Tavolo 1 - L`ESPERIENZA.

Transcript

Tavolo 1 - L`ESPERIENZA.
Tavolo 1 - L’ESPERIENZA.
Comprendere, capire, acquisire e conservare nel tempo l’esperienza della
visita per l’accrescimento della conoscenza
In una società dove le grida e gli slogan sottraggono luce ed ossigeno alla riflessione e
all’approfondimento, i luoghi della cultura si interrogano su come trasformare l’incontro fra un
luogo della cultura e il suo visitatore, magari attirato da una notte bianca, da un’icona vista su
un muro, o da un concerto jazz, in una vera e propria esperienza culturale, un momento di
crescita personale, da raccontare e ricordare nel tempo.
Una sfida per i musei di oggi, che davanti alla prospettiva di un ampliamento di platea si
trovano a dover far passare messaggi complessi attraverso la cruna di un ago troppo fine,
correndo il rischio di banalizzare e appiattire ciò che è il risultato di una profonda
stratificazione di saperi, del dialogo fra diverse culture, del rapporto con il territorio.
Per rispondere a questa sfida alcuni musei si mettono in gioco e avviano interessanti
sperimentazioni su testi e apparati comunicativi. Un processo raffinato, che cesella testi ricchi
e suggestivi introducendo un a capo per tirare il fiato, un grassetto perché un’eco del testo si
ancori al pensiero, un inciso per spiegare una parola insolita, un paragrafo perche il genitore
possa cogliere rapidamente un concetto e trasmetterlo con orgoglio al suo bambino, un
riferimento temporale per chi proviene da un’altra cultura. Nuovi allestimenti, che
incuriosiscono con racconti e storie, mettono a disposizione mappe e guide per orientarsi ed
esplorare in libertà, servizi e assistenza perché la mente, dopo una pausa di ristoro, possa
concentrarsi sui nuovi stimoli. Innovazioni prodotte anche grazie al contributo di mediatori
interculturali, sociologi, antropologi, educatori, che collaborano con i curatori e conservatori.
Nel frattempo la “teoria della coda lunga1” ci insegna che in una dimensione globale non solo
c’è spazio per le informazioni altamente specializzate, ma che è possibile accendere la scintilla
dell’esperienza anche grazie al contributo della comunità degli utenti, che attraverso le
piattaforme partecipative condivide affinità, relazioni, interessi. Lo sviluppo di internet e dei
social network, i nuovi modelli di produzione e distribuzione resi possibili dalla tecnologia
digitale stanno, infatti, modificando gli attuali equilibri verso una maggiore democratizzazione
politica, sociale e tecnologica della cultura2 dove la frontiera fra creatori e consumatori si fa
sempre più sottile. Un’energia creativa testimoniata dal fiorire di applicazioni per smartphone,
siti web, itinerari, visite virtuali dedicate ai beni culturali.
La teoria della Coda Lunga, elaborata da Chris Anderson, si basa sul presupposto che il mercato dell’industria
culturale si stia via via allontanando dalla propensione a concentrarsi su un insieme relativamente piccolo di beni
di successo per muoversi verso un grande numero di beni di nicchia, dove il consumatore trova maggiore
correlazione ai propri interessi personali. Anderson C. (2007). La coda lunga. Da un mercato di massa a una
massa di mercati
2 Un recente studio della Commissione europea sulla dimensione imprenditoriale delle industrie creative rivela
che il 58% delle imprese e’ composto da 1-3 addetti. http://ec.europa.eu/culture/key-documents/doc3124_en.htm
1
1
Trasformazioni che stanno cambiando la modalità di interazione fra amministrazione pubblica
e cittadini, anche nel settore culturale, e che suscitano un ampio dibattito in Europa sul ruolo
dei pubblici poteri e del settore privato nella cultura, il modo di funzionamento delle istituzioni
culturali, il tipo e la scala dei sostegni agli artisti, le nuove forme di partenariato e di approccio
a livello paneuropeo, europeo, nazionale, regionale e locale.
Lo sguardo su questo orizzonte è incorniciato dai principi contenuti nella Convenzione Quadro
del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, firmata a Faro nel 2005,
che traccia il quadro di diritti e responsabilità dei cittadini nella partecipazione al patrimonio
culturale, muovendo dal diritto dell’individuo a prendere parte liberamente alla vita culturale
della comunità e di godere delle arti definito nell’art. 27 della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo. Una Convenzione che segna, in sintesi, il passaggio dalla domanda “Come
preservare il patrimonio e secondo quale procedura?” alla domanda “Perché e per chi
valorizzarlo?”.
Una Convenzione che declina le possibili accezioni del “valore” del patrimonio culturale per lo
sviluppo dell'essere umano e della società, un approccio alla valorizzazione multidimensionale,
capace cioè di “mettere in valore„ le dimensioni etico, culturali, ecologiche, economiche, sociali
e politiche del patrimonio culturale, dove l’apertura dei luoghi della cultura ad un pubblico
ampliato si intreccia con le politiche per l’inclusione sociale e lo sviluppo sostenibile.
Un’impostazione che si ritrova nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, che all’art. 2
sancisce che i beni “di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività” e
che all’art. 6 definisce la valorizzazione come “l'esercizio delle funzioni e la disciplina delle
attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori
condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle
persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”. Definizione che
traccia una strada per una fruizione consapevole, che stimoli il pubblico a prendere coscienza,
oltre che dei contenuti culturali, dei valori civici intrinseci nel nostro patrimonio culturale, del
suo essere risorsa per lo sviluppo personale e collettivo, un valore da preservare e trasmettere
alle generazioni future.
Questo allargare lo sguardo verso orizzonti più ampi richiede di fare i conti con le diverse
specificità umane. Implementare buone pratiche dell'accessibilità al patrimonio culturale
basate sulla conoscenza profonda dei bisogni e delle aspettative culturali del pubblico, sia
reale che potenziale. Comprendere che ognuno di noi è portatore allo stesso tempo di interessi
generici, condivisi a larga scala, e di interessi specifici e mirati, legati alla nostra unicità, radici,
cultura e formazione. Accettare che il processo di conoscenza non è monodirezionale, ma che
chi accede e “fruisce” è esso stesso portatore di un sapere con il quale interagire. Riconoscere
che la matrice della ricchezza del patrimonio culturale italiano affonda le sue radici non solo
nel rapporto con il territorio, ma in una storia impregnata di diversità culturale, in quella che
Renzo Piano, in una recente intervista ha definito “la forza del meticciato”. Una diversità che
oggi risuona in ogni visitatore, diverso per sapere, corpo, credenze, esigenze. Un pubblico che,
grazie alla visita apprende, disegna, crea, racconta la propria esperienza di visita e scopre la
natura multipla e dinamica della propria identità grazie alla relazione con altre culture. Unica e
speciale. Un’esperienza da raccontare.
2
Le prime domande che poniamo sul tavolo:
•
•
•
•
•
Come tradurre e comunicare a tutti i visitatori la complessità di un patrimonio culturale
differenziato e stratificato come quelli italiano?
Che cosa può raccontare un museo di arte antica al pubblico di oggi?
Quali nuove strategie per coinvolgere nuovo pubblico?
Come conoscere meglio il pubblico e il non pubblico dei musei?
Come costruire un’esperienza culturale che rimanga nel tempo?
Abstract degli interventi
Il Sistema informativo sul pubblico dei luoghi della cultura statali.
Sara Parca, Esperta ricercatrice per la PA
Contesto, obiettivi, strumento d’indagine
Nell’ambito delle attività istituzionali volte ad acquisire un quadro conoscitivo esaustivo per
quanto concerne la situazione dei luoghi della cultura di proprietà statale, la Direzione
Generale per la Valorizzazione del patrimonio culturale (Servizio I - Valorizzazione del
patrimonio culturale, programmazione e bilancio) sta svolgendo un’indagine per ricostruire lo
stato di fatto della documentazione relativa alla conoscenza dei visitatori e dei “non visitatori”
di musei, monumenti e aree archeologiche.
La rilevazione, tuttora in corso, è stata organizzata d’intesa con le Direzioni Regionali, gli Istituti
Centrali, Nazionali e Speciali, ai quali è stato chiesto di collaborare alla raccolta dei dati che è
eseguita attraverso l’autocompilazione da parte dei singoli istituti di una scheda che riporta
elementi sintetici di informazione sulle indagini commissionate o autorizzate nei luoghi della
cultura statali negli ultimi quindici anni. In particolare, dall’indagine potrebbero emergere
informazioni su ricerche realizzate anche da soggetti esterni al MiBAC, ma non pubblicate,
dunque non facilmente reperibili.
La richiesta e il censimento di dati essenziali come il titolo dell’indagine, la tipologia e la
metodologia della ricerca, il committente e i soggetti coinvolti permettono di ricostruire un
profilo di indicazioni basilari, ossia un “primo livello” di conoscenza, che in una seconda fase
potrà essere approfondito con la richiesta di ulteriori dettagli, come il recupero dei materiali e
dell’elaborazione dei dati, attraverso il contatto diretto con gli istituti coinvolti nella rilevazione.
I risultati della ricerca saranno elaborati ed organizzati in una banca dati che la Direzione
Generale per la Valorizzazione del patrimonio culturale potrà utilizzare per orientare le politiche
di settore e promuovere eventuali progetti di sviluppo e incentivazione alla diffusione ordinaria
e sistematica delle indagini per la conoscenza del pubblico utili a supportare le azioni volte al
miglioramento della comunicazione dei contenuti e dei servizi, nonché le politiche di
incentivazione alla visita sulla base delle risorse che si renderanno via via disponibili, tenendo
conto delle linee guida e degli standard già definiti dal Decreto ministeriale del 10 maggio
2001 (Atto di indirizzo sui Criteri tecnico-scientifici e standard di funzionamento e di sviluppo
dei musei).
3
Primi risultati sul tasso di risposta, verifica e analisi dei dati
Data la complessa realtà dei luoghi della cultura statali che consta di strutture di varia natura
(musei, monumenti, parchi e aree archeologiche, biblioteche e archivi) e di una molteplicità di
situazioni come ad esempio l’esistenza di circuiti museali (insiemi di musei, gallerie,
monumenti e/o aree archeologiche accessibili con un unico biglietto) o di luoghi caratterizzati
dalla compresenza di più beni culturali, nella prima fase di realizzazione del progetto si è reso
necessario procedere a una definizione dell’area d’indagine, ossia all’identificazione degli
istituti da includere nella rilevazione.
La selezione dell’ambito da indagare al momento vede esclusi gli archivi e le biblioteche le cui
peculiarità, distinte da quelle di musei e aree archeologiche, esigono una considerazione a
parte e specifici strumenti di valutazione.
La scelta si basa sulla ricognizione, l’acquisizione, l’integrazione e il riordino delle informazioni
e dei dati relativi ai luoghi della cultura statali disponibili presso alcune fonti informative
istituzionali (sito web dell’Ufficio di statistica dello stesso MiBAC, database contenente l’elenco
dei Musei, Monumenti e Aree Archeologiche Statali; sito web istituzionale del Ministero,
database contenuto nella sezione di ricerca dei luoghi della cultura; siti web delle
Soprintendenze).
In particolare, nell’individuazione dei soggetti da prendere in considerazione si tiene presente
come riferimento la banca dati dell’Ufficio di statistica del Ministero Musei, Monumenti e Aree
Archeologiche Statali aggiornata al 18 febbraio 2011, che individua 452 luoghi della cultura. A
partire da questo elenco del SISTAN, dunque, si sta procedendo a un’ulteriore selezione per la
creazione del nuovo database finalizzato alla registrazione delle indagini svolte sul pubblico nei
luoghi gestiti dal MiBAC: sono eliminati, ad esempio, quegli antiquaria che hanno
caratteristiche più di depositi che non di musei veri e propri e di conseguenza non presentano
specifici servizi al pubblico; gli istituti che pur avendo una collezione di proprietà statale, in
realtà sono gestiti da enti territoriali locali o, ancora, quei siti archeologici o monumentali che
di fatto non sono aperti al pubblico; infine sono esclusi i luoghi di culto come chiese, santuari,
abbazie e monasteri. In questi casi si sta procedendo a una verifica delle reali condizioni
contattando direttamente gli istituti o le rispettive Soprintendenze di competenza.
L’universo di riferimento è dunque composto, al momento, da 393 istituti, divisi in musei
archeologici, storico-artistici ed etnoantropologici; case museo; cenacoli; parchi, aree e
monumenti archeologici; palazzi reali, castelli e ville, compresi quelli che pur non disponendo
di collezioni, dunque non essendo assimilabili al modello tipico di museo, espongono beni
mobili d’interesse artistico, dipinti murali, mobilio e/o arredi di grande attrazione per il
pubblico. La verifica è tuttora in corso e il numero finale dei luoghi della cultura coinvolti
potrebbe essere ulteriormente modificato.
Allo stato attuale dei lavori, seppure si tratti di risultati ancora parziali, hanno risposto 59
istituti distribuiti su 12 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia
Giulia, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Toscana, Veneto) delle complessive 17 coinvolte
nell’indagine (infatti sono esclusi i luoghi della cultura di tre delle cinque Regioni a statuto
speciale, ossia di Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Sicilia).
Un primo dato da rilevare è che gli istituti periferici stanno aderendo in modo non uniforme.
Alcuni hanno risposto nei tempi previsti, altri dopo diversi solleciti. Si cerca di recuperare i dati
4
mancanti attraverso contatti telefonici diretti. A oggi le risposte pervenute rilevano che solo il
15% dei luoghi della cultura ha svolto, commissionato o autorizzato indagini volte alla
conoscenza del proprio pubblico.
La maggior parte di queste indagini, di approccio quali-quantitativo, sono state condotte
principalmente con la somministrazione di un questionario. Inoltre nella maggior parte dei casi
i dati non sono stati fatto oggetto di pubblicazione ma solo di utilizzo “interno”.
L’indagine sta dunque evidenziando che le rilevazioni effettuate nei musei statali italiani
appaiono purtroppo ancora rare e discontinue, soprattutto se le si confronta con quelle
effettuate in altri paesi europei. Non è ancora particolarmente avvertita la necessità di
verificare l’efficacia delle attività e dei servizi erogati al fine di orientare le politiche di
miglioramento della qualità della visita. La customer satisfaction non è misurata in modo
sistematico e analitico, con appositi monitoraggi sia a causa di una limitata propensione agli
aspetti legati al marketing culturale, sia per un’obiettiva mancanza di risorse dedicate.
La conoscenza del pubblico dei luoghi della cultura statali. Verso un sistema
nazionale di rilevamento.
Alessandro Bollo, Fondazione Fitzcarraldo Onlus
L’intervento prende spunto dagli esiti della ricerca “Indagine sullo stato dell’arte e
individuazione delle modalità per l’attivazione di una raccolta sistematica dei dati sulla
conoscenza del pubblico dei musei” commissionata dalla Direzione Generale per la
Valorizzazione del Patrimonio culturale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e
realizzata da Fondazione Fitzcarraldo Onlus.
La conoscenza dei pubblici che a vario titolo frequentano i musei – al di là della pura
rilevazione numerica – si va sempre più rivelando un fattore cruciale per realizzare politiche e
strategie di coinvolgimento, di fidelizzazione, di ampliamento della base sociale, di
miglioramento dell’esperienza di fruizione. Tale rilevanza non sembra però andare di pari
passo con un processo di sensibilizzazione e di consapevolezza, da parte del mondo museale,
in merito alla necessità di impostare prassi e strumenti di raccolta, monitoraggio e valutazione
sia quantitativi sia qualitativi per il raggiungimento degli obiettivi poc’anzi citati. A ciò si
aggiunga la necessità di promuovere studi e analisi di più ampio respiro su fasce ampie di
popolazione per meglio comprendere anche quelle “zone grigie” costituite dai non visitatori che
per diversi motivi sono poco interessati o disincentivati da barriere di accesso di ordine
culturale, sociale, fisico ed economico.
A partire da queste considerazioni preliminari è stato impostato un percorso di ricerca che
partisse dalla ricostruzione dello stato dell’arte, a livello nazionale ed internazionale, in
riferimento agli obiettivi, ai risultati acquisiti, alle metodologie di raccolta dati (quantitative e
qualitative) e alle tipologie di ricerca condotte a livello centrale, sovra-museale e museale per
analizzare, conoscere e valutare i visitatori e i non visitatori nella complessità dei rapporti che
si possono instaurare tra cittadinanza e offerta museale. Ne è emerso un quadro d’insieme
che, sebbene non esaustivo, restituisce interessanti elementi di specificità e di differenziazione
5
tra la situazione italiana e quella di esperienze nazionali estere che vantano, in questi ambiti,
una maggiore e più consolidata tradizione di riflessione teorica e di pratica sul campo.
Relativamente alle ricerche e alle prassi di misurazione e di valutazione del pubblico dei musei
in Italia è emerso un “paesaggio” caratterizzato da una fase ancora piuttosto sperimentale,
costituito da un corpus di studi profondamente eterogeneo e frammentario e da un bassa
consapevolezza complessiva in merito alla funzione e alle potenzialità di un sistema di
conoscenza strutturato e qualitativamente adeguato a supporto delle politiche del pubblico e
del processo decisionale delle singole istituzioni.
Sembra dunque in questa fase più che mai raccomandabile ed opportuna la creazione di un
sistema di rilevazione e monitoraggio a livello centrale, che permetta di costruire quadri
conoscitivi affidabili, aggiornati e confrontabili sulle condizioni di accessibilità del pubblico,
sulla sua soddisfazione e sui suoi bisogni, che superi al contempo la frammentarietà e la
discontinuità dello stato delle conoscenze attuali e che favorisca la nascita di procedure di
raccolta dei dati standardizzate che entrino il più possibile nella ruotine e nella pratica dei
servizi di gestione del pubblico.
“Il museo in ascolto”. Indagine sulla comunicazione nei luoghi della cultura
statali.
Ludovico Solima, Dipartimento di Strategie Aziendali, Facoltà di Economia, Seconda Università
degli Studi di Napoli.
Prologo
Nel 1999, l’Ufficio Studi del Ministero per i beni e le attività culturali, con il coordinamento
scientifico di chi scrive, avviò un’indagine campionaria di tipo sperimentale sui visitatori di
dodici istituti museali statali, al fine di acquisire indicazioni utili a comprendere lo svolgimento
dei processi di comunicazione nei musei.
In quell’occasione furono raccolti ed elaborati 4.000 questionari di indagine che analizzarono il
gradimento dei principali strumenti di comunicazione utilizzati quali la segnaletica interna
(indicazioni di percorsi e servizi), le didascalie, i pannelli informativi o le schede mobili, le
cartine/guide a stampa/pieghevoli, le visite guidate e le audioguide, le postazioni multimediali,
il personale di vigilanza alle sale.
L’anno successivo (2000) i principali risultati di quell’ampio lavoro furono editi nel volume,
curato da Ludovico Solima, “Il pubblico dei musei. Indagine sulla comunicazione nei musei
statali italiani”, Gangemi editore, Roma.
In questo decennio, tale indagine ha costituito un punto di riferimento essenziale per gli
studiosi e gli operatori del settore, testimoniato peraltro dalla quantità e qualità delle citazioni
ad essa riferite sia in pubblicazioni scientifiche che nel corso di convegni e seminari.
A dieci anni di distanza da quella importante esperienza di analisi è apparso di grande
interesse, d’intesa con la Direzione Generale per la Valorizzazione, fare il punto della
situazione sulla comunicazione dei musei statali italiani attraverso una nuova edizione della
ricerca, che ha consentito non solo di aggiornare i dati raccolti nel corso della prima edizione
ma anche di raccoglierne di nuovi.
6
Più in particolare, dopo un decennio in cui si è discusso dell’importanza di introdurre nuove
forme di gestione – e di comunicazione – all’interno dei musei italiani, il confronto consente di
conoscere le modifiche intervenute nei seguenti ambiti:
•
profilo demografico dei visitatori dei musei;
•
gradimento, da parte del pubblico, dei sistemi di comunicazione impiegati dai musei;
•
giudizio dei visitatori sull’efficacia delle scelte comunicative effettuate dai musei;
•
indicazioni circa le opportunità di perfezionare i processi comunicativi dei musei.
Analogamente a quanto realizzato nella precedente edizione della ricerca, è stato indagato
anche il punto di vista degli addetti ai lavori, attraverso lo svolgimento di colloqui in profondità
con un panel di esperti qualificati (direttori e funzionari dei musei e dirigenti del Ministero per i
beni e le attività culturali).
L’indagine 2011
Il questionario
La struttura del questionario utilizzato in questa circostanza ricalca in parte quello adottato per
l’indagine “Il museo si interroga” del 1999.
Particolare attenzione è stata dedicata, oltre che agli strumenti di comunicazione “tradizionali”,
alle nuove tecnologie dell’informazione; tale aspetto costituisce, insieme agli aspetti legati al
rapporto tra musei e turismo, uno degli approfondimenti che caratterizza questa particolare
edizione dell’indagine.
Il primo segmento di domande si riferisce al prima della visita, attraverso un percorso di
“avvicinamento progressivo” al museo, che parte dalle fonti di informazione che vengono
generalmente utilizzate per acquisire notizie su musei e mostre, per proseguire con i canali di
conoscenza che riguardano lo specifico museo in esame, la motivazione della visita e, infine,
un approfondimento sulle modalità ed il tipo di informazioni ricercate in un momento
antecedente alla visita museale.
Nel secondo blocco di domande, l’attenzione è rivolta al durante, vale a dire allo svolgimento
della visita e, in particolare alla dimensione sociale, all’utilizzo e livello di gradimento dei
differenti canali di comunicazione messi a disposizione del visitatore, ad una valutazione
complessiva dell’esperienza museale con un approfondimento su eventuali bisogni informativi
insoddisfatti e le funzioni associabili al museo (distinte tra ludica, sociale, relazionale e
culturale).
L’ultima sezione, infine, si focalizza sul dopo, chiedendo al visitatore di fornire indicazioni in
merito, da un lato, al potenziale dialogo a distanza che potrebbe essere instaurato con il
museo e, dall’altro, all’utilizzo di nuovi strumenti informativi da utilizzare durante la visita tra
quelli che risultano ancora poco o per nulla diffusi nei musei italiani.
La somministrazione del questionario è avvenuta fra i mesi di dicembre 2010 e giugno 2011
ed è terminata con la raccolta di oltre 4.500 unità.
I musei partecipanti
Dopo attente valutazioni congiunte con il MiBAC, si è pervenuti all’individuazione dei musei da
includere nell’indagine. Si è scelto, laddove possibile, di lasciare invariati i musei della prima
edizione dell’indagine ma si è proceduto ad alcune sostituzioni nei casi in cui fattori contingenti
rendevano difficile o impossibile lo svolgimento della rilevazione.
7
Si è così pervenuti al seguente elenco:
1.
Museo di Palazzo Ducale – Mantova;
2.
Pinacoteca di Brera – Milano;
3.
Museo Archeologico Nazionale – Cividale del Friuli;
4.
Pinacoteca Nazionale di Bologna – Bologna;
5
Palazzo Pitti – Firenze;
6
Museo Nazionale di Villa Guinigi – Lucca;
7
Galleria Nazionale dell’Umbria – Perugia;
8
Galleria d’Arte Antica di Palazzo Barberini – Roma;
9
Palazzo Massimo – Roma;
10
Museo Archeologico Nazionale – Napoli;
11
Museo di Capodimonte – Napoli;
12
Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata – Matera.
Confronto con gli esperti
È stato selezionato un panel di esperti composto dai responsabili dei musei coinvolti nello
studio e da personale del MiBAC che si occupa di valorizzazione, politiche del pubblico e di
studio della domanda culturale, cui è stata proposta un’intervista sui seguenti temi:
bilancio retrospettivo sul pubblico museale degli ultimi 10 anni (cambiamenti, linee di
continuità e discontinuità, efficacia di specifiche politiche e strategie a livello nazionale
e territoriale);
valutazione dei target cui si rivolge attualmente e in prospettiva il museo (quali politiche
rafforzare: fidelizzazione, ampliamento dei pubblici quali turisti, scuole, cittadinanza,
gruppi organizzati etc.);
livello di utilizzo e impatto delle nuove modalità di comunicazione legate al digitale;
implicazioni sul sistema organizzativo interno e sul fabbisogno di competenze (e di
formazione);
principali sfide per gli anni a venire (quali pubblici, quali priorità, con quali strumenti
etc.).
La comunicazione all’interno dei musei statali: segnaletica interna, didascalie
e pannelli.
Cristina Da Milano, ECCOM - Centro Europeo per l’Organizzazione e il Management Culturale
“I musei non sono un fine in se stessi, ma un mezzo al servizio dell’umanità”: questa
affermazione di Alma Wittlin è valida non solo per i musei ma per i beni culturali in senso lato,
in quanto fonte di pensiero, esperienza, sensazioni – in una parola di conoscenza – portatori di
valori non solo culturali ma sociali, proprio in quanto produttori/generatori di senso.
Le politiche di valorizzazione e comunicazione del patrimonio sono state negli anni rimodulate
e finalizzate all’allargamento della fruizione culturale sulla base del principio della centralità
del pubblico e del concetto di servizio che il patrimonio culturale rende alla società nel suo
complesso. In quest’ottica, è sempre più evidente come le strategie di valorizzazione debbano
concentrarsi non solo sul miglioramento dell’accessibilità fisica ed economica del bene, ma
anche e soprattutto su quella culturale.
8
La comunicazione interna dei musei – intesa come l’insieme di segnaletica interna, pannelli e
didascalie – riveste un’importanza cruciale nel processo di trasmissione di significato ed è uno
strumento estremamente rilevante ai fini dell’accessibilità culturale del patrimonio.
Nel 2010 Eccom – Centro Europeo per l’Organizzazione e il Management culturale ha ricevuto
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale per la valorizzazione del
patrimonio culturale l’incarico di svolgere attività di assistenza tecnica finalizzata alla
realizzazione di nuovi strumenti di comunicazione interna nei musei statali.
Nell’ambito di questo incarico, Eccom ha predisposto da un lato delle linee guida in materia
che saranno messe a disposizione sul sito della DG per la valorizzazione del patrimonio
culturale e dall’altra ha realizzato un’indagine sul gradimento e sull’efficacia della
comunicazione interna presso il Museo Nazionale Archeologico di Firenze, fornendo poi
assistenza tecnica alla riformulazione dei testi di alcuni pannelli esposti nel museo stesso.
In questa sede verranno presentati alcuni dei risultati del processo di assistenza tecnica, che si
è svolto in un clima di collaborazione feconda tra il gruppo di lavoro di Eccom e i funzionari del
Museo e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.
9