A funghi con… - Proloco Budoia
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A funghi con… - Proloco Budoia
A funghi con… la scala! testo e foto di Claudio Angelini A volte succede che alcuni funghi crescano lungo il tronco di alberi morti o malati, fino ai rami più alti. E se l’albero è ancora in piedi, non c’è altro modo, per raccoglierli, che munirsi di una scala. Di solito si tratta di funghi parassiti a forma di mensola e che non hanno alcun interesse gastronomico. Altre volte, invece, può capitare che si tratti di specie commestibili e ricercate. È capitato anche a me di assistere, sul noce quasi secco di casa mia a Porcia, ad una strepitosa fruttificazione di «Chiodini» che ne ricopriva letteralmente il tronco, dalla base e fino quasi alla chioma; o di vedere, lungo la strada per Castel d’Aviano, dei «Pioppini» crescere lungo il tronco di un Pioppo (tuttora vivo!) fino quasi a 6 metri di altezza. Ma quello che mi accadde di vedere nel novembre del 2005, che tra poco racconterò, ha davvero dell’incredibile. Tutto iniziò una mattina all’Ufficio dell’Ispettorato Micologico di Porcia quando un compaesano si presentò chiedendomi se potevo dare un’occhiata ad un fungo che cresceva a cespi su di un albero vicino casa. «Certo» gli dissi, «dov’è A funghi con… la scala! il fungo?». «Ce l’ho qui fuori. Sa, non mi stava tutto, per cui ne ho portato solo un pezzettino… adesso lo prendo…». Stavo per dirgli che non si devono portare all’Ispettorato Micologico dell’ASL pezzetti di funghi, ma l’intero raccolto; che da un pezzettino di fungo quasi mai si riesce con certezza a risalire alla specie di appartenenza; che la legge parla chiaro in proposito e che dovrei rifiutarmi di effettuare il controllo. Stavo per dire tutto questo, ma non potei farlo quando mi resi conto che il pezzettino di fungo che mi aveva portato pesava oltre un chilo! «Wow! Che `bestia´ è questa?» esclamai stupito. Mai avevo visto nulla di simile e di quelle dimensioni. Al momento non avevo idea di che fungo si trattasse. Dopo un po’, finalmente, riuscii a placare l’emozione e a concentrarmi sul fungo. E, come si fa in questi casi, cominciai a giralo e rigirarlo tra le mani, annusandolo e assaggiandolo per percepirne odore e sapore. Poi, sfogliando mentalmente tutte le pagine dei libri di funghi che avevo studiato, iniziai a parlare a voce alta: «…Taglia gigante, lamelle bianche, fitte, un po’ decorrenti al gambo per un «dentino», cappello di color cremaocraceo percorso da evidenti fibrille innate, gambo eccentrico senza anello e volva, odore e sapore di farina rancida, come di scorza d’anguria, crescita a cespi su legno di latifoglie… non può essere che lui: il raro Hypsizygus ulmarius!». «Su che albero cresce? Per caso si tratta di un olmo?» – chiesi. «Proprio di un olmo si tratta… un olmo secolare… , ma, scusi, come fa a saperlo?» – rispose. «Biiiingo!» – esclamai scomposto, credo, mimando come si fa quando segna la propria nazionale di calcio in una finale di coppa del mondo. Mentre cercavo conferma da una foto del fungo tra i libri dell’Ufficio, quella persona, non potendo più pazientare, fece la fatidica ed inevitabile domanda: «Scusi, ma… oltre che raro… si può anche mangiare ‘sto fungo?!». Quando gli dissi che si, che si trattava di un fungo buon commestibile, fu lui allora a reagire scomposto, come esultando, a scoppio ritardato, per lo stesso goal della nazionale di calcio. «Vorrei fare delle foto al fungo». «Va bene, però subito, chè vorrei raccoglierlo prima che faccia buio». «Ma come, sono solo le nove della mattina…!». «Vedrà e poi capirà» – rispose misterioso e lapidario. Non sapevo ci fosse un olmo secolare nel parco di Villa Principi di Porcia a Tamai di Brugnera. Un olmo secolare tanto maestoso da essere censito nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia. Purtroppo lo vidi che era già morto, come ormai lo sono quasi tutti gli olmi della nostra regione, colpiti da un’inesorabile malattia: la grafiosi dell’olmo. Si tratta di una malattia dovuta ad un microscopico fungo parassita molto aggressivo, il Ceratocystis ulmi, trasmesso da una pianta all’altra da dei coleotteri scolitidi (simili a delle coccinelle: si tratta di insetti di varie specie appartenenti ai Generi Scolytus e Pteleobius). Malattia contro cui c’è ben poco da fare, purtroppo: a tutt’oggi non si conoscono rimedi efficaci per combatterla. E con la moria degli olmi stanno scomparendo inevitabilmente sia quei funghi simbionti che si legano alle sue radici: come le «Morchelle», tanto per citarne uno tra i più noti e raccolti da molti cercatori di funghi, o alcuni Entoloma (E. moserianum e E. saundersii), ma anche tutti quegli altri funghi saprotrofi che di frequentemente crescono sul legno morto di questo albero (la comune Flammulina velutipes chiamata volgarmente appunto «fungo dell’olmo», o il più raro Pleurotus cornucopiae molto somigliante alle volgarmente dette «Brise» e, ovviamente, il fungo di cui stiamo parlando, l’Hypsizygus ulmarius). Una volta arrivato a Villa Principi di Porcia, mi avvicinai lentamente a quell’olmo gigantesco, trattenendo il fiato e concentrandomi sul tronco verso la base. A funghi con… la scala! Ma niente, non notavo nulla, a parte una tabella posta in bella vista e che ne indicava l’età, il nome scientifico e quello popolare. Da lontano qualcuno mi gridò di alzare lo sguardo. E fu solo allora che cominciai a scorgere, da circa 4 metri di altezza e più su, fino quasi alla cima, grandi cespi di funghi giganti attaccati ai rami più grossi come se qualcuno dal cielo avesse voluto addobbare l’albero di enormi coccarde. Uno spettacolo mai visto prima. Davvero. Le foto qui rappresentate, spero, possano testimoniare la copiosità e la spettacolarità di quella fruttificazione. Per raccogliere tutti quei cespi, si rese necessario armarsi, oltre di una robusta sega da legno, di una scala speciale, tipo quelle usate dai pompieri per lo spegnimento degli incendi. Ci misero un bel po’ di tempo per raccogliere tutti quei cespi di funghi cresciuti a varie altezze, ma ne valse la pena. Il bottino finale bastò, mi dissero, per una cena a base di funghi per più di 40 persone! E quello che non riuscirono a consumare in quella occasione, finì per rimpinguare i congelatori di più famiglie. Nei giorni seguenti la raccolta, l’olmo dovette essere abbattuto in quanto troppo vicino alla strada e troppo elevato sarebbe stato il pericolo per persone e cose dovesse mai essere caduto. Per cui addio olmo e addio fungo. Non so se augurarmi di ritrovare ancora l’Hypsizygus ulmarius, chè equivarrebbe ad un altro olmo secolare morto. Di tutt’altro avviso quella stessa persona, che incontrai dopo anni e casualmente proprio l’altro giorno, che spera invece in un altro miracolo della natura! Hypsizygus ulmarius (= Lyophyllum ulmarium) è un fungo abbastanza raro, sia qui da noi che in tutta Europa. Cresce normalmente su legno di olmi morti anche se è riportato in letteratura una crescita anche su legno di altre latifoglie, specialmente su pioppo. In oriente, Giappone soprattutto, è invece specie diffusa in natura e molto ricercata dai raccoglitori, tanto da essere anche largamente coltivata e venduta nei mercati. Se volete provare, il micelio di questo fungo lo si può comprare via internet e la sua coltivazione, a vedere da come viene pubblicizzata, pare semplice e tale da poter essere effettuata anche a casa propria e con pochi mezzi. A questo fungo vengono inoltre attribuite altre proprietà, tanto che lo si può trovare commercializzato in preparazioni a base di oli o creme, come cosmetico per la pelle. Anche in questo caso, lo si può trovare ed acquistare in internet sottoforma di gel o pomate. Pare che come anti-invecchiamento o come rinvigorante per la pelle dia dei buoni risultati.