Toolkit per la valutazione dei fabbisogni delle competenze

Transcript

Toolkit per la valutazione dei fabbisogni delle competenze
UNIUNEA EUROPEANĂ
GUVERNUL ROMÂNIEI
MINISTERUL MUNCII, FAMILIEI
şI PROțEC IEI SOCIALE
AMPOSDRU
Fondul Social European
POSDRU 2007-2013
Tool
kit
Instrumente Structurale
2007-2013
Toolkit per la valutazione
dei fabbisogni delle competenze
ADMINISTRAțIA NAțIONALĂ A PENITENCIARELOR
TOOLKIT
PER LA VALUTAZIONE
DEI FABBISOGNI
E DELLE COMPETENZE
D I EX DETENUTI
PROGETTO SOCIAL
Strategia per l’Occupazione e Qualificazione tramite l’Apprendimento ed Attività per la Libertà POSDRU/69/61/S/32810 Az. 3.2.2.2
PROGETTO COFINANZIATO DALL’UNIONE EUROPEA, FONDO SOCIALE EUROPEO, PROGRAMMAZIONE 2007 – 2013
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione Generale per le politiche attive e passive del lavoro
Dirigente:
Marianna D’Angelo
Coordinamento del progetto SOCIAL:
Lucilla Di Rico
Isfol - Progetto Cooperazione transnazionale
Responsabile:
Antonella Attanasio
Gruppo di lavoro progetto SOCIAL:
Gianluca Calzolari
Giovanna de Mottoni
Maria Di Saverio
Maria Grazia Mastrangelo
Testo:
a cura di Maria Grazia Mastrangelo
Editing:
a cura di Giovanna de Mottoni e Maria Di Saverio
Progetto grafico:
Sectio sas
Traduzione in romeno:
a cura di Clara Oprea
Data di pubblicazione: Luglio 2012
Isfol, Corso d’Italia, 33 - 00198 Roma
Tel. +39.06.85.44.71
Web: www.isfol.it
INDICE
INDICE
Prefazione
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Introduzione
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Parte I
1
2
3
Il quadro di riferimento
Valutazione di fabbisogni e competenze delle persone
in esecuzione penale
1.1 La valutazione: un percorso complesso
La valutazione delle competenze in Europa e in Italia
2.1 I concetti di Lifelong learning e Lifewide learning
2.2 Apprendimento formale, non formale e informale
2.3 La strategia dell’UE in tema di validazione:
dai principi comuni del 2004 alla Raccomandazione del 2008
2.4 Le pratiche di validazione dell’apprendimento in Italia
2.5 Il Quadro unico europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF)
2.6 Riflessi dell’EQF in Italia
2.7 Riflessi dell’EQF in Romania
Valutazione, validazione e certificazione degli apprendimenti
3. 1 I riferimenti normativi: il contesto istituzionale italiano
3. 2 Competenze e apprendimento
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Parte II Metodi e strumenti per la valutazione, validazione,
ricostruzione e valorizzazione delle competenze
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Validazione, ricostruzione e valorizzazione delle competenze
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4.1 Pratiche e dispositivi di validazione
4.2 La Certificazione delle competenze
4.2.1 Cos’è
4.2.2 A chi è rivolta
4.2.3 Chi la rilascia
4.2.4 Il percorso di certificazione
4.2.5 I termini chiave della certificazione di competenze
4.3 Il Libretto formativo del Cittadino
4.3.1 Che cosa è
4.3.2 A chi è rivolto
4.3.3 Chi lo rilascia
4.3.4 La struttura del Libretto
4.3.5 Le fasi del processo di accompagnamento
e supporto alla compilazione del Libretto
4.4 Il Bilancio di competenze
4.4.1 L’articolazione del bilancio di competenze
4.4.2 L’articolazione di un percorso di bilancio
di competenze per ex-detenuti
4.4.3 Le fasi: obiettivi, azioni, modalità di attuazione
4.4.4 Descrizione analitica del percorso di bilancio
Requisiti di competenza dello staff per l’orientamento
e l’inserimento lavorativo di ex detenuti
5.1 L’operatore dell’informazione orientativa: il profilo di competenze
5.2 Il tutor dell’orientamento: il profilo di competenze
5.3 Il consulente di orientamento: il profilo di competenze
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Conclusioni
110
Fonti
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PREFAZIONE
Prefazione
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali tra le sue linee di intervento strategiche e di indirizzo promuove la coesione economica e sociale
ed un mercato del lavoro inclusivo, in linea con le politiche comunitarie, ritenendo ciò una priorità fondamentale a garanzia di quanti sono a rischio
di povertà e di emarginazione sociale. L’intento è che queste persone possano fruire delle opportunità e delle risorse necessarie per partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale del proprio Paese e vivere
dignitosamente. Uno dei principali strumenti della politica di coesione é il
Fondo Sociale Europeo che sostiene, tra l’altro, azioni mirate per l’inclusione e l’integrazione delle fasce a rischio di emarginazione. Esso supporta, infatti, gli Stati membri nel fornire gli strumenti idonei ad affrontare
le nuove sfide del mercato del lavoro nell’era della globalizzazione, con
particolare attenzione alle fasce svantaggiate.
È in tale ambito che si inserisce il progetto SOCIAL per il reinserimento
e l’integrazione degli ex detenuti, cofinanziato dal PON Sviluppo Risorse
Umane FSE Romania 2007/2013 e coordinato dall’Amministrazione Penitenziaria Nazionale rumena. L’intervento ha un ampio partenariato rumeno e italiano e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali vi ha
aderito con grande interesse, ritenendo molto importante la cooperazione
transnazionale in tale ambito sulla base di precedenti esperienze maturate
nel Programma di iniziativa comunitaria Equal e nell’adesione alla rete europea Ex Offenders Community of Practice – ExOCoP. In occasione del
Policy Forum 2012, ExOCoP ha ribadito, attraverso la “Dichiarazione di
Berlino”, l’impegno della rete a riconoscere il diritto delle persone in esecuzione penale alla riabilitazione e all’accompagnamento per il reinserimento a pieno titolo nella società, attraverso l’istruzione, la formazione e
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TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
l‘occupazione. La capacità di lavorare in sinergia, di fare rete di tutti i soggetti coinvolti nel trattamento dei detenuti e nel loro reinserimento sociale,
una volta usciti dal carcere, è fondamentale e strategica per un percorso
positivo che non solo eviti loro la recidiva, ma che sia anche in grado di
restituire dignità, speranza, opportunità di riscatto.
Il progetto SOCIAL, partendo dall’esperienza delle cooperative sociali
di tipo B maturata nel sistema carcerario italiano, ha voluto individuare e
sperimentare in Romania alcuni percorsi innovativi di facilitazione all’inserimento lavorativo attraverso dispositivi di incrocio tra domanda ed offerta di lavoro, nonché di accompagnamento nel percorso post pena, nel
passaggio delicato e cruciale verso la libertà.
Giunti al termine dell’intervento, sono stati realizzati da Isfol, ente in
house del Ministero con consolidata esperienza nel settore, alcuni testi
che analizzano ed elaborano i principali risultati emersi e che possono
rappresentare preziosi strumenti di lavoro e di sensibilizzazione per coloro
che operano nel sistema carcerario e nell’economia sociale, dunque operatori, formatori, manager, decisori politici, con la finalità di eliminare le
barriere sociali ed i pregiudizi, migliorare i servizi e facilitare il reinserimento delle persone in esecuzione penale, attraverso il lavoro, massima
espressione di cittadinanza e di effettiva libertà.
Cons. Paola Paduano
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione Generale politiche attive e passive del lavoro
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INTRODUZIONE
Introduzione
SOCIAL è un progetto finanziato dal Fondo Sociale Romeno il cui core
è rappresentato dallo sviluppo dell’economia sociale come strumento per
l’inclusione degli ex detenuti e dall’intervento sugli attori chiave dei sistemi
della giustizia, della formazione e del lavoro della Romania.
Avviato nel 2009, si concluderà nel settembre 2012, utilizzando il modello italiano delle imprese sociali e le esperienze sull’inclusione dei soggetti svantaggiati maturate nella precedente e attuale programmazione,
in particolare nell’ambito del Transnational Learning Network Fse “Ex Offenders Community of Practice”, d’ora in poi ExOCoP.
Principali obiettivi di SOCIAL sono:
• lo sviluppo di cooperative sociali
• la formazione di ex detenuti in vista del loro reinserimento lavorativo
• lo sviluppo delle competenze dei detenuti in regime aperto per la loro
integrazione nel mercato del lavoro dopo il rilascio
• la sperimentazione di piani di sviluppo personalizzati durante la detenzione e nella transizione dalla detenzione al post-rilascio
• il rafforzamento delle capacità e competenze degli operatori dell’amministrazione penitenziaria e del settore privato e privato sociale.
Il progetto è coordinato dall’Amministrazione Penitenziaria rumena e si
realizza attraverso un partenariato che in Romania si avvale di enti di ispirazione religiosa, quali Federatia Filantropia e Patriarchia Rumena, e in
Italia del Ministero del Lavoro - Direzione Generale per le Politiche Attive
e Passive del Lavoro; del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Palermo; dell’Unione degli Assessorati alle Politiche Socio-Sanitarie e del
Lavoro; di Éupolis Lombardia - Istituto Superiore per la Ricerca, la Stati15
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
stica e la Formazione; di Obiettivo Lavoro - Agenzia per il Lavoro SpA.
Organismo attuatore per il Ministero del Lavoro è l’Isfol, Istituto per lo
sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, ente di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali - Progetto Cooperazione transnazionale, di cui è responsabile Antonella Attanasio.
Il Progetto intende trasferire nella sperimentazione romena l’esperienza
pluriennale acquisita in materia di progettazione di percorsi e strumenti
per l’inclusione di soggetti svantaggiati e, in particolare, di persone in
uscita dal circuito penale.
Il know-how transnazionale è maturato soprattutto a livello comunitario,
sia nella passata programmazione nell’ambito del Programma Equal di
cui l’Isfol è stata Struttura Nazionale di Supporto, sia in quella attuale, nella
citata rete europea ExOCoP della quale l’Isfol è partner. SOCIAL vede
inoltre il concorso fattivo di altre aree dell’Istituto, secondo un approccio
sinergico che, da un lato, punta a valorizzare le singole professionalità impegnate ma, soprattutto, consente una visione sistemica rispetto alla complessità del target trattato.
Le finalità di SOCIAL sono eminentemente pratiche: dotare il sistema
dell’amministrazione penitenziaria romena di strumenti e metodi che possano favorire l’inserimento o il reinserimento nella società civile di detenuti
ed ex detenuti. Pertanto, il prodotto che si presenta, il Toolkit per la valutazione dei fabbisogni e delle competenze di (ex) detenuti, si configura
come una vera e propria “cassetta degli attrezzi” che descrive e collega il
ricco dibattito in corso in Italia ed Europa sul tema degli apprendimenti formali, non formali ed informali, sulla loro messa in trasparenza e sugli strumenti per la valutazione, validazione, valorizzazione e certificazione delle
competenze, con l’individuazione di strumenti adeguati per le fasce deboli,
e, nel caso specifico, per le persone in uscita dal circuito penale.
Si tratta quindi di un “prodotto d’uso” che come tale deve essere inteso
e pertanto è importante prestare attenzione alle sue modalità di utilizzo.
Il gruppo di lavoro che ha realizzato il Toolkit è stato coordinato da Giovanna de Mottoni e composto da:
- Gianluca Calzolari;
- Giovanna de Mottoni;
- Maria Grazia Mastrangelo, curatrice del presente testo.
La supervisione tecnico-metodologica dei contenuti nei capitoli 1 e 5 è
stata realizzata da Elisabetta Perulli, Isfol.
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INTRODUZIONE
La traduzione in romeno è stata realizzata da Clara Oprea.
Si ringraziano inoltre quanti hanno contribuito alla elaborazione del
Toolkit, in particolare:
- Elisabetta Perulli (Isfol) per i contenuti dei volumi a sua cura “Esperienze
di validazione dell’apprendimento non formale ed informale in Italia ed
in Europa” e “Il Libretto formativo del cittadino. Dal Decreto del 2005
alla sperimentazione: materiali e supporti metodologici”
- Anna Grimaldi (Isfol) per i contenuti del volume a sua cura “Bi.dicomp.
Un percorso ISFOL di Bilancio di Competenze”
- Francesca Romana Marchionne e Luca Rosetti (Isfol) per la sceneggiatura e post produzione del DVD Giving a second chance: support
strategies for the reinsertion
- la Fondazione Casa di Carità Arte e Mestieri Onlus di Torino, diretta da
Dino Tessa, ed il gruppo di lavoro del Servizio all’utenza - Area Esecuzione penale, per i materiali, le schede operative e le elaborazioni teoriche frutto della loro esperienza e del loro lavoro quotidiano con
detenuti ed ex detenuti
- TECHNE Scpa di Forlì-Cesena, diretta da Lia Benvenuti ed il gruppo di
lavoro dell’Area Svantaggio sociale per i materiali, le schede operative
e le elaborazioni teoriche frutto dell’esperienza e del lavoro quotidiano
con persone svantaggiate.
Antonella Attanasio
Isfol - Progetto Cooperazione transnazionale
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PARTE I
IL QUADRO DI RIFERIMENTO
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
1.Valutazione di fabbisogni e competenze
delle persone in esecuzione penale
1.1 La valutazione:
un percorso complesso
Lo spostamento in avanti dei livelli d’istruzione e di competenze richieste
nel mercato del lavoro è un dato ormai condiviso da tutta la letteratura
scientifica. L'innovazione delle forme di organizzazione e divisione del lavoro, l'emergere di nuovi modelli produttivi e l'impatto delle nuove tecnologie sono annoverate tra le cause principali di questo spostamento. Sia
le grandi sia le piccole imprese, che mirano a competere sul piano del valore aggiunto in un mercato sempre più turbolento ed esposto alla concorrenza internazionale, esigono manodopera competente ed affidabile.
La domanda di lavoro risulta dunque maggiormente selettiva, tanto da richiedere forza lavoro sempre più preparata, dotata di un certo livello di
conoscenze di base e trasversali, anche nelle posizioni basse della struttura occupazionale.
In un simile contesto, le persone svantaggiate sono quelle più a rischio
di essere relegate ai margini del mercato, laddove la precarietà e l'instabilità
lavorativa possono tradursi in insicurezza economica ed esclusione sociale.
È certamente una condizione presente in tutte le società avanzate come
effetto dei processi d’intensa trasformazione economica, sociale ed anche
politica, che oggi sintetizziamo nelle due locuzioni complementari di “società post-industriale” e di “globalizzazione”. Ma questi processi di trasformazione generano sindromi di rischio sociale che, per le fasce deboli,
diventano esclusione sociale per cumulazione di eventi e fattori negativi.
20
PARTE I
Le persone sottoposte a misure restrittive a seguito di procedimenti penali sembrano essere tra i soggetti maggiormente esposti alle disuguaglianze nell’accesso al mercato del lavoro.
L’ingresso all’interno del sistema penale determina di norma una rottura
nella traiettoria esistenziale di una persona. La privazione della libertà,
ben lungi dal limitarsi ad essere una sanzione circoscritta, tende a dispiegare i propri effetti secondo una dinamica a spirale involutiva. Alla limitazione della libertà di movimento si accompagna, di norma, l’immediata
incapacità produttiva dell’individuo, che perde ogni sua possibilità di produzione di reddito. Questa circostanza concorre a determinare una serie
di conseguenze a catena sia sulla vita della persona che sconta la misura
detentiva, sia su quella della comunità familiare a lei collegata.
Naturalmente, l’esecuzione della pena è elemento determinante per la
lontananza dall’occupabilità. La condizione di restrizione, anche quando
prevede misure alternative alla detenzione, commisurate all’entità del reato,
non fornisce gli strumenti che permettono l’ingresso o reingresso nel mercato del lavoro all’ex-detenuto.
Inoltre, all’uscita dal circuito penale, la stessa condizione di “ex-detenuto” espone ad una forte sanzione sociale da parte della comunità e del
mondo del lavoro.
Essere al margine comporta molto spesso l’incapacità di agire la richiesta di servizi ed è per questo che la persona ex-detenuta può raggiungere
i propri obiettivi di reinserimento con un certo grado di successo solo se è
autonomamente in possesso di risorse professionali, relazionali ed economiche.
Per questo, occorre capire i luoghi della marginalità e dell’esclusione
senza ritenere a priori che il margine possa esprimere solo segni di disperazione e distruzione. Sicuramente il margine è luogo della privazione e del
silenzio, della non rappresentazione, della mancanza di mediazione. Chi interviene ed affronta gli spazi del margine ne deve conoscere le dinamiche
profonde, padroneggiarne i codici linguistici, comprendere e far comprendere che è ancora possibile immaginare e rinegoziare propri spazi e che si
ha il diritto/dovere di investire sul proprio futuro. Ogni persona, anche quella
apparentemente più in difficoltà, è portatore di un potenziale, talvolta impensabile e sorprendente, di competenze/abilità/risorse/passioni derivanti
dal patrimonio di esperienze (positive o negative) che la vita gli ha consentito
di acquisire.
Il nostro lavoro deve andare nella direzione di aiutare/supportare le per21
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
sone ad essere maggiormente consapevoli delle loro risorse, accompagnandole in un lavoro teso anche alla costruzione/ricostruzione di nuove
competenze, di nuove professionalità.
In tale ottica, l’orientamento e la formazione come processi ad offerta
chiusa vanno sostituiti con un orientamento ed una formazione puntuale
e in molti casi individuale sui bisogni del richiedente.
Alla luce di quanto sopra affermato e dei cambiamenti in atto nel mercato
del lavoro è essenziale l’attenzione che le istituzioni e gli esperti del mondo
del lavoro e della formazione pongono oggi, molto più che nel passato, ai
luoghi non formali di apprendimento, alle imprese ed ai luoghi di lavoro
come sedi strategiche di sviluppo delle competenze, alle diverse forme di
alternanza formazione – lavoro, viste come contesti di apprendimento e di
messa in valore delle esperienze comunque acquisite. La focalizzazione
sui nuovi fattori, sedi, luoghi e tempi non solo formali di apprendimento e,
più in generale, lo sviluppo di sistemi di opportunità offerti agli individui per
mantenere, sviluppare, rendere visibili, migliorare e certificare le proprie
competenze, sono oggi tematiche chiave nel dibattito comunitario e centrali
nel nostro Paese in un momento in cui si vanno ridisegnando le politiche
in materia di istruzione, formazione e lavoro, nonché di welfare.
Tale dibattito, sviluppatosi a livello europeo e nazionale, tende ad accreditare l'idea che le nuove frontiere dell'investimento pubblico in politiche
sociali siano rappresentate dalla formazione diffusa e permanente (Lifelong
Learning e Lifewide Learning) intesa come condizione essenziale per la
definizione delle pari opportunità. Il corso delle nuove politiche sociali è
rappresentato dal coinvolgimento di molteplici attori e dall'integrazione tra
sistemi (della giustizia, socio-riabilitativo, dell’istruzione e formazione, del
mercato del lavoro). L'evoluzione dello scenario europeo e nazionale segnala l'opportunità di adottare un approccio proattivo ai problemi dell'esclusione sociale: si tratta in sostanza di passare da un sistema di protezione
sociale in cui il diritto di cittadinanza viene interpretato come diritto di prelievo e di assistenza “passivizzante”, ad un sistema di protezione sociale
in cui il diritto di cittadinanza viene inteso come disponibilità di strumenti
per realizzare un percorso verso l'autonomia. Questo significa che l'assunto
culturale e sociale che ne è alla base è la costruzione di strumenti idonei
ad "accompagnare" l'individuo più svantaggiato dall'accoglienza, all’orientamento, alla formazione, per aiutarlo ad acquisire coscienza delle proprie
risorse/potenzialità fino all'inserimento nel mondo del lavoro, in un patto di
riconoscimento delle reciproche responsabilità.
22
PARTE I
L’orientamento e la formazione per i soggetti in transito nei circuiti detentivi deve, quindi, proporre la messa a punto di modalità idonee per la
ri-promozione personale con il trasferimento delle necessarie competenze
che permettano di saper leggere le nuove forme, le regole, i tempi dei
nuovi lavori; questo affinché i soggetti in cerca di una ricollocazione possano valorizzare le loro pregresse competenze aggiornandole sulle nuove
richieste e non vedersi ulteriormente penalizzati solo per la loro incapacità
di auto-presentarsi.
Le risultanze dei lavori di ricerca e monitoraggio condotti dall’Isfol nell’ambito dell’Iniziativa comunitaria Equal e dei Programmi Fse e quelle collegate alla partecipazione ai lavori della rete transnazionale ExOCoP,
nonché le buone pratiche in materia di reinserimento sociale e lavorativo
di (ex) detenuti implementate da diversi promotori o Partnership di sviluppo
ed inserite nel Catalogo delle buone pratiche - uno dei prodotti del progetto
SOCIAL - fanno imprescindibilmente riferimento ai capisaldi di seguito illustrati.
1. Attivazione di coordinamenti di reti interistituzionali e sociali tra servizi
della giustizia, sociali, sanitari, culturali, con i servizi per l’impiego e formativi per l’attuazione di piani di reinserimento degli ex detenuti. Si pensi,
ad esempio, ai percorsi di inserimento socio-professionale dei detenuti in
misure alternative al carcere, la cui efficacia dipende anche da una maggiore integrazione dei sistemi o settori (giustizia, cultura, lavoro, sociale
ecc.). Si consideri, a titolo esemplificativo, quali e quanti potrebbero essere
gli interlocutori cui una persona in uscita da un percorso penale dovrebbe
essere in grado di rivolgersi, indirizzando richieste coerenti alla competenza di ogni singola agenzia, senza che tra queste sussista una pratica
consolidata di coordinamento e valutazione delle risposte fornite: agenzie
legate all’esecuzione della pena (U.E.P.E.), servizi territoriali per l’impiego,
prestazioni previdenziali erogati da Enti nazionali di previdenza, servizi
socio sanitari (Ser.T, Salute mentale, medicina legale), enti territoriali specifici per l’accesso alla casa, servizi socio assistenziali del Terzo settore,
servizi erogati direttamente dagli Enti locali, servizi al lavoro erogati da
agenzie private o interinali, servizi di supporto erogati dal volontariato (Caritas, diocesi, parrocchie).
Non è tanto il numero degli interlocutori potenziali a spaventare, specie
se osservato con gli occhi di una persona che come obiettivo/priorità ha il
soddisfacimento di una serie di bisogni vitali, quanto il fatto che ognuna di
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TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
queste agenzie tende ad operare secondo standard di servizio, metodiche,
linguaggi e cornici normative assai differenti. Le difficoltà non risiedono
solamente nel fatto che talvolta non si dispone degli strumenti necessari
alla gestione delle situazioni multiproblematiche. Si ha l’impressione che,
oltre ad un problema di strumenti, spesso si ponga una questione di modalità di lavoro, di stili di relazione, sia con i beneficiari che tra gli attori del
sistema territoriale di intervento1.
2. Promozione di una maggiore qualità, flessibilizzazione e personalizzazione degli interventi formativi, in grado di rimuovere gli ostacoli che vivono i soggetti più deboli nella fruizione dei servizi stessi. Partendo
dall’assunto che buona parte delle persone che vengono a contatto con il
sistema penale sono caratterizzate da uno scarso indice di accesso ai
presupposti/opportunità fondamentali per l’attivazione di processi di inclusione sociale (lavoro – casa – potere di acquisto, immagine positiva di sé),
all’uscita dal carcere esiste un problema legato all’individuazione di possibili strategie ed azioni utili a ridurre appunto il gap tra le opportunità
astrattamente esistenti e la loro concreta fruizione. Se non per semplicità
di descrizione e di codici linguistici convenzionali, nella realtà non esiste
la categoria degli ex detenuti, dei tossicodipendenti, degli immigrati, perché ogni detenuto, tossicodipendente, immigrato, può essere laureato o
analfabeta ed è prima di tutto una persona, ha una propria storia e proprie
aspettative. Ciascuno presenta esigenze diverse rispetto ai processi di
orientamento, formazione ed inserimento. Per questo è necessario attivare
interventi mirati rispetto agli specifici problemi, utilizzando metodologie e
strumenti flessibili e personalizzati per il singolo individuo.
3. Utilizzo di metodologie e strumenti di analisi dei fabbisogni e delle
competenze dovrebbe consentire sia di mettere in trasparenza le capacità
ed incapacità del soggetto, sia di agire sul suo grado di autonomia nella
costruzione di un progetto di inserimento, soprattutto alla luce delle effettive competenze richieste dal mercato locale. Si tratta di spostare l’attenzione da un approccio di tipo “prestazionale”, basato sulla rilevazione delle
prestazioni, necessarie in un determinato lavoro, per centrare l’attenzione
sulla “ricognizione/mappatura delle competenze” considerate come risorsa
1
Tratto da: Manifesto relativo agli interventi di inclusione lavorativa e sociale promossi a vantaggio
di persone con problemi di Giustizia, Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri – Servizio all’utenza,
Area Esecuzione Penale, Torino 2010 (in corso di stesura).
24
PARTE I
per l’individuo in funzione dell’elaborazione di piani d’azione per il re-inserimento (da una logica prestazionale ad una logica di presa in carico).
È alla luce di queste considerazioni che è stato concepito il presente
Toolkit per la valutazione delle competenze e dei bisogni dei beneficiari
finali del progetto SOCIAL.
Per facilitarne la comprensione e la trasferibilità nel contesto rumeno,
in termini sia di metodologie che di strumenti, il presente lavoro è organizzato nel seguente modo: la prima parte ripercorre il dibattito della valutazione delle competenze in Italia ed in Europa per darne il quadro di
riferimento.
In particolare,
• il Cap. 1 analizza la complessità dei percorsi di valutazione dei fabbisogni e delle competenze delle persone in esecuzione penale;
• il Cap. 2 collega i concetti di lifelong learning e lifewide learning agli apprendimenti formali, non formali ed informali, tentando di fornire uno
spaccato europeo sulle tematiche, attraverso l’illustrazione dell’European Framework Qualification (EQF) ed delle sue ricadute in Italia ed
in Romania, i due paesi partner del progetto;
• il Cap. 3 affronta il tema della valutazione e validazione degli apprendimenti in Italia, dandone i principali riferimenti normativi e collegando gli
apprendimenti alle competenze ed alle loro varie tipologie e definizioni.
La seconda parte esamina, senza pretesa di esaustività, i metodi e gli
strumenti più utilizzati negli ultimi anni per la valutazione, validazione, ricostruzione e valorizzazione delle competenze, descrivendone tre e fornendo le istruzioni fondamentali e gli strumenti per il loro utilizzo.
In particolare:
• il Cap. 4 inquadra i diversi contesti, istituzionali e non, in cui avviene la
valutazione, validazione, ricostruzione e valorizzazione delle competenze; descrive il percorso per la Certificazione delle Competenze nel
nostro paese, offrendo le indicazioni necessarie per accedervi con i format ed i termini chiave; illustra il percorso che in Italia ha condotto all’adozione del Libretto formativo del Cittadino, descrive il percorso ed il
processo di accompagnamento alla sua compilazione e ne fornisce il
format; tratta del Bilancio di Competenze, con particolare attenzione ai
percorsi di Bilancio per fasce deboli e, nello specifico, per ex detenuti.
Sono descritti gli obiettivi, le fasi, le modalità operative di realizzazione,
gli strumenti e la durata;
25
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
• il Cap. 5 descrive brevemente i requisiti di competenze che lo staff di
un servizio di orientamento ed inserimento lavorativo rivolto a persone
“difficilmente occupabili” dovrebbe garantire. In tale contesto, la professionalità degli operatori è, più che in altri settori, fattore strategico. Infatti,
il miglioramento dell’occupabilità e l’inserimento lavorativo delle fasce
deboli deve prendere l'avvio dalle complesse ed eterogenee caratteristiche di cui le persone sono portatrici e da lì partire alla ricerca della
compatibilità con il sistema produttivo. La ricerca di tale compatibilità
passa attraverso la capacità di mediazione, accompagnamento e tutoraggio delle persone da un lato e, dall’altro, dalla funzione educativa,
formativa, motivazionale svolta con gli utenti da parte dello staff degli
operatori. In questa logica, risulta fondamentale favorire ed incoraggiare
la formazione interprofessionale tra gli operatori del Ministero della Giustizia e quelli dei vari Servizi territoriali, in particolare del privato sociale,
del lavoro, della formazione, al fine di supportare ed accompagnare il
percorso che porta i beneficiari dell’intervento “dal dentro al fuori” il carcere ed al loro effettivo re-inserimento.
Infine, negli allegati, sono disponibili gli strumenti operativi dei tre metodi. Gli strumenti sono tratti dalle principali esperienze condotte in Italia
nell’ultimo decennio da: attori istituzionali responsabili delle politiche per
l’istruzione e la formazione e le politiche attive del lavoro; organizzazioni
del Terzo settore che operano nell’orientamento, formazione ed inserimento socio-lavorativo di persone “difficilmente occupabili”.
26
PARTE I
2.La valutazione delle competenze
in Europa e in Italia
2.1 I concetti di Lifelong learning
e Lifewide learning2
L’apprendimento e la valorizzazione delle competenze diventano centrali in un sistema formativo orientato al lifelong learning: è quanto emerge
dagli orientamenti accademici e dallo studio concreto del funzionamento
dei sistemi avanzati di istruzione e formazione. Il nuovo scenario, guidato
dai profondi cambiamenti in atto nell’economia e nella società, enfatizza
e dà centralità agli apprendimenti individuali ed alle diverse forme e sedi
in cui questo avviene.
L’enfasi posta a livello comunitario sull’esigenza di nuovi dispositivi di lifelong learning, di formazione continua e di apprendimento permanente
degli adulti impone ai sistemi d’istruzione e formazione obiettivi di trasformazione che hanno ormai le caratteristiche della continuità, nel senso che
non è più plausibile pensare il dispositivo educativo-formativo-professionale
come un sistema configurato in modo stabile e onnicomprensivo.
L’indicazione che emerge richiede una nozione di formazione aperta ai
cambiamenti, esposta alle variazioni continue dei contenuti tecnologici ed
organizzativi del lavoro, centrata sui bisogni di apprendimento degli individui e realizzata nei luoghi e nei tempi più diversificati.
ISFOL, Perulli E. (a cura di), “Esperienze di Validazione dell’Apprendimento non formale ed informale in Italia ed in Europa” Isfol, Roma, 2007 (Temi & Strumenti. Studi e Ricerche 20).
2
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TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
È alla luce di queste considerazioni che è stato concepito il presente
Toolkit per la valutazione delle competenze e dei bisogni dei beneficiari
finali del progetto SOCIAL.
Da tempo ci troviamo infatti di fronte ad un cambiamento “di fatto” del sistema di apprendimento riconoscimento - certificazione, un’evoluzione che
passa attraverso:
• la ridefinizione dei luoghi e dei tempi dell’apprendimento e della formazione che non hanno più solo sede in un determinato percorso di formazione e in un determinato momento della vita, ma sono uno
strumento dell’individuo, che può avere la possibilità di costruirsi percorsi formativi e professionali flessibili, individualizzati, garantendo la
formazione e l’aggiornamento permanente;
• la modifica e l’ampliamento dell’oggetto della certificazione che oggi riguarda competenze, qualifiche, percorsi di formazione/istruzione ma
anche formazione continua, segmenti parziali o complessivi di un’esperienza formativa o esperienziale, ecc.;
• la sperimentazione di nuove modalità e l’ampliamento dei soggetti e
delle sedi di apprendimento con particolare riferimento ai contesti di vita
e di lavoro;
• l’affermarsi di nuove metodologie e approcci che si fondano sulla valorizzazione delle esperienze individuali attraverso percorsi narrativo - ricostruttivi quali quelli di bilancio di competenze o approcci che si
fondano sulle biografie individuali, approcci di validazione e riconoscimento dell’esperienza individuale;
• le diverse forme di apprendimento centrate sullo sviluppo delle risorse
individuali, che attivano livelli di competenze di auto-apprendimento e
riflessività fondamentali per lo sviluppo personale e professionale.
Lo sviluppo del lifelong learning riguarda, dunque, l’assetto organizzativo dei sistemi di istruzione e formazione per quanto concerne le possibilità e le modalità di accesso alla formazione, l’integrazione dei sistemi
formativi, il riconoscimento delle competenze individuali apprese in ogni
ambito formale, non formale ed informale. Tali modalità implicano il funzionamento di sistemi di certificazione delle competenze di concezione
moderna, in grado di garantire diritti, occupabilità, competitività ed integrazione sociale delle persone.
La valorizzazione delle competenze delle persone, la predisposizione
di modalità differenziate di accesso alla formazione e ciò che la certificazione delle competenze è in grado di realizzare diventano fattori di garan28
PARTE I
zia del modello sociale europeo perché la transizione verso la società conoscitiva assicuri una adeguata inclusione e partecipazione sociale.
Anche nell’ambito della politica europea a sostegno dell’occupazione
la funzionalità dei nuovi dispositivi di valorizzazione e riconoscimento delle
competenze comunque acquisite è coerente con il raggiungimento dei
due obiettivi relativi all’occupabilità e all’adattabilità dei lavoratori, elaborati
a partire dal processo di Lussemburgo e declinati nell’ambito dei diversi
Piani Nazionali per l’Occupazione. L’obiettivo della piena occupazione,
costantemente atteso dai Governi e dall’Unione, e l’intenzione di aumentare quantitativamente e qualitativamente i posti di lavoro richiedono massima attenzione alle condizioni di occupabilità delle persone, alle
competenze possedute, alla loro valorizzazione, al loro riconoscimento,
mantenimento e sviluppo.
Quanto sopra esposto assume un significato maggiore quando ci si riferisce alle persone “difficilmente occupabili”3, quali gli ex detenuti. Per tali
soggetti, la valorizzazione delle esperienze individuali attraverso percorsi
narrativo - ricostruttivi quali quelli di bilancio di competenze o approcci che
si fondano sulle biografie individuali, approcci di ricostruzione e riconoscimento dell’esperienza di vita acquisiscono un’importanza fondamentale e
rappresentano:
• l’occasione di fruire di un processo di forte supporto in termini di autoconsapevolezza e auto-riflessione sul personale patrimonio di competenze derivanti da percorsi di apprendimento non formale e sui modi di
renderle trasparenti, documentabili e potenzialmente riconoscibili dal
mercato e dalle istituzioni;
• un presupposto per la validazione di competenze non certificate ai fini
del reingresso nei sistemi educativi o formativi e/o finalizzate ad un reinserimento lavorativo.
Assumendo questa prospettiva, quindi, le difficoltà nello sviluppo di
un progetto di re-inserimento sociale e lavorativo da parte delle persone
“difficilmente occupabili” possono essere affrontate spostando l’atten3 «L’espressione soggetti “difficilmente occupabili” aiuta a vedere la persona come soggetto singolo
ed irripetibile, piuttosto che come un oggetto sequestrato da un’istituzione o come un numero all’interno di un gruppo target. Questa espressione, infatti, sottende una prospettiva che abbandona l’approccio centrato sui limiti del singolo soggetto per assumere un atteggiamento orientato a valorizzarne
le risorse, prime fra tutte, quelle derivanti da una positiva interazione tra le sue potenzialità e quelle
dell’ambiente in cui essa vive ed opera». In Masotti G., “Che fare per i soggetti difficilmente occupabili”?, Rapporto di ricerca, Iniziativa comunitaria Equal “Imprenditorialità estrema per una vita indipendente”, IRES Friuli Venezia Giulia, Udine, 2004, p. 20.
29
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
zione dalle loro inadeguatezze alle risorse (materiali, affettive, professionali, conoscitive, ecc.) che tali relazioni sono in grado di mobilitare,
se adeguatamente incentivate e supportate.
Lo sforzo da fare lavorando con queste persone quindi è quello di acquisire la disponibilità e le competenze a riconoscere le risorse che
ognuna di loro possiede e può scambiare col contesto sociale, lavorativo
ed istituzionale in cui intende inserirsi per sviluppare un proprio progetto
di vita. Ci si riferisce, in particolare, alle abilità e competenze scolastiche,
formative e professionali acquisite, ma anche alla rete di relazioni primarie (famiglia, parenti e amici) e secondarie (conoscenze personali,
canali di accesso alle informazioni, contatti con attori chiave del sistema)
ed alla disponibilità di mezzi materiali. In altri termini, il riferimento è alla
cosiddetta “capability” ossia alla capacità/possibilità di un soggetto di utilizzare, scambiare e mettere in gioco tutte le risorse di cui dispone4. Risorse e potenzialità che anche l’esperienza o la condizione di disagio
vissuta possono aver fatto acquisire. È importante, infatti, ricordare che
in molti casi queste esperienze e/o condizioni rappresentano importanti
occasioni di scoperta di sé, di maturazione personale, di rafforzamento
del carattere, di apprendimento. Aspetti particolarmente significativi che
un atteggiamento pregiudiziale e stereotipato rischia di compromettere
o di annullare.
In sintesi, i processi di apprendimento riconoscibili socialmente non
possono esaurirsi unicamente in quelli promossi esplicitamente nel sistema scolastico e formativo “ufficiale”, ma, in aggiunta, essi si realizzano per l’intera esistenza dell’individuo anche in altri contesti, meno
formalizzati ed istituzionalizzati, ma altrettanto significativi e determinanti
per la crescita e la professionalizzazione delle persone.
L’apprendimento individuale si connota, dunque, come un processo
complesso e socialmente rilevante che si realizza su tutto l’arco della
vita (lifelong learning) e trasversalmente a tutti i contesti di vita (lifewide
learning)5.
Ogni persona apprende dal momento della nascita alla terza età e il
suo processo conoscitivo e abilitante si avvia all’interno della famiglia,
Il concetto di capability è stato elaborato da Amartya Sen (1993) a partire dalla fondamentale intuizione che trattare in modo eguale persone diverse non significa dare a tutti quote equivalenti degli
stessi beni e/o servizi, bensì modulare gli stessi per quantità e tipologia a seconda delle caratteristiche
peculiari di ciascuno.
5
Commissione delle Comunità Europee, “Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente”,
Documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC (2000) 1832, Bruxelles, ottobre 2000.
4
30
PARTE I
della scuola o della formazione professionale, per poi ampliarsi e completarsi all’interno di contesti lavorativi e professionali, di contesti e di
esperienze di vita maggiormente connessi alle scelte individuali ed al
vissuto soggettivo6.
Gli individui, dunque, sono costantemente interessati da processi di
apprendimento più o meno intenzionali e consapevoli, realizzati in contesti differenziati, in momenti e fasi diverse della loro vita o anche contemporaneamente.
In particolare, i percorsi didattici che le persone realizzano nel loro iter
scolastico e formativo, all’interno di istituti scolastici o di agenzie di formazione professionale sono intenzionali, consapevoli, strutturati e articolati in modo da supportare ed agevolare il processo di acquisizione
delle conoscenze e delle capacità che costituiscono obiettivo di apprendimento. Il valore istituzionale dei processi di apprendimento, attuati nel
sistema dell’Education, rende le competenze acquisite riconoscibili all’interno di sistemi analoghi o limitrofi (agenzie del mercato del lavoro,
pubbliche amministrazioni ecc.), nonché dagli altri contesti sociali (sistema produttivo, culturale).
I processi di apprendimento che si sviluppano nell’ambito di contesti
diversi da quello dell’Education, siano essi imprese private, ambito familiare, attività di tempo libero ed esperienze di vita, risultano invece
aleatori e non immediatamente riconoscibili. Le modalità di apprendimento, non essendo del tutto intenzionali e strutturate per obiettivi ed
output cognitivi, possono differenziarsi in base al tipo di contesto ed alle
caratteristiche del soggetto e sfuggono da qualsiasi tipo di controllo o di
valutazione strutturata.
Se le competenze acquisite in contesti extrascolastici ed extraformativi
sono così difficili da valutare e da validare - tanto che spesso il soggetto
non è neppure consapevole di averle acquisite - perché si ritiene indispensabile metterle in trasparenza?
La risposta si può trovare nelle indicazioni europee sull’apprendimento
permanente. In esse si stabilisce con chiarezza che la trasparenza degli
apprendimenti informali e non formali costituisce una priorità strategica
per la competitività e lo sviluppo e che le istituzioni devono giocare un
ruolo fondamentale nell’offrire ai propri cittadini questa opportunità, in
particolare a coloro che, a causa di condizioni sociali o professionali disagiate, necessitano di strumenti per muoversi più flessibilmente ed age6
National Agency for Education, “Lifelong and Lifewide learning”, Stockholm, January 2000.
31
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
volmente nel mercato del lavoro.
2.2 Apprendimento formale, non formale
e informale
Parallelamente ai concetti di lifelong e lifewide learning, il dibattito comunitario ha introdotto a partire dalla seconda metà degli anni ’90 la distinzione di tre diverse tipologie di apprendimento: formale, non formale
ed informale.
Poiché si rilevano diverse accezioni e interpretazioni di questa distinzione, sia a livello europeo che nazionale, un primo passaggio utile è
quello di richiamare ciò che formalmente è stato enunciato nelle diverse
fonti a livello europeo, relativamente a tali tipologie di apprendimento. Una
necessaria annotazione, opportuna per una migliore comprensione del
quadro concettuale presentato, è quella relativa alle dimensioni connotative dell’apprendimento che compaiono nei diversi documenti europei. La
natura dell’apprendimento viene infatti definita in base a quattro essenziali
dimensioni 7:
• in quale contesto avviene l’apprendimento;
• se esiste o no intenzionalità dell’apprendimento;
• se esiste o no una pianificazione e strutturazione del processo in quanto
apprendimento;
• l’apprendimento è normalmente certificato o no.
In misura diversa, più o meno articolata o accennata, tutti i documenti
europei che ufficialmente e formalmente citano la tripartizione delle tipologie di apprendimento fanno riferimento alle dimensioni sopra citate.
Il primo documento in cui viene presentato in modo ufficiale la tripartizione dell’apprendimento è il Memorandum sull’istruzione e la formazione
permanente del 20008.
Nel documento di lavoro elaborato dalla Commissione europea, viene
enunciata la seguente definizione:
• apprendimento formale: è quello che “… si svolge negli istituti di istruzione e di formazione e porta all’ottenimento di diplomi e di qualifiche
riconosciute”;
Colardin D., Bjornavold J., “Validation of Formal, Non formal and Informal Learning: policy and practices in EU Member States”, European Journal of Education, Vol. 39, n°.1, 2004.
Documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC (2000) 1832, Bruxelles, ottobre 2000.
8 Commissione delle Comunità europee, “Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente”,
7
32
PARTE I
• apprendimento non formale: è quello che “… si svolge al di fuori delle
principali strutture d’istruzione e di formazione e, di solito, non porta a
certificati ufficiali. L’apprendimento non formale è dispensato sul luogo
di lavoro o nel quadro di attività di organizzazioni o gruppi della società
civile (associazioni giovanili, sindacati o partiti politici). Può essere fornito anche da organizzazioni o servizi istituiti a completamento dei sistemi formali (quali corsi di istruzione artistica, musicale e sportiva o
corsi privati per la preparazione degli esami)…”;
• apprendimento informale: è “… il corollario naturale della vita quotidiana.
Contrariamente all’apprendimento formale e non formale esso non è
necessariamente intenzionale e può pertanto non essere riconosciuto,
a volte dallo stesso interessato, come apporto alle sue conoscenze e
competenze …”.
Riprendendo le dimensioni sopra indicate, la definizione presentata nel
Memorandum9 individua prevalentemente il contesto in cui si realizza l’apprendimento (istituti scolastici e agenzie formative per l’apprendimento
formale; strutture istituzionali di istruzione e formazione quali imprese,
associazioni civili, agenzie a supporto dei sistemi formali per quello non
formale; vita quotidiana per l’apprendimento informale) e la presenza o
assenza di certificazione ufficiale rilasciata (nell’apprendimento formale
vengono rilasciati diplomi e qualifiche riconosciute mentre in quello non
formale non vengono consegnati certificati ufficiali mentre l’apprendimento informale, non essendo intenzionale, non rilascia alcunché).
In questa prima definizione l’intenzionalità dell’apprendimento viene
considerata l’elemento di differenziazione tra apprendimento formale, apprendimento non formale e apprendimento informale. Nei primi due casi
si ritiene che il processo di apprendimento sia intenzionale e che vi sia
consapevolezza da parte del soggetto, mentre nell’apprendimento informale il processo cognitivo è del tutto incontrollato e inconsapevole.
Non si fa riferimento al livello di strutturazione e articolazione dell’apprendimento essendo il contesto il primo e più importante elemento di differenziazione e distinzione tra le tre tipologie di apprendimento. Un ulteriore
contributo al processo definitorio è stato fornito dal Glossario Cedefop del
200310 in cui viene fornita un’ulteriore descrizione delle tre tipologie di apprendimento, che aggiunge ulteriori elementi di riflessione al dibattito.
ISFOL, Perulli E. (a cura di), “Esperienze di Validazione dell’Apprendimento non formale ed informale in Italia ed in Europa”, Isfol, Roma 2007 (Temi & Strumenti. Studi e Ricerche, 20).
10 Tissot P, (a cura di), Glossario, CEDEFOP, 2003.
9
33
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
In particolare gli apprendimenti vengono così definiti:
• apprendimento formale: è “l’apprendimento che si realizza nei contesti
strutturati e organizzati (scuola, formazione professionale o formazione
sul lavoro) ed è esplicitamente progettato e strutturato come apprendimento (in termini di obiettivi di apprendimento, tempi e risorse). L’apprendimento formale è intenzionale dal punto di vista del discente e
sfocia di norma in una certificazione”11;
• apprendimento non formale: è “l’apprendimento che si realizza in attività
pianificate ma non esplicitamente progettate e strutturate come apprendimento (in termini di obiettivi, tempi e risorse) pur contenendo importanti
elementi di apprendimento. L’apprendimento non formale è intenzionale
dal punto di vista del discente. Di norma non porta a certificazione”12;
• apprendimento informale: è “..l’apprendimento risultante dalle attività
della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia ed al tempo libero.
Esso non è strutturato né organizzato (in termini di obiettivi di apprendimento, tempi e risorse). L’apprendimento informale nella maggior
parte dei casi non è intenzionale dal punto di vista del discente e di
norma non porta a certificazione”13.
Riprendendo le diverse enunciazioni dal Memorandum del 2000 ad
oggi, possiamo ragionevolmente ipotizzare un’accezione di sintesi che
tenga conto anche di quelle che abbiamo definito “persone difficilmente
occupabili”, il cui percorso di Education e dunque di apprendimento formale è spesso costellato di insuccessi e/o abbandoni scolastici/formativi:
• l’apprendimento formale avviene in contesti istituzionali specifici e, dal
punto di vista dei contenuti, si riferisce essenzialmente alle discipline.
Gli studi sul curriculum da tempo hanno messo in luce le specificità
delle discipline, che hanno una storia interna ed esterna, un corpus di
nozioni organizzate, con proprie ragioni di significato, proprie caratteristiche metodologiche e contenutistiche, distinte per organizzazione
e per sistematicità; sono stati inoltre indicati gli elementi di alfabetizzazione istituzionale e di differenziazione teorica progressiva che ne
costituiscono la struttura. Per un altro verso, inoltre, sono state indagate le ragioni delle acquisizioni errate, dell’incapsulamento e dell’inerzia delle conoscenze acquisite a scuola, che indicano l’inefficacia di
questa acquisizione, ma c’è comunque consenso sull’importanza della
Ibidem, traduzione del gruppo di lavoro Isfol dell’Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento.
Ibidem.
13 Ibidem.
11
12
34
PARTE I
trasmissione delle discipline in sé, come corpus di conoscenze sedimentate che le diverse società sono interessate a tramandare14;
• l’apprendimento non formale avviene intenzionalmente sulla base di
una scelta dei soggetti, si riferisce ad attività specifiche, volte ad esempio all’imparare a ballare, o a giocare a tennis, o a suonare uno strumento e così via. Questo tipo di apprendimento si fonda solitamente su
una motivazione più autentica (rispetto a quella che si rileva a scuola);
in taluni casi si sostanzia anche di elementi identitari nel senso che “diventare un tennista” ad esempio, può costituire anche una fonte di identità per soggetti in formazione. Il sapere che in questo tipo di
apprendimento si trasmette è un sapere prevalentemente volto all’azione, finalizzato e che dà luogo ad esiti più facilmente visibili e riconoscibili; può essere più o meno organizzato e si riconduce più
direttamente a colui che mantiene la responsabilità di istruire; in altre
parole, se si impara a ballare, ad esempio, il maestro organizza le sue
lezioni con propri criteri di scelta e di articolazione che possono non rispondere a standard scolastici, ma che devono comunque condurre ad
un preciso apprendimento finale, pena l’insuccesso dell’iniziativa. L’esito
per chi prende parte a questo tipo di apprendimenti è quello di riuscire
a fare qualcosa che all’inizio non era in grado di fare, essendo stati disposti a spendere una quota del proprio impegno a riuscire15;
• l’apprendimento informale invece avviene regolarmente nella vita quotidiana e nell’ambiente di lavoro, poiché si caratterizza come esito intrinsecamente connesso al prendere parte a situazioni in cui si è
pienamente coinvolti e di cui si riconosce il senso: ciò che succede normalmente agli individui umani quando agiscono. Dal punto di vista delle
caratteristiche dei contenuti di questi apprendimenti, si tratta di conoscenze fluide, magmatiche, non sistematiche e non organizzate, dai
confini mal definiti e sfuggenti; loro caratteristiche essenziali sono il riferimento ad azioni finalizzate, alla soluzione di problemi in senso proprio e in senso lato, la forte contestualizzazione. Dal punto di vista
cognitivo, inoltre, si procede per modalità analogiche che sono, in sintesi, i modi con cui gli individui, costruendo delle rappresentazioni simboliche delle esperienze vissute, stabiliscono relazioni. Questo consente
IAL – CISL Abruzzo, Ajello A., Berardi C. (a cura di) “Realizzare il portfolio digitale, manuale d’uso”,
Progetto INTRA - “Azioni integrate per la transizione al lavoro di detenuti/ex detenuti”- IC EQUAL 2^
Fase – Occupazione, IAL CISL, Pescara 2007.
15 Ibidem.
14
35
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
loro di fare confronti e cogliere similarità e differenze dalle quali trarre
spunti per l’azione. Quindi, non un procedimento logico ma una modalità
di stabilire contatti fra esperienze che, seppur diverse, sono percepite
in relazione per qualche aspetto o motivo16. Nella tabella 1 sono schematizzate le differenze tra le diverse tipologie di apprendimento.
TAB. 1. DIFFERENZE TRA APPRENDIMENTO FORMALE, NON FORMALE ED INFORMALE
TIPO DI
APPRENDIMENTO
CONTESTI/SITUAZIONI
CERTIFICAZIONI
INTENZIONALE
STRUTTURATO
Apprendimento
formale
Scuola, corsi di
formazione, ecc.
Sì
Sì
Sì
Apprendimento
non-formale
Fuori dai contesti
dell’istruzione
istituzionale
(lezioni a casa, ad
esempio per imparare
a suonare la chitarra)
No
Sì
Sì
Apprendimento
informale
Attività di vita
quotidiana, tempo
libero, ecc.
No
No
No
Si può notare che l’unica differenza che sussiste tra l’apprendimento
che avviene in contesti istituzionali e quello che avviene in contesti non
istituzionali è che quest’ultimo non viene certificato, mentre entrambi vengono organizzati e strutturati da coloro che gestiscono le attività di formazione ed hanno luogo in modo intenzionale. L’apprendimento che ha luogo
durante le attività della vita quotidiana, comprese le attività lavorative, si
discosta, invece, dall’apprendimento formale e non formale perché non
viene certificato, non è strutturato ed avviene in modo non intenzionale.
Nella seconda parte del presente lavoro, si illustreranno una serie di
strumenti e metodologie sulla valutazione delle competenze che possono
permettere di dare conto di tutte le tipologie di apprendimento proprie di
un soggetto “difficilmente occupabile”. Per il momento si ritiene opportuno
sottolineare il collegamento esistente tra il tema dell’apprendimento formale, non formale ed informale ed il concetto di validazione. Quest’ultimo
rappresenta il processo di accertamento e valorizzazione degli apprendimenti finalizzato ad assegnare un valore e a mettere in trasparenza le
16
36
Ibidem.
PARTE I
competenze individuali ovunque e comunque acquisite.
2.3 L’UE in tema di validazione: dai principi comuni
del 2004 alla Raccomandazione del 200817
Strettamente connesso ai concetti di apprendimento permanente in tutti
gli aspetti della vita ed alla tripartizione dell’apprendimento (formale, non
formale e informale) si pone il concetto di validazione che viene specificamente riferito ai processi di riconoscimento e messa in valore degli apprendimenti non formali ed informali.
Il processo di validazione rappresenta la modalità attraverso cui le competenze acquisite in contesti di apprendimento non formali e informali possono essere evidenziate e valorizzate e quindi possono acquistare
leggibilità e trasparenza per il sistema socio-economico e istituzionale.
Il quadro di riferimento europeo in tema di validazione è stato oggetto di
numerose definizioni ufficiali nonché di un lungo dibattito, prima scientifico
e poi istituzionale, che a partire dal 1998 ha animato la scena comunitaria.
Oggi il tema della validazione dell’apprendimento non formale e informale rappresenta una componente stabile della strategia europea sul lifelong learning e, soprattutto, è parte integrante del Quadro europeo delle
Qualifiche per l’apprendimento permanente (European Qualification Framework), oggetto di una Raccomandazione del Parlamento europeo e del
Consiglio del 23 aprile 2008.
Già nel 2004 con il documento sui “Principi comuni europei per la validazione dell’apprendimento non formale e informale” (conclusioni del Consiglio sui principi comuni europei - maggio 2004) la Commissione comincia
a stabilire alcuni criteri chiave che gli Stati membri sono invitati a prendere
in considerazione, su base volontaria, per consentire i processi di riconoscimento e validazione. Infatti, si sottolinea che, sebbene tali principi comuni non costituiscano un obbligo per gli Stati membri, contribuiscono a
sviluppare una fiducia reciproca tra gli attori e ad incoraggiare le riforme.
I meta-principi sono strutturati sulla base delle seguenti voci18:
• diritti dell’individuo:
l’identificazione e la validazione dell’apprendimento non formale e informale dovrebbero, in linea di principio, avvenire su base volontaria per gli
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sulla costituzione
del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (2008/C 111/01).
18 ISFOL, Perulli E. (a cura di), “Esperienze di Validazione dell’Apprendimento non formale ed informale in Italia ed in Europa”, Isfol, Roma 2007 (Temi & Strumenti. Studi e Ricerche, 20).
17
37
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
individui. La privacy e i diritti dell’individuo devono quindi essere rispettati;
• obblighi degli attori socio-istituzionali:
gli attori principali dovrebbero decidere, conformemente ai loro diritti, responsabilità e competenze, sistemi e approcci per l’identificazione e la validazione dell’apprendimento non formale e informale. Questi dovrebbero
poi comprendere appropriate procedure di garanzia di qualità e fornire agli
individui orientamento, counselling e informazione sui sistemi e sugli approcci disponibili.
• praticabilità e fiducia:
i processi, le procedure ed i criteri per l’identificazione e il riconoscimento dell’apprendimento non formale e informale devono essere giusti,
trasparenti e ancorati a meccanismi di sicurezza di qualità;
• credibilità e legittimità:
i sistemi e gli approcci per l’identificazione e la validazione dell’apprendimento non formale e informale dovrebbero rispettare gli interessi legittimi
e assicurare la partecipazione equilibrata dei principali attori. I processi di
valutazione devono essere imparziali e i meccanismi di valutazione devono essere predisposti in maniera tale da evitare ogni genere di conflitto
d’interesse, anche mediante una maggiore professionalizzazione degli addetti alla valutazione.
La Commissione, contestualmente al dibattito che ha portato alla condivisione dei principi europei, ha lanciato nel 2004 la realizzazione, tramite
CEDEFOP, dell’Inventario europeo sulla Validazione dell’apprendimento
non formale e informale, che da allora, nei suoi tre successivi aggiornamenti, ha svolto un ruolo fondamentale per il monitoraggio e la valutazione
delle iniziative a tutti i livelli, offrendo un utile supporto al confronto e allo
scambio di esperienze19.
Grazie a questo lavoro di repertoriazione delle pratiche e di elaborazione delle Linee Guida, sappiamo che quasi tutti i Paesi hanno attivato o
stanno attivando quadri normativi riferibili al tema della validazione degli
apprendimenti non formali e informali, spesso collegati a riforme nazionali
del sistema di istruzione e formazione oppure a leggi o atti di riforma nazionali riferibili al sistema del lavoro.
Esistono tuttavia differenze molto sostanziali nel grado di avanzamento di
tali processi, come si evince dal monitoraggio effettuato dal 2004 ad oggi20:
19 ECOTEC, “European Inventory on Validation of non formal and informal learning. A final report to
DG Education & Culture of the European Commission”, Brussels, September 2005.
20 A cura di Elisabetta Perulli, Isfol, Area Sistemi e Metodologie per l’apprendimento.
38
PARTE I
• 14 Paesi si sono dotati di sistemi nazionali e funzionanti di validazione
dell’apprendimento e ciò significa che in questi Paesi tutti i cittadini possono esercitare il diritto di accedere a procedure di validazione dell’esperienza. Questi Paesi sono Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca,
Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Olanda, Norvegia, Portogallo, Slovenia, Romania, Spagna e Regno Unito;
• 10 Paesi sono collocabili in un grado medio di avanzamento in quanto
hanno previsto iniziative di natura parziale, non sistemica oppure ancora
in fase iniziale. Ciò significa che solo alcuni cittadini in particolari circostanze possono usufruire di questa opportunità. Tra questi c’è l’Italia insieme ad Austria, Islanda, Germania, Ungheria, Lituania, Lussemburgo,
Polonia, Svezia e Malta;
• 8 Paesi sono ancora in fase di dibattito o di ideazione di iniziative e
quindi tale processo non può essere reso accessibile a nessun cittadino.
Questi sono: Bulgaria, Croazia, Cipro, Grecia, Lettonia, Liechtenstein,
Slovacchia e Turchia.
Grazie a questo lavoro la Commissione europea, sempre tramite il CEDEFOP, nel corso degli ultimi due anni sta lavorando alla proposta di un
futuro “modello europeo” per le pratiche di validazione. Tra dicembre 2010
e febbraio 2011 è stata infatti realizzata una consultazione pubblica per
una futura Raccomandazione del Parlamento Europeo su questo tema.
Effettivamente, a distanza di circa 10 anni dall’ampia diffusione del dibattito e delle pratiche in materia di validazione in Europa, esiste un consolidato di pratiche e di caratteristiche tecniche e giuridiche legate a questo
dispositivo. Al fine di esplicitare i consolidati punti comuni, nel 2009 il CEDEFOP ha pubblicato le Linee Guida Europee per la validazione dell’apprendimento non formale e informale21 (European Guidelines for validating
non-formal and informal learning).
21 http://www.cedefop.europa.eu/en/news/4041.aspx
• apprendimento formale: apprendimento erogato in un contesto organizzato e strutturato (per esempio, in un istituto d’istruzione o di formazione o sul lavoro), appositamente progettato come tale (in
termini di obiettivi di apprendimento e tempi o risorse per l’apprendimento). L’apprendimento formale è intenzionale dal punto di vista del discente. Di norma sfocia in una convalida e in una certificazione;
• apprendimento non formale: apprendimento erogato nell’ambito di attività pianificate non specificamente concepite come apprendimento (in termini di obiettivi, di tempi o di sostegno all’apprendimento). L’apprendimento non formale è intenzionale dal punto di vista del discente;
• apprendimento informale: apprendimento risultante dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro,
alla famiglia o al tempo libero. Non è strutturato in termini di obiettivi di apprendimento, di tempi o
di risorse dell’apprendimento. Nella maggior parte dei casi l’apprendimento informale non è intenzionale dal punto di vista del discente.
39
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Il primo punto consolidato riguarda il processo di validazione che il CEDEFOP sostiene debba essere composto di almeno tre fasi:
• l’identificazione che ricostruisce e individua le competenze dell’individuo
sulla base delle sue esperienze ed elenca quelle per le quali è possibile
una validazione;
• la valutazione che accerta in varie forme il possesso delle competenze
individuate e la conformità allo standard di riferimento;
• la validazione che sancisce e attesta gli esiti del processo anche ai fini
di certificazione o riconoscimento dei crediti.
In secondo luogo la validazione prevede come requisito fondamentale
la presenza di standard di riferimento ovvero le competenze ed i livelli minimi di padronanza.
Secondo il CEDEFOP, poiché la validazione dell’apprendimento non
formale può essere riferita a due diversi ambiti, quello lavorativo e quello
educativo, gli standard di riferimento necessari corrispondono rispettivamente agli standard professionali ed agli standard educativi/formativi:
• gli standard professionali sono la descrizione delle principali attività svolte
da ciascuna figura professionale e le relative competenze. Sono formulati in termini di risultati e descrivono anche come e a che livello tali attività devono essere svolte e tali competenze esercitate. Gli standard
professionali costituiscono un possibile ponte fra il mercato del lavoro
ed il mondo dell’educazione, a condizione che gli standard educativi
(vedi di seguito) siano anch’essi formulati in termini di risultati;
• gli standard educativi/formativi al contrario descrivono quello che le persone
devono imparare in ambito formativo e come verificare tali apprendimenti.
Tali standard possono essere formulati in termini di input (materie, programmi, metodi d’insegnamento, modalità di valutazione) oppure, come
prevede EQF, in termini di risultati dell’apprendimento. Il Cedefop fa notare
che non sempre gli standard educativi sono collegati agli standard professionali perché spesso gli organismi educativi sono autoreferenziali.
Per dare rilevanza sociale e credibilità alla validazione dell’apprendimento
non formale è di fondamentale importanza il coinvolgimento delle associazioni professionali (soprattutto nel caso degli standard professionali) e delle
istituzioni educative (soprattutto nel caso degli standard educativi/formativi).
Inoltre il CEDEFOP precisa che nelle imprese il processo di validazione dell’apprendimento non formale può avvenire nell’ambito di obiettivi interni quali:
• la definizione del catalogo delle competenze, vale a dire la compilazione
della job description di tutte le attività aziendali e la possibile identifica40
PARTE I
zione e validazione ad uso interno dell’apprendimento non formale;
• la messa a punto di piani di sviluppo professionale personalizzati;
• la realizzazione di attività di formazione aziendali o esterne.
2.4 Le pratiche di validazione
dell’apprendimento in Italia
Nell’Inventory CEDEFOP delle prassi di validazione dell’apprendimento,
il nostro Paese si trova in una posizione intermedia e ciò è dovuto a due
principali fattori.
Il primo è la presenza di un lungo e maturo dibattito che risale agli anni
’90 e che ha, progressivamente, generato una forte condivisione di tutte
le parti istituzionali e sociali intorno al tema del diritto all’apprendimento
ed alla valorizzazione delle competenze individuali.
In particolare, tra gli obiettivi più importanti delle politiche nazionali e regionali in materia di competitività ed apprendimento permanente degli ultimi anni, c’è quello di arrivare a condividere strumenti e procedure per la
trasparenza e la certificazione delle competenze acquisite dai cittadini/lavoratori nella formazione, così come nel lavoro e nella vita. Nella fase attuale sono stati compiuti alcuni progressi per giungere alla definizione di
un quadro comune in Italia sugli oggetti della certificazione (referenziali o
standard delle competenze) ma anche sulle regole e le procedure (i dispositivi) attraverso le quali si possano produrre le certificazioni in modo
omogeneo e attendibile. Tuttavia una normativa nazionale unica ed esplicita in materia non è stata ancora prodotta.
Inoltre negli ultimi due anni, considerando la specifica congiuntura economica, demografica e sociale in cui si trova il nostro Paese, si è assistito
ad un deciso rilancio di questi temi poiché la possibilità di valorizzare
quanto si apprende sul lavoro è utile sia per incidere positivamente sui
numeri dei reingressi in formazione, avvicinando così il raggiungimento
degli obiettivi di Lisbona, sia per integrare le azioni di politica attiva del lavoro come, ad esempio:
• aprire nuove strade a molti lavoratori o aziende in crisi occupazionale;
• abbattere ostacoli per l’accesso dei cittadini italiani ad alcune professioni
e per la mobilità europea e internazionale per studio o per lavoro;
41
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
• fornire basi più affidabili per un accesso di qualità di lavoratori provenienti da altri paesi europei o extraeuropei al mercato del lavoro italiano.
Il secondo e certamente più decisivo fattore che ci pone in un grado intermedio di avanzamento rispetto al complesso dei Paesi UE, è la proliferazione, ricca ma spesso incontrollata, di esperienze e pratiche di grande
interesse a molti livelli, primo tra tutti quello regionale. Infatti, in questi ultimi
anni diverse Regioni sono intervenute a livello normativo sui sistemi di
certificazione (ad esempio Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Umbria,
Sardegna, Veneto, Lazio, Valle D’Aosta, Marche e Veneto) ed hanno prodotto rilevanti esperienze in materia di valorizzazione degli apprendimenti
comunque acquisiti, pur in assenza di un quadro nazionale che consenta
di spendere i risultati della validazione anche oltre il territorio regionale.
Inoltre sono state condotte, in questi ultimi anni, diverse esperienze di validazione legate alle pratiche di incontro domanda/offerta di lavoro e realizzati numerosi progetti pilota (Equal e Leonardo in primis) che hanno prodotto
interessanti sperimentazioni legate ad alcuni settori o figure professionali
su cui effettuare una validazione da esperienza (ad esempio figure quali le
Assistenti Familiari allo scopo di costituire albi regionali o provinciali).
Infine, si è ulteriormente allargata la base di soggetti istituzionali e non
che ha avviato sperimentazioni del Libretto Formativo del cittadino che
resta, anche secondo le Linee Guida per la Formazione 2010 del Ministro
del Lavoro, lo strumento elettivo di raccolta e registrazione delle informazioni su esperienze e competenze maturate dagli individui ed il cui utilizzo,
come strumento e come processo, è collocato sia a monte (identificazione)
che a valle (rilascio) del processo di validazione.
2.5 Il Quadro unico europeo
dei titoli e delle qualifiche (EQF)
Per completezza di esposizione nei paragrafi seguenti illustreremo brevemente il Quadro unico europeo dei titoli e delle qualifiche (in inglese European Qualification Framework - EQF) ed i suoi riflessi in Italia ed in
Romania. Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 rappresenta il
punto di avvio di un processo virtuoso che ha coinvolto gli Stati membri ed
i rispettivi sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale. Sulla
42
PARTE I
base, infatti, della comune esigenza di far fronte a problematiche nuove,
derivanti da rapidi cambiamenti economici, sociali, tecnologici e dal continuo bisogno di rinnovamento delle competenze dei cittadini/lavoratori, i
Paesi europei hanno deciso di puntare insieme sullo sviluppo del sistema
di istruzione e formazione per accrescere il livello di competitività dell’Europa. Con Lisbona si apre una prospettiva di stretta cooperazione in materia di istruzione e formazione professionale fra gli Stati membri.
La dialettica fra Paesi fa emergere un panorama complesso e multiforme, caratterizzato da significative differenze fra sistemi di istruzione e
formazione di livello nazionale e regionale e da diverse condizioni di governance complessiva dei sistemi. Quella europea, dal punto di vista delle
opportunità di istruzione, formazione e lavoro, è ancora una realtà solo virtualmente fruibile in senso globale, a causa della mancanza di trasparenza
delle qualifiche e della carenza di disposizioni che permettano ai cittadini
di trasferire le proprie competenze da un sistema all’altro.
Per far fronte a questa situazione si rende necessario che le linee di
principio definite a Lisbona vengano tradotte in azioni concrete. In questo
senso va intesa la Dichiarazione di Copenaghen del 30 novembre 2002,
con la quale i Ministri dell’Istruzione di 31 Paesi europei (Stati membri,
Paesi candidati e Paesi See) stabiliscono priorità concrete, che si collocano all’interno della proposta di un Quadro unico europeo (European
Common Framework). Sulla base delle conclusioni del processo di consultazione, il 5 settembre 2006 è stata presentata dalla Commissione una
Proposta di Raccomandazione sulla realizzazione dell’European Qualification Framework per il lifelong learning (EQF), per poi arrivare alla definitiva Raccomandazione del 200822.
L’EQF è un dispositivo di traduzione – una griglia di conversione e lettura
– che consente di mettere in relazione e posizionare, in una struttura a otto
livelli, i diversi titoli (qualifiche, diplomi, certificati ecc.) rilasciati nei Paesi
membri e confrontarli sugli esiti dell’apprendimento23.
Si tratta di una meta-struttura rispetto alla quale, su base volontaria, gli
Stati membri sono chiamati a rileggere i propri sistemi di istruzione e formazione, in modo tale che ci sia un collegamento tra i singoli sistemi nazionali di riferimento per i titoli e le qualifiche ed il Quadro europeo (EQF)24.
L’EQF non è quindi né una duplicazione a livello europeo dei sistemi naRaccomandazione 2008/C 111/01/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, aprile 2008.
Santanicchia M. (a cura di), “Quadro unico europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF)”, Focus, Isfol
Area Sistemi e Metodologie dell’Apprendimento, marzo 2008.
22
23
43
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
zionali, né tanto meno un tentativo di imporre un’omogeneizzazione europea dei titoli e delle qualifiche. Il Quadro europeo delle qualifiche e delle
competenze è stato pensato e istituito per funzionare come un vero e proprio codice comune di riferimento, tale da consentire ai diversi Paesi europei di posizionare e rendere così leggibili i propri sistemi nazionali.
In modo più specifico l’EQF può25:
• semplificare la comunicazione fra gli attori coinvolti nei processi di istruzione e formazione dei diversi Paesi e all’interno di ciascun Paese;
• permettere la traduzione, il posizionamento e il confronto tra differenti
esiti dell’apprendimento, consentendo il trasferimento e la spendibilità
delle qualifiche e delle competenze anche al di fuori del Paese in cui
sono state conseguite;
• facilitare il matching tra i bisogni espressi dal mercato del lavoro e le opportunità di istruzione e formazione offerte nei diversi Paesi;
• sostenere i processi di validazione dell’apprendimento non formale e informale;
• fungere da riferimento comune per la qualità e lo sviluppo di istruzione
e formazione
• contribuire allo sviluppo di qualifiche a livello settoriale, fungendo da riferimento. Comuni livelli di riferimento e descrittori dovrebbero facilitare
agli stakeholders l’identificazione delle interconnessioni e delle sinergie
con le qualifiche settoriali;
• stimolare e guidare riforme e sviluppo di nuove strutture nazionali di qualificazione.
La struttura a livelli dell’EQF permette di articolare secondo un ordine crescente - dalla minima alla massima complessità - i risultati dell’apprendimento (learning outcomes) raggiungibili nell’arco di vita, attraverso percorsi
non solo formali, ma anche non formali e informali. I risultati dell’apprendimento esplicitano ciò che ci si aspetta la persona conosca, comprenda e/o
sia in grado di fare, al termine di un periodo di apprendimento; utilizzare il
“risultato di apprendimento” come parametro comparativo significa superare
una logica di confronto basata su metodi di apprendimento e percorsi di acquisizione. Nell’EQF i risultati di apprendimento sono rappresentati attraverso descrittori di conoscenze abilità e competenze, coerenti anche con la
nuova formulazione delle competenze chiave (Tab. 2)26. Sulla base di questa struttura diventa possibile – a livello nazionale, regionale, settoriale –
24
25
44
Ibidem.
Ibidem.
PARTE I
classificare i titoli accademici e professionali (diplomi, qualifiche, certificati,
ecc.) che attestano i risultati di apprendimento raggiunti dalle persone, riconducendoli all’appropriato livello dell’EQF.
Elaborazione Commissione europea, DG EAC, Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento
permanente (EQF), Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2009
26
TAB. 2. DIFFERENZE TRA APPRENDIMENTO FORMALE, NON FORMALE ED INFORMALE
LIVELLI
DESCRITTORI
CONOSCENZE
Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le conoscenze
sono descritte come
teoriche e/o pratiche.
ABILITà
COMPETENZE (atteggiamenti)
Nel contesto del Quadro
europeo delle qualifiche, le
abilità sono descritte come
cognitive (comprendenti
l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche
(comprendenti l’abilita manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti e utensili).
Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le
competenze sono descritte
in termini di responsabilità e
autonomia
Livello 1 I risultati re- • Conoscenza generale • Abilità di base necessarie • Lavoro o studio, sotto dia svolgere mansioni/ retta supervisione, in un
lativi al livello di base
compiti semplici
contesto strutturato
1 sono:
Livello 2 I risultati re- • Conoscenza pratica di • Abilità cognitive e pratiche • Lavoro o studio sotto superlativi al livello base in un ambito di di base necessarie all’uso visione con una certo grado
2 sono:
lavoro o di studio
di informazioni pertinenti di autonomia
per svolgere compiti e risolvere problemi ricorrenti
usando strumenti e regole
semplici
Livello 3 I risultati re- • Conoscenza di fatti, • Una gamma di abilità co- • Assumere la responsabilità
lativi al livello principi, processi e gnitive e pratiche neces- di portare a termine compiti
3 sono:
concetti generali, in un sarie a svolgere compiti e nell’ambito del lavoro o
ambito di lavoro o di risolvere problemi sce- dello studio
studio
gliendo e applicando me- • Adeguare il proprio comportodi di base, strumenti, tamento alle circostanze
materiali ed informazioni
nella soluzione dei problemi
Livello 4 I risultati re- • Conoscenza pratica e • Una gamma di abilità co- • Sapersi gestire autonomalativi al livello teorica in ampi conte- gnitive e pratiche neces- mente, nel quadro di istruzioni
sti in un ambito di la- sarie a risolvere problemi fornite in un contesto di lavoro
4 sono:
voro o di studio
specifici in un campo di la- o di studio, di solito prevedibili,
voro o di studio
ma soggette a cambiamenti
• Sorvegliare il lavoro di routine
di altri, assumendo una certa
responsabilità per la valutazione e il miglioramento di attività lavorative o di studio
45
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
LIVELLI
DESCRITTORI
CONOSCENZE
ABILITà
COMPETENZE (atteggiamenti)
Livello 5 I risultati re- • Conoscenza teorica e • Una gamma esauriente di • Saper gestire e sorvegliare
lativi al livello pratica esauriente e abilità cognitive e pratiche attività nel contesto di attispecializzata, in un necessarie a dare solu- vità lavorative o di studio
5 sono:
ambito di lavoro o di zioni creative a problemi esposte a cambiamenti imstudio e consapevo- astratti
prevedibili
lezza dei limiti di tale
• Esaminare e sviluppare le
conoscenza
prestazioni proprie e di altri
Livello 6 I risultati re- • Conoscenza avanzata • Abilità avanzate, che di- • Gestire attività o progetti,
lativi al livello in un ambito di lavoro mostrino padronanza e in- tecnico/professionali como di studio, che pre- novazione necessarie a plessi assumendo la re6 sono:
suppongano
una risolvere problemi com- sponsabilità di decisioni in
comprensione critica plessi ed imprevedibili in contesti di lavoro o di studio
di teorie e principi
un ambito specializzato di imprevedibili
lavoro o di studio
• Assumere la responsabilità
di gestire lo sviluppo professionale di persone e gruppi
Livello 7 I risultati
specializzate, • Gestire e trasformare con• Conoscenza
alta- • Abilità
relativi
mente specializzata, orientate alla soluzione di testi di lavoro o di studio
imprevedibili
al livello 7 parte della quale al- problemi, necessarie nella complessi,
sono:
l’avanguardia in un ricerca e/o nell’innova- che richiedono nuovi apambito di lavoro o di zione al fine di sviluppare procci strategici
studio, come base del conoscenze e procedure • Assumere la responsabilità
pensiero originario e/o nuove e integrare la cono- di contribuire alla conodella ricerca; consa- scenza ottenuta in ambiti scenza e alla prassi professionale e/o di verificare le
pevolezza critica di diversi
prestazioni strategiche dei
questioni legate alla
gruppi
conoscenza dell’interfaccia tra ambiti diversi
Livello 8 I risultati re- • Le conoscenze più • Le abilità e le tecniche più • Dimostrare effettiva autorità
lativi al livello all’avanguardia in un avanzate e specializzate, (autorevolezza), capacità di
ambito di lavoro o di comprese le capacità di innovazione, autonomia, in8 sono:
studio e dell’interfac- sintesi e di valutazione, tegrità tipica dello studioso e
cia tra settori diversi
necessarie a risolvere del professionista e impeproblemi complessi della gno continuo nello sviluppo
ricerca e/o dell’innova- di nuove idee o processi
zione e ad estendere e ri- all’avanguardia in contesti di
definire le conoscenze o lavoro, di studio e di ricerca
le pratiche professionali
esistenti
46
PARTE I
2.6 Riflessi dell’EQF
in Italia27
In funzione dell’istituzione dell’EQF, le autorità nazionali di ogni Paese
sono state chiamate a stabilire le relazioni tra i propri sistemi di titoli e qualifiche e il Quadro unico stesso. Già la Proposta di Raccomandazione, formalizzata dalla Commissione europea il 5 settembre 2006 prevedeva che
ciascuno Stato membro operasse, entro il 2009, per la definizione di questo
collegamento, in particolare in relazione agli otto livelli di apprendimento definiti nell’EQF e che, entro il 2011, tutte le attestazioni/titoli/qualifiche rilasciate nei diversi Paesi contenessero il riferimento al Quadro unico europeo,
in modo da essere “leggibili” nei diversi sistemi nazionali e spendibili come
crediti formativi. Nel nostro Paese, a livello nazionale ed in merito a questi
temi, possiamo contare su un dibattito maturo ed una forte condivisione di
tutte le parti istituzionali e sociali. Con riferimento alla Raccomandazione
EQF il Ministero del Lavoro in accordo con il Ministero dell’Istruzione, nel
mese di dicembre 2008, ha incaricato l’ISFOL per svolgere il compito di National Coordination Point relativamente all’EQF. L’adesione (volontaria) all’EQF da parte dei diversi paesi europei renderà effettiva, tra il 2010 e il
2012, la correlabilità e reciproca leggibilità di tutti i titoli e le certificazioni rilasciate nei diversi Paesi UE. Se quindi negli ultimi anni l’Italia, tramite i Ministeri competenti e con il supporto dell’Isfol, ha partecipato attivamente al
dibattito e al percorso di elaborazione e lancio delle iniziative comunitarie
legate all’EQF, in questa fase dovranno essere messe a punto le necessarie
iniziative di coordinamento inter-istituzionale che assicureranno l’adesione
dell’Italia all’EQF entro il 2010, tramite la collocazione di tutti i propri titoli ai
citati 8 livelli. Inoltre l’Isfol ha supportato in questi anni le istituzioni anche
nell’avviare alcune iniziative di respiro nazionale legate a questo tema.
Se, ad oggi, molto si è fatto per il riconoscimento delle competenze nel
campo dell’Istruzione e Formazione Superiore (libretto formativo - crediti
formativi nel sistema IFTS), molto resta ancora da fare nel campo della validazione/certificazione/riconoscimento applicati al mondo del lavoro ed alla
formazione professionale in generale ed, in particolare, agli interventi rivolti
alle categorie cosiddette svantaggiate o, come qui sono state precedentemente definite, alle “persone difficilmente occupabili”.
Revisione contenuti ed integrazioni a cura di E. Perulli, ISFOL - Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento.
27
47
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
2.7 Riflessi dell’EQF
in Romania28
La Romania ha adottato una politica nazionale di lifelong learning ed
ha concretamente attivato un percorso di riflessione e confronto per la sua
implementazione comprendendo, in tal senso, anche le politiche di validazione degli apprendimenti non formali e informali. Il Paese ha una lunga
tradizione nel campo dell’educazione su tutto l’arco della vita e particolarmente nell’ambito della formazione degli adulti. Il Ministero del Lavoro e
della Solidarietà Sociale, il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca hanno creato agenzie specializzate e dipartimenti
istituzionali finalizzati allo sviluppo delle azioni per il lifelong learning comprendenti anche alcune procedure di validazione.
Tra i progetti più significativi che hanno inteso avviare una sperimentazione sui temi della validazione degli apprendimenti, segnaliamo:
• progetto ROEDUNET. Nel 1998 il Centro Nazionale per l’istruzione su
tutto l’arco della vita e la formazione a distanza ha sviluppato una strategia affinché i programmi di lifelong learning vengano implementati all’interno delle università. Il progetto ha svolto un’azione di diffusione
delle metodologie di e-learning della Commissione europea all’interno
delle agenzie scolastiche rumene;
• introduzione della qualifica nei percorsi di apprendistato. Il Piano Nazionale del 2002 ha stipulato l’organizzazione di 1070 corsi per 162 imprese ed è stata introdotta la qualifica a seguito di un percorso di
apprendistato e formazione sul lavoro;
• progetto PHARE per la definizione di un Sistema Nazionale di Qualificazione (NVQ). Nel settembre 2003, attraverso il progetto, è stata proposta la definizione di un Framework Nazionale per la qualificazione
(NQF) che agevoli la formazione iniziale e continua adottando anche la
validazione degli apprendimenti non formali e informali;
• Euro-child Programme Leonardo da Vinci. Iniziativa interessante relativa all’apprendimento non formale e informale con l’obiettivo di creare
prospettive di crescita per bambini accuditi da istituti compreso quello
di una riqualificazione e formazione e di uno sviluppo personale;
• programma “Arte per il cambiamento sociale (2000-2004)”. Organizzato
Revisione contenuti ed integrazioni a cura di E. Perulli, ISFOL - Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento.
28
48
PARTE I
dalla Fondazione Culturale Europea introduce metodologie innovative
connesse all’arte, alla cultura e allo spettacolo per sviluppare autostima
nei giovani colpiti da violenza.
Per quanto riguarda direttamente il riferimento a EQF, nell’ottobre 2010
l'Unità esecutiva nazionale delle qualifiche e la formazione degli adulti del
Consiglio (UECNCFPA) è stata nominata National Coordination Point
EQF per la Romania. Tale organismo è stato istituito attraverso la riorganizzazione dell'Agenzia nazionale per le qualifiche dell'istruzione superiore
e di partenariato economico e sociale con l'ambiente (ACPART), in qualità
di National Qualifications Authority per l'istruzione superiore e l'ex Segreteria Tecnica del Comitato nazionale per la formazione degli adulti (National Adult Training Board - NATB).
Quindi, attualmente, la nuova istituzione UECNCFPA coordinerà la descrizione delle qualifiche sia per la formazione degli adulti, sia per l’istruzione superiore.
Inoltre, all'inizio del 2011 il governo ha approvato la legge sulla pubblica
istruzione, affermando che UECNCFPA e NATB saranno riorganizzate
nei prossimi tre mesi e la nuova istituzione sarà chiamata Autorità nazionale per le qualifiche.
Di fronte a questi rapidi e complessi cambiamenti istituzionali, al fine di
aiutare e di non ritardare troppo il processo di attuazione dei referenziali
EQF, si è valutata l’opportunità di un approccio step-by-step che inizia con
una fase preparatoria di elaborazione di un Report EQF autocertificato per
la parte dell’Alta Formazione e che sarà pronto per aprile 2011.
49
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
3.Valutazione, validazione
e certificazione degli apprendimenti
3.1 I riferimenti normativi:
il contesto istituzionale italiano
Come precedentemente evidenziato, l’Italia ha iniziato in questi ultimi
anni a sviluppare riflessioni e concettualizzazioni sul tema del lifelong e lifewide learning, adottando politiche per l’allargamento del diritto dovere di
istruzione e sperimentando, soprattutto a livello locale, strategie di validazione degli apprendimenti non formali e informali.
Gli attori istituzionali coinvolti nel processo di riflessione e concettualizzazione sui temi dell’apprendimento permanente e sulle modalità per renderlo visibile, riconoscibile e integrabile con i sistemi di certificazione in uso
sono, da un lato, di livello nazionale (Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Parti Sociali
ed Associazioni datoriali a livello nazionale, rappresentanze delle Regioni)
e operanti a livello politico e concettuale e, dall’altro lato, di livello regionale,
operanti sia dal punto di vista strategico attraverso l’elaborazione di sistemi
e politiche di governo, sia dal punto di vista tecnico e operativo, tramite la
promozione di sperimentazioni concrete di validazione degli apprendimenti
ovunque e comunque acquisiti29.
Tuttavia, se da un lato il nostro Paese presenta una particolare ricchezza
sia nel dibattito socio-istituzionale sia nelle molte esperienze maturate in contesti regionali o locali o in realtà specifiche di tipo settoriale (aziendale o legate
29 Perulli, E. (a cura di), “Esperienze di Validazione dell’Apprendimento non formale ed informale in
Italia ed in Europa”, Isfol, Roma 2007 (Temi & Strumenti, Studi e Ricerche, 20).
50
PARTE I
a specifici target di utenza), dall’altro appare ancora molto lontano da un sistema di validazione a carattere nazionale formalizzato o istituzionalizzato.
Anche a livello nazionale prevalgono le iniziative, pur organiche, ma avviate
per “segmenti” di sistema, per le quali sussistono alcune difficoltà dovute alla
mancanza di un quadro organico che legittimi e consolidi le singole pratiche.
Ad esempio, sul versante dell’Education, ricordiamo come già da alcuni anni
le filiere più innovative e rilevanti sul piano dell’apprendimento permanente,
IFTS (Istruzione e Formazione Superiore) e EDA (Educazione degli Adulti),
si siano dotate di linee guida nazionali per la validazione dell’apprendimento
in ingresso ai percorsi e che anche nei percorsi universitari è previsto il riconoscimento di competenze maturate sul lavoro, in stage o in attività culturali,
di volontariato, servizio civile. Tuttavia non abbiamo, ad oggi, dati attendibili
sulla frequenza o il successo di tali disposizioni30.
Altrettanto interessanti risultano gli orientamenti sul tema emersi in questi
ultimi anni da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel cui
ambito va segnalata l’introduzione del Libretto Formativo del Cittadino istituito tramite il decreto Interministeriale (Ministero del Lavoro e Ministero
dell’Istruzione) del 10 ottobre 200531, sperimentato in diverse Regioni con
l’accompagnamento ed il monitoraggio dell’ISFOL – Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento32.
Dunque, nonostante questi primi passi, molte questioni sono ancora
aperte: la costituzione di un sistema di standard di competenza, ad esempio, cui si lavora già da alcuni anni, o di dispositivi quadro che permettano
la validazione dell’apprendimento formale, non formale e informale acquisito in tutte le occasioni di alternanza (scuola e impresa) che prevedono
necessariamente accordi fiduciari tra soggetti socio istituzionali diversi (es.
apprendistato o formazione continua realizzata tramite i fondi interprofessionali)33. Ciò rispecchia, ancora una volta, la portata realmente complessa
e sistemica del tema che, come si intuisce, impegna fortemente il dialogo
socio-istituzionale a tutti i livelli, imponendo un forte impegno alla cooperazione reciproca. Nel frattempo, come già ricordato, le esperienze e le pratiche si moltiplicano e acquistano sempre maggiore rilevanza.
Ibidem.
Decreto Interministeriale 10 ottobre 2005 “Approvazione del modello di libretto formativo del cittadino,
ai sensi del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articolo 2, comma 1, lettera i”.
32 ISFOL, Di Francesco G., Perulli E. (a cura di), “Il Libretto formativo del cittadino. Dal Decreto del 2005
alla sperimentazione: materiali e supporti metodologici”, Isfol, Roma 2007 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche, 21).
33 Perulli E. (a cura di), “Esperienze di Validazione dell’Apprendimento non formale ed informale in Italia
ed in Europa” Isfol, Roma 2007 (Temi & Strumenti. Studi e Ricerche, 20).
30
31
51
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Un importante elemento, necessario per completare il quadro italiano in
merito alle riflessioni e alle evoluzioni sul tema, si riferisce alle esperienze
e alle politiche attivate a livello locale e specificamente dalle Amministrazioni regionali. Le Regioni italiane e le Amministrazioni provinciali e comunali sono state coinvolte direttamente dagli inviti e dai richiami espressi dal
Consiglio di Lisbona e dalle ripetute Comunicazioni emanate dalla Commissione europea e hanno attivato azioni e strategie specifiche per favorire
e sviluppare l’apprendimento permanente dei cittadini e la valorizzazione
delle competenze ovunque e comunque acquisite.
Alcune Amministrazioni (Basilicata, Emilia Romagna, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, Valle d’Aosta) sono intervenute direttamente sulla definizione di politiche e strategie operative volte a favorire la
validazione degli apprendimenti non formali e informali per il riconoscimento di crediti formativi all’interno di specifiche attività di apprendimento
formale o per l’acquisizione di titoli e certificati ufficiali34.
In alcuni casi il processo di validazione è avvenuto nell’ambito di specifiche filiere formative (IFTS, percorsi EDA), in altri casi le Amministrazioni
regionali hanno progettato e implementato sistemi di validazione per il riconoscimento di crediti formativi o di titoli ufficiali riferiti a specifici contesti
di apprendimento (servizio civile nazionale, specifici settori produttivi), in
altri casi ancora i dispositivi di validazione sono stati attivati “ad hoc” e resi
funzionanti per tutti i percorsi e le filiere del sistema della formazione professionale (ad es. in Valle d’Aosta)35.
Anche nel Terzo settore si ravvisano processi di validazione degli apprendimenti sia nel sistema dell’Education che in quello per l’accesso al
mercato del lavoro. Il sistema di validazione degli apprendimenti maturati
durante il Servizio Civile o nell’esercizio di attività volontarie di pubblica assistenza può essere utilizzato nell’ambito della ricerca di un lavoro (mutuamente riconosciuto nella pubblica amministrazione) o anche per il
riconoscimento di crediti formativi (soprattutto a livello post diploma o universitario) in base ad una legge dello Stato. Le attività ricreative rivolte ai
giovani (Associazioni Sportive, Scout, ecc.), sulla base di un decreto del
Ministero della Pubblica Istruzione, possono valere come crediti formativi
nel percorso di istruzione superiore36.
Per concludere ed in estrema sintesi, si può dire che in Italia, ad oggi,
Ibidem.
Ibidem.
36 Ibidem.
34
35
52
PARTE I
non esiste una procedura definita e gestita a livello nazionale per quanto
riguarda la validazione delle competenze acquisite a livello non formale ed
informale, ovvero non esiste un riconoscimento istituzionale delle stesse.
Esistono pratiche pubbliche ed istituzionali di riconoscimento delle competenze, che però sono limitate a livello territoriale (regionale o locale) e
pratiche di valorizzazione non istituzionali, di settore (ad es. il Terzo settore
negli interventi rivolti a persone in condizione di disagio/marginalità) o addirittura aziendali, oppure legate ai servizi per l’impiego che quindi hanno di
per sé un valore ancora più ristretto, meno spendibile, per quanto positivo.
In ordine crescente di importanza ed ufficialità si parla pertanto di valorizzazione, ad esempio, nel caso delle esperienze aziendali, di bilanci di
competenza presso i servizi per l’impiego o di bilanci realizzati da organizzazioni del Terzo settore e rivolti a fasce deboli, di validazione per il riconoscimento a livello locale o settoriale e di certificazione nel momento in cui il
riconoscimento delle competenze porta ad ottenere una qualifica di formazione professionale, un diploma di istruzione o una semplice attestazione.
Box definizioni
VALUTAZIONE: processo mediante il quale si perviene all’attribuzione di un giudizio
di valore rispetto ad un determinato oggetto o fenomeno (qui: le competenze acquisite,
possedute, esercitate).
VALORIZZAZIONE: ricostruzione delle esperienze individuali attraverso percorsi narrativo - ricostruttivi quali quelli di bilancio di competenze o approcci che si fondano
sulle biografie individuali. Hanno di per sé un valore ancora più ristretto, meno spendibile, per quanto molto positivo per l’individuo e per l’azienda o servizio per l’impiego
in vista dell’occupabilità.
VALIDAZIONE: processo mediante il quale l’esperienza maturata da una persona in
contesti “non formali e informali” viene ricostruita, documentata e descritta in termini
di competenze e successivamente messa a confronto con standard professionali istituzionalmente definiti (figure professionali, unità di competenza, repertori), in funzione
del riconoscimento dei crediti formativi corrispondenti.
CERTIFICAZIONE: processo mediante il quale le competenze acquisite da una persona in contesti formali, informali o non formali sono verificate tramite prove specifiche,
rapportate a standard professionali istituzionalmente definiti (profili/figure, unità di competenza) e riconosciute pubblicamente.
RICONOSCIMENTO: atto che assume valore sociale/individuale e non legale. Ciò significa che l’ambito in cui esso è valido è circoscritto ad un ben identificato insieme di
soggetti, non assumendo pertanto valore generale. Nel caso in cui tale riconoscimento
avvenga in un contesto di impresa esso può dar luogo ad una attestazione.
53
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Box riferimenti normativi
Legge n. 196/1997
“Norme in materia di promozione dell'occupazione”, art. 17
(“Riordino della formazione professionale”).
Accordo Stato-Regioni
del 18-2-2000
Le parti convengono di affrontare in primis la questione della
certificazione delle competenze professionali, definendo le
procedure per la costituzione del sistema nazionale di certificazione della competenze professionali (art.15).
Legge Costituzionale
n. 3 del 18-10-2001
Modifica al titolo V della Costituzione - Federalismo - che riserva allo Stato il compito di emanare le norme di carattere
generale e assegna alle Regioni la facoltà di legiferare in materia di Istruzione e Formazione.
Decreto Ministeriale
n. 174/2001
"Certificazione delle competenze nel sistema della formazione professionale" delinea il quadro di riferimento generale
per ciò che attiene la certificazione delle competenze all'interno del sistema della formazione professionale e identifica
tre diverse modalità/tipologie di rilascio della certificazione:
- al termine di un percorso di formazione professionale, di
norma finalizzato all'acquisizione di una qualifica;
• in esito a percorsi di formazione parziali, ovvero in casi di
abbandono precoce del percorso formativo o in percorsi che
non conducono all'acquisizione di qualifica;
• a seguito di esperienze di lavoro e di auto-formazione, su
richiesta degli interessati, nel caso di ammissione ai diversi
livelli del sistema di istruzione e formazione professionale, o
per l'acquisizione di una qualifica o di un titolo di studio.
Decreto legislativo
276/2003, attuativo
della Legge 30/2003
Viene ripreso il libretto formativo per la registrazione delle
competenze acquisite durante esperienze di formazione (apprendistato, formazione in contratti di inserimento, formazione
specialistica, formazione continua), maturate durante la vita
e realizzate da soggetti accreditati dalle Regioni, nonché delle
competenze acquisite in modo non formale e informale.
Accordo firmato
in Conferenza Unificata
il 28-10-2004
L'Accordo enuncia cinque principi imprescindibili:
• la spendibilità delle certificazioni ed il riconoscimento dei crediti
formativi acquisiti nel sistema dell'istruzione e della formazione;
• l'unitarietà e la pari dignità dei sistemi di istruzione e formazione;
• la valorizzazione della qualifica professionale ottenuta al termine dei percorsi triennali sperimentali;
• la garanzia di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e
formazione, prevedendo idonee misure di sostegno e modalità di recupero dei crediti;
• l'estensione degli effetti dell'Accordo a coloro che abbiano
compiuto 18 anni di età.
54
PARTE I
3.2 Competenze
e apprendimento
La storia del concetto di competenza ha attraversato mondi diversi, assumendo connotazioni e sfumature diversificate a seconda degli approcci
e modelli utilizzati per definirla. La competenza è un oggetto di studio che
assume rilevanza nelle discipline pedagogiche, nella formazione professionale e manageriale, nello studio e analisi delle carriere professionali,
nella gestione della risorsa-uomo, nelle organizzazioni, nella psicologia
differenziale e vocazionale, nell’orientamento professionale e nella varie
forme di counselling. In tali ambiti di ricerca e di intervento diverse sono
state le prospettive di studio adottate in relazione al concetto di competenza e per questo veicolano modelli diversi di persona e di lavoratore, attribuiscono più o meno rilevanza all’esperienza, differenziano i criteri di
valutazione ed infine, predefiniscono il campo di applicazione concreta.
La definizione di competenza, dunque, assume connotazioni diverse in
relazione all'approccio adottato:
• la competenza professionale come insieme di attributi connessi alla posizione di lavoro:
secondo questo orientamento sono le caratteristiche della posizione di
lavoro (processi e attività lavorative connesse alla copertura di una posizione
e al gioco del relativo ruolo) a definire le competenze. L’individuo è competente se possiede i requisiti per svolgere correttamente le attività relative
alla posizione ricoperta e di adeguarsi ai compiti e alle mansioni previste
dalla stessa. La competenza è riferita alle capacità che il soggetto deve o
dovrebbe avere per svolgere il lavoro assegnato;
• la competenza come attributo dell’individuo:
questo approccio considera la competenza come dimensione soggettiva, risultato del percorso di sviluppo compiuto dal soggetto attraverso
l'esperienza formativa personale e lavorativa.
La competenza professionale è quindi costituita da risorse, capacità e
attitudini che la persona non acquisisce in modo passivo, ma che accumula nel tempo attivamente. Inoltre essa non è strettamente connessa ad
un unico contesto o compito, ma rappresenta un potenziale trasferibile a
contesti e organizzazioni diverse;
• la competenza come grado di interazione tra individuo e organizzazione
di appartenenza:
55
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
questo filone di studio esplora il concetto di competenza considerando,
oltre le risorse dell'individuo, anche le caratteristiche del contesto e il modo
in cui questi elementi si integrano. La competenza si traduce in strategie
di comportamento, conoscenze, ma anche rappresentazioni e idee che
l'individuo costruisce attraverso l'interazione con altri soggetti e con il contesto organizzativo nel quale opera. In tal senso la competenza non scaturisce esclusivamente dall'esperienza individuale, ma diviene il risultato
di processi sociali di costruzione collettiva. La competenza è fortemente
contestualizzata, ovvero strettamente aderente e inserita nell'ambiente
specifico in cui l'individuo lavora. Tuttavia essa non è rigida, ma ha carattere dinamico: si evolve e si sviluppa in capacità più generali e flessibili
che consentono di elaborare chiavi di lettura del proprio lavoro, di sviluppare visioni e interpretazioni dei contesti organizzativi. Questa prospettiva
è incentrata sul "lavoratore in situazione": la competenza è data dall'interazione tra individuo e richieste implicite ed esplicite dell'ambiente;
• competenze professionali e comunità di pratiche:
una diversa prospettiva per interpretare il concetto di competenza professionale è connessa alle comunità di pratiche. Nelle comunità di pratiche
le competenze professionali sono una risorsa centrale e strategica; tuttavia
l'interesse si focalizza non tanto sulla specificazione delle singole componenti (abilità, conoscenze, requisiti del soggetto) quanto sui processi sociali di condivisione dei saperi e di co-costruzione di nuove conoscenze.
Gli elementi che compongono una competenza, secondo Lyle e Signe
Spencer (1995), sono cinque:
• le motivazioni, cioè le spinte interiori che inducono un individuo ad agire;
• i tratti, cioè le caratteristiche fisiche e una generale disposizione a comportarsi o a reagire in un certo modo ad una determinata situazione;
• le immagini di sé (atteggiamenti, valori, concetto di sé);
• la conoscenza di discipline o di argomenti specifici;
• le capacità/abilità (skill) di eseguire un determinato compito collettivo o
individuale.
Gli ultimi elementi, cioè le conoscenze e le capacità (o abilità) sono
soltanto la parte emersa e visibile dell'iceberg "competenza", mentre invece gli altri elementi sono nascosti nell'intimo dell'individuo e pertanto
sono più difficili da sviluppare, da osservare e da valutare. Ancora, secondo i due studiosi, alcuni elementi sono riferibili a caratteristiche strettamente individuali (motivazioni, tratti, autostima) mentre altri sono riferibili
al lavoro (conoscenze e capacità). La competenza, inoltre, deve essere
56
PARTE I
manifestata in una situazione concreta per essere riconosciuta socialmente e certificata come tale. La caratteristica innovativa principale del
concetto di competenza risiede nella centralità rivestita dall'individuo,
dalla sua soggettività, dal suo essere produttore e consumatore di conoscenza. La competenza, inoltre, è dinamica (nel senso che varia nel
tempo), multidimensionale (si costituisce di diverse componenti: cognitiva, relazionale ecc.) e fortemente legata al contesto in cui si è sviluppata
o in cui si manifesta.
Generalmente le competenze vengono suddivise in tre grandi aree (definite in seguito Unità di Competenze):
1. competenze di base:
per competenze di base si intende l’insieme delle conoscenze (e delle loro
capacità d’uso) che costituiscono sia la base minima per l’accesso al lavoro,
sia il requisito per l’accesso a qualsiasi percorso di formazione ulteriore. Si
tratta quindi di requisiti per l’occupabilità e l’esercizio della cittadinanza attiva
che, nell’ambito di una determinata cultura educativa/formativa e del lavoro,
espressa dai soggetti sociali e istituzionali interessati, sono considerati essenziali, per favorire l’accesso alla formazione e al lavoro negli scenari emergenti e per favorire lo sviluppo di un percorso individuale e professionale (ad
esempio informatica di base, lingua straniera, economia ecc.);
2. competenze tecnico-professionali:
le competenze tecnico professionali sono costituite dai saperi e dalle
tecniche connesse all’esercizio delle attività richieste dai processi di lavoro
nei diversi ambiti professionali. Esse sono identificabili analizzando le concrete attività connesse ai processi aziendali nei quali la figura professionale è impegnata, attraverso appropriate metodologie di “analisi del
lavoro” necessarie ad una “lettura” puntuale delle attività e alla ricostruzione del quadro delle competenze (ad esempio saperi e tecniche che appartengono ad una specifica area professionale);
3. competenze trasversali:
entrano in gioco nelle diverse situazioni lavorative e consentono al soggetto
di trasformare i saperi in un comportamento lavorativo efficace in un contesto
specifico. Sono considerate le caratteristiche, non già del lavoro “in sé”, quanto
piuttosto del “pensare” ed “agire” lavorativo degli individui e delle risorse, che
sono in grado di influire in modo significativo sull’efficacia delle prestazioni.
57
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Per analizzarle occorre tenere conto delle risorse messe in campo dall’individuo in risposta alle richieste del contesto (per esempio, abilità di diagnosi, di
comunicazione, di decisione, di risoluzione dei problemi ecc.).
Box
Unità di competenze
1. Competenze di base
- conoscenze
- abilità
- comportamenti
2. Competenze
tecnico-professionali
- conoscenze
- abilità
- comportamenti
3. Competenze
trasversali
- conoscenze
- abilità
- comportamenti
In tale schema, le conoscenze costituiscono la cassetta degli attrezzi
con cui affrontare le situazioni problematiche, ricordando che le moderne
cassette contengono non solo gli attrezzi, ma anche i supporti e le istruzioni per utilizzarli al meglio, quindi non semplice conoscenza delle unità
informative, ma anche delle tecniche con cui integrarle e sfruttarle al meglio. In questo caso il concetto è quello del "sapere".
Un'abilità (skill) può essere definita come la capacità di risolvere un problema, scegliendo una soluzione fra diverse opzioni disponibili e riuscendo
a compiere la scelta operata, il tutto sintetizzando le conoscenze acquisite
e le esperienze maturate. Non si tratta evidentemente di una classificazione univoca, poiché varia l'entità e la complessità dei problemi, per cui
si può dire che l'unico elemento sempre valido è che l'abilità permette di
attivare una procedura basata sulla capacità di risolvere problemi, quindi
legata al concetto del "saper fare". Alcune abilità sono in genere definite
di base perché la loro padronanza costituisce il prerequisito essenziale
per l'esecuzione di un compito.
I comportamenti-atteggiamenti rientrano nelle competenze perché la risoluzione delle situazioni problematiche dipende anche da elementi quali
la motivazione, la disponibilità personale al rischio, la cooperazione. Potrebbero essere definite anche come abilità psico-sociali, basate sulle caratteristiche personali, ma influenzate dalle abilità acquisite e dalle
58
PARTE I
esperienze maturate, secondo il concetto dell'"essere".
La definizione di competenza è strettamente legata alla definizione di
apprendimento e ne condivide il carattere di complessità e dinamicità: in
effetti, se l'apprendimento può essere definito come un processo di trasformazione delle conoscenze e dei comportamenti, la competenza può
essere considerata come capacità di mettersi in relazione attiva rispetto
ad una situazione complessa e potenzialmente in continua evoluzione.
Quindi, l'apprendimento produce competenza, ma quest'ultima ha bisogno
di un costante apprendimento.
L'esperienza costituisce sempre il punto di partenza e d'arrivo, cioè innesca l'apprendimento e l'attivazione della competenza e ne costituisce
l'esito finale, fornendo elementi di conoscenza e raccogliendo/inducendo
una serie di comportamenti.
Tra il 1993 e il 1998 l’Isfol ha sviluppato una linea di ricerca in tema di
competenze al fine di realizzare un sistema di standard formativi per la
formazione professionale.
Nell’ambito di questo lavoro, che ha avuto notevole diffusione e successivi sviluppi concettuali, ha elaborato la seguente definizione oramai
ampiamente condivisa nella comunità istituzionale e operativa del nostro
paese: “...La competenza è il patrimonio complessivo di risorse di un individuo nel momento in cui affronta una prestazione lavorativa o il suo percorso professionale. È costituita da un insieme strutturato di conoscenze,
abilità e risorse personali. Tra gli elementi costitutivi della competenza, alcuni hanno a che fare con la natura del lavoro e si possono quindi individuare analizzando compiti e attività svolte; altri invece (ad es. motivazione,
capacità di comunicazione, capacità di problem solving) hanno a che fare
con caratteristiche “personali” del soggetto-lavoratore che si mettono in
gioco quando un soggetto si attiva nei contesti operativi” 37.
Per ciò che riguarda l’analisi delle competenze, l’Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento dell’Isfol ha incrociato due variabili centrali
nella definizione operativa di competenza.
L’obiettivo è stato quello di costruire un quadro logico utile all’analisi
e mappatura delle competenze individuali, come rappresentato nella Figura 138.
ISFOL, Di Francesco G., “Unità capitalizzabili e crediti formativi. Metodologie e strumenti di lavoro”,
Milano, Franco Angeli, 1997.
38 Elaborazione Isfol in Di Francesco G., Perulli E. (a cura di), “Il Libretto formativo del cittadino. Dal Decreto del 2005 alla sperimentazione: materiali e supporti metodologici”, Isfol, Roma 2007 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche, 21).
37
59
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Nel quadro 1 e 2 si situano le competenze in qualche modo formalizzate
in un contesto di apprendimento o di lavoro e in particolare39:
• nell’area 1, saperi codificati dell’individuo, si possono inserire tutti quei
saperi provenienti da esperienze di apprendimento dell’individuo non
riferibili ad un contesto professionale o di lavoro. Tali saperi sono sempre esplicitati e dichiarati e spesso anche certificati. Fanno parte di questo ambito: l’istruzione scolastica, i percorsi formativi Diritto-Dovere,
quella universitaria, le competenze di base e trasversali laddove esplicitamente previste in programmi formativi. In sintesi ogni competenza
che è prioritariamente patrimonio dell’individuo e che fa parte di un sistema codificato;
• nell’area 2, saperi codificati professionali, si possono inserire le competenze collegabili ad un ambito o contesto professionale o organizzativo
ed esplicitamente dichiarate in quel contesto. Significa che o sono state
perseguite come apprendimento atteso in quel contesto (ad esempio
nei contratti di apprendistato, nei tirocini o nella formazione continua)
oppure sono riconosciute poiché valutate o remunerate in quel sistema
organizzativo. Ad esempio l’appartenenza ad un ordine o una comunità
professionale, un inquadramento contrattuale, l’esplicitazione delle competenze raggiunte in un sistema organizzativo di pianificazione delle
carriere.
Ai fini della compilazione delle aree 3 e 4 è invece necessario un approfondimento con il soggetto poiché si entra nella dimensione tacita della
competenza, ovvero quella non riconosciuta da nessun sistema e quindi
non codificata40:
• nell’area 3, saperi taciti professionali, potranno essere inserite le competenze derivanti dall’analisi delle diverse esperienze di lavoro che
hanno evidenziato una serie di informazioni di profondità che riguardano
le mansioni effettivamente svolte, il grado di autonomia o responsabilità,
la capacità di affrontare elementi critici. Questa area potrebbe corrispondere a quel tipo di apprendimento che l’Unione Europea definisce apprendimento non formale ovvero connesso ad attività organizzate, ma
non pianificato e non riconosciuto come apprendimento;
• nell’area 4, saperi taciti dell’individuo, possono essere inseriti tutti quei
saperi che l’individuo sviluppa indipendentemente dal lavoro e in modo
39
40
60
Ibidem.
Ibidem.
PARTE I
non riconosciuto. È tutta l’area degli interessi personali, dell’auto-formazione, delle competenza sviluppate nella vita familiare e nella quotidianità oppure nel volontariato non organizzato. È questa l’area che
l’Europa definisce dell’apprendimento informale, ovvero quell’apprendimento che è effetto collaterale delle esperienze di vita in senso lato.
DIMENSIONE
SOCIO/INDIVIDUALE
saperi codificati
dell’individuo
saperi taciti
dell’individuo
SAPERE
TACITO
SAPERE
DICHIARATO
FORMALIZZATO
saperi codificati
professionali
saperi taciti
professionali
DIMENSIONE PROFESSIONALE/ORGANIZZATIVA
61
PARTE II
METODI E STRUMENTI
PER LA VALUTAZIONE,
VALIDAZIONE,
RICOSTRUZIONE
E VALORIZZAZIONE
DELLE COMPETENZE
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
4.Validazione, ricostruzione
e valorizzazione delle competenze
4.1 Pratiche e dispositivi
di validazione
In Italia diverse e articolate sono state le iniziative istituzionali susseguitesi in questi anni da parte delle amministrazioni regionali in funzione
dell’obiettivo di validare apprendimenti non formali e informali. Alcune
Regioni si sono mosse sul piano della concertazione o della normativa
quadro, altre hanno preferito un approccio più sperimentale individuando
progetti o fabbisogni specifici sui quali cominciare a testare la fattibilità
di processi di validazione. È già stato più volte sottolineato come il problema di validare competenze acquisite dall’individuo in ogni fase della
sua vita e in qualsiasi contesto di apprendimento rappresenti per le istituzioni, a cominciare dal dibattito europeo, un impegno sociale di grande
interesse ma anche di grande complessità.
Si tratta, infatti, di un processo complesso che chiama in causa diversi
soggetti nelle loro rispettive funzioni e li obbliga alla cooperazione, non
solo perché pone al centro il soggetto con le sue specificità e per questo
poco “standardizzabile”, ma anche perché apre un evidente dilemma
circa le responsabilità istituzionali e il rapporto in essere tra esse e gli
ambiti (professionali e non) in cui molte di quelle competenze vengono
apprese.
La situazione è ancora più critica quando le competenze da validare,
valorizzare e riconoscere non sono quelle conseguite all’interno del sistema della scuola e della formazione professionale, che dalle Istituzioni
64
PARTE II
dipendono, ma quelle acquisite sul lavoro, all’interno di imprese o di società di servizi o nel non profit, nelle esperienze di vita (positive o negative) dalle persone in difficoltà e difficilmente occupabili.
Per queste persone la ricostruzione e la valorizzazione delle competenze acquisite in ambienti informali e non formali è un forte strumento
di rafforzamento della consapevolezza rispetto ai cambiamenti e alla
presa in carico di una progettualità attiva rispetto a sé come soggetto e
rispetto alle richieste del contesto di riferimento. Il loro accompagnamento, in processi di transizione, quale ad esempio quello che porta
dall’uscita dal carcere al reinserimento sociale e lavorativo deve creare
condizioni ed azioni che forniscono alle persone in cambiamento strumenti attivi di iniziativa personale e di lettura critica dei processi culturali,
sociali e produttivi in atto.
Ritornando al dibattito europeo sulla validazione degli apprendimenti
formali ed informali, nel documento Common European principles for validation of non formal and informal learning del Marzo 200441 sotto il
concetto di “validazione” sembrano rientrare pratiche con caratteristiche
molto diverse da questo punto di vista.
La ricerca condotta dall’Isfol - Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento42, riconduce sotto questa famiglia concettuale almeno tre
grandi tipologie, delle quali saranno riprese solo quelle che interessano
gli argomenti che nel presente lavoro si stanno affrontando:
1. sistemi quadro nazionali di validazione:
il modello di VAE francese rappresenta l’esempio principale di questa
tipologia nel quale, tramite una procedura definita e gestita su base nazionale, l’apprendimento non formale e informale viene istituzionalmente
riconosciuto rispetto ad un segmento o alla totalità di un titolo di istruzione o formazione. In Italia, attualmente, non disponiamo di un dispositivo rientrante in questa tipologia sebbene nel sistema IFTS (Istruzione
e Formazione Tecnica Superiore) il riconoscimento dei crediti sia stato
istituito dalla normativa nazionale, anche se non praticato in modo omogeneo;
D. Colardyn & J.Bjornavold, “Validation of Formal, Non Formal and Informal Learning: policy and practices in EU Member States”, European Journal of Education, Vol. 39 n°1, 2004 e CEDEFOP-Gruppo H,
“Common European principles for validation of non formal and informal learning”, Bruxelles, Marzo 2004.
42 Perulli E. (a cura di), “Esperienze di Validazione dell’Apprendimento non formale ed informale in Italia
ed in Europa” Isfol, Roma 2007 (Temi & Strumenti. Studi e Ricerche; 20).
41
65
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
2. pratiche istituzionali di validazione:
in questo caso la procedura avviene ad opera di un soggetto pubblico
competente e con esiti istituzionalmente validi, ma tali esiti sono validi
esclusivamente in un ambito territoriale o di sistema e non rivestono dunque caratteristiche di sostenibilità nell’intero quadro nazionale dei sistemi
educativi/formativo o nell’intero mercato del lavoro. Rientrano in questa
tipologia le pratiche istituzionali sviluppate a livello regionale o locale.
Tra queste possiamo far rientrare la Certificazione delle competenze acquisite che permette agli individui di percorrere itinerari personalizzati di
apprendimento, vedendo valorizzate ed accreditate le competenze comunque acquisite nel percorso di vita, nella formazione e nel lavoro. A
livello locale molte Regioni, sulla base dell'analisi dei fabbisogni professionali del territorio e attraverso la concertazione con le istituzioni e le
parti sociali, programmano l'offerta formativa sugli standard nazionali e
certificano le competenze sulla base di modelli e procedure comuni e
condivise43. Le competenze vengono registrate nel libretto formativo individuale e costituiscono crediti riconoscibili e spendibili in ambito nazionale e in prospettiva europea.
L’esperienza del Libretto formativo del cittadino, sperimentata nel nostro Paese44, rappresenta un significativo caso in cui, il processo di “validazione istituzionalizzata” delle competenze individuali prende corpo
attraverso la documentazione delle stesse in base a specifici standard
metodologici e di processo.
Entrambi i dispositivi saranno illustrati nei prossimi capitoli.
3. pratiche non istituzionali (settoriali o private, aziendali)
di valorizzazione dell’apprendimento:
in questo caso parliamo di valorizzazione poiché sia i soggetti gestori
del dispositivo, sia gli esiti dello stesso sono limitati ad un determinato
contesto settoriale o aziendale. Tali esiti, pur non avendo carattere istiNon esistendo in Italia né un sistema, né un dispositivo nazionale per la certificazione delle competenze,
per ovviare ad un processo di proliferazione di metodologie e strumenti di certificazione, le Regioni hanno
dato avvio ad un progetto Interregionale dal titolo "Descrizione e certificazione per competenze e certificazione per competenze e famiglie professionali – Standard minimi in una prospettiva di integrazione
tra istruzione, formazione professionale e lavoro", per portare la loro posizione unitaria in tema di certificazione sui diversi tavoli di lavoro con i Ministeri e le Parti Sociali. Cfr. ISFOL, Di Francesco G., Elisabetta
Perulli (a cura di), “Il Libretto formativo del cittadino. Dal Decreto del 2005 alla sperimentazione: materiali
e supporti metodologici”, Isfol, Roma 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche, 20).
44 Ibidem.
43
66
PARTE II
tuzionale, possono tuttavia contribuire al sostegno scolastico, professionale e motivazionale dell’individuo nonché agevolare il successivo accesso a pratiche di certificazione e riconoscimento in senso stretto.
Prassi di questo tipo sono numerose nel nostro Paese, anche se spesso
difficili da rilevare e mappare.
Sempre la sopra citata ricerca condotta dall’Isfol45 si riferisce a diversi
ambiti, dei quali si considereranno i seguenti:
a) servizi di supporto all’occupabilità:
in questo contesto il processo di valorizzazione viene gestito direttamente dalle Agenzie che si occupano di matching tra domanda e offerta
di lavoro (servizi per l’impiego o servizi implementati dal Terzo settore e
rivolti a target con differenti tipo di svantaggio) con l’obiettivo di evidenziare le professionalità e migliorare l’occupabilità. Rientrano in questa
categoria i percorsi di bilancio di competenza rivolti a disoccupati/inoccupati, occupati, donne, persone difficilmente occupabili;
b) ambito aziendale:
in questo ambito è l’impresa che mette a disposizione un dispositivo
che ha come finalità quella di migliorare l’inquadramento professionale,
di sviluppare percorsi di crescita, di selezione e di empowerment interno
nonché, indirettamente, di migliorare l’efficienza organizzativa e il grado
di motivazione del personale. Oppure, in caso di persone difficilmente
occupabili, ha l’obiettivo di monitorare, spesso congiuntamente alle
agenzie del Terzo settore invianti, gli inserimenti lavorativi realizzati.
Nei prossimi capitoli saranno descritti tre dispositivi:
• un dispositivo istituzionale di validazione, il Certificato di competenze
che può permettere agli individui di vedere accreditate e riconosciute
le competenze comunque acquisite nel percorso di vita, nella formazione (anche per iter formativi non conclusi) e nel lavoro;
• un dispositivo istituzionalizzato di valorizzazione, il Libretto formativo del
cittadino, tramite il quale competenze individuali, acquisite in contesti formali, non formali ed informali, prendono corpo attraverso la documentazione delle stesse in base a specifici standard metodologici e di processo;
• un dispositivo di ricostruzione e valorizzazione non istituzionale, il Bilancio di competenze, metodo di analisi delle competenze e delle attitudini
professionali dell'individuo finalizzato alla realizzazione di un progetto
personale, professionale o formativo. Tale metodo sarà illustrato con
45
Ibidem.
67
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
particolare attenzione agli strumenti di utilizzo con soggetti “difficilmente
occupabili” e, nel caso specifico, per il target degli (ex) detenuti.
4.2 La certificazione
delle competenze
La scelta dei tre dispositivi di validazione e valorizzazione delle competenze, senza alcuna pretesa di esaustività, è dovuta al fatto che, pur
essendo evidenti alcune criticità tra i diversi ambiti e sistemi, presentino
spazi di integrazione: nel corso di un Bilancio di competenze, infatti, è
possibile in alcuni casi, attivare il dispositivo di Certificazione delle competenze o utilizzare il Libretto formativo del cittadino per la messa in trasparenza e la spendibilità istituzionale delle competenze.
4.2.1
Cos’è
Un procedimento di verifica e valutazione mediante il quale un soggetto
esterno “certificatore” riconosce ad una persona il possesso e la qualità
di determinate conoscenze, abilità o qualifiche che la persona potrà spendere nell’ambito di contesti formativi o lavorativi. Tale processo:
• riguarda le competenze che non siano già certificate da curricula studiorum, esami pubblici, patenti riconosciute;
• è svolto in totale riservatezza e anonimato;
• consente al soggetto certificato di poter vantare un superato controllo
esterno, il che arricchisce il suo curriculum e offre un elemento di garanzia sugli standard minimi di qualità.
La certificazione delle competenze può essere effettuata:
• al termine di un percorso di formazione professionale di norma finalizzato all’acquisizione di una qualifica;
• in esito a percorsi di formazione parziali o a percorsi che non conducono
all’acquisizione di qualifica oppure in caso di abbandono precoce del
percorso formativo;
• a seguito di esperienze di lavoro e di autoformazione (contesti non formali di apprendimento) su richiesta degli interessati, per l’ammissione
ai diversi livelli del sistema d’istruzione e di formazione professionale o
per l’acquisizione di una qualifica o di un titolo di studio.
Le competenze vengono registrate nel Libretto formativo individuale e co68
PARTE II
stituiscono crediti riconoscibili e spendibili in ambito nazionale ed europeo.
4.2.2
A chi è rivolta
A studenti, lavoratori, persone disoccupate anche in condizione di svantaggio46 o, come preferiamo definirle, “difficilmente occupabili”.
4.2.3
Chi la rilascia
La funzione della certificazione delle competenze è svolta dalle Regioni
che, nell'ambito della loro autonomia normativa e regolamentare, ne disciplinano le procedure di attuazione tenuto conto degli standard minimi
fissati a livello nazionale anche in vista dell'attuazione della Legge Costituzionale 3/200147.
Possono rilasciarla anche strutture pubbliche e private, accreditate dalle
Regioni, che attestano ad un soggetto il possesso di determinate competenze sulla base di standard di riferimento.
L'Isfol, su incarico del Ministero del Lavoro e dell'Unione europea, ha
Ai sensi dell’art. 2 del vigente regolamento CE n. 2204/2002 è considerato svantaggiato quel soggetto
che non è in grado di inserirsi nel mercato del lavoro senza specifica assistenza e che appartiene alle
categorie di seguito elencate:
• giovani con meno di 25 anni o che abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di
due anni e che non abbiano ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente;
• lavoratori migranti che si spostino o si siano spostati all'interno della Comunità, o divengano residenti
nella Comunità per la ricerca di un lavoro;
• persone appartenenti ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debbano migliorare le proprie
conoscenze linguistiche, la propria formazione professionale o la propria esperienza lavorativa per
incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile;
• persone che desiderino intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbiano lavorato,
né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato
il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare;
• persone adulte che vivano sole con uno o più figli a carico;
• persone prive di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, prive di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;
• persone con più di 50 anni prive di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;
• disoccupati di lunga durata, cioè senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi
precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni;
• persone riconosciute come affette, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale;
• qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata
sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale;
• donne di un'area geografica nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media
comunitaria da almeno due anni e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150%
del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni precedenti;
• lavoratori disabili, cioè qualsiasi persona riconosciuta come disabile ai sensi della legislazione nazionale, o riconosciuta affetta da un grave handicap fisico, mentale o psichico.
47 Legge Costituzionale n. 3 del 18-10-2001 “Modifica al titolo V della Costituzione - Federalismo - che
riserva allo Stato il compito di emanare le norme di carattere generale e assegna alle Regioni la facoltà
di legiferare in materia di Istruzione e Formazione”.
46
69
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
progettato la struttura di un sistema di standard formativi che siano univocamente riconosciuti a livello nazionale ed europeo. Lo standard proposto
dall'Isfol è l'Unità formativa capitalizzabile (UFC)48.
4.2.4
Il percorso di certificazione
COMPETENZA
RICONOSCIMENTO/
CERTIFICAZIONE
STANDARD
(UFC, qualifiche)
DISPOSITIVO
(Bilancio di competenze)
PRODOTTI
(CV Europeo
Libretto formativo
Portfolio)
CREDITO FORMATIVO
Isfol, Di Francesco G., “Unità capitalizzabili e crediti formativi. Metodologie e strumenti di lavoro”, Milano, Franco Angeli, 1997.
48
70
PARTE II
4.2.5
I termini chiave della certificazione di competenze
Competenza o Unità di competenza: può essere definita come l'insieme
delle conoscenze, abilità e atteggiamenti che consentono ad un individuo
di ottenere risultati utili al proprio adattamento negli ambienti per lui significativi e che si manifesta come capacità di affrontare e padroneggiare problemi attraverso l'uso di abilità cognitive e sociali. Le competenze si
configurano inoltre come strutturalmente capaci di trasferire la loro valenza
in diversi campi generando così dinamicamente altre conoscenze e competenze. Rimandando ai capitoli precedenti (v. par. 3.2) del presente lavoro
per una trattazione più dettagliata del concetto di competenza, si ribadisce
che le competenze, intese come risorse strategiche di diversa natura che il
soggetto può sviluppare, sono metodologicamente distinte in: competenze
di base, competenze tecnico – professionali e competenze trasversali.
Riconoscimento: procedimento attraverso cui un soggetto riconosce ad
una persona il possesso di determinate conoscenze, competenze, qualifiche che la persona spenderà presso il soggetto che le ha riconosciute.
Certificazione: documento ufficiale con cui un'autorità riconosciuta attesta ad un soggetto il possesso di determinate competenze sulla base di
determinati standard di riferimento. A livello italiano e comunitario riveste
particolare importanza perché costituisce il dispositivo che rende possibile
la realizzazione dei processi di integrazione dei vari sistemi formativi
(scuola, formazione professionale, università, istruzione e formazione tecnica superiore, apprendistato).
Standard: si intende il riferimento essenziale per raggiungere livelli qualitativi e di spendibilità omogenei in seguito ad un percorso formativo. Standardizzare significa "normalizzare" la varietà e renderla comunemente
riconosciuta e valida. Gli standard minimi di competenza contengono in
relazione ai diversi settori produttivi i seguenti requisiti:
• il riferimento alla figura o gruppi di figure professionali e alle attività o
aree che le caratterizzano;
• la descrizione delle competenze professionali e i criteri per la valutazione del possesso di tali competenze;
• l'individuazione della soglia minima di prestazione (performance) riferita
al possesso delle competenze necessaria per la certificazione.
71
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Area di attività (Ada): indica un insieme di compiti omogenei per tipo di
processo o prodotto realizzato. Le aree di attività permettono di scomporre
la figura professionale indicando le dimensioni professionali fondamentali.
In riferimento alle aree di attività vengono successivamente individuate le
competenze professionali caratteristiche della figura. In tal senso si assume la definizione a suo tempo data da Isfol: Un’Ada corrisponde ad un
insieme significativo di attività specifiche, omogenee ed integrate, orientate
alla produzione di un risultato, ed identificabili all’interno di uno specifico
processo. Le attività che nel loro insieme costituiscono un’Ada presentano
caratteristiche di omogeneità sia per le procedure da applicare, sia per i
risultati da conseguire che, infine, per il livello di complessità delle competenze da esprimere (Isfol 1998).
Le aree di attività vengono descritte in termini di:
• titolo
• prestazione (performance) attesa
• unità di competenza
• conversione con classificazioni nazionali49
• riferimenti a figure correlate di altri sistemi/repertori regionali o nazionali.
Figura professionale: al fine di garantire l’individuazione univoca degli
standard di professionalità cui i sistemi regionali o nazionali dell’Education
e dei servizi al lavoro fanno riferimento, tali standard sono organizzati nella
figura professionale. Ciascuna figura professionale rappresenta, pertanto,
un insieme di caratteristiche di professionalità astratto, ovvero non riscontrabile in quanto tale nei ruoli effettivamente agiti all’interno dei contesti di
lavoro. In tal senso essa ha una valenza ad ampio spettro e costituisce
un riferimento esclusivamente concettuale, funzionale all’organizzazione
del sistema degli standard.
La figura professionale è identificata da un insieme minimo di descrittori
che ne garantiscono tra l’altro la leggibilità rispetto ad altri sistemi di classificazione e/o repertoriazione della medesima natura, vigenti in altre regioni e/o a livello nazionale.
Tali descrittori sono:
• denominazione
• settore di attività economica
In Italia i settori economici e gli ambiti di attività costituiscono i criteri di raggruppamento delle figure
professionali; i settori economici costituiscono un raggruppamento delle diverse attività economiche e
di servizi derivato dal sistema di classificazione di tutte le attività economiche ISTAT/ATECO.
49
72
PARTE II
•
•
•
•
ambito di attività
livello di complessità professionale o di esercizio
descrizione sintetica
contesto di esercizio.
Unità formativa capitalizzabile (UFC): costituisce il modello di riferimento
per il raggiungimento, tramite formazione, di competenze professionali.
L'UFC descrive: il risultato atteso, le attività necessarie per il raggiungimento
del risultato, le competenze necessarie per realizzare tali attività. Si tratta di
uno "standard minimo" nel senso che può essere personalizzata attraverso
l'arricchimento dei suoi contenuti, della sua durata e dei suoi requisiti metodologici, a seconda dei contesti in cui è utilizzata. Ogni UFC è aggregabile
ad altre unità in funzione di percorsi formativi mirati a profili professionali o
a esigenze di aggiornamento, alternanza formazione - lavoro, formazione
continua ed è quindi componibile nel senso che deve contenere l'indicazione
delle modalità che spieghino come collegarla con altre unità o crediti acquisiti in forma diversa dal percorso formativo. Tuttavia ogni UFC è autonoma
ovvero deve avere come obiettivo una unità di competenza trasformabile
in un credito dal valore riconoscibile sul mercato del lavoro. L'ultima caratteristica è quella della pluridisciplinarietà in quanto le competenze presuppongono conoscenze, abilità ed atteggiamenti riguardanti diverse discipline
e la capacità di farle convergere sinergicamente in un idoneo comportamento professionale. La capitalizzazione delle competenze avviene attraverso il superamento di una prova di valutazione a cui consegue una
certificazione che costituisce un credito acquisito e quindi spendibile in qualsiasi altro percorso che comprenda lo stesso tipo di competenze.
Qualifica professionale: indica il titolo formale rilasciato in esito ad un
percorso formativo finalizzato al conseguimento di competenze previste
da un profilo professionale, di cui costituisce l’attestazione. La qualifica è
dunque un titolo che appartiene al sistema di standard relativi ai percorsi
di istruzione e formazione professionale. Con tale accezione si distingue
dalla qualifica (professionale) contrattuale utilizzata nella normativa regionale relativa alla formazione in apprendistato professionalizzante con la
quale si identifica la qualificazione prevista dai contratti di lavoro.
Profilo professionale: indica un’astrazione locale rispetto al ruolo professionale così come incontrato nella realtà delle attività economiche.
Un profilo professionale può essere descritto in termini di attività da
73
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
svolgere e/o di competenze da possedere. Il profilo presenta caratteristiche di elevata aderenza alla realtà, pur indicando un primo livello di
astrazione. Si colloca dunque in una posizione intermedia tra ruolo e figura professionale. In tal senso il profilo professionale si presta ad essere “declinato” nei diversi sistemi (dell’education, dell’incontro tra
domanda ed offerta di lavoro), assumendo in ciascuno di essi la valenza
di standard di riferimento in relazione alle specifiche finalità del sistema
stesso.
Credito formativo: secondo la Commissione europea il credito è un
capitale che ogni individuo ha a disposizione per acquisire ed aggiornare
lungo il corso di tutta la sua vita le conoscenze e competenze necessarie. Può essere anche definito come il valore attribuibile a competenze
comunque acquisite dall'individuo e che può essere riconosciuto ai fini
dell'inserimento in percorsi di istruzione o formazione professionale determinandone la personalizzazione e la durata.
Il sistema dei crediti comincia a prendere corpo anche in Italia all'interno di tutto il sistema formativo allargato (scuola, università, formazione
professionale, IFTS, ecc.).
In particolare è utilizzato:
• nell'Obbligo formativo: per innalzare il livello di istruzione e di formazione dei giovani fino al diciottesimo anno di età, consentendo loro di
completare un percorso scolastico o formativo e acquisire una qualifica professionale spendibile e riconosciuta sul mercato del lavoro;
• nell'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS): un nuovo percorso formativo breve che ha lo scopo di preparare, dopo la scuola
secondaria, tecnici intermedi con un'elevata specializzazione;
• nell'Apprendistato: nuovi vantaggi, sia per il giovane che può svolgere
un'esperienza lavorativa e, nel contempo, essere formato, che per
l'azienda che può beneficiare di notevoli sgravi sia contributivi che previdenziali;
• nei Centri per l'Educazione degli Adulti: dedicati ai percorsi formativi
personalizzati, aperti, modulari e flessibili, per la popolazione adulta
lungo tutto l'arco della vita.
Curriculum Vitae (CV) europeo: è uno strumento che offre agli individui
un modello standardizzato di informazione sui percorsi formativi compiuti
e sulle esperienze lavorative capitalizzate nel tempo. È destinato a ogni
74
PARTE II
cittadino che desideri studiare o lavorare in uno Stato membro e agli istituti
di insegnamento e di formazione nonché ai datori di lavoro per aiutarli a
valutare meglio le conoscenze acquisite dal candidato. L’obiettivo è quello
di consentire a tutti i cittadini europei di riconoscere e valorizzare le proprie
competenze per proporsi o riproporsi sul mercato del lavoro con un curriculum più trasparente e spendibile sia nel proprio Paese di origine sia all’estero. La scelta di adottare un formato standard per tutti i Paesi è
determinata dalla necessità di eliminare le barriere causate da diversi metodi istituzionali e nazionali di riconoscimento delle competenze, permettendo alle persone di esprimere il proprio profilo in modo comprensibile
per tutti. Per adattarsi ai diversi profili delle qualifiche a livello europeo,
tale modello è stato concepito nella maniera più elastica possibile. Il CV
europeo riporta i dati personali, le esperienze professionali, l’istruzione e
la formazione acquisita, altre competenze e attitudini personali, come la
conoscenza delle lingue straniere e le varie capacità nel settore artistico,
sociale, tecnico e di altra natura.
Il Curriculum Vitae europeo non è un certificato, bensì una dichiarazione
autocertificata e volontaria e può essere un prodotto del percorso di certificazione o del bilancio di competenze.
Il modello del Curriculum Vitae europeo e la guida alla compilazione
nelle lingue di origine degli Stati membri dell’UE si possono trovare sul
sito http://www.europass.cedefop.eu.int/.
Portfolio: si tratta di un dossier che certifica cosa un soggetto ha appreso
in ambiti formali e non formali. Il suo contenuto sarà diverso a seconda
della persona che lo produce e agli scopi per cui è redatto. Il portfolio può
essere utilizzato da soggetti adulti che necessitano di "accreditamento
professionale".
Il Libretto formativo del cittadino ed il Bilancio di competenze saranno
trattati nei successivi capitoli.
Il modello esemplificativo per la Certificazione delle competenze è reperibile tra gli strumenti contenuti nel supporto in allegato.
75
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
4.3 Il libretto formativo
del cittadino50
Il Libretto formativo del Cittadino, indicato nelle “Linee guida per la formazione nel 2010” del Ministro del Lavoro italiano del 17 febbraio 2010
come luogo ideale per la registrazione di competenze validate da esperienza, è costituito da un format comune nazionale che serve per raccogliere, sintetizzare e documentare le esperienze di apprendimento dei
cittadini lavoratori nonché le competenze acquisite nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana.
Definito in sede istituzionale nazionale (con il Decreto Interministeriale
del 10 ottobre 2005) ha dato luogo ad una sperimentazione condotta da
Isfol che ha coinvolto in tutto 13 amministrazioni regionali e le P.A. (Toscana,
Piemonte, Liguria, Molise, Bolzano, Trento, Valle D’Aosta, Sardegna, Lazio,
Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia), sperimentazione che ha
prodotto una metodologia di erogazione ed alcuni standard di servizio.
Dalla sperimentazione emerge che il Libretto formativo è uno strumento duttile che può trovare spendibilità in molteplici contesti: presso
organismi che operano nella formazione professionale (iniziale, permanente e continua), nei Servizi per l’impiego e nei Centri e negli Uffici di
orientamento. I beneficiari possono essere giovani, adulti, disoccupati,
immigrati, fruitori di esperienze di formazione continua, apprendisti, ecc.
Di seguito sono illustrati gli aspetti metodologici ed operativi.
4.3.1
Cos’è
Il Libretto formativo del cittadino nasce come strumento istituzionale finalizzato ad agevolare la messa in trasparenza delle competenze individuali acquisite anche in contesti non formali ed informali ed utilizzabile
lungo tutto l’arco di vita nell’ambito dei diversi percorsi di apprendimento
e di carriera. Come ampiamente condiviso anche in contesti internazionali
e comunitari, la possibilità di rendere leggibili e quindi valorizzabili le competenze individuali, al di là di quanto riportato nei titoli tradizionali, rappresenta un elemento cruciale nell’attuale contesto socio-occupazionale ed
almeno in tre prospettive virtuose:
• una prima, di sviluppo dell’auto-consapevolezza dell’individuo circa le
proprie risorse e potenzialità. In questa prospettiva il Libretto si fa inter50
76
A cura di Elisabetta Perulli, Isfol - Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento.
PARTE II
prete di un approccio più attivo e critico nei confronti dei propri percorsi
di vita e professionali;
• una seconda, di incremento del valore sociale dell’informazione. Il Libretto pone l’informazione in una forma fruibile e riconoscibile da più
soggetti in numerosi e diversificati contesti (scuola, formazione, lavoro,
volontariato, servizi al cittadino);
• una terza, di promozione della concreta prospettiva di riconoscimento
istituzionale delle competenze e dei crediti tra i sistemi educativi e formativi e nel mercato del lavoro. È una prospettiva questa altamente auspicabile a livello nazionale ed europeo, per la quale il Libretto andrebbe
associato ad apposite procedure di validazione e certificazione.
A differenza di strumenti più tradizionali, come il Curriculum Vitae, il Libretto formativo non è una forma di autodichiarazione, ma è un dispositivo
caratterizzato da standard di processo (“come si registra”) e standard di
contenuto (“cosa si registra”). Gli standard sono assicurati dalle istituzioni
che rilasciano il Libretto tramite servizi o enti opportunamente autorizzati.
4.3.2
A chi è rivolto
Il Libretto Formativo è rivolto ad una molteplicità ampia di utenze e tra
queste particolarmente pertinenti ai fini del presente lavoro si rammentano:
• adulti in transizione lavorativa volontaria o obbligata: dipendenti pubblici o
privati, liberi professionisti, quadri, impiegati, neolaureati, lavoratori interinali,
lavoratori a rischio di turn-over, lavoratori autonomi o piccoli imprenditori.
•
•
•
•
•
Per questi utenti il Libretto potrebbe:
rendere trasparenti (e documentate) le competenze significative acquisite nello svolgimento delle proprie mansioni, valorizzare il patrimonio
professionale più della/le semplice qualifica/che professionale o della/le
mansioni svolte;
riassumere e sintetizzare le attività comprese nella mansione specificandone al contempo gli aspetti qualitativi delle performance;
rappresentare un valore aggiunto qualitativo rispetto al semplice CV in
relazione anche alla flessibilità e all’alto livello di competitività richiesta
dalle imprese, per la sua specifica caratteristica di “trasparenza istituzionale” delle competenze.
“fasce deboli” del mercato del lavoro:
disoccupati, economicamente sostenuti con un sussidio previdenziale (lavoratori in cassa integrazione o mobilità), ma anche quelli senza tale sussidio in quanto precari (lavoratori flessibili con contratto a progetto,
prestazioni occasionali, interinale);
donne uscite da alcuni anni dal mercato del lavoro e con necessità di
77
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
riconversione, aggiornamento e ri-collocazione;
• categorie di utenza svantaggiate: detenuti ed ex detenuti, tossicodipendenti, immigrati, diversamente abili.
Per questo tipo di utenza il Libretto può rappresentare:
• l’occasione di fruire di un processo di forte sostegno in termini di autoconsapevolezza e auto-riflessione sul personale patrimonio di competenze derivanti da percorsi di apprendimento non formale che il Libretto
rende trasparenti e documentabili e potenzialmente riconoscibili dal
mercato e dalle Istituzioni;
• un presupposto per la validazione di competenze non certificate ai fini
del reingresso nei sistemi educativi o formativi e/o finalizzate ad un reinserimento lavorativo.
4.3.3
Chi lo rilascia
Responsabili del rilascio del Libretto sono le Regioni che possono delegare il rilascio anche ad altri soggetti accreditati, mentre responsabile dell'aggiornamento dei dati è essenzialmente l'individuo che ne è il titolare.
Nel presente paragrafo saranno illustrate le sezioni in cui il Libretto formativo è composto ed i suoi elementi costitutivi. Per il modello esemplificativo
si rimanda agli strumenti contenuti nel supporto magnetico in allegato.
4.3.4
La struttura del libretto
SEZIONE 1
1. Informazioni personali
I dati contenuti in questo quadro sono analoghi a quelli attualmente previsti nella scheda anagrafico-professionale e nel Curriculum Vitae europeo; ciò al fine di permettere alla persona che si trova ad attivare per la
prima volta uno degli strumenti formalizzati di fornire i propri dati senza
replicare l’inserimento di questi ultimi qualora attivi un altro di tali strumenti
(ovviamente con tutte le misure di tutela della privacy previste dalla vigente
normativa). Coerentemente con gli orientamenti che emergono anche in
altri Paesi europei, si deve garantire che nel Libretto non siano inserite informazioni personali che possano introdurre elementi di potenziale discriminazione individuale e sociale rispetto alla possibilità di essere presi in
considerazione per un’occupazione.
2. Esperienze lavorative/professionali
Oltre ai dati codificati relativi a ciascuna esperienza lavorativa (contratto,
date, mansione, datore di lavoro), alla voce PRINCIPALI ATTIVITà
78
PARTE II
SVOLTE è opportuno descrivere in modo chiaro e sintetico le attività e/o
le caratteristiche dell’esperienza di lavoro, indicando quelle da valorizzare
maggiormente.
3. Titoli di istruzione e formazione
In questo quadro vanno inserite le informazioni essenziali riguardanti
unicamente i percorsi di istruzione o formazione che hanno dato luogo ai
relativi titoli scolastici o universitari o alle qualifiche e specializzazioni conseguite nella formazione professionale di base, nell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, nell’alta formazione.
4. Esperienze Formative
Questo quadro contiene le informazioni riguardanti tutte le esperienze
formative che non sono riconducibili al punto 3 (ad esempio la formazione
che non si sia conclusa con un rilascio di qualifica, la formazione continua
in corsi di aggiornamento, i tirocini formativi, ecc.).
SEZIONE 2
1. Competenze acquisite in percorsi di apprendimento
Per la compilazione di questa sezione è fondamentale la ricostruzione
di un quadro essenziale delle competenze dell’individuo, comunque acquisite, quadro che non risponderà necessariamente a criteri di assoluta
esaustività bensì a criteri di trasparenza e valorizzazione dei punti di forza
del patrimonio individuale. Si partirà dalla collaborazione del titolare del
Libretto, sottolineando il carattere di volontarietà dello strumento.
È tuttavia necessario sottolineare che il format di questa sezione deve
innanzitutto rendere ragione della attuale parzialità dello strumento e, di
conseguenza, restituirne evidenza. In assenza di un sistema nazionale di
standard minimi per la descrizione, il riconoscimento e la certificazione
delle competenze, il quadro ricostruito (anche mediante una assistenza
che sarà calibrata in base alle potenzialità di auto-ricostruzione della persona stessa) dovrà evidenziare complessivamente sia le competenze che
possono essere registrate in quanto collegate a titoli e certificazioni formative, sia competenze che, pur emergendo quale componente importante della professionalità, non sono documentabili.
Nell’ultima colonna della tabella della sezione 251 dovranno essere riportate le evidenze documentali per tutte le competenze comunque acquisite, indipendentemente dal contesto, tenendo naturalmente conto
del loro diverso grado di formalizzazione (certificazione, attestazione,
51
Cfr. supporto magnetico allegato al presente volume.
79
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
esperienza ecc.) che avvalora in diverso grado la competenza stessa,
poiché:
• se una competenza è certificata, ovvero resa certa in un contesto di regole identificato e condiviso, essa assume quel valore di scambio che
tutti i soggetti che condividono tale contesto le riconoscono;
• se una competenza è legata all’esperienza, assume valore diverso a
seconda dei contesti.
2. Tipologia di competenze
Relativamente alle competenze acquisite in contesti di apprendimento
di tipo formale, è possibile indicarne la tipologia facendo riferimento all’articolazione delle tipologie di competenze riportata nell’Accordo raggiunto
in Conferenza Unificata il 28 ottobre 2004.
Come già ampiamente sottolineato, in esso le tipologie di competenze
sono articolate in:
• competenze di base;
• competenze tecnico-professionali;
• competenze trasversali.
3. Evidenze documentali
È possibile prevedere che il Libretto contenga anche in allegato le documentazioni elencate nella sezione 2: si tratta comunque di un’opzione
che attiene al format fisico del Libretto. Pertanto, una volta decisa la raccolta degli allegati, ciascun Ente che rilascia il documento (in Italia: Regione e Provincia autonoma) decide come organizzarla:
• in caso di Libretto Formativo cartaceo, si può scegliere di far allegare le
copie dei soli frontespizi delle certificazioni e le copie delle altre tipologie
di evidenze (lettere di referenze, attestazioni diverse), oppure di allegare
le copie per intero di tutte le evidenze;
• in caso di Libretto informatizzato (mediante card o altro) è evidente che
la documentazione (certificazioni, attestati, ecc.) va adeguata al tipo di
supporto (formati pdf, ecc.).
80
PARTE II
Il libretto formativo in sintesi
Ente che rilascia
il documento
Regione o soggetto appositamente delegato
Titolare
Cittadino
Formato
Cartaceo o elettronico
Struttura
Due sezioni che comprendono:
a) Informazioni personali
b) Titoli d’istruzione e di formazione
c) Esperienze formative
d) Competenze acquisite nei contratti a contenuto formativo (apprendistato e inserimento), nella formazione
specialistica, nella formazione continua o acquisite in
modo non formale o informale
Tipologia
di competenze
“Competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento,
la formazione specialistica e la formazione continua
svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata
da soggetti accreditati dalle regioni, nonché [del]le
competenze acquisite in modo non formale e informale
secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di
apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate”:
• competenze di base
• competenze tecnico – professionali
• competenze trasversali
Principale normativa
di riferimento
Accordo Stato-Regioni 18 febbraio 2000; DM n.
174/2001; art. 2, comma 1, lett.i), Dlgs n. 276/2003;
Documento tecnico della Conferenza Stato-Regioni 14
luglio 2005; DM 10 ottobre 2005; art. 37, Dlgs. 9 aprile
2008, n. 8
81
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
4.3.5
Le fasi del processo di accompagnamento e supporto
alla compilazione del libretto
Il Libretto formativo, come già sottolineato, si pone come uno strumento
che ha carattere di servizio e di volontarietà per il cittadino. In ragione di
ciò il responsabile della manutenzione del Libretto è essenzialmente l’individuo che ne è titolare e che ha il compito di aggiornarlo, ampliarlo e migliorarlo. Tuttavia, gli operatori preposti, soprattutto se l’utente presenta
particolari problematiche di inserimento lavorativo o è un soggetto difficilmente occupabile, avranno il compito di assistere gli individui (proporzionalmente al fabbisogno) nell’attività di gestione e aggiornamento del
Libretto, fornendo loro conoscenze e competenze necessarie a selezionare le informazioni, valutare le proprie esperienze anche di tipo informale
e non formale e trascriverle nel Libretto.
Il Libretto formativo accompagna l’individuo nel percorso di apprendimento, di inserimento e di mobilità professionale per tutto l’arco della vita
e rappresenta una “carta d’identità” professionale e personale. La gestione
del Libretto, non potrà, pertanto, limitarsi ad una mera e burocratica registrazione, ma assolve anche al compito di sostenere l’identità socio-professionale dell’individuo e la spendibilità delle competenze acquisite.
Di seguito sono brevemente descritte le fasi che accompagnano il processo per la sua compilazione e registrazione.
Fase 1 - Accoglienza, informazione e promozione del Libretto formativo
La stesura del Libretto è preceduta da una funzione di prima accoglienza per informare l’utente sulle caratteristiche e l’utilizzo del libretto e
per approfondire la motivazione ed il fabbisogno individuale. Si articola in:
• accoglienza;
• individuazione del bisogno (di orientamento, di formazione, di informazioni specifiche, di sostegno psicologico o sociale);
• presentazione del Libretto;
• esame di realtà e patto di servizio (ridefinizione di obiettivi, finalità del
libretto, metodi, strumenti, tempi, motivazione per un alleanza di lavoro).
Fase 2 - Ricostruzione dell’esperienza e delle competenze
È la fase in cui si sostiene l’utente nell’analisi, ricostruzione e sintesi del
proprio percorso formativo e professionale e del proprio patrimonio di competenze al fine di predisporre la base di informazioni che saranno contenute
nel libretto. Si articola in:
• ricostruzione della biografia formativa, professionale ed extra professionale della persona;
• individuazione e descrizione delle competenze acquisite;
82
PARTE II
• organizzazione delle informazioni ricevute in vista della redazione del
Libretto Formativo del Cittadino.
Fase 3 - Documentazione delle esperienze e delle competenze
Una volta realizzata la ricostruzione, le informazioni dovranno essere
avvalorate da certificati, attestati ed altre documentazioni di sostegno. In
tale fase verranno:
• ricercate e reperite le evidenze documentali;
• verificata la corrispondenza e completezza tra le evidenze documentali
prodotte e le informazioni raccolte;
• organizzata la documentazione.
Fase 4 - Registrazione, compilazione e rilascio del Libretto
È la fase conclusiva in cui l’utente viene sostenuto nel processo di inserimento delle informazioni raccolte (biografia formativa e professionale, esperienze, competenze ed evidenze) nel format del Libretto formativo, attraverso:
• il supporto nella redazione delle due sezioni del Libretto formativo del
cittadino;
FASE 1 - Gestire l’accoglienza,
l’informazione e la promozione
del libretto formativo del cittadino.
La stesura del libretto è preceduta
da una funzione di prima accoglienza
per informare l’utente sulle
caratteristiche e l’utilizzo del libretto
e ad approfondire le motivazioni
e il fabbisogno individuale.
FASE 2 - Realizzare la ricostruzione
dell’esperienza e delle competenze.
È la fase in cui si sostiene l’utente
nella analisi, ricostruzione e sintesi
del proprio percorso formativo e
professionale e del proprio patrimonio
di competenze al fine di predisporre
la base di informazioni che saranno
contenute nel libretto.
FASE 4 - Effettuare la registrazione
dei dati e la compilazione del libretto
formativo.
È la fase conclusiva in cui l’utente
viene sostenuto nel processo di
inserimento delle informazioni raccolte
(biografia formativa e professionale,
esperienze, competenza ed evidenza)
nel Format del libretto formativo.
FASE 3 - Supportare l’utente
nel documentare le esperienze
e le competenze mediante evidenze.
Una volta realizzata la ricostruzione,
le informazioni dovranno essere
avvalorate da certificati, attestati
o altre documentazioni di sostegno.
Le fasi che portano alla compilazione del Libretto formativo sono sintetizzate nella Figura 2.
83
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
• la valutazione congiunta dei possibili sviluppi dell’attività svolta;
• la valutazione della soddisfazione attraverso strumenti predisposti ad
hoc. La valutazione riguarderà la percezione, da parte dell’utente, della
qualità del prodotto e della qualità del servizio.
Dalla sperimentazione emerge che l’intero percorso dura dai due ai
quattro colloqui di un’ora circa (a seconda delle tipologie di beneficiari) e
a ciò possono provvedere operatori di diversa estrazione professionale,
ma dotati di alcune specifiche competenze descritte nelle “Unità standard
delle competenze per gli operatori”. Nella gran parte delle situazioni sperimentali due giornate di formazione in presenza (più l’assistenza a distanza tramite il portale del Libretto) sono state sufficienti per avviare al
servizio operatori di Enti di formazione o Centri per l’impiego.
Sono stati anche declinati alcuni standard minimi di servizio in base ai
tre ambiti di applicabilità del dispositivo:
1. nella formazione professionale;
2. nei servizi pubblici per l’impiego;
3. nei centri e uffici di orientamento.
Non ci si dilungherà nell’esposizione delle metodologie e degli strumenti
per la ricostruzione dell’esperienza utilizzati nella compilazione del Libretto, in quanto molti degli strumenti che verranno presentati nel prossimo
capitolo sul Bilancio di competenze possono essere utilizzati a tale scopo,
così come molti degli approcci metodologici, fin qui illustrati, risultano strategici per la descrizione successiva.
Nondimeno, per correttezza di esposizione, va precisato che la ricostruzione dell’esperienza individuale ai fini dell’utilizzo del Libretto non va confusa con le prassi del Bilancio di competenze. Le due metodologie,
tuttavia, possono applicarsi in maniera complementare.
Il Bilancio di competenze è, infatti, finalizzato ad incrementare la autoconsapevolezza e la progettualità dell’individuo ed assume pertanto un
valore orientativo, di valutazione/autovalutazione e di supporto.
La compilazione e il rilascio del Libretto sono, invece, finalizzati alla
messa in trasparenza delle competenze dell’individuo per un loro riconoscimento e per la spendibilità istituzionale.
84
PARTE II
Box
Ipotesi di percorso per l’erogazione del Libretto formativo
AMBITO
SITUAZIONE
TEMPORALE
TARGET
MODALITà
Formazione
professionale
All’inizio di un
percorso
formativo
• Giovani
• Apprendisti
• Adulti
Due colloqui
di 40 min./1 ora
Al termine di un
percorso formativo
• Giovani
• Apprendisti
• Adulti
Due colloqui
di 40 min./1 ora
Nella fase di
matching tra
domanda e offerta
• Disoccupati
immediatamente
occupabili
Due colloqui
di 40 minuti
Nella fase di
accompagnamento
al lavoro
• Disoccupati non
immediatamente
occupabili
Due o più colloqui
della durata di 1
ora e più
Al termine
del percorso
orientativo
• Giovani
• Adulti
• Svantaggiati
Due o più colloqui
della durata di 1
ora e più
Centri
per l’impiego
Centri
ed Uffici per
l’orientamento
85
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
4.4 Il Bilancio
di competenze52
Il metodo del Bilancio di competenze, tranne alcune varianti relative alle
modalità pratiche di realizzazione, costituisce nei differenti Paesi dell’Europa
un metodo di riferimento, tanto in materia di gestione delle carriere professionali quanto nell’orientamento degli adulti o nella definizione di progetti di
formazione nella prospettiva della formazione lungo tutto l’arco della vita.
Le finalità che si prefigge sono:
• l’identificazione di potenzialità e competenze da investire nell’elaborazione di un progetto di inserimento lavorativo;
• l’acquisizione di capacità autonome di valutazione e di scelta, la costruzione di un progetto di sviluppo professionale.
Il Gruppo di lavoro dell’Area Politiche dell’Orientamento dell’Isfol, che
ha promosso e realizzato Bi.dicomp.53, ha rilevato i seguenti aspetti essenziali del Bilancio di competenze:
• il Bilancio di competenze riguarda la persona nella sua globalità, considerata nella sua unità, nella sua identità, nei suoi rapporti con sé, con il
lavoro, con l’altro, con i propri valori posta a confronto con degli eventi o
con “situazioni-problema” che implicano una ricerca di soluzioni efficaci
e di prese di decisione. Per questo, intraprendere un percorso di bilancio
risulta essere una decisione o una accettazione personale. Il percorso è
condotto all’interno di un quadro contrattuale ben definito (da qui l’importanza dell’accoglienza) che precisa nello stesso tempo gli obiettivi, il
contenuto ed i metodi del bilancio, le responsabilità rispettive del beneficiario e dei consiglieri nello sviluppo delle attività legate al bilancio;
A cura di Elisabetta Perulli, ISFOL - Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento.
ISFOL, Grimaldi A. Rossi A., Montalbano G. (a cura di), “Bi.dicomp. Un percorso ISFOL di Bilancio di
Competenze”, Roma, Isfol, Roma 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 16).
52
53
86
PARTE II
• le decisioni che riguardano l’orientamento ed i ri-orientamenti dell’adulto si appoggiano necessariamente sul ritorno riflessivo della persona su se stessa: un percorso di “riconoscimento di sé” per
esplorare i fondamenti delle proprie motivazioni e della propria capacità a proiettarsi nell’avvenire. Si tratta, in effetti, di domandarsi come
utilizzare (capitalizzare) tutte le esperienze (positive e negative) che
si presentano nel corso della vita personale e professionale di ciascuno al fine di farne (renderle-trasformarle in) “carte vincenti” per la
realizzazione del sé;
• il cardine della realizzazione di un bilancio, che si ritrova in tutte le sue
tappe, è l’analisi delle acquisizioni dall’esperienza; è ciò che rende il bilancio differente dalle altre pratiche di valutazione fondate sull’impiego
di prove standardizzate (test e questionari, ad esempio) o sulle attività
di orientamento. L’obiettivo del ritorno sull’esperienza è triplice: “riconoscersi nella propria esperienza”, “metterla in valore”, “oggettivare questo
valore agli occhi dell’altro”.
4.4.1
L’articolazione del bilancio di competenze54
Solitamente, l’articolazione di un percorso di bilancio di competenze è
scandita in tre fasi:
• la prima fase è finalizzata alla definizione della domanda portata dal beneficiario, nonché all’esplicitazione delle finalità, dei metodi, dei tempi
e degli strumenti che verranno utilizzati durante il percorso;
• la seconda fase è rivolta alla ricostruzione delle esperienze globali e
delle competenze che da questa sono scaturite, nonché all’identificazione dei valori, delle aspirazioni e degli interessi della persona;
• la terza fase è tesa alla ridefinizione del percorso per arrivare ad un documento di sintesi contenente: una rilettura circa i presupposti e le circostanze che hanno dato avvio al processo; la descrizione o portfolio
delle competenze e delle attitudini identificate; la costruzione del progetto professionale e/o formativo.
4.4.2
L’articolazione di un percorso di Bilancio di competenze
per ex detenuti
Comunemente si ritiene che le persone con forte disagio non possano
usufruire del bilancio di competenze in quanto non sono in grado di for54
A cura di Elisabetta Perulli, ISFOL - Area Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento.
87
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
nire la loro partecipazione attiva a causa di una presunta “carenza” di
strumenti individuali (aspetti cognitivi ed emotivi, grado di consapevolezza e di autonomia, ecc.) necessari alla realizzazione del percorso.
Tale convinzione rappresenta un forte valore di discriminazione e quindi
di allontanamento dalle opportunità offerte dai servizi rivolti alle persone.
Il lavoro di questi anni, in particolare il monitoraggio condotto dall’Isfol
nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Equal e dei Programmi FSE e la
partecipazione ai lavori della rete transnazionale ExOCoP, ha rivelato
alcuni elementi di rilievo, forse scontati ma, proprio per questo, non sempre attentamente considerati:
• le persone che abbiamo definito “difficilmente occupabili” pur rientrando nella generica e generale categoria delle fasce deboli, sono diverse tra loro non solo per genere di disagio ma, all’interno della
stessa tipologia, per caratteristiche, vissuti e motivazioni individuali,
per gli stimoli ricevuti dall’ambiente circostante, per le modalità di reazione alle difficoltà. Come affermato nell’introduzione al presente lavoro, ogni detenuto, tossicodipendente, immigrato può essere laureato
o analfabeta ma è prima di tutto una persona, ha una propria storia e
proprie aspettative;
• i percorsi di vita, per quanto possano essere segnati da vicende sfavorevoli e/o da comportamenti distruttivi e autodistruttivi, non possono
e non debbono essere considerati una condizione statica ed irrisolvibile; al contrario possono essere rielaborati per far emergere risorse
sottese che si sono sviluppate e che sono state sommerse dalla valenza negativa di queste esperienze;
• gli aspetti identificabili come disfunzionali possono avere un esito positivo grazie alla relazione significativa che si può stabilire con l’operatore che funge da elemento “perturbante” rispetto ad uno stile di vita
acquisito e dal quale l’individuo spesso si sente dominato anche a
causa di rapporti interpersonali connotati il più delle volte da fattori discriminanti e giudicanti;
• ogni individuo, per quanto “deviante”, disadattato, diverso e/o inadeguato rispetto alla logica ed alla valutazione del contesto sociale, porta
con sé ricchezze e possibilità che, al momento opportuno ed in un
contesto favorevole, possono emergere e condurre verso la ricerca di
un percorso di autorealizzazione, nel pieno rispetto del proprio modo
di essere;
• persone che, per percorsi di vita, hanno costruito un’immagine di sé
88
PARTE II
fallimentare possono tornare a scoprirsi come soggetti degni di rispetto
attraverso l’opportunità di innalzare il proprio livello di autostima e,
dunque, di motivazione alla costruzione di iter alternativi e maggiormente costruttivi.
Il modello presentato in questo lavoro, osserva, nelle linee generali,
l’impostazione descritta al paragrafo precedente, adattandola tuttavia
alle esigenze di un intervento rivolto a persone con svantaggio e, nel
caso specifico, a persone in uscita dal circuito penale. Mantiene, dunque,
l’articolazione per fasi, seppur in numero maggiore e non deve essere
intesa come rigida standardizzazione dell’intervento, bensì come personalizzazione del percorso teso a rispettare i tempi di crescita della persona e le sue difficoltà. In ogni caso, l’articolazione del modello appare
in massima parte rispondente ai criteri stabiliti dai francesi C.I.B.C. per
il “Percorso di qualità del Bilancio di competenze”55 ed in particolare per
il rispetto dei seguenti aspetti:
• il beneficiario deve essere attore del suo bilancio;
• la finalità del bilancio è la definizione di un progetto professionale;
• ogni fase di bilancio deve dar luogo ad almeno un colloquio individuale;
• nel percorso deve essere prevista l’accoglienza e l’informazione per
tutti i richiedenti;
• nel percorso di bilancio deve essere sviluppata la “mission” di attivazione delle risorse personali.
•
•
•
•
Le fasi previste nel modello sono quattro:
Fase I – Accoglienza e informazione;
Fase II – Ricostruzione;
Fase III – Sintesi e restituzione;
Fase IV – Accompagnamento e follow-up.
4.4.3
Le fasi: obiettivi, azioni, modalità di attuazione
Fase I - Accoglienza e informazione
Durata complessiva: 3h
Modalità: 2 colloqui individuali (1h 30’ ognuno)
Obiettivi:
Verso la certificazione delle competenze nelle politiche attive del lavoro, Quaderni ASSFORSEO,
Anno 1, numero 1, Dicembre 2002.
55
89
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
•
•
•
•
ascolto del bisogno espresso;
prima ricostruzione della storia personale;
decodifica della domanda e analisi del bisogno inespresso;
definizione di un obiettivo a breve termine che si concretizzi nella comprensione e nella scelta attiva di adesione al percorso;
• sostegno alla motivazione ad affrontare il percorso.
Suggerimenti
1° colloquio - I primi istanti di conoscenza reciproca costituiscono un
momento cruciale nell’attività svolta quotidianamente con persone che
soffrono forme eterogenee di svantaggio sociale. In questa fase fondamentale è la costruzione di un rapporto di fiducia.
Si riceve la persona senza farla attendere e si utilizza una modalità relazionale semplice ed informale; la stanza dove si svolgono i colloqui dovrebbe rimanere la stessa per tutta la durata del lavoro comune. Il primo
incontro, molto importante nel definire le linee costituenti la relazione, avviene dietro appuntamento. Al suo arrivo la persona viene accolta ed accompagnata nella stanza preposta ai colloqui.
Alcune domande iniziali, volte ad una prima conoscenza, permettono
all’utente di muoversi in un ambito sufficientemente strutturato limitando il
livello di ansia. A partire da questo momento, è possibile rilevare le difficoltà a stare nella relazione e, dalle prime informazioni, l’operatore si sintonizza sui segnali dell’utente.
Si illustra il senso del bilancio quale percorso volto al perseguimento di
una maggiore consapevolezza delle proprie conoscenze, delle proprie
competenze professionali e personali, attitudini e motivazioni, vincoli e limiti sia ambientali che personali. Si esplicita la condizione imprescindibile
secondo la quale il percorso non è realizzabile in assenza della partecipazione attiva del soggetto. Si informa l’utente che lo si ritiene il vero
esperto di se stesso e che andrà a svolgere una parte assolutamente attiva nel lavoro da fare insieme; in assenza della sua partecipazione, infatti,
non sarà possibile approdare alla realizzazione del Bilancio.
L’approccio è improntato all’empatia, teso a cogliere il punto di vista
dell’altro ed a offrire chiari segni di comprensione del disagio portato nel
colloquio. Si ascolta la richiesta del soggetto e si discute con l’interessato
l’opportunità di una sua adesione al progetto, rimandando all’incontro successivo per una più approfondita valutazione e l’eventuale accettazione
del contratto.
La somministrazione delle prime due schede, a cura dell’operatore, è
90
PARTE II
finalizzata a raccogliere i primi dati relativi ad età, sesso, provenienza e
prende in considerazione la richiesta, la motivazione espressa ed una
prima ipotesi di lavoro.
2° colloquio - Durante il secondo incontro, si chiede all’utente di esplicitare eventuali riflessioni, dubbi e aspettative rispetto a quanto emerso
nel colloquio precedente; si chiariscono i termini del bisogno manifestato,
si discute la congruità delle aspettative, si pianifica una prima ipotesi di
progetto e si stabilisce la strada da intraprendere, che può condurre sia
all’invio ad altre strutture che alla prosecuzione del percorso.
Gli elementi sopra elencati vengono trascritti, a cura dell’operatore, in
un questionario conoscitivo costruito ad hoc. In esso vengono rilevate le
prime informazioni riguardanti il contesto di appartenenza, le eventuali difficoltà evidenziate dal soggetto, i fabbisogni (materiali, di sussistenza,
ecc.), i percorsi formativi e lavorativi intrapresi, le problematiche con il sistema della giustizia. Vengono trascritte, inoltre, alcune note riguardanti
le modalità relazionali e comunicative oltre alle ipotesi di progetto ed agli
obiettivi concordati. Si procede alla definizione di una prima ipotesi di contratto, volto a stabilire il numero degli incontri, il giorno della settimana e
l’ora dell’appuntamento.
Aperto e problematico è il tema del livello di formalizzazione che questi
accordi devono assumere. In altri termini, la formalizzazione varia al variare delle caratteristiche delle persone con cui operiamo. Da questo punto
di vista non dobbiamo infatti sottovalutare alcuni aspetti di natura più culturale intimamente collegati con il piano dell’assunzione di impegni, con
la responsabilità e l’onore.
Concretamente questo si traduce in una molteplicità di modalità di formalizzazione che possono variare dall’accordo formale scritto e sottoscritto
dalle parti, a forme meno “formalizzate” in senso tradizionale, ma più tagliate
sulla storia della persona. Da questo punto di vista la stretta di mano guardandosi negli occhi dopo aver concordato insieme alcune regole di fondo
può avere il medesimo effetto della firma congiunta su un pezzo di carta.
Strumenti
• Scheda primo contatto
• Scheda accoglienza
• Questionario conoscitivo
Fase II - Ricostruzione
Durata complessiva: h 9
91
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Modalità: 6 colloqui individuali (1h 30’ ognuno)
Obiettivi:
• rivisitazione delle esperienze formative e professionali;
• approfondimento della storia personale e delle tappe che hanno inciso
significativamente sul percorso esistenziale;
• individuazione ed analisi dei valori, delle attitudini, degli interessi, delle
risorse, dei vincoli; la focalizzazione delle aree di conoscenza e delle
competenze, delle mansioni svolte precedentemente, delle relazioni;
• sostegno alla motivazione.
Suggerimenti
1° colloquio - Si procede nel percorso attraverso l’analisi delle esperienze più significative dell’esistenza del soggetto, che l’hanno condotto
alla situazione attuale e che hanno permesso l’acquisizione di competenze
sottese, non sempre riconosciute dal soggetto.
Contemporaneamente, si prendono in esame le modalità con cui la persona ha preso le decisioni più importanti, quanto in esse hanno avuto un
peso preponderante altre persone, oppure la propria determinazione. Si
continua poi con il racconto di un episodio di successo, finalizzato alla rilevazione delle risorse utilizzate.
Parallelamente si analizzano eventuali condotte disfunzionali che portano la persona a ripetere eventi dolorosi o fallimentari e la ricorrenza di
alcune caratteristiche comportamentali nei differenti contesti, che permettono di conoscere alcuni modi caratteristici e significativi del soggetto di
porsi in relazione con l’esterno.
Per la storia di vita viene utilizzata una scheda che richiede di esporre
i fattori e gli eventi ritenuti dalla persona fondamentali, a partire dall’infanzia. Data la complessità dei temi trattati, può accadere che non sia sempre
possibile affrontarli in un unico colloquio.
2° colloquio – Nel secondo colloquio vengono somministrate due schede.
La prima è rappresentata da un questionario finalizzato a mostrare il locus
of control56 , vale a dire quanto il soggetto considera la costruzione del proprio destino autodeterminata o, invece, quanto si percepisce in balia di
eventi esterni. L’estremizzazione verso una delle due dimensioni va esplicitata al soggetto, favorendo la presa di coscienza mediante il racconto di
esperienze personalmente vissute. Parallelamente si cerca di far emergere
le personali capacità di affrontare le differenti situazioni con le proprie forze.
Il locus of control è una variabile psicologica che indica il grado di percezione rispetto al controllo del
proprio destino e degli eventi.
56
92
PARTE II
Con la seconda scheda il soggetto è invitato ad elencare 10 aggettivi
che lo descrivono per poi organizzarli in uno schema apposito. Utile a
comprendere la percezione che il soggetto ha di se stesso, la scheda favorisce la riflessione su di sé e lo sviluppo di capacità di autodescrizione.
L’individuo deve indicare quali sono gli aspetti più significativi del proprio
modo di essere segnalando eventuali collegamenti tra loro o ulteriori
aspetti che spieghino una certa caratteristica. Il risultato sarà poi messo
in relazione con le personali esperienze professionali al fine di rilevare
elementi di coerenza o viceversa incongruenza con la percezione di sé.
3° colloquio – Si prendono in esame, mediante l’ausilio di apposite
schede, le esperienze formative e quelle professionali, approfondendo i
seguenti elementi: elenco delle attività formative e di quelle lavorative, indicando gli anni, il contesto, il ruolo ricoperto, le mansioni svolte, i motivi
che hanno determinato l’interruzione di una determinata attività o ciclo di
studi, contestualizzando gli avvenimenti rispetto al momento di vita.
4° colloquio – È finalizzato ad approfondire la riflessione sui contenuti
emersi nell’incontro precedente; per questo il soggetto deve tener conto
dei compiti svolti in ciascuna esperienza lavorativa, del tipo di responsabilità rivestita, della qualità delle relazione con i colleghi e con i superiori,
dell’occupazione più gratificante e costruttiva. Va posta attenzione alle
emozioni provate nella rivisitazione di ogni singola esperienza, sollecitando la riflessione con domande tese ad esplorare i punti di forza ed i
punti di debolezza, personali e del contesto, cercando di far emergere i fili
conduttori principali che hanno connotato i vissuti e le esperienze in rapporto con il modo formativo e lavorativo. Si tratta di mettere in relazione
anche esperienze apparentemente lontane. Si collegano tra loro l’attività
presa in esame, la percezione che l’individuo ha di sé ed il locus of control
per esplorare il bagaglio di competenze trasversali acquisite.
5° colloquio – Si prendono in considerazione l’attuale stile di vita e le attività
extra-professionali svolte dal soggetto, per delineare lo spazio ed il tempo
da dedicare al lavoro. Si chiede al soggetto di riflettere ed esplicitare desideri
ed interessi con particolare riguardo all’ambito professionale. Tramite un’apposita scheda vengono esplicitati i valori personali ed attuali inerenti il lavoro
e, a partire da questo, si illustrano i desideri, i rifiuti che ci si attende rispetto
ad un’esperienza di lavoro. All’interno di questa riflessione si rilevano i nessi
con la storia di vita, formativa e professionale del soggetto.
6° colloquio – A questo punto si procede ad analizzare la progettualità
futura, vale a dire le previsioni a breve, medio e lungo termine (a 6 mesi, a
93
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
1 anno, a 2 anni e più), ponendo ordine negli obiettivi programmati. Si osserva la fattibilità e la congruenza con le esperienze formative pregresse.
Qualora non vi siano elementi di fattibilità si verifica l’opportunità di adottare
strategie alternative per la realizzabilità del progetto desiderato.
Strumenti
• Scheda “La mia storia …”
• Un’esperienza di successo
• Questionario sulle modalità di fronteggiamento
• Questionario locus of control
• Scheda di autodescrizione
• Ricostruzione del mio percorso di studi e formazione
• Ricostruzione del mio percorso professionale
• Scheda “Analisi dell’attività lavorativa”
• Scheda di sintesi: “La mia valutazione sulle attività lavorative”
• Griglia “Il filo conduttore del mio lavoro”
• Griglia “Attività extra – lavoro”
• Questionario “Cosa cerco nel lavoro”
• Scheda “Prospettiva temporale”
Fase III - Sintesi e restituzione
Durata complessiva: 11h
Modalità: 1 sessione di gruppo (4h30) e 3 colloqui individuali (1h30
ognuno)
Obiettivi:
• acquisire strumenti di analisi della competenza professionale;
• rilevazione e valutazione delle competenze;
• definizione del profilo professionale e psico-sociale;
• costituzione degli obiettivi individuali e delineazione del progetto personale.
Suggerimenti
1° laboratorio di gruppo – La sessione si svolge in piccolo gruppo di
massimo 10 – 12 persone. In apertura del 1° laboratorio il conduttore, dopo
aver anticipato ai soggetti che si tratta di un gioco di immaginazione in cui
non ci sono risposte giuste o sbagliate, chiede a ciascun partecipante di
scegliere una delle fotografie, tra quelle disponibili, sulla base della quale
presentare se stesso e la propria professionalità così com’è o come vorrebbe che fosse57.
Isfol, Grimaldi A. Rossi A., Montalbano G. (a cura di), “Bi.dicomp. Un percorso ISFOL di Bilancio di
Competenze”, Isfol, Roma, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 16)
57
94
PARTE II
Si prosegue con un brainstorming sul concetto di competenza. L’operatore chiede ai partecipanti di rispondere ad alcune domande stimolo del
tipo: Che cosa è per voi la competenza professionale? Di cosa si compone? Come si costruisce?
Le osservazioni dei membri del gruppo vengono segnate su una lavagna a fogli mobili. Agganciandosi alle rappresentazioni degli utenti l’operatore, con l’ausilio di lucidi, dà delle definizioni del concetto di
competenza, modelli di analisi per la lettura della competenza, elementi
della competenza, individuo–competenza–contesto, tipologia della competenza professionale. In seguito viene avviata una discussione di gruppo
con chiarimenti ed esemplificazioni a partire dall’esperienza dei partecipanti. Questa parte durerà 1h30.
Nelle ore successive si può realizzare l’esercitazione “Alla ricerca delle
competenze”58 che ha l’obiettivo di creare un vocabolario condiviso in tema
di competenze a partire dalla descrizione delle attività di lavoro dei partecipanti.
L’esercitazione si compone di due fasi: la prima fase (1 h) prevede un’intervista in coppia sulle attività di lavoro con un role-playing uguale per tutte
le coppie di partecipanti del gruppo, finalizzata ad arricchire i verbi utilizzati
per l’analisi delle proprie attività di lavoro. Al termine di questa fase ci si ritrova in gruppo e gli intervistatori leggono i verbi che hanno segnato nel
corso della loro intervista mentre il conduttore li scrive alla lavagna. Probabilmente alcuni di questi verbi si ripeteranno. In questo caso si tratterà
di aggiungere al verbo una specifica che consenta di far capire meglio il
contesto di esercizio del lavoro descritto.
Nella seconda fase (1h), terminato l’elenco il conduttore chiede a ogni
partecipante di prendere il proprio strumento “Analisi delle attività di lavoro”
e di confrontare l’elenco dei verbi segnati alla lavagna con quelli utilizzati
per descrivere le proprie esperienze di lavoro ed extra-professionali nella
casella “Cosa dovevo concretamente fare”. Obiettivo del confronto è quello
di ampliare e arricchire il proprio elenco con i verbi emersi in gruppo e che
meglio potrebbero descrivere e qualificare anche il proprio lavoro.
A partire da questo tabellone il conduttore chiede al gruppo, in plenaria,
di scegliere un’attività di lavoro sulla quale concentrare l’attenzione, che
potrebbe essere comune a più persone, e si iniziano a ricercare le capacità
e le conoscenze richieste per svolgerla. A questa parte dell’esercitazione
58
Ibidem.
95
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
è assegnata un’ora di lavoro. La domanda stimolo per fare questo lavoro
in gruppo è la seguente: troviamo tre capacità e tre conoscenze che sono
necessarie per poter svolgere questa attività con successo? Il lavoro di
costruzione in gruppo può servire da metodo e modello per il successivo
lavoro da svolgere.
2° colloquio – Viene delineato il profilo di competenze attraverso una
valutazione delle conoscenze, abilità e delle caratteristiche personali. Si
procede ad una schematizzazione delle conoscenze, delle abilità acquisite, delle caratteristiche personali, valutando quali rappresentano dei punti
di forza e quali invece sono le aree da sviluppare. Vengono riordinate le
competenze all’interno dello schema “Il mio bilancio personale”.
3° colloquio – Si redige il report di bilancio in cui vengono sintetizzati le
aspettative iniziali e gli eventuali aspetti motivazionali. Viene condivisa una
valutazione globale del percorso mediante l’analisi delle esperienze professionali pregresse, le competenze di base e traversali, gli interessi, le
attitudini, le caratteristiche personali, i bisogni di base e le motivazioni. Si
prosegue quindi con l’elaborazione di un’ipotesi di progetto, verificando
discrepanze dal primo progetto.
Strumenti:
• Set di fotografie per la presentazione di sé in gruppo
• Scheda “Analisi dell’attività lavorativa”
• Schema “Il mio bilancio personale”
• Progetto personale
• Report di bilancio (prima stesura dell’operatore, condivisione con
l’utente)
Fase IV - Accompagnamento e follow-up
Durata complessiva: 11h nell’arco di 6 mesi
Modalità: 1 sessione di gruppo (2h) e 9 colloqui individuali di 1h ognuno
Obiettivi:
• acquisizione/sviluppo delle informazioni, delle capacità e degli stili relazionali connessi con la ricerca del posto di lavoro;
• rafforzamento della consapevolezza di sé;
• sostenere l’utente nella ricerca di lavoro e del processo di inserimento;
• reperire occasioni concrete di inserimento corrispondenti al profilo
(anche attraverso tirocini);
• fornire supporto all’utente ed all’azienda per il mantenimento del posto
di lavoro.
Suggerimenti:
96
PARTE II
1° colloquio – Si affrontano situazioni che generalmente si presentano
durante la ricerca di un impiego: la stesura del curriculum vitae e della lettera di candidatura e la preparazione ad un colloquio di lavoro ne sono i
presupposti fondamentali. Il curriculum vitae e la lettera di candidatura
sono strumenti che permettono un primo contatto con le aziende che cercano personale. Il curriculum va allegato alla lettera di candidatura ogni
volta che ci si propone per una mansione, oppure alla lettera di risposta
ad un annuncio di lavoro e va consegnato agli enti autorizzati che fanno
da mediatori tra domanda e offerta. Il curriculum vitae è il “biglietto da visita” con cui ci si propone all’azienda per una specifica mansione con
l’obiettivo di ottenere un colloquio di lavoro, è quindi importante adottare
alcuni accorgimenti per aumentare le possibilità di essere preso in considerazione e fare una buona impressione. Si lavora insieme su come compilare il CV e su come scrivere una lettera di presentazione o di
autocandidatura e, contemporaneamente, si osserva l’eventuale distanza
tra le competenze possedute e quelle richieste per svolgere un determinato lavoro, nonché l’adeguatezza/inadeguatezza nel porsi.
2° laboratorio di gruppo - Come prendere appuntamento per telefono e
prepararsi per il colloquio di lavoro. In piccolo gruppo si procederà alla simulazione di presa di appuntamento telefonico e del colloquio di lavoro.
Lo scopo è quello di verificare la fattibilità di ipotesi di progetto nel confronto
con l’esterno, utilizzando il piccolo gruppo come stimolo per rinforzare l’autopromozione.
Accompagnamento e follow-up - Si procede contestualmente alla concretizzazione del progetto attraverso il diretto inserimento lavorativo oppure lo svolgimento di un tirocinio formativo, il cui avvio prevede un
incontro finalizzato a definire lo strumento ed il suo significato.
La sperimentazione in tirocinio richiede, oltre alla normale attività di tutoraggio, almeno otto incontri della durata di 1h ciascuno, per la rilettura e
la ridefinizione della situazione in cui si trova la persona. Sono previste
schede di valutazione sia per il tirocinante che per l’azienda.
Strumenti:
• Scheda curriculum ed istruzioni per la compilazione
• Lettera di presentazione ed istruzioni
• Lettera di candidatura ed di autocandidatura
• Scheda di monitoraggio tirocinio
• Scheda di valutazione tirocinio per l’azienda
• Scheda di valutazione tirocinio per l’utente.
97
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
4.4.4
Descrizione analitica del percorso di bilancio
FASE I
OBIETTIVI
• Ascolto del
bisogno espresso;
• Prima ricostruzione
della storia
personale;
• Decodifica della
domanda e analisi
del bisogno
inespresso;
• Definizione di un
obiettivo a breve
termine che si
concretizzi nella
comprensione e
nella scelta attiva
di adesione
al percorso;
• Sostegno alla
motivazione ad
affrontare
il percorso.
98
CONTENUTI
METODOLOGIA
STRUMENTI
DURATA
Accoglienza ed
informazione
Colloqui
individuali
• Scheda primo
contatto
• Scheda
accoglienza
• Questionario
conoscitivo
3h
PARTE II
FASE II
OBIETTIVI
CONTENUTI
• Rivisitazione delle
esperienze
formative e
professionali;
• Approfondimento
della storia
personale e delle
tappe che hanno
inciso
significativamente
sul percorso
esistenziale;
• Individuazione ed
analisi dei valori,
delle attitudini,
degli interessi,
delle risorse,
dei vincoli;
focalizzazione
delle aree di
conoscenza e
delle competenze,
delle mansioni
svolte
precedentemente,
delle relazioni;
• Sostegno
alla motivazione
Ricostruzione
METODOLOGIA
Colloqui
individuali
STRUMENTI
• Scheda “La mia
storia ….”
• Un’esperienza
di successo
• Questionario sulle
modalità di
fronteggiamento
• Questionario
locus of control
• Scheda di
autodescrizione
• Ricostruzione
del mio percorso
di studi e
formazione
• Ricostruzione
del mio percorso
professionale
• Scheda “Analisi
dell’attività
lavorativa”
• Scheda di
sintesi: “La mia
valutazione sulle
attività
lavorative”
• Griglia “Il filo
conduttore del
mio lavoro”
• Griglia “Attività
extra– lavoro”
• Questionario
“Cosa cerco
nel lavoro”
DURATA
9h
99
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
FASE III
OBIETTIVI
• Acquisire strumenti
di analisi della
competenza
professionale;
• Rilevazione
e valutazione
delle competenze;
• Definizione del
profilo professionale
e psico-sociale
• Costituzione degli
obiettivi individuali
e delineazione del
progetto personale
100
CONTENUTI
Sintesi
e restituzione
METODOLOGIA
Laboratorio di
gruppo
Colloqui
individuali
STRUMENTI
• Set di fotografie
per la
presentazione di
sé in gruppo
• Scheda “Analisi
dell’attività
lavorativa”
(compilata in
Fase II)
• Schema
“Il mio bilancio
personale”
• Progetto
personale
• Report
di bilancio
DURATA
11h
PARTE II
FASE IV
OBIETTIVI
• Acquisizione/
sviluppo delle
informazioni, delle
capacità e degli
stili relazionali
connessi con la
ricerca del posto
di lavoro
• Rafforzamento della
consapevolezza
di sé
• Sostenere l’utente
nella ricerca di
lavoro e
del processo
di inserimento
• Reperire occasioni
concrete
di inserimento
corrispondenti al
profilo (anche
attraverso tirocini)
• Fornire supporto
all’utente ed
all’azienda per il
mantenimento del
posto di lavoro.
CONTENUTI
METODOLOGIA
Accompagnamento e
follow-up
Colloqui
individuali
Laboratorio
di gruppo
Tutoraggio
(utente/azienda)
STRUMENTI
DURATA
11h
• Guida pratica
nell’arco
per la ricerca
del lavoro (scheda di 6 mesi
curriculum ed
istruzioni per
la compilazione,
lettera di
presentazione ed
istruzioni,
lettera di
candidatura ed di
autocandidatura)59
• Schede
di monitoraggio
tirocinio60
• Scheda
valutazione
tirocinio azienda 61
• Scheda
valutazione
tirocinio
partecipanti 62
59 Associazione NUOVAMENTE, Progetto Strade: sistemi - prodotti integrati dal carcere al lavoro - POR FSE Regione Emilia Romagna, Bologna 2007.
60 TECHNE Forlì Cesena, Progetto INCIPIT III: Inclusione tramite Inserimento Professionale in Tirocinio e accompagnamento al lavoro - POR FSE Regione Emilia Romagna, Provincia Forlì Cesena 2010.
61 Ibidem.
62 Ibidem.
101
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
5.Requisiti di competenza dello staff
per l’inserimento di ex detenuti
A conclusione dell’illustrazione dei tre dispositivi e relativi strumenti, riteniamo opportuno descrivere brevemente i requisiti di competenze che lo staff
di un servizio di orientamento ed inserimento lavorativo rivolto a persone “difficilmente occupabili” dovrebbe possedere. Lo staff, in generale, è composto
da figure professionali diversificate perché questo rappresenta un arricchimento per il servizio e consente un approccio multidisciplinare. Al di là della
formazione specifica dei singoli operatori (psicologi, assistenti sociali, educatori professionali e/o altre professioni sociali) per l’individuazione dei requisiti di competenza minimi si fa riferimento ai seguenti tre principali profili:
1. l’operatore dell’informazione orientativa
2. il tutor di orientamento
3. il consulente di orientamento.
5.1 L’operatore dell’informazione orientativa:
il profilo di competenze
Il contesto organizzativo di riferimento
Il profilo dell’operatore dell’informazione orientativa risponde all’esigenza
di avvicinare le persone al mondo della formazione e del lavoro favorendo
più efficaci scelte orientative; per questa ragione è dotato di competenze
plurime che può esercitare in vari contesti dove siano presenti sportelli o
servizi d’informazione. È prevista, infatti, la sua collocazione sia nelle iniziative informative d’orientamento relative ai diversi sistemi dell’istruzione
e della formazione che occasionalmente vengono realizzate, sia in situazioni più stabili promosse da varie istituzioni quali Comuni, Province,
102
PARTE II
Scuole, Sindacati: ne sono un esempio gli Informagiovani e gli sportelli ISU
delle università. Spesso non esiste una caratterizzazione molto specifica
e distintiva del profilo perché nella situazione attuale molte persone devono
al contempo esercitare altre funzioni in quanto, non in tutte le realtà, è possibile e/o utile promuovere progetti ed iniziative mirate solo all’informazione.
Tale funzione sta assumendo un’importanza crescente nelle realtà politiche e istituzionali del nostro Paese per il costante sviluppo e la crescita
esponenziale delle informazioni a tutti i livelli e per il parallelo avanzare
della tecnologia informatica e del ruolo che essa svolge nei processi d’informazione, da utilizzarsi anche in chiave orientativa nel momento delle
scelte formative o dell’accesso al lavoro.
Le aree di attività
Questa figura va pensata come un “gestore dell’informazione” in grado
di offrire e promuovere strumenti di ricognizione e dispositivi a supporto
dell’erogazione di informazioni per lo sviluppo di bagagli di conoscenze necessarie a sostenere le persone nei processi decisionali connessi alle “transizioni”. Per questo le funzioni da svolgere fanno riferimento soprattutto ad
aspetti legati alla selezione, all’organizzazione ed all’erogazione di strumenti ed apparati documentali. Richiedono un profilo di conoscenze, capacità e competenze che permettano di facilitare nelle persone una lettura
dei dati di contesto riferiti al mondo della formazione e del lavoro. In altri
termini, tali funzioni di gestione e di erogazione delle informazioni richiedono di saper utilizzare la tecnologia, entrare in rete con tutti gli enti e le
istituzioni del sistema per la raccolta delle informazioni, allestire situazioni
gradevoli per l’accoglienza delle persone, fornendo indicazioni utili alla decodifica delle informazioni stesse, funzionare come punto di riferimento documentale per le singole persone o per le istituzioni che avviano progetti
d’orientamento. L’operatore deve, pertanto, disporre di competenze articolate nella gestione del proprio ruolo di documentarista; nel reperimento
e nell’analisi delle informazioni; nell’organizzazione e nell’allestimento di
sportelli d’orientamento; nella gestione/implementazione di dette informazioni; nell’accoglienza e nel supporto all’utente per l’utilizzo di tecnologie
finalizzate all’orientamento ed alla decodifica delle informazioni.
Le aree di competenza
Ciascuna delle attività specifiche che sono state precedentemente elencate presuppone delle competenze professionali che possono essere rag103
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
gruppate nelle tre macro-aree ampiamente descritte in Isfol (2003a)63:
• competenze comunicativo-relazionali con i soggetti esterni ed interni ai
centri o servizi, che fanno riferimento alla capacità di attivare un ambiente accogliente ed un clima positivo che permetta la comunicazione
di bisogni orientativi e la lettura delle informazioni;
• competenze di raccolta, catalogazione e gestione delle informazioni,
con riferimento alle tendenze del mercato del lavoro, ai profili professionali, ai percorsi formativi scolastici ed universitari, alla presenza di
enti e soggetti deputati all’orientamento;
• competenze tecnologiche ed informatiche, in riferimento alla gestione
dell’informazione cartacea e multimediale e al mantenimento di reti che
gestiscono l’informazione orientativa.
Nella figura 2 è rappresentato, schematicamente, il profilo di attività e
competenze.
Il profilo di competenze dell’operatore dell’informazione orientativa
Promozione
e allestimento
iniziative
di orientamento
Accoglienza
e assistenza
LE 9 COMPETENZE DISTINTIVE
Colloquio di accoglienza
Erogazione di informazioni
Supporto raccolta informazioni
Reperimento e selezione informazioni
Organizzazione banca dati informativi
Aggiornamento informazioni
Utilizzo strumenti informativi
Elaborazione strumenti informativi
Partecipazione a rete di servizi
Raccolta
e gestione di
documentazione
Partecipazione
a reti di
servizi dedicati
ISFOL, Grimaldi A. (a cura di), (2003a), Profili professionali per l’orientamento: la proposta, Isfol Strumenti e Ricerche, Franco Angeli, Milano, 2003.
63
104
PARTE II
5.2 Il tutor dell’orientamento:
il profilo di competenze
Il contesto organizzativo di riferimento
Il profilo del tutor dell’orientamento è quello di un esperto capace di rispondere all’esigenza di monitorare percorsi formativi e di transizione tra
diversi canali e di accompagnare soggetti di diversa tipologia in percorsi
di tirocinio e nelle fasi di passaggio da un sistema all’altro. L’obiettivo è di
prevenire comportamenti inefficaci per ciò che concerne la pianificazione
di percorsi formativi o di inserimento lavorativo.
Nelle recenti riforme del sistema istruzione e formazione, infatti, è previsto l’intervento di questa figura nelle iniziative di accompagnamento e
tutorship a supporto degli utenti nel momento della pianificazione di strategie di ottimizzazione dei percorsi formativi, ma anche nel corso di azioni
volte al sostegno nell’inserimento lavorativo come mediatori sociali per il
superamento di difficoltà individuali nella ricerca del lavoro.
Per questa sua funzione di facilitatore nelle situazioni di scelta, nonché
di monitoraggio orientativo di esperienze in atto, necessita di competenze
plurime che potrà esercitare in contesti scolastici, universitari e di formazione al lavoro. In considerazione della complessità delle realtà politiche
e istituzionali del nostro paese, per il costante sviluppo e la crescita esponenziale dei percorsi formativi e per il parallelo avanzare della tecnologia
e del ruolo che essa svolge nei processi formativi e lavorativi, la funzione
del tutor dell’orientamento sta assumendo un’importanza crescente.
Secondo i contesti considerati, sarà, quindi, possibile ipotizzare la sua collocazione in strutture più o meno ampie e complesse qualora ricorrano le
condizioni per offrire alle persone azioni di accoglienza nelle fasi di ingresso
e d’accompagnamento in itinere nel percorso formativo, nonché tirocini o situazioni d’alternanza formazione-lavoro che permettano agli utenti di diventare protagonisti attivi e responsabili del proprio progetto orientativo e di vita.
Di conseguenza, il tutor dell’orientamento deve monitorare, prevenire e recuperare comportamenti inefficaci nella formazione e nelle fasi di passaggio
ed operare per realizzare, grazie ad una preparazione tecnica adeguata, un
sistema di iniziative di accompagnamento di notevole efficacia.
Le aree di attività
Questa figura va pensata come un tutor in grado di offrire e promuovere
105
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
strumenti e percorsi a supporto di esperienze formative in atto e di fasi di
passaggio tra i sistemi della formazione e del lavoro per lo sviluppo negli
utenti di conoscenze, competenze ed atteggiamenti necessari alla prevenzione di comportamenti inefficaci mediante la progettazione di interventi di supporto e di accompagnamento personalizzati.
Per questa ragione le funzioni da svolgere fanno riferimento soprattutto
ad aspetti legati al monitoraggio, al tutoraggio, alla prevenzione ed al recupero di comportamenti inadeguati per ridurre il rischio di insuccesso formativo-professionale degli utenti ai quali si rivolge. Il profilo richiede
conoscenze, capacità e competenze che permettano di identificare situazioni di disagio e di intervenire in modo personalizzato, al fine di definire
ed attivare iniziative di ottimizzazione del sistema formativo e di accompagnamento all’inserimento lavorativo. L’operatore deve, pertanto, disporre di competenze articolate nel monitoraggio degli interventi di
formazione; nell’assistenza ai formatori e all’impresa, sede del tirocinio;
nell’animazione di incontri ed iniziative che favoriscano lo sviluppo di una
cultura dell’orientamento sul territorio; nella definizione e accompagnamento di interventi di prevenzione e recupero di situazioni di disagio; nel
tutoraggio e nell’accompagnamento all’inserimento lavorativo.
Le aree di competenza
Ciascuna delle attività specifiche che sono state precedentemente descritte presuppone competenze professionali che possono essere raggruppate nelle tre macro-aree già indicate dall’Isfol (2003a)64:
• competenze comunicativo-relazionali con i soggetti esterni ed interni all’organizzazione in cui si opera, che si riferiscono alla capacità di attivare
un ambiente accogliente ed un clima positivo che permetta all’utente la
comunicazione di bisogni orientativi e formativi e l’elaborazione di una
risposta efficace per una corretta lettura delle informazioni;
• competenze di lettura del contesto e di progettazione delle attività di
orientamento, che sottende capacità di analisi di sistemi formativi presenti nel territorio, di definizione delle priorità, di programmazione di percorsi d’orientamento e di interventi con verifica dei risultati;
• competenze giuridiche, amministrative e informatiche con riferimento
alla gestione di progetti d’intervento.
Di seguito si rappresenta schematicamente il profilo di attività e competenze.
64
106
Ibidem.
PARTE II
Il profilo di competenze del Tutor di orientamento
Accoglienza
e monitoraggio
Promozione
di iniziative sul territorio
LE 9 COMPETENZE DISTINTIVE
Relazione di supporto e tutoring
Rapporti inter-extra organizzazione
Costruzione e gestione reti sociali
Lettura ed analisi del contesto
Costruzione e monitoraggio di percorsi
Valutazione delle azioni
Utilizzo di fonti informative
Conoscenza della normativa istruzione/formazione
Conoscenza delle politiche del lavoro
Prevenzione
e recupero
Tutoraggio
e accompagnamento
all’inserimento
lavorativo
5.3 Il consulente di orientamento:
il profilo di competenze
Il contesto organizzativo di riferimento
Il profilo del consulente di orientamento per la sua specifica funzione
consulenziale prevede diverse collocazioni, interne ai singoli sistemi ma
anche trasversali a diversi contesti organizzativi. Pertanto, è possibile trovarlo presso o in collegamento con i diversi sistemi formativi (scuola, università, formazione professionale), impegnato nelle attività di orientamento
alle scelte scolastico-professionali e nei servizi per il lavoro (pubblici e privati), in relazione ai bisogni di sviluppo di progetti professionali per i lavoratori disoccupati, in mobilità, in cerca di un cambiamento lavorativo e di
107
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
utenze portatrici di particolari esigenze (fasce deboli).
Tale funzione sta assumendo una rilevanza crescente anche nelle realtà aziendali per rispondere a nuove strategie di gestione delle risorse
umane in funzione dei crescenti processi di riorganizzazione dei contesti
produttivi e/o per il sostegno a percorsi individuali di sviluppo e carriera.
L’utilizzazione del profilo in contesti così diversificati richiede al consulente dell’orientamento l’ancoraggio a modelli, approcci e strumentazioni
differenti ed il possesso di requisiti professionali eterogenei.
Le aree di attività
Più in generale, la figura del consulente di orientamento richiama quella
funzione specialistica di consulenza alla persona che si pone nell’ambito
della relazione di aiuto a supporto dei processi decisionali.
In altri termini, la funzione generale è individuabile nella funzione di
counselling orientativo volto alla maturazione delle scelte.
Tale funzione può realizzarsi come supporto alle decisioni individuali in
coerenza con le attese della persona e con le opportunità ed i vincoli dei
diversi sistemi istituzionali, ma anche come percorso teso a migliorare alcune abilità delle persone al fine di renderle maggiormente in grado di attivare autonomi e consapevoli processi di lettura della realtà e di
decisionalità. In tale accezione la funzione orientativa realizza un’attività
educativa e preventiva, in grado di ridurre le cause che rendono difficoltoso
e problematico il compiere una scelta nelle situazioni di crisi o di transizione.
Le due funzioni, quella di supporto specialistico alla decisione e quella preventiva del disagio tipico dei momenti di transizione, non si escludono a vicenda anzi, per lo più, coesistono e si integrano nell’ambito degli interventi.
Il consulente di orientamento deve, pertanto, disporre di competenze articolate nella capacità di implementare e realizzare interventi di orientamento; nella consulenza e nell’intervento sulla persona e sui gruppi; nella
conoscenza delle dimensioni che intervengono nella scelta professionale.
Le aree di competenza
Ciascuna delle attività specifiche che sono state precedentemente elencate presuppone competenze professionali che possono essere raggruppate nelle tre macro-aree trattate in Isfol (2003a)65:
• competenze comunicativo-relazionali con i soggetti esterni ed interni
all’organizzazione: si fa riferimento alla capacità di attivare i singoli si65
108
Ibidem.
PARTE II
stemi e le reti territoriali, di gestire e coordinare azioni integrate, di far
dialogare i soggetti sia all’interno dell’organizzazione di appartenenza
che tra organizzazioni ed istituzioni diverse;
• competenze di lettura del contesto e di progettazione e coordinamento
delle attività di orientamento: ci si fa riferisce alla lettura del contesto e
delle culture organizzative, nonché ai compiti di sostegno all’individuo,
di monitoraggio, di tutoraggio degli specifici percorsi di orientamento;
• competenze sui processi di analisi dei problemi, di apprendimento, di
progettualità individuale: si fa riferimento ai compiti specialistici di consulenza alla persona e caratteristici della relazione di aiuto; alla gestione
dei processi individuali e di gruppo; alla lettura ed al trattamento della
complessità culturale e soggettiva di singoli e gruppi in vista della definizione ed elaborazione dei percorsi formativi e professionali futuri.
Nella figura di seguito si trova schematicamente rappresentato il profilo
di attività e competenze.
Il profilo di competenze del Consulente di orientamento
Attività
di counselling
orientativo
Attività
di educazione
e prevenzione
LE 9 COMPETENZE DISTINTIVE
Gestione di reti sociali e istituzionali
Gestione relazioni e azioni integrate
Comunicazione e gestione conflitti
Analisi del contesto e delle culture
Progettazione interventi
Costruzione strumenti e analisi dati
Gestione processi di apprendimento
Gestione dinamiche individuali e di gruppo
Consulenza alla persona e ai problemi di scelta
Attività
di lavoro in rete
Attività di analisi
dei problemi e di
trattamento dei dati
quali-quantitativi
109
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Conclusioni
A conclusione del presente lavoro, va evidenziato come non sempre
sia stato semplice collegare il ricco dibattito in corso in Italia ed Europa
sul tema degli apprendimenti formali, non formali ed informali, sulla loro
messa in trasparenza e sugli strumenti per la valutazione, validazione, valorizzazione e certificazione delle competenze con l’individuazione di strumenti adeguati per le fasce deboli e, nel caso specifico, per i beneficiari in
uscita dal circuito penale coinvolti dal progetto SOCIAL.
Senza alcuna pretesa di esaustività, si è cercato di fornire una cassetta
degli attrezzi per gli operatori, composta da un ampio ventaglio di strumenti. Lavorare con soggetti “difficilmente occupabili” richiede, ancor più
che con gli altri target, una maggiore attenzione ad una ricerca costante
di metodologie e strumenti che indirizzino il lavoro verso il raggiungimento
di livelli di qualità sempre più alti.
Gli strumenti presentati hanno una valenza informativa, conoscitiva e
formativa sia per l’utente che per l’operatore che li utilizza. Se non garantiscono il collocamento lavorativo, rappresentano sicuramente strumenti
che rafforzano l’occupabilità dei soggetti beneficiari.
Siamo però consapevoli, fin d’ora, che non sarà possibile utilizzarli con
tutti i destinatari coinvolti: con qualcuno il percorso sarà limitato alla stesura
del CV o alla preparazione del colloquio di lavoro, con altri si potrà svolgere
tutto il percorso di Bilancio di competenze ed anche arrivare alla compilazione del libretto formativo o alla certificazione. Dipenderà dalle caratteristiche personali di ogni persona, dai livelli di partenza, dalla nazionalità
(per esempio per gli ex detenuti immigrati bisognerà tener conto delle dif110
CONCLUSIONI
ficoltà linguistiche e culturali, valutare l’opportunità di utilizzare un mediatore interculturale, ecc.). Inoltre: “Le storie che abitano il carcere sono
spesso il frutto di percorsi di marginalità che hanno radici lontane sia nei
tempi che nei luoghi. Frequentemente si ha la chiara impressione di trovarsi di fronte a situazioni che non si è stati in grado di gestire in modo differente” 66.
Si ritiene comunque importante confermare l’impegno verso una diffusione di questi strumenti, ma più in generale di servizi che tengano conto,
almeno, dei seguenti capisaldi 67:
• mettere al centro la persona per uscire dalla logica deformata che vorrebbe ridurre la complessità e la ricchezza delle storie personali a dei
“casi” di studio o di intervento. Ogni persona è un fine in sé e non un
mezzo e, per ogni persona, deve esistere una sfera di particolarità che
l’intervento deve assumere;
• offrire luoghi di riferimento facilmente accessibili, in grado di dialogare,
competentemente, con tutti gli attori dei sistemi di azione e di intervento
locali;
• adattare i linguaggi e le procedure di accesso, gli strumenti alle caratteristiche (ed al cambiamento) delle persone a cui ci si rivolge;
• gestire direttamente strumenti capaci di incidere in modo significativo
sulle scelte di vita delle persone;
• adottare un punto di vista attento al processo di inclusione nel suo complesso, assumendosene cure e responsabilità;
• operare sulla comunità locale, promuovendo la crescita della sua consapevolezza, del suo potenziale di innovazione, alimentando così processi di prevenzione del reato e della recidiva.
L’inclusione socio-economica degli autori di reato fornisce, infatti, a chi
ha sbagliato una seconda opportunità e nel contempo garantisce la collettività dal rischio di recidive.
Tratto da: Manifesto relativo agli interventi di inclusione lavorativa e sociale promossi a vantaggio di
persone con problemi di Giustizia, Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri – Area Esecuzione Penale,
Torino 2010 (in corso di stesura).
67 Ibidem.
66
111
TOOLKIT PER LA VALUTAZIONE DEI FABBISOGNI E DELLE COMPETENZE DI (EX) DETENUTI
Fonti
AA.VV. “Verso la certificazione delle competenze nelle politiche attive
del lavoro” Quaderni ASSFORSEO, Anno 1, numero 1- Dicembre 2002
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Colardyn D. & Bjornavold J., “Validation of Formal, Non Formal and
Informal Learning: policy and practices in EU Member States, European
Journal of Education”, Vol 39 n°1, 2004 e CEDEFOP- Gruppo H, Common European principles for validation of non formal and informal learning, Bruxelles, Marzo 2004
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la formazione permanente, Documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC (2000) 1832, Bruxelles, ottobre 2000
Commissione europea, DG EAC, “Quadro europeo delle qualifiche per
l’apprendimento permanente (EQF)”, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2009
Comunità Capodarco di Roma, Fabrizi G., Ricci L., “Percorsi per un bilancio di competenze”, Franco Angeli, Milano 2004
Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, “Manifesto relativo agli interventi
112
FONTI
di inclusione lavorativa e sociale promossi a vantaggio di persone con problemi
di Giustizia – Area Esecuzione Penale”, Torino 2010 (in corso di stesura)
IAL – CISL Abruzzo, Ajello A., Berardi C. (a cura di), “Realizzare il portfolio digitale, manuale d’uso”, Progetto INTRA - “Azioni integrate per la
transizione al lavoro di detenuti/ex detenuti”- IC Equal 2^ Fase – Occupazione, IAL CISL, Pescara 2007
IRES FVG, Masotti G., “Che fare per i soggetti difficilmente occupabili?”,
Rapporto di ricerca, Iniziativa Comunitaria EQUAL “Imprenditorialità
estrema per una vita indipendente”, IRES Friuli Venezia Giulia, Udine 2004
Isfol, Di Francesco G., “Unità capitalizzabili e crediti formativi. Metodologie e strumenti di lavoro”, Milano, Franco Angeli, 1997
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Isfol, Grimaldi A. (a cura di), “Bisogni, valori ed autoefficacia nella scelta
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Isfol, Grimaldi A. (a cura di), (2003a), “Profili professionali per l’orientamento: la proposta Isfol” Strumenti e Ricerche, Franco Angeli, Milano 2003
Isfol, Grimaldi A., Rossi A., Montalbano G. (a cura di), “Bi.dicomp. Un
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(Temi & Strumenti. Studi e Ricerche, 20)
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Ministero del Lavoro, Provincia autonoma di Trento, Ajello A.M. (a cura
di), “La competenza”, Il Mulino, Bologna 2002
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di), “Saper un minimo sull’orientamento”, Franco Angeli, Milano 1998
Ministero del Lavoro, Selvatici A., D’Angelo M. G., “Il bilancio di competenze”, Franco Angeli, Milano 1999
National Agency for Education, “Lifelong and Lifewide learning”, Stockolm, January 2000
Raccomandazione 2008/C 111/01/CE del Parlamento Europeo e del
Consiglio, Aprile 2008
Recommendation of the European Parliament and of the Council on the
establishment of the European, “Qualifications Framework for lifelong learning” Brussels, 5.9.2006 COM(2006) 479 final 2006/0163 (COD)
TECHNE Forlì Cesena, Progetto INCIPIT III, “Inclusione tramite Inserimento Professionale in Tirocinio e accompagnamento al lavoro” POR FSE
Regione Emilia Romagna, Provincia Forlì Cesena, 2010
Web-link
http://www.cedefop.europa.eu/en/news/4041.aspx
http://www.europass.cedefop.eu.int/
114
DAL CARCERE AL LAVORO PERCORSI PER IL REINSERIMENTO DI PERSONE IN ESECUZIONE PENALE
Note
116
NOTE
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DAL CARCERE AL LAVORO PERCORSI PER IL REINSERIMENTO DI PERSONE IN ESECUZIONE PENALE
118
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria,
Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Palermo
Progetto cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo
dal Programma Operativo Settoriale Sviluppo delle Risorse Umane 2007 - 2013
Investire nelle persone!
Titolo del Programma: Programma Operativo Settoriale per lo Sviluppo delle Risorse Umane 2007 - 2013
Titolo del Progetto: Strategia per l’Occupazione e Qualificazione
tramite l’Apprendimento ed Attività per la Libertà
Redazione dei testi: ISFOL
Data di pubblicazione: Luglio 2012
I contenuti del presente documento non rispecchiano necessariamente
il parere e la posizione dell’Unione Europea e del Governo Romeno