IL VALORE DELLE DENOMINAZIONI

Transcript

IL VALORE DELLE DENOMINAZIONI
Il valore delle DEnominazioni
Viaggio alla scoperta dell’origine, tra potenzialità e strategia
Tecnica
Territorio
Tradizione
Insalata di
Lusia IGP
Ma 100
de
in P %
ole
sine
Cosa certifica
il marchio
geografico?
Aglio
Bianco
Polesano
DOP
GENNAIO - OTTOBRE 2015
Progetto promosso dall’Associazione Polesana Coldiretti Rovigo
Borsa di Studio Napoleone Sartori
POLESINE
Il prezzo dei prodotti a
marchio rispetto agli altri:
Quanto
ne sappiamo?
Per ottenere il marchio geografico
(DOP, IGP) i produttori devono:
A - dipende dalla confezione
B - dovrebbe essere maggiore
C - dovrebbe essere uguale
D - dovrebbe essere inferiore
Un Consorzio di tutela:
A - è garante della privacy
B - vigila sul marchio geografico e lo promuove
C - valorizza i singoli produttori
D - ha finalità commerciali
A - Concorrere
B - Consorziarsi
C - Fare rete
D - Fare un brevetto
Un prodotto a marchio geografico si può
comprare:
Il prodotto con l’etichetta Bio
(Biologico) è:
A - un prodotto a lunga conservazione
B - un prodotto certificato
C - un prodotto senza conservanti
D - un prodotto privo di calorie
Scopri i risultati
a pagina:
Il marchio geografico
(DOP, IGP) è regolato:
34
Il Disciplinare di produzione di un
prodotto indica:
A - Le proprietà organolettiche
B - Le regole di produzione
C - Le tecniche di produzione
D - I valori nutrizionali
A - solo dal produttore
B - anche nei supermercati e presso i rivenditori al dettaglio
C - esclusivamente nei negozi di frutta e verdura;
D - solo in pescheria
A - A livello internazionale
B - A livello unionale
C - A livello nazionale
D - A livello mondiale
Il marchio geografico (DOP, IGP) è:
A - Un’etichetta
B - Una certificazione
C - Una garanzia
D - Un brand
L’acronimo IGP significa:
L’acronimo DOP significa:
A - Identificazione Geografica Particolare
B - Indicazione Geografica Protetta
C - Indicazione Geografica Particolare
D - Identità Geologica Particolare
A - Derivazione d’origine protetta
B - Denominazione d’origine protetta
C - Denominazione originaria protetta
D - Derivazione originaria particolare
L
a valorizzazione è un percorso. Un viaggio verso la fonte,
verso l’origine delle cose per coglierne l’essenza, il significato,
il valore. Questo valore, generato dall’origine geografica,
produttiva e dalla tradizione, viene tramandato nel tempo
e nello spazio, secondo percorsi vecchi e nuovi, innovativi e,
talvolta, consolidati come le radici di una pianta che testimonia
l’identità autentica di un popolo e della sua terra.
Il Polesine, terra tra i fiumi Adige e Po in provincia di Rovigo,
è raccontato da diverse produzioni agricole di eccellenza, la
cui qualità è riconosciuta e certificata a livello europeo.
Tra queste, l’Insalata di Lusia IGP e l’Aglio Bianco Polesano
DOP sono i protagonisti assoluti di questo viaggio alla
scoperta dell’origine, tra potenzialità e strategia.
Compagni fedeli di questo percorso sono infatti gli
acronimi DOP (Denominazione di Origine Protetta) ed
IGP (Indicazione Geografica Protetta), che indicano
un preciso standard qualitativo del prodotto cui sono
abbinati, informando il consumatore sulla presenza di un
riconoscimento europeo di autenticità.
Oggetto di indagine nel presente elaborato, il marchio
geografico è disciplinato a livello
europeo in modo uniforme con Bandita dall’Associazione Polesana
l’obiettivo di preservare qualità e Coldiretti Rovigo, la Borsa di Studio
intitolata allo storico Presidente
varietà della produzione agricola, ittica Napoleone Sartori ha permesso ad
e dell’acquacoltura europea. una giovane laureata di immergersi
In particolare, alla base della tutela nella realtà produttiva agricola di
delle denominazioni di origine e delle Rovigo. La presente analisi, frutto di
indicazioni geografiche vi è l’obiettivo un’indagine teorica e pratica condotta
specifico di garantire ad agricoltori e tra Bruxelles ed il Polesine, ha come
produttori una giusta remunerazione, scopo la valorizzazione delle eccellenze
allo stesso tempo fornendo ai del territorio. La ricerca è scaturita
consumatori informazioni chiare sui dall’esplorazione critica dei processi
prodotti che possiedono caratteristiche produttivi, talvolta presentati dagli stessi
attori coinvolti ai diversi livelli della
uniche derivanti dall’origine geografica, catena del valore.
affinché compiano scelte di acquisto Claudia Capello, autrice della
consapevoli ed orientate alla pubblicazione, ha infatti lavorato
stagionalità dei prodotti. a stretto contatto con i Consorzi di
Rispetto a questi obiettivi, il Tutela per approfondire la conoscenza
conseguimento del marchio geografico dei meccanismi di filiera, l’attività
rappresenta però solo un primo passo. promozionale e gli aspetti di gestione
Un percorso strategico coerente del marchio geografico. Senza la
deve essere intrapreso a sostegno collaborazione dei produttori coinvolti
dell’eccellenza. Quale? Buon viaggio infatti, questo viaggio di scoperta ed
analisi non sarebbe stato possibile.
alla scoperta dell’origine lungo questo
percorso tra potenzialità e strategia!
Sommario
1
2
3
4
Il marchio geografico DOP, IGP
6
Cos’è
8
Come si ottiene
Made in Polesine
10
aglio bianco polesano dop
Identikit
Segni particolari
Diamo i numeri
Curiosità
14
insalata di lusia igp
Identikit
Segni particolari
Diamo i numeri
Curiosità
Consorzi di tutela
18
Che funzione svolgono
19
Come sono composti
20
Focus consorzi
Potenzialità e strategia
25
da dove partiamo
26
analisi swot
27
una strategia in sei (complicatissimi) passi
5
6
N
Il marchio geografico a livello internazionale
30
Accordi internazionali multilaterali
31
accordi internazionali bilaterali
34
Riflessioni conclusive
on tutti sanno che….…
Le indicazioni geografiche sono disciplinate da quattro regolamenti principali
attualmente oggetto del dibattito sulla semplificazione e sull’estensione della
tutela anche alle indicazioni geografiche non agricole (Reg. (UE) n. 1151/2012 del
Parlamento Europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e
alimentari, Reg. (CE) n. 110/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle bevande spiritose,
Reg. (UE) n. 1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sul vino e Reg. (UE) n. 251/2014 sui
vini aromatizzati).
Il Regolamento (UE) n. 1151/2012, in particolare, detta le norme di base sui regimi di qualità dei
prodotti agricoli e alimentari; la sua disciplina è approfondita dai Reg. delegato 664/2014, Reg.
delegato 665/2014 e Reg. di esecuzione 668/2014.
Le norme stabilite dai regolamenti mirano a conseguire un maggiore livello di informazione e
trasparenza delle produzioni agroalimentari nei confronti dei consumatori, nonché a stabilire un
adeguato regime di tutela dei prodotti tradizionali europei. Il marchio di indicazione geografica,
infatti, è concesso a prodotti agricoli ed alimentari che abbiano superato l’iter di registrazione a livello
nazionale ed europeo senza opposizione, dimostrando l’uso tradizionale (trentennale) sul mercato
nazionale, la cui produzione avvenga secondo precise modalità e standard contenuti nel disciplinare,
redatto per la presentazione della domanda di registrazione secondo i parametri previsti dall’art. 7
del Reg. 1151/2012, che rappresenta per il consumatore una garanzia di autenticità e sicurezza.
I produttori che immettono nel mercato un prodotto ad indicazione geografica sono infatti controllati
a diversi livelli e durante tutte le fasi della catena del valore (titolo V, Capo I). L’Italia, attualmente
prima tra i paesi europei per numero di registrazioni, conta 274 prodotti agricoli ed alimentari a
marchio (DOP, IGP, STG), 523 produzioni di qualità vinicole (DOP, IGP), distribuite in tutto il territorio
nazionale, con il primato di Veneto e Toscana, rispettivamente 88 e 86 registrazioni di produzioni
alimentari e vinicole di qualità. Il valore complessivo di tali produzioni agroalimentari e vinicole,
considerando anche il vino imbottigliato e l’export, secondo le ultime stime, si attesta attorno ai 13,7
miliardi di euro (Fonte: ISMEA).
Si sono svolti a Expo Milano il 15 giugno 2015 gli Stati generali delle Indicazioni geografiche italiane,
alla presenza del Ministro per le politiche agricole e forestali Maurizio Martina. Sul fronte nazionale
e internazionale l’impegno del ministero per la tutela si sviluppa lungo cinque strade: il rilancio dei
consumi sul mercato italiano grazie ad un accordo siglato durante l’evento con la grande distribuzione
organizzata, il contrasto alla contraffazione online e offline, il focus sulle indicazioni geografiche nel
piano per il sostegno all’export del Made in Italy, la difesa del sistema delle denominazioni a livello
internazionale ed infine il testo unico sulle denominazioni di origine protetta per semplificare le norme
a favore di imprese e consorzi di tutela.
In particolare, il Ministero delle politiche agricole e forestali, attraverso l’Ispettorato repressione frodi
(ICQRF), ha concluso un accordo con i più grandi player mondiali dell’e-commerce, e-Bay e Alibaba,
con l’obiettivo di garantire ai prodotti DOP e IGP italiani una tutela in rete pari a quella che ricevono i
grandi marchi commerciali.
E’
Cos’è?
un’informazione
puntuale sulla
provenienza
del prodotto
agroalimentare cui è
associato, la cui valenza
è spesso paragonata
erroneamente a quella del
marchio commerciale. La
disciplina giuridica che
definisce la tutela delle
indicazioni geografiche
(DOP, IGP), infatti, traccia
un percorso parallelo e
mai coincidente rispetto
alle norme che tutelano la
proprietà industriale del
marchio commerciale. Le
due fattispecie, che indicano
l’origine di un prodotto,
l’una geografica e l’altra
commerciale, comportano
come risultato l’uso esclusivo
del marchio relativamente ad
un prodotto specifico (per il
singolo produttore nel caso
del marchio commerciale e
per un gruppo localizzato
di produttori nel caso
dell’indicazione geografica)
ma differiscono per
presupposto, scopo e
modalità d’utilizzo.
Mentre le indicazioni
geografiche si pongono
a tutela di una tradizione
culturale e produttiva del
territorio, il presupposto del
marchio commerciale è
la ricerca di un vantaggio
competitivo nel mercato.
Lo scopo di quest’ultimo
infatti è la differenziazione
dai competitors; motivo per
il quale spesso si rilevano
nomi commerciali che
esulano dalla tipologia del
prodotto stesso cui sono
legati, ma che hanno un
maggiore appeal verso
il consumatore, oppure
si riferiscono all’identità
del produttore stesso (es.
‘Yoga’- trasformazione frutta,
‘Sasso’- olio di oliva, ‘Rana’lavorazione pasta fresca).
Nell’etichetta dei prodotti
ad indicazione geografica,
all’opposto, al marchio
di origine (DOP, IGP)
è accompagnata la
descrizione del prodotto ed il
territorio di provenienza (es.
Insalata di Lusia IGP, Aglio
Bianco Polesano DOP) tanto
che il marchio aziendale
ed il marchio geografico
coesistono e sono entrambi
associati al prodotto.
Il marchio
geografico
6
Le produzioni che ottengono
il marchio geografico, inoltre,
rispettano un rigido disciplinare
di produzione.
Secondo quanto previsto
dall’art. 7 del Reg. (UE) n.
1151/2012, il disciplinare
deve contenere almeno: il
nome, da proteggere come
denominazione di origine
o indicazione geografica,
utilizzato nel commercio o
nel linguaggio comune; la
descrizione del prodotto,
comprese eventualmente le
materie prime e le principali
caratteristiche fisiche,
chimiche, microbiologiche od
organolettiche del prodotto;
la definizione della zona
geografica cui si riferisce
la denominazione, gli
elementi che dimostrano che
il prodotto è originario della
zona geografica indicata (e
delimitata), la descrizione del
metodo di ottenimento del
prodotto e dei metodi locali,
leali e costanti; le informazioni
sul confezionamento, quando
previsto nella zona geografica
delimitata, il legame fra la
qualità o le caratteristiche
del prodotto e l’ambiente
geografico o il legame fra una
data qualità, la reputazione
o un’altra caratteristica del
prodotto e l’origine geografica,
l’indicazione degli organismi
che verificano il rispetto delle
disposizioni del disciplinare e
i relativi compiti specifici ed
infine qualsiasi regola specifica
per l’etichettatura del prodotto in
questione.
Tutte le informazioni elencate,
contenute nel disciplinare, sono
a disposizione del consumatore
e determinano per i produttori
un preciso standard qualitativo
cui attenersi.
Marchio Commerciale
VS
Indicazioni Geografiche
Diritto di proprietà industriale che
tutela qualunque segno suscettibile di
essere rappresentato graficamente, in
particolare parole (compresi i nomi
di persone), disegni, lettere, cifre,
suoni, forma di un prodotto o della
confezione di esso, combinazioni o
tonalità cromatiche, purché sia idoneo
a distinguere i prodotti o i servizi di
un’impresa da quelli delle altre.
definizione
Diritto di proprietà industriale
che tutela l’utilizzo del nome di
un paese, una regione o una
località quando sia adottato
per designare un prodotto che
ne è originario e le cui qualità,
reputazione o caratteristiche
sono dovute essenzialmente
all’ambiente geografico di
origine.
Privato – proprietà privata
regime
proprietario
Collettivo – proprietà pubblica
(ma non si tratta di nomi generici)
Un marchio commerciale ha le caratteristiche di:
Prodotto a Denominazione di origine protetta
(DOP) è:
a) originalità, deve avere carattere distintivo.
Deve cioè essere composto in modo da
consentire l’individuazione dei prodotti
contrassegnati fra tutti i prodotti dello stesso
genere presenti sul mercato;
b) verità, il principio della verità vieta di
inserire nel marchio “segni idonei ad ingannare
il pubblico”, in particolare sulla provenienza
geografica, sulla natura o sulla qualità dei
prodotti o servizi;
c) novità, non deve essere stato usato in
precedenza come marchio, ditta o insegna per
prodotti o servizi identici o simili a quelli per
cui se ne richiede la registrazione, non deve
consistere esclusivamente in segni divenuti di
uso comune nel linguaggio corrente o negli usi
costanti del commercio. Il requisito di novità è
un aspetto complementare ma distintivo rispetto
all’originalità;
d) liceità, non deve contenere segni contrari alla
legge, all’ordine pubblico e al buon costume,
stemmi o altri segni protetti da convenzioni
internazionali, ovvero segni lesivi di altrui diritti.
REGOLAMENTO (CE) 207/2009
sul marchio comunitario
a) originario di un luogo, regione o, in casi
eccezionali, di un paese determinati;
b) la cui qualità o le cui caratteristiche sono
dovute essenzialmente o esclusivamente ad
un particolare ambiente geografico ed ai suoi
intrinseci fattori naturali e umani;
c) le cui fasi di produzione si svolgono nella
zona geografica delimitata.
caratteristiche
Prodotto a Indicazione geografica protetta
(IGP) è:
a) originario di un determinato luogo, regione
o paese;
b) alla cui origine geografica sono
essenzialmente attribuibili una data qualità; la
reputazione o altre caratteristiche;
c) la cui produzione si svolge per almeno una
delle sue fasi nella zona geografica delimitata.
Si individua un prodotto dalla tradizione
almeno trentennale
normativa di
riferimento
REGOLAMENTO (UE) N.1151/2012 sui
regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari
* Diverso è il caso della Specialità Tradizionale Garantita (STG) che individua un prodotto con caratteristiche intrinseche o di produzione
legate ad una tradizione territoriale precisa indipendentemente dal luogo in cui è viene realizzato (es. Pizza napoletana).
7
A
Come si ottiene?
livello nazionale, secondo
quanto previsto dall’art.
49 del Reg. (UE) n.
1151/2012, la procedura
di concessione delle indicazioni
geografiche si snoda nelle seguenti fasi:
1
presentazione della domanda di
riconoscimento per un determinato
prodotto (contenente la descrizione dei
fattori di identificazione dello stesso,
l’origine storica nel territorio indicato
ed il disciplinare di produzione) presso
il Ministero delle politiche agricole e
forestali ad opera di un’organizzazione
associativa che riunisca tutti gli operatori
interessati da quella produzione;
2
valutazione e verifica della rispondenza
delle caratteristiche del prodotto
candidato e della documentazione
presentata rispetto ai requisiti individuati
dalla normativa europea, quindi
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana;
3
trasmissione della domanda alla
Commissione Europea da parte del
Ministero, solo in seguito ad un periodo
ragionevole di pubblicazione (solitamente
30 giorni) nel quale ogni persona fisica
o giuridica avente un interesse legittimo
e stabilita o residente nel territorio
nazionale possa fare opposizione alla
domanda e successivamente ricorso;
4
ricezione da parte della Commissione
Europea della domanda di registrazione
ritenuta idonea a livello nazionale affinché
verifichi a sua volta la rispondenza dei
requisiti con il regolamento sopracitato.
Se l’esame ha esito favorevole, la
domanda viene pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea
ed il periodo di opposizione dei portatori
di interesse legittimo è aperto per i tre
mesi successivi (art. 51);
5
i prodotti agricoli e alimentari che,
seguendo l’iter descritto, sono stati
registrati e/o i cui disciplinari devono
essere modificati o stanno affrontando
il percorso per ottenere la registrazione
sono inseriti in un elenco pubblico e
costantemente aggiornato, consultabile
in ogni momento dai cittadini di ciascuno
Stato membro (http://ec.europa.eu/
agriculture/quality/door/). Per i vini
esiste inoltre un registro specifico (http://
ec.europa.eu/agriculture/markets/
wine/e-bacchus/).
Il marchio
geografico
8
Il prodotto registrato a
livello europeo potrà
fregiarsi del marchio
DOP o IGP e si costituirà
divenendo operativo
il Consorzio di Tutela
del prodotto, organo
di rappresentanza dei
produttori interessati dal
marchio geografico.
Non solo, il prodotto
registrato sarà da quel
momento sottoposto
ad un duplice livello
di controlli, pubblici
e privati (ad opera
dell’ente terzo
certificatore riconosciuto
a livello ministeriale)
lungo le diverse fasi della
catena del valore.
Tale sistema, articolato
e complesso, garantisce
ai cittadini europei
trasparenza e qualità
delle produzioni
certificate. Allo stesso
tempo, conferisce
un riconoscimento
ai produttori che
mantengono pratiche
produttive tradizionali e
qualitativamente elevate,
spesso sostenendo costi
maggiori che il mercato
non remunera.
Perché scegliere un prodotto a
marchio geografico?
Perché è una questione d’origine. Perché si partecipa alla
valorizzazione del patrimonio rurale delle proprie campagne, fatto
di tradizione produttiva, competenza e cultura locale. Perché
si tratta di prodotti di nicchia che garantiscono una qualità
elevata e non sono replicabili altrove. Perché non sono frutto della
delocalizzazione e perché hanno una provincia di nascita,
proprio come noi.
9
Aglio
made in
Bianco
Polesano DOP
Bianco bulbo dal profumo intenso, protagonista indiscusso
del folklore popolare, ingrediente segreto di molti piatti
stellati, l’aglio è famoso in tutto il mondo.
Ma l’aglio bianco polesano è speciale, inconfondibile. Con
Il suo aroma persistente, la sua forma regolare, il suo colore
bianco particolarmente lucente ed un’elevata preservabilità, vanta una tradizione secolare.
I Romani lo coltivavano nel territorio tra il I ed il V secolo d.C., viene citato tra le coltivazioni diffuse nel
territorio in pubblicazioni risalenti al XVI secolo e si afferma dalla prima metà del ‘900 all’interno del
tipico ordinamento colturale della zona, tanto da essere definito l’oro bianco del Polesine, importante
elemento di sviluppo economico per tutto il territorio.
identikit
Il successo e la qualità di questo prodotto sono determinati da due fattori, ugualmente significativi: il
fattore umano ed il fattore geografico-climatico.
La selezione dei bulbilli per la
semina avviene manualmente
grazie alla competenza,
tramandata di generazione in
generazione, degli operatori
che, nel rispetto della tradizione,
sanno intrecciare e dare forma al
prodotto.
Proprio la composizione del terreno determina le
speciali caratteristiche dell’Aglio Bianco Polesano Dop;
il suolo dove viene ‘messo a dimora’ il seme è infatti
argilloso, di medio impasto, poroso e ben drenato. Il
clima temperato. La presenza dei fiumi Adige e Po,
che più volte hanno alluvionato la zona, caratterizza
la particolare fertilità del terreno. Nel dettaglio, la
presenza di magnesio e calcio nel suolo determina la
maggiore qualità dei bulbi mentre fosforo e potassio
sono responsabili del colore bianco lucente del prodotto
e delle sue caratteristiche di elevata preservabilità.
10
Polesine
Segni Particolari
DOP: l’ Aglio Bianco Polesano ha ottenuto
la registrazione europea come Denominazione
di Origine Protetta con regolamento CE n.
1175/2009 del 30/11/2009 (pubblicato sulla
GUUE L 314/60 del 01/12/2009) dopo un
lungo percorso iniziato nel 2000
Comuni di produzione della provincia
di Rovigo: Adria, Arquà Polesine, Bosaro,
Canaro, Canda, Castelguglielmo, Ceregnano,
Costa di Rovigo, Crespino, Fiesso Umbertiano,
Frassinelle Polesine, Fratta Polesine, Gavello,
Guarda Veneta, Lendinara, Lusia, Occhiobello,
Papozze, Pet¬torazza Grimani, Pincara, Polesella,
Pontecchio Polesine, Rovigo, San Bellino, San
Martino di Venezze, Villadose, Villamarzana,
Villanova del Ghebbo e Villanova Marchesana
Gusto: aroma intenso, persistente ma non
pungente
Colore: bianco brillante uniforme (assenti striature)
Forma: regolare con un leggero appiattimento
della parte basale, numero variabile di bulbilli
perfettamente adiacenti l’uno con l’altro
Pianta: con foglie lanceolate e strette di colore
verde/azzurro; ecotipo locale, varietà Avorio
Dimensioni: ‘Extra’ calibro minimo di 45 mm;
‘Prima’ calibro minimo di 30 mm
Taglio dello stelo: netto e l’apparato radicale
va asportato completamente o in modo da
lasciare le radici appena presenti con la loro
parte iniziale
Confezioni: canestrini (intreccio a manichetto
di almeno tre bulbi), trecce, treccioni, grappoli e
grappoloni, in confezioni retinate, in sacchi e in
mazzi
Costo medio al kg: 8€
11
Aglio
made in
Bianco
Polesano DOP
280
10%
aglio nazionale
proveniente dal Polesine
55
ettari coltivati come DOP
(2015)
tonnellate in media di prodotto
annualmente certificato
3000
tonnellate potenziali di
prodotto DOP
300
ettari potenzialmente
coltivabili come DOP
6000€
costo medio produzione per ettaro
12
Polesine
32
imprese coinvolte (2014)
29
comuni ricompresi nella
DOP
Palati importanti…
lo chef del Quirinale ha preparato per
il Presidente della Repubblica deliziosi
piatti a base di Aglio Bianco Polesano
DOP, la cui fornitura è stata confermata
per gli anni 2013, 2014 e 2015.
Dove si conserva?
Non in frigo. Ebbene si, l’aglio
necessita di un ambiente asciutto e
ventilato, non umido.
Camicia si o camicia no?
Non solo l’uovo. Anche l’aglio si
può cuocere in camicia, cioè senza
‘sbucciare’ il bulbo, così da ottenere
un sapore più delicato, accontentando
anche i più sofisticati.
Diamo
i numeri
3
tipologie di attori principali coinvolti
lungo la catena del valore
(produttori/confezionatori/distributori)
13
Insalata
di
Lusia IGP
made in
Molti la conoscono come lattuga, pochi
come Lactuca Sativa, qualcuno ne
conosce le varietà Cappuccia e Gentile,
tutti sanno che è verde, sana e si abbina
perfettamente con la dieta mediterranea.
Ma l’Insalata di Lusia è speciale, unica. Assaggiando la lattuga prodotta a Lusia, piccolo
comune della provincia di Rovigo, si nota che è croccante e gustosa. Sì, non c’è bisogno
di aggiungervi sale. Di più, si può condirci la pasta, farcire una bruschetta o arricchire un
centrotavola, perché il suo verde è così intenso da ricordare l’estate tutto l’anno, o quasi.
Ricca di acido folico e fibre, calcio, ferro e vitamina A e C, la potete gustare per circa 10 mesi
all’anno grazie alla disponibilità di acqua garantita dalla falda superficiale di Lusia, mantenuta
costantemente ad un metro di profondità. La presenza del fiume Adige, le cui alluvioni nel
corso degli anni hanno depositato humus e sabbia nei terreni sciolti e pianeggianti limitrofi,
caratterizza la qualità di questo prodotto.
La prime coltivazioni di insalata a Lusia risalgono al 1836. Dalla prima metà del secolo
scorso si è imposta tra le produzioni orticole polesane e la sua storia si è intrecciata dagli anni
’50 con quella della Centrale Ortofrutticola di Lusia, focale punto di scambio commerciale a
livello nazionale che l’ha vista ricoprire da subito un ruolo primario, specialmente a livello di
quantitativi scambiati.
identikit
14
Polesine
Segni Particolari
Igp: l’Insalata di Lusia ha ottenuto la registrazione
europea come Indicazione Geografica Protetta
con regolamento CE n. 1137 del 25 novembre
2009 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 311 del
26/11/2009
Comuni di produzione delle province di
Rovigo e Padova: Lusia, Badia Polesine,
Lendinara, Costa di Rovigo, Fratta Polesine,
Villanova del Ghebbo e Rovigo; Barbona,
Vescovana e Sant’Urbano
Carattere essenziale: morbidezza, dovuta
all’assenza di fibrosità, accompagnata dalla
turgidità anche dopo 10 -12 ore dalla raccolta,
assenza di fenomeni di lignificazione
Gusto: fresco e croccante
Forma e colore:
A) Cultivar Cappuccia
Foglia: compatta e ondulata presenta il margine
intero di un colore verde medio brillante che può
essere soggetto a sensibili variazioni in relazione
all’andamento climatico.
Peso medio del cespo: 200/450 grammi;
B) Cultivar Gentile
Foglia: bollosa con margine frastagliato, di colore
verde chiaro brillante che può essere soggetto
a sensibili variazioni in relazione all’andamento
climatico.
Peso medio del cespo: 150/450 gr;
Pianta: il prodotto in serra presenta una struttura
più contenuta con grumo leggermente più aperto
rispetto alla coltura in pieno campo.
Dimensioni: fusto molto corto, da 2 a 6 cm,
e molto carnoso; il numero di foglie, la forma,
la dimensione e l’intensità del colore variano in
funzione delle condizioni climatiche.
Confezioni: in monostrato utilizzando contenitori
di dimensione:
- 40 x 60 contenenti massimo 12 pezzi per
la varietà cappuccia e 18 pezzi per la varietà
gentile;
- 30 x 50 contenenti massimo 6 pezzi per la
varietà cappuccia e 10 pezzi per la varietà
gentile.
Costo medio al kg: 1€ (media tra cappuccia e
gentile)
15
Insalata
di
Lusia IGP
5%
made in
220
insalata nazionale
proveniente dal Polesine
100
ettari certificati per la
produzione IGP
tonnellate in media di
prodotto annualmente
certificato
4000
tonnellate potenziali di
prodotto certificabile IGP
300
ettari potenzialmente
coltivabili IGP
29700€
costo medio produzione per ettaro
per ciclo produttivo
16
Polesine
26
imprese coinvolte
10
comuni ricompresi nell’IGP
Produzione che rispetta
la biodiversità
Le imprese della filiera dell’Insalata di
Lusia IGP si sono sviluppate nel rispetto
della biodiversità, alcune al punto di
ottenere la certificazione di ‘Biodiversity
Friend’.
Pasta al pesto di..
insalata!
L’Insalata di Lusia IGP si può
trovare anche in vasetto, come
pesto di insalata ed insalata
in saore, perché la tradizione
si sposa benissimo con
l’innovazione.
Tutti per uno!
Questione di…acqua!
A Lusia un’intera filiera, dalle sementi
alla logistica, lavora per consentire la
produzione e la commercializzazione
dell’unica insalata IGP d’europa.
Diamo
i numeri
Ebbene sì, la lattuga è composta per il
95% circa di acqua.
3
tipologie di attori principali coinvolti
lungo la catena del valore
(produttori/confezionatori/distributori)
17
Consorzi
di
Tutela
Che funzione svolgono
Con il contratto di consorzio (art.
2602 Codice Civile) più imprenditori
istituiscono un’organizzazione comune
per la disciplina o per lo svolgimento
di determinate fasi delle rispettive
imprese. Si tratta quindi di associazioni
volontarie, senza finalità lucrative,
promosse dagli operatori economici
coinvolti nelle singole filiere.
Le funzioni di tutela, promozione,
valorizzazione, informazione del
consumatore e attività a sostegno
delle denominazioni geografiche
sono attribuite ai consorzi di tutela
riconosciuti dal Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali ai sensi
della Legge 526/99 (art. 14).
I consorzi di tutela possono inoltre
avanzare proposte di disciplina
regolamentare e svolgere compiti
consultivi relativi al prodotto interessato
nonché definire programmi recanti
misure di carattere strutturale e di
adeguamento tecnico finalizzate
al miglioramento qualitativo delle
produzioni in termini di sicurezza
igienico-sanitaria, caratteristiche
chimiche, fisiche, organolettiche
e nutrizionali del prodotto
commercializzato ed infine promuovere
l’adozione di apposite delibere
contenenti accordi, approvati dal
Mipaaf e privi di qualsiasi contenuto
anticoncorrenziale, tra operatori
economici che beneficino di una stessa
indicazione geografica e tendenti ad
una corretta programmazione produttiva
in funzione delle esigenze del mercato.
I consorzi di tutela, ancora, possono
collaborare, secondo le direttive
impartite dal Mipaaf, alla vigilanza,
alla tutela e alla salvaguardia della
DOP e della IGP da abusi, atti di
concorrenza sleale, contraffazioni, uso
improprio delle denominazioni tutelate
e comportamenti comunque vietati dalla
legge.
Agli stessi è affidata inoltre la gestione
dei marchi in quanto segni distintivi
della conformità ai disciplinari di
produzione.
A tali funzioni si aggiunge la
collaborazione con l’Ispettorato centrale
repressione frodi (ICQRF), ai sensi del
DM del 12 ottobre 2000.
18
Come sono
composti
Per ottenere il riconoscimento ministeriale,
un’associazione deve rappresentare
almeno i 2/3 della produzione verificata
dall’organismo di controllo e ritenuta
idonea alla certificazione. Ciò significa
che una data denominazione deve essere
rappresentata nella compagine sociale del
consorzio dalla maggior parte (2/3) dei
suoi produttori ma i consorzi intervengono
in rappresentanza e a tutela di tutte le
imprese che partecipano alla produzione
della denominazione, siano esse
consorziate o meno.
Il Ministero ha individuato, con due decreti
emanati (e successive modificazioni) il 12
aprile 2000, i criteri di rappresentanza
negli organi sociali dei Consorzi di
tutela delle denominazioni stabilendo i
requisiti di rappresentatività a seconda
della filiera produttiva di appartenenza.
La Legge 526/99 (art. 14) e il DM 410
del 12 settembre 2000 stabiliscono che
i costi derivanti dall’attività del Consorzio
siano posti a carico dei soggetti che vi
aderiscono nonché di tutti i produttori
e gli utilizzatori, anche se non aderenti
(individuati da criteri ministeriali).
Con il Reg. (UE) n. 1151/2012 è
stato rafforzato il ruolo dei consorzi di
tutela. All’art. 45 si stabilisce infatti un
effettivo riconoscimento dei ruoli e delle
responsabilità dei gruppi di produttori ai
quali vengono attribuite ampie prerogative
e viene assegnato il compito di contribuire
alla protezione e alla promozione delle
denominazioni, oltre che supportare lo
sviluppo del settore.
A tal fine viene previsto che gli Stati membri
possano incoraggiare la formazione ed
il funzionamento dei gruppi sul proprio
territorio.
19
Il consorzio di tutela
dell’Aglio Bianco Polesano
DOP
In seguito all’ottenimento
del marchio geografico è
stato costituito il Consorzio
di Tutela dell’Aglio Bianco
Polesano Dop nel dicembre
2010.
Attualmente formato da 32
soci, di cui 7 confezionatori
e 25 produttori, il Consorzio,
che opera trasversalmente
rispetto alle diverse
associazioni di categoria,
Partecipazione Fruit Logistica 2014
promuove il prodotto
aderendo a diverse attività a
livello locale, nazionale ed
internazionale.
Partecipazione Vinitaly 2014
Partecipazione Cibus 2014
Linea Verde 2014
20
Convegno “Diamoci un Aglio al gusto”
(cui ha seguito una promozione presso
i supermercati)
MacFrut 2014
...e nel 2015 l’Aglio
Bianco Polesano DOP
raggiunge anche EXPO
Milano!
Salone del Gusto Terra Madre
Alcune delle iniziative promosse dal
Consorzio di Tutela durante il 2014
21
Il consorzio di tutela
dell’Insalata di Lusia
igp
Il consorzio non ha un
proprio logo identificativo
ma si appoggia al logo del
prodotto IGP. In seguito
all’ottenimento del marchio
geografico è stato costituito
il Consorzio di Tutela
dell’Insalata di Lusia Igp nel
gennaio 2011.
Il Consorzio di Tutela
rappresenta 26 soci,
di cui 20 produttori e 6
confezionatori, ed opera
trasversalmente rispetto
alle diverse associazioni
di categoria, promuove il
prodotto aderendo a diverse
attività a livello locale,
nazionale ed internazionale.
Collaborazione con Consvipo
Orti in festa
Premiazione World Wigwam Circuit
Macfrut 2014
22
Vinitaly
Prove varietali in campo
...e nel 2015 l’Insalata di Lusia IGP raggiunge anche EXPO
Milano!
Partecipazione a Geo & Geo
Servizio su ‘La vita in diretta’
Alcune delle iniziative promosse dal
Consorzio di Tutela durante il 2014
23
Potenzialità
e strategia
Una strategia economica è come una ricetta di cucina: ogni piatto
ne ha una tutta sua, ciascuno chef la interpreta secondo la sua
visione, dipende da tante variabili (tipo di utensili e forno, qualità
dei singoli ingredienti ed esperienza dei cuochi), richiede del
tempo, nonché vari tentatitivi e si può decretarne la validità solo
a posteriori, una volta assaggiato il piatto realizzato. Non è tutto,
ciascun degustatore potrà averne una diversa opinione.
Una buona strategia infatti è il risultato di diverse voci, di un processo
collaborativo cui tutti gli attori sono chiamati a partecipare.
Come osservato, l’Aglio Bianco
Polesano DOP e l’Insalata di Lusia
IGP si differenziano dalle produzioni
convenzionali proprio per il legame
con il territorio d’origine, che conferisce
quelle caratteristiche identitarie e
di unicità necessarie per ottenere il
riconoscimento europeo.
La qualità certificata ed il marchio
assegnato non bastano però a spingere
nel mercato questi prodotti.
Quanto rilevato in prima analisi, infatti,
riguarda la necessità di intraprendere
e perseguire una strategia economica
capace di rendere la differenziazione
effettiva, quindi percepita dal
consumatore, non solo polesano.
Aspetti di comunicazione, promozione
e business sono centrali, in tale
visione, per la definizione di un
percorso strategico in cui gli attori
dell’intera filiera e della società civile
sono chiamati ad adoperarsi per far
conoscere l’eccellenza del proprio
territorio.
24
...Da dove partiamo...
Le ridotte dimensioni del
fenomeno economico,
di nicchia, se da un lato
permettono l’ottenimento
di un prodotto esclusivo
ed altamente selezionato,
dall’altro comportano costi
di produzione elevati rispetto
al prodotto tradizionale,
nonché quantitativi ridotti,
incapaci talvolta di imporsi
nel mercato con un prezzo
adeguato quantomeno alla
remunerazione dei costi
aggiuntivi sostenuti (dinamica
price-taker, per cui le imprese
di piccole dimensioni non
riescono ad influenzare
il prezzo di mercato e
si conformano ad esso,
subendone l’elevata volatilità).
Ciò spiega perché la
sostenibilità economica
di queste produzioni è
costantemente messa in
discussione dagli stessi
produttori, determinando,
insieme ad altri fattori, un forte
problema di engagement,
impegno, a diversi livelli della
filiera.
Insomma, c’è chi non ci crede
e non è disposto a rischiare.
Esiste inoltre un divario tra
produttore e consumatore.
Il consumatore non è
sufficientemente informato sui
marchi geografici ed i loghi
europei che segnalano la
tipologia di prodotto distribuito.
La collaborazione tra le parti
(mondo agricolo, commerciale
e sfera pubblica) è ridotta, le
iniziative promosse restano
isolate e si determina di
conseguenza una dispersione
degli sforzi sostenuti dai
Consorzi di tutela. Così a
livello nazionale e regionale
sono poche le iniziative che
promuovono congiuntamente
i prodotti eccellenti
portabandiera del Made in
Italy.
I profili di criticità descritti, non sono riusciti però ad oscurare il fortissimo potenziale che tali prodotti
presentano. Si pensi al fatto che l’Insalata di Lusia è l’unica insalata con il riconoscimento Igp in
Europa e l’Aglio bianco polesano è considerato l’oro bianco del Polesine già da prima di ottenere
la certificazione europea di qualità.
Proprio a partire dalle potenzialità si sviluppa questo
percorso strategico mirato alla valorizzazione.
25
..iniziamo a ragionare sui fattori da considerare…
PRODOTTO
Territorio
SERVIZIO
COSTI
PACKAGING
Sostenibilità
PREZZO
Mercato
COMUNICAZIONE
Sinergie
IMMAGINE
MARKETING
Come trasformare ‘poco prodotto’ in ‘prodotto per pochi’ ?
S.W.O.T.
Analysis
Analizziamo i
punti di forza e
le opportunità
alla luce delle
possibili minacce e
debolezze:
PUNTI DI FORZA
Prodotto unico
Elevato livello qualitativo
Tracciabilità lungo la filiera
Know-how produttivo
PUNTI DI DEBOLEZZA
Quantità ridotte
Rapporto prezzo-qualità
Comunicazione del valore
Engagement attori
Fattori interni
Fattori interni
OPPORTUNITA’
Premium Price
Identità del marchio
Apertura verso nuovi mercati
Presenza web
MINACCE
Adeguamento prezzo al ribasso
Scarsa credibilità del marchio
Dispersione sforzi rispetto ai mercati target
Minimizzare i processi di digitalizzazione
Fattori esterni
Fattori esterni
Potenzialità
e strategia
26
1
Una strategia di
valorizzazione in sei
(complicatissimi) passi…
Immagine coordinata
L’espressione visiva
dell’identità di marca.
Confezioni, colori, etichette, slogan associati al prodotto, ma anche la scelta dei canali
di vendita ed il tipo di esposizione
prediletta, rappresentano fattori di
differenziazione per il consumatore
e formano l’identità del prodotto
che il marchio individua. Quanto
avviene per i prodotti a denominazione geografica, capaci di
differenziarsi attraverso questi strumenti visivi (e non) è la definizione
di un’identità ancor più profonda
che, se riconosciuta, contraddistingue il prodotto come espressione
delle caratteristiche storico-culturali,
sociali ed ambientali di un territorio, consacrandone quindi la
non-replicabilità. Oltre alla riconoscibilità del prodotto agli occhi
del consumatore, una strategia
di coordinazione dell’immagine
nel caso specifico dei prodotti a
marchio geografico è capace di
estendere agli stessi la reputazione
del territorio da cui provengono e
da cui traggono le loro peculiari
caratteristiche. La tipicità è infatti
uno dei fattori di maggiore appeal
nella comunicazione della qualità
al consumatore (basti pensare al
fenomeno dell’Italian Sounding) ed
è fattore di differenziazione per
eccellenza. Un prodotto tipico è
infatti localizzato, comunemente
ritenuto di qualità superiore (considerato ‘da provare almeno una
volta’) e garanzia di autenticità.
C’è pertanto un reciproco scambio
di immagine tra prodotto e territo-
rio che, se coordinato, permette
un’azione di promozione maggiormente efficace e d’impatto. In altri
termini, il territorio (amministrazione, enti locali, enti per il turismo)
deve investire in queste produzioni
di eccellenza che lo rappresentano.
2
Comunicazione
Nel prodotto a marchio
è insito il know-how produttivo e di competenze
del territorio ad esso associato. Si
tratta quindi di comunicare questo
valore al consumatore affinché la
differenziazione (veicolata dall’immagine coordinata) diventi effettiva, perciò percepita. Per trasformare la domanda latente in domanda
reale, stimolando un comportamento coerente d’acquisto nel
consumatore, occorre una buona
strategia di comunicazione capace
di trasmettere la qualità, l’origine
e l’identità del prodotto. I canali
attraverso i quali diffondere queste
informazioni sono diversi. Senza
trascurare i canali tradizionali, i
social networks, gratuiti per le operazioni principali, consentono oggi
di raggiungere i consumatori di
tutto il mondo e raccontare attraverso immagini, video e comunicati
tutte le informazioni sull’attività dei
consorzi di tutela, dei produttori e
sulle peculiarità del prodotto. La visibilità garantita dai social networks deve però essere supportata da
contenuti aggiornati, multilingue
e verificati. Proprio la facilità di
27
utilizzo degli stessi e la possibilità
di fruizione gratuita genera una
molteplicità di feedback tali per
cui questo tipo di comunicazione
richiede un’attività completamente
dedicata, da coordinarsi con tutti
gli altri canali di promozione e
comunicazione implementati.
Oltre ai social networks, il mondo
del web offre altri strumenti, alcuni
gratuiti, altri a pagamento, che
possono supportare le diverse
campagne di comunicazione:
sito internet, blog, piattaforme di
e-commerce, canale youtube, presenza in siti tematici, marketplace
virtuali, ecc. Tali strumenti si coniugano perfettamente con l’azione
promozionale locale, come ad
esempio le attività di formazione
nelle scuole, che agiscono sui
consumatori potenziali.
Comunicazione ed immagine sono
strettamente collegate, perché
l’una veicola l’altra ed il successo
dell’una è dipendente dalla buona
riuscita dell’altra. La costruzione
di una reputazione positiva del
prodotto è infatti frutto di una rete
efficace di comunicazione.
Questo fattore rappresenta un
aspetto importantissimo della
strategia economica. Numerosi
sono infatti gli esempi di prodotti la
cui qualità è dubbia, in alcuni casi
comunemente riconosciuta come
scadente, ma le cui politiche di
comunicazione, identità di marca
ed immagine sono apprezzate al
punto da garantirne la preferenza
da parte del consumatore.
In questi casi anche il fattore prezzo ha una valenza significativa.
3
Politica di prezzo
Il prodotto ortofrutticolo
presenta un prezzo
maggiormente volatile
rispetto ad altri poiché quantità e
qualità dipendono anche dall’andamento climatico. Ciò premesso,
ci si riferirà ora alla definizione del
prezzo operata con discrezionalità dagli attori che rappresentano
l’offerta.
Il prezzo è parte integrante l’immagine del prodotto, poiché ne
determina il posizionamento nel
mercato ed è un efficace strumento
di comunicazione. La fissazione
del prezzo dipende solo in parte
dalla copertura dei costi, si tratta
infatti di un forte indicatore (strategico) della qualità del prodotto cui
si riferisce, nonché della credibilità del messaggio commerciale
trasmesso attraverso politiche di
comunicazione ed immagine.
In particolare per i prodotti agro-alimentari, beni cosiddetti esperienziali, per cui solo in un secondo
momento rispetto all’acquisto è
possibile verificare la qualità, il
prezzo è un prezioso indicatore
delle caratteristiche del prodotto,
considerato che il consumatore si
trova in una situazione di asimmetria informativa, poiché dispone
di un’informazione parziale ed
incompleta (rispetto al venditore/
distributore) in merito alla qualità
ed alle caratteristiche del bene
scambiato.
Mentre per i beni di consumo
come ad esempio telefonia,
abbigliamento o accessori si può
fare una prova prima dell’acquisto
ed esistono addirittura formule
commerciali del tipo ‘soddisfatti o
rimborsati’, per il cibo l’acquisto
avviene in molti casi ‘alla cieca’.
Per i prodotti ortofrutticoli, in particolare, la qualità dipende da tanti
fattori e un’esperienza negativa
fatta dal consumatore può significare la perdita definitiva della
preferenza.
Per condurre il consumatore verso
un prodotto che non ha mai provato, occorre quindi eliminare qualsiasi tipo di asimmetria informativa,
fornendo più indicazioni possibili.
George Akerlof (Premio Nobel per
l’Economia nel 2001) rappresenta
questo fenomeno descrivendo il
‘Lemon Market’, ovvero il mercato
americano delle auto usate, nel
quale si rischia di imbattersi in
dei veri e propri ‘bidoni’, auto di
scadente qualità.
Egli lo esemplifica ipotizzando
che metà delle auto usate presenti
nel mercato sia di buona qualità,
mentre l’altra metà sia di qualità
scadente. I venditori conoscono la
qualità dell’auto offerta, mentre i
compratori la scoprono solo dopo
l’acquisto (quando è ormai troppo
tardi).
Ciò determina una minore disponibilità alla spesa da parte del
consumatore, poiché egli sa che
una parte delle auto è di qualità
scadente e sarà disposto a pagare
un prezzo minore (medio) rispetto
a quello che avrebbe pagato per
un’auto usata di buona qualità
proprio perché non sa distinguere
la due tipologie di auto, vista l’informazione incompleta. Il prezzo
corrisposto per le auto, quindi,
essendo medio, premia i prodotti
scadenti (sovrastimati) e penalizza
i prodotti di qualità che invece
ricevono un corrispettivo più basso
rispetto al loro valore. Questo
meccanismo porta via via il prezzo
ad abbassarsi provocando l’uscita
dal mercato delle auto di qualità,
penalizzate dall’asimmetria informativa.
In perfetta simmetria informativa,
all’opposto, ciascuna auto sarebbe
venduta ad un prezzo adeguato
alla sua qualità, garantendo la
presenza di entrambe le tipologie
di prodotto e lasciando al consumatore la possibilità di scegliere.
Secondo questa logica, risulta
sbagliato adeguare il prezzo delle
produzioni eccellenti a quello di
produzioni di qualità inferiore.
Quando infatti non si distingue la
qualità, i prezzi si allineano sul
minimo provocando un fenomeno di selezione avversa (adverse
selection), oltre all’uscita dei beni
di qualità dal mercato.
28
Al contrario, coordinando le
proprie politiche di comunicazione
ed immagine, capaci di educare il
consumatore, è possibile raggiungere un premium price, sfruttando
il vantaggio di differenziazione.
Con questo termine si indica un
prodotto che per il suo maggior
livello qualitativo o per i particolari
significati e valori emozionali che
suscita o per le peculiari proprietà
(organolettiche, nutrizionali) che
presenta, consente la fissazione di
un prezzo di vendita superiore a
quello di prodotti simili, ma meno
qualificati.
Le certificazioni di indicazione
geografica bene si prestano a
trasmettere questo valore aggiunto
e quindi il raggiungimento del
premium price, che rappresenta
sia un ‘premio’ per il consumatore,
considerati qualità e valore aggiunto del prodotto dal prezzo elevato,
sia un premio per il produttore/
distributore in termini di rendita
ottenuta.
4
Valore aggiunto
Essenziale rispetto
alle componenti della
strategia descritte, risulta
la definizione del valore aggiunto
da trasmettere al consumatore,
di pari passo con l’informazione
veicolata. Oltre alla qualità intrinseca, infatti, una buona politica
di prodotto prevede ad esempio
un servizio aggiuntivo rispetto al
prodotto stesso, in particolare se si
vuole sostenere un premium price.
Dai più semplici consigli d’utilizzo
(nel caso dei prodotti agroalimentari: ricette culinarie, modalità di
conservazione, usi secondari,
curiosità) fino allo sviluppo di
servizi di personalizzati, consegna
a domicilio, lavorazione e trasformazione del prodotto, confezionamento, ecc. .
Si tratta di arricchire l’offerta
operando una differenziazione a
tutto tondo, in linea con il tipo di
mercato cui il prodotto si rivolge.
5
Sinergie
L’unione fa la forza.
Non si tratta solo di un
modo di dire ma di una
vera e propria mossa strategica
per fortificare l’azione promozionale e lo sviluppo di nuove opportunità che solo la collaborazione tra i
diversi attori può palesare. Sinergie sviluppate a diversi livelli della
filiera permettono di dividere costi,
investimenti e mezzi, ma soprattutto
generano il cosiddetto knowledge
spillover, ovvero l’effetto di ricaduta della conoscenza prodotta
dai diversi attori, forte motore per
l’innovazione. In altri termini, i
rapporti collaborativi favoriscono
lo scambio reciproco di competenze (soprattutto a livello informale),
che solitamente avviene quando
le imprese sono geograficamente
concentrate (distretto produttivo).
Per i prodotti a marchio geografico, ad esempio, sviluppare attività
promozionali congiunte rappresenta una strada di successo più che
per i prodotti tradizionali. Ciò per-
ché essi rappresentano il territorio
d’origine la cui unicità è fatta salva
anche all’interno della sinergia
instaurata. Spesso si assiste al
coinvolgimento di tutta la filiera circostante la produzione eccellente,
anche fisicamente contigua, che
determina una catena del valore
efficiente ed innovativa. Immaginiamo inoltre la valorizzazione
congiunta (campagne promozionali ad hoc) di prodotti a marchio
geografico quali: Insalata di Lusia
IGP, Aglio bianco polesano DOP,
Aceto balsamico di Modena IGP,
Olio d’oliva del Garda DOP, Mozzarella di bufala campana DOP,
Pomodoro di Pachino IGP, ecc.;
questa combinazione (non solo di
consorzi, ma anche di prodotti affini a livello culinario) consentirebbe
il raggiungimento di canali promozionali più efficaci dal punto di
vista del numero di utenti raggiunti
con un investimento ridotto rispetto
a quello che i singoli consorzi di
tutela dovrebbero sostenere per
raggiungere lo stesso risultato,
La qualità del prodotto è
imprescindibile collante delle
diverse iniziative e trasversale
ingrediente di qualsiasi ricetta
strategica di successo.
29
investimento talvolta irraggiungibile
singolarmente per molte realtà produttive locali. Un’altra sinergia di
successo potrebbe rivelarsi quella
con la ristorazione, sia stellata sia
locale, capace di esaltare il valore
delle produzioni agroalimentari
di qualità. Azioni di marketing
congiunte rappresentano un altro
livello di collaborazione vincente.
Insomma, è il caso di dire: l’eccellenza fa la forza. Ed è un gioco di
squadra.
6
Mercati
Ultimo punto di questo
abbecedario strategico
per le produzioni polesane eccellenti è l’individuazione
dei mercati-obiettivo, aspetto che
deve essere affrontato, in realtà,
a priori rispetto a qualsiasi azione
strategica si decida di intraprendere, in quanto condiziona l’intero
approccio economico da adottare.
Tutti gli aspetti sopracitati dipendono dal tipo di mercato che si
vuole raggiungere. Basti pensare
ai meccanismi di comunicazione
necessari per imporsi in un mercato estero, a partire dalla lingua,
oppure alle implicazioni commerciali divergenti in base alla tipologia di distributori prescelta (GDO,
gastronomia, ho.re.ca., vendita al
dettaglio). Nel caso del marchio
geografico, diversi canali distributivi sono particolarmente idonei
alla valorizzazione dei prodotti a
denominazione, non solo la grande distribuzione organizzata infatti
permette di raggiungere il consumatore. Online marketplaces,
gastronomia selezionata, venditori
locali al dettaglio e farmer’s market
assolvono il compito; ciascun
prodotto seguirà le vie maggiormente in linea con le caratteristiche
che presenta (si pensi alla catena
del freddo per un ortaggio come
l’insalata che presenta un elevato
grado di deperibilità).
Il marchio geografico a livello internazionale
La tutela dei prodotti a marchio geografico è definita in ambito internazionale da specifici accordi che regolano la protezione della proprietà intellettuale. Esistono diverse tipologie di accordi in materia e nuove convenzioni e trattati saranno
stipulati negli anni a venire considerata la crescente importanza delle produzioni di qualità, spesso oggetto di contraffazione e vittima di fenomeni imitativi. Centrale è il tema del riconoscimento delle indicazioni geografiche europee nella
trattativa in corso tra UE e USA nell’ambito del TTIP (Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti).
GLI ACCORDI INTERNAZIONALI
MULTILATERALI
A livello internazionale esistono
regimi di protezione delle indicazioni
geografiche basati sulla registrazione, come quello europeo e quello
sancito dall’Accordo di Lisbona, ma
anche regimi che prescindono dalla
registrazione, come la Convenzione
d’Unione di Parigi, l’Accordo di Madrid e l’Accordo TRIPs. Tali regimi,
fissati da accordi bilaterali e multilaterali, differiscono per Paesi firmatari,
efficacia della protezione, tipologia
di tutela e definizioni. La Convenzione d’Unione di Parigi (CUP), stipulata
nel 1883, ha introdotto una tutela
contro l’indiretta o diretta utilizzazione di una falsa indicazione della
provenienza del prodotto, anche
tramite l’applicabilità del sequestro
all’importazione. I Paesi firmatari
(176) si sono impegnati reciprocamente a tutelare con efficacia i
prodotti, garantendo ai cittadini degli
altri Stati, gli stessi diritti in materia di
marchi previsti per i propri cittadini.
Con l’Accordo di Madrid (1891),
oggetto di revisione nel 1958, si è
introdotta, per i 56 Paesi aderenti,
una procedura semplificata con cui,
tramite il deposito di una domanda
di registrazione del marchio presso
la sede dell'OMPI (Organizzazione
Mondiale della Proprietà Intellettuale,
una delle agenzie specializzate delle
Nazioni Unite, creata nel 1967 con
la finalità di incoraggiare l'attività
creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel
mondo, conta 187 stati membri
e regola 24 trattati internazionali)
a Ginevra, è possibile ottenere il
riconoscimento in tutti gli Stati contraenti. Dopo la pubblicazione del
marchio internazionale nel Registro
Ufficiale, le amministrazioni dei Paesi
indicati nella domanda possono
rifiutare la registrazione del marchio.
Tale accordo prevede la repressione
delle indicazioni di provenienza
false tramite sanzioni specifiche
nazionali, richiamando la disciplina della concorrenza sleale. Nel
1958, con l’Accordo di Lisbona si è
introdotta la registrazione nel Paese
d’origine per la tutela, introducendo
la presunzione di legittimità della
denominazione di origine registrata, subordinata alla sussistenza del
cosiddetto ‘milieu géographique’.
Tale accordo ha l’obiettivo di garantire una protezione contro ogni
usurpazione od imitazione (anche
se l’origine indicata è corretta) o nel
caso in cui la denominazione venga
utilizzata in una forma tradotta o sia
accompagnata da espressioni quali
‘genere’, ‘tipo’, ‘stile’, ‘imitazione’
Come garantire
tutela alle
produzioni
eccellenti negli
scambi commerciali
internazionali
30
Come generare
un vantaggio
competitivo
nel mercato
internazionale
o simili. Tale accordo, tuttavia, ha
limitata efficacia a causa del ridotto
numero di Paesi firmatari, solo 28.
Il 20 maggio 2015 si è tenuta la
Conferenza Diplomatica dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà
Intellettuale (OMPI) a Ginevra, per
l’adozione del Nuovo Atto dell’Accordo di Lisbona per la protezione
delle denominazioni d’origine e la
loro registrazione internazionale.
L'Atto di Ginevra introduce elementi
di flessibilità nell'Accordo di Lisbona, come ad esempio la possibilità
per i gruppi di operatori dei paesi
contraenti di presentare direttamente
la domanda di registrazione internazionale e la possibilità di introdurre
tasse per l’esame sostanziale di una
domanda di registrazione per i paesi
che lo prevedono. Tali regole rendono il sistema appetibile ai paesi che
proteggono le indicazioni geografiche attraverso i marchi commerciali,
come gli Stati Uniti, lasciando la
possibilità a ciascun paese di rifiutare la protezione di un’indicazione
geografica estera nelle loro giurisdizioni se, ad esempio, il nome in
oggetto è già stato precedentemente
registrato. Queste molteplici sfaccettature rappresentano parte dei profili
di criticità dei negoziati in corso
tra UE e USA per la definizione del
Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti (TTIP), oggetto
di trattazione del paragrafo seguente; alla base della trattativa vi è la
disciplina introdotta dall’Accordo
sugli aspetti commerciali dei diritti di
Proprietà Intellettuale (TRIPs), accordo
multilaterale amministrato dal WTO e
concluso nel 1994 (Allegato 1C del
Trattato di Marrakech). Tale accordo,
ratificato da tutti i 160 Paesi aderenti, concerne gli aspetti commerciali
legati ai diritti di proprietà intellettuale e rappresenta tuttora il più
importante trattato internazionale in
materia di indicazioni geografiche.
Nell’accordo TRIPs, per la prima
volta, si è data una definizione di
indicazione geografica (art. 22),
come di indicazione che designa un
prodotto originario di un determinato
luogo quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche
del prodotto siano essenzialmente
attribuibili alla sua origine geografica, tentando di trovare una soluzione
all’estensione della tutela, al rapporto
con i marchi e alla genericità dei
nomi. La disciplina introdotta con
questo accordo, infatti, stabilisce che
le parti interessate debbano disporre
di mezzi legali per impedire l'uso di
indicazioni che possano ingannare
il pubblico circa l'origine geografica
dei prodotti e tutelarle rispetto alla
concorrenza sleale, ai sensi dell'articolo 10 bis della Convenzione di
Parigi (art. 22.2). Inoltre, la registrazione di un marchio che usi un’indicazione geografica in modo tale
da indurre in errore il consumatore
quanto al vero luogo di origine del
prodotto deve essere rifiutata o invalidata ex officio se la legislazione lo
consente oppure su richiesta di una
parte interessata (art. 22.3). Infine,
l'articolo 23 prevede che le parti
interessate debbano avere i mezzi
legali per impedire l'uso di un'indicazione geografica che identifica vini
non originari del luogo designato
dall'indicazione geografica. Ciò anche quando il consumatore non è indotto in errore, non c'è concorrenza
sleale e la vera origine della merce è
indicata o l'indicazione geografica è
accompagnata da espressioni quali
"genere", "tipo", "stile", "imitazione"
o simili. Una simile protezione deve
essere data anche alle indicazioni
geografiche che identificano alcolici
e da ciò consegue anche la protezione contro la registrazione di un
marchio che violi tali principi.
GLI ACCORDI INTERNAZIONALI
BILATERALI
L’Unione Europea è impegnata a
livello internazionale nella definizione
di accordi bilaterali per favorire gli
scambi commerciali e l’apertura di
nuovi mercati nei quali sia garantito
un elevato livello di tutela ai prodotti
di qualità europei. In quest’ambito,
soprattutto a causa dei fenomeni
di contraffazione imitativa che
danneggiano i prodotti del comparto
agro-alimentare, anche se protetti
da indicazioni geografiche o
denominazioni di origine secondo
la normativa UE (es. caso dell’Italian
Sounding), la tutela delle produzioni
agroalimentari di qualità rappresenta
uno dei punti principali delle
trattative, in particolar modo per
quanto riguarda i recenti negoziati
con Canada (Accordo Economico
e Commerciale Globale, CETA) e
Stati Uniti (Partenariato Transatlantico
su Commercio e Investimenti, TTIP).
31
Nel nuovo accordo CETA, concluso
tra Unione Europea e Canada ed
attualmente oggetto del processo di
ratifica, la definizione di indicazione
geografica ripercorre quella stabilita
nel TRIPs, anche se non si fa più
riferimento ai prodotti in generale ma
si specifica che si tratta di prodotti
agricoli e alimentari (escludendo perciò
lana, cuoio, cotone, vimine, lino,
ecc., elencati nelle classi di prodotto
all’allegato II del TRIPs). La disciplina
stabilita dal CETA protegge sul mercato
canadese numerosi prodotti agricoli
europei con un’origine geografica
specifica, riconoscendo uno status
speciale rispetto alla normativa
canadese. Per un numero limitato di
IG inoltre è prevista la coesistenza con
i marchi antecedentemente registrati
e saranno individuate soluzioni ad
hoc per il conflitto di indicazioni
geografiche con nomi considerati
generici. All’articolo 7 dell’accordo
sono infatti elencati i principi
applicabili, mentre le disposizioni
specifiche per alcuni nomi e classi
di prodotto sono contenute negli
allegati, tre in totale. Le indicazioni
geografiche europee che il Canada
deve proteggere (173) sono elencate
nell’allegato I parte A (si consideri che
vini e bevande spiritose sono oggetto di
un separato accordo tra UE e Canada
dal 2004 e non sono pertanto inclusi
nel CETA). Rispetto a questa lista di
indicazioni geografiche protette ci sono
alcune eccezioni, descritte dall’articolo
7.6 dell’Accordo; in relazione ad
Asiago, Feta, Fontina, Gorgonzola e
Munster, il Canada non sarà tenuto
a impedire il loro uso se questi nomi
sono accompagnati dai termini
“genere”, “tipo”, “modo”, “imitazione”
o “simili” e riportano l’indicazione
visibile della vera origine. Inoltre,
i produttori canadesi di formaggio
che abbiano fatto uso di questi nomi
prima del 18 Ottobre 2013, nonché
i loro successori e assegnatari,
possono continuare a farlo. Si tratta
di un compromesso volto a risolvere
le divergenze di catalogazione di
alcuni nomi ritenuti specifici in Europa
ma generici in Canada. L’articolo
7.6.5 dell’Accordo pone infatti una
condizione di coesistenza: se i marchi
sono stati richiesti o registrati in buona
fede, prima della data di sottoscrizione
dell’Accordo, sono validi ed i
proprietari avranno diritto a usarli anche
se essi sono identici ad un’indicazione
geografica contenuta nell’Allegato I. La
lista di nomi registrabili come marchio
in Canada è contenuta nell’Allegato
II(a) e stabilita dall’articolo 7.6.1. Altri
nomi sono inseriti nell’Allegato II(b) e
ad essi si applica un’ulteriore differenza
rispetto ai marchi. La gestione del
controverso rapporto tra marchio ed
indicazione geografica nei rapporti
commerciali bilaterali si presenta anche
nelle trattative in corso tra Unione
Europea e Stati Uniti, per quanto
concerne il Partenariato Transatlantico
su Commercio e Investimenti (TTIP). Gli
Stati Uniti aderiscono alle principali
convenzioni internazionali in materia
di tutela dei marchi; hanno infatti
ratificato il Protocollo di Madrid nel
2003, aderito alla Convenzione di Parigi per la
tutela della proprietà industriale al pari di altri 168
paesi ed hanno ratificato l’accordo TRIPs, stipulato
in occasione dell’Uruguay Round. Attualmente, nei
negoziati con l’Unione Europea, sono impegnati
nella definizione della protezione da riservare alle
indicazioni geografiche europee negli USA. La
disciplina delle indicazioni geografiche è tuttavia
oggetto di dibattito a causa della difficoltà da
parte degli Stati Uniti di garantire un’effettiva
tutela alle denominazioni europee. Nonostante
le disposizioni stabilite all’articolo 22 del TRIPs,
infatti, negli Usa manca un reale regime di difesa,
si tende anzi a negare la ricostruzione delle
indicazioni geografiche quale diritto di proprietà
intellettuale. Le principali aree della proprietà
intellettuale statunitense, infatti, corrispondono
al settore dei brevetti (Patents), dei marchi
(Trademarks) e del diritto d’autore (Copyright).
Come si evince dalla tabella sottostante,
che riporta un ulteriore differenziazione
delle tipologie di trademark, le
indicazioni geografiche non sono
contemplate, manca una fattispecie
che consideri l’origine geografica come
fattore distintivo.
Trademark
Brand Names
trade dress
Nomi che
caratterizzano
l’identità di un
prodotto
La grafica, il colore
o la forma della
confezione di un
prodotto che
lo identificano
service marks
certification
marks
Indicazione
dell’origine di un
servizio
Identificano prodotti
o servizi
rispondenti a dei
requisiti specifici
collective marks
Identificano i prodotti, i servizi o
i membri di una
organizzazione collettiva
32
Le indicazioni geografiche, come
sottocategoria del marchio, possono
essere tutelate come certification
marks, collective marks e trademarks,
fattispecie che non presentano tuttavia
aspetti di reciprocità con la disciplina
europea e che, inoltre, richiedono
costi elevati di registrazione (compreso
il duplice livello di registrazione
statale e federale) per le imprese
europee, che costituiscono di fatto
una barriera non tariffaria negli
scambi commerciali UE-USA. Inoltre,
il sistema in uso negli Stati Uniti si
avvale della struttura amministrativa
già funzionante per i marchi, e dà
la possibilità a chiunque ne abbia
interesse di opporsi o cancellare
una registrazione di indicazione
geografica, qualora si ritenesse
danneggiato da tale registrazione o
dall’uso continuato della stessa. Come
nel caso del Canada, si ripropone il
problema dei nomi generici: gli Stati
Uniti non tutelano espressioni o segni
di origine geografica che si ritengono
generici per l’indicazione di beni o
di servizi. Un termine o un segno è
considerato “generico” quando il suo
uso sia talmente diffuso da indurre il
consumatore a considerarlo come una
categoria che comprende tutti i beni o
i servizi dello stesso tipo. Tale sistema,
oltre a dare luogo a fenomeni diffusi
di contraffazione imitativa, provoca
alcune alterazioni rispetto al normale
procedimento di riconoscimento delle
indicazioni geografiche negli Stati Uniti,
tra queste: la registrazione di marchi
geografici come marchi individuali, la
registrazione di marchi geografici non
legati al territorio cui sono riferiti e la
registrazione antecedente di un marchio
geografico improprio che impedisce
la legittima registrazione di un’indicazione
geografica perché temporalmente successiva.
Per le piccole e medie imprese (PMI), che
caratterizzano la maggior parte della produzione
agroalimentare europea, queste barriere sono
insuperabili. La registrazione di un trademark
presenta infatti costi elevati per l’ottenimento e
la gestione, senza considerare che non esiste
una fattispecie adatta a catalogare la vera
natura di un’indicazione geografica, perché le
sottocategorie del marchio rispondono ciascuna
ad una diversa caratteristica dell’indicazione
geografica mentre è assente una categoria che
tuteli l’insieme dei fattori che rendono unico un
prodotto cui è assegnato il brand geografico.
Ciò crea un disincentivo alla registrazione per le
imprese europee, scoraggiate dalla complessità e
dall’onerosità del sistema americano.
La tutela europea, invece, trova ragion d’essere
nella valorizzazione del patrimonio rurale delle
proprie campagne, fatto di tradizione produttiva
e cultura locale tramandata da produttori i cui
prodotti, spesso di nicchia, garantiscono una
qualità elevata che, grazie ad una registrazione
economicamente accessibile, è possibile
trasmettere al consumatore finale e quindi
monetizzare. Poiché le soluzioni che si presentano
a livello internazionale per scoraggiare pratiche
anticoncorrenziali ed illecite non sono sufficienti,
oltre a risultare impraticabili per le piccole e medie
imprese, la posizione dell’Unione Europea durante
i cicli di negoziato è sempre stata rigidamente
ancorata sulla protezione del proprio modello
agricolo, al fine di tutelare le proprie produzioni
tradizionali (attualmente circa 3180 indicazioni
geografiche nei diversi Stati membri) e gli
standard di sicurezza.
L’Unione Europea tutela attualmente circa 3180 prodotti
agroalimentari di qualità nei diversi Stati membri
33
I
l percorso individuato, frutto di una prima
indagine sul fenomeno economico e sociale
rappresentato dai prodotti a marchio geografico,
evidenzia soprattutto il potenziale, ancora
inespresso, dell’Aglio Bianco Polesano DOP e
dell’Insalata di Lusia IGP. Il formato scelto per
rappresentarlo si deve alla volontà di mettere in
pratica alcuni dei suggerimenti strategici elencati.
Comunicazione, immagine, innovazione. In questa
prospettiva, ciò che le produzioni d’eccellenza
potranno raggiungere sarà soprattutto
una crescita. Non solo commerciale, ma di
consapevolezza ed ulteriore qualità.
La volontà di soffermarsi sul potenziale e di non
elencare i problemi che attualmente rallentano
il successo di tali prodotti non rappresenta il
desiderio di minimizzarli e guardare altrove, anzi.
E’ una questione di strategia.
Per il produttore, che può riflettere sul valore
aggiunto non ancora creato, per gli operatori, che
avranno modo di influenzare politiche ed iniziative
scegliendo le sfide sulle quali puntare ed infine per
il consumatore, che ha l’arduo compito di scegliere
e premiare la qualità con il suo comportamento
d’acquisto.
To be continued...
34
Quanto
ne sappiamo?
R i su l t ati:
Chef Stellato
Maggioranza di risposte
B
Per te non ci sono più segreti, domini il campo dei
prodotti a marchio! Saresti in grado di riconoscerli
anche in una terra straniera e sei il consumatore
ideale per le eccellenze enogastronomiche,
tu sì che parli come mangi!
Alla grande!!
Buon intenditor
Maggioranza di risposte
Bocca buona
Maggioranza di risposte
c
L’agroalimentare è il tuo pane quotidiano, ma la tua
preparazione può ancora migliorare. Sebbene tu
non abbia ancora raggiunto la competenza di uno
chef stellato, te ne intendi e nonostante qualche gaffe
nozionistica, fiuti la qualità da lontano e la scelta non
ti spaventa!
Continua così, diventerai cintura nera del gusto!!
a
Ignori con eleganza gran parte delle caratteristiche
dei prodotti a marchio, però ne sei consapevole e
provi in tutti i modi, con nonchalance, a scegliere
tra i diversi prodotti stilando una tua personale
e completamente inventata classifica basata sul
rapporto prezzo-qualità!
Incorreggibile, ma con classe!!!
Scarpe al chiodo
Maggioranza di risposte
D
Arrenditi! Sfrecciare con il carrello tra DOP, STG, IGP
e Bio non fa proprio per te! Preferiresti trovarti in un
supermercato giapponese, dove sei consapevole di
ignorare il significato di qualsiasi simbolo, piuttosto
che interrogarti sulle sigle dei prodotti a marchio, veri
e propri misteri, quando si tratta di scegliere!
A cura di Claudia Capello, classe 1990, laureata in Economia Internazionale presso
l’Università degli Studi di Padova
CREDITI E CONTATTI
Associazione Polesana Coldiretti Rovigo
Via Alberto Mario n. 19 - Rovigo
0425 2019
Consorzio di Tutela dell’Insalata di Lusia IGP
Via Provvidenza n. 25/3 - Lusia (RO)
www.insalatalusia.it
0425 607024
Consorzio di Tutela dell’Aglio Bianco Polesano DOP
Piazza Garibaldi n. 6 - Rovigo
www.agliodop.it
0425 426428