IL VALORE DELLE DENOMINAZIONI
Transcript
IL VALORE DELLE DENOMINAZIONI
Il valore delle DEnominazioni Viaggio alla scoperta dell’origine, tra potenzialità e strategia Tecnica Territorio Tradizione Insalata di Lusia IGP Ma 100 de in P % ole sine Cosa certifica il marchio geografico? Aglio Bianco Polesano DOP GENNAIO - OTTOBRE 2015 Progetto promosso dall’Associazione Polesana Coldiretti Rovigo Borsa di Studio Napoleone Sartori POLESINE Il prezzo dei prodotti a marchio rispetto agli altri: Quanto ne sappiamo? Per ottenere il marchio geografico (DOP, IGP) i produttori devono: A - dipende dalla confezione B - dovrebbe essere maggiore C - dovrebbe essere uguale D - dovrebbe essere inferiore Un Consorzio di tutela: A - è garante della privacy B - vigila sul marchio geografico e lo promuove C - valorizza i singoli produttori D - ha finalità commerciali A - Concorrere B - Consorziarsi C - Fare rete D - Fare un brevetto Un prodotto a marchio geografico si può comprare: Il prodotto con l’etichetta Bio (Biologico) è: A - un prodotto a lunga conservazione B - un prodotto certificato C - un prodotto senza conservanti D - un prodotto privo di calorie Scopri i risultati a pagina: Il marchio geografico (DOP, IGP) è regolato: 34 Il Disciplinare di produzione di un prodotto indica: A - Le proprietà organolettiche B - Le regole di produzione C - Le tecniche di produzione D - I valori nutrizionali A - solo dal produttore B - anche nei supermercati e presso i rivenditori al dettaglio C - esclusivamente nei negozi di frutta e verdura; D - solo in pescheria A - A livello internazionale B - A livello unionale C - A livello nazionale D - A livello mondiale Il marchio geografico (DOP, IGP) è: A - Un’etichetta B - Una certificazione C - Una garanzia D - Un brand L’acronimo IGP significa: L’acronimo DOP significa: A - Identificazione Geografica Particolare B - Indicazione Geografica Protetta C - Indicazione Geografica Particolare D - Identità Geologica Particolare A - Derivazione d’origine protetta B - Denominazione d’origine protetta C - Denominazione originaria protetta D - Derivazione originaria particolare L a valorizzazione è un percorso. Un viaggio verso la fonte, verso l’origine delle cose per coglierne l’essenza, il significato, il valore. Questo valore, generato dall’origine geografica, produttiva e dalla tradizione, viene tramandato nel tempo e nello spazio, secondo percorsi vecchi e nuovi, innovativi e, talvolta, consolidati come le radici di una pianta che testimonia l’identità autentica di un popolo e della sua terra. Il Polesine, terra tra i fiumi Adige e Po in provincia di Rovigo, è raccontato da diverse produzioni agricole di eccellenza, la cui qualità è riconosciuta e certificata a livello europeo. Tra queste, l’Insalata di Lusia IGP e l’Aglio Bianco Polesano DOP sono i protagonisti assoluti di questo viaggio alla scoperta dell’origine, tra potenzialità e strategia. Compagni fedeli di questo percorso sono infatti gli acronimi DOP (Denominazione di Origine Protetta) ed IGP (Indicazione Geografica Protetta), che indicano un preciso standard qualitativo del prodotto cui sono abbinati, informando il consumatore sulla presenza di un riconoscimento europeo di autenticità. Oggetto di indagine nel presente elaborato, il marchio geografico è disciplinato a livello europeo in modo uniforme con Bandita dall’Associazione Polesana l’obiettivo di preservare qualità e Coldiretti Rovigo, la Borsa di Studio intitolata allo storico Presidente varietà della produzione agricola, ittica Napoleone Sartori ha permesso ad e dell’acquacoltura europea. una giovane laureata di immergersi In particolare, alla base della tutela nella realtà produttiva agricola di delle denominazioni di origine e delle Rovigo. La presente analisi, frutto di indicazioni geografiche vi è l’obiettivo un’indagine teorica e pratica condotta specifico di garantire ad agricoltori e tra Bruxelles ed il Polesine, ha come produttori una giusta remunerazione, scopo la valorizzazione delle eccellenze allo stesso tempo fornendo ai del territorio. La ricerca è scaturita consumatori informazioni chiare sui dall’esplorazione critica dei processi prodotti che possiedono caratteristiche produttivi, talvolta presentati dagli stessi attori coinvolti ai diversi livelli della uniche derivanti dall’origine geografica, catena del valore. affinché compiano scelte di acquisto Claudia Capello, autrice della consapevoli ed orientate alla pubblicazione, ha infatti lavorato stagionalità dei prodotti. a stretto contatto con i Consorzi di Rispetto a questi obiettivi, il Tutela per approfondire la conoscenza conseguimento del marchio geografico dei meccanismi di filiera, l’attività rappresenta però solo un primo passo. promozionale e gli aspetti di gestione Un percorso strategico coerente del marchio geografico. Senza la deve essere intrapreso a sostegno collaborazione dei produttori coinvolti dell’eccellenza. Quale? Buon viaggio infatti, questo viaggio di scoperta ed analisi non sarebbe stato possibile. alla scoperta dell’origine lungo questo percorso tra potenzialità e strategia! Sommario 1 2 3 4 Il marchio geografico DOP, IGP 6 Cos’è 8 Come si ottiene Made in Polesine 10 aglio bianco polesano dop Identikit Segni particolari Diamo i numeri Curiosità 14 insalata di lusia igp Identikit Segni particolari Diamo i numeri Curiosità Consorzi di tutela 18 Che funzione svolgono 19 Come sono composti 20 Focus consorzi Potenzialità e strategia 25 da dove partiamo 26 analisi swot 27 una strategia in sei (complicatissimi) passi 5 6 N Il marchio geografico a livello internazionale 30 Accordi internazionali multilaterali 31 accordi internazionali bilaterali 34 Riflessioni conclusive on tutti sanno che….… Le indicazioni geografiche sono disciplinate da quattro regolamenti principali attualmente oggetto del dibattito sulla semplificazione e sull’estensione della tutela anche alle indicazioni geografiche non agricole (Reg. (UE) n. 1151/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, Reg. (CE) n. 110/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle bevande spiritose, Reg. (UE) n. 1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio sul vino e Reg. (UE) n. 251/2014 sui vini aromatizzati). Il Regolamento (UE) n. 1151/2012, in particolare, detta le norme di base sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari; la sua disciplina è approfondita dai Reg. delegato 664/2014, Reg. delegato 665/2014 e Reg. di esecuzione 668/2014. Le norme stabilite dai regolamenti mirano a conseguire un maggiore livello di informazione e trasparenza delle produzioni agroalimentari nei confronti dei consumatori, nonché a stabilire un adeguato regime di tutela dei prodotti tradizionali europei. Il marchio di indicazione geografica, infatti, è concesso a prodotti agricoli ed alimentari che abbiano superato l’iter di registrazione a livello nazionale ed europeo senza opposizione, dimostrando l’uso tradizionale (trentennale) sul mercato nazionale, la cui produzione avvenga secondo precise modalità e standard contenuti nel disciplinare, redatto per la presentazione della domanda di registrazione secondo i parametri previsti dall’art. 7 del Reg. 1151/2012, che rappresenta per il consumatore una garanzia di autenticità e sicurezza. I produttori che immettono nel mercato un prodotto ad indicazione geografica sono infatti controllati a diversi livelli e durante tutte le fasi della catena del valore (titolo V, Capo I). L’Italia, attualmente prima tra i paesi europei per numero di registrazioni, conta 274 prodotti agricoli ed alimentari a marchio (DOP, IGP, STG), 523 produzioni di qualità vinicole (DOP, IGP), distribuite in tutto il territorio nazionale, con il primato di Veneto e Toscana, rispettivamente 88 e 86 registrazioni di produzioni alimentari e vinicole di qualità. Il valore complessivo di tali produzioni agroalimentari e vinicole, considerando anche il vino imbottigliato e l’export, secondo le ultime stime, si attesta attorno ai 13,7 miliardi di euro (Fonte: ISMEA). Si sono svolti a Expo Milano il 15 giugno 2015 gli Stati generali delle Indicazioni geografiche italiane, alla presenza del Ministro per le politiche agricole e forestali Maurizio Martina. Sul fronte nazionale e internazionale l’impegno del ministero per la tutela si sviluppa lungo cinque strade: il rilancio dei consumi sul mercato italiano grazie ad un accordo siglato durante l’evento con la grande distribuzione organizzata, il contrasto alla contraffazione online e offline, il focus sulle indicazioni geografiche nel piano per il sostegno all’export del Made in Italy, la difesa del sistema delle denominazioni a livello internazionale ed infine il testo unico sulle denominazioni di origine protetta per semplificare le norme a favore di imprese e consorzi di tutela. In particolare, il Ministero delle politiche agricole e forestali, attraverso l’Ispettorato repressione frodi (ICQRF), ha concluso un accordo con i più grandi player mondiali dell’e-commerce, e-Bay e Alibaba, con l’obiettivo di garantire ai prodotti DOP e IGP italiani una tutela in rete pari a quella che ricevono i grandi marchi commerciali. E’ Cos’è? un’informazione puntuale sulla provenienza del prodotto agroalimentare cui è associato, la cui valenza è spesso paragonata erroneamente a quella del marchio commerciale. La disciplina giuridica che definisce la tutela delle indicazioni geografiche (DOP, IGP), infatti, traccia un percorso parallelo e mai coincidente rispetto alle norme che tutelano la proprietà industriale del marchio commerciale. Le due fattispecie, che indicano l’origine di un prodotto, l’una geografica e l’altra commerciale, comportano come risultato l’uso esclusivo del marchio relativamente ad un prodotto specifico (per il singolo produttore nel caso del marchio commerciale e per un gruppo localizzato di produttori nel caso dell’indicazione geografica) ma differiscono per presupposto, scopo e modalità d’utilizzo. Mentre le indicazioni geografiche si pongono a tutela di una tradizione culturale e produttiva del territorio, il presupposto del marchio commerciale è la ricerca di un vantaggio competitivo nel mercato. Lo scopo di quest’ultimo infatti è la differenziazione dai competitors; motivo per il quale spesso si rilevano nomi commerciali che esulano dalla tipologia del prodotto stesso cui sono legati, ma che hanno un maggiore appeal verso il consumatore, oppure si riferiscono all’identità del produttore stesso (es. ‘Yoga’- trasformazione frutta, ‘Sasso’- olio di oliva, ‘Rana’lavorazione pasta fresca). Nell’etichetta dei prodotti ad indicazione geografica, all’opposto, al marchio di origine (DOP, IGP) è accompagnata la descrizione del prodotto ed il territorio di provenienza (es. Insalata di Lusia IGP, Aglio Bianco Polesano DOP) tanto che il marchio aziendale ed il marchio geografico coesistono e sono entrambi associati al prodotto. Il marchio geografico 6 Le produzioni che ottengono il marchio geografico, inoltre, rispettano un rigido disciplinare di produzione. Secondo quanto previsto dall’art. 7 del Reg. (UE) n. 1151/2012, il disciplinare deve contenere almeno: il nome, da proteggere come denominazione di origine o indicazione geografica, utilizzato nel commercio o nel linguaggio comune; la descrizione del prodotto, comprese eventualmente le materie prime e le principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche del prodotto; la definizione della zona geografica cui si riferisce la denominazione, gli elementi che dimostrano che il prodotto è originario della zona geografica indicata (e delimitata), la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto e dei metodi locali, leali e costanti; le informazioni sul confezionamento, quando previsto nella zona geografica delimitata, il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico o il legame fra una data qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica, l’indicazione degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare e i relativi compiti specifici ed infine qualsiasi regola specifica per l’etichettatura del prodotto in questione. Tutte le informazioni elencate, contenute nel disciplinare, sono a disposizione del consumatore e determinano per i produttori un preciso standard qualitativo cui attenersi. Marchio Commerciale VS Indicazioni Geografiche Diritto di proprietà industriale che tutela qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, in particolare parole (compresi i nomi di persone), disegni, lettere, cifre, suoni, forma di un prodotto o della confezione di esso, combinazioni o tonalità cromatiche, purché sia idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli delle altre. definizione Diritto di proprietà industriale che tutela l’utilizzo del nome di un paese, una regione o una località quando sia adottato per designare un prodotto che ne è originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute essenzialmente all’ambiente geografico di origine. Privato – proprietà privata regime proprietario Collettivo – proprietà pubblica (ma non si tratta di nomi generici) Un marchio commerciale ha le caratteristiche di: Prodotto a Denominazione di origine protetta (DOP) è: a) originalità, deve avere carattere distintivo. Deve cioè essere composto in modo da consentire l’individuazione dei prodotti contrassegnati fra tutti i prodotti dello stesso genere presenti sul mercato; b) verità, il principio della verità vieta di inserire nel marchio “segni idonei ad ingannare il pubblico”, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi; c) novità, non deve essere stato usato in precedenza come marchio, ditta o insegna per prodotti o servizi identici o simili a quelli per cui se ne richiede la registrazione, non deve consistere esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio. Il requisito di novità è un aspetto complementare ma distintivo rispetto all’originalità; d) liceità, non deve contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, stemmi o altri segni protetti da convenzioni internazionali, ovvero segni lesivi di altrui diritti. REGOLAMENTO (CE) 207/2009 sul marchio comunitario a) originario di un luogo, regione o, in casi eccezionali, di un paese determinati; b) la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi intrinseci fattori naturali e umani; c) le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata. caratteristiche Prodotto a Indicazione geografica protetta (IGP) è: a) originario di un determinato luogo, regione o paese; b) alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche; c) la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata. Si individua un prodotto dalla tradizione almeno trentennale normativa di riferimento REGOLAMENTO (UE) N.1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari * Diverso è il caso della Specialità Tradizionale Garantita (STG) che individua un prodotto con caratteristiche intrinseche o di produzione legate ad una tradizione territoriale precisa indipendentemente dal luogo in cui è viene realizzato (es. Pizza napoletana). 7 A Come si ottiene? livello nazionale, secondo quanto previsto dall’art. 49 del Reg. (UE) n. 1151/2012, la procedura di concessione delle indicazioni geografiche si snoda nelle seguenti fasi: 1 presentazione della domanda di riconoscimento per un determinato prodotto (contenente la descrizione dei fattori di identificazione dello stesso, l’origine storica nel territorio indicato ed il disciplinare di produzione) presso il Ministero delle politiche agricole e forestali ad opera di un’organizzazione associativa che riunisca tutti gli operatori interessati da quella produzione; 2 valutazione e verifica della rispondenza delle caratteristiche del prodotto candidato e della documentazione presentata rispetto ai requisiti individuati dalla normativa europea, quindi pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana; 3 trasmissione della domanda alla Commissione Europea da parte del Ministero, solo in seguito ad un periodo ragionevole di pubblicazione (solitamente 30 giorni) nel quale ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita o residente nel territorio nazionale possa fare opposizione alla domanda e successivamente ricorso; 4 ricezione da parte della Commissione Europea della domanda di registrazione ritenuta idonea a livello nazionale affinché verifichi a sua volta la rispondenza dei requisiti con il regolamento sopracitato. Se l’esame ha esito favorevole, la domanda viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ed il periodo di opposizione dei portatori di interesse legittimo è aperto per i tre mesi successivi (art. 51); 5 i prodotti agricoli e alimentari che, seguendo l’iter descritto, sono stati registrati e/o i cui disciplinari devono essere modificati o stanno affrontando il percorso per ottenere la registrazione sono inseriti in un elenco pubblico e costantemente aggiornato, consultabile in ogni momento dai cittadini di ciascuno Stato membro (http://ec.europa.eu/ agriculture/quality/door/). Per i vini esiste inoltre un registro specifico (http:// ec.europa.eu/agriculture/markets/ wine/e-bacchus/). Il marchio geografico 8 Il prodotto registrato a livello europeo potrà fregiarsi del marchio DOP o IGP e si costituirà divenendo operativo il Consorzio di Tutela del prodotto, organo di rappresentanza dei produttori interessati dal marchio geografico. Non solo, il prodotto registrato sarà da quel momento sottoposto ad un duplice livello di controlli, pubblici e privati (ad opera dell’ente terzo certificatore riconosciuto a livello ministeriale) lungo le diverse fasi della catena del valore. Tale sistema, articolato e complesso, garantisce ai cittadini europei trasparenza e qualità delle produzioni certificate. Allo stesso tempo, conferisce un riconoscimento ai produttori che mantengono pratiche produttive tradizionali e qualitativamente elevate, spesso sostenendo costi maggiori che il mercato non remunera. Perché scegliere un prodotto a marchio geografico? Perché è una questione d’origine. Perché si partecipa alla valorizzazione del patrimonio rurale delle proprie campagne, fatto di tradizione produttiva, competenza e cultura locale. Perché si tratta di prodotti di nicchia che garantiscono una qualità elevata e non sono replicabili altrove. Perché non sono frutto della delocalizzazione e perché hanno una provincia di nascita, proprio come noi. 9 Aglio made in Bianco Polesano DOP Bianco bulbo dal profumo intenso, protagonista indiscusso del folklore popolare, ingrediente segreto di molti piatti stellati, l’aglio è famoso in tutto il mondo. Ma l’aglio bianco polesano è speciale, inconfondibile. Con Il suo aroma persistente, la sua forma regolare, il suo colore bianco particolarmente lucente ed un’elevata preservabilità, vanta una tradizione secolare. I Romani lo coltivavano nel territorio tra il I ed il V secolo d.C., viene citato tra le coltivazioni diffuse nel territorio in pubblicazioni risalenti al XVI secolo e si afferma dalla prima metà del ‘900 all’interno del tipico ordinamento colturale della zona, tanto da essere definito l’oro bianco del Polesine, importante elemento di sviluppo economico per tutto il territorio. identikit Il successo e la qualità di questo prodotto sono determinati da due fattori, ugualmente significativi: il fattore umano ed il fattore geografico-climatico. La selezione dei bulbilli per la semina avviene manualmente grazie alla competenza, tramandata di generazione in generazione, degli operatori che, nel rispetto della tradizione, sanno intrecciare e dare forma al prodotto. Proprio la composizione del terreno determina le speciali caratteristiche dell’Aglio Bianco Polesano Dop; il suolo dove viene ‘messo a dimora’ il seme è infatti argilloso, di medio impasto, poroso e ben drenato. Il clima temperato. La presenza dei fiumi Adige e Po, che più volte hanno alluvionato la zona, caratterizza la particolare fertilità del terreno. Nel dettaglio, la presenza di magnesio e calcio nel suolo determina la maggiore qualità dei bulbi mentre fosforo e potassio sono responsabili del colore bianco lucente del prodotto e delle sue caratteristiche di elevata preservabilità. 10 Polesine Segni Particolari DOP: l’ Aglio Bianco Polesano ha ottenuto la registrazione europea come Denominazione di Origine Protetta con regolamento CE n. 1175/2009 del 30/11/2009 (pubblicato sulla GUUE L 314/60 del 01/12/2009) dopo un lungo percorso iniziato nel 2000 Comuni di produzione della provincia di Rovigo: Adria, Arquà Polesine, Bosaro, Canaro, Canda, Castelguglielmo, Ceregnano, Costa di Rovigo, Crespino, Fiesso Umbertiano, Frassinelle Polesine, Fratta Polesine, Gavello, Guarda Veneta, Lendinara, Lusia, Occhiobello, Papozze, Pet¬torazza Grimani, Pincara, Polesella, Pontecchio Polesine, Rovigo, San Bellino, San Martino di Venezze, Villadose, Villamarzana, Villanova del Ghebbo e Villanova Marchesana Gusto: aroma intenso, persistente ma non pungente Colore: bianco brillante uniforme (assenti striature) Forma: regolare con un leggero appiattimento della parte basale, numero variabile di bulbilli perfettamente adiacenti l’uno con l’altro Pianta: con foglie lanceolate e strette di colore verde/azzurro; ecotipo locale, varietà Avorio Dimensioni: ‘Extra’ calibro minimo di 45 mm; ‘Prima’ calibro minimo di 30 mm Taglio dello stelo: netto e l’apparato radicale va asportato completamente o in modo da lasciare le radici appena presenti con la loro parte iniziale Confezioni: canestrini (intreccio a manichetto di almeno tre bulbi), trecce, treccioni, grappoli e grappoloni, in confezioni retinate, in sacchi e in mazzi Costo medio al kg: 8€ 11 Aglio made in Bianco Polesano DOP 280 10% aglio nazionale proveniente dal Polesine 55 ettari coltivati come DOP (2015) tonnellate in media di prodotto annualmente certificato 3000 tonnellate potenziali di prodotto DOP 300 ettari potenzialmente coltivabili come DOP 6000€ costo medio produzione per ettaro 12 Polesine 32 imprese coinvolte (2014) 29 comuni ricompresi nella DOP Palati importanti… lo chef del Quirinale ha preparato per il Presidente della Repubblica deliziosi piatti a base di Aglio Bianco Polesano DOP, la cui fornitura è stata confermata per gli anni 2013, 2014 e 2015. Dove si conserva? Non in frigo. Ebbene si, l’aglio necessita di un ambiente asciutto e ventilato, non umido. Camicia si o camicia no? Non solo l’uovo. Anche l’aglio si può cuocere in camicia, cioè senza ‘sbucciare’ il bulbo, così da ottenere un sapore più delicato, accontentando anche i più sofisticati. Diamo i numeri 3 tipologie di attori principali coinvolti lungo la catena del valore (produttori/confezionatori/distributori) 13 Insalata di Lusia IGP made in Molti la conoscono come lattuga, pochi come Lactuca Sativa, qualcuno ne conosce le varietà Cappuccia e Gentile, tutti sanno che è verde, sana e si abbina perfettamente con la dieta mediterranea. Ma l’Insalata di Lusia è speciale, unica. Assaggiando la lattuga prodotta a Lusia, piccolo comune della provincia di Rovigo, si nota che è croccante e gustosa. Sì, non c’è bisogno di aggiungervi sale. Di più, si può condirci la pasta, farcire una bruschetta o arricchire un centrotavola, perché il suo verde è così intenso da ricordare l’estate tutto l’anno, o quasi. Ricca di acido folico e fibre, calcio, ferro e vitamina A e C, la potete gustare per circa 10 mesi all’anno grazie alla disponibilità di acqua garantita dalla falda superficiale di Lusia, mantenuta costantemente ad un metro di profondità. La presenza del fiume Adige, le cui alluvioni nel corso degli anni hanno depositato humus e sabbia nei terreni sciolti e pianeggianti limitrofi, caratterizza la qualità di questo prodotto. La prime coltivazioni di insalata a Lusia risalgono al 1836. Dalla prima metà del secolo scorso si è imposta tra le produzioni orticole polesane e la sua storia si è intrecciata dagli anni ’50 con quella della Centrale Ortofrutticola di Lusia, focale punto di scambio commerciale a livello nazionale che l’ha vista ricoprire da subito un ruolo primario, specialmente a livello di quantitativi scambiati. identikit 14 Polesine Segni Particolari Igp: l’Insalata di Lusia ha ottenuto la registrazione europea come Indicazione Geografica Protetta con regolamento CE n. 1137 del 25 novembre 2009 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 311 del 26/11/2009 Comuni di produzione delle province di Rovigo e Padova: Lusia, Badia Polesine, Lendinara, Costa di Rovigo, Fratta Polesine, Villanova del Ghebbo e Rovigo; Barbona, Vescovana e Sant’Urbano Carattere essenziale: morbidezza, dovuta all’assenza di fibrosità, accompagnata dalla turgidità anche dopo 10 -12 ore dalla raccolta, assenza di fenomeni di lignificazione Gusto: fresco e croccante Forma e colore: A) Cultivar Cappuccia Foglia: compatta e ondulata presenta il margine intero di un colore verde medio brillante che può essere soggetto a sensibili variazioni in relazione all’andamento climatico. Peso medio del cespo: 200/450 grammi; B) Cultivar Gentile Foglia: bollosa con margine frastagliato, di colore verde chiaro brillante che può essere soggetto a sensibili variazioni in relazione all’andamento climatico. Peso medio del cespo: 150/450 gr; Pianta: il prodotto in serra presenta una struttura più contenuta con grumo leggermente più aperto rispetto alla coltura in pieno campo. Dimensioni: fusto molto corto, da 2 a 6 cm, e molto carnoso; il numero di foglie, la forma, la dimensione e l’intensità del colore variano in funzione delle condizioni climatiche. Confezioni: in monostrato utilizzando contenitori di dimensione: - 40 x 60 contenenti massimo 12 pezzi per la varietà cappuccia e 18 pezzi per la varietà gentile; - 30 x 50 contenenti massimo 6 pezzi per la varietà cappuccia e 10 pezzi per la varietà gentile. Costo medio al kg: 1€ (media tra cappuccia e gentile) 15 Insalata di Lusia IGP 5% made in 220 insalata nazionale proveniente dal Polesine 100 ettari certificati per la produzione IGP tonnellate in media di prodotto annualmente certificato 4000 tonnellate potenziali di prodotto certificabile IGP 300 ettari potenzialmente coltivabili IGP 29700€ costo medio produzione per ettaro per ciclo produttivo 16 Polesine 26 imprese coinvolte 10 comuni ricompresi nell’IGP Produzione che rispetta la biodiversità Le imprese della filiera dell’Insalata di Lusia IGP si sono sviluppate nel rispetto della biodiversità, alcune al punto di ottenere la certificazione di ‘Biodiversity Friend’. Pasta al pesto di.. insalata! L’Insalata di Lusia IGP si può trovare anche in vasetto, come pesto di insalata ed insalata in saore, perché la tradizione si sposa benissimo con l’innovazione. Tutti per uno! Questione di…acqua! A Lusia un’intera filiera, dalle sementi alla logistica, lavora per consentire la produzione e la commercializzazione dell’unica insalata IGP d’europa. Diamo i numeri Ebbene sì, la lattuga è composta per il 95% circa di acqua. 3 tipologie di attori principali coinvolti lungo la catena del valore (produttori/confezionatori/distributori) 17 Consorzi di Tutela Che funzione svolgono Con il contratto di consorzio (art. 2602 Codice Civile) più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. Si tratta quindi di associazioni volontarie, senza finalità lucrative, promosse dagli operatori economici coinvolti nelle singole filiere. Le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e attività a sostegno delle denominazioni geografiche sono attribuite ai consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ai sensi della Legge 526/99 (art. 14). I consorzi di tutela possono inoltre avanzare proposte di disciplina regolamentare e svolgere compiti consultivi relativi al prodotto interessato nonché definire programmi recanti misure di carattere strutturale e di adeguamento tecnico finalizzate al miglioramento qualitativo delle produzioni in termini di sicurezza igienico-sanitaria, caratteristiche chimiche, fisiche, organolettiche e nutrizionali del prodotto commercializzato ed infine promuovere l’adozione di apposite delibere contenenti accordi, approvati dal Mipaaf e privi di qualsiasi contenuto anticoncorrenziale, tra operatori economici che beneficino di una stessa indicazione geografica e tendenti ad una corretta programmazione produttiva in funzione delle esigenze del mercato. I consorzi di tutela, ancora, possono collaborare, secondo le direttive impartite dal Mipaaf, alla vigilanza, alla tutela e alla salvaguardia della DOP e della IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge. Agli stessi è affidata inoltre la gestione dei marchi in quanto segni distintivi della conformità ai disciplinari di produzione. A tali funzioni si aggiunge la collaborazione con l’Ispettorato centrale repressione frodi (ICQRF), ai sensi del DM del 12 ottobre 2000. 18 Come sono composti Per ottenere il riconoscimento ministeriale, un’associazione deve rappresentare almeno i 2/3 della produzione verificata dall’organismo di controllo e ritenuta idonea alla certificazione. Ciò significa che una data denominazione deve essere rappresentata nella compagine sociale del consorzio dalla maggior parte (2/3) dei suoi produttori ma i consorzi intervengono in rappresentanza e a tutela di tutte le imprese che partecipano alla produzione della denominazione, siano esse consorziate o meno. Il Ministero ha individuato, con due decreti emanati (e successive modificazioni) il 12 aprile 2000, i criteri di rappresentanza negli organi sociali dei Consorzi di tutela delle denominazioni stabilendo i requisiti di rappresentatività a seconda della filiera produttiva di appartenenza. La Legge 526/99 (art. 14) e il DM 410 del 12 settembre 2000 stabiliscono che i costi derivanti dall’attività del Consorzio siano posti a carico dei soggetti che vi aderiscono nonché di tutti i produttori e gli utilizzatori, anche se non aderenti (individuati da criteri ministeriali). Con il Reg. (UE) n. 1151/2012 è stato rafforzato il ruolo dei consorzi di tutela. All’art. 45 si stabilisce infatti un effettivo riconoscimento dei ruoli e delle responsabilità dei gruppi di produttori ai quali vengono attribuite ampie prerogative e viene assegnato il compito di contribuire alla protezione e alla promozione delle denominazioni, oltre che supportare lo sviluppo del settore. A tal fine viene previsto che gli Stati membri possano incoraggiare la formazione ed il funzionamento dei gruppi sul proprio territorio. 19 Il consorzio di tutela dell’Aglio Bianco Polesano DOP In seguito all’ottenimento del marchio geografico è stato costituito il Consorzio di Tutela dell’Aglio Bianco Polesano Dop nel dicembre 2010. Attualmente formato da 32 soci, di cui 7 confezionatori e 25 produttori, il Consorzio, che opera trasversalmente rispetto alle diverse associazioni di categoria, Partecipazione Fruit Logistica 2014 promuove il prodotto aderendo a diverse attività a livello locale, nazionale ed internazionale. Partecipazione Vinitaly 2014 Partecipazione Cibus 2014 Linea Verde 2014 20 Convegno “Diamoci un Aglio al gusto” (cui ha seguito una promozione presso i supermercati) MacFrut 2014 ...e nel 2015 l’Aglio Bianco Polesano DOP raggiunge anche EXPO Milano! Salone del Gusto Terra Madre Alcune delle iniziative promosse dal Consorzio di Tutela durante il 2014 21 Il consorzio di tutela dell’Insalata di Lusia igp Il consorzio non ha un proprio logo identificativo ma si appoggia al logo del prodotto IGP. In seguito all’ottenimento del marchio geografico è stato costituito il Consorzio di Tutela dell’Insalata di Lusia Igp nel gennaio 2011. Il Consorzio di Tutela rappresenta 26 soci, di cui 20 produttori e 6 confezionatori, ed opera trasversalmente rispetto alle diverse associazioni di categoria, promuove il prodotto aderendo a diverse attività a livello locale, nazionale ed internazionale. Collaborazione con Consvipo Orti in festa Premiazione World Wigwam Circuit Macfrut 2014 22 Vinitaly Prove varietali in campo ...e nel 2015 l’Insalata di Lusia IGP raggiunge anche EXPO Milano! Partecipazione a Geo & Geo Servizio su ‘La vita in diretta’ Alcune delle iniziative promosse dal Consorzio di Tutela durante il 2014 23 Potenzialità e strategia Una strategia economica è come una ricetta di cucina: ogni piatto ne ha una tutta sua, ciascuno chef la interpreta secondo la sua visione, dipende da tante variabili (tipo di utensili e forno, qualità dei singoli ingredienti ed esperienza dei cuochi), richiede del tempo, nonché vari tentatitivi e si può decretarne la validità solo a posteriori, una volta assaggiato il piatto realizzato. Non è tutto, ciascun degustatore potrà averne una diversa opinione. Una buona strategia infatti è il risultato di diverse voci, di un processo collaborativo cui tutti gli attori sono chiamati a partecipare. Come osservato, l’Aglio Bianco Polesano DOP e l’Insalata di Lusia IGP si differenziano dalle produzioni convenzionali proprio per il legame con il territorio d’origine, che conferisce quelle caratteristiche identitarie e di unicità necessarie per ottenere il riconoscimento europeo. La qualità certificata ed il marchio assegnato non bastano però a spingere nel mercato questi prodotti. Quanto rilevato in prima analisi, infatti, riguarda la necessità di intraprendere e perseguire una strategia economica capace di rendere la differenziazione effettiva, quindi percepita dal consumatore, non solo polesano. Aspetti di comunicazione, promozione e business sono centrali, in tale visione, per la definizione di un percorso strategico in cui gli attori dell’intera filiera e della società civile sono chiamati ad adoperarsi per far conoscere l’eccellenza del proprio territorio. 24 ...Da dove partiamo... Le ridotte dimensioni del fenomeno economico, di nicchia, se da un lato permettono l’ottenimento di un prodotto esclusivo ed altamente selezionato, dall’altro comportano costi di produzione elevati rispetto al prodotto tradizionale, nonché quantitativi ridotti, incapaci talvolta di imporsi nel mercato con un prezzo adeguato quantomeno alla remunerazione dei costi aggiuntivi sostenuti (dinamica price-taker, per cui le imprese di piccole dimensioni non riescono ad influenzare il prezzo di mercato e si conformano ad esso, subendone l’elevata volatilità). Ciò spiega perché la sostenibilità economica di queste produzioni è costantemente messa in discussione dagli stessi produttori, determinando, insieme ad altri fattori, un forte problema di engagement, impegno, a diversi livelli della filiera. Insomma, c’è chi non ci crede e non è disposto a rischiare. Esiste inoltre un divario tra produttore e consumatore. Il consumatore non è sufficientemente informato sui marchi geografici ed i loghi europei che segnalano la tipologia di prodotto distribuito. La collaborazione tra le parti (mondo agricolo, commerciale e sfera pubblica) è ridotta, le iniziative promosse restano isolate e si determina di conseguenza una dispersione degli sforzi sostenuti dai Consorzi di tutela. Così a livello nazionale e regionale sono poche le iniziative che promuovono congiuntamente i prodotti eccellenti portabandiera del Made in Italy. I profili di criticità descritti, non sono riusciti però ad oscurare il fortissimo potenziale che tali prodotti presentano. Si pensi al fatto che l’Insalata di Lusia è l’unica insalata con il riconoscimento Igp in Europa e l’Aglio bianco polesano è considerato l’oro bianco del Polesine già da prima di ottenere la certificazione europea di qualità. Proprio a partire dalle potenzialità si sviluppa questo percorso strategico mirato alla valorizzazione. 25 ..iniziamo a ragionare sui fattori da considerare… PRODOTTO Territorio SERVIZIO COSTI PACKAGING Sostenibilità PREZZO Mercato COMUNICAZIONE Sinergie IMMAGINE MARKETING Come trasformare ‘poco prodotto’ in ‘prodotto per pochi’ ? S.W.O.T. Analysis Analizziamo i punti di forza e le opportunità alla luce delle possibili minacce e debolezze: PUNTI DI FORZA Prodotto unico Elevato livello qualitativo Tracciabilità lungo la filiera Know-how produttivo PUNTI DI DEBOLEZZA Quantità ridotte Rapporto prezzo-qualità Comunicazione del valore Engagement attori Fattori interni Fattori interni OPPORTUNITA’ Premium Price Identità del marchio Apertura verso nuovi mercati Presenza web MINACCE Adeguamento prezzo al ribasso Scarsa credibilità del marchio Dispersione sforzi rispetto ai mercati target Minimizzare i processi di digitalizzazione Fattori esterni Fattori esterni Potenzialità e strategia 26 1 Una strategia di valorizzazione in sei (complicatissimi) passi… Immagine coordinata L’espressione visiva dell’identità di marca. Confezioni, colori, etichette, slogan associati al prodotto, ma anche la scelta dei canali di vendita ed il tipo di esposizione prediletta, rappresentano fattori di differenziazione per il consumatore e formano l’identità del prodotto che il marchio individua. Quanto avviene per i prodotti a denominazione geografica, capaci di differenziarsi attraverso questi strumenti visivi (e non) è la definizione di un’identità ancor più profonda che, se riconosciuta, contraddistingue il prodotto come espressione delle caratteristiche storico-culturali, sociali ed ambientali di un territorio, consacrandone quindi la non-replicabilità. Oltre alla riconoscibilità del prodotto agli occhi del consumatore, una strategia di coordinazione dell’immagine nel caso specifico dei prodotti a marchio geografico è capace di estendere agli stessi la reputazione del territorio da cui provengono e da cui traggono le loro peculiari caratteristiche. La tipicità è infatti uno dei fattori di maggiore appeal nella comunicazione della qualità al consumatore (basti pensare al fenomeno dell’Italian Sounding) ed è fattore di differenziazione per eccellenza. Un prodotto tipico è infatti localizzato, comunemente ritenuto di qualità superiore (considerato ‘da provare almeno una volta’) e garanzia di autenticità. C’è pertanto un reciproco scambio di immagine tra prodotto e territo- rio che, se coordinato, permette un’azione di promozione maggiormente efficace e d’impatto. In altri termini, il territorio (amministrazione, enti locali, enti per il turismo) deve investire in queste produzioni di eccellenza che lo rappresentano. 2 Comunicazione Nel prodotto a marchio è insito il know-how produttivo e di competenze del territorio ad esso associato. Si tratta quindi di comunicare questo valore al consumatore affinché la differenziazione (veicolata dall’immagine coordinata) diventi effettiva, perciò percepita. Per trasformare la domanda latente in domanda reale, stimolando un comportamento coerente d’acquisto nel consumatore, occorre una buona strategia di comunicazione capace di trasmettere la qualità, l’origine e l’identità del prodotto. I canali attraverso i quali diffondere queste informazioni sono diversi. Senza trascurare i canali tradizionali, i social networks, gratuiti per le operazioni principali, consentono oggi di raggiungere i consumatori di tutto il mondo e raccontare attraverso immagini, video e comunicati tutte le informazioni sull’attività dei consorzi di tutela, dei produttori e sulle peculiarità del prodotto. La visibilità garantita dai social networks deve però essere supportata da contenuti aggiornati, multilingue e verificati. Proprio la facilità di 27 utilizzo degli stessi e la possibilità di fruizione gratuita genera una molteplicità di feedback tali per cui questo tipo di comunicazione richiede un’attività completamente dedicata, da coordinarsi con tutti gli altri canali di promozione e comunicazione implementati. Oltre ai social networks, il mondo del web offre altri strumenti, alcuni gratuiti, altri a pagamento, che possono supportare le diverse campagne di comunicazione: sito internet, blog, piattaforme di e-commerce, canale youtube, presenza in siti tematici, marketplace virtuali, ecc. Tali strumenti si coniugano perfettamente con l’azione promozionale locale, come ad esempio le attività di formazione nelle scuole, che agiscono sui consumatori potenziali. Comunicazione ed immagine sono strettamente collegate, perché l’una veicola l’altra ed il successo dell’una è dipendente dalla buona riuscita dell’altra. La costruzione di una reputazione positiva del prodotto è infatti frutto di una rete efficace di comunicazione. Questo fattore rappresenta un aspetto importantissimo della strategia economica. Numerosi sono infatti gli esempi di prodotti la cui qualità è dubbia, in alcuni casi comunemente riconosciuta come scadente, ma le cui politiche di comunicazione, identità di marca ed immagine sono apprezzate al punto da garantirne la preferenza da parte del consumatore. In questi casi anche il fattore prezzo ha una valenza significativa. 3 Politica di prezzo Il prodotto ortofrutticolo presenta un prezzo maggiormente volatile rispetto ad altri poiché quantità e qualità dipendono anche dall’andamento climatico. Ciò premesso, ci si riferirà ora alla definizione del prezzo operata con discrezionalità dagli attori che rappresentano l’offerta. Il prezzo è parte integrante l’immagine del prodotto, poiché ne determina il posizionamento nel mercato ed è un efficace strumento di comunicazione. La fissazione del prezzo dipende solo in parte dalla copertura dei costi, si tratta infatti di un forte indicatore (strategico) della qualità del prodotto cui si riferisce, nonché della credibilità del messaggio commerciale trasmesso attraverso politiche di comunicazione ed immagine. In particolare per i prodotti agro-alimentari, beni cosiddetti esperienziali, per cui solo in un secondo momento rispetto all’acquisto è possibile verificare la qualità, il prezzo è un prezioso indicatore delle caratteristiche del prodotto, considerato che il consumatore si trova in una situazione di asimmetria informativa, poiché dispone di un’informazione parziale ed incompleta (rispetto al venditore/ distributore) in merito alla qualità ed alle caratteristiche del bene scambiato. Mentre per i beni di consumo come ad esempio telefonia, abbigliamento o accessori si può fare una prova prima dell’acquisto ed esistono addirittura formule commerciali del tipo ‘soddisfatti o rimborsati’, per il cibo l’acquisto avviene in molti casi ‘alla cieca’. Per i prodotti ortofrutticoli, in particolare, la qualità dipende da tanti fattori e un’esperienza negativa fatta dal consumatore può significare la perdita definitiva della preferenza. Per condurre il consumatore verso un prodotto che non ha mai provato, occorre quindi eliminare qualsiasi tipo di asimmetria informativa, fornendo più indicazioni possibili. George Akerlof (Premio Nobel per l’Economia nel 2001) rappresenta questo fenomeno descrivendo il ‘Lemon Market’, ovvero il mercato americano delle auto usate, nel quale si rischia di imbattersi in dei veri e propri ‘bidoni’, auto di scadente qualità. Egli lo esemplifica ipotizzando che metà delle auto usate presenti nel mercato sia di buona qualità, mentre l’altra metà sia di qualità scadente. I venditori conoscono la qualità dell’auto offerta, mentre i compratori la scoprono solo dopo l’acquisto (quando è ormai troppo tardi). Ciò determina una minore disponibilità alla spesa da parte del consumatore, poiché egli sa che una parte delle auto è di qualità scadente e sarà disposto a pagare un prezzo minore (medio) rispetto a quello che avrebbe pagato per un’auto usata di buona qualità proprio perché non sa distinguere la due tipologie di auto, vista l’informazione incompleta. Il prezzo corrisposto per le auto, quindi, essendo medio, premia i prodotti scadenti (sovrastimati) e penalizza i prodotti di qualità che invece ricevono un corrispettivo più basso rispetto al loro valore. Questo meccanismo porta via via il prezzo ad abbassarsi provocando l’uscita dal mercato delle auto di qualità, penalizzate dall’asimmetria informativa. In perfetta simmetria informativa, all’opposto, ciascuna auto sarebbe venduta ad un prezzo adeguato alla sua qualità, garantendo la presenza di entrambe le tipologie di prodotto e lasciando al consumatore la possibilità di scegliere. Secondo questa logica, risulta sbagliato adeguare il prezzo delle produzioni eccellenti a quello di produzioni di qualità inferiore. Quando infatti non si distingue la qualità, i prezzi si allineano sul minimo provocando un fenomeno di selezione avversa (adverse selection), oltre all’uscita dei beni di qualità dal mercato. 28 Al contrario, coordinando le proprie politiche di comunicazione ed immagine, capaci di educare il consumatore, è possibile raggiungere un premium price, sfruttando il vantaggio di differenziazione. Con questo termine si indica un prodotto che per il suo maggior livello qualitativo o per i particolari significati e valori emozionali che suscita o per le peculiari proprietà (organolettiche, nutrizionali) che presenta, consente la fissazione di un prezzo di vendita superiore a quello di prodotti simili, ma meno qualificati. Le certificazioni di indicazione geografica bene si prestano a trasmettere questo valore aggiunto e quindi il raggiungimento del premium price, che rappresenta sia un ‘premio’ per il consumatore, considerati qualità e valore aggiunto del prodotto dal prezzo elevato, sia un premio per il produttore/ distributore in termini di rendita ottenuta. 4 Valore aggiunto Essenziale rispetto alle componenti della strategia descritte, risulta la definizione del valore aggiunto da trasmettere al consumatore, di pari passo con l’informazione veicolata. Oltre alla qualità intrinseca, infatti, una buona politica di prodotto prevede ad esempio un servizio aggiuntivo rispetto al prodotto stesso, in particolare se si vuole sostenere un premium price. Dai più semplici consigli d’utilizzo (nel caso dei prodotti agroalimentari: ricette culinarie, modalità di conservazione, usi secondari, curiosità) fino allo sviluppo di servizi di personalizzati, consegna a domicilio, lavorazione e trasformazione del prodotto, confezionamento, ecc. . Si tratta di arricchire l’offerta operando una differenziazione a tutto tondo, in linea con il tipo di mercato cui il prodotto si rivolge. 5 Sinergie L’unione fa la forza. Non si tratta solo di un modo di dire ma di una vera e propria mossa strategica per fortificare l’azione promozionale e lo sviluppo di nuove opportunità che solo la collaborazione tra i diversi attori può palesare. Sinergie sviluppate a diversi livelli della filiera permettono di dividere costi, investimenti e mezzi, ma soprattutto generano il cosiddetto knowledge spillover, ovvero l’effetto di ricaduta della conoscenza prodotta dai diversi attori, forte motore per l’innovazione. In altri termini, i rapporti collaborativi favoriscono lo scambio reciproco di competenze (soprattutto a livello informale), che solitamente avviene quando le imprese sono geograficamente concentrate (distretto produttivo). Per i prodotti a marchio geografico, ad esempio, sviluppare attività promozionali congiunte rappresenta una strada di successo più che per i prodotti tradizionali. Ciò per- ché essi rappresentano il territorio d’origine la cui unicità è fatta salva anche all’interno della sinergia instaurata. Spesso si assiste al coinvolgimento di tutta la filiera circostante la produzione eccellente, anche fisicamente contigua, che determina una catena del valore efficiente ed innovativa. Immaginiamo inoltre la valorizzazione congiunta (campagne promozionali ad hoc) di prodotti a marchio geografico quali: Insalata di Lusia IGP, Aglio bianco polesano DOP, Aceto balsamico di Modena IGP, Olio d’oliva del Garda DOP, Mozzarella di bufala campana DOP, Pomodoro di Pachino IGP, ecc.; questa combinazione (non solo di consorzi, ma anche di prodotti affini a livello culinario) consentirebbe il raggiungimento di canali promozionali più efficaci dal punto di vista del numero di utenti raggiunti con un investimento ridotto rispetto a quello che i singoli consorzi di tutela dovrebbero sostenere per raggiungere lo stesso risultato, La qualità del prodotto è imprescindibile collante delle diverse iniziative e trasversale ingrediente di qualsiasi ricetta strategica di successo. 29 investimento talvolta irraggiungibile singolarmente per molte realtà produttive locali. Un’altra sinergia di successo potrebbe rivelarsi quella con la ristorazione, sia stellata sia locale, capace di esaltare il valore delle produzioni agroalimentari di qualità. Azioni di marketing congiunte rappresentano un altro livello di collaborazione vincente. Insomma, è il caso di dire: l’eccellenza fa la forza. Ed è un gioco di squadra. 6 Mercati Ultimo punto di questo abbecedario strategico per le produzioni polesane eccellenti è l’individuazione dei mercati-obiettivo, aspetto che deve essere affrontato, in realtà, a priori rispetto a qualsiasi azione strategica si decida di intraprendere, in quanto condiziona l’intero approccio economico da adottare. Tutti gli aspetti sopracitati dipendono dal tipo di mercato che si vuole raggiungere. Basti pensare ai meccanismi di comunicazione necessari per imporsi in un mercato estero, a partire dalla lingua, oppure alle implicazioni commerciali divergenti in base alla tipologia di distributori prescelta (GDO, gastronomia, ho.re.ca., vendita al dettaglio). Nel caso del marchio geografico, diversi canali distributivi sono particolarmente idonei alla valorizzazione dei prodotti a denominazione, non solo la grande distribuzione organizzata infatti permette di raggiungere il consumatore. Online marketplaces, gastronomia selezionata, venditori locali al dettaglio e farmer’s market assolvono il compito; ciascun prodotto seguirà le vie maggiormente in linea con le caratteristiche che presenta (si pensi alla catena del freddo per un ortaggio come l’insalata che presenta un elevato grado di deperibilità). Il marchio geografico a livello internazionale La tutela dei prodotti a marchio geografico è definita in ambito internazionale da specifici accordi che regolano la protezione della proprietà intellettuale. Esistono diverse tipologie di accordi in materia e nuove convenzioni e trattati saranno stipulati negli anni a venire considerata la crescente importanza delle produzioni di qualità, spesso oggetto di contraffazione e vittima di fenomeni imitativi. Centrale è il tema del riconoscimento delle indicazioni geografiche europee nella trattativa in corso tra UE e USA nell’ambito del TTIP (Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti). GLI ACCORDI INTERNAZIONALI MULTILATERALI A livello internazionale esistono regimi di protezione delle indicazioni geografiche basati sulla registrazione, come quello europeo e quello sancito dall’Accordo di Lisbona, ma anche regimi che prescindono dalla registrazione, come la Convenzione d’Unione di Parigi, l’Accordo di Madrid e l’Accordo TRIPs. Tali regimi, fissati da accordi bilaterali e multilaterali, differiscono per Paesi firmatari, efficacia della protezione, tipologia di tutela e definizioni. La Convenzione d’Unione di Parigi (CUP), stipulata nel 1883, ha introdotto una tutela contro l’indiretta o diretta utilizzazione di una falsa indicazione della provenienza del prodotto, anche tramite l’applicabilità del sequestro all’importazione. I Paesi firmatari (176) si sono impegnati reciprocamente a tutelare con efficacia i prodotti, garantendo ai cittadini degli altri Stati, gli stessi diritti in materia di marchi previsti per i propri cittadini. Con l’Accordo di Madrid (1891), oggetto di revisione nel 1958, si è introdotta, per i 56 Paesi aderenti, una procedura semplificata con cui, tramite il deposito di una domanda di registrazione del marchio presso la sede dell'OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, una delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, creata nel 1967 con la finalità di incoraggiare l'attività creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo, conta 187 stati membri e regola 24 trattati internazionali) a Ginevra, è possibile ottenere il riconoscimento in tutti gli Stati contraenti. Dopo la pubblicazione del marchio internazionale nel Registro Ufficiale, le amministrazioni dei Paesi indicati nella domanda possono rifiutare la registrazione del marchio. Tale accordo prevede la repressione delle indicazioni di provenienza false tramite sanzioni specifiche nazionali, richiamando la disciplina della concorrenza sleale. Nel 1958, con l’Accordo di Lisbona si è introdotta la registrazione nel Paese d’origine per la tutela, introducendo la presunzione di legittimità della denominazione di origine registrata, subordinata alla sussistenza del cosiddetto ‘milieu géographique’. Tale accordo ha l’obiettivo di garantire una protezione contro ogni usurpazione od imitazione (anche se l’origine indicata è corretta) o nel caso in cui la denominazione venga utilizzata in una forma tradotta o sia accompagnata da espressioni quali ‘genere’, ‘tipo’, ‘stile’, ‘imitazione’ Come garantire tutela alle produzioni eccellenti negli scambi commerciali internazionali 30 Come generare un vantaggio competitivo nel mercato internazionale o simili. Tale accordo, tuttavia, ha limitata efficacia a causa del ridotto numero di Paesi firmatari, solo 28. Il 20 maggio 2015 si è tenuta la Conferenza Diplomatica dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (OMPI) a Ginevra, per l’adozione del Nuovo Atto dell’Accordo di Lisbona per la protezione delle denominazioni d’origine e la loro registrazione internazionale. L'Atto di Ginevra introduce elementi di flessibilità nell'Accordo di Lisbona, come ad esempio la possibilità per i gruppi di operatori dei paesi contraenti di presentare direttamente la domanda di registrazione internazionale e la possibilità di introdurre tasse per l’esame sostanziale di una domanda di registrazione per i paesi che lo prevedono. Tali regole rendono il sistema appetibile ai paesi che proteggono le indicazioni geografiche attraverso i marchi commerciali, come gli Stati Uniti, lasciando la possibilità a ciascun paese di rifiutare la protezione di un’indicazione geografica estera nelle loro giurisdizioni se, ad esempio, il nome in oggetto è già stato precedentemente registrato. Queste molteplici sfaccettature rappresentano parte dei profili di criticità dei negoziati in corso tra UE e USA per la definizione del Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti (TTIP), oggetto di trattazione del paragrafo seguente; alla base della trattativa vi è la disciplina introdotta dall’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di Proprietà Intellettuale (TRIPs), accordo multilaterale amministrato dal WTO e concluso nel 1994 (Allegato 1C del Trattato di Marrakech). Tale accordo, ratificato da tutti i 160 Paesi aderenti, concerne gli aspetti commerciali legati ai diritti di proprietà intellettuale e rappresenta tuttora il più importante trattato internazionale in materia di indicazioni geografiche. Nell’accordo TRIPs, per la prima volta, si è data una definizione di indicazione geografica (art. 22), come di indicazione che designa un prodotto originario di un determinato luogo quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica, tentando di trovare una soluzione all’estensione della tutela, al rapporto con i marchi e alla genericità dei nomi. La disciplina introdotta con questo accordo, infatti, stabilisce che le parti interessate debbano disporre di mezzi legali per impedire l'uso di indicazioni che possano ingannare il pubblico circa l'origine geografica dei prodotti e tutelarle rispetto alla concorrenza sleale, ai sensi dell'articolo 10 bis della Convenzione di Parigi (art. 22.2). Inoltre, la registrazione di un marchio che usi un’indicazione geografica in modo tale da indurre in errore il consumatore quanto al vero luogo di origine del prodotto deve essere rifiutata o invalidata ex officio se la legislazione lo consente oppure su richiesta di una parte interessata (art. 22.3). Infine, l'articolo 23 prevede che le parti interessate debbano avere i mezzi legali per impedire l'uso di un'indicazione geografica che identifica vini non originari del luogo designato dall'indicazione geografica. Ciò anche quando il consumatore non è indotto in errore, non c'è concorrenza sleale e la vera origine della merce è indicata o l'indicazione geografica è accompagnata da espressioni quali "genere", "tipo", "stile", "imitazione" o simili. Una simile protezione deve essere data anche alle indicazioni geografiche che identificano alcolici e da ciò consegue anche la protezione contro la registrazione di un marchio che violi tali principi. GLI ACCORDI INTERNAZIONALI BILATERALI L’Unione Europea è impegnata a livello internazionale nella definizione di accordi bilaterali per favorire gli scambi commerciali e l’apertura di nuovi mercati nei quali sia garantito un elevato livello di tutela ai prodotti di qualità europei. In quest’ambito, soprattutto a causa dei fenomeni di contraffazione imitativa che danneggiano i prodotti del comparto agro-alimentare, anche se protetti da indicazioni geografiche o denominazioni di origine secondo la normativa UE (es. caso dell’Italian Sounding), la tutela delle produzioni agroalimentari di qualità rappresenta uno dei punti principali delle trattative, in particolar modo per quanto riguarda i recenti negoziati con Canada (Accordo Economico e Commerciale Globale, CETA) e Stati Uniti (Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti, TTIP). 31 Nel nuovo accordo CETA, concluso tra Unione Europea e Canada ed attualmente oggetto del processo di ratifica, la definizione di indicazione geografica ripercorre quella stabilita nel TRIPs, anche se non si fa più riferimento ai prodotti in generale ma si specifica che si tratta di prodotti agricoli e alimentari (escludendo perciò lana, cuoio, cotone, vimine, lino, ecc., elencati nelle classi di prodotto all’allegato II del TRIPs). La disciplina stabilita dal CETA protegge sul mercato canadese numerosi prodotti agricoli europei con un’origine geografica specifica, riconoscendo uno status speciale rispetto alla normativa canadese. Per un numero limitato di IG inoltre è prevista la coesistenza con i marchi antecedentemente registrati e saranno individuate soluzioni ad hoc per il conflitto di indicazioni geografiche con nomi considerati generici. All’articolo 7 dell’accordo sono infatti elencati i principi applicabili, mentre le disposizioni specifiche per alcuni nomi e classi di prodotto sono contenute negli allegati, tre in totale. Le indicazioni geografiche europee che il Canada deve proteggere (173) sono elencate nell’allegato I parte A (si consideri che vini e bevande spiritose sono oggetto di un separato accordo tra UE e Canada dal 2004 e non sono pertanto inclusi nel CETA). Rispetto a questa lista di indicazioni geografiche protette ci sono alcune eccezioni, descritte dall’articolo 7.6 dell’Accordo; in relazione ad Asiago, Feta, Fontina, Gorgonzola e Munster, il Canada non sarà tenuto a impedire il loro uso se questi nomi sono accompagnati dai termini “genere”, “tipo”, “modo”, “imitazione” o “simili” e riportano l’indicazione visibile della vera origine. Inoltre, i produttori canadesi di formaggio che abbiano fatto uso di questi nomi prima del 18 Ottobre 2013, nonché i loro successori e assegnatari, possono continuare a farlo. Si tratta di un compromesso volto a risolvere le divergenze di catalogazione di alcuni nomi ritenuti specifici in Europa ma generici in Canada. L’articolo 7.6.5 dell’Accordo pone infatti una condizione di coesistenza: se i marchi sono stati richiesti o registrati in buona fede, prima della data di sottoscrizione dell’Accordo, sono validi ed i proprietari avranno diritto a usarli anche se essi sono identici ad un’indicazione geografica contenuta nell’Allegato I. La lista di nomi registrabili come marchio in Canada è contenuta nell’Allegato II(a) e stabilita dall’articolo 7.6.1. Altri nomi sono inseriti nell’Allegato II(b) e ad essi si applica un’ulteriore differenza rispetto ai marchi. La gestione del controverso rapporto tra marchio ed indicazione geografica nei rapporti commerciali bilaterali si presenta anche nelle trattative in corso tra Unione Europea e Stati Uniti, per quanto concerne il Partenariato Transatlantico su Commercio e Investimenti (TTIP). Gli Stati Uniti aderiscono alle principali convenzioni internazionali in materia di tutela dei marchi; hanno infatti ratificato il Protocollo di Madrid nel 2003, aderito alla Convenzione di Parigi per la tutela della proprietà industriale al pari di altri 168 paesi ed hanno ratificato l’accordo TRIPs, stipulato in occasione dell’Uruguay Round. Attualmente, nei negoziati con l’Unione Europea, sono impegnati nella definizione della protezione da riservare alle indicazioni geografiche europee negli USA. La disciplina delle indicazioni geografiche è tuttavia oggetto di dibattito a causa della difficoltà da parte degli Stati Uniti di garantire un’effettiva tutela alle denominazioni europee. Nonostante le disposizioni stabilite all’articolo 22 del TRIPs, infatti, negli Usa manca un reale regime di difesa, si tende anzi a negare la ricostruzione delle indicazioni geografiche quale diritto di proprietà intellettuale. Le principali aree della proprietà intellettuale statunitense, infatti, corrispondono al settore dei brevetti (Patents), dei marchi (Trademarks) e del diritto d’autore (Copyright). Come si evince dalla tabella sottostante, che riporta un ulteriore differenziazione delle tipologie di trademark, le indicazioni geografiche non sono contemplate, manca una fattispecie che consideri l’origine geografica come fattore distintivo. Trademark Brand Names trade dress Nomi che caratterizzano l’identità di un prodotto La grafica, il colore o la forma della confezione di un prodotto che lo identificano service marks certification marks Indicazione dell’origine di un servizio Identificano prodotti o servizi rispondenti a dei requisiti specifici collective marks Identificano i prodotti, i servizi o i membri di una organizzazione collettiva 32 Le indicazioni geografiche, come sottocategoria del marchio, possono essere tutelate come certification marks, collective marks e trademarks, fattispecie che non presentano tuttavia aspetti di reciprocità con la disciplina europea e che, inoltre, richiedono costi elevati di registrazione (compreso il duplice livello di registrazione statale e federale) per le imprese europee, che costituiscono di fatto una barriera non tariffaria negli scambi commerciali UE-USA. Inoltre, il sistema in uso negli Stati Uniti si avvale della struttura amministrativa già funzionante per i marchi, e dà la possibilità a chiunque ne abbia interesse di opporsi o cancellare una registrazione di indicazione geografica, qualora si ritenesse danneggiato da tale registrazione o dall’uso continuato della stessa. Come nel caso del Canada, si ripropone il problema dei nomi generici: gli Stati Uniti non tutelano espressioni o segni di origine geografica che si ritengono generici per l’indicazione di beni o di servizi. Un termine o un segno è considerato “generico” quando il suo uso sia talmente diffuso da indurre il consumatore a considerarlo come una categoria che comprende tutti i beni o i servizi dello stesso tipo. Tale sistema, oltre a dare luogo a fenomeni diffusi di contraffazione imitativa, provoca alcune alterazioni rispetto al normale procedimento di riconoscimento delle indicazioni geografiche negli Stati Uniti, tra queste: la registrazione di marchi geografici come marchi individuali, la registrazione di marchi geografici non legati al territorio cui sono riferiti e la registrazione antecedente di un marchio geografico improprio che impedisce la legittima registrazione di un’indicazione geografica perché temporalmente successiva. Per le piccole e medie imprese (PMI), che caratterizzano la maggior parte della produzione agroalimentare europea, queste barriere sono insuperabili. La registrazione di un trademark presenta infatti costi elevati per l’ottenimento e la gestione, senza considerare che non esiste una fattispecie adatta a catalogare la vera natura di un’indicazione geografica, perché le sottocategorie del marchio rispondono ciascuna ad una diversa caratteristica dell’indicazione geografica mentre è assente una categoria che tuteli l’insieme dei fattori che rendono unico un prodotto cui è assegnato il brand geografico. Ciò crea un disincentivo alla registrazione per le imprese europee, scoraggiate dalla complessità e dall’onerosità del sistema americano. La tutela europea, invece, trova ragion d’essere nella valorizzazione del patrimonio rurale delle proprie campagne, fatto di tradizione produttiva e cultura locale tramandata da produttori i cui prodotti, spesso di nicchia, garantiscono una qualità elevata che, grazie ad una registrazione economicamente accessibile, è possibile trasmettere al consumatore finale e quindi monetizzare. Poiché le soluzioni che si presentano a livello internazionale per scoraggiare pratiche anticoncorrenziali ed illecite non sono sufficienti, oltre a risultare impraticabili per le piccole e medie imprese, la posizione dell’Unione Europea durante i cicli di negoziato è sempre stata rigidamente ancorata sulla protezione del proprio modello agricolo, al fine di tutelare le proprie produzioni tradizionali (attualmente circa 3180 indicazioni geografiche nei diversi Stati membri) e gli standard di sicurezza. L’Unione Europea tutela attualmente circa 3180 prodotti agroalimentari di qualità nei diversi Stati membri 33 I l percorso individuato, frutto di una prima indagine sul fenomeno economico e sociale rappresentato dai prodotti a marchio geografico, evidenzia soprattutto il potenziale, ancora inespresso, dell’Aglio Bianco Polesano DOP e dell’Insalata di Lusia IGP. Il formato scelto per rappresentarlo si deve alla volontà di mettere in pratica alcuni dei suggerimenti strategici elencati. Comunicazione, immagine, innovazione. In questa prospettiva, ciò che le produzioni d’eccellenza potranno raggiungere sarà soprattutto una crescita. Non solo commerciale, ma di consapevolezza ed ulteriore qualità. La volontà di soffermarsi sul potenziale e di non elencare i problemi che attualmente rallentano il successo di tali prodotti non rappresenta il desiderio di minimizzarli e guardare altrove, anzi. E’ una questione di strategia. Per il produttore, che può riflettere sul valore aggiunto non ancora creato, per gli operatori, che avranno modo di influenzare politiche ed iniziative scegliendo le sfide sulle quali puntare ed infine per il consumatore, che ha l’arduo compito di scegliere e premiare la qualità con il suo comportamento d’acquisto. To be continued... 34 Quanto ne sappiamo? R i su l t ati: Chef Stellato Maggioranza di risposte B Per te non ci sono più segreti, domini il campo dei prodotti a marchio! Saresti in grado di riconoscerli anche in una terra straniera e sei il consumatore ideale per le eccellenze enogastronomiche, tu sì che parli come mangi! Alla grande!! Buon intenditor Maggioranza di risposte Bocca buona Maggioranza di risposte c L’agroalimentare è il tuo pane quotidiano, ma la tua preparazione può ancora migliorare. Sebbene tu non abbia ancora raggiunto la competenza di uno chef stellato, te ne intendi e nonostante qualche gaffe nozionistica, fiuti la qualità da lontano e la scelta non ti spaventa! Continua così, diventerai cintura nera del gusto!! a Ignori con eleganza gran parte delle caratteristiche dei prodotti a marchio, però ne sei consapevole e provi in tutti i modi, con nonchalance, a scegliere tra i diversi prodotti stilando una tua personale e completamente inventata classifica basata sul rapporto prezzo-qualità! Incorreggibile, ma con classe!!! Scarpe al chiodo Maggioranza di risposte D Arrenditi! Sfrecciare con il carrello tra DOP, STG, IGP e Bio non fa proprio per te! Preferiresti trovarti in un supermercato giapponese, dove sei consapevole di ignorare il significato di qualsiasi simbolo, piuttosto che interrogarti sulle sigle dei prodotti a marchio, veri e propri misteri, quando si tratta di scegliere! A cura di Claudia Capello, classe 1990, laureata in Economia Internazionale presso l’Università degli Studi di Padova CREDITI E CONTATTI Associazione Polesana Coldiretti Rovigo Via Alberto Mario n. 19 - Rovigo 0425 2019 Consorzio di Tutela dell’Insalata di Lusia IGP Via Provvidenza n. 25/3 - Lusia (RO) www.insalatalusia.it 0425 607024 Consorzio di Tutela dell’Aglio Bianco Polesano DOP Piazza Garibaldi n. 6 - Rovigo www.agliodop.it 0425 426428