di un declino: il suo dominio non finirà di colpo, ci vorranno tempi lunghi, ma il declino è già avviato. 4.2 La Cina, un fenomeno senza precedenti nella storia Il declino dell’egemonia Usa è accentuato e accelerato dall’ascesa di nuove potenze. In primo luogo la Cina, il cui sviluppo non ha precedenti nella storia. Alla luce della sua popolazione (1,3 miliardi), del suo enorme territorio, della sua potenza e delle sue risorse militari (comprese alcune armi di distruzioni di massa) l’ascesa della Cina è stata prevista da molto tempo. Ma solo pochi prevedevano una crescita tanto rapida, dinamica e forte. Ovviamente i pronostici hanno sottovalutato due elementi: Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 21 • la dinamica di un modello economico molto specifico: una miscela esclusiva di economia di mercato e pianificazione centrale, il sistema del capitalismo comunista o del comunismo capitalistico: la sua elasticità (resilience) di fronte alla crisi ha fatto crescere ancora la statura del paese nel mondo; i tassi di crescita a due cifre sono diventati un punto fermo per il recupero dell’economia globale: il comunismo cinese salva l’economia capitalistica mondiale! • la flessibilità e l’efficienza del sistema politico, questo modello così speciale di guida autoritaria completamente diverso dal sistema stagnante e inefficiente dell’Unione Sovietica.. Va ricordato che la Cina è stata uno dei pochi paesi a non piegarsi al diktat dell’FMI sulla liberalizzazione del conto capitale, una decisione che ha contribuito a ridurre al minimo l’impatto sul paese delle diverse crisi finanziarie scoppiate fin dagli anni Novanta. Il successo economico cinese ha una risonanza internazionale soprattutto per le altre economie emergenti. L’effetto è amplificato dal contrasto con il fallimento del modello neoliberista. Ma dal punto di vista dell’emancipazione la fortuna di quel sistema politico contiene un elemento di profondo disturbo: il suo profilo antidemocratico e autocratico e la violazione dei diritti umani fondamentali sono inaccettabili. Ma che accadrebbe se riuscisse a organizzare e guidare la transizione verso un’economia ‘libera dal carbone’? 4.3. Non solo Cina La Cina è l’elemento più spettacolare ma non il solo nella riconfigurazione del sistema internazionale. C’è anche la rinascita della Russia come grande potenza. Dopo l’implosione dell’Unione Sovietica e le politiche di svendita dell’era di Yeltsin il paese si sta riprendendo economicamente. Non si muove al ritmo della Cina ma lungo un analogo percorso. Se si aggiunge l’enorme potenziale delle sue armi nucleari è probabile che la Russia sarà tra i quattro o cinque membri di un nuovo sistema mondiale di equilibrio dei poteri. La Russia altresì è coinvolta attivamente insieme a Cina, India e alcuni altri paesi in una nuova alleanza: l’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione. Che potrebbe trasformarsi in un potere in grado di controbilanciare la NATO in Asia. Sempre la Russia sta aumentando il suo peso internazionale attraverso la cooperazione bilaterale con paesi come il Venezuela e l’Iran. Si possono osservare analoghi processi in America Latina. Il subcontinente si è emancipato dal suo stato di ‘cortile’ degli Usa. L’integrazione nazionale si sviluppa con il Brasile come potenza egemone e il Venezuela nel ruolo di ‘motore’ ideologicamente ispirato. Il Banco del Sur, per ora di piccole dimensioni, è un progetto innovativo di banca per lo sviluppo regionale esterna alle istituzioni di Bretton Woods. Di recente anche l’India ha fatto un gran passo in avanti sotto il profilo economico. Il suo tasso di crescita è impressionante con una media dell’8%. L’India, come la Cina, ha sempre perseguito un La democrazia e a livello internazioapproccio prudente in termini di la Cina è stata uno dei pochi nale il rispetto per le culture degli altri liberalizzazione dei conti capitale e paesi a non piegarsi al diktat paesi sono forse uno svantaggio per dell’FMI sulla liberalizzazione dei servizi finanziari. Ma negli ultimi il progresso? O non dovremmo forse anni ha cambiato tendenza favorenripensare l’idea, la struttura e la prassi del conto capitale do la costituzione di ‘aree speciali del multilateralismo per garantirne per l’esportazione’ per le multinal’efficacia e la vocazione democratizionali. ca? A questo punto è legittimo chiedersi quanto l’emergere di nuove potenze regionali ed eventualmente mondiali Naturalmente la Cina ha problemi drammatici. Ma un riprodurrà i vecchi modelli di egemonia sui paesi vicini o cambiamento improvviso non è auspicabile. Sembrerebse ai confini delle nuove sfere d’influenza si riproporranno be che il mondo sia condannato ad accettare il sistema aspri conflitti economici e militari. Forse le proposte e le cinese così com’è sperando tutt’al più un cambiamento nuove pratiche regionalistiche (compresa l’istituzione di graduale che eviti grandi scosse. In ogni caso la crescita nuovi organismi economici e finanziari) stanno configudella Cina pone molte domande per le quali non ci sono rando nuovi territori nei quali sperimentare nuovi tipi di risposte immediate. multilateralismo? 22 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale In questa luce osserviamo la nascita di una nuova aggre4.4 Nuove iniziative e istituzioni regionali gazione più formale che raccoglie le maggiori potenze Il CMI (Chiang Mai Initiative), fondo finanziario regionale regionali appena citate: è il BRIC, che sta per Brasile, Rusdell’Asia orientale, venne istituito al convegno dei minisia, India, Cina. I capi dei quattro paesi si sono incontrati a steri delle finanze del Sud-est asiatico più Cina, Giappone metà giugno del 2009 in Russia a Ekaterinburg in margine e Corea (ASEAN+3) che ha avuto luogo nel maggio del al summit annuale dell’Organizzazione di Shanghai per 2000 a Chiang Mai in Tailandia. L’obiettivo del CMI è la Cooperazione. Nel primo summit ufficiale del BRIC si definire una rete di accordi di swap bilaterali tra i membri è discusso di come rafforzare la collaborazione tra i suoi dell’ASEAN+3 per la fornitura di liquidità ai paesi con pro 27 membri. Nel comunicato conclusivo i capi del BRIC blemi di bilancia dei pagamenti. Il CMI è una delle conquihanno invocato una riforma delle istituzioni finanziarie ste tangibili dell’ASEAN+3, che si riunì per la prima volta internazionali che dia più voce alle economie emergenti e nel dicembre 1997, poco dopo l’inizio della crisi finanin via di sviluppo e metta in risalto la “forte esigenza di un ziaria in Asia orientale, per promuovere la cooperazione sistema monetario internazionale più stabile, più prevedifinanziaria regionale. Il CMI è un simbolo importante dello bile e più diversificato”. In particolare in materia di regosviluppo della cooperazione finanziaria in lamentazione finanziaria si è stabilito quella regione. 28 che una “architettura economica e Una nuova aggregazione finanziaria riformata dovrebbe basarsi sta emergendo, che Nel maggio 2007 al 10mo convegno dei tra gli altri sui seguenti principi: demo- raccoglie le maggiori ministri delle finanze dell’ASEAN+3 il crazia e trasparenza nelle decisioni e potenze regionali: è il CMI ha fatto un altro passo in avanti. Nel nel processo attuativo delle istituzioni BRIC, che sta per Brasile, febbraio 2009 l’ASEAN+3 ha costituto finanziarie internazionali, solide basi Russia, India, Cina. un fondo di 120 miliardi di dollari Usa a legali, compatibilità tra diversi organifronte degli 80 miliardi proposti nel 2008. smi di definizione dei principi nazionaSi attendeva un accordo definitivo per il li e internazionali, rafforzamento della gestione dei rischi maggio 2009, l’80% del fondo dovrebbe provenire da e delle pratiche di vigilanza.” Cina, Giappone e Corea del sud. Ma resta da discutere il rapporto tra questa iniziativa e l’FMI e in particolare la Pur riaffermando il ruolo centrale del G20 nella gestione questione della sua piena autonomia. delle crisi economico-finanziarie i capi del BRIC hanno affermato il proprio “grande impegno verso un sistema diplomatico multilaterale in cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia protagonista nella gestione delle sfide e dei pericoli globali” alludendo anche all’esigenza di includere stabilmente India e Brasile in un Consiglio di Sicurezza riformato (che diventerebbe un nuovo G7 di impronta assai diversa). Nonostante l’accento su una maggiore collaborazione multilaterale intorno ad alcuni temi essi hanno perorato anche un programma globale che faccia gli interesse di altri paesi. Il forum del BRIC perciò è un primo esempio del tentativo di bilanciare le forze dei diversi blocchi regionali per ridurre al minimo i futuri conflitti. L’approccio è stato inquadrato anche come cooperazione sud-sud a fronte della cooperazione trilaterale nord-nord (Usa, Ue, Giappone) che è stata alla base del G7. 27 http://eng.kremlin.ru/text/docs/2009/06/217963.shtml Nonostante l’approccio innovativo verso un autentico regionalismo in America latina, non è ancora chiara la portata dell’intervento in termini di promozione dell’integrazione regionale e del suo rapporto con altre iniziative regionali e subregionali quali l’ALBA, Alleanza Bolivariana per le Americhe, la definizione di una moneta comune dell’alleanza, l’Unione politica delle nazioni del Sud America e il MercoSur. Allo stesso tempo andrebbe valutato il grado di cooperazione tra queste nuove iniziative e gli istituti finanziari regionali preesistenti: la Banca Interamericana di Sviluppo e il Credito Andino de Fomento: nonostante una maggiore rappresentatività dei paesi indebitati rispetto alle IFI, sono stati aspramente criticati per voler imporre un modello di sviluppo di stampo occidentale senza dare abbastanza voce e reale potere ai beneficiari. 28 http://www.mof.go.jp/english/if/regional_financial_cooperation.htm#CMI Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 23 4.5 Regionalismo e multilateralismo caotico Si dovrebbe esaminare più a fondo quanto i nuovi raggruppamenti regionali siano rappresentati presso le strutture multilaterali preesistenti che oggi stanno cedendo sotto la pressione di un nuovo equilibrio multipolare dei poteri a livello globale. L’esperienza dell’Unione europea mostra che l’integrazione della sua rappresentanza nei forum internazionali è stata piuttosto limitata. Analogamente le strategie e le azioni congiunte sulle istituzioni (si pensi alla Banca Mondiale e all’FMI) si possono ritenere più deboli rispetto al potenziale di poteri accumulato dagli Stati membri dell’Ue. Guardando alla composizione del G20 e ai paesi di ogni parte del mondo che vi sono rappresentati è chiaro come fino a oggi essi non portino nei summit posizioni concordate a livello regionale. Allo stesso tempo nell’ipotesi che il regionalismo serva a costruire un multilateralismo più efficace e democratico si capisce che l’attuale composizione del G20 non è poi tanto lontana dall’assetto equilibrato di un “consiglio per il coordinamento economico globale”, nuovo organismo proposto dall’Onu e posto sotto il suo patrocinio. Manca però una rappresentanza proporzionata alla composizione regionale: Commissione europea e Presidenza dell’Ue sono presenti in qualche misura, le altre istituzioni politiche regionali invece non lo sono per niente. Lo stesso vale per un rendiconto sul modo in cui le principali potenze regionali del G20 agiscono in relazione ai propri accordi e impegni regionali. Tutto sommato i cambiamenti negli equilibri di potere indicano che un’intera epoca sta volgendo al termine. I 500 anni di dominio economico, politico, militare e culturale dell’Europa e del suo omologo nordamericano si approssimano alla fine: che gli piaccia o no, si profila una profonda cesura di dimensioni storiche. 24 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 5. L’Ue: quale modello per una governance finanziaria? L’Unione europea ha un peso particolare in fatto di governance economica e finanziaria globale per due ragioni: in primo luogo è il progetto più avanzato di integrazione economica, sociale e politica della storia contemporanea. Il trasferimento di sovranità e di potere esecutivo dal livello nazionale al livello sopranazionale è maggiore che in qualsiasi altra istituzione internazionale, in secondo luogo l’Ue ha un particolare interesse a promuovere la governance economica e finanziaria e a influenzare l’agenda globale orientandola verso un sistema finanziario favorevole allo sviluppo. E poi possiede i mezzi e le competenze per farlo. Ma l’Ue è anche un esempio istruttivo dei problemi, dei limiti e dei dilemmi di una integrazione sociale che vada al di là dello stato-nazione. 5.1. Il deficit democratico e la ‘cooptazione della regolamentazione’ sulle politiche finanziarie La regolamentazione e la vigilanza sui mercati e i servizi finanziari sono molto frammentati nell’Ue. Gli Stati membri hanno mantenuto regolamenti e autorità di vigilanza le cui competenze restano a livello nazionale: parlamenti, banche centrali o altro. La frammentazione dei regolamenti e della vigilanza contrasta del tutto con l’espansione dei mercati finanziari e dei fornitori di servizi nell’Ue. Oggi diverse banche presenti in diversi paesi dell’Ue effettuano trasferimenti di capitale transfrontalieri e vendono servizi finanziari altamente complessi e rischiosi. L’Ue ha facilitato la liberalizzazione dei fornitori di servizi e dei mercati finanziari. La frammentazione non è conseguenza della mancata volontà di integrazione. Al contrario, la mancanza di regole veniva sostenuta dalla convinzione neoliberista della Commissione che i mercati finanziari liberalizzati siano efficienti e capaci di autoregolarsi. E naturalmente gli attori principali come per esempio la Gran Bretagna si opponevano a una regolamentazione europea temendo che avrebbe ostacolato la loro competitività finanziaria. Asimmetrie tra integrazione economica e stato sociale nell’Ue Uno dei problemi fondamentali dell’integrazione nell’Ue è il dominio dell’integrazione economica sullo stato sociale, che genera alcuni squilibri. L’istituzione del mercato comune e del Trattato di Maastricht nel 1992 hanno rinforzato e accelerato il processo. L’instaurazione di una moneta comune è stata un passo ulteriore nell’integrazione economica anche se l’assenza della Gran Bretagna ha avuto notevoli ripercussioni: Londra è il maggiore mercato finanziario internazionale del mondo e la sterlina resta una moneta internazionale fondamentale. Mentre esiste un mercato comune con la libera circolazione dei capitali, delle merci e delle persone altri parametri socio-economici non si sono trasformati a livello europeo. Manca a esempio un regime fiscale comune e questo produce arbitrio: le imprese e i ricchi privati possono scegliersi il paese in cui pagare le tasse. Con la conseguenza di un aumento della competitività fiscale tra Stati membri e di una corsa verso il basso che erode il gettito fiscale degli stati-nazione compromettendo la giustizia fiscale. Poiché le tasse non sono solo un modo di garantire entrate agli stati ma anche di governare l’economia attraverso gli incentivi o i disincentivi, l’assenza di un sistema fiscale europeo intralcia la regolamentazione politica dei mercati. Lo stesso squilibrio si trova tra mercati e dimensione sociale dell’economia. I mercati sono integrati e i sistemi sociali non lo sono. Ne consegue che l’equilibrio di poteri tra capitale e lavoro si è considerevolmente spostato a favore del capitale soprattutto dopo la svolta neoliberista europea degli anni Ottanta. Da allora i trattati europei fino a quello di Lisbona sono stati fortemente ispirati a quell’ideologia. In particolare la Commissione Europea è diventata una roccaforte di estremisti neoliberisti come McCreevy o Bolkestein. Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 25 Per questa ragione l’Ue è stata tenuta ai margini della gestione della crisi e praticamente non ha giocato alcun ruolo nel processo di riforma. La Commissione non solo è stata incapace di prevedere la crisi ma non ha neppure utilizzato gli strumenti per combatterla. La sua gestione era interamente nelle mani dei governi nazionali e in qualche misura della Banca centrale europea, almeno nell’area euro. La crisi inoltre segna il fallimento della teoria neoclassica, del monetarismo e dell’ideologia neoliberista. O per dirla con l’ex ministro delle finanze tedesco Steinbrück: “Nella crisi siamo tutti con Attac.” Anche se al presente non è possibile prevederne gli esiti il ripensamento del sistema economico è avviato e con esso alcuni tentativi scoordinati di emanare direttive sulla regolamentazione e la vigilanza. Fuori dall’ambito della regolamentazione e della vigilanza nazionali l’Ue può giocare un ruolo nella finanza europea a patto che gli interessi nazionali lo consentano. Per legge compete alla Commissione liberalizzare i servizi finanziari e renderli più competitivi. La Direzione Generale del mercato interno e dei servizi (Directorate General Internal Market and Services, DG Market) guida lo sviluppo della regolamentazione e della vigilanza dei servizi finanziari nell’Unione europea. È stato messo in atto nell’Ue un complesso meccanismo decisionale, il processo Lamfalussy 29 volto a migliorare la cooperazione, la convergenza, l’armonizzazione o la standardizzazione dei regolamenti e della vigilanza finanziari. La finanza può incidere su questo complesso sistema decisionale attraverso un meccanismo lobbistico bene attrezzato e grazie alle ampie consultazioni ufficiali promosse dal DG Market, dai Comitati Lamfalussy e dal Parlamento europeo. Altri soggetti quali a esempio i consumatori hanno molta meno voce in capitolo. Un rapporto 30 commissionato dal Consiglio e dalla Commissione sul miglioramento dei regolamenti finanziari e della vigilanza europei in risposta alla crisi è stato elaborato dal gruppo de Larosière 31, un gruppo di esperti molti 29 vedi allegato 30 Comunemente noto come il rapporto De Larosière. vedi: http://ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/de_larosiere_report_ en.pdf 31 26 Presieduto da Jacques de Larosière, già copresidente dell’or- Lo Stress Test per la governance finanziaria globale dei quali hanno avuto forti legami con il settore finanziario. Ciò solleva serie preoccupazioni circa l’indipendenza e la neutralità delle opinioni e dei consigli con cui Commissione e Consiglio risponderebbero alla crisi 32. Di fatto molti esperti hanno criticato la timidezza delle raccomandazioni (vedi riquadro qui sotto). Critiche degli accademici al rapporto de Larosière: Il rapporto de Larosière non affronta le principali linee di errore presenti nella vigilanza dell’Ue e rivelate dalla crisi del credito; il rapporto non dà alcuna indicazione su come ovviare all’assenza di una chiara autorità che prenda decisioni anche sulla vigilanza, il salvataggio o la liquidazione di singole aziende o che si pronunci sulla mancanza di efficacia dei collegi delle autorità di vigilanza (vedi Fortis) già operanti e le cui decisioni non sono per nulla trasparenti; il rapporto non affronta il rischio che ciascuno di quei collegi si sviluppi in modo differente dai propri pari nei controlli di altre aziende transfrontaliere: tutto ciò comprometterebbe l’efficacia stessa della vigilanza e il gioco leale tra le stesse istituzioni maggiori; le proposte del rapporto sono molto timide rispetto ai sistemi di garanzia dei depositi: un fondo europeo per finanziare i recuperi è proprio ciò che si dovrebbe prendere in considerazione per evitare i problemi generati dallo scarico delle responsabilità; non riconoscere la competenza alla BCE né coinvolgerla da vicino in una vigilanza prudenziale è un errore che non andava commesso 1. 1 Vedi: http://www.euractiv.com/29/images/De%20 Larosi%C3%83%C2%A8re%20-%20fine%20recommendations%20fail%20to%20tackle%20main%20issues%20 ganizzazione lobbistica finanziaria Eurofi fino a poco tempo fa consigliere per dieci anni della banca francese BNP Paribas. 32 vedi: „Would you bank on them? Why we shouldn’t trust the EU’s financial wise men“ [Contereste su di loro? Perché non dovremmo fidarci dei saggi della finanza Ue?]: http://www.corporateeurope.org/ system/files/files/resource/WouldYouBankOnThem.pdf Stanti la debolezza generale e la frammentarietà delle strutture europee di regolamentazione e vigilanza, la lobby finanziaria incide molto ai diversi livelli decisionali. Tra le vie privilegiate in cui il settore finanziario esercita pressioni sui regolamenti ci sono i canali ufficiali di consultazione organizzati dalle istituzioni europee. A causa della complessità dei temi i funzionari dell’Ue, spesso privi di esperienza, competenza e conoscenza, chiedono l’aiuto di ‘esperti’ finanziari. Un recente rapporto sulla società civile ha mostrato che “gran parte degli ‘esperti’ finanziari consulenti della Commissione europea rappresentano le banche e gli investitori responsabili della crisi economica globale”. Il rapporto aggiunge: “Ci sono oggi 19 gruppi di esperti che danno consulenze alla Commissione su questioni finanziarie. Di questi 19 gruppi sette sono costituiti principalmente da rappresentanti degli Stati membri. Degli altri dodici otto sono dominati dall’industria, uno ha un egual numero di esponenti non governativi e dell’industria e tre non si possono valutare perché la loro appartenenza non è palese”. Il rapporto conclude che lo squilibrio di provenienza degli esperti “mette la Commissione nella condizione di infrangere le sue stesse regole. Le linee guida della Commissione sull’uso degli esperti stabilisce che si cerchi una pluralità di opinioni”. 33 La pressione delle imprese è forte anche a livello nazionale: il settore influenza le posizioni degli Stati membri nei diversi comitati del Consiglio e della Commissione. Per dar loro più peso presso i governi nazionali la lobby finanziaria si pone come un settore vitale e rivendica di avere introdotto importanti innovazioni oltre a creare occupazione, reddito e crescita economica. In più alcuni soggetti della finanza hanno minacciato di lasciare il paese se il governo avesse introdotto norme ritenute troppo onerose. 5.2. Il dibattito emergente sulla governance finanziaria europea: interessi in competizione all’interno dell’Ue Tutte le principali istituzioni europee sono a vario titolo coinvolte nella regolamentazione e nella vigilanza finanziari ma spesso mancano di efficacia e di responsabilità 33 Alter UE. A captive Commission. The role of the financial industry in shaping EU regulation. [Una Commissione asservita. Il ruolo della finanza nella formulazione dei regolamenti Ue.] 5 novembre 2009, vedi: http://www.corporateeurope.org/lobbycracy/content/2009/11/ financial-industry-shapes-eu-regulation a livello paneuropeo. Il Consiglio “Economia e Finanza” o ECOFIN ha poteri codecisionali con il Parlamento europeo sulle direttive proposte dalla DG Market relative ai servizi e ai mercati finanziari. Il Parlamento europeo (PE) ha il diritto di accettare o respingere le leggi proposte dalla Commissione ma non ha il potere di emendarle. Il PE non ha neanche il diritto di proporre le leggi, che è prerogativa della Commissione. La Banca centrale europea (BCE) non ha mandato legale per regolamentare o vigilare sulle banche, su altri istituti finanziari o sui mercati della finanza. Parte del mandato della BCE consiste nel mantenere la stabilità finanziaria utilizzando le proprie competenze per garantire liquidità ai mercati dell’Ue. Di fatto la banca, attiva nella crisi fin dall’agosto 2007, svolge compiti di consulenza per molte istituzioni e strutture dell’Ue e ha il mandato legale per fornire informazioni a sostegno di interventi sulla stabilità finanziaria. Visti lo scarso coordinamento nell’Ue e l’influenza costante del pensiero anglosassone e degli interessi collegati è essenziale che si continui a discutere di regolamentazione e vigilanza con i ministeri nazionali competenti, le autorità di vigilanza, le banche centrali e le autorità di regolamentazione. Finché permarranno le contraddizioni interne all’Ue l’idea di politiche comuni incisive di regolamentazione e vigilanza resta di improbabile attuazione. È altrettanto improbabile che all’interno dell’Ue si verifichino a breve cambiamenti radicali e sistemici. Le ragioni sono varie: la coesistenza dell’area euro e paesi non euro, l’enorme peso politico della finanza in Gran Bretagna, le differenze storicamente radicate di ‘cultura’ finanziaria, l’opposizione ideologica alla regolamentazione da parte dei nuovi Stati membri e la crisi generale di integrazione nell’Unione. A livello multilaterale anche se l’Ue e i suoi Stati membri sono bene rappresentati nelle istituzioni finanziarie internazionali, le loro posizioni e i loro interventi restano frammentati e alcuni paesi rimangono fuori. La crisi finanziaria inoltre ha scatenato in Europa un nuovo dibattito su quali siano i modelli di governance finanziaria più idonei a prevenire nuove crisi: da qui il dubbio se non sia necessario affidare all’Ue competenze macrofinanziarie e prudenziali. Nel settembre 2009 la Commissione europea ha pubbli- Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 27 cato una “Proposta di regolamentazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla vigilanza macroprudenziale comunitaria del sistema finanziario e la definizione di un Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB)” 34. L’ESRB dovrebbe essere un ente europeo completamente nuovo responsabile della vigilanza macroprudenziale. Tre i principali obiettivi: • mettere a punto una prospettiva macroprudenziale europea allo scopo di affrontare il problema della frammentazione dell’analisi di rischio individuale a livello nazionale; • rafforzare l’efficacia degli avverti- prudenziali della stabilità finanziaria. 35 Inoltre la proposta assegna una notevole indipendenza all’ESRC replicando una caratteristica indesiderabile della BCE: l’assenza di qualsiasi sostanziale rendiconto e responsabilità. La Commissione chiede all’ESRC di riferire alle istituzioni e ai governi europei solo attraverso rapporti annuali al Parlamento e al Consiglio europeo ma non prevede misure di controllo né sanzioni in caso di errori. Per Stante il grado di nessuna ragione tale mancanza andrebbe estesa dalle politiche monetarie alla stabilità integrazione dei merfinanziaria, che nella gran parte dei paesi cati finanziari e deld’Europa è un fattore squisitamente politile banche in Europa, co e non una semplice questione tecnica. forse un comitato Ue Serve perciò una proposta di governance più preposto a garantire efficace e democratica. la stabilità macro- menti migliorando l’interazione tra prudenziale potrebbe La Commissione europea ha lanciato inoltre analisi microprudenziale e macrol’idea di costituire tre nuove agenzie paneuprudenziale. La solidità delle singole essere utile ropee con sede a Londra, Parigi e Francoforimprese è stata troppo spesso verifite che vigilino sui servizi finanziari e si occupino rispettivacata in maniera isolata, prestando poca attenzione al mente di banche, titoli e mercati delle assicurazioni. grado di interdipendenza interna al sistema finanziario; Al vertice ECOFIN del dicembre 2009 i ministri finanziari • fare in modo che le valutazioni del rischio siano trahanno definito complesse procedure di voto e di ricorso dotte in azione dalle autorità competenti. per il caso in cui un paese avvertisse o sospettasse che le nuove autorità stiano oltrepassando il proprio mandato per L’ESRB non avrebbe alcun potere vincolante di imporre invadere aree di sovranità nazionale. In particolare la Gran misure sugli Stati membri o sulle autorità nazionali. È staBretagna si è preoccupata di proteggere il ruolo dominante to concepito come organismo di alto livello fondato sulla della City di Londra nei servizi finanziari. 36 Le tre nuove aubuona reputazione che dovrà influenzare gli interventi dei torità di vigilanza europee non agiranno giorno per giorno decisori e delle autorità di vigilanza in virtù della propria sulle singole istituzioni finanziarie, un ruolo che resterà qualità morale. agli organi di controllo nazionali, ma avranno il compito di coordinare questi ultimi, avranno poteri di vigilanza diretta Stante il grado di integrazione dei mercati finanziari e sulle agenzie di rating e si impegneranno nella formulaziodelle banche in Europa, forse un comitato Ue preposto ne di un regolamento comune per tutti gli istituti finanziari a garantire la stabilità macroprudenziale potrebbe essere europei. Non potranno prendere decisioni che incidano utile. Ma le proposte attuali sono incaute perché assegnasui bilanci nazionali o sulla cosiddetta sovranità fiscale e a no alle banche centrali un ruolo dominante nel gioco del garanzia di ciò sono stati concordati ulteriori dispositivi di rischio sistemico. Finora le banche centrali hanno dimotutela. Inoltre si prevedono diversi meccanismi protettivi a strato di non possedere la conoscenza tecnica, i mezzi, gli seconda che la situazione sia individuata come crisi oppure strumenti e la legittimità per dominare gli aspetti macrono e saranno gli Stati membri, invece della Commissione europea, a decidere se si tratti di crisi. 34 Commissione europea, 25 settembre 2009 “Proposta di una regolamentazione del Parlamento e del Consiglio europei sulla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario e istituzione di un comitato europeo per i rischi sistemici (European Systemic Risk Board)”; COM(2009) 499 final -. 2009/0140 (COD) 28 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 35 Financial Times, 28 ottobre 2009, http://blogs.ft.com/ maverecon/2009/10/the-proposed-european-systemic-risk-board-isoverweight-central-bankers/ 36 Financial Times, 2 dicembre 2009, http://www.ft.com/cms/ s/0/905b3dce-df66-11de-98ca-00144feab49a.html?nclick_check=1 In senso lato gli Stati membri potranno contestare le decisioni dell’autorità di vigilanza prima ai ministri delle finanze europei, che decideranno a semplice maggioranza se revocare una decisione. Se i ministri si pronunciassero contro la revoca lo stato potrà ancora sottoporre la questione al Consiglio europeo dei capi di governo che opera in base al consenso. Permangono ampie riserve sull’efficacia delle nuove autorità e su come reagiranno a un carico di lavoro molto gravoso con risorse alquanto limitate. Non è chiaro neppure in quale misura saranno isolate dalle pressioni dei gruppi lobbistici privati o dagli interessi nazionali dei pochi governi europei che contano. E non è accettabile che la Commissione europea abbia escluso dall’agenda alcune importanti questioni. Per esempio non c’è alcun cenno alla necessità di costituire delle agenzie Ue che proteggano i diritti dei consumatori. Inoltre le nuove agenzie proposte non prevedono la partecipazione ai processi decisionali dei soggetti non profit della società civile. 5.3. Alcuni passi importanti verso la regolamentazione e la vigilanza finanziari nell’Ue La Commissione ha avviato iniziative di regolamentazione sui seguenti temi 37: • direttiva sulla regolamentazione degli hedge funds, • direttiva sulla regolamentazione delle agenzie di rating (già adottata), • direttiva sui derivati, • armonizzazione della vigilanza tra Stati membri, la cosiddetta “Direttiva su un Comitato per il rischio sistemico” e • una “direttiva omnibus” che integri i nuovi regolamenti in quelli già vigenti nell’Ue. Alla luce della crisi sono state emendate due direttive già esistenti. In primo luogo la direttiva del 2003 sul risparmio 37 Per ulteriori informazioni vedi: Denis, Gaspard (2009): Finance: l’Europe impose la régulation … avec modération. [Finanza: l’Europa impone la regolamentazione... con moderazione] Bruxelles. In: ‘Ensemble: pour la solidarité, contre l’exclusion’ [Insieme : per la solidarietà, contro l’esclusione] http://www.asbl-csce.be/ che mirava a combattere l’evasione fiscale va estesa dai singoli individui ad alcuni soggetti giuridici. In secondo luogo l’emendamento alla direttiva sui requisiti patrimoniali attraverso il quale si era attuato nell’Ue l’accordo di Basilea 2 (2006) estende i requisiti delle banche ai certificati. La certificazione dei crediti, la trasformazione dei debiti in attivo commerciabile (quali i Credit Default Swaps) è stata una delle cause principali del disastro. Infine nel settembre 2009 l’Ue ha proposto al G20 di Pittsburgh la regolamentazione degli incentivi ai manager. Anche se il cammino legislativo è avviato c’è incertezza sulla direzione, dal momento che nell’Ue il processo decisionale è molto complesso. La valutazione che segue pertanto è solo preliminare e si basa sulla situazione alla fine del 2009. A un primo sguardo il pacchetto delle iniziative di regolamentazione è di grande effetto e indica una serie di passi nella giusta direzione. Ma a una analisi più approfondita appare chiaro che la portata degli interventi è assai limitata. Esempio tipico dell’approccio della Commissione è la Direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (AIFM). Comprende gli hedge funds, i fondi privati, i commodity funds, i fondi immobiliari e i fondi per le infrastrutture, tutti investitori istituzionali che giocano un ruolo importante nel sistema finanziario speculativo. Essi sono l’avanguardia degli speculatori istituzionali ad alto rischio e usano modelli commerciali ad alto rischio quali l’effetto leva e la vendita allo scoperto. 38 Si sa dal 1999, dopo che il crollo del Long Term Capital Management Fund stava per provocare una crisi di sistema, che questi fondi rappresentano un rischio elevato per la stabilità. 38 L’effetto leva (leverage) è l’impiego di capitali di terze parti, di solito crediti a breve termine dalle banche e da altri investitori istituzionali. La vendita allo scoperto (short selling) è la speculazione sulla caduta dei prezzi delle attività. Naked cioè nudo, ‘allo scoperto’, significa che all’avvio dell’operazione speculativa lo speculatore non dispone del capitale necessario per coprire i costi. Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 29 Gli hedge funds sono sempre più coinvolti nello scambio • i requisiti patrimoniali effettivi sono inferiori al 5%; speculativo dei commodity futures, che ha contribuito • i fondi che speculano con le azioni delle piccole e notevolmente all’improvviso aumento dei prezzi alimenmedie imprese non sono soggetti alla direttiva; tari nel 2008 provocando la fame in diversi paesi in via di sviluppo. 39 I Private Equity Funds non solo hanno un • la vendita allo scoperto non è proibita e va soltanto modello commerciale speculativo ma fungono anche da documentata in un rapporto annuale. nastro trasportatore che sposta il capitalismo azionario dalla finanza all’economia reale 40 . Perciò questo genere Nonostante la direttiva sia assai moderata la Gran di speculatore istituzionale andrebbe Bretagna ha già elevato una forte protebandito o almeno rigorosamente rego- Gli hedge funds sono sta accusando la Commissione europea lamentato. La Commissione si concen- sempre più coinvolti nello di presentare delle proposte ‘ingenue’ 41 tra sulla trasparenza e la formulazione e la lobby dei fondi si sta mobilitando scambio speculativo dei di rapporti, un passo necessario, ma il contro la direttiva. Si prevede pertanto commodity futures, che testo proposto lascia molte scappatoie che l’iniziativa verrà ulteriormente annacha contribuito notevole i rischi principali non vengono consiquata. mente all’improvviso auderati. Di conseguenza i fondi possono mento dei prezzi alimenprocedere con limitazioni minime seQuanto alla direttiva sui requisiti pacondo il proprio modello commerciale: tari nel 2008 trimoniali 42 le proposte sono solo frammentarie e non affrontano le principali • la prima scappatoia importante è che la direttiva si critiche fatte contro le norme internazionali di Basilea applica solo ai gestori dei fondi ma non ai fondi; 2 riguardo alla pro-ciclicalità e l’autoregolazione. Le attuali proposte non riescono a innalzare sostanzial• i fondi con meno di 100 milioni di euro di attività da mente, più di quanto prevedano gli accordi di Basilea gestire non sono regolamentati per niente; i fondi 2, i margini di riserva obbligatori delle banche per il maggiori possono trarne facilmente vantaggio suddicredito che alimenta la speculazione. La proposta non videndosi in subfondi più piccoli; affronta una delle mancanze più gravi di Basilea 2 consentendo alle banche di avere propri meccanismi • i fondi che non usano l’effetto leva possono gestire di valutazione dei rischi. Inoltre non si accenna nepfino a 500 milioni di euro senza essere soggetti alla pure a includere i rischi sociali e ambientali attraverso direttiva; ulteriori requisiti patrimoniali o cambiamenti nei meccanismi di classificazione dei rischi che oggi valutano • i fondi che fanno largo uso dell’effetto leva dovrebbel’instabilità finanziaria. ro soddisfare speciali requisiti; che cosa si intenda per Altro piccolo dettaglio: non c’è distinzione tra le attività bancarie che servono il pubblico interesse e effetto leva ‘considerevole’ o per ‘speciali requisiti’ quelle che alimentano la speculazione finanziaria, a deve essere ancora definito; oggi non esiste una proposta ufficiale di una chiara separazione tra banche commerciali e banche di • per i fondi che usano l’effetto leva dovrà essere investimento. fissato un limite massimo ma nel caso in cui i fondi lo gestissero in modo dinamico non è chiaro quale sia questo limite; 39 vedi: Wahl, Peter (2008): Food Speculation - The Main Factor of the Price Bubble [La speculazione sul cibo: il principale fattore della bolla dei prezzi] in 2008. WEED-Briefing Paper. Berlino 40 vedi: Wahl, Peter (2008): Superstars in the Emperor’s New Clothes. Hedge Funds and Private Equity Funds. What is at Stake? [Superstar nei nuovi vestiti dell’Imperatore. Hedge Funds e fondi privati. Che cosa bolle in pentola?] WEED-Briefing Paper, Berlino 30 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 41 Financial Times, 22 ottobre 2009. vedi: www.ft.com/cms/s/0/ d3825f24-b96e-11de-abac-00144feab49a.html?nclick_check=1 42 Per un’analisi dettagliata di questa direttiva vedi „An oversight of selected financial reforms on the EU agenda. Towards a progressive European response to the financial crisis“ [Uno sguardo attento su alcune riforme finanziarie nel programma dell’Ue. Verso una risposta europea illuminata alla crisi finanziaria] Settembre 2009. disponibile all’indirizzo: www.cncd.be/spip.php?article806 Mali, 2008 Foto di Caterina Amicucci (CRBM) limiti e qualche punto debole: di fatto le sue proposte: • non sono legalmente vincolanti, come nel caso della direttiva sui derivati, oppure • sono troppo moderate fin dall’inizio: vedi l’emenda- • Per quanto riguarda la regolamentazione dei mercati dei derivati la finanza è il soggetto che si ascolta per primo nelle consultazioni della Commissione. Dopo il G20 questa ha ricevuto dal settore finanziario alcune proposte 43 e nel luglio del 2009 ha emesso un comunicato 44 in cui si annuncia l’adozione di misure per rendere i derivati “efficienti, sicuri e solidi” 45. Ma alcuni esperti hanno obiettato che molti derivati non si possono rendere sicuri e andrebbero proibiti. Le proposte della Commissione sono provvisorie e contengono molte puntualizzazioni e riserve. Circa la compensazione tramite controparte centrale la Commissione lascia intendere che sta considerando “dei modi per rafforzare ove possibile gli incentivi”: prospetta l’ipotesi che la standardizzazione riguarderà solo alcuni derivati, per esempio i Credit Default Swaps (CDS), propone di aumentare la trasparenza costituendo un registro centrale di dati per tutti i derivati fuori borsa (OTC) e per finire suggerisce l’uso di mercati pubblici per il commercio di derivati standardizzati riconoscendo che ciò “aumenterebbe la trasparenza e rafforzerebbe la gestione dei rischi” ma mettendo in rilievo i possibili costi legati alla “vasta gamma di esigenze” del trading e della gestione stessa dei rischi. In sintesi esistono nell’approccio della Commissione alcuni 43 Lettera ISDA a McCreevy sulla compensazione dei CDS in una stanza di compensazione europea. 11 marzo 2009. mento della direttiva sui requisiti patrimoniali e sugli hedge funds o ancora trattano questioni non centrali, di impatto esclusivamente marginale, come la direttiva sulle agenzie di rating. 5.4 Impatto delle politiche finanziarie dell’Ue sui paesi in via di sviluppo La crisi finanziaria originata negli Usa sta facendo registrare gravi conseguenze in Europa e ancor più gravi nei paesi in via di sviluppo, i quali soffrono tra l’altro per la scarsità del credito, le minori esportazioni, l’aumento dei prezzi alimentari, la volatilità e un maggiore rischio di ‘emergenza da debiti’, il debt distress, subendo gli effetti di una crisi di cui non sono responsabili. Da un lato i governi europei più importanti hanno promosso una forte liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati finanziari in Europa e nel mondo, convinti di rafforzare così le politiche economiche e monetarie europee. Con la crisi le attività bancarie si sono rivolte al nord privando le economie in via di sviluppo dell’accesso al credito. . D’altro canto l’Unione europea si è impegnata a garantire che politiche quali quelle relative alla pesca, all’energia e agli scambi commerciali mantenessero le promesse di sviluppo. L’idea di Coerenza delle politiche per lo sviluppo (PCD) 46 venne lanciata nel 2005 come parte del Consenso europeo in materia di sviluppo. Nel rapporto pubblicato dalla CE a settembre del 2009 47 si afferma che la PCD “tiene in conto l’esplorazione sistematica degli effetti che le politiche Ue diverse dagli aiuti potrebbero avere sullo sviluppo e sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio”. Eppure l’Ue sorvola del tutto sulle politiche economico-finanziarie che causano instabilità e massicci 44 vedi: http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/ derivatives/index_en.htm 45 CE, documento di servizio della Commissione - Garantire mercati dei derivati efficienti, sicuri e solidi, 7 luglio 2009. http://ec.europa. eu/internal_market/financialmarkets/docs/derivatives/communication_ en.pdf 46 vedi: http://ec.europa.eu/development/icenter/repository/ COM_2009_458_part1_en.pdf 47 vedi: http://ec.europa.eu/development/policies/policy_coherence_en.cfm Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 31 deflussi finanziari dai paesi in via di sviluppo verso altri destini. Negli ultimi anni la speculazione ha avuto un ruolo importante nell’aumento e nel crollo dei prezzi di cibo, petrolio e altre merci 48 . Gli hedge funds e gli altri investitori istituzionali sono stati molti attivi negli scambi delle commodities facendo lievitare i prezzi e gonfiando artificialmente il mercato: 49 un comportamento dagli esiti devastanti per i paesi più poveri. L’UNCTAD ha evidenziato che a causa degli aumenti improvvisi dei prezzi tra il 2007 e la metà del 2008 altri 100 milioni di persone hanno avuto un accesso al cibo insufficiente 50. Sempre l’UNCTAD aggiunge che le posizioni di società finanziarie quali gli hedge funds hanno assunto dimensioni “così grandi da poter incidere fortemente sui prezzi e creare bolle speculative con effetti estremamente nefasti”. Ciò nonostante quando si tratti di regolamentare i mercati dei derivati e degli hedge funds i governi europei rinunciano a considerarne le implicazioni sullo sviluppo. 51 L’assenza nell’Ue di una regolamentazione e di una vigilanza efficaci ha avuto come ulteriore conseguenza una quantità di problemi che i paesi in via di sviluppo si sono ritrovati di fronte anche prima del disastro finanziario: • nell’esprimersi su governi e società di quei paesi le agenzie di rating (senza regole) erano in conflitto di interessi oppure scarsamente interessate a valutarli; • senza regole ma con i prestiti delle banche occiden- tali, private equity e hedge funds hanno richiamato i capitali dei ricchi nei paesi poveri facendo incetta di società attive al sud per accumulare profitti sul breve periodo; • la mancanza di cooperazione e di informazioni condivise tra le autorità di vigilanza dei paesi ospitati e dei 48 vedi: http://www.eurodad.org/uploadedFiles/Whats_New/ News/Food%20speculation%202%20pager%20final.pdf 49 Wahl, Peter. 2009. Food Speculation The Main Factor of the Price Bubble in 2008 [La speculazione sul cibo, principale fattore della bolla dei prezzi nel 2008]. Briefing Paper. Berlin. www2.weed-online.org/uploads/weed_food_speculation.pdf 50 UNCTAD, Least Developed Countries Report 2009 (Rapporto 2009 sui paesi meno sviluppati), vedi: http://www.unctad.org/en/docs/ ldc2009_en.pdf 51 riferimento alla pagina 2 sui derivati del documento www. eurodad.org/uploadedFiles/Whats_New/News/Dangerous%20derivatives%202%20pager%20final.pdf 32 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale paesi ospitanti ha impedito agli ospitanti di accorgersi dei flussi transfrontalieri di capitali messi in essere dai fornitori stranieri di servizi finanziari. L’assenza di una voce unica ai forum finanziari internazionali ha reso ancor più difficile per i paesi in via di sviluppo trattare con gli Stati membri dell’Ue. In generale oggi i mercati finanziari hanno un impatto fortemente negativo sullo sviluppo dei paesi poveri. Con i finanziamenti allo sviluppo in calo e gli aiuti sempre più ridotti ai paesi poveri che devono far fronte ai traumi esogeni e alle crisi create dai mercati finanziari urgono regolamentazione e vigilanza più efficaci sulla finanze nazionali e internazionali in grado di colmare la grave lacuna di coerenza nelle politiche di sviluppo, specialmente in quelle dell’Ue. “Condivido l’idea che il controllo centralizzato dei movimenti di capitali, verso l’interno e verso l’esterno, dovrebbe essere una caratteristica permanente del sistema postbellico.” 6. Conclusioni e prospettive La banca centrale “dovrà avere il pieno controllo sulle transazioni di capitali dei suoi residenti” Keynes In occasione delle crisi economiche e finanziarie gli analisti e i commentatori hanno fatto spesso riferimento a John Maynard Keynes e alla sua idea di gestione macroeconomica. lizzazione dei mercati finanziari è reversibile, sempre che ci sia la volontà politica. Negli anni Venti del Novecento i mercati internazionali avevano un raggio d’azione molto esteso, addirittura planetario, con poche regole e molti eccessi. Fu una delle cause del crollo di Wall Street nel 1929 e della conseguente Grande Recessione o grande depressione. Lo capirono i negoziatori della conferenza di Bretton Woods nel 1944 (Keynes era tra loro) e decisero Noi crediamo che l’idea di Keynes circa le attività dei di optare per un sistema monetario e finanziario intermercati finanziari, come già riportato, resti tutt’ora un nazionale relativamente statico e molto stabile (sarebbe principio guida cruciale per ripristinare la stabilità finandurato trent’anni) che portò a una significativa crescita ziaria e costringere la finanza a promuovere lo sviluppo dell’economia e a una qualche forma di redistribuzione sostenibile in ogni parte del mondo. nazionale e internazionale. Nel 1944 la volontà politica e il riconoscimento critico degli errori compiuti fecero sì che In linea generale è necessario ridimensionare la finanza il fenomeno si protraesse fino agli anni Settanta. Poi di e ribaltarne il dominio sull’economia reale. Abitualmente nuovo il pendolo oscillò e prese piede l’ideologia neolibela finanza ha un ruolo di servizio. Nondimeno va imposto rista con gli effetti nefasti che vediamo. il principio secondo cui “chi specula paga” in modo che La deglobalizzazione dei mercati finanziari dovrebbe chiunque abbia accumulato incredibili fortune in passato essere parte di un avvicinamento progressivo alla “deglooggi finalmente ne paghi il conto. balizzazione selettiva” dell’economia. Ciò significa che per restituire alle pubbliche autorità il controllo di settori I tentativi di regolamentare i mercati finanziari ricordano economici importanti in nome del pubblico interesse il mito di Sisifo: ... qualsiasi regola si può aggirare e ogni sarebbe possibile e opportuno destrutturare alcune comnuova regola stimolerà una nuova trovata del settore ponenti dei mercati globali riportandole nel quadro delle finanziario che aumenterà i rischi sistemici e la speculaeconomie nazionali o regionali. Il che invece potrebbe zione o in modo ancora più perverso consentirà ulteriori non essere necessario in altri settori delle società colpite arbitraggi finanziari non solo tra regodalla globalizzazione. Per esempio la lamenti diversi (che si possono armomaggiore libertà di spostamento dei I mercati finanziari, nizzare) ma anche tra i diversi settori migranti dovrebbe essere al centro di che si possono e si o ancora sulle informazioni relative ai ogni proposta di giustizia sociale. Qui devono deglobalizzare. mercati ...e così via. si dimostra tuttavia l’assoluta priorità Riportandoli nell’ambito di avviare la deglobalizzazione selettiva Urge pertanto un cambiamento struttu- delle economie nazionali proprio partendo dai mercati finanziari. diventeranno nuovamente rale. Regolamentare il settore bancario con il frazionamento delle banche e la controllabili Una condizione necessaria ma non suflimitazione severa di alcuni strumenti ficiente per costringere la finanza a una finanziari aiuterebbe ma non basta: un funzione sociale o al sostegno dell’ecomercato di capitali unico e globale con servizi finanziari nomia reale e di uno sviluppo sostenibile. È indispensabile propri farà emergere presto nuovi problemi. Occorre chiedere ai governi di attuare politiche pubbliche ispirate perciò costituire una infrastruttura di mercati finanziari al pubblico interesse evitando la finanziarizzazione dei diversa, più limitata e controllata. settori più vicini per tradizione a quell’interesse: le pensioni, la sanità, le politiche dell’abitazione. È indispensabile Come si evince dalla crisi, non era possibile cavalcare la chiedere la giustizia e l’attuazione di principi redistributivi tigre o “il mostro”: così il presidente tedesco ed ex-dinell’economia e nella finanza, incluso l’accesso al credito rettore dell’FMI Köhler definiva i mercati finanziari, che si da parte dei più poveri. possono e si devono deglobalizzare. Riportandoli nell’ambito delle economie nazionali diventeranno nuovamente Deglobalizzare i mercati finanziari gioverebbe anche ai controllabili. Si ritiene spesso che ciò sia impossibile, paesi in via di sviluppo: consentirebbe loro di trattenere eppure la storia del secolo scorso dimostra che la globa- Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 33 all’interno maggiori risorse per destinarle alla propria crescita. Sarebbe un fattore chiave di lungo periodo determinante per spezzare la dipendenza dagli aiuti che oggi condiziona la maggior parte dei paesi a basso reddito. Li aiuterebbe a ripristinare uno spazio politico nazionale in grado di decidere le misure monetarie e macrofinanziarie più idonee a sostenere lo sviluppo. In questo quadro i movimenti internazionali di capitali potrebbero anche proseguire a patto che non distruggessero la stabilità finanziaria ma contribuissero all’economia e alla crescita sostenibile sia nel nord sia nel sud del mondo. Oggi ci confrontiamo con un mercato finanziario globale. La crisi finanziaria di Dubai mostra come la stessa pericolosa tendenza che aveva portato quasi al tracollo dell’economia globale sia ancora viva e pulsante in gran parte dei consigli di amministrazione. Forse i decisori e gli operatori finanziari non hanno imparato la lezione: la deglobalizzazione dei mercati finanziari inciderebbe sulla governance e richiede necessariamente un’azione forte a tutti i livelli, compreso quello internazionale. Più avanti si indica ai decisori e alla società civile internazionale un programma da perseguire nel futuro con rinnovato impegno, un programma che scongiuri nuove crisi finanziarie e consenta ai governi di elaborare modelli redistributivi favorevoli allo sviluppo. Come già detto è questione di volontà politica, non solo di soluzioni tecniche. L’unica misura capace di superare le attuali resistenze avviando alcuni cambiamenti fondamentali è una forte azione politica che si contrapponga alle lobby aziendali. Livello Nazionale • È indispensabile che i governi nazionali reintroducano i controlli sui capitali. • È necessario migliorare fortemente la regolamentazio- ne e la vigilanza: occorre un controllo pubblico più severo sulle banche centrali e sulle autorità di vigilanza. • Vanno istituite forti agenzie per la protezione dei cittadini e dei consumatori in grado di controbilanciare le altre autorità di vigilanza dei mercati finanziari. • Occorre sviluppare il settore del credito pubblico e cooperativo (soggetto al pubblico controllo) che costringa i privati alla piena trasparenza: il settore pubblico dovrà diventare il motore della trasformazio- 34 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale ne in una economia e in una società a impatto zero (carbon free). • Le banche troppo grandi vanno ridimensionate. • Deve essere favorita la domanda interna: uno dei fattori più trainanti della crisi è il declino dei salari e del potere d’acquisto dei lavoratori. • Le politiche fiscali vanno dirette al settore finanziario per ridimensionarlo. • Comuni necessità e servizi quali la salute, il sistema pensionistico e l’istruzione dovranno essere affidate preferibilmente al settore pubblico: i privati gonfiano il settore finanziario e impediscono un accesso uguale per tutti a servizi di alta qualità. Livello Regionale Ben vengano l’integrazione regionale e il coordinamento delle questioni finanziarie: sono gli elementi costitutivi di una governance finanziaria internazionale più efficace ed equilibrata. In particolare dovranno essere rafforzate le iniziative regionali sull’accumulazione delle riserve ed eventualmente sui prestiti di breve periodo per prevenire le crisi inattese. È importante aumentare la collaborazione sud-sud per promuovere la stabilità finanziaria e la redistribuzione incoraggiando lo sviluppo e la mobilitazione delle risorse interne. Quanto all’Unione Europea: • occorre introdurre una forte regolamentazione delle lobby aziendali per ridurne la portata e l’influenza sui decisori; • è essenziale ridurre il deficit democratico dell’Unione Europea relativo alla governance finanziaria al suo interno; • è necessario riformare il mandato della BCE, difende- re l’occupazione e lo sviluppo sostenibile, estendere il controllo dell’inflazione ai prezzi delle attività patrimoniali (asset); • l’introduzione di una tassa sulle transazioni finan- ziarie avrebbe un effetto regolatore e probabili ricadute sulla redistribuzione ma non basterebbe da sola a disciplinare in profondità i mercati finanziari. Si potrebbe attuare un modello pilota regionale, a esempio nell’area dell’euro, e non per forza globale, un modello applicabile anche alle transazioni valutarie che fosse un primo passo verso un’imposta su tutte le transazioni finanziarie; • i conti fuori bilancio vanno banditi come ogni altra forma di mercato finanziario parallelo (shadow banking); • il mercato dei derivati OTC va sottoposto alla rego- lamentazione e alla vigilanza pubblica e in generale i mercati dei derivati vanno limitati a operazioni non speculative; • gli hedge funds e le altre istituzioni fortemente finanziate con capitale di prestito (effetto leva) dovranno essere regolamentati come le banche o essere banditi; • dovranno essere chiusi i paradisi fiscali europei: l’Ue dovrebbe fare da apripista e smantellare le giurisdizioni controllate dagli Stati membri: isole Cayman (britanniche) e affini. soggetti coinvolti, dunque non solo la finanza privata ma anche la società civile e i sindacati. Lo IASB (International Accounting Standards Board), oggi privato, dovrà essere sottoposto al controllo pubblico. La crisi ha mostrato fino a che punto i principi contabili siano una questione fortemente politica e non un semplice problema tecnico. Oggi nessuna organizzazione internazionale legittima affronta i problemi fiscali a livello globale. Va seriamente considerata la proposta di creare un organismo fiscale internazionale sul modello indicato nel rapporto Zedillo presentato all’Onu nel 2001. La Banca mondiale e l’FMI dovranno essere democratizzati ben oltre le proposte avanzate dal G20. L’Ue dovrà incoraggiare il processo riducendo ove occorra la propria eccessiva rappresentanza a livello di consiglio e consolidandola ad altri livelli. In conclusione occorre un sistema monetario sopranazionale che ponga fine al dominio di una sola valuta. Come passo intermedio verso una valuta globale servirebbe allo scopo un paniere di valute e i Diritti Speciali di Prelievo. Sul lungo periodo è necessario istituire una nuova Bretton Woods che fissi democraticamente un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale. Livello Globale È necessario coordinare il sistema finanziario e monetario globale ma dato l’insuccesso dell’attuale cornice unilaterale si deve ripensare con urgenza una forma più efficace e pragmatica di multilateralismo. La proposta di una commissione Onu sulla crisi economica che istituisca un consiglio di coordinamento economico globale sotto l’egida dell’Onu eventualmente fondato anche su rappresentanze di blocchi regionali rappresenterebbe un importante passo avanti verso una efficace collaborazione economica e finanziaria tra governi. È necessario ritirare presto la maggior parte degli impegni di liberalizzazione dei servizi finanziari previsti dall’accordo GATS/OMC programmando nuovi negoziati dell’OMC alla luce del fallimento delle trattative di Doha. Il Financial Stability Board e il Comitato di Basilea sulla vigilanza delle attività bancarie vanno democratizzati e resi più trasparenti. In particolare i paesi in via di sviluppo dovranno avere accesso alle decisioni prese da quegli istituti e sarà opportuno informare e consultare tutti i Lo Stress Test per la governance finanziaria globale 35 Note 36 Lo Stress Test per la governance finanziaria globale Questa pubblicazione è stata realizzata con il sostegno economico dell’Unione Europea. I contenuti del documento sono esclusiva responsabilità degli autori e non sono riconducibili in alcun modo alle posizioni ufficiali dell’UE.