Lo Stress Test per la governance finanziaria globale

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Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
Regulate Finance
for Development
Lo Stress Test
per la governance finanziaria globale
La governance economica in condizioni di crisi
Problemi, tendenze e alternative
Una prospettiva della società civile
Scritto da Peter Wahl, WEED
Lo Stress Test
per la governance finanziaria globale
La governance economica in condizioni di crisi
Problemi, tendenze e alternative
Una prospettiva della società civile
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
1
Lo Stress Test per la Governance Finanziaria
Globale
Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito di un
progetto di sensibilizzazione riguardo alla creazione di un
sistema finanziario globale adatto allo sviluppo, promosso da sei ONG europee (BWP, CRBM, CCFD, EURODAD,
GLOPOLIS e WEED).
Il progetto vuole contribuire alla creazione di un approccio politico comune e più coerente per la regolamentazione e la supervisione finanziarie all’interno dell’UE, e per la
costruzione di posizioni comuni nei processi internazionali
di riforma, come il G20, il FMI, l’FSB e le Nazioni Unite.
Per ulteriori informazioni:
www.regulatefinancefordevelopment.org
Il report è stato scritto da Peter Wahl di WEED, World
Economy, Ecology and Development.
Commenti utili ed informazioni sono state fornite
da: Antonio Tricarico, CRBM; Marta Ruiz and Nuria Molina, Eurodad; Jean Merckaert, CCFD.
Traduzione: Irene Forcella
Grafica: Carlo Dojmi di Delupis
Questa pubblicazione è stata realizzata
con il sostegno economico dell’Unione
Europea. I contenuti del documento
sono esclusiva responsabilità degli autori
e non sono riconducibili in alcun modo
alle posizioni ufficiali dell’UE.
2
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
Indice
Prefazione p. 4
1. La governance finanziaria globale in un’epoca di sconvolgimenti p. 6
1.1. La globalizzazione finanziaria, avamposto della globalizzazione neoliberista
2. Una governance globale per disciplinare la globalizzazione economica? p. 8
2.1. Il deficit democratico della governance globale
2.2. Stato-nazione e governance globale, un dilemma di fondo
2.3. Dimensioni e complessità contano
3. Una governance economica globale realmente esistente p. 13
3.1. I “G-club”, nuovo fenomeno della governance globale
3.2. Il G8 nella transizione
3.3. Il G20: nuovo ragno nella tela della governance economica globale
tabella: Un riepilogo del G20
3.4. L’FMI: mancata vigilanza sul sistema
box: Una commissione di esperti Onu propone una riforma fondamentale
3.5. Banca Mondiale: come privatizzare la finanza e poi far prestiti per sistemare le cose
3.6. Dietro le quinte – Il Financial Stability Board
3.7. Organismi responsabili della definizione dei principi
3.8. L’OMC, uno strumento di liberalizzazione degli scambi di servizi finanziari
4. Equilibri che cambiano: l’ascesa di nuove potenze p. 21
4.1. Il declino dell’egemonia Usa
4.2. La Cina, un fenomeno senza precedenti nella storia
4.3. Non solo Cina
4.4. Nuove iniziative e istituzioni regionali
4.5. Regionalismo e multilateralismo caotico
5. L’Ue: quale modello per una governance finanziaria? p. 25
5.1. Il deficit democratico e la ‘cooptazione della regolamentazione’ sulle politiche finanziarie
box: Asimmetrie tra integrazione economica e stato sociale nell’Ue
box: Critiche degli accademici al rapporto de Larosière
5.2.Il dibattito emergente sulla governance finanziaria europea: interessi in competizione all’interno
dell’Ue
5.3. Alcuni passi importanti verso la regolamentazione e la vigilanza finanziari nell’Ue
5.4. Impatto delle politiche finanziarie dell’Ue sui paesi in via di sviluppo
6. Conclusioni e prospettive p. 33
Livello nazionale, livello regionale, livello globale
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
3
Prefazione
Il mondo assiste a rapidi mutamenti e si
trova di fronte a difficoltà di straordinaria
portata: la crisi economico-finanziaria,
i cambiamenti climatici, la scarsità
crescente di alcune risorse fondamentali,
prima tra tutte il petrolio.
C’è la necessità urgente di nuovi organismi regionali e
globali che ci aiutino a superarle perché le istituzioni e le
prassi esistenti sono incapaci di farlo in modo idoneo: non
si è trovato alcun accordo conforme al protocollo di Kyoto
e la gestione della crisi finanziaria si è ridotta per lo più
al solo ambito nazionale, le grandi potenze continuano
a usare i metodi tipici della politica di potere minando
alla base l’efficacia delle pratiche attuali e degli attuali
strumenti di governance globale e come se non bastasse
l’integrazione regionale, vedi il caso dell’Ue, è segnata da
un deficit di democrazia.
membri, la loro efficacia rischia di crollare.
Alla costituzione del G20 il G8 ha perso peso. Il G20
indica un certo progresso in termini di rappresentanza,
anche se il deficit democratico resta: con i due terzi della
popolazione mondiale, l’80 per cento del commercio e
l’85 per cento del PIL globali, è senz’altro più rappresentativo, ma 90 paesi della terra su 100 ne sono ancora esclusi. Del resto, essendo i conflitti di interessi al suo interno
molto superiori a quelli del G8, meglio non sopravvalutare
la sua capacità di risolvere problemi globali. Questo vale
anche per le proposte di riforma del sistema finanziario.
L’aumento dei requisiti patrimoniali, la regolamentazione
dei derivati e degli istituti con elevato rapporto di indebitamento (highly leveraged institutions) nonché il rafforzamento della vigilanza vanno nella giusta direzione ma
sono insufficienti. Finché esisterà il capitalismo ‘da casinò’
non ci saranno soluzioni sostenibili.
Quanto alla portata istituzionale di una riforma il G20 è
assai moderato per non dire retrivo: dare più forza all’FMI
e alla Banca Mondiale, che semmai sono parte del problema e non della soluzione, non porterà ad alcun cambiamento sostanziale se non si cambiano in profondità il
modello economico, la governance e i comportamenti
pratici.
Nella scia del collasso postbellico del sistema di Bretton
Woods (1972) la liberalizzazione ha scatenato la globalizzazione della finanza generando uno squilibrio tra
economia e governance: mentre i soggetti economici
globali agiscono sempre più a livello
Per recuperare il principio
Si prosegue prendendo in esame altre
transnazionale l’ambito della politica
istituzioni: il Comitato di Basilea, il
democratico,
la
politica
e della democrazia è costretto entro i
Financial Stability Board e gli organismi
deve
riprendere
il
controllo
confini dello stato-nazione. C’è nella
globalizzazione un’implicita tendenza
sull’economia e soprattutto responsabili della definizione dei principi. Se ne conclude che per tutti occora erodere il principio democratico. Per sui mercati finanziari
rono più democrazia e un mutamento
recuperarlo la politica deve riprendere
esemplare. Il modello neoliberista ha
il controllo sull’economia e soprattutfallito.
Ci
vuole
un
altro paradigma che sia al servizio della
to sui mercati finanziari.
stabilità, della giustizia sociale e dello sviluppo sostenibile.
Ed eccoci ai cambiamenti nel sistema internazionale: il
E qui si arriva a un dilemma fondamentale: da un lato il
declino degli Usa e l’ascesa della Cina e di altre nuove
contrasto tra dimensioni dei soggetti sociali e complessità
potenze. La nascita dell’iniziativa di Chiang Mai, i BRIC, il
dei problemi e dall’altro la capacità dei cittadini e delle
Banco del Sur (la Banca del Sud) e il Gruppo di Shanghai
istituzioni di farvi fronte: dimensioni e complessità sono
mettono in luce la tendenza all’integrazione e la costituimportanti per la democrazia.
zione di nuove alleanze esterne alle istituzioni tradizionali.
I nuovi equilibri sulla scena mondiale indicano che la
Si passa poi all’analisi di due strutture globali esistenti, il
nostra epoca volge al termine. Dopo 500 anni di domiG8 e il G20, la cui natura informale rivela che esse mannio economico, politico, militare e culturale l’Europa e la
cano di trasparenza proprio come il loro impatto sul monsua discendenza nordamericana non accetteranno tanto
do: non sono né un governo globale né un mero esercizio
facilmente l’ormai prossima storica frattura. A proposito
di pubbliche relazioni, forse hanno qualche efficacia ove
di Europa si sottolinea il ruolo marginale dell’Ue nella
e quando vi sia consenso tra i membri, ma se cresce l’etecrisi finanziaria, gestita largamente dai governi nazionali.
rogeneità, il che già avviene con l’aumento del numero di
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Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
La crisi è il risultato della carenza di regole e di vigilanza,
dovrebbe fare da apripista smantellando quelli controllati
sostenuta da una ideologia secondo la quale liberalizzadagli Stati membri: isole Cayman (britanniche) e affini.
re i mercati finanziari garantirebbe
Sul piano globale si invocano la
l’efficienza. Oggi è in atto un impegno La crisi è il risultato della
costituzione di un consiglio per il
febbrile per migliorare la situazione. Si carenza di regole e di
coordinamento economico mondiale
studiano linee guida che regolino gli
patrocinato dall’Onu e la democravigilanza, sostenuta da
hedge funds, i requisiti patrimoniali, i
tizzazione delle istituzioni di Bretton
una ideologia secondo la
derivati, le agenzie di rating e la vigiWoods, del Comitato di Basilea e
lanza dell’Europa. Il processo è ancora quale liberalizzare i mercati
degli organismi responsabili della
in corso ma al momento le misure non finanziari garantirebbe
definizione dei principi.
l’efficienza
sono vincolanti sotto il profilo legale,
vedi per esempio la direttiva sui deriInfine è necessario un sistema monevati: sono troppo limitate, come motario sopranazionale che ponga fine
strano gli emendamenti sui requisiti patrimoniali e sugli
al dominio di una sola valuta. Come passo intermedio verhedge funds, e riguardano questioni di impatto marginale
so una valuta globale si propongono un paniere di valute
come la direttiva sulle agenzie di rating. Si prevedono forti
e i diritti speciali di prelievo.
resistenze contro l’“eccesso” di regole da parte della City
di Londra e dell’intera finanza, che usa il suo potere lobbistico per annacquare ogni regolamentazione efficace.
Berlino, Marzo 2010
In ultimo si illustrano le alternative. L’idea di fondo è una
deglobalizzazione selettiva della finanza. A partire dalle
posizioni di Keynes secondo le quali gli scambi commerciali andrebbero globalizzati mentre la finanza dovrebbe
limitarsi al livello nazionale poiché “non è possibile cavalcare la tigre”, vengono presentate delle ipotesi di riforma
a livello nazionale, regionale e globale. Si propone non
solo di ridimensionare la finanza ma di modificarne il ruolo affinché sia al servizio dell’economia reale e combatta
la povertà. Va attuato il principio secondo cui “chi specula
paga” per far sì che chiunque in passato abbia messo da
parte incredibili fortune oggi finalmente ne paghi i costi.
La finanza ‘da casinò’ consolidatasi negli ultimi decenni
non minaccia solo la stabilità ma anche la distribuzione
della ricchezza e la democrazia. Perciò è in agenda una
redistribuzione dall’alto verso il basso attraverso idonei sistemi di tassazione e l’affidamento a mani pubbliche della
sanità, delle pensioni e dell’istruzione: occorre sottrarre
questi servizi al controllo della finanza, che mira a massimizzare i profitti.
Per l’Europa si suggeriscono una regolamentazione severa
del settore finanziario e la riforma della Banca centrale
(BCE). Occupazione e sviluppo sostenibile devono entrare nel mandato della BCE e il controllo dell’inflazione
va esteso ai prezzi delle attività patrimoniali (asset). Una
regolamentazione efficace della finanza non è pensabile
finché i paradisi fiscali renderanno vana ogni regola. L’Ue
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
5
1. La governance finanziaria
globale in un’epoca
di sconvolgimenti
Assistiamo a rapidi cambiamenti
economici e politici. 1 Ci sono alcune
domande fondamentali su come
affrontare la crisi finanziaria, il
riscaldamento globale e la scarsità
dell’energia basata sul carbone e su altre
materie prime importanti.
Quali tipi di istituzioni ci servono a livello locale, nazionale e mondiale? Quali rapporti dovremmo instaurare
tra stato-nazione, integrazione regionale e cooperazione
internazionale? Può una governance globale essere democratica e allo stesso tempo garantire soluzioni efficaci?
E soprattutto come può garantirle in tempo utile?
New York, 2010
Foto di Riccardo Carraro
limiti e lacune. L’attuale mosaico di istituti è incoerente:
scarsa copertura, rappresentanza sbilanciata, regole inique, pratiche inefficaci. Il loro potere non basta a spingere o convincere i paesi più forti perché aderiscano ai loro
accordi. Che ci piaccia o no la struttura e le dinamiche
del sistema internazionale sono ancora determinate dal
potere militare, economico, politico e culturale degli stati.
L’attuale sistema di governance mondiale pertanto è soggetto a un potere egemonico e asimmetrico.
Il tempo infatti ha assunto una qualità nuova. I tempi dei
processi chimici, fisici e biologici non sono quelli delle decisioni politiche, delle politiche di potere, della diplomazia
e dei negoziati multilaterali. Quando si arriva a un punto
di non ritorno il danno è irreversibile. Pensiamo a qualche
Venti anni fa con la caduta del muro di Berlino si levò
esempio del passato: la deforestazione di Italia e Spagna
la speranza che il mondo avrebbe superato il confronto
duemila anni or sono, il fallimento agricolo dei Vichinghi
bipolare e la rivalità tra imperi per orientarsi verso un
in Groenlandia, il declino della cultura
sistema di governance globale multiMaya mille anni fa nello Yucatan. Ma
I tempi dei processi
laterale. Questo avrebbe consentito di
si trattava di disastri regionali che in
chimici,
fisici
e
biologici
opporre ai problemi del mondo soluqualche misura era possibile compenzioni coordinate, tali che tutti potessero
non
sono
quelli
delle
sare. Oggi invece per la prima volta
vivere insieme nella pace e nella coonella sua storia l’uomo provoca disastri decisioni politiche, delle
perazione. Si trattava di andare oltre le
politiche di potere, della
irreversibili di dimensioni planetarie.
Nei prossimi due decenni si deciderà
diplomazia e dei negoziati logiche competitive degli stati-nazione
sostituendole con una politica capace
dove andiamo: è una congiuntura
multilaterali
di coniugare gli interessi nazionali con
storica straordinaria.
quelli globali.
La finanza globale degli ultimi quarant’anni e le sue conseguenze fino all’attuale manifesta
crisi economica sono un caso di studio perfetto: dalla
loro analisi è necessario trovare proposte per cambiare la
1.1. La globalizzazione finanziaria, avampopolitica di sistema e la governance a tutti i livelli.
La crisi economico-finanziaria ne ha messi bene in chiaro
1
Hobsbawm, Eric (1994): Il Secolo breve, 1914-1991: l’era dei
grandi cataclismi, Rizzoli Milano, trad. di Brunello Lotti
6
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
sto della globalizzazione neoliberista
L’odierna globalizzazione nasce nel 1972 con l’abbandono dei tassi di cambio fissi e la conseguente deregolamentazione dei mercati finanziari, che diventò a sua
volta il motore della globalizzazione dei commerci e della
produzione. Facevano da cornice al
cambiamento le politiche neoclassiche
della concorrenza e del mercato e il
monetarismo nella finanza pubblica.
Secondo la teoria neoclassica il settore
pubblico dovrebbe ridurre la sua quota
di attività economiche consentendo
alle aziende private di decidere liberamente sui luoghi degli investimenti e
sulla fornitura di beni e servizi. Sempre secondo la teoria
le decisioni di più privati produrrebbero un effetto sociale
ottimale per tutti.
Nei fatti il tradizionale rapporto tra economia reale e sistema finanziario, in cui il secondo era al servizio della prima,
si è ribaltato. La logica e le dinamiche della speculazione
finanziaria hanno dominato sull’economia segnando un
nuovo passo dello sviluppo capitalistico, oramai guidato e
spinto dalla finanza. L’economista John Maynard Keynes
la chiamò “casino” economy, economia “del casinò”,
altri parlano di finanziarizzazione e altri ancora di capitalismo finanziario. In ogni caso è emersa un’economia di
tipo nuovo.
COP 15 UN climate Forum - Manifestazione
Copenhagen, Dicembre 2009
Foto di Carlo Dojmi di Delupis
un ventennio è nato un nuovo dibattito sul fallimento del
modello, sui rapidi cambiamenti degli ultimi anni nella
mappa geoeconomica e geopolitica e su come uscire
da una economia mondiale fortemente finanziarizzata.
La questione dei nuovi modelli di governance a livello
nazionale, regionale e globale è la prima in ordine di
importanza accanto alla ricerca di nuove politiche economiche e finanziarie. Non è ancora la fine del neoliberismo
o del monetarismo ma si è spezzata la loro egemonia
discorsiva. Si profila una fase di passaggio, alcuni presupposti saranno messi senz’altro in discussione e ci sarà un
cambiamento. Ma resta da chiarire in quale direzione.
L’intero processo è stato portato avanti dai rapporti di potere. 2 Al crescere della povertà cresceva la polarizzazione
sociale, il benessere si redistribuiva dal basso verso l’alto:
i ricchi diventavano sempre più ricchi, i poveri sempre più
poveri. E oggi anche ampi strati della classe media vivono
sotto la minaccia del degrado sociale mentre i vincitori
sono soprattutto la finanza e le multinazionali.
La democrazia rappresentativa è stata compromessa,
all’internazionalizzazione dell’economia non ha corrisposto l’internazionalizzazione delle prassi democratiche.
Non c’è uno stato internazionale o globale con organismi
democratici idonei. C’è invece una asimmetria tra aziende
che operano a livello transnazionale e una democrazia
limitata allo stato nazione.
Nel 2008 il “nuovo mondo” del capitalismo finanziario è
crollato sulle crisi già in atto. Per la prima volta dopo oltre
2
vedi Brand, Ulrich et al. (2000): Global Governance. Alternative zur neoliberalen Globalisierung? [La governance globale: un’alternativa alla globalizzazione neoliberista?] Münster.
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
7
2. Una governance globale per disciplinare
la globalizzazione economica?
La proposta di ‘governance globale’
affronta alcuni problemi della globalizzazione economica contemporanea e mira
a sviluppare delle alternative.
L’idea è che decisioni e obiettivi debbano essere discussi
sul piano politico ma anche su quello etico e che lo stato
vi abbia certamente un ruolo ma non possa risolvere da
solo i problemi globali. Pertanto i privati e la società civile
sono chiamati sempre più a prendere parte attiva nelle
scelte politiche internazionali. 3 E ciò contrasta col fondamentalismo di un mercato che si autocelebra come la
forma ottimale per regolare le interazioni sociali.
Una governance globale deve affrontare anche la questione dei diversi livelli, deve cioè collegare e coordinare ai
vari livelli: locale, regionale e globale le decisioni politiche
e la capacità di risoluzione dei problemi. Il mercato non
può chiarire o risolvere adeguatamente i problemi globali.
“È necessario realizzare una nuova cornice istituzionale
(questa volta globale) dell’economia di mercato mondiale
previa sottomissione delle economie di mercato nazionali
al dettato della legge e allo stato sociale.” 4
Fin dagli anni Settanta alcuni importanti rapporti internazionali, uno per tutti l’Independent Commission on
International Development Issues noto come Rapporto
Brandt, chiedevano una riflessione globale, una pace globale, uno sviluppo e una politica economica responsabili.
5
Il Rapporto Brundtland, che era servito da modello al
Summit della Terra di Rio nel 1992, diffuse l’idea dello svi-
3
Naturalmente i governi, i privati e la società civile non sono
‘alla pari’. Le multinazionali per esempio hanno un enorme potere
economico che consente loro di ricattare interi paesi o intere regioni.
Di contro il potere della società civile è un potere più “sensibile”, fatto
di prestigio e di integrità morale. Inoltre la presenza di esponenti della
società civile può essere ambigua o persino negativa quando funga da
schermo tra il pubblico e gli scarsi risultati dei processi che avvengono
alle sue spalle. Spesso le ONG sono semplici risorse aggiuntive che aiutano i governi consolidando la propria capacità di risolvere problemi;
4
Nuscheler, Franz (1998): Warum brauchen wir Entwicklungstheorien? [A che servono le teorie dello sviluppo?] In: E+Z Entwicklung
und Zusammenarbeit. Vol. 39, n. 11.
5
North-South: A Program for Survival [Nord-Sud: un programma per la sopravvivenza], 1980; dal nome dall’ex-cancelliere della
Germania occidentale Willy Brandt.
8
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
luppo sostenibile 6. La Commission on Global Governance
indicava per sommi capi il modo di risolvere i problemi
globali in un documento del 1995 intitolato Our Global
Neighbourhood. Si suggeriva di utilizzare la cooperazione internazionale per risolvere i problemi generati dalla
globalizzazione economica. L’approccio comune insisteva sugli aspetti etici e politici degli obiettivi sociali e la
regolamentazione statale dell’economia e si opponeva al
fondamentalismo del mercato, cioè all’idea che il mercato
sia la forma ottimale per regolare le interazioni sociali.
2.1 Il deficit democratico della governance
globale
Di fronte alle molteplici drammatiche crisi e all’urgenza già
descritte si sarebbe tentati di dire che la priorità assoluta spetti
a una risoluzione efficace dei problemi e che tutto il resto,
democrazia compresa, non abbia poi tanta importanza. Crediamo che ciò sia falso. La democrazia non è solo un valore in
sé: in un mondo pluralistico è anche un prerequisito dell’efficienza. Solo attraverso il consenso democratico si possono
risolvere i problemi internazionali. Senza consenso scoppiano
le guerre e i conflitti e diventa ancora più difficile affrontare le
sfide impegnative di oggi. Perciò si insiste molto sulla democrazia.
Lo stato-nazione con i suoi organismi e le sue prassi democratiche ha raggiunto nelle capacità decisionali un livello senza
precedenti. Ma per ora è impossibile trasferire lo stesso livello
di democrazia al sistema internazionale.
L’Unione Europea, il progetto di integrazione sopranazionale
più importante del nostro tempo, è un esempio eloquente
dei problemi che sorgono quando gli stati nazionali tentano
di integrarsi in una entità superiore. L’Ue soffre di un notevole deficit di democrazia. In un pronunciamento del giugno
2009 sul Trattato di Lisbona la Corte Costituzionale della
Germania federale ha stabilito che al momento l’Ue non ha
i requisiti di un’alleanza democratica. Secondo la sentenza il
Parlamento europeo “non viene eletto su basi egualitarie”,
non ha l’autorità per prendere “decisioni politiche sostanziali”
e non rappresenta alcun “popolo europeo sovrano.” Mentre
un europarlamentare tedesco, a un capo della scala, rappresenta 833.000 votanti, quello del Lussemburgo, all’estremo
6
Our Common Future [Il nostro futuro comune], 1987; dal
nome del primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland.
opposto, ne rappresenta solo 66.667 7. La disuguaglianza nel
suffragio compromette il principio fondante della moderna
democrazia: “una persona, un voto”.
Un altro deficit significativo è l’assenza della divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario formulata per la prima
volta da Montesquieu, la regola aurea di ogni moderna democrazia. Il Parlamento europeo è privo di un diritto fondamentale per qualsiasi parlamento democratico: una legislazione.
La Commissione europea, unitamente al Consiglio, ha solo il
diritto di iniziativa nel processo legislativo e contemporaneamente è l’organo esecutivo dell’Ue. Con il Trattato di Lisbona i
diritti del Parlamento europeo si sono leggermente estesi ma il
deficit primario sussiste.
le.” Nella sua osservazione il Premio Nobel Joseph Stiglitz 8
sottolinea che la nazione è tutt’ora la cornice dominante
dell’integrazione sociale. Va da sé che i grandi stati-nazione come gli Usa e la Cina detengono ancora un potere di
forgiare la storia superiore a quello di ogni altro soggetto
della scena mondiale.
La crisi economico-finanziaria ha messo in luce l’importanza dello stato-nazione. Nella globalizzazione le economie si affrancano dal suo quadro legislativo. Come riporta
il capitolo 1 il controllo e le capacità degli stati di risolvere
i problemi si sono indeboliti ma a tutt’oggi non esiste una
valida alternativa. Fiaccato dalla globalità lo stato-nazione
è ancora il soggetto più importante di regolamentazione
della politica. Il crollo finanziario ha delegittimato quanti
credevano che il mercato fosse in ogni circostanza il sistema ottimale per regolare l’economia e la società 9.
In conseguenza del vuoto di democrazia c’è maggiore spazio
per una influenza informale da parte di vari gruppi di interesse. L’esempio più evidente è il settore privato, che grazie
al denaro conserva il suo apparato di
potere lobbistico influenzando i gover- Il deficit democratico dell’Ue
D’altro canto le istituzioni gloni e le istituzioni dell’Ue più facilmente deriva dagli squilibri di fondo del
bali si sono mostrate incapaci di
della società civile o di chiunque altro.
processo di integrazione, nel quale azioni decisive. Furono gli statiIl deficit democratico dell’Ue deriva
si assegna la massima priorità alla nazione con i loro programmi di
dagli squilibri di fondo del processo di
costituzione di un mercato comune soccorso e di incentivi economici
integrazione, nel quale si assegna la
e in alcuni casi con la nazionamassima priorità alla costituzione di un
lizzazione e gli espropri a evitare
mercato comune al di là delle istanze
il totale collasso del sistema
sociopolitiche. Mentre la liberalizzazione, la deregolamentafinanziario. Fino a oggi i governi più ricchi hanno speso
zione e la privatizzazione sono state spinte con forza a favore
oltre 18 trilioni di dollari per salvare o garantire i propri
degli interessi capitalistici, altri aspetti quali la democrazia e
istituti finanziari privati. 10 In confronto le organizzazioni
le questioni sociali sono rimasti drammaticamente in coda.
multilaterali sono tigri di carta: persino l’FMI e la Banca
Tra gli esempi di rilievo della svolta neoliberista del progetto
Mondiale sarebbero impotenti senza il sostegno degli Usa
europeo emergono il cosiddetto Patto di stabilità e crescita, le
e in minor misura degli altri paesi ricchi industrializzati.
politiche della Banca centrale europea e l’affermazione di altri
principi neoliberisti quali la competizione e il libero scambio
Eppure la gestione della crisi da parte degli stati-nazione
come previsto dal Trattato di Lisbona (vedi anche capitolo 5).
ha fatto gli interessi del settore finanziario, ha mancato
A parte l’Ue lo squilibrio è ancora più marcato a livello mondi trasparenza e avrà effetti negativi di lungo termine sui
diale, dove a fronte di un potere economico globalizzato la
governance democratica si riduce alla sfera nazionale.
8
2.2 Stato-nazione e governance globale, un
dilemma di fondo
“Una crisi globale postula una reazione globale. Purtroppo le competenze sono ancora limitate al livello naziona-
7
Il fenomeno è chiamato proporzionalità degressiva.
Financial Times Deutschland, aprile 17, 2009
9
Ciò non significa che i mercati andrebbero aboliti. Occorre
invece integrarli nella regolamentazione della politica e affidare servizi
essenziali quali la salute, le pensioni, l’istruzione, le comunicazioni di
massa, la finanza, i trasporti e l’energia a un settore pubblico forte.
10
La somma comprende dei pacchetti di soccorso finanziario tra
cui le obbligazioni accessorie tramite garanzie e iniezioni di liquidità nei
sistemi finanziari dal settembre 2008 al marzo 2009. ‘The world financial and economic crisis and its impact on development’, il Segretario
Generale delle Nazioni Unite [La crisi economico-finanziaria mondiale
e il suo impatto sullo sviluppo], giugno 2009: www.un.org/ga/search/
view_doc.asp?symbol=A/CONF.214/4&Lang=E
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
9
gruppi a minor reddito e a medio reddito. Dando aiuto a
un’industria così poco virtuosa per l’ambiente quale quella automobilistica si è persa un’occasione d’oro per ridisegnare la base tecnologica dello sviluppo. Ma al contrario
di quanto accadde nella Grande Depressione del 1929 i
governi hanno imparato qualcosa e per combattere la crisi
sono tornati a Keynes. Grazie alle politiche fiscali anticicliche sono riusciti a impedire il crollo totale del sistema
finanziario, il che non avvenne nel ‘29.
E l’hanno fatto con gli strumenti dello stato-nazione
misura quel deficit ma non risolverebbero le questioni
proprio perché finora i dispositivi anticrisi esistono solo
fondamentali.
a livello di stato-nazione. Solo i governi nazionali hanno
Una ragione è che gli organismi della società civile e in
il denaro e i mezzi istituzionali, finanziari e legali che
maggior misura le imprese hanno scarsa o nulla legittimiservono. Persino l’FMI e la Banca Mondiale, gli istituti
tà. I manager, i consigli di amministrazione e gli azionisti
multilaterali più potenti, non sono niente senza il sostenon hanno neppure un’ombra di legittimità democratica.
gno degli Usa e in minor misura degli altri grandi paesi
industrializzati. È assai probabile
In quanto soddisfa il fondamentale
che lo stato-nazione rimarrà per
diritto di ogni essere umano all’auSolo i governi nazionali hanno
molto tempo ancora l’unico centro
todeterminazione e all’autogoveril denaro e i mezzi istituzionali,
istituzionale di risposta alle crisi e
no la democrazia è un obiettivo in
finanziari e legali che servono
l’unico a gestire la globalizzaziosé e ha allo stesso tempo un valoper reagire alla crisi
ne. Naturalmente i diversi statire strumentale: serve a risolvere i
nazione hanno capacità diverse
problemi interni di una comunità.
di attuare le politiche interne e di incidere sulle decisioni
Di solito le comunità più ampie soffrono di conflitti di
del sistema internazionale e multilaterale: c’è per esempio
interessi maggiori, le decisioni al loro interno sono più
un’enorme distanza tra il Burkina Faso e gli Usa, tra la
complesse e richiedono molto più impegno che in quelle
Cina e il Bangladesh.
piccole. Perciò in democrazia le dimensioni e la complessità contano parecchio. Ciò che vale per le comunità di
A un primo sguardo il sistema delle Nazioni Unite sembra
individui è ancor più importante nella comunità interovviare alle differenze dando un voto a ciascun paese
nazionale: oltre 190 stati-nazione con tutte le istituzioni
negli organismi multilaterali. L’Onu viene citata spesso
multilaterali e le prassi instaurate negli ultimi cento anni.
come possibile contrappeso ai mercati globali: sembra più
democratica delle istituzioni di Bretton Woods in cui le
2.3 Dimensioni e complessità contano
decisioni le prende il potere economico. Ma al Consiglio
di Sicurezza pochi paesi hanno diritto di voto e la Cina
Spesso richieste ragionevoli vengono respinte perché
con una popolazione di 1,3 miliardi conta formalmenmanca la collaborazione di un membro chiave: gli Usa pote quanto l’Islanda che ne ha 300.000. L’equilibrio dei
trebbero bloccare i limiti massimi sugli incentivi finanziari,
poteri è congelato nelle procedure formali: se gli Usa e
la Francia impedire l’abolizione del protezionismo agricolo
la Cina sono contrari non basta la maggioranza del resto
in Europa e i cinesi pronunciarsi contro una severa regoladel mondo, come dimostra il fallimento dei negoziati di
mentazione dei paradisi fiscali e dei centri offshore.
Copenhagen sul clima nel dicembre 2009.
Da qui sorge una domanda: non sarebbe possibile eserciPer contrastare il deficit democratico si è pensato di
tando opportune pressioni ottenere una maggiore coopeinserire rappresentanze della società civile negli organi
razione? Gli Usa ci sono riusciti nel 2009 minacciando la
decisionali, a esempio nell’Assemblea generale dell’Onu, e
Svizzera di sanzioni se le sue banche presenti in territorio
di introdurvi ufficialmente tutte le parti interessate. Simili
americano non avessero usato maggiore trasparenza con
‘modelli di codeterminazione’ ridurrebbero in qualche
gli eventuali evasori. In quel caso ha funzionato. L’altra
10
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
Consiglio di Sicurezza Onu
Foto di Bernd Untiedt,
Gennaio 2005
d’oltremare solo quattro governi lo hanno fatto.
Se ne conclude che dimensioni e complessità contano
parecchio per la democrazia. Più ampio è l’elettorato
democratico più complessi sono i problemi e diventa
difficile ottenere il consenso senza ricorrere a pressioni o
addirittura alla violenza. Il che dice l’intrinseca difficoltà di
una democrazia globale. Anche nei grandi stati-nazione il
filo che unisce governo e cittadini nei processi decisionali
è diventato estremamente sottile.
faccia della medaglia è che non si trattò di un consenso
tra pari. L’equilibrio dei poteri fu l’elemento decisivo. Gli
Usa in quel caso invocavano una causa legittima: il principio democratico della giustizia fiscale. Ma con il potere
che hanno possono imporre anche interessi di segno
opposto, la storia è ricca di esempi.
La deglobalizzazione selettiva potrebbe essere una soluzione parziale. Il decentramento e la regionalizzazione dei
processi economici e politici migliorerebbero la sussidiarietà consentendo di diagnosticare e risolvere un maggior
numero di problemi a livello regionale e locale. Lecito
obiettare a questo punto che la democrazia abbia più
affinità con le comunità e le aggregazioni di piccola scala:
In linea di principio non c’è contraddizione tra efficienza e
verrebbe più facilmente amministrata. Gli stati-nazione
democrazia, anzi: spesso si rafforzano l’una con l’altra. Le
più popolosi si ritroverebbero in pratica a forzare i suoi
decisioni prese senza sufficiente legittimità e partecipaziolimiti “naturali”.
ne si rivelano inefficaci se gli esclusi non le sostengono.
Con ciò non si vuole fornire pretesto a ideologie quali il
nazionalismo, il patriottismo e altre espressioni dell’idenL’inclusione aumenta l’efficacia ma decidere diventa più
tità collettiva ma solo suggerire che le strutture e gli
complesso: un problema comune a tutti gli organismi ed
interventi sociali devono conservare dimensioni tali da
enti multilaterali, che si tratti di piccoli gruppi informali
non privarci di ogni potere. La promozione e la gestione
come il G8, in cui dietro i fumi della retorica diplomadi beni pubblici globali quali l’equilibrio climatico o la
tica del consenso si celano forti contrasti e rivalità, 11 o
produzione della conoscenza
dell’Onu, che rappresenta 192 statinazione.
Anche nei grandi stati-nazione sono sfide che richiedono azioni
congiunte e coordinate a livello
il filo che unisce governo
internazionale.
A volte gli attuali strumenti multilaterali
e cittadini nei processi
non riescono a trovare soluzioni comuni
decisionali è diventato
Ma anche per l’economia e sosu problemi gravi quali il cambiamento
estremamente sottile
prattutto per la finanza, sempre
climatico, come provano i negoziati
più globalizzata negli ultimi
di Copenhagen. 12 E se si giunge a un
decenni, il ritorno a dimensioni
accordo non è detto che si applichi, 13
più controllabili sarebbe un buon viatico per uscire dalla
come dimostra la storia degli aiuti stranieri: quarant’anni
crisi. E per “deglobalizzare” certi ambiti dell’economia
dopo che ben 70 paesi donatori si erano impegnati a elarmondiale è auspicabile una qualche forma di coordinagire lo 0,7% del PIL sotto forma di assistenza allo sviluppo
mento internazionale e multilaterale. Se ha senso limitare
il libero scambio in alcune aree importanti sia per evitare
il dumping e altre pratiche sleali sia per salvaguardare
11
Si considerino le differenze strategiche tra Russia e USA o la
interessi legittimi quali la garanzia del cibo e la protezione
rivalità nelle politiche commerciali tra Usa e Ue.
dell’ambiente oltre che della salute e della sicurezza dei
12
Così il Canada, la Russia e le zone temperate dell’Europa si
consumatori, le eventuali restrizioni andrebbero negoziate
preparano a migliorare le condizioni dell’agricoltura con idee quali il
e concordate tra tutti i membri. Le misure unilaterali servino rosso di Copenhagen o il frumento della Siberia o l’incremento del
virebbero solo a generare una reazione a catena di guerre
turismo e i minori costi di riscaldamento.
commerciali incontrollabili.
13
‘CONTO ALLA ROVESCIA’ 20 problemi globali, 20 anni per
risolverli, Jean-Francois Rischard 2002, Sperling & Kupfer Editori.
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
11
L’idea di deglobalizzazione selettiva trova un interessante
riscontro in una proposta già avanzata da Keynes. Benché
favorevole alla liberalizzazione globale degli scambi egli
suggeriva che la finanza rimanesse sotto il controllo nazionale. Secondo lui “il controllo dei movimenti di capitali
verso l’interno e verso l’esterno” avrebbe dovuto essere
“una caratteristica permanente del sistema postbellico” 14.
Keynes proponeva un “meccanismo di controllo degli
scambi per tutte le transazioni” pur ammettendo “una
generica licenza aperta per ogni rimessa relativa allo
scambio in corso.” 15 Riservava allo stato-nazione e alla
sua banca centrale “il controllo assoluto sulle transazioni di capitali dei residenti sia verso l’esterno sia verso
l’interno… e la facoltà di chiedere la collaborazione delle
banche di altri membri per impedire i movimenti non
autorizzati.” 16
In realtà i rischi della finanza globalizzata non sono
controllabili. La crisi attuale dimostra che non è possibile
cavalcare la tigre. Keynes riserva allo stato nazionale e alla
sua banca centrale “il controllo assoluto sulle transazioni
di capitali dei propri residenti sia verso l’esterno sia verso
l’interno …” e la facoltà di “chiedere la collaborazione
delle banche di altri membri per impedire i movimento
non autorizzati.” 17
Potrebbero esserci inoltre altri settori per i quali converrebbe adottare la strategia della deglobalizzazione selettiva. È giunta l’ora di mettere questi temi in agenda.
14
Keynes, John Maynard (1942): PROPOSAL FOR AN INTERNATIONAL CLEARING UNION [PROPOSTA PER UNA STANZA DI COMPENSAZIONE INTERNAZIONALE]. , p. 9
15
Keynes, John Maynard (1941): Proposals for an International
Currency Union [Proposta per una unione valutaria internazionale ]
(Second Draft, November 18,1) London. Appendix C.
16
ibid.
17
Keynes, John Maynard (1941): Proposals for an International Currency Union [Proposta di una unione valutaria internazionale ]
(Second Draft, November 18,1941) London. Appendix C.
12
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
3. Una governance economica
globale realmente esistente
Per quasi tutta la storia dell’uomo la
sfera internazionale è stata un luogo
privo di leggi e di regole. L’unica legge
era la legge del più forte: la violenza. Gli
eserciti e le guerre dominavano i rapporti
internazionali.
Nel diciassettesimo secolo dopo la Guerra dei trent’anni
emersero i primi germi di legge internazionale ma rimasero vaghi, non erano applicabili e non c’era alcun istituto
che potesse proteggerli. La prima Convenzione di Ginevra
del 1864 creò un dispositivo a favore dell’applicazione: la
ratifica nazionale delle regole internazionali. Ma continuava a mancare uno strumento sopranazionale. La Società
delle Nazioni, fondata nel 1920, era il tentativo di creare
un’istituzione multilaterale volto al mantenimento della
pace. Che si infranse già nell’imminenza della seconda
guerra mondiale.
Nel 1944 la Società delle Nazioni venne sostituita
dall’Onu, che conteneva elementi più efficaci di imposizione, compreso l’uso della forza militare, a condizione
che il Consiglio di Sicurezza decidesse all’unanimità.
Sotto gli effetti della Grande Depressione del 1929 si
delineò un nuovo scenario di cooperazione internazionale: l’economia. Il sistema di Bretton Woods fu istituito
nel 1944 insieme con l’FMI e la Banca Mondiale per
regolamentare i rapporti finanziari internazionali. Si pensò
anche a un istituto per gli scambi commerciali e il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC)
sarebbe dovuto diventare uno strumento efficace per la
soluzione delle questioni economiche e sociali internazionali. La guerra fredda impedì all’Onu di esprimere al
meglio le sue possibilità. Anche se oggi esistono decine
di agenzie internazionali speciali impegnate in questioni
tecniche, definizione di norme ecc. per lo più sotto l’egida
dell’Onu, in fatto di economia e sicurezza l’Onu è costretta a un ruolo marginale sia dalle tradizionali politiche delle
grandi potenze sia dagli organismi multilaterali concorrenti, sempre supportati dalle grandi potenze: le istituzioni
di Bretton Woods, le loro affiliate ‘tematiche’ e regionali
e la OMC. L’ECOSOC è irrilevante e altri istituti dell’Onu
come l’UNCTAD, l’ILO e la FAO hanno un’influenza assai
limitata.
Summit G-8 a L’Aquila, Italia, 8 luglio, 2009
(Official White House Foto di Pete Souza)
3.1. I “G-club”, nuovo fenomeno della governance globale
Negli anni Settanta del secolo scorso emergeva un nuovo
fenomeno di governance: i raggruppamenti e le istituzioni
informali. E così nel 1964 settantasette paesi sviluppati
si riunirono nel G77 (oggi conta 130 membri) per rappresentare meglio i loro interessi in seno all’Onu. Molti
altri gruppi (G24, G4 ecc.) si costituiscono ogni tanto su
progetti specifici e ogni tanto in modo permanente con
diversi livelli di cooperazione più o meno blanda. Nella
gran parte dei casi operano all’interno di istituzioni formali come l’Onu o l’OMC. Solo due di essi, il Gruppo dei
7 (G7, poi G8) e di recente il G20, hanno assunto un’importanza globale. Al contrario delle istituzioni dell’Onu o
di Bretton Woods e dell’OMC tali organismi non hanno
uno status legale né una legittimità formale internazionale. Non hanno regole formali né struttura formale né
direzione fissa né procedure decisionali (a parte un vago
consenso) né funzione esecutiva né una sede. L’adesione
avviene, come nei club, per autoselezione: successivamente altri possono essere invitati dai vecchi soci a farne
parte in modo temporaneo o permanente, è successo
con l’Unione Sovietica di Gorbaèëv (e poi con la Russia)
nel G7 e nel G8, ma non esiste una procedura formale di
accesso.
In conseguenza di tale opacità l’impatto possibile o effettivo di queste istituzioni informali rimane controverso. Da
un lato sono considerate una specie di governo globale
o di polit-bureau che decide i destini del mondo e dall’altro sono viste come un esercizio di pubbliche relazioni,
uno spettacolo della politica senza alcuna vera incidenza.
Naturalmente la realtà è più complessa. Il G8 e il G20 un
impatto ce l’hanno. In primo luogo servono ai membri
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
13
come spazio di comunicazione, discussione e collaudo
delle posizioni sui possibili conflitti e sul possibile consenso. Fungono da moderatori in un continuo processo di
definizione delle posizioni e delle strategie. Costituiscono
un elemento di pressione morbida su uno o più membri. Capita inoltre che aiutino a preparare le decisioni o
in organismi multilaterali o in modo simultaneo a livello
nazionale.
meno dipende sempre dall’equilibrio dei poteri tra i grandi stati-nazione. Data la sua varia composizione e dato
il potere crescente di economie emergenti quali Cina,
India e Brasile il G20 avrà più difficoltà ad adottare nuove
politiche.
Ma un altro serio problema del G8 e del G20 è l’ulteriore
marginalizzazione dell’Onu.
3.2 Il G8 nella transizione
Come effetto collaterale un organismo informale del
genere può influenzare l’opinione pubblica attraverso
In passato il G8 era il canale prioritario della governance
l’enorme copertura mediatica dei summit. Così negli anni
economica internazionale. I suoi otto membri: Canada,
Ottanta e Novanta il G7 ha contribuito considerevolmente
Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito
all’egemonia, cioè al dominio attraverso il consenso, del
e Stati uniti, rappresentano il 14 per cento della popolamodello neoliberista. Capita inoltre che quegli apparati
zione mondiale e il 60 per cento del PIL mondiale.
abbiano un impatto notevole su importanti settori della
In generale le decisioni che prende assumono la forma di
politica. A esempio negli anni ’90
larghe intese espresse in comuniil G7 fornì le linee guida per la
Negli anni ’90 il G7 fornì le linee cati. La sua importanza intorno alle
gestione del debito dei paesi in
guida per la gestione del debito questioni economiche e finanziarie
via di sviluppo implementate dal
si è molto ridotta con l’affermaziodei paesi in via di sviluppo
Club di Parigi, dall’FMI, dalla Banca
ne del G20. La riunione dei capi del
Mondiale e dalle banche multilateG8 all’Aquila nel 2009 si è limitata
rali di sviluppo. Sono state politiche ‘dure’, ferree e molto
a riformulare gran parte delle decisioni già prese dal G20.
efficaci, anche se solo dal punto di vista dei creditori.
E la dichiarazione di Pittsburgh del G20 era eloquente:
“Abbiamo designato il G20 primo forum della nostra
Un esito possibile solo perché c’erano interessi convergencooperazione economica internazionale.”
ti e un consenso tra i membri: se gli interessi confliggono
All’Aquila è emersa una divisione di competenze tra i due
e il consenso non si raggiunge il G7 o il G8 sono impoforum, anche se non chiaramente definita: al G20 spettenti. E anche se si raggiunge il consenso i loro pronunciatano le questioni economiche e finanziarie e al G8 il coordinamento della sicurezza e delle decisioni geopolitiche
menti sono meri consigli: i singoli Stati membri possono
occidentali. All’interno dello stesso G8 ci sono opinioni
formularli a loro capriccio. Ecco perché il G8 e il G20 sono
diverse su una sua definitiva chiusura negli anni a venire.
lontani dall’essere un governo globale. In termini reali non
Si prevede una decisione importante per il 2011, quando
impongono niente.
sia il G8 sia il G20 saranno presieduti dalla Francia.
Durante la guerra fredda ci fu all’interno del G7 una forte
pressione verso la conformità sostenuta ovviamente dalla
posizione di dominio degli Usa nel loro ruolo di superpo3.3. Il G20: nuovo ragno nella tela della gotenza. Con la fine della guerra fredda il fattore unificante
vernance economica globale
del nemico comune si dissolse e il potere degli Usa si avviò verso un relativo declino. Inoltre la Russia aderì al club.
Oggi il G20 è il più importante gruppo informale della goCrebbe l’eterogeneità, crebbero le contraddizioni interne
vernance globale. All’inizio l’appartenenza al G20 veniva
e il G8 fu meno capace di prendere decisioni di impatto
decisa dal G8. Oltre ai membri del G8 il G20 comprende
concreto.
alcuni grandi mercati emergenti: Cina, Brasile, Russia,
India ma anche Australia, Indonesia 18, Messico, Sudafrica,
Quanto al G20 diversità e eterogeneità sono maggiori che
Turchia, Corea del sud e Arabia saudita. L’Ue è rappresenin altri organismi. Il G20 è un elemento importante della
tata dall’attuale presidenza. Sono inoltre presenti l’FMI,
governance globale ma la sua capacità di reale incidenza
non va sopravvalutata. I suoi limiti stanno negli interessi
nazionali dei membri. Se quei limiti si possano spostare o
18 L’Indonesia è il più grande paese islamico: un elemento chiave
di rappresentanza culturale
14
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
Un riepilogo del G20
Popolazione
nel 2008
(Ml)1
PIL assoluto nominale nel
2008 (mld.
di dollari
USA)1
PIL procapite
2008 (dollari USA)1
Paese
Fatturato scambi
con l’estero
2008(s) (mld. dollari USA)2
Spesa militare 20073
Povertà relativa
Esportazioni
Importazioni
cifre assolute
% sul
costanti (2005) PIL
mil. di dollari
USA
60% del
reddito
medio
(metà anni
2000)4
Quota di
popolazione sotto
la soglia
di povertà
(20002007)5
Arabia Saudita
25.5
487.4
19137.1
352,8
188,8
33,320
9,3
-
-
Argentina
39,9
291,4
7307,6
80,9
69,4
1,738
0,8
-
-
Australia
20,9
978,8
46832.8
234,1
235,3
14,896
1,9
20,3
-
Brasile
193.9
1615.1
8328.0
194,1
189,8
14,737
1,5
-
21,5
Canada
33.1
1513.6
45791.1
553,0
539,2
14,817
1,2
19,0
-
1336.9
3710.6
2775.5
1661,0
1406,3
57,861
2,0
-
2,8
48.4
924.0
19088.9
434,5
440,4
22,119
2,6
20,8
-
61.8
2844.7
46004.6
745,9
834,0
53,403
2,3
14,1
-
Cina
Corea del Sud
d
Francia
Germania
82.4
3682.2
44674.9
1739,9
1553,1
37,233
1,3
17,2
-
Giappone
127.8
4965.5
38851.0
865,7
842,1
43,460
0,9
20,8
-
Gran Bretagna
60.8
2611.8
42988.3
775,2
895,3
55,746
2,4
15,5
-
India
1183.2
1233.0
1042.1
303,6
396,7
23,535
2,5
-
28,6
Indonesia
234.3
477.8
2039.6
175,3
143,5
4,131
1,2
-
16,0
Italia
58.7
2270.4
38699.9
622,3
659,4
32,988
1,8
19,7
-
Messico
108.0
966.1
8941.6
332,2
358,8
3,931
0,4
25,3
-
Russia
141.7
1713.0
12085.6
513,2
356,5
33,821
3,5
-
19,6
Sudafrica
48.6
280.6
5767.7
99,2
107,9
4,027
1,4
-
-
Turchia
75.7
729.9
9637.8
174,0
207,4
11,155
2,1
24,3
27,0
Unione Europea (27)a,b,c
495.1
14852,4
29946
1924,7
2280,8
-
-
16,0
-
USA
308.3
14002.2
45411.3
1866,9
2555,7
524,591
4,0
23,9
-
s=stimato
1 Fonte: Banca Mondiale (http://go.worldbank.org/G5FQ5EQYJ0)
2 Fonte: Banca Mondiale (http://go.worldbank.org/9JRT5ZDDK0 )
3 Fonte: SIPRI (http://milexdata.sipri.org/)
4 Fonte: OCSE (http://stats.oecd.org/index.aspx)
5 Fonte: UNDP, Human Development Indices 2008 (http://hdr.undp.org/en/media/HDI_2008_EN_Tables.pdf)
a Cifre sulla popolazione, PIL assoluto e PIL pro capite dall’OCSE 2007 (http://stats.oecd.org/index.aspx)
b Cifre sulla povertà relativa 2007 da Eurostat (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=de&pcode=tsis
c030)
c Cifre delle esportazioni e delle importazioni per il 2008 da Eurostat (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/refreshTableAction.do?tab=table&plugin=
1&init=1&pcode=tet00018&language=de) calcolate con il tasso di cambio euro/dollaro Usa del 2008 (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?
tab=table&init=1&language=de&pcode=tec00033&plugin=1)
d Cifre delle esportazioni e delle importazioni nel 2007 dall’OCSE (http://stats.oecd.org/index.aspx)
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
15
la Banca Mondiale e il Financial Stability Board. Durante il
sia agganciata alla prestazione;
summit di Londra la Spagna e l’Olanda hanno fatto pressioni per partecipare e ci sono riuscite.
• migliorare i mercati di derivati non regolamentati
I paesi del G20 rappresentano i due terzi della popola(OTC): Tutti i contratti standardizzati di derivati OTC
zione mondiale, l’80 per cento degli scambi commerciali
andrebbero negoziati in borsa o su una piattaforma
mondiali (compresi quelli intraeuropei) e l’85 per cento
di negoziazione elettronica e compensati tramite
del PIL mondiale. Ma nessun paese a basso reddito è coincontroparti centrali al più tardi entro il 2012;
volto né si può pensare che i paesi in via di sviluppo che
vi aderiscono rappresenteranno gli interessi di altri paesi
• dedicarsi alle risoluzioni transfrontaliere e alle istitunon membri. Ad esempio, il solo paese africano membro
zioni finanziarie sistemicamente importanti entro il
è il Sudafrica, che esporta servizi finanziari agli altri paesi
2010 e istituire la vigilanza a livello internazionale.
africani e ha pertanto, rispetto agli altri paesi africani,
interessi molto diversi sulla liberalizzazione della finanza
Inoltre, hanno affidato all’FMI la preparazione di un rape sul controllo dei capitali. Per questo il presidente della
porto in cui si valutasse come il settore finanziario potrebBanca Mondiale Robert Zoellick è arrivato a suggerire
be contribuire ai costi della crisi. Si potrebbe prevedere
l’inserimento nel G20 di un secondo paese africano.
l’imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie
Nondimeno, a dispetto dei suoi limiti, in confronto al G8
(FTT) in tutti gli scambi di prodotti finanziari: azioni, obbliil G20 è un passo avanti di dimensioni storiche. La sua
gazioni, titoli, derivati, valute ecc.
ascesa è un segno che il dominio occidentale sul resto del
mondo durato 500 anni sta volgendo al termine. L’epoca
Tutte queste misure vanno nella direzione giusta anche se
dell’unilateralismo di un’unica superpotenza è finita. Il
riflettono una conoscenza semplicistica delle origini della
mondo si sta trasformando in un
crisi, che sarebbe stata generata
sistema multipolare, anche se gli “Per una soluzione durevole
dall’assunzione di rischi troppo
esiti sono incerti. E il G20 non
grandi e da altri eccessi, mentre il
basterebbe chiudere il casinò”
può essere trattato alla stregua
sistema in sé era sano. In realtà non
(UNCTAD)
del G8. Fermo restando che gli
bastano e non cambieranno nella
accordi dei suoi membri, pubblisostanza le dinamiche dei mercati
cati dopo ogni summit in forma di comunicati congiunti,
finanziari. Occorre un approccio più ampio (vedi capitolo
non sono vincolanti e non possono essere imposti.
6). Citando dall’UNCTAD si potrebbe dire che: “Per una
soluzione durevole basterebbe “chiudere il casinò.” 19
I summit dei G20 di Londra e Pittsburgh nel 2009 hanno
diffuso molte raccomandazioni per la ristrutturazione del
sistema finanziario. In particolare si sono impegnati a:
Circa le conseguenze istituzionali da trarre dalla crisi il
G20 rimane su posizioni moderate o conservatrici. Le sue
• costruire capitale di alta qualità e a mitigare la prociproposte principali prevedono di:
clicità formulando entro il 2010 delle leggi concordate a livello internazionale che migliorino la quantità e
• aumentare le risorse dell’FMI e rinnovarne il mandato
la qualità del capitale bancario e scoraggino un eccessupportando la riforma del sistema di voto, in via di
so di effetto leva. Questo comprenderebbe cuscinetti
attuazione. Si vuole spostare le quote di potere di aldi capitale anti-ciclici, requisiti patrimoniali più elevati
meno il 5% dell’FMI a favore dei mercati emergenti e
per i prodotti a rischio e le attività legate a conti fuori
dei paesi in via di sviluppo: lo spostamento dovrebbe
bilancio;
avvenire dai paesi sovrarappresentati ai paesi sottorappresentati. Per la Banca Mondiale si propone un
• riformare le pratiche di compensazione per sostenere
la stabilità finanziaria allineando la compensazione
19
UNCTAD (2009):The Global Economic Crisis: Systemic Failures
con la creazione di valore di lungo termine invece di
and Multilateral Remedies. [La crisi economica globale: guasti sistemici
assumersi rischi eccessivi, evitando gli incentivi plue rimedi multilaterali.] Report by the UNCTAD Secretariat Task Force on
riennali garantiti ed esigendo che una quota signifiSystemic Issues and Economic Cooperation. [Rapporto dell’UNCTAD Secativa della compensazione variabile venga differita e
cretariat Task Force sui problemi sistemici e la cooperazione economica]
New York/Ginevra
16
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
Una commissione di esperti Onu
propone una riforma fondamentale
aumento minimo del 3% del potere di voto a favore
dei paesi in via di sviluppo e in transizione oltre a un
aumento dell’1,46% nella prima fase delle modifiche;
• riformare il Financial Stability Forum varato nel 1999
in conseguenza della crisi finanziaria nel Sud-est asiatico con il nome di Financial Stability Board e aumentarne gli iscritti per includere i paesi emergenti
• lasciando all’OCSE il mandato di contrastare i para-
disi fiscali anche se dal punto di vista dei paesi in via
di sviluppo è tuttora molto limitato e non è riuscito
a imporre un accordo multilaterale sullo scambio di
informazioni in materia fiscale.
Peraltro l’Organizzazione delle nazioni unite, il forum
internazionale più rappresentativo, è stata fino a oggi
ampiamente esclusa dalle decisioni sulla governance
finanziaria internazionale, anche se la commissione
appositamente costituita e presieduta da Joseph Stiglitz aveva inoltrato alcune proposte interessanti.
3.4. L’FMI: mancata vigilanza sul sistema
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha tra gli altri il
compito di vigilare sul sistema finanziario globale. Le attuali attività dell’FMI si possono suddividere a grandi linee
in quattro settori: (1) prestiti di denaro ai paesi con problemi temporanei di bilancia dei pagamenti; (2) vigilanza
sul sistema monetario e finanziario globale, compresi un
sistema di avvertimenti e il monitoraggio delle politiche
macroeconomiche e di regolamentazione finanziaria dei
vari paesi; (3) assistenza tecnica e (4) l’emissione di una
valuta di riserva internazionale, il diritto speciale di prelievo (Dsp).
Una delle attività centrali dell’FMI è il prestito di denaro ai
paesi con problemi temporanei di bilancia dei pagamenti.
In gran parte dei casi l’FMI associa ai prestiti una condizionalità imponendo ai paesi le scelte di macroeconomia
e altre direttive, talvolta anche tagli forzati del budget e la
liberalizzazione delle finanze.
Negli ultimi venti anni questa condizionalità è stata fortemente segnata dall’ideologia. A partire dal cosiddetto
Washington Consensus l’FMI è stato il (pro)motore delle
riforme neoliberiste, applicate dovunque e ogni volta che
fosse possibile con l’esito di aumentare le disuguaglianze
e spesso di peggiorare la situazione dei paesi poveri.
Una settimana dopo l’incontro del G20 a Londra (aprile
2009) la commissione sulle riforme finanziarie del presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni unite ha
pubblicato una bozza del suo rapporto. Guidata dal premio Nobel Joseph Stiglitz, raccoglieva le opinioni di alcuni
politici e accademici e dei capi di stato di alcuni paesi in
via di sviluppo.
Dalle raccomandazioni emergeva che: “le misure di breve
periodo volte a stabilizzare la situazione devono garantire
la protezione dei poveri del mondo” mentre “le misure di
lungo periodo volte a ridurre le probabilità di un’altra crisi
devono garantire una finanza sostenibile capace di rafforzare la risposta politica dei paesi in via di sviluppo.”
La commissione non mancava di denunciare le responsabilità: “Una politica monetaria sfrenata, leggi inidonee e
controlli negligenti hanno interagito in modo da creare
l’instabilità finanziaria”; c’era stata inoltre “una valutazione insufficiente dei limiti dei mercati.” Il rapporto distingueva tra interventi immediati e altri da mettere in agenda
in vista di una riforma sistemica.
Tra i primi invocava:
- uno stimolo fiscale globale, una nuova struttura
creditizia con dispositivi di governance migliori di quelli
attualmente previsti da istituzioni come l’FMI;
- La fine della condizionalità pro-ciclica e il ritiro o la
riduzione dei limiti imposti alle politiche dei paesi in via di
sviluppo, limiti generati dagli accordi di libero scambio.
Sulla finanza la commissione si pronunciava così: “Una
maggiore trasparenza è senz’altro importante, ma occorre
molto più che migliorare la comprensibilità degli strumenti
finanziari” e raccomandava l’uso di regole e incentivi per
limitare l’eccesso di effetto leva, prevenire l’evasione fiscale e contrastare la corsa al ribasso.
Mentre i consigli sul breve periodo attiravano ogni tanto
l’attenzione, le domande sistemiche andavano al nucleo
dei problemi connessi con la governance economica
globale. La proposta di “un nuovo sistema di riserva”
riecheggiava la richiesta, avanzata da molti paesi nel
2009, di porre fine alla posizione privilegiata del dollaro
Usa come valuta di riserva internazionale.
In relazione ai cambiamenti di lungo termine della regolamentazione finanziaria la commissione indicava sette aree
di riforma e metteva in guardia contro i “meri cambiamenti cosmetici”. In particolare si diceva: “Il fatto che il
comportamento correlato di un gran numero di istituzioni,
ciascuna non determinante da sola ai fini del sistema,
possa portare a una “vulnerabilità sistemica” rende necessario sorvegliarle tutte.” Il che contrastava con i piani
del G20 di regolamentare solo le istituzioni finanziarie
sistemicamente rilevanti. La commissione sosteneva l’idea
di un consiglio economico globale sotto l’egida dell’Onu
che si ponesse al disopra degli stati nazionali vigilando sui
cambiamenti da apportare. In sostanza il consiglio porterebbe una struttura simile al G20 sotto l’ombrello dell’Onu
per renderla più rappresentativa e responsabile di quella
attuale.
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
17
Manifestazione durante i Negoziati ONU
sul clima a Bangkok, 2009
(Foto di Elena Gerebizza, CRBM)
Anche se le crisi di Asia e Argentina degli anni Novanta
avevano messo seriamente in discussione il suo modello
preferito fatto di liberalizzazione della finanza e abbandono dei controlli sui capitali e dei tassi di cambio fissi, l’FMI
è rimasto fedele ai suoi dogmi. Il suo ruolo nella risoluzione delle crisi ha danneggiato le economie dei debitori. In
risposta i paesi in via di sviluppo hanno stipulato accordi
regionali e costituito forme alternative di prevenzione
delle crisi compresa l’autoassicurazione tramite aumenti
delle riserve valutarie. Persino nella crisi attuale in cui
l’FMI decantava le politiche anti-cicliche dei paesi ricchi la
gran parte dei paesi si trova a dover affrontare condizioni
avverse che spesso comportano tagli di bilancio e altre
misure procicliche 20.
Oltre a concedere prestiti l’FMI aveva il mandato di vigilare sul sistema finanziario e monetario globale gestendo
un dispositivo di avvertimento che anticipava le crisi e riesaminava i regimi regolativi dei vari paesi. Ma non è riuscilungo per l’ideologia di cui ha imbevuto i suoi prestiti. La
to ad allertarci contro la crisi stessa. Anche se fortemente
Banca e in modo speciale il suo braccio privato, la Società
necessaria, la capacità di prevedere le crisi e di attuare con
Finanziaria Internazionale (International Finance Corposuccesso un sistema di avvertimento sembra nel migliore
ration, IFC) sono stati strumentali nel promuovere la dedei casi molto limitata. Gli sforzi di definire un sistema del
regolamentazione della finanza e nel trattare con grande
genere sono in atto da decenni ma hanno sempre fallito
riguardo i mercati finanziari aperti. Attraverso la condizioper l’imprevedibilità dei mercati finanziari, tanto fragili e
nalità, l’assistenza tecnica e la ricerca
tanto complessi da piegarsi agli improvla Banca Mondiale ha spinto i paesi ad
visi cambiamenti di comportamento e
Mentre l’FMI decantava le aprire i mercati di capitale, a liberalizdi giudizio dei soggetti coinvolti.
politiche anti-cicliche dei
zare i sistemi bancari e a privatizzare le
paesi
ricchi,
la
gran
parte
banche di proprietà dello Stato e altre
In sintesi il ruolo dell’FMI di garantire
dei
paesi
si
trova
a
dover
istituzioni finanziarie. In Europa orientaun sistema finanziario e monetario
affrontare
condizioni
le, una delle aree più duramente colpite
stabile e ben funzionante è limitato
dalla crisi, la Banca Mondiale ha avuto
avverse
a causa di una governance sbilenca,
un forte coinvolgimento creando condiasimmetrica. I cambiamenti di programzioni di infezione finanziaria e forzando
ma sono stati frustrati dalle sue struttul’apertura
del
sistema
bancario. Questo ha alimentato
re di governance, che il G20 non è riuscito a riformare in
l’attività
speculativa
nel
settore immobiliare portando a
misura significativa.
insostenibili livelli di debito in valuta estera le imprese e le
famiglie di alcuni paesi 21, soprattutto l’Ungheria e gli Stati
3.5 Banca Mondiale: come privatizzare la fidel Baltico. Ma non tutti i problemi di quella regione sono
nanza e poi far prestiti per sistemare le cose
legati direttamente alla crisi finanziaria. Altri paesi fortemente colpiti hanno sofferto per il rallentamento degli
L’attuale crisi finanziaria ha avuto sulle economie dei
scambi commerciali. Tra questi la Slovacchia, la Repubblipaesi in via di sviluppo effetti particolarmente devastanti.
Come l’FMI anche la Banca Mondiale è stata criticata a
20
Documento CEPR, http://www.cepr.net/index.php/publications/reports/imf-supported-macroeconomic-policies-and-the-worldrecession/
18
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
21
“The World Bank, the IFC and the antecedents of the financial crisis [La Banca Mondiale,l’IFC e gli antecedenti della crisi finanziaria
]”, Paulo dos Santos, Bretton Woods Project, 27 novembre 2008, http://
www.brettonwoodsproject.org/art-563119.
ca Ceca e la Polonia, in cui la crisi finanziaria ha avuto un
impatto meno diretto. 22
Mentre la crisi economico-finanziaria travolgeva i paesi in via di sviluppo la Banca Mondiale e altri soggetti
continuavano a insistere sulla necessità di aumentare gli
aiuti e la concessione dei prestiti. La Banca Mondiale ha
ampiamente aumentato i prestiti dai 37 miliardi di dollari
Usa dell’anno fiscale 2008 ai 59 del 2009 concentrando il
maggiore aumento sui paesi a medio reddito.
L’aumento però non è stato bene accolto da tutti. Più
prestiti significano più debito e le Ong e la stessa UNCTAD hanno messo in guardia sulla possibilità che ne
scaturisse una nuova crisi.
La Banca Mondiale è stata criticata anche per l’uso
perdurante di condizionalità in aree sensibili della politica
economica, il che compromette le politiche interne dei
paesi in via di sviluppo. La banca soffre di problemi di
governance analoghi a quelli dell’FMI: lo squilibrio di rappresentanza nei consigli di amministrazione, dominati dai
paesi ricchi, e il rifiuto di offrire il seggio della presidenza
a chiunque non sia un rappresentante degli Usa.
3.6 Dietro le quinte – Il Financial Stability
Board
Il Financial Stability Board (FSB) è una evoluzione del
Financial Stability Forum, gruppo informale di esperti
fondato dal G7 in risposta alla crisi asiatica. I suoi obiettivi sono facilitare la discussione e il coordinamento tra
gli enti di regolamentazione e finanziare i ministeri e le
banche centrali delle economie più importanti. Al summit
di Londra il G20 ha deciso di cambiare il nome dell’FSF in
FSB, Financial Stability Board. Compito principale è fornire
consulenze su questioni di finanza mondiale.
Oggi nell’FSB sono rappresentati i membri del G20 più la
Spagna e la Commissione europea. Ci sono anche l’FMI,
la Banca Mondiale, la Banca centrale europea, la Banca dei regolamenti internazionali (Bank of International
Settlements, BIS), l’OCSE e i più importanti organismi
responsabili della definizione dei principi (vedi più avan-
22
“The World Bank, the IFC and the antecedents of the financial crisis [La Banca Mondiale, l’IFC e gli antecedenti della crisi finanziaria]”, Paulo dos Santos, Bretton Woods Project, 27 novembre 2008,
http://www.brettonwoodsproject.org/art-563119.
ti). Il G20 non ha deciso di ampliare solo il numero degli
membri ma anche il mandato dell’FSB: gli si chiede di
consultarsi con le banche e gli altri istituti finanziari sulle
proprie operazioni ma non di discuterle con le organizzazioni della società civile.
Oggi l’FSB è predisposto per lanciare avvertimenti: per
individuare falle e differenze nei regolamenti finanziari
globali; integrare e monitorare la governance e collaborare con i diversi organismi responsabili della definizione dei
principi.
L’FSB non prende decisioni formali e i suoi rapporti non
sono vincolanti, ma ha un grande potere discorsivo influenzando le discussioni grazie al suo lavoro analitico. 23
3.7 Organismi responsabili della definizione
dei principi
Nella regolamentazione del sistema finanziario internazionale riveste un ruolo cruciale una serie di norme e principi facoltativi formulati da organismi pubblici e privati,
preposti appunto alla definizione di principi, e da alcune
istituzioni multilaterali.
Il più importante è di gran lunga il Comitato di Basilea per
la vigilanza bancaria (Basel Committee on Banking Supervision, BCBS), patrocinato dalla Banca per i regolamenti
internazionali (BIS) di Basilea, in Svizzera. La BIS è l’associazione delle banche centrali dei paesi dell’OCSE. Anche
se il BCBS non prende decisioni legalmente vincolanti,
la norma sulle attività bancarie, il cosiddetto accordo di
Basilea, è stata vista come un principio di rilievo. Le banche che non seguono questo principio sono considerate
partner pericolosi e dovranno pagare tassi di interesse
più elevati. Per questa ragione i principi di Basilea sono
largamente rispettati. In diversi paesi i principi sono stati
introdotti nella legislazione. Una nuova versione (Basilea
2) è stata resa vincolante all’interno dell’Unione Europea
nel gennaio 2008.
L’accordo di Basilea riguarda la gestione dei rischi, in
particolare i requisiti patrimoniali delle banche. Men-
23
Schmelzer, Matthias, 2009, Towards a New Bretton Woods?
A Critical Synopsis of Governmental, non Governmental and Private Sector Proposals to Reform the International Financial System, [Verso una
nuova Bretton Woods? Una sintesi critica di proposte governative, non
governative e private per riformare il sistema finanziario internazionale]
http://www.weed-online.org/themen/iwf/2593529.html, p 23.
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
19
tre Basilea 1 prevedeva un requisito generale dell’8%
degli attivi per ciascuna banca, Basilea 2 introduceva un
sistema più flessibile e complesso molto influenzato dalla
filosofia dell’autoregolamentazione. Il problema principale
dell’accordo di Basilea tuttavia è che tratta il rischio solo
a un livello micro mentre il rischio sistemico non viene
considerato. In conseguenza della crisi oggi il Basilea 2 è
in declino e si prevede un Basilea 3 entro il 2010.
L’International Accounting Standards Board (IASB) è un
ente privato costituito da quindici membri. Gli organismi
nazionali privati di definizione dei principi contabili nominano i fiduciari che a loro volta scelgono gli esperti sulla
base delle esperienze e delle competenze con procedura aperta di presentazione delle candidature. Nella sua
qualità di ente privato lo IASB non è responsabile dei suoi
membri esterni e del pubblico in generale.
Data la globalizzazione della finanza i principi contabili
comuni sono importanti sia per la trasparenza sia per la
gestione dei rischi sia per il controllo dei costi. I differenti
sistemi contabili fanno lievitare i costi delle transazioni
negli accordi internazionali.
Il sistema contabile può avere drammatiche implicazioni sistemiche. Ciò diventa ovvio nelle “norme contabili
basate sul valore di mercato”. Le attività finanziarie si
possono valutare rispetto al valore facciale o al valore
di mercato. Per esempio se un’azione della Volkswagen
con valore facciale di 100 euro scende in borsa a 60 euro
alla data di registrazione, come verrà contabilizzata nei
registri la differenza con il valore facciale? Poiché dopo
tre mesi potrebbe risalire a 100 euro o anche più, queste
variazioni potrebbero non venire contabilizzate. Il metodo
basato sul valore di mercato la calcola secondo il valore di
mercato, nel nostro caso 60 euro. Questo metodo gonfia
il bilancio patrimoniale durante i periodi di rapida crescita
e lo contrae nelle recessioni giocando un ruolo prociclico.
Con il crollo i beni patrimoniali di molte banche e altri
soggetti valutati secondo il sistema basato sul valore di
mercato perderebbero tutto il valore e finirebbero in stato
di insolvenza. Con l’immissione di denaro nuovo potrebbero recuperare.
Altri organismi di definizione dei principi sono IOSCO –
l’International Organisation of Securities Commissions, e
la International Association of Insurance Supervisors. Una
riforma generale del sistema di vigilanza metterebbe tutte
queste istituzioni sotto il controllo pubblico e svilupperebbe i principi in modo trasparente, aperto a tutti i soggetti
interessati.
20
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
3.8 L’OMC, uno strumento di liberalizzazione
degli scambi di servizi finanziari
In una prospettiva di governance finanziaria l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) è stata importante
perché i paesi sviluppati hanno fatto pressione per liberalizzare i servizi finanziari in base all’Accordo generale sullo
scambio di servizi, il GATS. In un allegato al GATS relativo
ai servizi finanziari l’OMC promuove la liberalizzazione e
la deregolamentazione del settore finanziario. Nel Doha
Round i paesi industrializzati hanno presentato molte
richieste ai mercati emergenti e ai paesi in via di sviluppo
perché aprissero i propri settori finanziari (vedi Lipke/Vander Stichele 2003 24).
Liberalizzare i servizi finanziari significa aprire i mercati interni dei servizi alle società finanziarie straniere dando loro
la libertà di investire facilitando l’ingresso delle banche
straniere. Ciò può avere diverse conseguenze negative
per i paesi in via di sviluppo: una eccessiva concorrenza in
loco, un minore accesso delle famiglie più povere ai servizi
finanziari fondamentali, gli spostamenti dal credito per le
attività produttive ai crediti per consumo personale e le
pressioni verso la privatizzazione di pensioni e sanità 25.
Inoltre liberalizzando i flussi di capitali si creano nuovi
canali di infezione e si dà libero accesso ai modelli di attività rischiose quali il carry trade e altri tipi di operazioni
speculative che minacciano la stabilità 26.
24
Lipke, Isabel/ Vander Stichele, Myriam (2003): Financial
Services in the WTO: LICENSE TO CASH IN? A Civil-Societal Critique of
the Liberalization of Financial Services in the GATS Negotiations. Berlin.
WEED Working paper [I servizi finanziari dell’OMC: LICENZA DI ‘PROFITTO’? Una critica della società civile contro la liberalizzazione dei servizi
finanziari nei negoziati del GATS.]
25
World Development Movement, Marzo 2009, Taking the
credit: How financial services liberalization fails the poor, [Accesso al
credito: la liberalizzazione dei servizi finanziari volta le spalle ai poveri]
http://wdm.gn.apc.org/sites/default/files/takingthecredit09032009.pdf.
26
Il carry trade sfrutta le differenze tra i tassi di interesse nei
diversi paesi. Con un credito ottenuto in un paese a basso tasso di interesse quale il Giappone, diciamo il 2%, è possibile guadagnare denaro
offrendo lo stesso credito come prestito in Brasile con un tasso del 15%.
Il carry trade è stato un importante fattore di destabilizzazione durante
la crisi.
4. Equilibri che cambiano:
l’ascesa di nuove potenze
La “governance globale realmente
esistente” emerge essenzialmente in due
fasi: il secondo dopoguerra e l’ultimo
decennio del ventesimo secolo. Ciò
accadeva principalmente sotto il dominio
unipolare degli Usa anche se nella
prospettiva della storia quel dominio non
è durato poi molto.
L’indiscusso predominio degli Usa si sta erodendo. È la
conseguenza di un indebolimento degli Usa e dell’emergere di nuove potenze. Il che cambierà l’intero assetto
internazionale aprendo una nuova era. Oggi viviamo già
in un mondo multipolare, nonostante un’architettura
della governance ancora in fieri e le strutture esistenti in
via di consolidamento. Ma resta da vedere in quale misura
la nuova configurazione rifletterà un paradigma multilaterale e più democratico. Non si sa abbastanza su come
compensare gli attuali squilibri di potere, non si sa in che
modo i regionalismi locali e le nuove potenze regionali
incideranno sui nuovi equilibri né quanto la loro istituzionalizzazione influirà sull’intero modello.
4.1. Il declino dell’egemonia Usa
L’indebolimento degli Usa assume aspetti diversi:
• la guerra al terrorismo è stata un fallimento; il ritiro
dall’Iraq è stato già deciso dall’amministrazione
Obama ed è lecito prevedere il ritiro dall’Afghanistan in un prossimo futuro: la potenza militare degli
Usa era stata pianificata per le “grandi guerre” del
ventesimo secolo ma non è in grado di affrontare la
guerra asimmetrica lanciata dalle reti transnazionali di
soggetti ‘non statuali’ quali Al-Qaeda; questo porta a una certa svalutazione della macchina militare
tradizionale;
• la complessità delle questioni legate al riscaldamento
globale e le nuove sfide sulla sicurezza energetica unite alla scarsità delle risorse naturali superano anche le
capacità di una superpotenza come gli Usa;
• il collasso del capitalismo ‘da casinò’ sta accelerando
Lo Skyline del distretto finanziario di
Shangai (Cina)
Istock photos
l’erosione dell’egemonia degli Usa; il loro modello si
è diffuso in tutti i paesi sviluppati; il crollo ha avuto
origine come la Grande Depressione al centro del
sistema;
• gli Usa sono con la Cina al centro dei cosiddetti squi-
libri globali, cioè il deficit nella bilancia dei pagamenti
negli Usa e il surplus corrispondente della Cina, una
delle cause strutturali del crollo;
• come conseguenza di queste distorsioni economi-
che non solo si è messo in discussione il sistema ‘da
casinò’ ma anche i solidi pilastri dell’economia del
dopoguerra; in particolare il dominio del dollaro Usa
come valuta principale registra l’inizio di un declino:
il suo dominio non finirà di colpo, ci vorranno tempi
lunghi, ma il declino è già avviato.
4.2 La Cina, un fenomeno senza precedenti
nella storia
Il declino dell’egemonia Usa è accentuato e accelerato
dall’ascesa di nuove potenze. In primo luogo la Cina, il cui
sviluppo non ha precedenti nella storia. Alla luce della sua
popolazione (1,3 miliardi), del suo enorme territorio, della
sua potenza e delle sue risorse militari (comprese alcune
armi di distruzioni di massa) l’ascesa della Cina è stata
prevista da molto tempo. Ma solo pochi prevedevano
una crescita tanto rapida, dinamica e forte. Ovviamente i
pronostici hanno sottovalutato due elementi:
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
21
• la dinamica di un modello economico molto specifico:
una miscela esclusiva di economia di mercato e pianificazione centrale, il sistema del capitalismo comunista o del comunismo capitalistico: la sua elasticità
(resilience) di fronte alla crisi ha fatto crescere ancora
la statura del paese nel mondo; i tassi di crescita a
due cifre sono diventati un punto fermo per il recupero dell’economia globale: il comunismo cinese salva
l’economia capitalistica mondiale!
• la flessibilità e l’efficienza del sistema politico, questo
modello così speciale di guida autoritaria completamente diverso dal sistema stagnante e inefficiente
dell’Unione Sovietica..
Va ricordato che la Cina è stata uno dei pochi paesi a non
piegarsi al diktat dell’FMI sulla liberalizzazione del conto
capitale, una decisione che ha contribuito a ridurre al
minimo l’impatto sul paese delle diverse crisi finanziarie
scoppiate fin dagli anni Novanta.
Il successo economico cinese ha una risonanza internazionale soprattutto per le altre economie emergenti. L’effetto è amplificato dal contrasto con il fallimento del modello neoliberista. Ma dal punto di vista dell’emancipazione
la fortuna di quel sistema politico contiene un elemento
di profondo disturbo: il suo profilo antidemocratico e
autocratico e la violazione dei diritti umani fondamentali
sono inaccettabili. Ma che accadrebbe se riuscisse a organizzare e guidare la transizione verso un’economia ‘libera
dal carbone’?
4.3. Non solo Cina
La Cina è l’elemento più spettacolare ma non il solo nella
riconfigurazione del sistema internazionale. C’è anche la
rinascita della Russia come grande potenza. Dopo l’implosione dell’Unione Sovietica e le politiche di svendita
dell’era di Yeltsin il paese si sta riprendendo economicamente. Non si muove al ritmo della Cina ma lungo un
analogo percorso. Se si aggiunge l’enorme potenziale
delle sue armi nucleari è probabile che la Russia sarà tra i
quattro o cinque membri di un nuovo sistema mondiale di
equilibrio dei poteri.
La Russia altresì è coinvolta attivamente insieme a Cina,
India e alcuni altri paesi in una nuova alleanza: l’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione. Che potrebbe
trasformarsi in un potere in grado di controbilanciare la
NATO in Asia. Sempre la Russia sta aumentando il suo
peso internazionale attraverso la cooperazione bilaterale
con paesi come il Venezuela e l’Iran. Si possono osservare
analoghi processi in America Latina. Il subcontinente si è
emancipato dal suo stato di ‘cortile’ degli Usa. L’integrazione nazionale si sviluppa con il Brasile come potenza
egemone e il Venezuela nel ruolo di ‘motore’ ideologicamente ispirato. Il Banco del Sur, per ora di piccole dimensioni, è un progetto innovativo di banca per lo sviluppo
regionale esterna alle istituzioni di Bretton Woods.
Di recente anche l’India ha fatto un gran passo in avanti sotto il profilo economico. Il suo tasso di crescita è
impressionante con una media dell’8%. L’India, come
la Cina, ha sempre perseguito un
La democrazia e a livello internazioapproccio prudente in termini di
la
Cina
è
stata
uno
dei
pochi
nale il rispetto per le culture degli altri
liberalizzazione dei conti capitale e
paesi
a
non
piegarsi
al
diktat
paesi sono forse uno svantaggio per
dell’FMI sulla liberalizzazione dei servizi finanziari. Ma negli ultimi
il progresso? O non dovremmo forse
anni ha cambiato tendenza favorenripensare l’idea, la struttura e la prassi del conto capitale
do la costituzione di ‘aree speciali
del multilateralismo per garantirne
per l’esportazione’ per le multinal’efficacia e la vocazione democratizionali.
ca?
A questo punto è legittimo chiedersi quanto l’emergere
di nuove potenze regionali ed eventualmente mondiali
Naturalmente la Cina ha problemi drammatici. Ma un
riprodurrà i vecchi modelli di egemonia sui paesi vicini o
cambiamento improvviso non è auspicabile. Sembrerebse ai confini delle nuove sfere d’influenza si riproporranno
be che il mondo sia condannato ad accettare il sistema
aspri conflitti economici e militari. Forse le proposte e le
cinese così com’è sperando tutt’al più un cambiamento
nuove pratiche regionalistiche (compresa l’istituzione di
graduale che eviti grandi scosse. In ogni caso la crescita
nuovi organismi economici e finanziari) stanno configudella Cina pone molte domande per le quali non ci sono
rando nuovi territori nei quali sperimentare nuovi tipi di
risposte immediate.
multilateralismo?
22
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
In questa luce osserviamo la nascita di una nuova aggre4.4 Nuove iniziative e istituzioni regionali
gazione più formale che raccoglie le maggiori potenze
Il CMI (Chiang Mai Initiative), fondo finanziario regionale
regionali appena citate: è il BRIC, che sta per Brasile, Rusdell’Asia orientale, venne istituito al convegno dei minisia, India, Cina. I capi dei quattro paesi si sono incontrati a
steri delle finanze del Sud-est asiatico più Cina, Giappone
metà giugno del 2009 in Russia a Ekaterinburg in margine
e Corea (ASEAN+3) che ha avuto luogo nel maggio del
al summit annuale dell’Organizzazione di Shanghai per
2000 a Chiang Mai in Tailandia. L’obiettivo del CMI è
la Cooperazione. Nel primo summit ufficiale del BRIC si
definire una rete di accordi di swap bilaterali tra i membri
è discusso di come rafforzare la collaborazione tra i suoi
dell’ASEAN+3 per la fornitura di liquidità ai paesi con pro 27
membri. Nel comunicato conclusivo i capi del BRIC
blemi di bilancia dei pagamenti. Il CMI è una delle conquihanno invocato una riforma delle istituzioni finanziarie
ste tangibili dell’ASEAN+3, che si riunì per la prima volta
internazionali che dia più voce alle economie emergenti e
nel dicembre 1997, poco dopo l’inizio della crisi finanin via di sviluppo e metta in risalto la “forte esigenza di un
ziaria in Asia orientale, per promuovere la cooperazione
sistema monetario internazionale più stabile, più prevedifinanziaria regionale. Il CMI è un simbolo importante dello
bile e più diversificato”. In particolare in materia di regosviluppo della cooperazione finanziaria in
lamentazione finanziaria si è stabilito
quella regione. 28
che una “architettura economica e
Una nuova aggregazione
finanziaria riformata dovrebbe basarsi
sta emergendo, che
Nel maggio 2007 al 10mo convegno dei
tra gli altri sui seguenti principi: demo- raccoglie le maggiori
ministri delle finanze dell’ASEAN+3 il
crazia e trasparenza nelle decisioni e
potenze regionali: è il
CMI ha fatto un altro passo in avanti. Nel
nel processo attuativo delle istituzioni
BRIC, che sta per Brasile, febbraio 2009 l’ASEAN+3 ha costituto
finanziarie internazionali, solide basi
Russia, India, Cina.
un fondo di 120 miliardi di dollari Usa a
legali, compatibilità tra diversi organifronte degli 80 miliardi proposti nel 2008.
smi di definizione dei principi nazionaSi attendeva un accordo definitivo per il
li e internazionali, rafforzamento della gestione dei rischi
maggio
2009,
l’80%
del fondo dovrebbe provenire da
e delle pratiche di vigilanza.”
Cina, Giappone e Corea del sud. Ma resta da discutere
il rapporto tra questa iniziativa e l’FMI e in particolare la
Pur riaffermando il ruolo centrale del G20 nella gestione
questione della sua piena autonomia.
delle crisi economico-finanziarie i capi del BRIC hanno
affermato il proprio “grande impegno verso un sistema
diplomatico multilaterale in cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia protagonista nella gestione delle sfide e dei
pericoli globali” alludendo anche all’esigenza di includere
stabilmente India e Brasile in un Consiglio di Sicurezza riformato (che diventerebbe un nuovo G7 di impronta assai
diversa). Nonostante l’accento su una maggiore collaborazione multilaterale intorno ad alcuni temi essi hanno
perorato anche un programma globale che faccia gli
interesse di altri paesi. Il forum del BRIC perciò è un primo
esempio del tentativo di bilanciare le forze dei diversi
blocchi regionali per ridurre al minimo i futuri conflitti.
L’approccio è stato inquadrato anche come cooperazione
sud-sud a fronte della cooperazione trilaterale nord-nord
(Usa, Ue, Giappone) che è stata alla base del G7.
27
http://eng.kremlin.ru/text/docs/2009/06/217963.shtml
Nonostante l’approccio innovativo verso un autentico
regionalismo in America latina, non è ancora chiara la
portata dell’intervento in termini di promozione dell’integrazione regionale e del suo rapporto con altre iniziative
regionali e subregionali quali l’ALBA, Alleanza Bolivariana
per le Americhe, la definizione di una moneta comune
dell’alleanza, l’Unione politica delle nazioni del Sud America e il MercoSur. Allo stesso tempo andrebbe valutato
il grado di cooperazione tra queste nuove iniziative e gli
istituti finanziari regionali preesistenti: la Banca Interamericana di Sviluppo e il Credito Andino de Fomento: nonostante una maggiore rappresentatività dei paesi indebitati
rispetto alle IFI, sono stati aspramente criticati per voler
imporre un modello di sviluppo di stampo occidentale
senza dare abbastanza voce e reale potere ai beneficiari.
28
http://www.mof.go.jp/english/if/regional_financial_cooperation.htm#CMI
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
23
4.5 Regionalismo e multilateralismo caotico
Si dovrebbe esaminare più a fondo quanto i nuovi
raggruppamenti regionali siano rappresentati presso le
strutture multilaterali preesistenti che oggi stanno cedendo sotto la pressione di un nuovo equilibrio multipolare
dei poteri a livello globale.
L’esperienza dell’Unione europea mostra che l’integrazione della sua rappresentanza nei forum internazionali
è stata piuttosto limitata. Analogamente le strategie e
le azioni congiunte sulle istituzioni (si pensi alla Banca
Mondiale e all’FMI) si possono ritenere più deboli rispetto al potenziale di poteri accumulato dagli Stati membri
dell’Ue.
Guardando alla composizione del G20 e ai paesi di ogni
parte del mondo che vi sono rappresentati è chiaro come
fino a oggi essi non portino nei summit posizioni concordate a livello regionale. Allo stesso tempo nell’ipotesi che
il regionalismo serva a costruire un multilateralismo più efficace e democratico si capisce che l’attuale composizione
del G20 non è poi tanto lontana dall’assetto equilibrato di
un “consiglio per il coordinamento economico globale”,
nuovo organismo proposto dall’Onu e posto sotto il suo
patrocinio. Manca però una rappresentanza proporzionata alla composizione regionale: Commissione europea
e Presidenza dell’Ue sono presenti in qualche misura, le
altre istituzioni politiche regionali invece non lo sono per
niente. Lo stesso vale per un rendiconto sul modo in cui le
principali potenze regionali del G20 agiscono in relazione
ai propri accordi e impegni regionali.
Tutto sommato i cambiamenti negli equilibri di potere
indicano che un’intera epoca sta volgendo al termine.
I 500 anni di dominio economico, politico, militare e
culturale dell’Europa e del suo omologo nordamericano si
approssimano alla fine: che gli piaccia o no, si profila una
profonda cesura di dimensioni storiche.
24
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
5. L’Ue: quale modello per
una governance finanziaria?
L’Unione europea ha un peso particolare
in fatto di governance economica e
finanziaria globale per due ragioni: in
primo luogo è il progetto più avanzato di
integrazione economica, sociale e politica
della storia contemporanea.
Il trasferimento di sovranità e di potere esecutivo dal
livello nazionale al livello sopranazionale è maggiore che
in qualsiasi altra istituzione internazionale, in secondo
luogo l’Ue ha un particolare interesse a promuovere
la governance economica e finanziaria e a influenzare
l’agenda globale orientandola verso un sistema finanziario
favorevole allo sviluppo. E poi possiede i mezzi e le
competenze per farlo.
Ma l’Ue è anche un esempio istruttivo dei problemi, dei
limiti e dei dilemmi di una integrazione sociale che vada al
di là dello stato-nazione.
5.1. Il deficit democratico e la ‘cooptazione della regolamentazione’ sulle politiche
finanziarie
La regolamentazione e la vigilanza sui mercati e i servizi
finanziari sono molto frammentati nell’Ue. Gli Stati membri hanno mantenuto regolamenti e autorità di vigilanza
le cui competenze restano a livello nazionale: parlamenti,
banche centrali o altro. La frammentazione dei regolamenti e della vigilanza contrasta del tutto con l’espansione dei mercati finanziari e dei fornitori di servizi nell’Ue.
Oggi diverse banche presenti in diversi paesi dell’Ue effettuano trasferimenti di capitale transfrontalieri e vendono
servizi finanziari altamente complessi e rischiosi. L’Ue ha
facilitato la liberalizzazione dei fornitori di servizi e dei
mercati finanziari.
La frammentazione non è conseguenza della mancata
volontà di integrazione. Al contrario, la mancanza di
regole veniva sostenuta dalla convinzione neoliberista
della Commissione che i mercati finanziari liberalizzati
siano efficienti e capaci di autoregolarsi. E naturalmente
gli attori principali come per esempio la Gran Bretagna si
opponevano a una regolamentazione europea temendo
che avrebbe ostacolato la loro competitività finanziaria.
Asimmetrie tra integrazione economica e stato
sociale nell’Ue
Uno dei problemi fondamentali dell’integrazione
nell’Ue è il dominio dell’integrazione economica sullo
stato sociale, che genera alcuni squilibri. L’istituzione del mercato comune e del Trattato di Maastricht
nel 1992 hanno rinforzato e accelerato il processo.
L’instaurazione di una moneta comune è stata un passo
ulteriore nell’integrazione economica anche se l’assenza della Gran Bretagna ha avuto notevoli ripercussioni:
Londra è il maggiore mercato finanziario internazionale
del mondo e la sterlina resta una moneta internazionale fondamentale. Mentre esiste un mercato comune
con la libera circolazione dei capitali, delle merci e delle
persone altri parametri socio-economici non si sono trasformati a livello europeo. Manca a esempio un regime
fiscale comune e questo produce arbitrio: le imprese e
i ricchi privati possono scegliersi il paese in cui pagare
le tasse. Con la conseguenza di un aumento della competitività fiscale tra Stati membri e di una corsa verso
il basso che erode il gettito fiscale degli stati-nazione
compromettendo la giustizia fiscale. Poiché le tasse non
sono solo un modo di garantire entrate agli stati ma
anche di governare l’economia attraverso gli incentivi
o i disincentivi, l’assenza di un sistema fiscale europeo
intralcia la regolamentazione politica dei mercati.
Lo stesso squilibrio si trova tra mercati e dimensione sociale dell’economia. I mercati sono integrati e i
sistemi sociali non lo sono. Ne consegue che l’equilibrio
di poteri tra capitale e lavoro si è considerevolmente spostato a favore del capitale soprattutto dopo
la svolta neoliberista europea degli anni Ottanta. Da
allora i trattati europei fino a quello di Lisbona sono
stati fortemente ispirati a quell’ideologia. In particolare
la Commissione Europea è diventata una roccaforte di
estremisti neoliberisti come McCreevy o Bolkestein.
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
25
Per questa ragione l’Ue è stata tenuta ai margini della
gestione della crisi e praticamente non ha giocato alcun
ruolo nel processo di riforma. La Commissione non solo
è stata incapace di prevedere la crisi ma non ha neppure
utilizzato gli strumenti per combatterla. La sua gestione
era interamente nelle mani dei governi nazionali e in qualche misura della Banca centrale europea, almeno nell’area
euro.
La crisi inoltre segna il fallimento della teoria neoclassica,
del monetarismo e dell’ideologia neoliberista. O per dirla
con l’ex ministro delle finanze tedesco Steinbrück: “Nella
crisi siamo tutti con Attac.” Anche se al presente non è
possibile prevederne gli esiti il ripensamento del sistema
economico è avviato e con esso alcuni tentativi scoordinati di emanare direttive sulla regolamentazione e la
vigilanza.
Fuori dall’ambito della regolamentazione e della vigilanza
nazionali l’Ue può giocare un ruolo nella finanza europea
a patto che gli interessi nazionali lo consentano. Per legge
compete alla Commissione liberalizzare i servizi finanziari e renderli più competitivi. La Direzione Generale del
mercato interno e dei servizi (Directorate General Internal
Market and Services, DG Market) guida lo sviluppo della
regolamentazione e della vigilanza dei servizi finanziari
nell’Unione europea. È stato messo in atto nell’Ue un
complesso meccanismo decisionale, il processo Lamfalussy 29 volto a migliorare la cooperazione, la convergenza,
l’armonizzazione o la standardizzazione dei regolamenti e
della vigilanza finanziari.
La finanza può incidere su questo complesso sistema decisionale attraverso un meccanismo lobbistico bene attrezzato e grazie alle ampie consultazioni ufficiali promosse
dal DG Market, dai Comitati Lamfalussy e dal Parlamento
europeo. Altri soggetti quali a esempio i consumatori
hanno molta meno voce in capitolo.
Un rapporto 30 commissionato dal Consiglio e dalla Commissione sul miglioramento dei regolamenti finanziari e
della vigilanza europei in risposta alla crisi è stato elaborato dal gruppo de Larosière 31, un gruppo di esperti molti
29
vedi allegato
30
Comunemente noto come il rapporto De Larosière. vedi:
http://ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/de_larosiere_report_
en.pdf
31
26
Presieduto da Jacques de Larosière, già copresidente dell’or-
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
dei quali hanno avuto forti legami con il settore finanziario. Ciò solleva serie preoccupazioni circa l’indipendenza
e la neutralità delle opinioni e dei consigli con cui Commissione e Consiglio risponderebbero alla crisi 32. Di fatto
molti esperti hanno criticato la timidezza delle raccomandazioni (vedi riquadro qui sotto).
Critiche degli accademici al rapporto de
Larosière:
Il rapporto de Larosière non affronta le principali
linee di errore presenti nella vigilanza dell’Ue e
rivelate dalla crisi del credito;
il rapporto non dà alcuna indicazione su come ovviare all’assenza di una chiara autorità che prenda
decisioni anche sulla vigilanza, il salvataggio o la
liquidazione di singole aziende o che si pronunci
sulla mancanza di efficacia dei collegi delle autorità
di vigilanza (vedi Fortis) già operanti e le cui decisioni non sono per nulla trasparenti;
il rapporto non affronta il rischio che ciascuno di
quei collegi si sviluppi in modo differente dai propri
pari nei controlli di altre aziende transfrontaliere:
tutto ciò comprometterebbe l’efficacia stessa della
vigilanza e il gioco leale tra le stesse istituzioni
maggiori;
le proposte del rapporto sono molto timide rispetto
ai sistemi di garanzia dei depositi: un fondo europeo per finanziare i recuperi è proprio ciò che si
dovrebbe prendere in considerazione per evitare i
problemi generati dallo scarico delle responsabilità;
non riconoscere la competenza alla BCE né coinvolgerla da vicino in una vigilanza prudenziale è un
errore che non andava commesso 1.
1
Vedi: http://www.euractiv.com/29/images/De%20
Larosi%C3%83%C2%A8re%20-%20fine%20recommendations%20fail%20to%20tackle%20main%20issues%20
ganizzazione lobbistica finanziaria Eurofi fino a poco tempo fa consigliere per dieci anni della banca francese BNP Paribas.
32
vedi: „Would you bank on them? Why we shouldn’t trust the
EU’s financial wise men“ [Contereste su di loro? Perché non dovremmo
fidarci dei saggi della finanza Ue?]: http://www.corporateeurope.org/
system/files/files/resource/WouldYouBankOnThem.pdf
Stanti la debolezza generale e la frammentarietà delle
strutture europee di regolamentazione e vigilanza, la
lobby finanziaria incide molto ai diversi livelli decisionali.
Tra le vie privilegiate in cui il settore finanziario esercita
pressioni sui regolamenti ci sono i canali ufficiali di consultazione organizzati dalle istituzioni europee. A causa
della complessità dei temi i funzionari dell’Ue, spesso privi
di esperienza, competenza e conoscenza, chiedono l’aiuto
di ‘esperti’ finanziari. Un recente rapporto sulla società
civile ha mostrato che “gran parte degli ‘esperti’ finanziari
consulenti della Commissione europea rappresentano le
banche e gli investitori responsabili della crisi economica
globale”. Il rapporto aggiunge: “Ci sono oggi 19 gruppi
di esperti che danno consulenze alla Commissione su
questioni finanziarie. Di questi 19 gruppi sette sono costituiti principalmente da rappresentanti degli Stati membri. Degli altri dodici otto sono dominati dall’industria,
uno ha un egual numero di esponenti non governativi e
dell’industria e tre non si possono valutare perché la loro
appartenenza non è palese”. Il rapporto conclude che lo
squilibrio di provenienza degli esperti “mette la Commissione nella condizione di infrangere le sue stesse regole.
Le linee guida della Commissione sull’uso degli esperti
stabilisce che si cerchi una pluralità di opinioni”. 33
La pressione delle imprese è forte anche a livello nazionale: il settore influenza le posizioni degli Stati membri nei
diversi comitati del Consiglio e della Commissione. Per dar
loro più peso presso i governi nazionali la lobby finanziaria si pone come un settore vitale e rivendica di avere
introdotto importanti innovazioni oltre a creare occupazione, reddito e crescita economica. In più alcuni soggetti
della finanza hanno minacciato di lasciare il paese se il governo avesse introdotto norme ritenute troppo onerose.
5.2. Il dibattito emergente sulla governance
finanziaria europea: interessi in competizione all’interno dell’Ue
Tutte le principali istituzioni europee sono a vario titolo
coinvolte nella regolamentazione e nella vigilanza finanziari ma spesso mancano di efficacia e di responsabilità
33
Alter UE. A captive Commission. The role of the financial
industry in shaping EU regulation. [Una Commissione asservita. Il ruolo
della finanza nella formulazione dei regolamenti Ue.] 5 novembre 2009,
vedi: http://www.corporateeurope.org/lobbycracy/content/2009/11/
financial-industry-shapes-eu-regulation
a livello paneuropeo. Il Consiglio “Economia e Finanza” o ECOFIN ha poteri codecisionali con il Parlamento
europeo sulle direttive proposte dalla DG Market relative
ai servizi e ai mercati finanziari.
Il Parlamento europeo (PE) ha il diritto di accettare o
respingere le leggi proposte dalla Commissione ma non
ha il potere di emendarle. Il PE non ha neanche il diritto di
proporre le leggi, che è prerogativa della Commissione.
La Banca centrale europea (BCE) non ha mandato legale per regolamentare o vigilare sulle banche, su altri istituti finanziari o sui mercati della finanza. Parte del mandato
della BCE consiste nel mantenere la stabilità finanziaria
utilizzando le proprie competenze per garantire liquidità
ai mercati dell’Ue. Di fatto la banca, attiva nella crisi fin
dall’agosto 2007, svolge compiti di consulenza per molte
istituzioni e strutture dell’Ue e ha il mandato legale per
fornire informazioni a sostegno di interventi sulla stabilità
finanziaria.
Visti lo scarso coordinamento nell’Ue e l’influenza costante del pensiero anglosassone e degli interessi collegati è
essenziale che si continui a discutere di regolamentazione
e vigilanza con i ministeri nazionali competenti, le autorità
di vigilanza, le banche centrali e le autorità di regolamentazione. Finché permarranno le contraddizioni interne
all’Ue l’idea di politiche comuni incisive di regolamentazione e vigilanza resta di improbabile attuazione.
È altrettanto improbabile che all’interno dell’Ue si verifichino a breve cambiamenti radicali e sistemici. Le ragioni
sono varie: la coesistenza dell’area euro e paesi non euro,
l’enorme peso politico della finanza in Gran Bretagna, le
differenze storicamente radicate di ‘cultura’ finanziaria,
l’opposizione ideologica alla regolamentazione da parte
dei nuovi Stati membri e la crisi generale di integrazione
nell’Unione.
A livello multilaterale anche se l’Ue e i suoi Stati membri
sono bene rappresentati nelle istituzioni finanziarie internazionali, le loro posizioni e i loro interventi restano frammentati e alcuni paesi rimangono fuori. La crisi finanziaria
inoltre ha scatenato in Europa un nuovo dibattito su quali
siano i modelli di governance finanziaria più idonei a prevenire nuove crisi: da qui il dubbio se non sia necessario
affidare all’Ue competenze macrofinanziarie e prudenziali.
Nel settembre 2009 la Commissione europea ha pubbli-
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
27
cato una “Proposta di regolamentazione del Parlamento
europeo e del Consiglio sulla vigilanza macroprudenziale
comunitaria del sistema finanziario e la definizione di
un Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB)” 34.
L’ESRB dovrebbe essere un ente europeo completamente
nuovo responsabile della vigilanza macroprudenziale. Tre i
principali obiettivi:
• mettere a punto una prospettiva
macroprudenziale europea allo
scopo di affrontare il problema della
frammentazione dell’analisi di rischio individuale a livello nazionale;
• rafforzare l’efficacia degli avverti-
prudenziali della stabilità finanziaria. 35 Inoltre la proposta
assegna una notevole indipendenza all’ESRC replicando una caratteristica indesiderabile della BCE: l’assenza
di qualsiasi sostanziale rendiconto e responsabilità. La
Commissione chiede all’ESRC di riferire alle istituzioni e
ai governi europei solo attraverso rapporti annuali al Parlamento e al Consiglio europeo ma non prevede misure
di controllo né sanzioni in caso di errori. Per
Stante il grado di
nessuna ragione tale mancanza andrebbe
estesa dalle politiche monetarie alla stabilità
integrazione dei merfinanziaria, che nella gran parte dei paesi
cati finanziari e deld’Europa è un fattore squisitamente politile banche in Europa,
co e non una semplice questione tecnica.
forse un comitato Ue
Serve perciò una proposta di governance più
preposto a garantire
efficace e democratica.
la stabilità macro-
menti migliorando l’interazione tra
prudenziale potrebbe
La Commissione europea ha lanciato inoltre
analisi microprudenziale e macrol’idea di costituire tre nuove agenzie paneuprudenziale. La solidità delle singole essere utile
ropee con sede a Londra, Parigi e Francoforimprese è stata troppo spesso verifite che vigilino sui servizi finanziari e si occupino rispettivacata in maniera isolata, prestando poca attenzione al
mente di banche, titoli e mercati delle assicurazioni.
grado di interdipendenza interna al sistema finanziario;
Al vertice ECOFIN del dicembre 2009 i ministri finanziari
• fare in modo che le valutazioni del rischio siano trahanno definito complesse procedure di voto e di ricorso
dotte in azione dalle autorità competenti.
per il caso in cui un paese avvertisse o sospettasse che le
nuove autorità stiano oltrepassando il proprio mandato per
L’ESRB non avrebbe alcun potere vincolante di imporre
invadere aree di sovranità nazionale. In particolare la Gran
misure sugli Stati membri o sulle autorità nazionali. È staBretagna si è preoccupata di proteggere il ruolo dominante
to concepito come organismo di alto livello fondato sulla
della City di Londra nei servizi finanziari. 36 Le tre nuove aubuona reputazione che dovrà influenzare gli interventi dei
torità di vigilanza europee non agiranno giorno per giorno
decisori e delle autorità di vigilanza in virtù della propria
sulle singole istituzioni finanziarie, un ruolo che resterà
qualità morale.
agli organi di controllo nazionali, ma avranno il compito di
coordinare questi ultimi, avranno poteri di vigilanza diretta
Stante il grado di integrazione dei mercati finanziari e
sulle agenzie di rating e si impegneranno nella formulaziodelle banche in Europa, forse un comitato Ue preposto
ne di un regolamento comune per tutti gli istituti finanziari
a garantire la stabilità macroprudenziale potrebbe essere
europei. Non potranno prendere decisioni che incidano
utile. Ma le proposte attuali sono incaute perché assegnasui bilanci nazionali o sulla cosiddetta sovranità fiscale e a
no alle banche centrali un ruolo dominante nel gioco del
garanzia di ciò sono stati concordati ulteriori dispositivi di
rischio sistemico. Finora le banche centrali hanno dimotutela. Inoltre si prevedono diversi meccanismi protettivi a
strato di non possedere la conoscenza tecnica, i mezzi, gli
seconda che la situazione sia individuata come crisi oppure
strumenti e la legittimità per dominare gli aspetti macrono e saranno gli Stati membri, invece della Commissione
europea, a decidere se si tratti di crisi.
34
Commissione europea, 25 settembre 2009 “Proposta di una
regolamentazione del Parlamento e del Consiglio europei sulla vigilanza
macroprudenziale del sistema finanziario e istituzione di un comitato europeo per i rischi sistemici (European Systemic Risk Board)”; COM(2009)
499 final -. 2009/0140 (COD)
28
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
35
Financial Times, 28 ottobre 2009, http://blogs.ft.com/
maverecon/2009/10/the-proposed-european-systemic-risk-board-isoverweight-central-bankers/
36
Financial Times, 2 dicembre 2009, http://www.ft.com/cms/
s/0/905b3dce-df66-11de-98ca-00144feab49a.html?nclick_check=1
In senso lato gli Stati membri potranno contestare le
decisioni dell’autorità di vigilanza prima ai ministri delle
finanze europei, che decideranno a semplice maggioranza
se revocare una decisione. Se i ministri si pronunciassero
contro la revoca lo stato potrà ancora sottoporre la questione al Consiglio europeo dei capi di governo che opera
in base al consenso.
Permangono ampie riserve sull’efficacia delle nuove
autorità e su come reagiranno a un carico di lavoro molto
gravoso con risorse alquanto limitate. Non è chiaro neppure in quale misura saranno isolate dalle pressioni dei
gruppi lobbistici privati o dagli interessi nazionali dei pochi
governi europei che contano.
E non è accettabile che la Commissione europea abbia
escluso dall’agenda alcune importanti questioni. Per
esempio non c’è alcun cenno alla necessità di costituire
delle agenzie Ue che proteggano i diritti dei consumatori.
Inoltre le nuove agenzie proposte non prevedono la partecipazione ai processi decisionali dei soggetti non profit
della società civile.
5.3. Alcuni passi importanti verso la regolamentazione e la vigilanza finanziari nell’Ue
La Commissione ha avviato iniziative di regolamentazione
sui seguenti temi 37:
• direttiva sulla regolamentazione degli hedge funds,
• direttiva sulla regolamentazione delle agenzie di
rating (già adottata),
• direttiva sui derivati,
• armonizzazione della vigilanza tra Stati membri, la
cosiddetta “Direttiva su un Comitato per il rischio
sistemico” e
• una “direttiva omnibus” che integri i nuovi regolamenti in quelli già vigenti nell’Ue.
Alla luce della crisi sono state emendate due direttive già
esistenti. In primo luogo la direttiva del 2003 sul risparmio
37
Per ulteriori informazioni vedi: Denis, Gaspard (2009): Finance: l’Europe impose la régulation … avec modération. [Finanza: l’Europa
impone la regolamentazione... con moderazione] Bruxelles. In: ‘Ensemble: pour la solidarité, contre l’exclusion’ [Insieme : per la solidarietà,
contro l’esclusione] http://www.asbl-csce.be/
che mirava a combattere l’evasione fiscale va estesa dai
singoli individui ad alcuni soggetti giuridici. In secondo
luogo l’emendamento alla direttiva sui requisiti patrimoniali attraverso il quale si era attuato nell’Ue l’accordo di
Basilea 2 (2006) estende i requisiti delle banche ai certificati. La certificazione dei crediti, la trasformazione dei debiti in attivo commerciabile (quali i Credit Default Swaps)
è stata una delle cause principali del disastro. Infine nel
settembre 2009 l’Ue ha proposto al G20 di Pittsburgh la
regolamentazione degli incentivi ai manager.
Anche se il cammino legislativo è avviato c’è incertezza sulla direzione, dal momento che nell’Ue il processo
decisionale è molto complesso. La valutazione che segue
pertanto è solo preliminare e si basa sulla situazione alla
fine del 2009.
A un primo sguardo il pacchetto delle iniziative di regolamentazione è di grande effetto e indica una serie di passi
nella giusta direzione. Ma a una analisi più approfondita
appare chiaro che la portata degli interventi è assai limitata.
Esempio tipico dell’approccio della Commissione è la
Direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (AIFM). Comprende gli hedge funds, i fondi privati,
i commodity funds, i fondi immobiliari e i fondi per le
infrastrutture, tutti investitori istituzionali che giocano un
ruolo importante nel sistema finanziario speculativo. Essi
sono l’avanguardia degli speculatori istituzionali ad alto
rischio e usano modelli commerciali ad alto rischio quali
l’effetto leva e la vendita allo scoperto. 38 Si sa dal 1999,
dopo che il crollo del Long Term Capital Management
Fund stava per provocare una crisi di sistema, che questi
fondi rappresentano un rischio elevato per la stabilità.
38
L’effetto leva (leverage) è l’impiego di capitali di terze parti, di
solito crediti a breve termine dalle banche e da altri investitori istituzionali. La vendita allo scoperto (short selling) è la speculazione sulla caduta
dei prezzi delle attività. Naked cioè nudo, ‘allo scoperto’, significa che
all’avvio dell’operazione speculativa lo speculatore non dispone del
capitale necessario per coprire i costi.
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
29
Gli hedge funds sono sempre più coinvolti nello scambio
• i requisiti patrimoniali effettivi sono inferiori al 5%;
speculativo dei commodity futures, che ha contribuito
• i fondi che speculano con le azioni delle piccole e
notevolmente all’improvviso aumento dei prezzi alimenmedie imprese non sono soggetti alla direttiva;
tari nel 2008 provocando la fame in diversi paesi in via
di sviluppo. 39 I Private Equity Funds non solo hanno un
• la vendita allo scoperto non è proibita e va soltanto
modello commerciale speculativo ma fungono anche da
documentata in un rapporto annuale.
nastro trasportatore che sposta il capitalismo azionario
dalla finanza all’economia reale 40 . Perciò questo genere
Nonostante la direttiva sia assai moderata la Gran
di speculatore istituzionale andrebbe
Bretagna ha già elevato una forte protebandito o almeno rigorosamente rego- Gli hedge funds sono
sta accusando la Commissione europea
lamentato. La Commissione si concen- sempre più coinvolti nello di presentare delle proposte ‘ingenue’ 41
tra sulla trasparenza e la formulazione
e la lobby dei fondi si sta mobilitando
scambio speculativo dei
di rapporti, un passo necessario, ma il
contro la direttiva. Si prevede pertanto
commodity futures, che
testo proposto lascia molte scappatoie
che l’iniziativa verrà ulteriormente annacha contribuito notevole i rischi principali non vengono consiquata.
mente all’improvviso auderati. Di conseguenza i fondi possono
mento dei prezzi alimenprocedere con limitazioni minime seQuanto alla direttiva sui requisiti pacondo il proprio modello commerciale: tari nel 2008
trimoniali 42 le proposte sono solo frammentarie e non affrontano le principali
• la prima scappatoia importante è che la direttiva si
critiche fatte contro le norme internazionali di Basilea
applica solo ai gestori dei fondi ma non ai fondi;
2 riguardo alla pro-ciclicalità e l’autoregolazione. Le
attuali proposte non riescono a innalzare sostanzial• i fondi con meno di 100 milioni di euro di attività da
mente, più di quanto prevedano gli accordi di Basilea
gestire non sono regolamentati per niente; i fondi
2, i margini di riserva obbligatori delle banche per il
maggiori possono trarne facilmente vantaggio suddicredito che alimenta la speculazione. La proposta non
videndosi in subfondi più piccoli;
affronta una delle mancanze più gravi di Basilea 2
consentendo alle banche di avere propri meccanismi
• i fondi che non usano l’effetto leva possono gestire
di valutazione dei rischi. Inoltre non si accenna nepfino a 500 milioni di euro senza essere soggetti alla
pure a includere i rischi sociali e ambientali attraverso
direttiva;
ulteriori requisiti patrimoniali o cambiamenti nei meccanismi di classificazione dei rischi che oggi valutano
• i fondi che fanno largo uso dell’effetto leva dovrebbel’instabilità finanziaria.
ro soddisfare speciali requisiti; che cosa si intenda per
Altro piccolo dettaglio: non c’è distinzione tra le
attività bancarie che servono il pubblico interesse e
effetto leva ‘considerevole’ o per ‘speciali requisiti’
quelle che alimentano la speculazione finanziaria, a
deve essere ancora definito;
oggi non esiste una proposta ufficiale di una chiara separazione tra banche commerciali e banche di
• per i fondi che usano l’effetto leva dovrà essere
investimento.
fissato un limite massimo ma nel caso in cui i fondi lo
gestissero in modo dinamico non è chiaro quale sia
questo limite;
39
vedi: Wahl, Peter (2008): Food Speculation - The Main Factor
of the Price Bubble [La speculazione sul cibo: il principale fattore della
bolla dei prezzi] in 2008. WEED-Briefing Paper. Berlino
40
vedi: Wahl, Peter (2008): Superstars in the Emperor’s New
Clothes. Hedge Funds and Private Equity Funds. What is at Stake?
[Superstar nei nuovi vestiti dell’Imperatore. Hedge Funds e fondi privati.
Che cosa bolle in pentola?] WEED-Briefing Paper, Berlino
30
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
41
Financial Times, 22 ottobre 2009. vedi: www.ft.com/cms/s/0/
d3825f24-b96e-11de-abac-00144feab49a.html?nclick_check=1
42
Per un’analisi dettagliata di questa direttiva vedi „An oversight of selected financial reforms on the EU agenda. Towards a progressive European response to the financial crisis“ [Uno sguardo attento
su alcune riforme finanziarie nel programma dell’Ue. Verso una risposta
europea illuminata alla crisi finanziaria] Settembre 2009. disponibile
all’indirizzo: www.cncd.be/spip.php?article806
Mali, 2008
Foto di Caterina Amicucci (CRBM)
limiti e qualche punto debole: di fatto le sue proposte:
• non sono legalmente vincolanti, come nel caso della
direttiva sui derivati, oppure
• sono troppo moderate fin dall’inizio: vedi l’emenda-
•
Per quanto riguarda la regolamentazione dei mercati
dei derivati la finanza è il soggetto che si ascolta per
primo nelle consultazioni della Commissione. Dopo il G20
questa ha ricevuto dal settore finanziario alcune proposte 43 e nel luglio del 2009 ha emesso un comunicato 44
in cui si annuncia l’adozione di misure per rendere i derivati “efficienti, sicuri e solidi” 45. Ma alcuni esperti hanno
obiettato che molti derivati non si possono rendere sicuri
e andrebbero proibiti.
Le proposte della Commissione sono provvisorie e contengono molte puntualizzazioni e riserve. Circa la compensazione tramite controparte centrale la Commissione lascia
intendere che sta considerando “dei modi per rafforzare
ove possibile gli incentivi”: prospetta l’ipotesi che la standardizzazione riguarderà solo alcuni derivati, per esempio
i Credit Default Swaps (CDS), propone di aumentare la
trasparenza costituendo un registro centrale di dati per
tutti i derivati fuori borsa (OTC) e per finire suggerisce
l’uso di mercati pubblici per il commercio di derivati standardizzati riconoscendo che ciò “aumenterebbe la trasparenza e rafforzerebbe la gestione dei rischi” ma mettendo in rilievo i possibili costi legati alla “vasta gamma di
esigenze” del trading e della gestione stessa dei rischi.
In sintesi esistono nell’approccio della Commissione alcuni
43
Lettera ISDA a McCreevy sulla compensazione dei CDS in una
stanza di compensazione europea. 11 marzo 2009.
mento della direttiva sui requisiti patrimoniali e sugli
hedge funds
o ancora
trattano questioni non centrali, di impatto esclusivamente marginale, come la direttiva sulle agenzie di
rating.
5.4 Impatto delle politiche finanziarie
dell’Ue sui paesi in via di sviluppo
La crisi finanziaria originata negli Usa sta facendo registrare gravi conseguenze in Europa e ancor più gravi nei paesi
in via di sviluppo, i quali soffrono tra l’altro per la scarsità
del credito, le minori esportazioni, l’aumento dei prezzi
alimentari, la volatilità e un maggiore rischio di ‘emergenza da debiti’, il debt distress, subendo gli effetti di una
crisi di cui non sono responsabili.
Da un lato i governi europei più importanti hanno promosso una forte liberalizzazione e deregolamentazione
dei mercati finanziari in Europa e nel mondo, convinti
di rafforzare così le politiche economiche e monetarie
europee. Con la crisi le attività bancarie si sono rivolte al
nord privando le economie in via di sviluppo dell’accesso
al credito.
.
D’altro canto l’Unione europea si è impegnata a garantire
che politiche quali quelle relative alla pesca, all’energia
e agli scambi commerciali mantenessero le promesse di
sviluppo. L’idea di Coerenza delle politiche per lo sviluppo
(PCD) 46 venne lanciata nel 2005 come parte del Consenso
europeo in materia di sviluppo. Nel rapporto pubblicato
dalla CE a settembre del 2009 47 si afferma che la PCD
“tiene in conto l’esplorazione sistematica degli effetti che
le politiche Ue diverse dagli aiuti potrebbero avere sullo
sviluppo e sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo
del millennio”. Eppure l’Ue sorvola del tutto sulle politiche
economico-finanziarie che causano instabilità e massicci
44
vedi: http://ec.europa.eu/internal_market/financial-markets/
derivatives/index_en.htm
45
CE, documento di servizio della Commissione - Garantire mercati dei derivati efficienti, sicuri e solidi, 7 luglio 2009. http://ec.europa.
eu/internal_market/financialmarkets/docs/derivatives/communication_
en.pdf
46
vedi: http://ec.europa.eu/development/icenter/repository/
COM_2009_458_part1_en.pdf
47
vedi: http://ec.europa.eu/development/policies/policy_coherence_en.cfm
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
31
deflussi finanziari dai paesi in via di sviluppo verso altri
destini.
Negli ultimi anni la speculazione ha avuto un ruolo importante nell’aumento e nel crollo dei prezzi di cibo, petrolio
e altre merci 48 . Gli hedge funds e gli altri investitori istituzionali sono stati molti attivi negli scambi delle commodities facendo lievitare i prezzi e gonfiando artificialmente
il mercato: 49 un comportamento dagli esiti devastanti per
i paesi più poveri. L’UNCTAD ha evidenziato che a causa
degli aumenti improvvisi dei prezzi tra il 2007 e la metà
del 2008 altri 100 milioni di persone hanno avuto un accesso al cibo insufficiente 50. Sempre l’UNCTAD aggiunge
che le posizioni di società finanziarie quali gli hedge funds
hanno assunto dimensioni “così grandi da poter incidere
fortemente sui prezzi e creare bolle speculative con effetti
estremamente nefasti”. Ciò nonostante quando si tratti di
regolamentare i mercati dei derivati e degli hedge funds i
governi europei rinunciano a considerarne le implicazioni
sullo sviluppo. 51
L’assenza nell’Ue di una regolamentazione e di una vigilanza efficaci ha avuto come ulteriore conseguenza una
quantità di problemi che i paesi in via di sviluppo si sono
ritrovati di fronte anche prima del disastro finanziario:
• nell’esprimersi su governi e società di quei paesi le
agenzie di rating (senza regole) erano in conflitto di
interessi oppure scarsamente interessate a valutarli;
• senza regole ma con i prestiti delle banche occiden-
tali, private equity e hedge funds hanno richiamato i
capitali dei ricchi nei paesi poveri facendo incetta di
società attive al sud per accumulare profitti sul breve
periodo;
• la mancanza di cooperazione e di informazioni condivise tra le autorità di vigilanza dei paesi ospitati e dei
48
vedi: http://www.eurodad.org/uploadedFiles/Whats_New/
News/Food%20speculation%202%20pager%20final.pdf
49
Wahl, Peter. 2009. Food Speculation The Main Factor of the
Price Bubble in 2008 [La speculazione sul cibo, principale fattore della
bolla dei prezzi nel 2008]. Briefing Paper. Berlin.
www2.weed-online.org/uploads/weed_food_speculation.pdf
50
UNCTAD, Least Developed Countries Report 2009 (Rapporto
2009 sui paesi meno sviluppati), vedi: http://www.unctad.org/en/docs/
ldc2009_en.pdf
51
riferimento alla pagina 2 sui derivati del documento www.
eurodad.org/uploadedFiles/Whats_New/News/Dangerous%20derivatives%202%20pager%20final.pdf
32
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
paesi ospitanti ha impedito agli ospitanti di accorgersi
dei flussi transfrontalieri di capitali messi in essere dai
fornitori stranieri di servizi finanziari. L’assenza di una
voce unica ai forum finanziari internazionali ha reso
ancor più difficile per i paesi in via di sviluppo trattare
con gli Stati membri dell’Ue.
In generale oggi i mercati finanziari hanno un impatto
fortemente negativo sullo sviluppo dei paesi poveri. Con
i finanziamenti allo sviluppo in calo e gli aiuti sempre più
ridotti ai paesi poveri che devono far fronte ai traumi
esogeni e alle crisi create dai mercati finanziari urgono
regolamentazione e vigilanza più efficaci sulla finanze nazionali e internazionali in grado di colmare la grave lacuna
di coerenza nelle politiche di sviluppo, specialmente in
quelle dell’Ue.
“Condivido l’idea
che il controllo centralizzato
dei movimenti di capitali,
verso l’interno e verso l’esterno,
dovrebbe essere una caratteristica
permanente del sistema postbellico.”
6. Conclusioni e prospettive
La banca centrale
“dovrà avere il pieno controllo
sulle transazioni di capitali dei suoi residenti”
Keynes
In occasione delle crisi economiche e
finanziarie gli analisti e i commentatori
hanno fatto spesso riferimento a John
Maynard Keynes e alla sua idea di
gestione macroeconomica.
lizzazione dei mercati finanziari è reversibile, sempre che
ci sia la volontà politica. Negli anni Venti del Novecento i
mercati internazionali avevano un raggio d’azione molto
esteso, addirittura planetario, con poche regole e molti
eccessi. Fu una delle cause del crollo di Wall Street nel
1929 e della conseguente Grande Recessione o grande
depressione. Lo capirono i negoziatori della conferenza di
Bretton Woods nel 1944 (Keynes era tra loro) e decisero
Noi crediamo che l’idea di Keynes circa le attività dei
di optare per un sistema monetario e finanziario intermercati finanziari, come già riportato, resti tutt’ora un
nazionale relativamente statico e molto stabile (sarebbe
principio guida cruciale per ripristinare la stabilità finandurato trent’anni) che portò a una significativa crescita
ziaria e costringere la finanza a promuovere lo sviluppo
dell’economia e a una qualche forma di redistribuzione
sostenibile in ogni parte del mondo.
nazionale e internazionale. Nel 1944 la volontà politica e
il riconoscimento critico degli errori compiuti fecero sì che
In linea generale è necessario ridimensionare la finanza
il fenomeno si protraesse fino agli anni Settanta. Poi di
e ribaltarne il dominio sull’economia reale. Abitualmente
nuovo il pendolo oscillò e prese piede l’ideologia neolibela finanza ha un ruolo di servizio. Nondimeno va imposto
rista con gli effetti nefasti che vediamo.
il principio secondo cui “chi specula paga” in modo che
La deglobalizzazione dei mercati finanziari dovrebbe
chiunque abbia accumulato incredibili fortune in passato
essere parte di un avvicinamento progressivo alla “deglooggi finalmente ne paghi il conto.
balizzazione selettiva” dell’economia. Ciò significa che
per restituire alle pubbliche autorità il controllo di settori
I tentativi di regolamentare i mercati finanziari ricordano
economici importanti in nome del pubblico interesse
il mito di Sisifo: ... qualsiasi regola si può aggirare e ogni
sarebbe possibile e opportuno destrutturare alcune comnuova regola stimolerà una nuova trovata del settore
ponenti dei mercati globali riportandole nel quadro delle
finanziario che aumenterà i rischi sistemici e la speculaeconomie nazionali o regionali. Il che invece potrebbe
zione o in modo ancora più perverso consentirà ulteriori
non essere necessario in altri settori delle società colpite
arbitraggi finanziari non solo tra regodalla globalizzazione. Per esempio la
lamenti diversi (che si possono armomaggiore libertà di spostamento dei
I mercati finanziari,
nizzare) ma anche tra i diversi settori
migranti dovrebbe essere al centro di
che si possono e si
o ancora sulle informazioni relative ai
ogni proposta di giustizia sociale. Qui
devono deglobalizzare.
mercati ...e così via.
si dimostra tuttavia l’assoluta priorità
Riportandoli nell’ambito
di avviare la deglobalizzazione selettiva
Urge pertanto un cambiamento struttu- delle economie nazionali
proprio partendo dai mercati finanziari.
diventeranno nuovamente
rale. Regolamentare il settore bancario
con il frazionamento delle banche e la
controllabili
Una condizione necessaria ma non suflimitazione severa di alcuni strumenti
ficiente per costringere la finanza a una
finanziari aiuterebbe ma non basta: un
funzione sociale o al sostegno dell’ecomercato di capitali unico e globale con servizi finanziari
nomia reale e di uno sviluppo sostenibile. È indispensabile
propri farà emergere presto nuovi problemi. Occorre
chiedere ai governi di attuare politiche pubbliche ispirate
perciò costituire una infrastruttura di mercati finanziari
al pubblico interesse evitando la finanziarizzazione dei
diversa, più limitata e controllata.
settori più vicini per tradizione a quell’interesse: le pensioni, la sanità, le politiche dell’abitazione. È indispensabile
Come si evince dalla crisi, non era possibile cavalcare la
chiedere la giustizia e l’attuazione di principi redistributivi
tigre o “il mostro”: così il presidente tedesco ed ex-dinell’economia e nella finanza, incluso l’accesso al credito
rettore dell’FMI Köhler definiva i mercati finanziari, che si
da parte dei più poveri.
possono e si devono deglobalizzare. Riportandoli nell’ambito delle economie nazionali diventeranno nuovamente
Deglobalizzare i mercati finanziari gioverebbe anche ai
controllabili. Si ritiene spesso che ciò sia impossibile,
paesi in via di sviluppo: consentirebbe loro di trattenere
eppure la storia del secolo scorso dimostra che la globa-
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
33
all’interno maggiori risorse per destinarle alla propria crescita. Sarebbe un fattore chiave di lungo periodo determinante per spezzare la dipendenza dagli aiuti che oggi
condiziona la maggior parte dei paesi a basso reddito. Li
aiuterebbe a ripristinare uno spazio politico nazionale in
grado di decidere le misure monetarie e macrofinanziarie più idonee a sostenere lo sviluppo. In questo quadro
i movimenti internazionali di capitali potrebbero anche
proseguire a patto che non distruggessero la stabilità
finanziaria ma contribuissero all’economia e alla crescita
sostenibile sia nel nord sia nel sud del mondo.
Oggi ci confrontiamo con un mercato finanziario globale.
La crisi finanziaria di Dubai mostra come la stessa pericolosa tendenza che aveva portato quasi al tracollo dell’economia globale sia ancora viva e pulsante in gran parte dei
consigli di amministrazione. Forse i decisori e gli operatori
finanziari non hanno imparato la lezione: la deglobalizzazione dei mercati finanziari inciderebbe sulla governance
e richiede necessariamente un’azione forte a tutti i livelli,
compreso quello internazionale.
Più avanti si indica ai decisori e alla società civile internazionale un programma da perseguire nel futuro con
rinnovato impegno, un programma che scongiuri nuove
crisi finanziarie e consenta ai governi di elaborare modelli
redistributivi favorevoli allo sviluppo. Come già detto è
questione di volontà politica, non solo di soluzioni tecniche. L’unica misura capace di superare le attuali resistenze
avviando alcuni cambiamenti fondamentali è una forte
azione politica che si contrapponga alle lobby aziendali.
Livello Nazionale
• È indispensabile che i governi nazionali reintroducano
i controlli sui capitali.
• È necessario migliorare fortemente la regolamentazio-
ne e la vigilanza: occorre un controllo pubblico più severo sulle banche centrali e sulle autorità di vigilanza.
• Vanno istituite forti agenzie per la protezione dei cittadini e dei consumatori in grado di controbilanciare
le altre autorità di vigilanza dei mercati finanziari.
• Occorre sviluppare il settore del credito pubblico
e cooperativo (soggetto al pubblico controllo) che
costringa i privati alla piena trasparenza: il settore
pubblico dovrà diventare il motore della trasformazio-
34
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
ne in una economia e in una società a impatto zero
(carbon free).
• Le banche troppo grandi vanno ridimensionate.
• Deve essere favorita la domanda interna: uno dei
fattori più trainanti della crisi è il declino dei salari e
del potere d’acquisto dei lavoratori.
• Le politiche fiscali vanno dirette al settore finanziario
per ridimensionarlo.
• Comuni necessità e servizi quali la salute, il sistema
pensionistico e l’istruzione dovranno essere affidate
preferibilmente al settore pubblico: i privati gonfiano
il settore finanziario e impediscono un accesso uguale
per tutti a servizi di alta qualità.
Livello Regionale
Ben vengano l’integrazione regionale e il coordinamento
delle questioni finanziarie: sono gli elementi costitutivi
di una governance finanziaria internazionale più efficace
ed equilibrata. In particolare dovranno essere rafforzate
le iniziative regionali sull’accumulazione delle riserve ed
eventualmente sui prestiti di breve periodo per prevenire
le crisi inattese. È importante aumentare la collaborazione
sud-sud per promuovere la stabilità finanziaria e la redistribuzione incoraggiando lo sviluppo e la mobilitazione
delle risorse interne.
Quanto all’Unione Europea:
• occorre introdurre una forte regolamentazione delle
lobby aziendali per ridurne la portata e l’influenza sui
decisori;
• è essenziale ridurre il deficit democratico dell’Unione
Europea relativo alla governance finanziaria al suo
interno;
• è necessario riformare il mandato della BCE, difende-
re l’occupazione e lo sviluppo sostenibile, estendere il
controllo dell’inflazione ai prezzi delle attività patrimoniali (asset);
• l’introduzione di una tassa sulle transazioni finan-
ziarie avrebbe un effetto regolatore e probabili
ricadute sulla redistribuzione ma non basterebbe da
sola a disciplinare in profondità i mercati finanziari.
Si potrebbe attuare un modello pilota regionale, a
esempio nell’area dell’euro, e non per forza globale,
un modello applicabile anche alle transazioni valutarie
che fosse un primo passo verso un’imposta su tutte le
transazioni finanziarie;
• i conti fuori bilancio vanno banditi come ogni altra
forma di mercato finanziario parallelo (shadow banking);
• il mercato dei derivati OTC va sottoposto alla rego-
lamentazione e alla vigilanza pubblica e in generale
i mercati dei derivati vanno limitati a operazioni non
speculative;
• gli hedge funds e le altre istituzioni fortemente
finanziate con capitale di prestito (effetto leva) dovranno essere regolamentati come le banche o essere
banditi;
• dovranno essere chiusi i paradisi fiscali europei: l’Ue
dovrebbe fare da apripista e smantellare le giurisdizioni controllate dagli Stati membri: isole Cayman
(britanniche) e affini.
soggetti coinvolti, dunque non solo la finanza privata ma
anche la società civile e i sindacati. Lo IASB (International
Accounting Standards Board), oggi privato, dovrà essere
sottoposto al controllo pubblico. La crisi ha mostrato fino
a che punto i principi contabili siano una questione fortemente politica e non un semplice problema tecnico.
Oggi nessuna organizzazione internazionale legittima
affronta i problemi fiscali a livello globale. Va seriamente
considerata la proposta di creare un organismo fiscale
internazionale sul modello indicato nel rapporto Zedillo
presentato all’Onu nel 2001. La Banca mondiale e l’FMI
dovranno essere democratizzati ben oltre le proposte
avanzate dal G20. L’Ue dovrà incoraggiare il processo
riducendo ove occorra la propria eccessiva rappresentanza
a livello di consiglio e consolidandola ad altri livelli.
In conclusione occorre un sistema monetario sopranazionale che ponga fine al dominio di una sola valuta. Come
passo intermedio verso una valuta globale servirebbe allo
scopo un paniere di valute e i Diritti Speciali di Prelievo.
Sul lungo periodo è necessario istituire una nuova Bretton Woods che fissi democraticamente un nuovo sistema
monetario e finanziario internazionale.
Livello Globale
È necessario coordinare il sistema finanziario e monetario
globale ma dato l’insuccesso dell’attuale cornice unilaterale si deve ripensare con urgenza una forma più efficace
e pragmatica di multilateralismo. La proposta di una
commissione Onu sulla crisi economica che istituisca un
consiglio di coordinamento economico globale sotto l’egida dell’Onu eventualmente fondato anche su rappresentanze di blocchi regionali rappresenterebbe un importante
passo avanti verso una efficace collaborazione economica
e finanziaria tra governi.
È necessario ritirare presto la maggior parte degli impegni
di liberalizzazione dei servizi finanziari previsti dall’accordo
GATS/OMC programmando nuovi negoziati dell’OMC alla
luce del fallimento delle trattative di Doha.
Il Financial Stability Board e il Comitato di Basilea sulla
vigilanza delle attività bancarie vanno democratizzati e
resi più trasparenti. In particolare i paesi in via di sviluppo dovranno avere accesso alle decisioni prese da quegli
istituti e sarà opportuno informare e consultare tutti i
Lo Stress Test per la governance finanziaria globale
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Note
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Questa pubblicazione è stata realizzata con il sostegno economico dell’Unione Europea. I contenuti del
documento sono esclusiva responsabilità degli autori e non sono riconducibili in alcun modo alle posizioni
ufficiali dell’UE.