Renzi si è preso anche la Rai
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Renzi si è preso anche la Rai
Secondo Il Mattino slitta addirittura a maggio la sentenza d’appello su De Luca decaduto. Se fosse confermato, il nuovo porto delle nebbie sarebbe a Napoli y(7HC0D7*KSTKKQ( +,!=!$!?!% Mercoledì 23 dicembre 2015 – Anno 7 – n° 353 e 1,50 – Arretrati: e 3,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Il trabocchetto Arrestato grazie a una finta lettera anonima L’authority di Parigi Adesso Marine rischia l’ineleggibilità Assassinio Caccia, in manette il killer venuto dal 1983 Le Pen, nuovi guai: “60% del patrimonio non è dichiarato” q CON COMMENTI DI BOFFANO E CASELLI A PAG. 10 - 11 » MARCO TRAVAGLIO “L q DE MICCO A PAG. 21 IL CAIMANINO È legge la “riforma” della tv pubblica che dà pieni poteri all’Ad Renzi si è preso anche la Rai Il fido Campo Dall’Orto potrà piazzare chi vuole il premier ai tg e alle reti p Cambia la governance dell’azienda di Stato: pieni poteri al nuovo uomo solo al comando scelto da Matteo. Protestano Fnsi e Usigrai: “Colpo all’autonomia del servizio pubblico” CRAC E SQUALI 2 miliardi ai soliti noti Etruria & C.: i banchieri che ci guadagneranno q ROSELLI A PAG. 3 DIRETTORE TG LA7 q FELTRI E MELETTI A PAG. 4 - 5 Mannelli Enrico Mentana: “E se l’avesse fatto Berlusconi?” Sistema Leopolda Renzi e Campo Dall’Orto alla kermesse LaPresse q DE CAROLIS A PAG. 3 I SEGRETI DEL POTERE/6 L’avvocato della Lega commissario di Geo Ambiente Il ministro lo fa papà Guidi: le nomine arrivano per telefono p Nell’inchiesta Breakfast di Reggio Calabria le conversazioni tra il capofamiglia Guidalberto e Aiello, fedelissimo di Maroni, con la proposta di incarico. Poi la figlia Federica ratifica e firma il decreto q LILLO A PAG. 2 OLTRE L’OROSCOPO Csm, sempre più nei guai il pm di Arezzo consulente del governo q MASCALI E VECCHI A PAG. 6 Tutto in famiglia Il ministro Federica Guidi col padre Guidalberto RIMEDI Le donne e l’esoterismo come bene-rifugio per la virilità scomparsa La cattiveria METTI OSHO AL POSTO DEL MASCHIO Belen si è separata da Stefano De Martino. Almeno a giudicare dalle risate che arrivano da casa di Emma Marrone WWW.FORUM.SPINOZA.IT » MASSIMO FINI N Torna il gatto? E il mio ex? Ora c’è l’astrologo orario q AMBROSI A PAG. 24 on conosco donna, fra i trentacinque e i cinquantacinque anni, che non sia attratta dall’esoterismo, da Osho, da Milarepa o, le più colte, da Gurdjieff. È una cosa che ha poco senso perché si tratta di esperienze interiori che possono essere vissute solo là dove quelle religioni o filosofie o- rientali sono nate e si sono sviluppate e non possono essere esportate e sostituite da letture (“Il Tao detto non è il vero Tao”) o da guru e Illuminati più o meno improvvisati e spesso non innocenti trasferitisi in Occidente. Per la verità questo volgersi all’Oriente, religioso o filosofico, coinvolge anche gli uomini (anche se non ne ho visto mai uno, almeno di mia conoscenza, salmodiare Nam Miyoho Renge Kyo) e fa parte di un fenomeno più generale. SEGUE A PAGINA 24 Passerotto non andare via TUTTI I CLIENTI VIP Madame Bordello adieu: gli “amori” di Brando e JFK q A PAG. 21 a vita professionale di Berlusconi si fa sempre più fitta di impegni, giornate e notti dedicate al lavoro. La famiglia è serena, ma qualcosa nel rapporto con Carla cambia agli inizi degli anni 80. L’amore si trasforma in sincera amicizia. Silvio e Carla, di comune accordo, decidono di continuare la loro vita seguendo ognuno le proprie aspirazioni... Berlusconi ha sempre avuto un vero e proprio culto per la famiglia”. Per scrivere queste poche righe sul passaggio dell’Amato da una moglie all’altra (con figlia clandestina) senza mai pronunciare la parola “divorzio”, Sandro Bondi aveva lavorato di lingua, lima e carta vetrata per settimane, forse mesi. Ma il risultato finale giustificò tanta devota dedizione: il fotoromanzo Una storia italiana, distribuito per posta a milioni di elettori nel 2001, consentì al noto divorziato di sfilare di lì a poco al Family Day. Ora che invece il divorzio tocca a Bondi, ufficializzato ieri col passaggio suo e della fidanzata Manuela Repetti dal gruppo misto all’Ala dei traditori verdiniani, “ruota di scorta della sinistra”come lui l’avrebbe bollato fino a due anni fa, tutto intorno è silenzio. Tace l’Amato ingrato, che un mese fa lo salutò come “sfigato”. E tacciono i renziani, che incassano altri due voti alla Camera, ma preferiscono che non si sappia in giro. Come se il suo nome fosse Nessuno. E invece è Bondi, James Bondi. L’uomo che lasciò il Pci e le polizze Unipol per unirsi al Cav che gli aveva donato un Mein Kampf autografato nel castello dello scultore Cascella (quello del mausoleo di Arcore). Che dai colli di Fivizzano, nella verde Lunigiana, si trasferì in un orrido palazzo-alveare della Brianza velenosa per avvicinarsi alla Betlemme arcoriana. Che andò a sbrigare la corrispondenza di B. in un ufficietto di Villa San Martino con vista sul mausoleo e le stalle immaginarie di Mangano. Che, terrorizzato dagli aerei, fece per anni la spola Arcore-Roma in treno, prima che inventassero i Frecciarossa, perché l’Adorato lo voleva a Palazzo Grazioli. Che attese mesi, infilzato dalle malelingue dei rivali Verdini e Scajola e irrorato da solinghe lagrimucce, prima d’agguantare gli agognati galloni di coordinatore forzista. Che condusse Aldo Cazzullo in visita guidata al parco di Arcore e, indicando due molossi, congiunse le pie mani: “Un giorno si pararono di fronte a Dell’Utri e a B., che li ammansì con un grido”. Che – raccontò Sgarbi – quando parlava alle riunioni ed entrava Lui, si faceva piccolo piccolo: “Mi scusi, Presidente, se parlo in sua presenza”, com’è umano Lei. SEGUE A PAGINA 28 2 » PRIMO PIANO | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 I SEGRETI DEL POTERE/6 La figlia Federica è al governo, il capo è lui Il vero ministro è papà Guidi Che decide le nomine sul treno E La vicenda Guidalberto Guidi, ex numero uno di Ducati Energia e vicepresidente di Confindustria, incontra in treno Domenico Aiello, avvocato del leghista Roberto Maroni » MARCO LILLO ra euforico al telefono l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello il 14 marzo 2014. Era stato appena nominato commissario straordinario della Geo Ambiente Srl dal ministro Guidi: “A m m i n istrazione straordinaria! La legge Marzano! La Prodi bis! Siamo a livello di Parmalat! Non puoi capire... siamo avanti, noi...”. Dialogando con il commercialista Massimo De Dominicis, Aiello già vedeva le praterie verdi delle nomine milionarie delle amministrazioni straordinarie come Parmalat. Da tre settimane al governo però non c’era la Lega ma la sinistra. Eppure era convinto, dopo avere incontrato Federica Guidi, di avere fatto “breccia”nel dicastero. A De Dominicis confidava: “Ce ne sono altre due grossissime in arrivo!”. Le telefonate intercettate dalla Dia di Reggio Calabria per conto del pm Giuseppe Lombardo spiegano come ha fatto Aiello, che pure ha un curriculum non indifferente, a entrare nella lista dei commissari straordinari. ontinua la galleria dei personagC gi che emergono dalle telefonate dei leghisti intercettati. Abbiamo già svelato i retroscena de ll’accordo Lega-Pdl con le minacce di BerlusconiaMaronidi usare la clava mediatica contro il Carroccio, l’impegno leghista per aiutare l’imprenditore Salini che mirava alle penali per la mancata costruzione del Ponte sullo Stretto, le chiamate di Malagò che cercava il voto di un leghista per la presidenza del Coni. L’indagine Breakfast della Procura di Reggio Calabria contiene intercettazioni della Dia effettuate sotto il coordinamento del pm Giuseppe L om b ar do e del procuratore Federico Cafiero De Raho. L’indagine va avanti in gran segreto dal 2012. Probabilmente le intercettazioni non porteranno a nulla. Ma a prescindere dalla rilevanza penale, devono essere pubblicate perché svelano fatti di rilievo pubblico dietro le quinte del potere. CI VOGLIONO 19 minuti per percorrere il tragitto da Reggio Emilia a Bologna con il treno ad alta velocità. Tanto è baL’azienda stato ad Aiello, 46 anni, avvoIn pochi cato del governatore lombarminuti i due do Roberto Maroni per entradiscutono di re nel cuore del papà del miun’impresa in nistro di centrosinistra. crisi, Geo Il 20 febbraio 2014, giorno Ambiente, prima della nomina di Fededestinata rica Guidi a ministro dello Sviall’amministra- luppo economico di Renzi, zione papà, Guidalberto Guidi, 74 straordinaria anni, presidente dell’azienda di famiglia Ducati Energia, L’incarico nonché ex vicepresidente di Al termine Confindustria, chiama Aiello. della Vuole fissare un incontro perchiacchierata ché gli deve fare “un discorso Aiello si a voce ... c’è un problema, un’ipotesi, una opportunità” però sente già ha bisogno “di un consiglio commissario che deve dare a un amico”. Il anche se la 21 febbraio, giorno della fornomina mazione del governo Renzi, spetta alla figlia di Guidi, Aiello e Guidi senior si parlano con modalità da spy story. Federica, ministro dello Alle 8 e 40 del mattino Guidi sale sul treno a Reggio ESviluppo milia e nella carrozza 3 economico del treno Italo incontra Aiello. Poi scende a Bologna dove c’è l’autista ad attenderlo. L’8 marzo del 2014, due settimane dopo l’insediamento della figlia, il padre dice ad Aiello che potrebbe “fare il commissario straordinario in qualcuna delle ... o no?”. Aiello risponde di sì e Guidi chiede se si trovi in situazione di incompatibilità. Aiello replica: “Assolutamente no!”. Poi i due ricominciano a parlare in modo criptico. Guidi dice “per quella cosa quindi non gli ha già detto tutto” e si danno In carrozza Guidalberto vede l’avvocato di Maroni e venti giorni dopo la rampolla ratifica appuntamento a Roma o a Milano. Passano tre giorni e il cellulare di Aiello squilla ancora. È Elisabetta Franzaroli, 50 anni, capo segreteria del papà in Ducati Energia per vent’anni, ma appena nominata il 5 marzo del 2014, capo segreteria della figlia al ministero. Franzaroli dice ad Aiello che il ministro vuole incontrarlo al ministero in via Veneto alle 15 e 30. Due giorni dopo l’incontro il 13 marzo 2014, il ministro Guidi nomina Aiello commissario straordinario della Geo Ambiente srl di Belpasso (Catania). La società raccoglie e smaltisce i rifiuti per molti Comuni del Catanese e per la sua dimensione (250 dipendenti, 11 milioni di fatturato) il ministero la mette sotto tutela affidandola ad Aiello. L’avvocato, sempre al telefono con il commercialista De Dominicis, all’inizio è entusiasta: “Mi hanno nominato commissario dell’azienda che gestiva la raccolta dei rifiuti in 30 comuni della Sicilia orientale e in una parte della Calabria”. Molti professionisti sognano di entrare in quel giro senza riuscirci. I compensi dei commissari sono parametrati all’attivo e passivo: per Alitalia, Parmalat o Cirio diventano milionari. Non è mai stato un mistero che la politica scelga persone vicine. Nel giugno 2014 proprio Federica Guidi è stata costretta a rispondere a un’interrogazione M5S che avanzava dubbi sulla nomina da parte del ministro Pd Flavio Zanonato, a commissario della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, dell’ex vicesindaco di Bisceglie del Pd. LA STRANEZZA è però che in questo caso l’avvocato della Lega è nominato da un ministro di centrosinistra su indicazione del papà. La Geo Ambiente, va detto, non è la Parmalat. Tanto che Aiello dice a De Dominicis: “Anche se il ministro mi ha fatto un piacere in realtà è un danno”. Il commercialista però lo invita a insistere perché “si inizia sempre con la suppostina”. Dopo pochi mesi Aiello lascia il posto proprio all’amico De Dominicis, nominato con decreto Guidi (Federica) del 6 agosto 2014. Solo le intercettazioni svelano che dietro le quinte dello spettacolo inscenato per il pubblico l’economia prende il sopravvento sulla politica e gli accordi trasversali si fanno beffe delle contrapposizioni. Così il legale del governatore leghista ottiene un incarico da un governo di sinistra grazie allo ‘chef express’ Guidi. Guidi padre replica al Fatto: “Aiello mi è stato presentato da Maroni ed è un avvocato molto bravo ma non mi pare abbia incarichi dal nostro gruppo. Non ricordo quel viaggio in treno. Non posso essere stato io comunque a indicare Aiello a mia figlia che si sarebbe certamente irritata. Il triangolo Guidalberto Guidi, ex vicepresidente di Confindustria. A sinistra, l’avvocato Domenico Aiello. Sotto, Federica Guidi, figlia di Guidalberto e ministro dello Sviluppo economico LaPresse Una ventina di persone mi hanno chiesto una segnalazione per le amministrazioni straordinarie però vi sfido a scorrere la lista dei nominati e non troverete nessun amico”. A dire il vero ci sarebbe un certo Piero Gnudi, amico per decenni e già presidente del collegio sindacale dell’azienda paterna. Poi nominato dal ministro-figlia consigliere economico e commissario straordinario dell’Ilva. Proprio con Gnudi l’avvocato Aiello dialoga al telefono. A maggio Gnudi gli chiede il curriculum per inserirlo in una commissione di riforma della legge. E al solito De Domenicis, nel marzo 2014, Aiello confidava: “Domani vedo il mio cliente. Abbiamo un progetto importante su Ilva di Taranto. Roba seria”. Federica Guidi non parla ma dal ministero fanno sapere che “Domenico Aiello aveva tutti i requisiti necessari per ricoprire quel ruolo. Era un commissariamento complicato e non si trattava di un favoritismo. Tanto è vero che, dopo pochi mesi, l’avvocato Aiello ha lasciato l’incarico. Più che un favore era una rogna”. © RIPRODUZIONE RISERVATA Direttore responsabile Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri Caporedattore centrale Edoardo Novella Vicecaporedattore vicario Eduardo Di Blasi Art director Fabio Corsi mail: [email protected] Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130; Litosud, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo; Società Tipografica Siciliana S. p. 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Secondo il q Focus televisivo tra il 2010 e il 2015 di R&S Mediobanca, la Rai ha il canone più basso fra i maggiori Paesi europei: per esempio, nel 2014 è stato pari a 113,5 euro, contro i 133 in Francia, i 175,3 euro nel Regno Unito e i 215,8 euro in Germania. “Va però sottolineato - si legge nel rapporto - che il tasso di evasione del canone in Italia ha il primato stimato del 30,5 per cento nel 2014, mentre è di circa il »3 5% nel Regno Unito e praticamente assente in Francia e Germania", dove il canone viene riscosso legandolo alla residenza. “Immaginando una riduzione dell’evasione fino al livello registrato nel Regno Unito - continua lo studio - la Rai diventerebbe il primo gruppo per ricavi in Italia, avvicinandosi a France Télévisions, con circa 2,9 miliardi di fatturato”, contro gli attuali 2,45. VIA ALLA RIFORMA Il Senato approva la nuova legge sull’emittente pubblica. Pieni poteri al dg Alessandro Campo Dall’Orto, renziano, che diventa anche amministratore delegato Rai, tutto in mano al Leopoldino » GIANLUCA ROSELLI U n altro passaggio importante del consolidamento del potere renziano ha preso forma ieri in Senato con l’approvazione della riforma della Rai. Dopo un paio di slittamenti dovuti alla mancanza del numero legale la scorsa settimana, e a nove mesi dall’approvazione in Consiglio dei ministri, il testo che dà al direttore generale poteri da amministratore delegato diventa legge, con una votazione addirittura per alzata di mano. Così facendo, quasi tutto a Viale Mazzini sarà deciso da Antonio Campo Dall’Orto, il dg fortemente voluto da Matteo Renzi, gran frequentatore della Leopolda, dove però quest’anno non si è fatto vedere. UN POTERE che disegnerà una nuova Rai su misura per il premier. E per giunta a sei mesi dalle elezioni amministrative, appuntamento politico in cui Renzi potrà contare su una tv pubblica nelle sue mani. Campo Dall’Orto avrà poteri che nessuno in Rai ha mai avuto: massima indipendenza sulla gestione economica e autonomia sui contratti fino a dieci milioni di euro, oltre a poter nominare dirigenti e direttori di testate, anche se sulle nomine editoriali dovrà avere l’ok del consiglio d’amministrazione. Insomma, tanto potere nelle mani di un uomo solo, guarda caso renziano doc, con conseguente limitazione decisionale per Cda e presidente. Il fatto che la tv di Stato sarà guidata secondo un’ottica manageriale dopo anni di sprechi tipici dell’azienda pubblica ha anche una valenza positiva. E, come si sottolinea da Viale Mazzini, “la riforma non fa altro che equiparare la Rai alle altre grandi aziende di Stato”. Oltre a introdurre il principio della responsabilità: ti do più potere, ma se sbagli ti mando via. Nello specifico, però, tutto sarà nelle mani di un’unica persona, l’uomo di Matteo Renzi a Viale Mazzini. Mentre, dopo tanto parlare, nulla si è fatto per allontanare almeno un po’ il controllo famelico dei partiti su mamma Rai. IL DIRETTORE generale, d’al- tro canto, dalla sua nomina si è mosso assai poco, in attesa proprio dei poteri che la riforma ora gli conferisce. Finora, infatti, Campo Dall’Orto si è limitato a creare la nuova figura di direttore editoriale, affidandola a Carlo Verdelli, mandando in soffitta le newsrooms previste dal piano di Luigi Gubitosi. A fine gennaio, da ple- La scheda LA RIFORMA approvata ieri prevede un ad nominato dal Cda su proposta del ministero dell’Economia. Rimane in carica tre anni e può essere revocato. Una norma transitoria attribuisce però subito compiti e poteri dell’ad all’attuale dg Campo Dall’Orto, che potrà nominare dirigenti e firmare contratti fino a 10 milioni di euro n L’INTERVISTA nipotenziario, il dg-ad procederà alle nomine dei direttori di rete e di testata. E a quel punto sarà interessante fare il gioco del bilancino per vedere quanti altri renziani doc saranno piazzati a capo di reti e telegiornali. SECONDO LA RIFORMA, il dg sarà nominato dal Cda su proposta del Tesoro, resta in carica per tre anni e può essere revocato dallo stesso consiglio. Inoltre l’ad potrà assumere o rimuovere anche dirigenti non di prima fascia e i giornalisti di ogni grado, su proposta dei direttori, decidendone la collocazione. Cambiamenti in vista anche per i membri del Cda, che scendono da 9 a 7: quattro eletti da Camera e Senato (e non più dalla Vigilanza), due dal governo e uno dall’assemblea dei dipendenti. Il presidente, invece, definito “di garanzia”, viene eletto dal Cda tra i suoi membri salvo il parere favorevole, però, dei due terzi della Vigilanza. I suoi poteri calano parecchio e sono limitati alla “supervisione delle attività di controllo interno”. Il Pd accoglie la riforma con un coro di giubilo. Critiche, invece, arrivano dall’apposizione. Con il presidente della Vigilanza, il grillino Roberto Fico, che attacca: “Sia- mo di fronte a una Gasparri 2.0. Si tratta della peggiore legge che si potesse pensare perché mette in pericolo il pluralismo e la libertà d’informazione”. E anche Paolo Romani (Forza Italia) non ci va morbido: “Dopo la Consulta, la Rai: Renzi va avanti a strappi, passiamo dal servizio pubblico alla tv di governo”. Proteste anche dai sindacati dei giornalisti, Fnsi e Usigrai: “Renzi aveva promesso di to- gliere la Rai ai partiti e restituirla ai cittadini. E invece l’ha messa alle dirette dipendenze del governo. Colpita l’autonomia del servizio pubblico”. Da Viale Mazzini la replica: “Non ci sarà alcun uomo solo al comando, continuerà il gioco di squadra”. Peccato, però, che se il gioco non sarà gradito, Campo Dall’Orto potrà interrompere la partita e portare via il pallone. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN VISITA AI MILITARI “Orgoglioso di voi” Renzi in Libano con la mimetica Il web sorride, Lega e Fi protestano IERI MATTEO RENZI è atterrato a Beirut per una visita istituzionale alla base Unifil di Shama, dove c'è il comando italiano. La scelta di indossare la mimetica ha provocato ironie sul web e le proteste di Fi e del leghista Salvini: “Indegno della divisa”. q Enrico Mentana Il direttore del Tg La7 all’attacco: “Ora è come se l’ad fosse Palazzo Chigi” “Così la tv di Stato ritorna al 1975” Dc che governava a Viale Mazzini perse il referendum sul divorzio. » LUCA DE CAROLIS C on questa riforma torniamo a prima del 1975, a una Rai che dipende dall’esecutivo. La fonte di legittimazione del Cda è la commissione di Vigilanza, ma soprattutto l’amministratore delegato con pieni poteri è Palazzo Chigi”. Il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, non usa sfumature. “Non si può dire ‘fuori i partiti da viale Mazzini’ e poi approvare una legge del genere”. Se l’avesse fatta Berlusconi una riforma del genere cosa sarebbe accaduto? Sarebbe pure peggio, perché Berlusconi possiede già tre reti televisive. Ma guardi, qui il problema è di sistema. Spieghi. Il nodo non è tanto Matteo Renzi, perché lui è un premier pro tempore. Il tema vero è che questa riforma schiaccia ancora di più l’emittente pubblica sotto il peso del potere politico, legandola al governo. E la dipen- E allora la questione principale... Il direttore del Tg La7, Enrico Mentana LaPresse denza è rafforzata anche dal canone che verrà rastrellato inserendolo in bolletta. Una misura che crea una chiara distorsione nel mercato. È una norma anti evasione. E questo è assolutamente positivo. Ma se è vero che il canone in bolletta frutterà a Viale Mazzini 420 milioni in più, che effetti ci saranno sulla concorrenza con le aziende private? Per di più, in una fase in cui c’è un incredibile calo degli introiti pubblicitari, per tutti. La Rai diventerà invincibile? Di certo avrà una forza enorme. Come si poteva, o si potrebbe rimediare? Fissando un tetto per la Rai. Così com’è, questa misura è lesiva della concorrenza. Rimane il fatto che un ad scelto da Renzi, presente anche alla Leopolda, avrà un potere enorme. E tra sei mesi ci sono le Comunali. Io non ho mai creduto che le tv decidano l’esito delle urne. In questi anni lo schieramento politico che controllava la Rai ha regolarmente perso le elezioni. E anche la La questione principale è che non si può permettere che la tv pubblica sia l’ultimo brandello della comunicazione governata dalla politica. Una legge così sembra la sconfessione perfetta del Renzi ro t t a m a tore. superato la scorsa estate, con la nomina del Cda. Ossia? In quell’occasione tutti i partiti hanno accettato una logica lottizzatoria. Tutti? Spiace dirlo, ma sì, tutti q u a n t i . A nche i Cinque Stelle. E fu l’antipasto di quello che è Lede la concorrenza accaduto oggi. Se tutti ase aumenta sieme hanno varato il Parla sudditanza lamento della dell’azienda Rai, è logico che l’esecutinei confronti vo decida per dei partiti politici una Rai legata all’esecutivo. Ma no, su questo il premier ha una sua coerenza, che non mi piace ma che pure riconosco. Ha sempre detto che la politica non si deve far sostituire da altro, e che si deve riappropriare di tutti gli spazi. Il problema è Renzi che vede questi spazi anche dove non dovrebbero esserci. D’altronde il crinale è stato Tr a p o c h i giorni verranno nominati i nuovi direttori delle testate Rai. Sarà lottizzazione selvaggia? Di certo per l’ad sarà molto più difficile, perché ora la politica è seduta in Rai: tutta. Twitter @lucadecarolis © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 » PRIMO PIANO NEL MANTOVANO Incidente sul lavoro alla Marcegaglia: morto un operaio | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 COSTA LA VITA a un operaio l’incidente sul lavoro avvenuto nello stabilimento Marcegaglia di Gazoldo degli Ippoliti, in provincia di Mantova. La vittima si chiama Andrea Ghizzardi, 46 anni, da circa venti impiegato presso l’industria nel paese lombardo: l’uomo è stato colpito alla testa da una lamiera durante le operazioni di settaggio di un macchinario. I carabinieri e gli ispettori di q medicina del lavoro della Asl indagano per fare luce sulle cause e per verificare se nell’impianto del gruppo mantovano fossero adottate tutte le prescrizioni di sicurezza. Secondo una ricostruzione, riportata dalla Gazzetta di Mantova, alla base dell’incidente ci sarebbe un malinteso con un collega che ha avviato la macchina non accorgendosi della presenza di Ghizzoni. La Cisl, pur apprezzando la scelta dell’azienda di sospendere la produzione per tutta la giornata, protesta dichiarando per oggi due ore di sciopero in tutti i siti Marcegaglia: “Siamo indignati - scrive il sindacato in una nota - dal ripetersi, con preoccupante frequenza, di infortuni mortali nel settore siderurgico e metallurgico. In questo gruppo industriale la sicurezza deve essere una priorità e vanno superati ritardi e mancanze”. CHI GUADAGNA? Spolpati Azzerare i risparmi di obbligazionisti e piccoli azionisti è stata una scelta deliberata realizzata grazie alla valutazione dei “crediti deteriorati”. Ecco le prove » GIORGIO MELETTI L a verità sulla truffa subita dai risparmiatori ai quali sono state azzerate le obbligazioni subordinate di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti è custodita dalla Banca d’Italia più gelosamente del terzo segreto di Fatima. Si chiama “valutazione delle sofferenze”, un meccanismo attraverso il quale è stata espropriata agli obbligazionisti e agli azionisti una cifra valutabile tra i 500 milioni e i 2 miliardi di euro. Uno dei documenti super segreti da cui si può ricavare la notizia è la contabilità dei commissari di Banca Marche, Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni, due uomini mandati il 31 agosto 2013 a gestire l’istituto di Jesi non dall’Adusbef o dalla Federconsumatori, e nemmeno da qualche procuratore della Repubblica. Li ha scelti proprio il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. In due anni di gestione commissariale Banca Marche è andata sempre peggio, tanto che alla fine la regia Bankitalia per le quattro maggiori banche commissariate - per fermare il progressivo dissesto ha dovuto escogitare il cosiddetto salvataggio del 22 novembre scorso. PER CAPIRE lo scandaloso se- greto bisogna prima chiarire i termini del problema. Le quattro banche sono state dichiarate di fatto fallite a causa de ll ’insostenibile livello di “sofferenze”, cioè crediti concessi a clienti che non sembrano in grado di restituire il dovuto alla banca. Per rimetterle in carreggiata sono state costituite le quattro “new bank”, alle quali sono stati dati dal “Fondo di risoluzione” gestito da Bankitalia 3,6 miliardi di nuovo capitale. Le quattro nuove banche sono state anche ripulite dalle sofferenze: 8,5 miliardi in tutto che saranno ceduti alla “bad bank”, la discarica dei crediti ammalorati. Un credito ha un valore e un prezzo. Le banche, attraverso criteri assai complicati e spesso controversi devono scrivere nei loro bilanci quanti euro prevedono di recuperare dei 100 prestati a un cliente insolvente o in difficoltà. Gli specialisti nel “recupero crediti” compreranno i crediti in sofferenza di una banca a un prezzo inferiore al prevedibile realizzo: se dai crediti in sofferen- La protesta Ieri oltre 200 risparmiatori beffati dal governo hanno manifestato sotto la Banca d’Italia di Ignazio Visco LaPresse Esproprio da 2 miliardi ai clienti di Etruria & C. za di Banca Etruria penso di recuperare il 40 per cento, cercherò di comprarli a una cifra inferiore. Se Etruria vuole venderli al 50 per cento, non glieli compro. Si chiama mercato. Attorno alle sofferenze di Etruria e delle altre sono accadute strane cose. Il 17 novembre, cinque soli giorni prima del “salvataggio”, Banca Etruria - sempre per decisione dei commissari di Palazzo Koch ha venduto al Credito Fondiario una pacchetto di sofferenze di 302 milioni a un prezzo “allineato al valore di carico dei crediti”, si legge nel comunicato. Il prezzo, in termini numerici, è un segreto. Voci di LA STORIA I conti segreti “Sofferenze”: Bankitalia le valuta al 17%, i suoi commissari in Banca Marche al 43% mercato autorevoli e convergenti indicano un importo tra i 30 e il 40 per cento. Vuol dire che Etruria aveva le sue sofferenze in bilancio a un valore pari al 30-40 per cento dell’importo nominale sui crediti. CREDITO FONDIARIO è presie- duto da Piero Gnudi, nominato da Matteo Renzi commis- sario dell’Ilva. Fa capo al gruppo Tages di Londra, capitanato dal fondatore, il noto finanziere Panfilo Tarantelli. Insomma, non sono dei pazzi sprovveduti. Se hanno pagato 30-40 euro ogni cento le sofferenze di Etruria avranno fatto i loro conti. E invece 5 giorni dopo, il 22 novembre, la Banca d’Italia ha deciso che le sofferenze delle 4 banche salvate valevano solo il 17,6 per cento del credito originario: 8,5 miliardi di sofferenze totali sono state pagate 1,5 miliardi. Chi ha deciso che valevano così poco? Non si sa, perché la Banca d’Italia si rifiuta di rispondere a questa domanda. Fatto sta che per i commissari di Banca Marche - messi lì da Visco - dopo due anni di lavoro indefesso di valutazioni e rivalutazioni i 3,47 miliardi di sofferenze (dati al 30 giugno scorso) valevano 1,97 miliardi, cioè il 43 per cento. Peraltro proprio la primavera scorsa hanno approvato una serie di delibere per rendere meno stringenti i criteri di svalutazione dei crediti: una mossa mai attuata perché serviva a far emergere 500-600 milioni di capitale utili a salvare la banca con l’aiuto del Fondo interbancario di tutela dei depositi, operazione poi abortita. Insomma, la valutazione delle sofferenze concede molti margini discrezionali. La Banca d’Italia li ha usati in modo severo, dando luogo forse oltre la sua consapevolezza all’esproprio dei risparmiatori. FACCIAMO UN PO’ di conti. Se le sofferenze delle quattro banche “salvate” fossero state valutate al 25 per cento anziché al 17,6, quindi sempre al di Beffato Il racconto di un falegname: “Mi fidavo. Avevo messo da parte 95 mila euro” I risparmi del 92enne bruciati in bond » ROBERTO ROTUNNO P erdere 100mila euro di risparmi, in un attimo, dopo 76 anni passati con fatica a lavorare il legno. Tra gli “scippati” dal decreto “salva-banche”c’è anche Mastro Artigiano (nome di fantasia), un falegname 92enne di Bibbiena, paese del Casentino, valle nella provincia di Arezzo. Uno dei casi di cui si sta occupando il gruppo “Vittime del salva-banche”. Il nipote del falegname ci racconta la storia partendo da un particolare: “Mio zio è uno dei più vecchi tra quelli che nella nostra zona svolgono la sua professione”. Dalla sua storica bottega passano tre generazioni di clienti: la sua attività gli provoca anche qualche infortunio e problemi alla vista e all’udito. Mastro Artigiano è anche un grande risparmiatore: a fine giornata posa gli attrezzi e cerca di mettere da parte IL RACCONTO DEL NIPOTE In filiale gli proposero di rinegoziare l’investimento. Firmò una subordinata che divenne carta straccia. Addio soldi accumulati in 76 anni di lavoro qualcosa per dare serenità alla famiglia. La sua banca è la Popolare dell’Etruria: quasi tutti nell’aretino conservano o investono nella “banca del territorio”. E in quasi otto decenni, i suoi risparmi diventano sempre più consistenti: prima li investe in obbligazioni ordinarie; due anni fa viene chiamato dalla banca per una proposta interessante. Qui va inserita una premessa: “Nell’istituto lavorano nostri compaesani - dice il nipote con questi c’è un rapporto di grande fiducia”. Siamo al 3 giugno 2013; la data non è ininfluente. Mastro Artigiano, dicevamo, allora 89enne e da poco vedovo, riattacca la cornetta e si reca in filiale. La proposta consiste nel rinegoziare le sue obbligazioni ordinarie in scadenza da lì a un anno trasformandole in un nuovo bond quinquennale. Per farlo, deve firmare un documento che riporta questa dicitura: “IT0004931405 BPEL 28/6/18 3,5% SUB”. Una sequenza di numeri e lettere incomprensibili quasi per tutti, figuriamoci per un signore della sua età. Si tratta di un’obbligazione subordinata, con rendimento del 3,5%. Ma il nuovo bond è molto più rischioso del precedente e perciò inadatto per un investitore del suo profilo: se la banca fallisce, infatti, il rimborso è quasi impossibile essendo appunto subordinato alle esigenze dei creditori privilegiati e chirografari. Le condizio- ni in cui versa Banca Etruria aggravano la situazione: il 14 giugno 2013, infatti, interviene la Consob con un “supplemento al prospetto” - pubblicato sul web - nel quale avverte gli investitori sui pericoli della sottoscrizione e fa partire sei giorni per poter revocare l’ordine. “Ma di questo non lo avvertono. Lui non sa nemmeno che sono questi titoli”, aggiunge il nipote. MASTRO Artigiano è un uomo d’altri tempi, non ha competenze finanziarie e naturalmente non è capace di usare il computer per cercare documenti sul sito della banca: si affida alla compaesana in filiale. Diventa, quindi, titolare di una nuova obbligazione subordi- PRIMO PIANO Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | INTERROGAZIONE M5S Il teatro e papà Renzi: “Il premier faccia chiarezza” “SI CHIEDE DI SAPERE se il governo non valuti un'indagine amministrativa interna per accertare la corretta gestione della vendita del bene immobile oggetto di compravendita da parte della Nikila Invest e restituire dignità alla cittadinanza di Firenze e dell'Italia”: è questo il nucleo dell’interrogazione parlamentare che ieri la senatrice del Movimento 5 stelle Michela Montevecchi ha rivolto al pre- q sidente del Consiglio Renzi e ai ministri dell'Economia e delle Finanze. “Emergono - si legge nell’interrogazione - preoccupanti intrecci economico-politici, atti a falsare il delicato equilibrio tra le pubbliche amministrazioni e gli interessi privati... e intrecci familiari molto poco trasparenti”. Il riferimento è a quanto rivelato in un articolo del Fatto Quotidiano (16/12), in cui si racconta come la Nikila Invest, società »5 vicina al padre del premier, abbia acquistato il Teatro comunale di Corso Italia, a Firenze, dalla Cassa depositi e Prestiti per costruire 120 appartamenti di lusso. La Cdp lo aveva acquisito dal Comune nel 2013, quando era sindaco Renzi, al prezzo di 23 milioni di euro (ma era stato valutato 44 milioni di euro, diminuito dopo 3 aste deserte) permettendo al Comune di non sforare il patto di stabilità. SCARICABARILE Vegas prova a salvarsi » STEFANO FELTRI A Le proteste Il Comitato Vittime del Salva-banche, ieri davanti alla Banca d'Italia LaPresse sotto dei “valori di libro”, la “bad bank” avrebbe dato alle banche malate 2,1 miliardi anziché 1,5. Con quei 600 milioni si sarebbero potute onorare tutte le obbligazioni subordinate in mano ai risparmiatori. Se la valutazione fosse stata del 30 per cento il ricavato sarebbe stato di 2,5 miliardi, si sarebbero potute rimborsare tutte le subordinate (788 milioni). Se il prezzo pagato per le sofferenze fosse stato conforme al valore di libro di Banca Marche stabilito dai commissari mandati da Bankitalia, il 43 per cento, sarebbero avanzati 2 miliardi, sufficienti per garantire non solo le subordinate ma anche tutti i piccoli a- zionisti che hanno invece subito l’azzeramento dei loro titoli. ADESSO VEDIAMO chi ci gua- dagna. Gli specialisti nel recupero crediti potranno rilevare per 17 euro crediti che i commissari di Bankitalia ritenevano - sia pure con criteri fortemente prudenziali - potessero fruttarne 43. Sono appunto i 2 miliardi di cui sopra. Fanno gola a molti specialisti di tutta Europa e non solo. La gara per accaparrarsi l’affare è già partita. E molti si guardano già intorno per capire se ci sono dei predestinati. Twitter@giorgiomeletti © RIPRODUZIONE RISERVATA nche il bellicoso sottosegretario al Tesoro Enrico Zanetti sembra più mansueto: il governo manda lui in Parlamento a rispondere all’interrogazione del Movimento Cinque Stelle, per spiegare che la Banca d’Italia “non ha informazioni sull’identità degli investitori” nelle obbligazioni più rischiose di banca Etruria, quelle Lower Tier 2. Quindi non ci possono essere stati trattamenti di favore. Il messaggio del Quirinale è arrivato chiaro: non possiamo permetterci di mettere in discussione la Banca d’Italia. Il presidente Sergio Mattarella lo aveva già fatto capire nei giorni scorsi, ricevendo il governatore Ignazio Visco, poi ha chiarito le sue idee nel discorso di due giorni fa: “Il rispetto delle competenze altrui costituisce la migliore garanzia per la tutela delle proprie attribuzioni”. Parole rivolte anche a Matteo Renzi. Al Quirinale sono consapevoli dell’infinita lista di problemi giuridici che può aprire la scelta del governo di affidare gli arbitrati sui risarcimenti ai risparmiatori vittime dei crac bancari all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Che si trova a invadere il campo di Bankitalia e Consob, la Commissione che vigila sulla Borsa. IL PRESIDENTE della Consob Giuseppe Vegas ha capito che sta diventando il capro espiatorio. Se non si può toccare Bankitalia, il governo ha tutto l’interesse a scaricare le responsabilità altrove. E chi meglio di lui, un ex sottosegre- Una questione di fiducia Un falegname di 92 anni ha visto sparire in Banca Etruria i risparmi di 76 anni di bottega Reuters nata da ben 95mila euro; a questa si aggiungono azioni, sempre dell’Etruria, per 4mila euro. Pochi mesi dopo, a febbraio 2015, nella sua famiglia vengono a sapere della crisi bancaria e del commissariamento dell’istituto aretino, perciò vanno allo sportello. “Solo allora - spiega il ragazzo - scopriamo che zio è titolare di quel bond”. Ne valutano la vendita. “Tranquilli - rispondono in filiale - la banca non fallirà, non succede mai con gli istituti di credito”. Le ultime parole famose: il 22 novembre il decreto del Consiglio dei ministri cristallizza di fatto il fallimento di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, tra- sferendo la parte sana dei quattro istituti nelle neonate good bank. In un attimo, i risparmi di 76 anni di lavoro vanno in fumo. Tutto per colpa della svalutazione dei crediti deteriorati, delle direttive Ue, del bail-in e altre parole complicate. Sì, ma vagliele a spiegare a Mastro Artigiano. © RIPRODUZIONE RISERVATA La Consob teme di diventare il capro espiatorio Il Quirinale ha chiarito che Bankitalia non va criticata ma resta scettico sul ruolo dell’Autorità di Cantone Sul colle Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella LaPresse tario del governo Berlusconi accusato fin dalla nomina di capire poco di finanza, avendo passato la carriera in Parlamento a occuparsi di conti pubblici? Per questo Vegas ieri è andato a Ballarò su Rai3, al Colle da Mattarella e ha dato un’intervista al Messaggero per respingere le accuse: è stata la Commissione europea a vietare di indicare la pericolosità delle obbligazioni subordinate (a cui non è più abbinata la probabilità di mancato rimborso) e “nessun segnale”è arrivato alla Consob di limitare la vendita di certi titoli agli investitori professionisti. Si capisce che Vegas si sta trattenendo, sarebbe facile rimbalzare le accuse verso la Banca d’Italia, come aveva fatto nei primi giorni: la Consob comunica ai mercati le informazioni di cui è in possesso e quelle sulle banche arrivano in gran parte da via Nazionale. Ma la Banca d’Italia non si può toccare. E CHE SUCCEDERÀ se Cantone stabilirà che sono illeciti comportamenti che invece Consob e Bankitalia hanno avallato? Il magistrato ha chiarito che non ha intenzione di stabilire lui i criteri per decidere: si limita a mettere a disposizione la struttura delle camere arbitrali che l’Anticorruzione usa per dirimere le controversie sugli appalti. Tocca a Renzi fare un decreto per stabilire su cosa dovranno decidere gli arbitri. La questione pare desti- nata a ingarbugliarsi ancora. Gli arbitri dovranno stabilire se l’impiegato allo sportello ha comunicato in maniera chiara ed esplicita al pensionato che voleva investire i suoi risparmi? O dovranno stabilire se Bankitalia e Consob, insieme o con diversi gradi di responsabilità, hanno prolungato l’illusoria stabilità del sistema bancario mettendo a rischio molti risparmi? Mattarella pare l’unico consapevole delle riper- Arbitrati sui rimborsi Ora l’Anac rischia di trovarsi a decidere sulle scelte di Via Nazionale 130.00 vittime Gli azionisti e titolari di obbligazioni subordinate infuriati cussioni sistemiche di quanto succede: chi oserà ancora comprare obbligazioni dalle banche? Quanti piccoli risparmiatori investiranno sulle azioni di Veneto Banca, la grossa popolare di Montebelluna costretta a diventare società per azioni e a quotarsi per sopravvivere? Anche l’Abi, l’Associazione delle banche italia- ne ne è consapevole e sta preparando una campagna di comunicazione per rassicurare. Discutere delle responsabilità di Bankitalia, visto dalla prospettiva del Colle, significa far vacillare la credibilità di tutto il sistema. Ma difenderla in modo esplicito equivale ad ammettere che è debole. Anche altri due protagonisti di questa storia sono molto silenti, per le stesse ragioni, il presidente della Bce Mario Draghi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Dal lato della Bce il criterio di competenza è chiaro: le banche piccole sono di competenza delle autorità nazionali, Francoforte si concentra su quelle grandi. La crisi delle due grandi popolari del Veneto, infatti, accelera quando la supervisione passa alla Bce che impone criteri più stringenti sul patrimonio: nel 2015 la Vicenza deve registrare 1 miliardo di perdite e chiedere ai soci 1,5 miliardi come aumento di capitale. Dal 2001 Bankitalia sapeva che le azioni venivano rifilate ai soci a prezzi gonfiati (e imposte al momento dei fidi), ma pur avendo segnalato le irregolarità ai pm Bankitalia non ha saputo o voluto evitare che il problema degenerasse. ANCHE PADOAN ha scelto di non dire praticamente nulla sulle banche. Forse per evitare che qualcuno cominci a chiedere come mai le nuove regole europee sul bail in (niente salvataggi pubblici, i crac bancari li pagano azionisti e creditori) sono state recepite dopo quasi un anno dalla direttiva Ue e una settimana prima di doverle applicare alle quattro banche decotte. Nei mesi in cui il governo ha rimandato il problema, il ministero del Tesoro è stato impegnato in un duello con Bruxelles sulla bad bank di sistema (chiesta più volte da Visco), cioè un sistema semi-pubblico per ripulire i bilanci bancari. La Ue ha bocciato tutti i piani italiani. Ma l’unica cosa che Matteo Renzi non può fare è attribuire parte delle responsabilità per i 2,6 miliardi di risparmi in fumo ai ritardi del suo governo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 » PRIMO PIANO NUOVO ESPOSTO A ROMA Il Codacons e la Cgil attaccano ancora Bankitalia e Consob | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 “OGGIABBIAMOFATTO sentire la nostra voce in piazza, ma non ci fermeremo qui: abbiamo inviato una nuova denuncia alla Procura di Roma contro Banca d’Italia e Consob”. Dopo il sit-in di ieri di fronte alla sede di Bankitalia il Codacons rilancia la sua battaglia. Lo fa richiamando una denuncia del 2013 “in cui si chiedeva ai due organi di vigilanza di intervenire a tutela q dei risparmiatori, evidenziando i rischi connessi allo stato di difficoltà di alcuni istituti di credito che continuavano a piazzare titoli ai piccoli investitori”. Quella segnalazione, afferma il comitato, non ebbe conseguenze: “Da Bankitalia e Consob non è mai giunto alcun riscontro a tali denunce, e proprio sul mancato intervento dei due organi dovrà ora pronunciarsi la magistratura. Chiedere- mo inoltre di sospendere i vertici di Bankitalia e Consob in relazione all’assenza di interventi a tutela dei risparmiatori, pur essendo stati informati della grave situazione di rischio”. Contro la Consob e gli altri controllori a si scaglia anche il segretario generale dell Cgil Susanna Camusso: “I titoli tossici vanno vietati ma gli istituti di vigilanza e la Consob devono fare il proprio lavoro”. BANCHE Il procuratore di Arezzo difende la consulenza per il governo: “Solo pareri tecnici” Il vicepresidente Legnini: “Nomina legittima, da verificare eventuali incompatibilità successive” » DAVIDE VECCHI L a consulenza di Roberto Rossi con il governo “era un incarico legittimo quando è stato affidato” ma “c on l'avvio dell'attività di indagine” su Banca Etruria e con il Salva-banche “e me ss o dall'esecutivo”, per “Rossi poteva porsi il problema di un'eventuale incompatibilità” ed è ora “tutto da verificare se quell'incompatibilità ci fosse o meno”. Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, è fin troppo chiaro. Il procuratore capo di Arezzo ha ottenuto una consulenza legittima nel 2013 quando a Palazzo Chigi sedeva Enrico Letta, ma le proroghe ottenute all'incarico nel 2014 e nel 2015 con il passaggio dell'esecutivo nelle mani di Matteo Renzi e l'apertura dei fascicoli sull'istituto in cui tra gli amministratori figurava Pier Luigi Boschi, padre di uno dei ministri più influenti, avrebbe potuto segnalare una possibile incompatibilità. La prima commissione del Csm, che deve ora valutare il caso Rossi, lo ha convocato per il 28 dicembre. Il procuratore capo di Arezzo ieri ha inviato a Palazzo dei Marescialli una nota difensiva nella quale ha riassunto l'iter seguito dalla consulenza e ricordato le tappe delle indagini che riguardano la vicenda Etruria. I FASCICOLI indicati sono tre e sono tutti stati avviati da Rossi dal 2014 in poi. In particolare, quello che avrebbe potuto coinvolgere il padre del ministro Boschi è stato avviato nel febbraio 2014, proprio quando si insediò il governo Renzi. Il 21 marzo, Rossi dispone le perquisizioni della Guardia di Finanza agli allora vertici, notificando contestualmente l'avviso di garanzia anche per falso in bilancio, reato che poi viene stralciato e l'ipotesi del fascicolo rimane solo l'ostacolo alla vigilanza a carico dell'ex presidente Giuseppe Fornasari, il direttore generale Luca Bronchi e il diretto centrale Davide Canestri. Il 10 dicembre 2015, a loro carico è stata avanzata richiesta di rinvio a giudizio. Rossi inoltre ricorda gli altri due fascicoli avviati. Un modello 21 per omissione di comunicazione di conflitto di interesse aperto in data 27 maggio 2015 a carico di due componenti del Cda e, infine, false fatture per 281 mila euro a carico del presidente del Cda e direttore generale. Etruria, sotto esame al Csm il rinnovo dell’incarico al pm Le tappe L’impegno fu prolungato nel 2014 e 2015 durante le indagini sull’istituto Nella nota difensiva il pm ricorda di aver ricevuto l'incarico dal governo Letta e che quell'incarico venne autorizzato dal Csm. Illustra inoltre come si è svolto, “me- L’INTERVISTA diante scambio di email tra il dipartimento e lo scrivente che riceveva al proprio indirizzo di posta testi normativi da esaminare e rispondeva inviando parere tecnico”. Rossi ribadisce di “non aver mai ricevuto alcuna somma, ad alcun titolo, dal dipartimento: anche la somma di euro 5 mila lorde previste per l'anno 2015 viene corrisposta solo a seguito di presentazione di apposita relazione non è stata da me prodotta”. Nell'anno in corso, La seduta Il plenum del Csm riunito ieri con Mattarella; a destra, il procuratore di Arezzo Rossi e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini Ansa infine, “ho inviato cinque pareri tecnici su vari progetti di legge, tra cui quello sulla riforma dei reati tributari, uno su di un progetto di modifica di fattispecie penali in materia agro-alimentare e uno sul decreto relativo alla legge delega in materia di depenalizzazione”. Infine Rossi specifica: “Non ho mai partecipato, né sono mai stato invitato a farlo, a riunioni del Consiglio dei ministri o alle riunioni a esso preliminari, esulando ciò dall'inca- rico in oggetto”. Il fascicolo avviato dal Csm sul caso Rossi contiene però diversa documentazioni che prova – come scritto ieri dal Fatto – un intervento per il rinnovo dell'incarico anche negli anni 2014 e 2015. Inoltre anche il video della partecipazione con il ministro Maria Elena Boschi a un convegno ad Arezzo sarà oggetto di richiesta di chiarimenti per comprendere quale sia il grado di conoscenza tra i due. Dell'intera vicenda a Palazzo Marescialli si occuperà Renato Balduzzi, presidente della prima commissione. Il consigliere, a quanto si apprende, è ritenuto una garanzia da parte dei vertici istituzionali dello Stato perché è considerato inavvicinabile da tutti i possibili ambienti che potrebbero avere interesse a tentare di esercitare pressioni su di lui o influenzarne in qualche modo le scelte. Del resto è sempre più evidente che il caso del procuratore Rossi si stia trasformando in una vicenda squisitamente politica che va oltre il ministro Boschi, ma rischia di coinvolgere il governo Renzi. Il caso Il Fatto Quotidiano ha svelato che il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, titolare delle indagini su Banca Etruria nel cui cda sedeva il padre del ministro Maria Elena Boschi, Pier Luigi, ha una consulenza in materia giuridica per la Presidenza del Consiglio dei ministri. Assegnata dal governo Letta, è stata prorogata dal governo Renzi di cui fa parte la Boschi © RIPRODUZIONE RISERVATA Aldo Morgigni Consigliere di Autonomia e indipendenza “Regole chiare: evitare ogni interferenza” » ANTONELLA MASCALI I l consigliere Aldo Morgigni, unico membro del Csm di Autonomia e Indipendenza, la costola che si è staccata da Magistratura Indipendente, accetta di parlare del caso del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, sotto procedimento della Prima commissione (verrà ascoltato il 28 dicembre) ma vuole innanzitutto chiarire quali sono le regole generali che stabiliscono i limiti delle consulenze per i magistrati. E, dunque, partiamo da quelle: in base alla legge del 1999 i magistrati possono essere nominati come consulenti della Presidenza del Consiglio dei ministri o dai ministri. I requisiti sono disciplinati dal Csm. Ci vuole la richiesta dell ’interessato, la produzione di documenti tra i quali il parere del consiglio giudiziario e del capo dell’ufficio, l’indicazione del tipo di incarico che si vuole assumere e il compenso. Il magistrato deve anche attestare che non sta trattando procedimenti penali e civili che possano entrare in conflitto con l’incarico. Per evitare casi anche solo di inopportunità secondo lei cosa dovrebbe fare il Csm e cosa il Parlamento? nopportunità. Mi risulta che il procuratore Rossi quando chiede l’autorizzazione per fare il consulente del governo Letta scrive di “non avere procedimenti penali in trattazione” tali da “incidere nega- Se il contenuto delle informazioni richieste e trasmesse è corretto e completo non Aldo Morgigni (Csm) ci sono problemi pertivamente sul ché il Csm può già decidere suo incarico”, se esiste una situazione di ima non lo nopportunità o addirittura scrive per gli una situazione di divieto E nel caso specifico del procuratore Rossi? Per quello che è arrivato al Plenum di cui faccio parte non c’era la rappresentazione di alcuna situazione di i- sulenza, per dire che “si tratta di rinnovo”e di rifarsi alla pratica del 2013. Per l’ultimo incarico in scadenza il prossimo 31 dicembre non risulta che ci sia neppure una sua richiesta di rinnovo ma solo quella della Pre s i de nza del Consiglio. Tutto regolare? Mancava una parte dei documenti per la proroga del 2014? Mi riservo di accertarlo, doveva esserci incarichi successivi. Il 5 novembre 2014, per il secondo incarico di tre settimane, invia una email al Csm che gli aveva chiesto chiarimenti sul tipo di con- Quanto alla prima autorizzazione n o n e r o membro del Csm. Per quello che rig u a r d a s econda e terza a u t o r i z z azione non risultavano queste circostanze che mi riservo di verificare. In astratto la circolare sugli incarichi recentemente modificata prevedeva e pre- vede che ci debba essere l’apposita richiesta con documenti allegati. Immagino che la Prima commissione, di cui non faccio parte, nel corso dell’istruttoria farà le opportune verifiche. Nel momento in cui c’è un‘inchiesta che potenzialmente potrebbe coinvolgere il padre di un ministro, come in questo caso, lei da magistrato, al posto del procuratore Rossi si sarebbe dimesso da consulente del governo per opportunità? Vanno sempre evitati i casi di interferenza tra l’attività del magistrato e i suoi eventuali incarichi esterni. Qualora vi fosse stata l’iscrizione nel registro degli indagati di un familiare di un membro del governo sicuramente non avrei proseguito la consulenza ma al momento non è noto che ciò sia accaduto e l’incarico è pure in scadenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 » POLITICA | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 CONFLITTO D’INTERESSI Teatro di Firenze, interrogazione parlamentare del M5S SUL TEATRO COMUNALE di Firenze, di cui il Fatto ha scritto lo scorso 16 dicembre, arriva un’interrogazione al governo da parte del Movimento 5 Stelle, firmata dalla senatrice Michela Montevecchi. Il Teatro comunale la scorsa estate è stato acquistato dalla Nikila Invest di Ilaria Niccolai. La Niccolai è il nome di punta del sistema The Mall. Il suo nome, come abbiamo scritto nei q giorni scorsi, è legato alla Party, società immobiliare costituita nel 2014 con Tiziano Renzi, il padre del premier. “Dai fatti – scrive la senatrice M5s nell’interrogazione –emergono preoccupanti intrecci economico-politici, atti a falsare il delicato equilibrio che regola i rapporti tra le pubbliche amministrazioni e gli interessi privati (...) quanto all’ipotesi di conflitto d’interessi, si evidenziano intrecci familiari molto poco trasparenti e al limite della legittimità, sarebbe infatti opportuno chiarire e riferire in Parlamento in relazione ai fatti descritti”. Il testo si conclude con una richiesta al governo: “un’indagine amministrativa interna volta ad accertare la corretta gestione della vendita del bene immobile e restituire dunque dignità alla cittadinanza di Firenze e dell'Italia intera”. Il commissario posticipa di un mese la scadenza delle sue cariche nella Spa: farà campagna elettorale stipendiato dall’Esposizione MILANO » GIANNI BARBACETTO E MARCO MARONI N ei prossimi mesi a Milano avremo due Beppe Sala: il primo sarà il candidato alle primarie del centrosinistra che farà campagna elettorale per diventare sindaco della città; il secondo sarà – e resterà –commissario straordinario, amministratore delegato e membro del consiglio d’amministrazione di Expo spa. Sala infatti manterrà i tre incarichi che cumula nella società che ha gestito l’esposizione universale: con relativo superstipendio. Farà campagna elettorale stipendiato da Expo. Ha annunciato, è vero, di aver dato le dimissioni. Ma aveva mandato una prima lettera al sindaco di Milano in cui comunicava le sue dimissioni da membro del cda a partire dal 31 dicembre 2015. Poi però a Giuliano Pisapia è arrivata una seconda lettera, in cui Sala dice di voler restare fino al 31 gennaio 2016. Un mese in più: proprio quello della campagna elettorale per le primarie (che si terranno il 7 febbraio). NEL CDA, SALA rappresenta il Comune di Milano: scelto dal sindaco di centrodestra Letizia Moratti e poi confermato da Pisapia. Ma attenzione: dal 1 febbraio 2016 Sala non sarà più il rappresentante del Comune nel cda e quindi anche l’amministratore delegato di Expo spa, resterà però commissario straordinario delegato dal governo. La nomina, che gli è arrivata con un decreto del 6 maggio 2013 del presidente del Consiglio Enrico Letta, è quella che gli Sala raddoppia: da candidato Pd resta uomo-Expo I numeri della data fissata per le votazioni. Dunque, visto che si voterà presumibilmente a giugno, Sala può restare commissario Expo fino a maggio: se dovesse vincere le primarie, potrà fare quasi l’intera campagna elettorale successiva restando commissario, sempre con stipendio Expo. Intanto i dati di bilancio Expo comunicati lunedì sono stati commentati molto negativamente da un altro candidato sindaco, Corrado Passera, che di bilanci se ne intende: “È scandaloso. Non è sopportabile la mancanza di trasparenza di Sala. Le cifre che ha Il favorito Sala, candidato alle primarie del centrosinistra a Milano LaPresse ha conferito i super-poteri sull’evento Expo, soprattutto quello di dare appalti pubblici senza gara, distribuendo un fiume di soldi in modo discrezionale. È vero che il testo unico sull’ordinamento degli enti locali sancisce l’ineleggi- bilità alla carica di sindaco per i commissari di governo, ma dice anche che le cause di ineleggibilità decadono se l’interessato cessa dalle funzioni entro il giorno fissato per la presentazione delle candidature: cioè 30 giorni prima L’accusa di Passera “Ha diffuso cifre ridicole sul bilancio della kermesse: manca persino il dato sugli incassi” diffuso prendono in giro i cittadini. Non ha dato l’indicatore più semplice: gli incassi, non ci dice quanto ha incassato davvero con i biglietti”. Ci dice la cifra dei ricavi, che però possono essere non ancora incassati o addirittura non incassabili (per esempio, per i biglietti venduti a pacchetto a qualche grande operatore che non è riuscito a piazzarli ai visitatori reali). Poi ci dà la cifra del patrimonio netto, che si ricava sottraendo l’utile (o la perdita) dell’anno dal patrimonio dell’anno precedente: ma non ci dice qual è l’utile (o la perdita) dell’anno. “Ci dà il margine operativo lordo, ma non ci dice nulla di oneri finanziari e ammortamenti. Nulla degli extracosti sui lavori, dei contenziosi con le aziende, delle bonifiche, dei costi per lo smantellamento”. Insomma, se questo è lo stile di lavoro di Sala alle prese con un piccolo bilancio da 800 milioni, che cosa succederà se mai dovesse occuparsi del bilancio del Comune di Milano da 5 miliardi? FINORA i conti Expo galleggiano nella più assoluta mancanza di trasparenza. Quando finalmente Sala si dimetterà da tutte e tre le cariche Expo, lascerà al suo successore le patate bollenti (e inquinate) degli extracosti, dei contenziosi, delle bonifiche, spese da centinaia di milioni che non aveva previsto; e di spiegare alla Corte dei conti (che ha già detto che non si può fare) perché ben 200 milioni dati dal governo sono stati iscritti a bilancio come investimenti, cioè in conto capitale, invece che come costi. Ma quando i nodi verranno al pettine sarà già primavera e sarà probabilmente già scattata l’operazione che renderà illegibili le cifre: con la fusione tra Expo spa e Arexpo spa (la società che possiede le aree). 800 milioni, il bilancio complessivo di Expo. Il Comune di Milano ha un bilancio da 5 miliardi di euro 200 milioni, dati dal governo a Expo e iscritti a bilancio sotto la voce investimenti. Per la Corte dei conti non si può fare 30 Per legge, un commissario di governo, se vuole candidarsi, deve lasciare la sua carica almeno 30 giorni prima delle elezioni © RIPRODUZIONE RISERVATA “È la festa di Mara o il funerale di Brunetta?” » FABRIZIO D’ESPOSITO L a battuta di due deputati commensali è crudele e riassume il senso del pranzo: “Abbiamo festeggiato i 40 anni di Mara per fare il funerale a Renato, lui presente”. “Mara” è Carfagna. “Renato” è Brunetta e il doppio evento, compleanno vero ed esequie politiche del capogruppo azzurro alla Camera, si è celebrato ieri in un ristorante frequentato dal potere romano, “L’Osteria del Sostegno”. L’ennesimo capitolo del caos nero che ha investito Forza Italia, devastata dalle scissioni e dai nuovi assalti dei verdiniani neorenziani. DUNQUE, i 40 anni dell’ex ministra più bella del mondo nell’ultimo governo Berlusconi. Questo il punto di partenza. Così ieri mattina, Alessandro Ruben, compagno di Carfagna ed ex deputato finiano, si è sentito con Paolo Fratelli coltelli Adunata azzurra per i 40 anni della Carfagna: Romani le promette la poltrona di capogruppo alla Camera Romani, capogruppo al Senato e grande nemico del “collega” Brunetta, dopo le figuracce forziste su Consulta e sfiducia a Boschi. “Perché non facciamo un pranzo a sorpresa per Mara?”. La scelta cade sull’“Osteria del Sostegno”, il locale prediletto di Romani dove pranza e cena a orari milanesi, alle 12 e alle 19. I due, Carfagna e Romani, si vedono però prima. Il colloquio dura un’ora e sancisce il micropatto natalizio di quel che resta di Forza Italia: sostituire Brunetta alla Camera con l’ex capogruppo. Lei aspira da tempo e l’altro giorno, al Tempo, ha rilasciato un’ampia intervista parlando già da capogruppo. Al ristorante, in ordine sparso, arrivano anche “amici” collocati altrove, tipo il centrista Pier Ferdinando Casi- Cambio della guardia Carfagna dovrebbe sostituire Brunetta, sempre meno sopportato LaPresse ni e il verdiniano Ignazio Abrignani. Il clima è talmente cordiale, ufficialmente, che si presenta anche il de cuius Brunetta, de cuius o vv iamente in senso politico, ignaro del nuovo accordo fatto alle sue spalle. Poco alla volta a tavola si accomodano depu- tati e senatori: Rizzotti, Caliendo, Gasparri, Pelino, Bernini, Fasano, Baldelli, Prestigiacomo, Ravetto, Calabria, Gelmini, Giacomoni, Napoli, Valentini, Polidori. Ci sono anche Lainati e Polverini, dati in partenza per il gruppo neorenziano di De- nis Verdini. C’è, infine, la te- nuela Repetti, lui ha messo soriera dell’ex cerchio magi- da parte l’odio e spera che il co, Mariarosaria Rossi. Qual- Partito della nazione garancuno fa notare, invece, l’as- tisca un seggio alla compasenza di Elio Vito e Roberto gna. Questo il senso della coOcchiuto, altri due preten- sa. denti alla carica di capogruppo e già bruciati. DI FINTA PACE in finta pace, a Il menù parte con la gricia, un certo punto si appalesa tra i piatti più buoni della cu- anche Silvio Berlusconi, procina romanesca, e finisce con prio tramite lo smartphone una torta sormontata da un brunettiano. Una telefonata solo candeveloce, neanche un minulotto. A pranzo tiene Regalo di Natale to. Il tempo di benedire b a n c o s o- Prima del pranzo prattutto l’al’armonia ridesione del- a base di gricia, trovata e poi l a c o p p i a il patto per cacciare “ciao ciao”. Bondi e ReMa sull’onda dell’armonia petti ai ver- l’odiato Renato diniani, dogià si affilano po la fuoriui coltelli mescita di qualche mese fa da taforici delle nuove idi conForza Italia. Baldelli, noto i- tro Brunetta, Cesare assolumitatore, scimmiotta sia to e mal sopportato del grupBondi sia Verdini. I due, po alla Camera. Lui, inconsa“Sandro”e“Denis”da grandi pevole del funerale, è stato amici che erano, sono poi ar- più disponibile del solito, rivati a odiarsi. Adesso nel versando il vino a tutti. supremo interesse di lei, Ma© RIPRODUZIONE RISERVATA POLITICA Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | IL CASO SCOGNAMIGLIO Sospensione bloccata: azione disciplinare contro la giudice IL PROCURATORE generale della Cassazione ha avviato l’azione disciplinare nei confronti del giudice Anna Scognamiglio. Il magistrato è indagata per concussione per induzione nell’inchiesta che la Procura di Roma ha aperto sul tentativo del marito, l’avvocato Guglielmo Manna, di ottenere un incarico di rilievo nel sistema sanitario della Regione q Campania. Manna, è l’ipotesi degli inquirenti, avrebbe cercato di sfruttare la posizione della moglie, che era la relatrice in due diverse procedure di ricorso presentate dal governatore della Campania Vincenzo De Luca contro l’applicazione della legge Severino. Anna Scognamiglio bloccò la sospensione dalla carica per il governatore. Secondo l’accusa lei e il marito avrebbero minacciato una decisione sfavorevole per ottenere da De Luca una nomina per Manna. Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ha spiegato che il pg della Cassazione ha deciso di esercitare l’azione disciplinare sulla base dei capi di incolpazione ma non ha richiesto misure cautelari nei confronti del magistrato. Un altro rinvio per De Luca: stavolta arriva a mezzo stampa CARA DI MINEO Commissione immigrati, Castiglione attacca “Il Fatto” » VALERIA PACELLI Non per vie ufficiali ma sul sito del “Mattino” la notizia che il tribunale civile lascia P altri sei mesi al governatore nella sua guerra di ricorsi contro la legge Severino I l titolo va in rete sul sito de “Il Mattino”: il Tribunale civile di Napoli avrebbe rinviato a maggio ogni decisione sul caso di Vincenzo De Luca. Lasciandolo nella carica di Governatore della Campania e dandogli altri cinque mesi di respiro nella sua guerra di ricorsi contro la Legge Severino, legge che ne imporrebbe la sospensione perché condannato in primo grado per abuso d’ufficio. De Luca è in sella grazie all’ordinanza Scognamiglio che ha eccepito quattro profili di dubbia costituzionalità della legge. L’ordinanza è al centro di un’inchiesta della Procura di Roma che si fonda sul sospetto che il marito del giudice sapesse le notizie prima degli altri, forse le riceveva direttamente dalla moglie in camera di consiglio, e se le spendeva nel tentativo di ottenere una nomina nella sa- GIUSTIZIA » GIANNI BARBACETTO È stato un gioco d’incastri perfetto: qualche giorno fa, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha nominato il magistrato Giuseppe Maria Berruti commissario della Consob. Così il posto di primo presidente della Cassazione si è reso disponibile per Giovanni Canzio, presidente della Corte d’appello di Milano, che ora si trasferisce a Roma dove diverrà anche membro di diritto del Csm. Nato nel 1945, Canzio avrebbe dovuto andare in pensione appena compiuti i 70 anni. Ma la proroga di un anno decisa dal governo per chi compie i 70 entro il 31 dicembre 2015 ha reso possibile la decisione di ieri del Consiglio superiore della magistratura: il plenum, presieduto dal capo dello Stato Sergio Mattarella, ha nominato Canzio, che così potrà concludere la sua carriera come primo magistrato d’Italia. È mancata l’unanimità, con grande dolore di Mattarella, perché ai 23 voti favorevoli si sono affiancate tre astensioni pesanti: quelle dei magistrati Lucio Aschettino e Piergiorgio Morosini, togati di Area (Magistratura democratica e Movimento per la giustizia) e quella del laico indicato dal Movimento 5 stelle Alessio Zaccaria. Canzio viene da una famiglia originaria di Salerno, co- Un ricorso dietro l’altro Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca nità. Ed ora ci sarebbe di nuovo qualcuno che sa le notizie prima degli altri. In Tribunale non risulta depositato alcun provvedimento, e gli avvocati delle parti in causa non lo hanno ri- cevuto con il rituale messaggio di posta elettronica certificata (pec). Sono tutti in attesa dal 17 dicembre, quando il collegio ha chiuso cinque ore di discussione a porte chiuse. Sono intervenuti gli avvocati e il pm, che è tornato a chiedere la sospensione di De Luca – riservandosi di decidere nel merito del ricorso avanzato dai legali del governatore Pd. Parevano aperte solo tre strade: l’accoglimento del ricorso, il rigetto oppure la sospensione del processo in attesa della Consulta, che si è già pronunciata sul caso De Magistris dichiarando costituzionale la Severino sulla retroattività, ma non ha fissato una data sul caso De Luca. Invece sarebbe stata aperta (il condizionale è d’obbligo) un’altra strada: il rinvio. Lo afferma “Il Mattino” che sul web non scopre le fonti. Gli avvocati che si stanno opponendo a De Lu- ca sono allibiti. Salvatore Di Pardo (ex consiglieri di centrodestra): “Provo sconcerto, anche stavolta qualcuno sa le cose prima degli altri e poi tecnicamente un rinvio non ha senso, perché ci hanno fatto discutere cinque ore? Peraltro ad un rinvio non puoi appellarti, a una ordinanza sì. G r o tt e s c o ”. Gianluigi Pellegrino (Movimento per la difesa del Cittadino): “Se fosse vero allora la Scognamiglio non era l’unica a Napoli a telefonare dalla camera di consiglio”. Arnaldo Miglino (Sel): “Scorretto che il rinvio sia stato fatto conoscere a un giornale prima della pec a norma di legge”. De Luca in radio ostenta serenità: “Era un falso problema che riguardava gli sfaccendati. Andiamo avanti”. V. IUR. © RIPRODUZIONE RISERVATA Giovanni Canzio Mattarella avrebbe voluto l’unanimità, ma la sinistra non l’ha votato Tutti gli incastri a posto, l’uomo del Quirinale a capo della Cassazione Ha fatto parte dei collegi che hanno annullato le condanne di Mannino, Andreotti e del giudice Carnevale me suo fratello Mario, ragioniere generale dello Stato dal 2005 al 2013. Studi giuridici a Napoli, laurea nel 1966, ingresso in magistratura nel 1970. Primo incarico al Tribunale di Vicenza, poi a Rieti. Dal 1995 al 2009 è consigliere in Cassazione e poi coordinatore delle sezioni unite penali e direttore del Massimario della suprema corte. Nel 2009 è nominato presidente della Corte d’appello dell’Aquila, nel 2011 di quella di Milano. Negli anni in Cassazione fu relatore al processo in cui Giulio Andreotti era accusato dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli: la sentenza d’appello, di condanna, è stata dalla suprema corte annullata senza rinvio. Relatore anche al processo contro Calogero Mannino: anche in questo caso la condanna in appello per concorso esterno in associazione mafiosa fu annullata con rinvio a un nuovo processo che poi assolse definitivamente il politico siciliano. Fece parte anche del collegio che annullò senza rinvio la sentenza contro Corrado Carnevale, ribaltando la sentenza d’appello che lo aveva condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e mandando definitivamente assolto il giudice che allora i giornali chiamavano “ammazzasentenze”, con una apposita modifica della giurisprudenza. Da presidente della Corte d’appello di Milano, è rimasto memorabile il suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2015, in cui ha, in maniera inedita, criticato le scelte processuali di un altro ufficio giudiziario, quello di Palermo, che aveva chiesto l’audizione del presidente Giorgio Napolitano (che lo apprezzava molto) nel processo sulla trattativa Stato-mafia: “È mia ferma e personale opinione che questa dura prova si poteva risparmiare al capo dello Stato, alla magistratura stessa e alla Repubblica Italiana”. Negli ultimi mesi, il suo ufficio a Milano è stato coinvolto in un’indagine che riguarda il suo caposcorta: dai telefoni in uso al carabiniere che gli faceva da assistente risulta partita una telefonata di minacce ricevuta da una giornalista del Corriere della sera che indagava sulle aste giudiziarie del tribunale di Milano. Una storia oscura che resterà forse senza soluzione, visto che chi poteva diradare i dubbi sul caposcorta d’ora in poi sarà impegnato a Roma nel ruolo di primo magistrato del Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA »9 Al vertice Il nuovo primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, già a capo della Corte d’appello di Milano. Sopra, il nuovo presidente aggiunto, Renato Rordorf er la seconda volta, il sottosegretario Giuseppe Castiglione non chiarisce la propria posizione sui presunti incontri nel 2011 con soggetti legati al Cara di Mineo. Non solo. Convocato di nuovo ieri in Commissione parlamentare di inchiesta sull’assistenza agli immigrati ha preferito prendersela con il Fatto e chiedersi dove siano stati mai presi i verbali di Luca Odevaine che rivela gli incontri. In realtà si tratta di atti depositati nel processo in corso in primo grado Mafia Capitale, dove Odevaine è imputato per corruzione. Nei verbali, acquisiti anche dalla commissione stessa, Odevaine racconta di essere stato portato a pranzo da Castiglione nel 2011 con Salvo Calì, presidente del consorzio Sisifo, la coop rossa che poi vincerà la gara in un’Ati con La Cascina. Poi parla di un incontro al bar Ciampini tra lui, Castiglione e l’ex capo della Cascina, Salvatore Menolascina. Convocato a giugno in commissione, Castiglione non ha parlato di questo presunto incontro, mentre sul pranzo a Catania diceva: “Quando Odevaine è venuto per la prima volta l’avrò anche potuto invitare a pranzo” ma aggiungeva “nessuno avrebbe mai potuto pensare di individuare un soggetto che avrebbe dovuto gestire le attività”. Ieri Vega Colonnese (M5S) ha riproposto, leggendo due articoli del Fatto, l’interrogatorio di Odevaine, chiedendo le dimissioni del sottosegretario. Che si è infervorato: “Nessun atto, nessuna intercettazione, nessuna presunta dichiarazione è stata legittimamente acquisita dall’autorità giudiziaria. Lei questi atti come li conosce? Quale fonte li ha acquisiti? Come li ha acquisiti? Come ha il giornale le dichiarazioni di Odevaine?”. È così intervenuto il presidente della Commissione immigrati, Gennaro Migliore che ha ricordato a Castiglione che non è lui a dover fare le domande, oltre spiegargli – secretando la seduta – che quei verbali sono stati acquisiti anche dalla commissione. Nonostante ciò, non ha ottenuto risposte. 10 » POLITICA | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 CASO CUCCHI I CARABINIERI indagati nell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, “valutavano e suggerivano varie modalità per eludere operazioni tecniche in corso”. È una delle novità che emergono dall’informativa della Squadra mobile di Roma, finita nel fascicolo del gip che oggi ha fissato la data, il 29 gennaio, per l’incidente probatorio dal quale la procura spera emergano le cause della morte q Carabinieri, telefoni anti-intercettazioni per gli indagati L’OPINIONE MA RIMANE IL MISTERO SULLE MENTI RAFFINATISSIME T © RIPRODUZIONE RISERVATA sente di autocancellare i messaggi dopo l’invio. Tante sono le intercettazioni trascritte degli indagati nell’inchiesta bis (si tratta di tre carabinieri indagati per lesioni aggravate e due carabinieri indagati per falsa testimonianza). Cucchi “non c’aveva niente; solo che non si drogava, non mangiava e non beveva il cuore si è fermato. Fratello, è questa la realtà”, così Roberto Mandolini, uno degli indagati. OMICIDIO CACCIA È stato arrestato il presunto killer del procuratore torinese Incastrato con una lettera anonima-esca: “Se parlo andate tutti alle Vallette” » ETTORE BOFFANO rentadue anni dopo, sappiamo molto di più. Ma non sappiamo ancora tutto. Conosciamo chi “o rg anizzò” la morte di Bruno Caccia: Domenico “Mimmo ” Bel fior e, già condannato come m a nd a nt e d i q u e l l ’ omicidio, e poi “quelli di giù”, i capi della ’ndrangheta in Calabria, come lui stesso dice in un’intercettazione raccolta nelle settimane scorse. Da ieri, infine, sappiamo che il panettiere Rocco Schirripa, detto “Barca”, fu il killer che eseguì la “sentenza”. Ciò che non conosciamo (e forse sarà così per sempre) è invece l’identità di chi decise davvero l’omicidio: il più “anomalo” tra quelli della criminalità italiana che hanno avuto come vittime dei magistrati. Organizzato ed eseguito al Nord (non era mai accaduto prima e non è mai più accaduto dopo) da quella, tra le mostre mafie, che ha sempre evitato (a diversità di Cosa Nostra) l’attacco diretto alla Giustizia. Chi aveva interesse, dunque, ad assecondare e a fomentare l’odio che gli ’ndranghetisti torinesi provavano verso il loro nemico giurato, il procuratore capo Bruno Caccia? La risposta, probabilmente, va cercata nell’incredibile e perverso intreccio criminale che, all’inizio degli Anni 80, si era ramificato a Torino attorno alle clamorose inchieste che Caccia aveva aperto proprio nei mesi precedenti la sua morte. Contro l’infiltrazione della mafia nel Casinò di Saint Vincent, contro la corruzione dello “scandalo delle tangenti”e di quello “dei petroli”, contro la presenza della ’ndr angheta in Val di Susa e negli appalti dell’autostrada del Frejus. Infine, e forse qui è nascosta la vera “chiave” del delitto, contro i patti più occulti tra la politica legata alle ‘ndrine, i vertici della mala subalpina e i nuovi capi arrivati dal Sud e il gruppo di magistrati corrotti che inquinavano gli uffici giudiziari torinesi. Le “menti raffinatissime” dell’omicidio Caccia. del giovane geometra romano, arrestato per droga il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini. Due le modalità “suggerite” da alcuni degli indagati per eludere le intercettazioni alle quali temevano di essere sottoposti: l’utilizzo di “telefoni citofono” con utenze intestate a terzi estranei, e l’utilizzo dell’applicazione di messaggistica istantanea Telegraf che con- » DAVIDE MILOSA O Milano micidio di Bruno Caccia. In presa diretta tre decenni dopo. “Ti sei fatto 30 anni tranquillo, fattene altri 30 tranquillo”. L’augurio di Placido Barresi va a Rocco Schirripa. Il primo è il cognato del boss ergastolano Mimmo Belfiore ritenuto il mandante della morte del procuratore capo di Torino ucciso il 26 giugno 1983. Il secondo, panettiere di professione, ’ndranghetista di livello con dote di “quartino” e statua del Padrino nel giardino della sua villa a Chivasso, coinvolto nell’indagine Minotauro del 2011, è invece uno dei due presunti esecutori materiali. Arrestato ieri, 32 anni dopo. Il secondo esecutore, ragiona il pm antimafia di Milano Marcello Tatangelo, “si ritiene sia Domenico Belfiore”. Killer e ideatore di un omicidio del quale, spiega Belfiore intercettato, “in Calabria tutti sapevano”. I trent’anni tranquilli del padrino-panettiere resi – il tuo nome chi lo conosceva? Hai parlato con qualcuno?”. Schirripa ammette che lo ha detto a Rocco Piscioneri, trafficante legato alla ’ndrangheta. Ma lui, Piscioneri, assicura Rocco Barca, “non ha parlato”. Il tema è l’omicidio Caccia. I protagonisti, però, non entrano nei particolari. “OH ROCCO – dice Barresi – è a In manette Rocco Schirripa. A destra, il “Padrino” nella sua villa e la panetteria. Sotto, Domenico Belfiore Le intercettazioni “Non ne parliamo più, ti sei fatto 30 anni tranquillo, fattene altri 30 tranquillo” IL NUOVO FASCICOLO s ul l a morte del magistrato viene aperto l’estate scorsa dopo che l’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia di Caccia, deposita diversi esposti nei quali la prospettiva cambia e dalla ’ndrangheta si passa a Cosa nostra. Sul tavolo il riciclaggio nei casinò di St. Vincent. Nelle 108 pagine dell’ordinanza firmata dal giudice Stefania Pepe di questo non si fa cenno. A pianificare tutto è stata la ’ndrangheta “torinese”. Tanto più che l’identikit dell’epoca, sostiene l’accusa, coincide con quello di Schirripa. L’indagine inizia nell’agosto scorso quan- L’INTERVISTA do Mimmo Belfiore da due mesi è ai domiciliari per motivi di salute. Si tenta quella che la Procura chiama una “scommessa investigativa”. L’escamotage è inviare un anonimo a Belfiore, al cognato Barresi (assolto per l’omicidio) e a Schirripa. È l’articolo della Stampa che diede la notizia dell’arresto dei mandanti. Dietro a ogni foglio gli inve- stigatori scrivono: “Omicidio Caccia: Se parlo andate tutti alle Vallette. Esecutori: Domenico Belfiore, Rocco Barca S c h i r ri p a ”. Nessuna fonte confidenziale, solo un’esca. Il nome di Schirripa, mai citato nelle sentenze, viene messo in base alle dichiarazioni di Vincenzo Piva, cognato di Belfiore, che nel 1995 lo legò alla morte di Caccia. Vengono at- tivate le intercettazioni con il Virus, un software che trasforma gli smartphone in microspie. Le registrazioni avvengono sul balcone di casa Belfiore e in largo Montebello a Torino. L’11 ottobre Barresi dice a Belfiore: “Se Rocco ha parlato con qualcuno, io non mi fido”. Barresi non si fida “perché ritiene che se Schirripa avesse ricevuto la lettera si sarebbe fatto vivo”. Così non è. Il dubbio di Barresi nasce dal fatto che in una recente operazione anti-droga, nonostante il suo coinvolgimento, non sia stato arrestato. “Il fatto strano è che lui non lo hanno a tt ac c at o”. Il 12 novembre Barresi incontra Schirripa. “È una cosa delicata – inizia Bar- protezione tua che noi ci stiamo preoccupando, parla con quell’altro (Piscioneri, ndr) se ci è scappata qualche mezza cosa”. Barresi, poi, riassume il ragionamento di Belfiore: “Pure Mimmo (…) dice: del coinvolgimento chi lo sapeva? Di sicuro insistono su di te”. I due si rivedono il 27 novembre. Gli uomini del clan cercano “lo spione”. Dice Barresi: “Se io lo individuo...”. Chiosa Schirripa: “Vedi di individuarlo che poi... non ti preoccupare”. Scrive il giudice: “Se tutto ciò non fosse vero non avrebbe senso che Barresi , ammesso alla semi-libertà dopo 20 anni di galera, valuti la possibilità di uccidere chi è a conoscenza di un tale segreto”.E ancora: “Ho parlato con Mimmo –dice Barresi –non ne parliamo più, fatti altri 30 anni tranquillo”. Questa frase, ragiona il giudice , “conferma che Schirripa è uno degli esec ut or i”. Chiude lo stesso Schirripa: “Cerco una sistemazione così dormo tranquillo”. È l’ultimo atto. Pianifica la fuga? Scatta l’arresto. © RIPRODUZIONE RISERVATA Paola Bellone Da anni studia gli atti dei processi istruiti dal capo della procura assassinato “Dietro le cosche un livello superiore ” » ANDREA GIAMBARTOLOMEI M anca il secondo esecutore. E non solo. Dietro di loro c’era un’organizzazione più ampia”. Da quattro anni Paola Bellone, magistrato onorario a Torino, legge e rilegge le carte degli archivi giudiziari per capire cosa c’è dietro l’omicidio di Bruno Caccia. “Nella seconda sentenza d’appello con cui Domenico Belfiore è stato condannato c’era un capitolo molto interessante sulle relazioni pericolose”. Cosa riguardava quel capitolo? Era una parte sui legami tra Belfiore e i magistrati. Quali legami? Si parlava del legame tra il procuratore Luigi Moschella, il gestore del bar vicino al tribunale Gianfranco Gonella e i Belfiore. È lì che viene individuato il movente. Caccia ostacolava la “disponibilità” di alcuni magistrati verso i malavitosi. In che modo? Quando Caccia divenne procuratore capo alcuni pm se ne andarono perché lui era inflessibile e attentissimo. In procura portò dei giovani giudici. Gli altri avevano contiguità coi malavitosi. Che tipo di contiguità? Per esempio Moschella era la pubblica accusa nel processo al nucleo storico delle Br e per tutelarsi dormiva in una casa di Gonella, che si era interessato della sorte giudi- ziaria di alcuni uomini di Belfiore. Furono indagati. Come finì l’indagine? Ci furono processi separati. Da una parte i calabresi, da un’altra Gonella, che stava male. Dopo fu processato pure Moschella perché l’indagine durò molto e alla fine l’accusa cadde. E l’arresto di Rocco Schirripa come si inserisce in questo quadro? Conferma la correttezza della pista dei calabresi di Belfiore. Così venivano chiamati all’epoca questi malavitosi: non erano considerati della ‘ndrangheta ed erano contrapposti ai catanesi. Questi ultimi avevano in mano il traffico della droga, un affare passato ai calabresi dopo la morte di Caccia. Ne beneficiarono, ma è impensabile che sia stato solo Domenico Belfiore, all’epoca 31enne, a decidere di uccidere il procuratore capo. In che senso? Bisogna guardare gli altri processi in corso a Torino all’epoca e ai fatti politici. Nel 1983, prima di Mani Pulite e in piena Guerra fredda, scoppiò lo scandalo delle tangenti di Adriano Zampini, che coinvolgevano i socialisti che, proprio il giorno dell’omicidio Caccia, ebbero un successo alle elezioni politiche con Bettino Craxi che divenne premier. Poi era in corso il processo per lo scandalo dei petroli: fu chiesta la messa in stato d’accusa dei ministri Giulio Andreotti e di Mario Tanassi, sospettati di aver ricevuto tangenti per facilitare la nomina di Raffaele Giudice alla guida della Guardia di finanza, così da favorire l’evasione delle accise. Ho il dubbio che i poteri forti abbiano quindi infiltrato la ’ndrangheta per l’omicidio. D’altronde dal 1975 l’organizzazione era diventata la “Santa” e poteva avere legami con forze dell’ordine e massoneria. © RIPRODUZIONE RISERVATA CRONACA Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | TRUFFE A MILANO Pirellone, quattro ex assessori a giudizio per contratti falsi SONO STATI RINVIATI a giudizio dal gup di Milano Manuela Scudieri quattro ex assessori regionali lombardi, Giulio Boscagli, Mario Scotti, Domenico Zambetti e Luca Daniel Ferrazzi, e due ex consiglieri regionali, accusati a vario titolo di falso e truffa ai danni dello Stato, nell’udienza preliminare con al centro presunti contratti fantasma a collaboratori al Pirellone. Tra i po- q litici mandati a processo dal giudice (che ha dichiarato prescritti alcuni capi d’imputazione), l’unico ancora in carica è Ferrazzi, attualmente consigliere regionale della Lista Maroni. Al centro dell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza, una ventina di contratti con 13 collaboratori, costati in tutto alla Regione circa 260 mila euro tra il 2008 e il 2012, all’epoca della Giunta Formigoni. Con- » 11 tratti che, secondo l'accusa, sarebbero stati affidati anche a parenti degli indagati. Oltre agli ex assessori Boscagli, cognato dell’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, Scotti, Ferrazzi e Zambetti (già sotto processo a Milano con l’accusa di voto di scambio con la 'ndrangheta), sono stati rinviati a giudizio gli ex consiglieri del Pdl Angelo Giammario e Paolo Valentini. LA TESTIMONIANZA Oggi c’è il coraggio dei giovani di Libera » GIAN CARLO CASELLI S ono passati 32 anni da quando venne assassinato il procuratore di Torino Bruno Caccia. La condanna all’ergastolo di Domenico Belfiore (definitiva) come mandante aveva univocamente ricondotto il delitto alla criminalità ’ndranghetista insediata a Torino. Questo quadro sembra ora confermato dall’arresto – con l’accusa di essere stato un esecutore materiale dell’attentato – di Rocco Schirripa, già coinvolto e condannato in inchieste per fatti torinesi di ’ndrangheta, fra cui il recente maxi-processo “Minotauro”. Prova evidente che in tutti questi anni le indagini non si sono mai arrestate. Va anzi dato atto alla Procura di Milano e alle forze di polizia anche torinesi di aver perseverato nella ricerca della verità con pazienza, tenacia e intelligenza. Da ultimo, stando alle cronache, anche avvalendosi di “invenzioni”suggestive, per preparare ad arte un terreno più propizio all’impiego degli strumenti tradizionali. Era accanito contro le mafie Ma Torino lo ha dimenticato Chi è Bruno Caccia, nato a Cuneo nel 1917, morì a Torino il 26 giugno 1983: era domenica sera e stava passeggiando col suo cane quando due uomini a bordo di un’auto gli spararono Carriera Dal 1980 alla guida della Procura di Torino avviò le indagini su Br e ’ndrine AI MAGISTRATI che come me hanno avuto il privilegio di lavorare al suo fianco, Bruno Caccia ha insegnato a muovere sempre da una convinzione profonda: la vita degli esseri umani è, per sua essenza, vita sociale e solo la convivenza pacifica è convivenza civile. Ma la pacifica convivenza necessita di regole ed è compito del magistrato farle osservare. Ogni cedimento, ogni debolezza, ogni contiguità implica la rottura del patto sociale, ed apre la strada alla sopraffazione. Caccia era considerato un magistrato “duro”, 29 giugno 1983 I funerali del procuratore capo Bruno Caccia a Torino. È intitolato al giudice il Palazzo di Giustizia della città ma severità e rigore per lui altro non erano se non il semplice richiamo al doveroso rispetto delle regole. Contro la violenza e la prepotenza dei criminali che causano agli onesti ferite e torti profondi. L’uccisione di Caccia si inserisce in un lunghissimo elenco di magistrati uccisi, dalla violenza terroristica e mafiosa. Morti vicine nel cuore, anche se lontane nel tempo. In uno stato avvezzo a convivere con personaggi che sul malaffare e sulla mafia hanno costruito carriere e fortune, può sorprendere che ci siano funzionari disposti a fare il loro dovere fino a morire per questo Stato. EMERGE nello stesso tempo che quelle vittime hanno di fatto compiuto una missione storica: restituire lo Stato alla gente. Perché è grazie a loro che finalmente – nella storia di questo Paese – lo Stato si presenta agli occhi dei cittadini anche con volti credibili nei quali ci si possa identificare, dando un senso alle parole “lo Stato siamo noi”. È noto che nella sentenza di condanna di Domenico Belfiore si legge che Caccia non veniva a patti, era anzi “accanito contro la criminalità organizzata”. Accanito… Quante volte abbiamo sentito ripetere questa parola, negli ultimi anni e ancora oggi, con riferimento a magistrati “colpevoli” unicamente di fare il loro dovere: anche nei confronti di poteri forti o di interessi refrattari al controllo di legalità, che si INSIEME CONTRO IL CRIMINE Ai magistrati che come me hanno avuto il privilegio di lavorare con lui, ha insegnato che solo la convivenza pacifica è convivenza civile mobilitano per osteggiare la magistratura che “criminalizza” questo o quello. ACCANITO… Ecco una parola che costituisce un titolo di merito se riferita a un magistrato morto, mentre per i magistrati ancora vivi – ma scomodi – viene spesso usata come una clava. Bruno Caccia era “accanito” nel senso che ricercava la verità con determinazione. Sempre attento alle regole ma non indifferen- te ai risultati. Scrupoloso nell’adempimento dei suoi doveri e senza “sconti” o indulgenze per nessuno. Vale a dire che non contava lo “status” sociale, economico o politico di questo o di quello. Nulla che non fosse la legge poteva influire su di lui. Era un esempio, ed è per questo che la sua fotografia figura ancora nella stanza di amici e colleghi. Un grande magistrato. E dire che a parte alcune celebrazioni più che altro formali (l’intitolazione del Palazzo di giustizia e di una piazzetta periferica), la città di Torino sembrava aver di fatto dimenticato questo suo martire. Al punto che Nicola Tranfaglia dovette scrivere (con Teresa De Palma) un saggio su di lui significativamente intitolato “Il giudice dimenticato”. PER FORTUNA contro questo oblio si sono efficacemente mobilitati i giovani di Libera, che tra l’altro gestiscono la cascina di San Sebastiano Po, in provincia di Torino, confiscata proprio alla famiglia Belfiore, ora intitolata a Bruno Caccia e alla moglie Carla. Un quotidiano, coraggioso impegno perché la legalità coinvolga i cittadini e li renda sempre più alleati dello Stato. Così da assumere Bruno Caccia come punto di riferimento anche oltre la stretta cerchia delle aule di giustizia. Riuscendo pure – meritoriamente – a stimolare e supportare l’azione giudiziaria. © RIPRODUZIONE RISERVATA P G 12 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 iazza rande Con quei soldi per gli 80 euro si doveva creare occupazione Più volte nel vostro giornale si parla degli 80 euro del bonus Renzi e degli effetti reali che ha avuto sulle famiglie e sui consumi. Io sono uno di quelli che rientra nei famosi 80 euro e per quanto mi riguarda potrei anche farne a meno, perché sinceramente non mi cambiano lo stile di vita e sono d’accordo sul fatto che con i 10 miliardi stanziati per finanziare questa operazione si sarebbero potute fare tante altre cose e aiutare persone che non percepiscono niente. Se sommiamo a questi un miliardo di bonus per poliziotti e i 500 euro per i diciottenni, circa 1 miliardo di proventi dal prelievo delle slot e 2 miliardi provenienti dal voluntary disclosure, si avrebbero 14,1 miliardi che si potrebbero utilizzare per creare nuovi posti di lavoro. Ipotizzando che in media un lavoratore che percepisce 1.200 euro mensili costi all’azienda 26.000 euro lordi annuali si creerebbero 54.2307 posti di lavoro. E considerando che da questa somma lo stato incasserebbe il 23% di Irpef, ri-entrerebbero nelle casse dello Stato ben 3,2 miliardi per far fronte ad altre spese, senza considerare che l’aumento di posti di lavoro riattiverebbe l’economia, in quanto più persone avrebbero possibilità di spesa. E questo se si accollasse tutte le spese lo Stato: se invece facesse a metà con l’azienda i posti sarebbero il doppio. SALVATORE DUGO A Bologna come a Roma La strada è un colabrodo Vedendo in televisione in quale stato versano molte strade di Roma, penso come anche a Bologna vengono spesso sperperati i soldi dei cittadini, cosa comune a gran parte delle città italiane. Capita che il Comune decida di asfaltare i marciapiedi ridotti a un colabrodo, lavoro miracolosamente ben fatto. Poco tempo dopo però si passa per installare la fibra ottica e si rompono nuovamente i marciapiedi e i lati delle strade che vengono richiusi in maniera superficiale, con avvallamenti e buche. Alle lamentele dei residenti si interviene con qualche rattoppo. Periodicamente si fanno le strisce blu per i parcheggi a pagamento. Poco dopo il Comune decide di riasfaltare i marciapiedi e i lati delle strade per sistemare ciò che era stato fatto in maniera vergognosa e naturalmente dopo bisognerà rifare le strisce blu. I Comuni lamentano sempre mancanza di de- A DOMANDA RISPONDO Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n° 42 - [email protected] berata solo in via cautelare, in seguito ad alcune segnalazioni fatte da operatori durante l’utilizzo delle stesse. A seguito però di accurate analisi svolte direttamente dal ministero, ed a specifici test realizzati presso accreditati e riconosciuti Enti verificatori sia militari che civili, veniva appurato come i suddetti malfunzionamenti non erano in alcun modo riconducibili alle munizioni, le quali non presentavano dunque alcun difetto, né tanto meno un basso livello qualitativo dei componenti utilizzati. Alla luce di ciò, l’accostamento effettuato tra le problematiche riscontrate nelle munizioni Fiocchi e quanto invece verificatosi con la fornitura Sellier & Bellot da Voi citata è del tutto inappropriato e fuorviante. La giornalista giunge poi a mettere in dubbio pure la sicurezza delle munizioni Sellier & Bellot, affermando come “stavolta la partita (quella difettata della Fiocchi ndr) sembra essere meno pericolosa per gli stessi agenti”, circostanza questa del tutto sprovvista di fondamento e frutto di una mera valutazione personale dell’autrice. Considerato come tale falsità, accreditata dal fatto di essere apparsa su di un quotidiano a diffusione nazionale, abbia ormai danneggiato l’immagine commerciale della Sellier & Bellot, restiamo in attesa di una doverosa quanto celere rettifica, riservandoci di tutelare i diritti nostri e della Sellier & Bellot nelle sedi competenti. FURIO COLOMBO La speranza di una legge che regoli il “fine vita” CARO FURIO COLOMBO, sono Renato Biondini, segretario della cellula di Ancona dell’Associazione Luca Coscioni. il 13 settembre noi dell'Associazione abbiamo presentato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare sul “fine vita”in Italia. Mi sto impegnando, assieme a Max Fanelli, malato di Sla di Senigallia, per calendarizzare la proposta affinché possa iniziare la discussione in Parlamento. Qualcuno nelle due Camere vorrà prendere questo impegno? Le scrivo per chiederle se può scrivere su questo tema. RENATO BIONDINI RISPONDO VOLENTIERI a Biondini per tre ragioni: so- no membro dell’Associazione Luca Coscioni, ho lavorato alla Camera e al Senato per far nascere una legge come questa. E, assieme ad altri, non molti, ho incontrato sbarramenti come contro un pericolo per la Repubblica. Un caso da ricordare è quello di Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della commissione Sanità (2008) che aveva iniziato, nella sua commissione, la discussione di una decente proposta sul “fine vita” ovvero la possibilità per le persone coinvolte, di decidere in modo irreversibile e vincolante sulle ultime cure, oppure sull'aiuto a morire. Tutto ciò avveniva prima della grande e penosa messa in scena intorno alla non dimenticata vicenda di Eluana Englaro. Ma qualcuno ha visto in tempo il fenomeno di civiltà e di rispetto dei diritti umani e civili che una simile legge poteva portare. E ha bloccato Marino, lo ha dimesso dalla presidenza della Commissione, ha fatto eleggere la senatrice, allora Pd, poi Forza Italia (fino ai giorni nostri) Dorina Bianchi, e ha spostato altrove il senso e il valore della legge. Quando l’associazione Luca Coscioni ha scelto la strada della legge di iniziativa popolare, un bel po’ di cittadini hanno visto il senso e la civiltà dell’iniziativa, l’hanno sostenuta fino a che la legge ha potuto essere presentata in Parlamento secondo le regole costituzionali. Rischia di giacere insieme a tutte le altre leggi di iniziativa popolare, in un limbo perenne. E perciò concordo con Biondini che ringrazio di avermi scritto. Non smettiamo di parlarne affinché si risvegli qualcuno in Parlamento che si renda conto della svolta di civiltà che questo testo rappresenta. È il tempo giusto perché, come si dice spesso (ma non da molti, salvo i Radicali, nella cui galassia l’associazione Coscioni è attiva) i diritti umani e civili sono l’anima e la vita dell’ordine giuridico – dunque della Costituzione – di un Paese. Il fatto che siano continuamente spinti sul bordo della strada nella vita italiana spiega le nostre peggiori caratteristiche, dal feticismo per il segreto di Stato all’abile bravura con cui si riesce a negare ai cittadini la conoscenza dei fatti così come sono, e le ragioni delle decisioni, che invece il più delle volte, sembrano piovere dal cielo. Ma non voglio ripetere il mantra pannelliano. Voglio chiedere al Parlamento, cominciando dalla presidente della Camera Boldrini, che su questi argomenti è tutt’altro che distratta, la calendarizzazione legittimamente chiesta da chi ha scritto la legge, includendo la voce di dure e dolorose esperienze. Furio Colombo - il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n° 42 [email protected] naro e alzano le imposte locali per far fronte ai lavori di manutenzione che servono alla città. Basterebbe un minimo di comunicazione con chi ha in mano gli appalti dei vari lavori per organizzare al meglio, nel limite del possibile, la successione degli interventi necessari. Questo farebbe risparmiare denaro pubblico e disagi ai cittadini per i continui lavori in corso. merciali e all’assenza nelle scuole superiori di una disciplina fondamentale quale la Geografia Economica. Non scandalizziamoci quindi se migliaia di italiani vengono turlupinati da banchieri senza scrupoli e se l’economia italiana, seconda in Europa nell’industria e quinta nel mondo nel turismo, manca di tecnici qualificati. Geografia economica a scuola per un’educazione finanziaria Da più parti in questi giorni è stata evidenziata la scarsa educazione finanziaria del nostro Paese nonostante sia uno dei più dotati al mondo di risparmio privato. Questi dati non sorprendono affatto chi conosce la scuola italiana se pensiamo alla significativa flessione negli ultimi vent’anni delle iscrizioni negli istituti tecnici com- DIRITTO DI REPLICA MONICA STANGHELLINI RICCARDO CANESI Coordinamento Nazionale SOS Geografia In relazione all’articolo dal titolo “Il Viminale ha (ri)fatto cilecca: milioni di proiettili da buttare”, a firma di Silvia D’Onghia, apparso il 24.11.2015, sentiamo la necessità di rettificare le affermazioni false ivi contenute, gravemente lesive dell’immagine della società Sellier & Bellot, che rappresentiamo con successo nel mercato italiano. In detto articolo, avente per oggetto i difetti riscontrati di recente in munizioni fornite al ministero d el l’Interno dalla ditta Fiocchi S.p.A., si fa inopportunamente riferimento alla Sellier & Bellot, accostando in maniera del tutto fuori luogo quanto sopra evidenziato con presunti problemi riscontrati in munizioni fornite nel 2011 dalla Sellier & Bellot allo stesso ministero. In merito a tale fornitura, si afferma come “le pallottole acquistate e distribuite esplodevano a causa di una polvere da sparo di bassa qualità”; orbene, questa affermazione è del tutto falsa e sprovvista di ogni fondamento! Premesso come le munizioni in questione, acquisite a seguito di regolare gara ad evidenza pubblica, venivano utilizzate unicamente dopo aver superato la necessaria procedura di collaudo ed accettazione da parte di apposita Commissione, è bene precisare come la relativa sospensione veniva deli- DOTT.SSA TIZIANA REGGIANI Legale rappresentante The Four Company S.r.l. I NOSTRI ERRORI Nella rubrica di ieri “Noi e loro” di Maurizio Chierici è stato confuso l’assassinio Br di Francesco Coco, procuratore di Genova, col rapimento del giudice Giovanni D’Urso liberato in catene ai portici D’Ottavia di Roma. Per D’Urso l’Italia si era divisa tra il “partito” della fermezza (nessuna trattativa con le Br) e il “partito” di chi voleva salvare la vita del magistrato. Tassan Din, amministratore P2 del Corriere della Sera, aveva ordinato ai giornali del gruppo di non pubblicare notizie sul dialogo sotterraneo tra stato e Br. Giuliano Zincone, inviato storico del Corriere e direttore del Lavoro di Genova aveva disobbedito. Costretto alle dimissioni, si liberò dalla galassia P2. D’Urso se ne è andato quattro anni fa. Le P2 in maschera sono ancora vive. Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori. PROGRAMMITV 11:10 12:00 13:30 14:05 15:00 16:30 16:40 18:45 20:00 20:30 21:20 00:00 01:20 01:55 02:25 02:55 04:40 A conti fatti - La parola a voi La prova del cuoco Tg1 La vita in diretta Torto o ragione? Il verdetto finale Tg1 La vita in diretta L'Eredità Tg1 Affari tuoi raddoppia Panariello sotto l'albero Natale a Dubai Tg1 NOTTE Moviextra Sottovoce Settenote Musica e musiche con Bungaro, Enzo Gragnaniello, Gianni Nazzaro DA DA DA 11:00 13:00 14:00 16:20 18:00 18:20 18:50 19:40 20:30 21:00 21:10 21:14 23:15 00:15 00:30 01:20 02:10 04:35 I Fatti Vostri Tg2 GIORNO Detto Fatto La notte prima della notte di Natale Tg Sport Tg2 TELEFILM Hawaii Five-0 TELEFILM N.C.I.S. Tg2 20.30 Zio Gianni e l’esame LOL ;-) FILM Asterix & Obelix al servizio di sua maestà Generazioni Tg2 Speciale 90° minuto Serie B TELEFILM Hawaii Five-0 FILM Racconto di Natale Videocomic Passerella di comici in tv 11:00 12:00 12:25 12:45 13:10 14:20 15:10 15:55 16:40 19:00 20:00 20:15 20:35 21:05 00:00 00:20 01:30 02:01 Elisir Tg3 Geo Pane quotidiano Il tempo e la Storia Tre torie di Fede e resistenza Tg3 TELEFILM La casa nella prateria Aspettando Geo Geo Tg3 Blob #TreTre3 Un posto al sole Chi l'ha visto? Tg3 Diario Civile con Franco Roberti Fuori Orario. Cose (mai) viste Next 09:10 09:40 10:45 11:30 12:00 13:00 14:00 15:30 16:39 18:55 19:30 20:30 21:15 23:44 00:52 03:26 03:42 04:36 Bandolera - Prima Tv Carabinieri 4 Ricette all'italiana Tg4 Detective in corsia La signora in giallo Lo Sportello di Forum Hamburg Distretto 21 FILM I tre giorni del condor Tg4 Tempesta d'amore 9 Un Anno Dalla Vostra Parte L'Urlo dell'odio FILM Magnolia Tg4 Night News Media Shopping Ieri e Oggi in Tv Special Magnum P.i. 07:59 08:45 11:00 13:00 13:41 14:10 15:10 16:20 17:00 18:45 20:00 20:40 21:11 23:30 01:30 02:01 02:15 Tg5 I Cesaroni III Il Meglio di Forum Tg5 Beautiful - Prima Tv Una Vita - Prima Tv I Segreti di Borgo Larici Il Segreto - Prima Tv Un bacio sotto l'albero Avanti un altro Tg5 Striscia La Notizia Senza Identità FILM Il Bosco Tg5 Striscia La Notizia Internado II - Che cosa sognano i pesci 04:30 Tg5 05:00 Media Shopping 10:10 Un bianco Natale per Zeus 12:05 Cotto e Mangiato - Il Menu del Giorno 12:25 Studio Aperto 13:05 Sport Mediaset 13:45 I Simpson 14:10 Un Semplice Desiderio 16:05 Christmas In Wonderland 18:05 Camera Cafè 18:23 The store of my life 18:30 Studio Aperto 19:00 I Simpson 19:25 Elf 21:10 I Simpson 22:10 I Griffin 23:10 American Dad! 23:35 Live A Casa Tua - Speciale Mika 00:30 FILM In viaggio con una rock star 02:30 Premium Sport News 06:50 07:25 07:30 07:55 09:45 11:30 13:30 14:00 14:20 18:20 20:00 20:35 21:10 01:00 01:35 Traffico Oroscopo Tg La7 Brevi amori a Palma di Majorca McBride - Omicidio dopo mezzanotte La libreria del mistero Chi è stato? Tg La7 Tg La7 Cronache Jack Frost L'ispettore Barnaby Tg La7 Otto e mezzo Josephine, ange gardien Otto e mezzo Moonlighting 18:55 21:00 21:10 23:00 01:05 03:00 03:15 05:40 07:15 12:20 13:20 15:20 Guardiani della Galassia Sky Cine News Mortdecai Lord of War The Gambler Cenerentola - Speciale Il giovane favoloso Amore, cucina e curry Maratona Silicon Valley In Treatment Fargo - La serie Maratona Deutschland 83 19:45 In Treatment - 1^TV 20:20 Maratona Deutschland 83 22:55 In Treatment PIAZZA GRANDE Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | IL BADANTE IL CAOS COMPETENZA E LE SENTENZE-CASINO I l problema di leggi inquinate da interessi extra-giudiziari è che assomigliano alle armi biologiche: a un certo punto vanno fuori controllo. Un buon esempio è il processo Fondiaria-SAI-Ligresti. NEL 2012 l’ISVAP accerta una carenza nelle riserve sinistri di Fondiaria-SAI pari a non meno di 314 milioni. La Procura di Torino, dove la società ha la sede legale, inizia le relative indagini: falso in bilancio e aggiotaggio (i bilanci falsi sono stati resi noti al pubblico con apposito comunicato, come previsto per le Spa quotate). Le prove sono consistenti. Nel dicembre del 2011 lo stesso Cda di Fondiaria segnala la necessità di aumentare le riserve sinistri di 600/800 milioni oltre a quanto indicato da ISvap; la consulenza del pm conferma le indicazioni del Cda, accertando una sottovalutazione pari a 538 milioni di euro; l’ISvap non ha tenuto conto dei sinistri verificatisi nell’a nn o 2010 per i quali era necessario un ulteriore incremento delle riserve. 538 milioni rappresentano più del 10% della posta di bilancio, indicata in 2 miliardi e 100 milioni; questa è la soglia di punibilità prevista dalla legge: se non si raggiunge, il fatto non sussiste. Guarda caso l’Isvap, omettendo di PIOVONO PIETRE » ALESSANDRO ROBECCHI E lezioni in Spagna? In Francia? Papua Nuova Guinea? Tranquilli: due compresse di Italicum prima del voto e passa la paura. Il refrain della settimana è questo: siccome il bipolarismo non esiste più (tendenza europea conclamata), facciamo una legge elettorale che lo imponga a martellate alla festante popolazione, che così avrà finalmente in dono il bene che più desidera: la stabilità politica. Risolto con la fiction il problema del bipolarismo, si affiderebbe il potere, con scarsissimi contrappesi, a un partito solo, che a quel punto sarebbe super-maggioritario in Parlamento e decisamente minoritario nel paese. Sembrerebbe la vecchia storia della coperta corta: volete più libertà o più sicurezza?, si chiede per lottare contro il terrorismo. Analogamente nella politica si chiede: volete più stabilità o più rappresentanza? ESISTE PERÒ in questa semplice equazione una specie di errore di base, un peccato originale, una gamba del tavolo non solidissima. Che è proprio lì: stabilità. Ma è così vero che l’Italia è la patria dell’instabilità politica? Che le divisioni frenano il paese? Che non si riesce a governare? E » 13 Nativi digitali, la politica dimentica il loro futuro » OLIVIERO BEHA » BRUNO TINTI esaminare il bilancio 2010, aveva contenuto le riserve omesse in 314 milioni, somma non sufficiente a raggiungere la soglia. La Procura ottiene la carcerazione preventiva per Marchionni ed Erbetta, A.D.; Jonella Ligresti, presidente di Fondiaria; Giulia Maria Ligresti, presidente di Premafin, società controllante di Fondiaria; Salvatore Ligresti, presidente onorario di Fondiaria; Antonio Talarico, vice presidente di Fondiaria. Terminate le indagini, chiede il giudizio immediato. Non può fare altrettanto per gli imputati a piede libero, tra cui Paolo Ligresti; per lui e altri viene chiesto il rinvio a giudizio. All’udienza preliminare la difesa di Paolo Ligresti chiede il trasferimento del processo a Milano per competenza territoriale: il comuni- L’ cato relativo al bilancio falso è stato pubblicato a mezzo del server di Borsa Milano; questo dunque è il luogo del commesso reato. La tesi è puntualmente riproposta da anni dalla Procura di Milano che intende essere l’unica Procura competente per tutti i reati di questo tipo, ovunque siano commessi. LA CASSAZIONE, con fantastica coerenza, talvolta l’accoglie e talvolta la respinge; ad esempio, nel processo Gabetti-Grande Stevens, la respinse. Ma il Gip di Torino l’accoglie e Paolo Ligresti e coimputati vari se ne vanno a Milano. Analoga istanza, rivolta al Tribunale di Torino, dove intanto inizia il processo immediato a carico degli altri imputati, viene invece respinta. Il motivo è ovvio: il comunicato falso, prima di arrivare al server di Milano, è stato inserito in un terminale allocato in Torino da dove è stato spedito; dunque qui si è consumato l’inoltro, il resto è semplice procedura automatizzata. Il Tribunale di Milano assolve Paolo Ligresti. Riduce la posta falsificata al di sotto della soglia di punibilità e assolve anche per il reato di aggiotaggio, cioè per il comunicato falso. Il che proprio non si ca- Paolo Ligresti LaPresse pisce, perché questo reato non prevede soglia di punibilità e dunque che il bilancio sia falso per 300 o 500 milioni dovrebbe essere irrilevante. RESTA IL FATTO che la normati- va sulla competenza per territorio, per questo tipo di processi, è sbagliata. I reati societari sono commessi in un contesto ramificato sull’intero territorio nazionale e spesso anche all’estero. Spezzettare il processo in tanti tronconi significa creare le premesse per sentenze contraddittorie tra loro, allungarne a dismisura i tempi con conseguente prescrizione e, soprattutto, impedire una visione unitaria dei fatti. La soluzione è una competenza radicata sul luogo di accertamento: il primo pm diviene competente per tutti i reati connessi, in qualsiasi luogo siano stati consumati. Perché non si fa così? Ovvio, perché in questa materia l’efficienza non è considerata un pregio ... © RIPRODUZIONE RISERVATA Una pasticca d’Italicum e ti passa subito la voglia di democrazia non è bizzarro che chi dice che così non va bene, che non si governa, siano proprio quelli che governano, e dicono di farlo bene e con efficienza? Il ragionamento zoppica. Anche perché, a guardare i suoi sviluppi generali, la stabilità politica italiana è strabiliante. Persino quando si cambiava un governo ogni sei mesi, ai tempi della Prima Repubblica, la stabilità era a prova di bomba, si davano il cambio attori e com- vent’anni, non c’è niente di più tremendamente stabile. Cominciò il governo Prodi (1996) a sventolare la bandiera della “flessibilità”, senza la quale, ci dissero, saremmo morti tutti. L’allora ministro Treu stappò il vaso di Pandora del lavoro flessibile e precario, che dilagò nel paese, che si impose senza freni e controlli, fino alla sua regolamentazione finale con il Jobs act: tutti un po’ precari, cioè licenziabili a un costo minimo, tutti demansionabili eccetera, eccetera. Si può DOPO LA SPAGNA dunque dire che Si affiderebbe il potere nel giro di una ventina d’anni, a un partito solo, che sarebbe con strappi improvvisi e lunghe super-maggioritario pause, con goin Parlamento e decisamente verni di destra e di sinistra, con i minoritario nel Paese fini economisti prodiani e con la compagnia di giparse nella stanza dei bottoni, ro del poro Silvio, il disegno di ma il disegno restava più o meno flessibilizzazione e precarizzaidentico. Facevano i turni, i vec- zione del lavoro si è perfettachi volponi della prima Repub- mente compiuto. Impeccabile blica, ma il lavoro era sempre opera di stabilità politica: quello. chiunque governasse, il disegno Se si guardano per esempio le era quello, ed è stato eseguito. politiche sul lavoro degli ultimi Ci sarebbero altri esempi, ov- viamente, non ultimo il fatto che abbiamo sempre mandato aerei, armi e soldati dove ci hanno chiesto di mandarli, altro esempio di stabilità. Insomma, non siamo così instabili, diciamo anzi che specie nelle politiche economiche siamo stabilissimi, come dimostra il fatto che le diseguaglianze sociali sono aumentate, negli ultimi anni, piuttosto costantemente, e non diminuite: un capolavoro a cui hanno concorso tutti, chi più chi meno, altro esempio di continuità politica niente male. L’ITALICUM come garanzia di stabilità, dunque, lascia perplessi. Indicare la Spagna dicendo: “Visto? Col nostro trucchetto non sarebbe successo” è suggestivo ma non porta lontano. È vero: col trucchetto dell’Italicum Rajoy finirebbe per formare un governo, in solitudine e maggioranza assoluta: un governo con superpoteri che sarebbe espressione di un elettore su quattro. Una spallata abbastanza decisa al concetto di democrazia rappresentativa. E vabbè, non facciamola lunga, avrete un po’ meno democrazia, ma vuoi mettere la stabilità? © RIPRODUZIONE RISERVATA espressione “nativi digitali”, coniata da uno scrittore americano, Prensky, all’inizio del Terzo millennio, mi ha sempre lasciato un po’ freddino. Troppo burocratica, troppo scivolosa, troppo precisa nella sua vaghezza. Ma di recente l’ho messa praticamente alla prova ed è stato tutto diverso: frequento da qualche mese – ne ha dieci – un bambinetto vispissimo, allegro, solare e molto, molto “digitale”. Si anima per un display luminoso, punta con il minuscolo dito il rosso per spegnere il cellulare, riesce a manipolare, sempre con il suo ditino digitalissimo, qualunque telecomando abbia a tiro. Che c’entra il pargolo con Renzi e Bersani, le elezioni spagnole lette alla luce (all’ombra?) dell’Italicum, il truffaldino caos banche ecc. ecc.? Temo che c’entri, e tantissimo. Impersona un futuro o almeno una fondata ipotesi di futuro con cui bisognerebbe cominciare a fare i conti fin da ora, e siamo già in ritardo. Si potrebbe epidermicamente obiettare che il nostro eppur giovane premier in fatto di comunicazione, di tweet e manzonianamente di questo genere di diavolerie sia un esperto, adatto alla bisogna assai più della classe dirigente che all’inizio voleva rottamare e che ora sembra solo voler sopportare con impazienza, vedendo gufi dappertutto e perfino nella cravatta del pover’uomo che presiede il Senato. EBBENE, è proprio questo il punto: siamo tutti quanti così zincati nel presente, o ancor di più nell’istante, senza uno straccio di memoria, che prefigurarsi il futuro sembra un’impresa atemporale fuori da qualunque logica contemporanea. Così che dalle elezioni spagnole si cava solo una morale effimera, elettoralmente utilizzabile per certificare che con l’Italicum (se risulterà costituzionale) verrà garantita la governabilità. Ma per chi? Per gli elettori sfiancati di oggi che boicotteranno la diserzione dalle urne, e per lo scenario politico che abbiamo sotto gli occhi: che cosa c’è in tutto questo di interessante e utile per quelli che verranno, per i nativi digitali che tra poco votano e per quelli che si susseguiranno in una dimensione tecnologica che ci comprime e ci sfugge insieme? Non si tratta di sceneggiare film di fantascienza per le nuove generazioni ma di ipotizzare dei processi differenti, di immaginare che cosa conterà tra dieci o venti anni. E chi lo deve fare tutto ciò se non la politica? Che ce ne facciamo altrimenti, al netto delle ruberie e dell’impresentabilità? Davvero a essa chiediamo solo questa contrapposizione di facciata, per bande nemmeno troppo larghe, questa occupazione di suolo pubblico “perché qualcuno lo deve fare”? Davvero il punto è che “non ci sono più i partiti” ma solo i supermercati? Prendete il Jobs act: avrà i suoi pregi, ma sembra remoto dal considerare i lavori spariti (con i relativi posti) che non torneranno più perché non più necessari e quelli di cui invece ci sarà bisogno e su cui è indispensabile investire. Il problema è che Renzi come tutti i suoi omologhi non può, sa o vuole guardare oltre la siepe, così che tutto rimane circoscritto a un presente di minimo cabotaggio. È il Paese che serve alla classe politica per essere tale, non il contrario. E questo intorcinamento provoca effetti negativi sulla quotidianità dell’uomo della strada, di chi pensa e agisce come se senza la politica fosse impossibile vivere decentemente, fare carriera, impostare il futuro. Il paradosso è che tutto ciò è vero non in generale ma specificamente con una politica degenerata che è solo ristagno, immobilità sociale e culturale malgrado le apparenze, quando non recessione. Mentre il bimbo allegro punta il display… www.olivierobeha.it © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 » CRONACA A REGGIO CALABRIA La cosca chiedeva il pizzo sui restauri al museo dei “bronzi” | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 ANCHE I BRONZI di Riace pagano la mazzetta alla cosca De Stefano. È scattata ieri mattina l’operazione “Principe”, nome con cui è noto il boss Giovanni De Stefano. Con lui sono state arrestate altre quattro persone indagate per l'estorsione alla ditta che ha ristrutturato il Museo nazionale di Reggio Calabria dove sono esposti le celebri statue. Stando al provvedimento di fermo, eseguito dalla q Squadra mobile e dai carabinieri su richiesta della Dda, la cosca avrebbe preteso dalla Cobar una tangente di 180 mila euro per operare con tranquillità. Non solo. “Si occupavano anche dell’aspetto logistico –spiega il tenente colonnello Alessandro Mucci –C’era un controllo totale di un appalto nazionale”. I lavori, infatti, sono costati 20 milioni di euro di cui 17 erano i fondi statali e 3 i finanziamenti regionali. Le in- tercettazioni e le dichiarazioni del pentito Enrico De Rosa ai pm Lombardo, Musolino e Ferracane hanno permesso di arrivare agli arresti. “Abbiamo colpito il cuore strategico della cosca”, aggiunge il questore Raffaele Grassi. “La ‘ndrangheta prende tutto – commenta il procuratore Federico Cafiero De Raho – Lascia il cittadino inerme a subire”. LU. MU. Picchiato dai rapinatori deve 50mila euro ai medici Il 29enne Carlo Iannuzzi, italiano a Buenos Aires, dimenticato dalle istituzioni » LUCIO MUSOLINO A quartiere popolare di Almagro dove i suoi sogni sono stati spazzati via la notte tra il 26 e 27 novembre: due rapinatori lo hanno colpito con una mazza di ferro e Carlo è stato trovato riverso in una pozza di sangue con la testa rotta. 29 anni Carlo Iannuzzi ha mollato tutto per seguire il suo sogno: lavorare in Argentina. Da quasi un mese, però, dopo una violenta rapina, è ricoverato in gravi condizioni e deve pagare 50 mila di euro ADESSO È RICOVERATO all’Hospital italiano di per le cure. Buenos Aires, clinica privata scelta dopo che Iannuzzi, dopo la laurea in Ingegneria in- l’ospedale statale si è dimostrato poco attrezformatica all’Università di zato per le cure. Carlo ha subìto Cosenza, era stato assunto da un delicatissimo intervento di una società di Bologna come L’aggressione craniotomia decompressiva, analista programmatore. Ri- Alla fine di novembre indispensabile per la fuoriumasto in Emilia tre anni, si è scita dell’ematoma che comdimesso perché quella non e- ha subito una violenta primeva il tessuto cerebrale. ra la sua vita. Sembrerebbe fuori pericolo, si rapina. Poi il delicato attendono gli esiti e intanto ha HA ABBONDATO IL LAVORO, intervento e il conto lasciato il reparto di terapia inha lasciato la famiglia a Rocceltensiva ma deve essere trasfela Jonica e ha preso un volo per rito in un’altra struttura per la Buenos Aires. Ad agosto, poi, aveva firmato il riabilitazione. L’assistenza medica però ha un suo contratto con la “Arte Grafico Editorial Ar- costo che finora, tra intervento e ricovero, amgentino” e aveva affittato un appartamento nel monta a 50 mila euro. La famiglia non può pa- gare la spesa e la Regione, dopo un mese, non si è mossa. NON LO HA FATTO neanche do- po la lettera inviata il 16 dicembre dal console a Buenos Aires Riccardo Smimmo, che ha scritto al dipartimento Tutela della Salute della Regione Ca- In America Latina Carlo Iannuzzi durante un viaggio labria chiedendo se esiste “un sistema affinché l’Asl possa provvedere a un Puente per Carlo” che ha attivato un conto corrimborso almeno parziale” o, in alternativa, il rente per raccogliere le donazioni che serviranricorso a una legge regionale del 2012 che pre- no ad aiutare la famiglia: “A oggi – denuncia il vede “contributi per cure mediche non rimbor- presidente del comitato Francesco Ieraci – non sabili nel paese di residenza ai cittadini di ori- esistono atti per garantire l’assistenza sanitaria gine calabrese”che si trovano stabilmente all’e- a un cittadino italiano rimasto vittima in Argenstero. Dopo otto giorni la Regione non ha fornito tina. Questa vicenda evidenzia una falla di sistema. Sappiamo che il caso Iannuzzi è stato una risposta. Di fronte alla lentezza di uno Stato che, da portato a conoscenza del ministero degli Esteri oltre un mese, non interviene per garantire il e di quello della Salute. Noi abbiamo interpeldiritto alla salute a un ragazzo di 29 anni, gli lato la Regione”. Il comitato aspetta un segnale. unici a battersi per il rientro di Carlo in Italia E anche Carlo attende. © RIPRODUZIONE RISERVATA sono i suoi amici. Hanno creato il comitato “El | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 | » 17 ALL’INTERNO Gli industriali evadono, ma vogliono un fisco su misura • Consiglio di Stato, la guerra di Renzi • La manovra dei favori è legge • LOBBY Oggi il governo approva il decreto che permette ai colossi delle bionde di usare il sistema anti-contrabbando che si sono fatti in casa. Poi tocca al regolamento che lo attuerà. Anticipando l’Ue L I numeri 14 miliardi circa, l’incasso dello Stato dalle accise sui tabacchi (fatto 100 il prezzo, quasi 60 vanno all’Erario) 2 miliardi, quanto pagato dai 4 big del tabacco (Philip Morris, Bat, Jti e Imperial) tra il 20042010 per chiudere i contenziosi con l’Ue sul contrabbando 133 milioni, l’incasso dalla tassa sulle ecig, ora sospesa dal Tar e inviata alla Consulta CAPITANI DI SVENTURA » MARCO FRANCHI a madre di tutte le battaglie nel grande mercato del tabacco si chiama “tracciabilità”. Vede contrapposti Philip Morris (insieme ai concorrenti) e le organizzazioni contro l’ingerenza dei produttori delle bionde, la trincea è Italia, e si sta per chiudere con un vincitore: i colossi delle bionde potranno usare il sistema di tracciabilità della filiera che si sono fatti in casa. O meglio: quello brevettato dal gigante americano e condiviso con i concorrenti British american tobacco (Bat), Japan tobacco e Imperial tobacco. L’opposto di quanto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha chiesto di fare ai governi con un apposito protocollo (Ftct), che l’Italia non ha ratificato per tutelare un settore che porta miliardi nelle casse dell’Erario. In questi giorni almeno 18 testate nazionali ospiteranno una campagna contro il contrabbando di sigarette sponsorizzata da Philip Morris. Nei mesi scorsi Bat si è fatta sentire comprando pagine pubblicitarie su l’Unità contro il mercato illegale delle sigarette, e non passa giorno senza pensosi convegni sul tema. Alcuni, come a Milano pochi mesi fa, sponsorizzati dalla fondazione Open, la cassaforte politica di Matteo Renzi di cui il primo finanziatore è proprio la Bat. CON I SUOI quasi 14 miliardi di imposte incassate dal settore, Roma è la linea di faglia europea dove il mercato delle bionde si gioca il futuro. Non stupisce che ci siano fughe in avanti. La tecnologia di Philip Morris per combattere il contrabbando è pronta: si chiama Codentify e al Tesoro giace da tempo un regolamento che, bruciando i tempi, le aprirà la strada. Il primo tassello arriverà oggi: il consiglio dei Ministri approverà il decreto che recepisce una direttiva europea, la 40 del 2014, che riscrive il settore. Anche a Bruxelles la battaglia è stata aspra, e sulla tracciabilità ha vinto la linea morbida: niente divieto ai produttori di farsi il sistema in casa. Il testo del decreto - arrivato dopo mesi di battaglia fra le lobby - prevede che siano i produttori delle sigarette a fornire a “tutti gli operatori economici coinvolti negli scambi”tutte le “apparecchiature necessarie per la registrazione degli acquisti, delle vendite, dell’immagazzinamento, Tutti i fronti aperti Il Tar invia alla Consulta l’imposta sulle e-cig, la stessa dei nuovi prodotti lanciati dagli americani Il Tesoro potrebbe riaprire la partita Padoan e il prezzo della paura C’È UNA COSA che il governo ha sottovalutato e il ministro Pier Carlo Padoan, che ne sarebbe l’anima economica, prima di tutti. Il decreto “salva-banche” del 22 novembre ha forse salvato quattro istituti bancari in difficoltà, ma ha messo in crisi l’unico elemento fondamentale del sistema: la fiducia. S’è detto che la produzione del capitale implica l’incertezza del tempo della sua creazione tanto quanto la fiducia nella sua restituzione da parte di chi fa credito: senza questo delicato rapporto tra fiducia e tempo non esiste il capitale, né forse il suo -ismo. Ecco, il 23 novembre mattina in Italia il tempo c’era ancora, la fiducia meno e in queste faccende la fiducia ha un prezzo, o meglio un rendimento: è l’interesse che si paga sul capitale, in sostanza il prezzo della paura che quei soldi non tornino più indietro. Oggi, il problema che dovrebbe assillare il ministro Pier Carlo Padoan non è tanto quello che emerge dalle cronache (il suicidio del pensionato di Civitavecchia o la “rapina di riparazione” del 35enne azionista di Veneto Banca che si ritrova in tasca titoli senza valore), ma il prezzo che da ora in poi bisognerà dare alla paura e per quanto ancora il sistema potrà permettersi di pagarlo. Il decreto di “risoluzione” per Popolare Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti ha impaurito gli italiani o, meglio, li ha risvegliati: hanno finalmente capito cos’è il bail in, cioè il meccanismo voluto dall’Ue che vieta salvataggi pubblici prima che siano stati spennati i creditori privati. Correntisti e risparmiatori italiani oggi hanno paura e quella paura, come detto, ha un prezzo: sarà quello che le banche italiane dovranno pagare per chiedere al mercato nuovi capitali o (in termini di perdita di valore) per piazzare le loro azioni in Borsa come le Grandi Popolari sono obbligate a fare per decreto. Questa paura il sistema bancario italiano se la può permettere? Ha i soldi per garantirne il prezzo? La risposta, come sarà chiaro all’inizio del 2016, non è così scontata: l’operazione del 22 novembre è riuscita, ma il paziente è moribondo. MARCO PALOMBI q Tracciabilità, l’ultima guerra vinta da Philip Morris & C. del trasporto e delle altre operazioni di manipolazione dei prodotti del tabacco”. L’unica limitazione è sull’archiviazione, che dovrà essere affidata a un soggetto terzo, certificato da un revisore esterno “proposto e retribuito dal fabbricante del tabacco”. Il contrabbando di sigarette costa al fisco europeo 12 miliardi l’anno. Tra il 2004 e il 2010, i 4 colossi hanno pagato 2 miliardi per chiudere le controversie legali con i regolatori comunitari legate al loro ruolo nel mercato nero. Ora le cose sono cambiate, dicono i produttori. “Non si mette la volpe a guardia del pollaio”, denuncia invece il gruppo di lavoro contro l’ingerenza del mondo del tabacco, il cui presidente, l’europarlamentare Gilles Pargeneaux ha scritto a Renzi per chiedergli di ratificare l’Ftct. La direttiva Ue stabilisce che l’obbligo di usare la tracciabilità con l’identificativo univoco entrerà in vigore solo nel 2019, dopo che la commissione ne avrà fissato criteri e caratteristiche (nel 2017). Da gennaio scorso, però, al Tesoro è pronto un regolamento che il Fattoha visto - che lascia campo libero ai produttori e 18 mesi per far partire tutto. Una Mercato a un bivio Il contrabbando di sigarette costa al fisco europeo circa 12 miliardi di euro l’anno LaPresse l 50% Lo sconto I “prodotti di nuova generazione, come quello del colosso americano hanno avuto lo stesso sconto sull’accisa delle e-cig scadenza che ha creato malumori. Dopo mesi di stallo, la soluzione è stata trovata: si procederà “su base volontaria”. Tradotto: chi vuole può partire con Codentify. La Commissione si troverà quindi a varare i criteri sapendo che molti produttori già si sono mossi. E, se il protocollo dell’Oms venisse ratificato (come in Francia, Spagna e Austria), rendendo di fatto illegale Codentifysi potrebbero aprire contenziosi legali miliardari. I produttori studiano perfino come cedere a terzi l’intero sistema. Nelle scorse settimane, diverse commissioni parlamentari hanno chiesto al governo di ratificare l’Ftctn e fare una gara pubblica (su cui premono gli svizzeri di Sicpa) e al Tesoro sono arrivate anche le doglianze del Poligrafico dello Stato, che produce il tassello con l’effigie dei Monopoli applicato sui pacchetti pronto a essere archiviato dal regolamento. LA TRACCIABILITÀ non è però l’unico tema aperto per Philip Morris, che in Italia ha investito un miliardo tra commesse ai coltivatori e il lancio della sua sigaretta di nuova generazione a cialda di tabacco ma senza combustione (la Iqos) prodotta a di Bologna. Nei giorni scorsi, il Tar del Lazio ha sospeso e rinviato alla Consulta il regime fiscale sulle sigarette elettroniche che ha lo stesso sconto sull’accisa applicato alla Iqos. Era già successo con la vecchia supertassa, con il risultato che a oggi non si è incassato un euro (erano previsti 133 milioni nel 2015) e i contenziosi sono esplosi. Ai produttori di e-cig proprio non va giù di avere la stessa tassazione di un prodotto col tabacco, che imputano alla pressione degli americani e hanno sommerso di tweet critici la campagna sul social del colosso in tema di contrabbando, trasformandola in un boomerang. In risposta a un’interrogazione del deputato Sebastiano Barbanti (ex M5S), il Tesoro ha spiegato che è pronto a valutare “l’appropriatezza di questo regime fiscale”. Nella bozza di decreto che arriverà in pre-consiglio dei Ministri, i “prodotti di nuova generazione”sono però esclusi dalle nuove tariffe. Resta il divieto di fumo in macchina con minori e donne incinte, mentre forse salterà la sospensione della licenza per i tabaccai che vendono sigarette ai minori. © RIPRODUZIONE RISERVATA 18 » Il Fatto Economico | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 AD AZIENDAM Confindustria vorrebbe un sistema di controlli su misura con “un’unità specializzata” per i super ricchi. Che sottraggono all’erario gran parte dei 122 miliardi S » NUNZIA PENELOPE Il Csc VERIFICHE MIRATE Gli industriali, tramite il Centro studi, accusano “l’inefficienza” del sistema dei controlli. Il 94% delle verifiche colpisce le grandi imprese, mentre le medie e piccole imprese sono controllate molto meno n l 122,2 milioni È la stima dell’evasione fiscale e contributiva secondo il centro studi degli industriali l 335 mila Gli occupati in più se fosse restituita ai contribuenti la metà dell’evasione fiscale l 97% Irregolarità , in media, rintracciate, nel 2013-2014, nei controlli alle aziende con volume d’affari sopra i 100 milioni essantatré provvedimenti di legge in materia fiscale in dieci anni, finalizzati a far pagare le tasse a tutti: con l’unico risultato che l’evasione è aumentata. Il j’accuse di Confindustria contro l’“inefficienza’’ del sistema parte da qui, e mette nel mirino sia i legislatori, sia le autorità fiscali, Agenzia delle Entrate in primo luogo: incapaci di fare il loro lavoro, ma avidi del sangue dei (grandi) contribuenti. Miliardi evasi, ma si sentono tartassati Nel dossier curato dal Centro studi di Viale dell’Astronomia, dal titolo “L’e va s i on e blocca lo sviluppo. Le misure per debellarla’’, sotto accusa c’e’, innanzi tutto, la gestione dei controlli fiscali da parte dell’Agenzia Entrate: “La selezione dei contribuenti da accertare – si legge – è finalizzata a fare cassa e non alla de ter ren za”. Nel biennio 2013-2014, rivela il dossier, è stato sottoposto a controllo fiscale il 94% dei grandi contribuenti con oltre 100 milioni di volume d’affari, contro il 25% delle imprese medie e il 3% appena delle piccole. Ma il vero problema è un altro: “Sui grandi contribuenti si registrano percentuali di irregolarità superiori al 96% in entrambi gli anni”. La prova che sono tutti evasori? Al contrario, per Confindustria è la prova regina che il sistema non funziona: “Il dato è anomalo – afferma il rapporto – se i controlli avessero un effetto deterrente, un contribuente irregolare nel 2013 non dovrebbe esserlo l'anno successivo, avendo la certezza di essere ricontrollato. Dai dati sembrerebbe invece che i grandi contribuenti siano incapaci di adempiere agli obblighi richiesti”. In effetti, scorrendo l’elenco dei big che negli ultimi anni sono stati costretti dai controlli delle Entrate a riversare miliardi di tasse nelle casse dello Stato, si evince che quasi tutti sono incappati in accuse di evasione, elusione, abuso di diritto, derivate da accertamenti. Invece, accusa il dossier, il fisco è molto più distratto su imprese minori e professionisti, che “rischiano un controllo rispettivamente ogni 33 e 50 anni”. In sintesi: “oltre 6 milioni di contribuenti non saranno controllati mai nell’arco temporale della loro attività”. Una bella fortuna, certo. Ma poiché “la propensione all’evasione varia in funzione della probabilità di controllo e sanzione’’ (ma come? non erano inutili i controlli?) proprio qui si cela, secondo Confindustria, la vera evasione: “Nelle piccole imprese, caratterizzate da una più elevata numerosità che diminuisce la probabilità di finire nelle maglie dei controlli”. Il lamento degli industriali: “Verifiche solo su di noi” Ma il 98% beffa il fisco Infografica di Pierpaolo Balani Altro punto dolente, sul quale il dossier chiede di intervenire, è il sistema di incentivi agli ispettori del fisco: “Sono necessarie norme che favoriscano la trasparenza sulla definizione degli obiettivi e incentivi del personale dell’Agenzia delle Entrate”, in quanto “possono condizionare l’operato del personale’’ e infatti spesso “hanno dato adito a dubbi sospetti “. Ma l’Agenzia guidata da Rossella Orlandi è nel mirino anche per un eccesso di autonomia nell’applicazione delle norme: “Motivo di forte criticità è nella compresenza, in seno all'amministrazione deputata al controllo dei contribuenti, anche della funzione i nt e rp re t at i va ”. Poiché “la politica tributaria è competenza del Mef”, per Confindustria “è opportuno affidare a questi il compito di fornire la cornice interpretativa della normativa”. La proposta è che “ogni norma fiscale sia accompagnata da una circolare quadro del ministero” che ne fissi l’interpretazione. L’Agenzia dovrà adeguarsi. Quanto alla politica, Confindustria accusa un’inefficienza bipartisan: la “produzione normativa è bulimica e compulsiva”, manca “una strategia chiara e lineare”', e le retromarce del legislatore sono l 220 mila I super ricchi a titolo personale in Italia, con un reddito annuo superiore a un milione di euro. Siamo al decimo posto nel mondo per questo parametro l 12,6% incremento del numero di super ricchi in Italia nel 2014 rispetto al 2013. Ma Il fisco non è specializzato sulle persone fisiche ad alta capacità contributiva Così fan tutti Dai professionisti alle pmi, la quasi totalità degli accertamenti riscontra irregolarità. Per Squinzi, però, la Orlandi ha troppa autonomia state “fr e q u en t i ”: “P ri m a convinto di introdurre una norma, poi restio nell'attuarle o infine persuaso ad abrogarle, perché inefficaci o poco opportune”. L’unità specializzata per Paperoni Insomma: “Bisogna cambiare radicalmente approccio nell'analisi e nel contrasto dell'evasione, prendendo atto che quanto realizzato fin qui si è dimostrato largamente insufficiente”. La proposta di Viale dell’Astronomia è di porre fine ai “controlli ex post’’, per passare alla “collaborazione preventiva” tra fisco e contribuente. In tre mosse. La prima: assegnare a ciascun grande contribuente un unico funzionario come riferimento fisso nel “dialogo’’ con l’amministrazione, in modo da poter contare su un soggetto “comprensivo” che ne capisca le esigenze: “È importante che l'amministrazione compia maggiori sforzi per conoscere meglio le necessità e il funzionamento delle imprese, che rappresentano la categorie di contribuenti con più spiccate peculiarità”. La seconda: istituire nuclei specializzati per il transfer pric i ng , altro tasto dolente su cui sono nate infinite querelle tra fisco e imprese. Infine, per Confindustria andrebbe colmata una terza incredibile lacuna, e cioè la mancanza di un’ “unità specializzata” del fisco per i super ricchi, tecnicamente High Net Worth Individual, “persone fisiche ad alta capacità contributiva’’. Lacuna davvero inspiegabile, poiché il nostro paese in materia di patrimoni non ha nulla da invidiare al resto del mondo: l’Italia – sottolinea il dossier – è infatti “decima nella classifica mondiale della popolazione Hnwi, con circa 220 mila super-ricchi a titolo personale, con reddito annuo superiore a un milione di euro, aumentati l’anno scorso del 12,6% rispetto al 2013”. E vuoi che non ci sia un fisco su misura anche per loro? © RIPRODUZIONE RISERVATA ALL’ULTIMO CLICK Internet, in Italia 1 famiglia su 3 non è connessa Ci salva il mobile UNA FAMIGLIA su tre, in Italia, non è ancora connessa a Internet e chi è connesso lo è perché o ha in casa un figlio adolescente o perché probabilmente ha comprato uno smartphone con un pacchetto dati che gli permette di usare WhatsApp. I numeri sono ufficiali, rilasciati quasi a fine anno dall'Istat. Se si è infatti passati dal 52,4 per cento al 66,2 (con un aumento del 2,2 per cento) è soprattutto merito della diffusione delle connessioni mobile e dell’aumento nelle vendite dei dispositivi smart. Non è infatti cambiata la media di chi accede a Internet tramite banda larga fissa, che resta la modalità più diffusa. Semplificando: se è verosimile che tutti i giovani siano connessi e che la fascia dei 4050enni stia scendendo a patti con le nuove tecnologie, resta ferma quella degli ultra 65enni. Le meno connesse, infatti, secondo l’Istat sono le famiglie composte da ultrasessantacinquenni: fra queste solo il 18 per cento dispone di una connessione a banda larga. Poi c’è la differenza culturale: sono più connesse le famiglie in cui c’è almeno un laureato, quelle in cui il capo famiglia è un imprenditore o un dirigente: in questi casi, saremmo di fronte addirittura alla compresenza di connessioni mobile e fisse di ultima generazione. Curioso che, invece, le famiglie che abbiano come capofamiglia un operaio registrino i valori più alti per la sola banda larga mobile: il 28,6 per cento. Che la connessione fissa alla banda larga sia per i ricchi? Di sicuro, restano le differenze territoriali: il sud e le zone rurali stanno messe peggio, anche se in alcune regioni del sud, dice l’Istat, il divario si è ridotto. Ad esempio in Molise e Campania: poi però specifica che, anche in questo caso, il merito è di tablet e smartphone. Forse, però, è meglio così visto che, se pure qualcun altro volesse connettersi con banda larga fissa, sorgerebbe il problema della disponibilità: l’Italia è tra gli ultimi sei paesi d’Europa nella graduatoria per la sua diffusione. VDS q Il Fatto Economico » 19 Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | Nomine Novità: il governo decide il presidente da una cinquina selezionata con criteri che favoriscono l’ex collaboratore di Mattarella e penalizzano un giudice sgradito ai renziani RACCONTANO BALLE Consiglio di Stato, duello finale per scegliere il vertice » STEFANO FELTRI L a nomina del presidente del Consiglio di Stato è sempre stata una faccenda piuttosto noiosa: il presidente del Consiglio chiedeva un nome al l’organo di autogoverno dei magistrati amministrativi che si occupano del rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione. Il nome fatto era sempre quello del giudice con la maggiore anzianità, il premier portava il nome al capo dello Stato che lo nominava con un decreto. Poi è arrivato il governo Renzi. OGGI SI RIUNISCE il Consiglio dei ministri. Che deve scegliere tra cinque nomi: il premier ha chiesto all’organo di autogoverno dei magistrati di indicare una cinquina di candidati. Cosa che al Consiglio di Stato non è piaciuta, perché spostava la decisione reale a Palazzo Chigi, rompendo la tradizione. E allora i magistrati hanno reagito offrendo sì una rosa, ma con un ordine preciso, una gerarchia. Che sta creando parecchie tensioni al vertice del Consiglio, perché considera diversi parametri di carriera e non soltanto l’anzianità. Risultato: il numero uno è Stefano Baccarini, quello con la maggiore anzianità, sarebbe il presidente naturale se non fosse che tra un anno circa dovrà andare in pensione. Al numero due della “graduatoria” c’è Alessandro Pajno, candidato fortissimo, soprattutto in questo momento, visto che è stato capo di gabinetto di Sergio Mattarella quando il Chi perde e chi vince I magistrati Sergio Santoro e Alessandro Pajno capo dello Stato era ministro dell’Istruzione, nel 1989-1990. Per anzianità Pajno doveva essere al terzo posto. Dove invece si trova Filippo Patroni Griffi, già ministro della Funzione pubblica col governo Monti, poi sottosegretario a Palazzo Chigi con Enrico Letta, ma che ha sempre sottolineato di essere solo in prestito alla politica (e che, più giovane degli altri candidati, può entrare anche in successive tornate di nomine). Per anzianità, doveva essere quinto. Posizione in cui si La graduatoria Sergio Santoro guidava l’Autorità poi passata a Cantone, è quarto in lista invece che secondo trova Raffaele Carboni, l’outsider della partita. Chi viene penalizzato da questa inedita cinquina ordinata con criteri originali è Sergio Santoro: per anzianità doveva essere il secondo, quindi il favorito alla presidenza, nel caso il governo voglia un presidente di medio periodo, su cui non incombe il pensionamento come nel caso di Baccarini. Il problema è che Santoro, classe 1951, non è esattamente il magistrato più popolare nella stagione renziana. È stato capo di gabinetto del sindaco di Roma Gianni Alemanno, anche se è scappato dopo cinque mesi da quell’amministrazione. Guidava l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici quando il premier Matteo Renzi ha deciso di cannibalizzarla nell’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Nell’occasione, l’allora ministro dei Tra- Istat, ministero del Lavoro e Inps: fine del “desolante caos sui dati”? sporti Maurizio Lupi l’aveva sottomessa, trasformandola da controllore del ministero in controllata. E nell’inchiesta sugli appalti Italferr in Umbria alcuni dirigenti dell’Autorità si lamentavano dell’intransigenza di Santoro. Che nelle ultime settimane sta bloccando un aspetto non secondario della rottamazione renziana, il pensionamento a 70 anni invece che 75 dei magistrati ordinari: la sezione del Consiglio di Stato presieduta da Santoro ha accolto la richiesta di alcuni giudici di avere una sospensiva (cioè di rimanere in servizio) in attesa di una decisione su un “ricorso straordinario al capo dello Stato”. Il governo si oppone. Santoro pare lo sconfitto sicuro della corsa alla presidenza. Chiusa quella, a gennaio si apre la questione del presidente aggiunto: se Baccarini diventa presidente, toccherebbe a Santoro. Se prevale Pajno, il posto di numero due può andare a Baccarini (che però è sempre pensionando) o a Santoro. Se venisse escluso ancora, Santoro potrebbe anche fare ricorso al Tar. Al Consiglio di Stato in queste settimane è tutto sospeso in attesa delle nomine: finché non si sa chi comanda, meglio non muovere nulla. Da gennaio già ci sono problemi perché mancano dieci giudici di nomina governativa e sono bloccate le “promozioni” dal Tar. A questi problemi strutturali si aggiunge l’incertezza sul vertice. Che, forse, comincerà a sciogliersi con il Consiglio dei ministri di oggi. La scheda COS’È IL CONSIGLIO di Stato? È il massimo organo della giustizia amministrativa, una sorta di Cassazione per i ricorsi contro le sentenze emesse dai Tribunali amministrativi regionali (Tar). Funge anche da massimo consulente legislativo tanto per il governo (che gli sottopone i decreti legislativi) che per il Quirinale n © RIPRODUZIONE RISERVATA Elettorale Via le tasse sulla casa a tutti, trasferimenti alle imprese, bonus a poliziotti e 18enni, mance a piovere La manovra dei favori (a deficit) da ieri è legge » MARCO PALOMBI A lla fine il governo mette insieme 162 voti in Senato (contro 125) per approvare la legge di Stabilità e il Bilancio senza modifiche rispetto alla Camera. Da ieri, insomma, la manovra del governo è legge, la cornice attorno a cui si muoveranno i conti pubblici del prossimo triennio. Quello che leggerete è un breve bilancio. I GRANDI NUMERI. Nel 2016 la leg- ge di Stabilità vale oltre 30 miliardi, 18 dei quali coperti con maggior deficit rispetto al previsto. Il disavanzo della Pa, secondo il governo, si fermerà al 2,4% - parecchio più su di quanto promesso dall’Italia a Bruxelles - mentre il Pil reale (cioè al netto dell’inflazione) dal 2016 in poi salirà dell’1,5% o più. Qui cominciano i problemi: l’Ufficio parlamentare di bilancio sostiene che la previsione è troppo rosea per il 2016 e poco seria per gli anni successivi. Dal 2017 in poi, peraltro, il governo Renzi s’è impegnato a forti correzioni del deficit fino al pareggio di bilancio: in soldi, significa subito un taglio da 20 miliardi rispetto a quanto spenderemo nel 2016. Una cura da cavallo - già an- ticipata da aumenti dell’Iva per 16 miliardi e più messi a bilancio dal 2017 - che sarà anche peggiore se le previsioni di crescita si riveleranno infondate (probabile). torna a un più serio “regime dei minimi” (quello per chi guadagna meno di 30mila euro), peraltro peggiorato dallo stesso governo giusto l’anno scorso. Non tutti guadagnano: detratta la sterilizzazione per un anno degli aumenti Iva, il conto tra meno e più tasse della legge fa 1,5 miliardi. A CHI PARLA? La manovra 2016 di Matteo Renzi ha caratteristiche spiccatamente elettorali: il governo concede bonus o sgravi di tasse ad alcuni e lascia agli altri gangli dello Stato (Regioni, comuni, Servizio sanitario, etc) il ruolo del cattivo che taglia i servizi o aumenta le tasse. La novità sono i corpi sociali a cui il premier si rivolge: i dipendenti pubblici ad esempio, tradizionale bacino elettorale del Pd, vengono penalizzati con un finto rinnovo del contratto (300 milioni significa pagare solo l’indennità di vacanza contrattuale) e il blocco del turn over; ci sono 2 miliardi di tagli alla sanità; un salasso per le Regioni; la proroga del blocco dell’indicizzazione delle pensioni. Vincono ceti abbienti, imprese e partite Iva: i primi sono i principali beneficiari dell’abolizione delle tasse sulla prima casa (3,6 miliardi); le seconde incassano gli ammortamenti al 140% delle spese in investimenti (2,5 miliardi i primi tre anni, di più nei successivi POI CI SONO le solite mancette del Ce l’abbiamo fatta Maggioranza e governo festeggiano il sì alla Stabilità ieri in Senato Ansa tre), la proroga degli sgravi sulle assunzioni anche se ridotti al 40% rispetto al 2015 (quasi 5miliardi nel triennio), i soldi per il salario di produttività e la contrattazione di secondo livello (altri 2,5 miliardi in tre anni), l’abolizione dell’Imu sui macchinari “imbullonati” (530 milioni l’anno), Imu e Irap agricole (600 milioni l’anno) e il taglio dell’Ires (imposta sui redditi d’impresa) già messo a bilancio per il 2017 e 2018 per complessivi 7 miliardi e dispari. Per le partite Iva si LA NOTIZIA è di quelle che fanno ben sperare chi in Italia chiede da tempo un’informazione statistica più accurata, e negli ultimi tempi ha dovuto assistere a una bulimia di numeri funzionale a fargli dire qualsiasi cosa. Ieri Istat, ministero del lavoro, Inps e Inail hanno siglato l’accordo per la realizzazione di un sistema informativo statistico sul mercato del lavoro e sulla protezione sociale. “Un impegno - hanno spiegato gli enti coinvolti - che porterà alla realizzazione e diffusione di prodotti congiunti". La gestione operativa dell’accordo, che ha durata triennale, prorogabile per altri tre anni, verrà affidata a due organismi, entrambi composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni coinvolte: un Comitato di indirizzo inter-istituzionale, che definirà gli obiettivi, le modalità e i tempi, e un gruppo di lavoro tecnico, coordinato dall’Istat, che progetterà il sistema informativo e le comunicazioni di analisi integrata del mercato del lavoro. L’accordo prevede che "i soggetti coinvolti” si adoperino per “collegare i propri sistemi informativi”, “lo scambio automatizzato delle informazioni” e la realizzazione “di un sistema informativo statistico del lavoro in grado di rispondere alle esigenze di carattere strutturale e congiunturale". Saranno poi messi a disposizione del mondo della ricerca basi di dati micro-economici integrati. Tutti gli enti "lavoreranno insieme per individuare un percorso di elaborazione, infrastrutturazione, analisi e diffusione di dati statistici che produca un miglioramento dell’informazione statistica” Il presidente dell’Istat Giorgio Alleva lo aveva anticipato ad agosto in un’intervista al Fatto: “Ogni ente è geloso dei propri dati, ma dobbiamo superare le logiche proprietarie. La statistica è vitale per la democrazia”, spiegò auspicando la fine del “caos poco edificante dei numeri sul lavoro” a cui si era assistito in quei mesi, con Inps e ministero del Lavoro a diffondere - spesso con qualche figuraccia - “dati di fonte amministrativa, cioè contratti, non teste”, trattati dai giornali con troppa leggerezza. Sia lode ad Alleva. CARLO DI FOGGIA q governo e dei parlamentari - spese microsettoriali o norme ordinamentali pro-lobby - che nella legge di Stabilità non dovrebbero proprio esserci: soldi a quel comune, a questa regione, al tal museo o centro di ricerca o banda musicale... In definitiva, questa è la manovra che può permettersi il governo conservatore di un Paese a sovranità economica limitata: è recessiva solo un po’ (il deficit pubblico scende, ma poco), regressiva solo un po’ (premia i più ricchi), concede vantaggi immediati ad alcune categorie di cittadini/elettori, nasconde sotto il tappeto l’impegno a rilanciare le politiche di austerità dal 2017. Una manovra di questo genere - volendo attribuire capacità strategica a Renzi - serve ad andare a votare quanto prima. © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 » Il Fatto Economico | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 CARO LARS Lettera al consigliere della Merkel, Feld: “Forse dovremmo fare come la Germania e nazionalizzare il credito, ma il problema è che in Europa la legge è più uguale per il più forte” Banche, nel panico pure le élite E Berlino ci consiglia la Troika C I numeri 45% La parte del sistema bancario tedesco in mano pubblica. In tutto si parla di 1697 istituti che sono fuori dal controllo delle autorità Ue 3 Miliardi. Costo dell’ultimo salvataggio bancario pubblico tedesco: quello della HSH a ottobre 3% Il vincolo Ue sul deficit: la Germania fu la prima a sforarlo nel 2003 per finanziare le riforme del lavoro le nostre banche? La sfiducia verso le banche si sta diffondendo a macchia d’olio, e non è escluso si arrivi a una corsa agli sportelli. Ma soprattutto, caro Lars, menzionando la Troika hai scatenato un panico più pericoloso per voi: quello delle nostre élite. Finché il “ce lo chiede l’Europa” serviva a tagliare i nostri stipendi e le nostre pensioni, ai nostri piani alti erano d’accordo. Ma tu ci sei andato giù duro, e gli hai fatto capire che da oggi il “ce lo chiede l’Europa” serve a espropriarli delle loro banche e del loro potere, via commissariamento della Troika. E questo ai nostri leader piace molto di meno! » ALBERTO BAGNAI aro Lars, ho letto con interesse ma senza sorpresa la tua affermazione sul Corriere della Seradi sabato secondo cui nel 2016 l’Italia dovrà affidarsi alla Troika. Conosco le tue posizioni da quando ti invitai al convegno sull’Eurozona organizzato l’aprile scorso dal think tank a/simmetrie: i paesi del Sud sono in una crisi di debito pubblico causata dalla loro scarsa competitività, cioè dal fatto di avere salari privati troppo alti (ma che c’entra il debito pubblico coi salari privati?); dato che il deficit è brutto, il surplus è bello, quindi la Germania non deve cooperare e chi è in crisi deve fare i compiti a casa (ma se nessuno fosse in deficit, come farebbe la Germania a essere in surplus?). Con questi presupposti, è ovvio che tu ti opponga allo schema europeo di assicurazione dei depositi (Edis, European Deposit Insurance Scheme), offrendoci, in alternativa, il ricorso alla Troika. IMPROVVISAMENTE Renzi vuole LA STRADA giusta verso l’unione, per l’élite tedesca cui appartieni, non è attenuare i rischi creando istituzioni che li mutualizzino, ma alzare l’asticella a chi è in difficoltà. Un darwinismo che non porta da nessuna parte, come l’agonia della Grecia dimostra. Oggi perfino il Cepr, vestale dell’ortodossia, scopre quanto avevamo scritto nel Tramonto dell’euro: il debito pubblico, con la crisi, c’entra poco. Peter Bofinger, membro del Cepr e tuo collega nel collegio degli esperti della Merkel, ha detto il 30 novembre un’altra cosa che sapevamo (perché l’Ilo, agenzia dell’Onu, l’aveva detta nel 2012): il successo tedesco non è dovuto alle virtù della finanza pubblica, ma alla “moderazione salariale”. Pagando relativamente di meno lavoratori relativamente più produttivi la Germania ha trionfato sui mercati esteri. Così facendo, però, ha costretto gli acquirenti esteri a indebitarsi per acquistare beni tedeschi. Le banche del Nord, per sostenere l’industria nazionale - cioè i profitti nazionali (visto che i salari erano “moderati”) hanno finanziato con grande di- 250 miliardi I soldi pubblici impiegati dal governo tedesco per i suoi istituti sinvoltura gli acquirenti esteri di beni nazionali. Finanziare i consumi, però, non è sempre una buona idea: alla fine, il governo tedesco ha dovuto spendere più di 250 miliardi di aiuti di Stato per salvare le sue banche. A noi, invece, è stato vietato di spenderne quattro e c’è scappato il morto: primo dato non scontato di questa triste storia. Quando Renzi, insediandosi alla presidenza del semestre euro- peo, ha giustamente osservato che la Germania era stata la prima a sforare il parametro del 3% nel 2003, non credo sapesse il vero motivo di questa violazione: finanziare con oltre 90 miliardi di soldi pubblici l’abbattimento del costo del lavoro (tramite riduzione del cuneo fiscale e misure di sostegno ai redditi troppo “moderati” dalle riforme Hartz). Un primo aiuto di Stato, distorsivo della concorrenza, seguito durante la crisi da un secondo, gigantesco: i 250 miliardi di cui parlavo. Tu dici: “Allora erano necessari per evitare il contagio, ma oggi lo Stato italiano non deve intervenire, perché forse non ci sarà panico”. Scusa, Lars! Cosa vuoi che provochi, se non panico, il rifiuto di procedere verso l’Edis, unito a quello di farci aiutare da soli “uscire dalla cultura della subalternità”, Patuelli invoca parità di trattamento per il sistema bancario italiano, Bankitalia si lamenta, per bocca di Barbagallo, dei vostri “nein”. Chissà se Renzi accetterà di essere “berlusconizzato”a colpi di spread? E se lo fosse, siamo sicuri che l’elettorato benpensante, la nostra “sinistra lompo”, non comincerà a porsi domande sul progetto europeo? Qualche curiosità gliela fai venire tu, quando dici che sì, voi avete appena salvato la Nordbank per 3 miliardi, ma che c’entra: lì l’azionista non potevi colpirlo col bail-in, perché è pubblico! Ah sì!? Quindi mentre al Sud privatizziamo per “fare le riforme”, nel paese moralizzatore par excellence il 45% del sistema bancario è in mano pubblica, incluse Landesbanken e Sparkassen, piene di crediti deteriorati che però sfuggono alla vigilanza europea, costruita su misura per ignorare 1697 piccole banche tedesche, che al bisogno vengono salvate con soldi pubblici “perché l’azionista è pubblico”. Ma allora, forse, un’alternativa alla Troika c’è: fare come la Germania, nazionalizzare le banche. Se lo fate voi che siete bravi! Il problema è che in Europa la legge è uguale per tutti, ma più uguale per il più forte. Ti ringrazio di averlo ricordato al mio governo, che spero ne tragga le debite conclusioni. Lo avrai, caro Lars, il bail-in che pretendi da noi italiani, ma con che moneta si salderà a deciderlo tocca a noi. ILLIBRO Come provare a vendere un hamburger anche ai vegetariani AVETE NOTATO che ormai McDonald’s ha tutto di colore verde? Una volta non si faceva scrupoli a evocare, fin dal colore dorato degli archi doro che lo identificano, il colore croccante dei bocconcini di pollo fritti e soprattutto delle sue patatine unte. Invece ora vuole accreditare - e ci riesce - un’immagine opposta, tanto che sta conquistando anche un mercato difficile come quello dell’India, dove la minoranza che non è del Brand nutrita tende New a essere veWally getariana. È Olins la fine dei Pagine: 197 brand come li Prezzo: 20e abbiamo coEditore: nosciuti? Einaudi Wally Owens, un consulente di marketing britannico, offre molte domande (e, per fortuna, meno risposte) in un libro molto godibile, “Brand New”, appena pubblicato da Einaudi. La piazza del web rende molto più facile manifestare la propria insoddisfazione per prodotti e servizi o rivelare sporchi segreti aziendali che una volta sarebbero finiti solo su giornali semi-clandestini. Le multinazionali hanno problemi di immagine. Mentre avanza una moda dell’autenticità che spinge milioni di consumatori consapevoli (o che si credono tali) a non chiedere più solo prezzi bassi e quantità crescenti, ma anche informazione: sulla filiera produttiva, sulla matrice geografica del prodotto (usata come indicatore di qualità, non avendo criteri autonomi di valutazione si ricorre al made in), sull’ostentato rifiuto dell’omologazione industriale. È finita l’epoca dei brand novecenteschi, quelli che evocavano tutto senza dire niente, come Coca Cola? Ci siamo finalmente emancipati dai reparti marketing delle aziende? Il sospetto è che, invece, sia crollata ogni barriera tra cioè che è prodotto da consumo e il resto degli aspetti della nostra vita. E tutto è diventato un brand. q LA CLASSE NON È ACQUA Rimane inalterato il metodo di calcolo che comprende le pensioni di invalidità » SALVATORE CANNAVÒ L a prova del nove sull'inaffidabilità dell'Isee (l'indicatore della situazione economica equivalente) è avvenuta pochi giorni fa. Quando la Camera ha respinto, con il supporto del governo, l'emendamento alla legge di Stabilità che chiedeva di escludere dal computo dei redditi per la sua determinazione le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento per persone disabili. Che, invece, continueranno a comporre il reddito complessivo con l'effetto, improprio, di innalzare, ad esempio, rette per assistenza sanitaria o di altro tipo. Circa 300 mila persone vengono colpite in una modalità che, probabilmente, il Consiglio di Stato, con una sentenza imminente, potrebbe con- La beffa dell’Isee per i disabili e le disparità nella lotta all’evasione siderare illecita. Il governo non ha sentito ragione, richiamando i soliti “saldi di bilancio”. La vicenda delle persone disabili e dei pensionati di invalidità, però, è solo quella più emblematica di un problema che si trascina nel sostanziale silenzio. COME RICORDAVA recentemente sul Fatto Quotidiano la collega Patrizia De Rubertis nei primi tre mesi del 2015 i nullatenenti sono crollati dal 75 al 25% con la soddisfazione di ministri come Giuliano Poletti per la capacità di stanare i “furbetti”. Non c'è dubbio, in ef- fetti, che con l'alto tasso di evasione presente in Italia, stringere le maglie delle dichiarazioni passando dalla sostanziale autocertificazione all'Anagrafe dei tributi, costituisca un obiettivo virtuoso. A condizione di evitare aggravi di spesa per categoria più deboli come, appunto, le persone disabili o, ancora, gli studenti universitari. Il nuovo calcolo prevede, infatti, sia l’inclusione di tutti i redditi esenti ai fini Irpef (per esempio le pensioni di invalidità) sia la valorizzazione del patrimonio immobiliare e una franchigia minore per quello mobiliare. Si conteggiano i redditi degli studenti (compresa la borsa di studio che va a comporre un reddito calcolato, poi, per la sua concessione). L'effetto paradossale è stato visibile soprattutto per coloro che pagano regolarmente le tasse e vivono di redditi da lavoro o da pensione. Improvvisamente si sono ritrovati tutti più ricchi, pagando di più servizi che già pagavano (la quota mensa nella scuola primaria e dell'infanzia) pur in presenza di redditi identici. Gli Enti locali non hanno modificato le soglie di accesso e in questo modo si sono create disparità improvvise nella fruizione di servizi sociali come, ad esempio, gli alloggi popolari. Chi invece elude le tasse o, addirittura, le evade, nel caso di utilizzo dell'Isee non ha trovato modifiche sostanziali continuando come prima. © RIPRODUZIONE RISERVATA ESTERI Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | FRANCIA SVENTATO ATTACCO A ORLÉANS Un progetto di attentato contro le forze dell’ordine è stato sventato a Orléans; lo ha dichiarato il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. Due francesi di 20 e 24 anni sono stati fermati; per la polizia erano in contatto con un altro francese, partito per la Siria. Secondo France Info, i due erano riusciti a trovare i soldi necessari e cercavano di procurarsi le armi per passare all’azione. Ansa FRANCIA » LUANA DE MICCO Parigi I guai col fisco per i due Le Pen, padre e figlia, sembravano aver già toccato il limite quando, appena alcuni mesi fa, era emerso che il vecchio patriarca del Front National, 87 anni, teneva nascosto un tesoretto in denaro e lingotti d’oro per più di 2 milioni di euro su un conto svizzero. Quanto a Marine, la leader del partito paterno, è già invischiata in una brutta storia di finanziamenti illeciti per la campagna elettorale delle legislative del 2012 e contro di lei, e alcuni suoi stretti collaboratori, è La “dimenticanza” Nella dichiarazione del 2014 mancano beni per più di un milione intestati a padre e figlia 30 milioni di franchi la cifra ereditata nel 1976 dal patriarca del FN stata aperta a settembre u n’inchiesta per truffa (i giudici sospettano che delle fatture siano state gonfiate per ottenere rimborsi statali più consistenti). Invece no, un nuovo capitolo del feuilleton i Le Pen e il fisco si è appena aperto. Secondo l’Authority france- LA STORIA TURCHIA MIGRANTI, MORTI TRE BAMBINI Nuova tragedia nel mar Egeo: 11 migranti, tra cui tre bambini, sono morti annegati. La barca diretta verso l’isola di Samos si è capovolta. Altri 7 profughi sono stati tratti in salvo. Il dramma prosegue; ha superato quota 1 milione il numero di rifugiati entrati in Europa nel 2015. Lo riferisce l’Organizzazione internazionale per le migrazioni: gli arrivi si sono quadruplicati rispetto al 2014. Ansa Le Pen, divisi in famiglia ma uniti dai guai col fisco Oltre a multe e carcere, Marine rischia di essere ineleggibile per dieci anni se per la trasparenza della vita pubblica, “esistono seri dubbi riguardo alla completezza, all’esattezza e alla sincerità delle dichiarazioni patrimoniali” compilate da Jean-Marie e Marine Le Pen nel 2014. Per l’autorità amministrativa indipendente mancherebbero nella dichiarazione diversi beni immobiliari di cui padre e figlia si dividono la proprietà. LA REAZIONE del vecchio Le Pen non si è fatta attendere e suona ripetitiva come un disco che si è incantato: “Questo è accanimento da parte del governo e di tutto l’establishment. Ma –ha aggiunto – non mi impedirà di dormire”. La presidente del FN ha denunciato un “abuso di potere” da parte dell’Authority e ha annunciato che avrebbe fatto ricorso presso il Consiglio di Stato. Ma secondo diversi media francesi, che citano una fonte anonima vicina al dossier, i dubbi sarebbero più che fondati. Poiché mancherebbe all’appello almeno il 60% del patrimonio reale, più di un milione di euro per Jean-Marie, diverse centinaia di migliaia di euro Marine. Questo tipo di reato in Francia è punito con una multa fino a 45 mila euro e tre anni di re- clusione. Ma anche – e questo potrebbe essere noioso per Marine – di 10 anni di ineleggibilità, come previsto dalla legge sulla trasparenza della vita pubblica votata nel 2013, dopo la scoperta dei conti nascosti di un ex ministro socialista del Bilancio, Jérôme Cahuzac. A QUESTO PUNTO è ancor C’eravamo tanto amati Jean Marie e Marine prima della rottura Ansa PARIGI Via gli omaggi per le vittime della strage Grandi pulizie al Bataclan NETTURBINI al lavoro dinanzi al locale Bataclan, per rimuovere il memoriale nato in modo spontaneo dopo la notte del 13 novembre, dedicato alle vittime dell’attacco terrorista, riunite per assistere a un concerto. Quella notte morirono 130 persone Reuters q più incerto l’ammontare delle ricchezze dei due Le Pen che pure non erano abbienti per tradizione familiare. Jean-Marie, di origini modeste, era poi diventato ricchissimo nel 1976 dopo aver ricevuto un’eredità di 30 milioni di vecchi franchi (circa 6 milioni di euro) da parte di un certo Hubert Lambert, che fu mecenate del FN e proprietario di un colosso del cemento. Con quei soldi Le Pen aveva tra l’altro acquistato la gigantesca proprietà in stile Napoleone III di Montretout, a Saint-Cloud, nei quartieri chic dell’ovest di Parigi, di cui ha ceduto una parte alla figlia nel 1993. Marine possiede anche delle quote della casa di famiglia di La-Trinitésur-Mer, in Bretagna, e azioni in diverse società immobiliari del padre. © RIPRODUZIONE RISERVATA Morta a 92 anni la storica maîtresse parigina, fra i clienti delle sue ragazze politici e vip Cinquanta sfumature di Madame Claudè E Una vera business woman. Le ragazze dovevano essere le più belle, le obbligava a operazioni estetiche. Così si indebitavano ed erano legate in tutto a lei MARTINE MONTEIL Parigi ra convinta che esistono solo due cose al mondo per cui le persone saranno sempre disposte a pagare, le cul et la bouffe, il sesso e il cibo. E lei – precisava – non era molto brava in cucina. La notizia della morte di Madame Claude, la regina francese delle alcove che regnò per v e nt ’anni sull’industria della prostituzione di lusso in Francia, deve aver strappato più di qualche sospiro ieri. SU DI LEI si sono raccontate così tante storie che realtà e mito si mescolano e, alla fin fine, poco importa. La maîtressedi Francia è morta sabato a 92 anni nel suo buen retiro sulle alture di Nizza. A dar la notizia è stato ieri il settimanale Le Point, che si è chiesto se mai le verranno aperte le porte del Paradiso. Negli anni 50, F er n a nd e Grudet, una donnina bionda, elegante, borghese, appena trentenne, era diventata Madame Claude mettendo su la più esclusiva agenzia di ragazze che aveva per base la sua casa della rue de Boulainvilliers, nei quartieri chic del 16°arrondissement di Parigi. Un indirizzo che principi, imprenditori, presidenti, star del cinema, conoscevano bene. Erano disposti a pagare anche 10 mila dollari al giorno. Sembra che il termine call-girl si debba proprio a Madame Claude, che organizzava i rendez-vous amorosi per telefono. Le ragazze non solo erano belle, ma parlavano più lingue, potevano discutere di storia e letteratura, ed erano “discrete”. Tra i clienti, Marlon Brando, il colonnello G he d d a f i . Si racconta che il presidente John Ke nn ed y avesse chiesto una donna che assomigliasse alla moglie Jackie, ma in versione hot. Il patron della Fiat, Gianni Ag ne ll i, avrebbe addirittura portato in chiesa alcuni “cigni” come venivano chiamate le ragazze - di Madame Claude dopo » 21 Clienti Jfk e Agnelli LaPresse un’orgia di gruppo per chiedere la benedizione del prete. “Ho conosciuto tutti i grandi del mondo”, diceva lei. Le case chiuse erano vietate in Francia dal ‘46, ma molte case clandestine furono tollerate fino agli anni ‘70. E LE AUTORITÀ francesi non o- savano intralciare il lavoro di Madame Claude che alla fine risultava utile: sotto le lenzuola i grandi del mondo finivano per lasciarsi andare in confidenze. Chissà quanti segreti Madame Claude avrà portato via con sé. Ispirò film e romanzi. Nel ‘75 pubblicò la sua autobiografia. Poi nel ‘77 il presidente Valery Giscard d’Estain g decise di darle la caccia. Rincorsa dal fisco, fuggì negli Stati Uniti. Tornò in Francia nell’86 e finì in prigione per qualche mese. Una volta libera, decise di ritirarsi nel sud. Ieri la radio France Info ha ritrovato Ma r t in e M on t ei l, l’ex dirigente della buoncostume che le aveva stretto le manette ai polsi. E che l’ha ricordata così: “Madame Claude era una donna con la testa sulla spalle, una vera business woman. Organizzava tutto in dettaglio, con le ragazze era molto severa. Dovevano essere le più belle, le obbligava persino a subire operazioni di chirurgia estetica. Così loro si indebitavano, e dipendevano in tutto e per tutto da lei”. L.D.M. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CASO L’ex presidente Martinelli: frodi per spiare i panamensi » ROBERTA ZUNINI L a Corte Suprema di Panama ha spiccato un mandato d’arresto nei confronti dell’ex presidente Ricardo Martinelli accusato di aver usato fondi pubblici per spiare illegalmente oltre 150 persone: oppositori politici, sindacalisti, giudici e avvocati. Martinelli, 63 anni, è uno degli uomini più ricchi del Centramerica, noto in Italia per essere stato implicato nel caso Berlusconi-Lavitola. All’inizio di gennaio, subito dopo la fine del mandato iniziato nel 2009, ha lasciato Panama per rifugiarsi probabilmente a Miami, in Florida, visto che la stessa Corte aveva già aperto altri 4 procedimenti per abuso di fondi pubblici, crimini finanziari e corruzione. L’ex imprenditore ha risposto con un tweet in cui si dice vittima di un processo politico. Il giro di spionaggio è stato definito dai pubblici ministeri “costante e sistematica violazione della privacy e dei diritti umani dei cittadini. Se si costituisse, ipotesi del tutto irrealistica, e venisse giudicato colpevole rischierebbe fino a 21 anni di carcere. Panama è un paese con un alto livello di corruzione e ancora viene utilizzato come buen retiro da chi ha conti in sospeso con la giustizia. Ma forse le cose stanno cambiando. “Penso che sia un buon inizio per il Paese il fatto che vengano assicurati alla giustizia non solo gli ex presidenti, come Martinelli, ma anche i ministri, i membri del Congresso e tutti quelli che calpestano la dignità del popolo panamense. Basta con l’impunità che ha regnato per decenni”, ha detto il pm Marco Antonio Bernal. © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 » POLITICA | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 Lo sberleffo NON È UN PRESEPE PER PESCATORI » FQ Q uest’anno sono andati al voto i tre paesi (Grecia, Portogallo e Spagna) che insieme all’Italia sono stati ribattezzati, con disprezzo, dalla finanza internazionale “P igs ”. Gli stessi ambienti che hanno imposto in questi anni a queste nazioni, con intensità differenziate, politiche di austerità particolarmente dure per riportare in equilibrio i conti pubblici, che hanno prodotto un vero e proprio terremoto nel sistema politico. A dover certificare i maggiori danni delle scosse sono stati i maggiori partiti delle due grandi famiglie, quella socialista e quella popolare-conservatrice, che stanno uscendo letteralmente a pezzi da questi sette anni di crisi. Il tradizionale sistema bipolare, che ha poggiato per decenni sull’asse di orientamento destra-sinistra e su cui, vale la pena di ricordarlo, è fondata anche l’architettura delle istituzioni europee, è stato parzialmente demolito. La Spagna è stata l’ultima in ordine di tempo a essere stata colpita da questo sisma distruttivo. Nelle elezioni politiche del 2008, infatti, il Partito socialista e il Partito popolare rappresentavano l’83,3% dei votanti e il 61,5% degli aventi diritto al voto. Sette anni dopo, nel 2015, i due maggiori partiti spagnoli sono crollati al 50,3% dei votanti e al 36,8% degli elettori: un vuoto riempito dall’entrata sulla scena politica di Podemos e di Ciudadanos. ESPRESSIONE intensa, occhio vispo, sorriso accennato e incorniciato dal rossetto. Giorgia Meloni augura buon Natale a tutti gli italiani con una foto sui social network, accanto al presepe. Un presepe speciale. Ci sono tutti, il bue, l’asinello, Giuseppe e Maria. Il bambinello no, perché la buona tradizio- Anche in Italia la crisi e il voto hanno demolito Pd e destre finiscono per far rileggere sotto un’altra luce anche lo stesso risultato delle elezioni politiche italiane del febbraio 2013 e gettare elementi di forte incertezza sulle prossime consultazioni per il rinnovo del Parlamento. Leader A sinistra, il greco Alexis Tsipras; a destra, lo spagnolo Pablo Iglesias; sotto, Matteo Renzi Ansa /LaPresse IL COMMENTO IN PORTOGALLO, invece, la mancata nascita di nuovi movimenti capaci di intercettare la domanda di cambiamento e di critica radicale alle politiche di austerità, ha ridotto gli effetti delle scosse provenienti dal sistema sociale, che hanno, invece, favorito un aumento dell’astensionismo. Nelle recenti elezioni politiche, infatti, socialisti e il raggruppamento del centrodestra hanno raccolto il 69,2% dei consensi espressi (76,1% nel 2009) e il 39,4% degli elettori (46,0% sei anni fa). Dal canto suo, il popolo greco è stato chiamato per ben due volte al voto nel 2015. Nel settembre di quest’anno, le urne hanno restituito un quadro delle preferenze degli elettori radicalmente diverso da quello dell’ultima consultazione prima della crisi, le Politiche del 2007. In quell’anno, infatti, i socialisti del Pasok e i conservatori di Nuova Democrazia avevano raccolto il 77,8% dei votanti e il 57,7% degli aventi diritto. Dopo una crisi senza precedenti che ha portato la Grecia sull’orlo dell’u- cilieri di marina. Nel “presepe partecipato” di Fratelli d’Italia non potevano mancare. Sospiro di sollievo, ma non per tutti. C’è un’altra domanda, tra i commenti. Più imbarazzante. La scrive Emiliano: “Ciao Giorgia, ma come avete fatto con i pescatori? Ricordo di averli messi quando facevo il presepe, da piccolo. Ma se ci sono anche i marò forse non è il caso”. ne cristiana vuole che sia aggiunto la mattina di Natale, il giorno della nascita. Già immaginiamo l’angoscia dei meloniani più intransigenti. La loro domanda è istintiva: “E i marò?”. Nessuna paura: Giorgia non li ha dimenticati. Tra le dita di rosso smaltate, protetti sotto un sorriso birichino, ci sono le statuine dei due fu- Trend da paura Il nostro Paese in linea con il terremoto spagnolo: le due formazioni tradizionali hanno perso il 24% in sette anni L’ANALISI » FEDERICO FORNARO * , scita dall’Europa e ridotto alla miseria milioni di cittadini, i due grandi partiti greci hanno visto confermare la fiducia del 33,5% di chi si è recato ai seggi e di soltanto il 18,9% del corpo elettorale. In particolare, l’antico e glorioso Partito Socialista greco è stato spazzato via: 341.000 voti nel 2015 contro i 2.727.000 del 2007. Il vincitore tormentato del 2015, Syriza del premier Tsipras, con 2.246.000 di voti, nel 2007 aveva ottenuto solamente 361.000 consensi. Questi dati che andranno a votare (-24% in sette anni) e quindi di poco più di un terzo soltanto degli elettori (con il 75% di votanti). Una crisi di fiducia e di rappresentanza dei grandi partiti, unita a una veloce obsolescenza dell’asse portante dell’orientamento elettorale destra-siRISPETTO alle elezioni del nistra (fenomeni che hanno 2008, infatti, dopo cinque an- caratterizzato anche le recenni di crisi e la parentesi del go- tissime elezioni regionali in verno Monti, Pd e Forza Italia Francia, con il Fronte Nazionale primo (Pdl) avevapartito) che no lasciato ha indebolito s u l c a m p o Requiem per i Pigs il fronte dei quasi dieci Gli effetti elettorali popolari e dei milioni di voconservatori, ti passando dell’austerità dal 67,9% dei nei quattro Stati ma che sta facendo pagare votanti al 45,2% e dal europei più disastrati il prezzo più alto alla sini54,7% al 34,0% degli stra di matrielettori. Un risultato che mi- ce riformista. gliora nelle Europee, grazie Il vuoto lasciato dai partiti all’exploit del Pd, rispetto ai identificati come espressione votanti (54,6%), ma non in re- del sistema, nei paesi “Pigs” è lazione agli elettori (32,0%), stato variamente occupato da anche per il sempre minor ap- movimenti con radici più napealdel voto per il Parlamento zionali che di respiro europeo, Europeo. tutti uniti però dalla contestaSe poi, si prova a guardare i zione radicale sulla cura impiù recenti sondaggi, i due (ex) posta da Francoforte e Brumaggiori partiti italiani, visto xelles, con effetti sugli equiliche Forza Italia è stata ormai bri politici nazionali ed eurodoppiata dal Movimento 5 pei oggi difficilmente preveStelle e superata anche dalla dibili. *senatore del Pd Lega, raccolgono la fiducia del © RIPRODUZIONE RISERVATA 44% di coloro che dichiarano I numeri 32 % Pd ed ex Pdl raggiungono solo il 32% reale degli elettori. Nel 2008 hanno perso 10 milioni di voti 3 6,8% In Spagna, il Psoe e Pp sono crollati al 50,3% dei votanti e al 36,8% degli elettori aventi diritto 1In 8 ,9% Grecia, socialisti e conservatori sono al 33,5% dei votanti e al 18,9% degli elettori Pregiudizi di oggi L’accoglienza danese “comprata” dai profughi, la blacklist di ebrei in Italia PIÙ FORTI CONTRO LE DISCRIMINAZIONI » SANDRA BONSANTI La lista antisemita Sul sito Radio Islam Italiano era stato pubblicato l’elenco di personalità di religione ebraica D a qualche giorno ho aggiunto agli anellini che porto assieme alla fede un cerchietto che sembra una fede d’argento. Ma non è argento, è ferro. È la fede che la mia mamma fu costretta a portare quando durante il fascismo a tutti i cittadini italiani fu chiesto di donare l’oro alla patria. Ho deciso che la porterò sempre al dito, questa testimonianza del tempo della dittatura. E ho anche trovato, fra le carte di famiglia, un grande manifesto intitolato: “GRF.G:Berta” e sotto il titolo “Oro alla Patria 12° elenco dell’oro e dell’argento raccolto dal Gruppo”. Tra i donatori più generosi anche il mio nonno. Questo elenco è dell’aprile del 1936 e io non ero ancora nata. Ho poi fatto una rapidissima ricerca e ho trovato che Giovanni Berta era stato un mi- litante delle squadre d’azione fiorentine e che era stato ucciso nel 1921 dai militanti comunisti durante gli scontri alla Pignone. Quanta storia in un cerchietto di ferro! Quanta vita di una famiglia di ebrei che ancora nel ’36, poco prima delle leggi razziali, erano certi che nessuno li avrebbe perseguitati, loro italiani da sempre e anzi grandi finanziatori n el l ’Ottocento di Giuseppe Mazzini e dell’unità d’Italia. Ho pensato al mio anellino di ferro, alla raccolta dell’oro, e agli ebrei spogliati di tutti i loro averi quando ho letto di quella legge che sta approvando il governo di destra in Danimarca e che costringerà gli emigranti che chiedono asilo a consegnare parte dei loro beni in cambio di asilo, assistenza sanitaria, alloggi e corsi di lingua. Una legge “meschina e crudele” hanno detto le opposizioni rimarcando le analogie con gli ebrei perseguitati e privati dei beni prima della deportazione. La situazione non è la stes- lida”. Squallida e inaccettabisa, ma lo spirito sì: l’ac co- le, squallida e pericolosa. glienza e dunque la sopravviNoi di Libertà e Giustizia venza non la si dona, la si ven- abbiamo in questi anni tenuto de. Paga se vuoi esser salvato. alta la bandiera dell’antifaUn sentimento osceno, un scismo, abbiamo denunciato sentimento naogni tentativo di zista. ricostruzione del Dal 17 dicempartito fascista e bre scorso ha codi manifestare minciato a gira- L’impegno con simboli e re (e non è la pri- “LeG ha sempre bandiere innegma volta) una gianti al nazifa“blacklist” di e- denunciato scismo. È uno dei brei sul web. Si fascismi e muri. molti compiti di tratta di una pacultura politica gina dal titolo “Il Ora siamo pronti che ci siamo sobgiudaismo in I- a qualunque barcati. Accanto talia” e con sotall’Anpi, accanto totitolo “Li st a sfida futura” a tutti coloro che degli ebrei innon vogliono fluenti in Italia”. muri ma ponti e La pubblicazione è apparsa porte aperte. sul sito di “radio Islam ItaliaOra, col mio anellino di ferno” e ora è stata aperta un’in- ro all’anulare, mi sento fortischiesta dalla Procura di Ro- sima e pronta a qualunque sfima. La Federazione della da presente o futura, palese o Stampa ha definito la pubbli- mascherata. cazione “un’iniziativa squal© RIPRODUZIONE RISERVATA ESTERI Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | USA TRUMP, INSULTI A HILLARY CLINTON In Michigan Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca ha preso di mira l’avversaria; prima per una “pausa bagno” durante un dibattito democratico: “Io so dov'è andata. È disgustoso”. Ha poi aggiunto: “È una che non ha mai vinto nulla”. Ricordando la sconfitta di HiIlary alle primarie 2008, Trump ha usato il termine schlonged, trasformando in verbo un sostantivo osceno. USA GAY POTRANNO DONARE SANGUE Le autorità hanno parzialmente revocato il bando per le donazioni di sangue di uomini gay e bisessuali. La Food and Drug Administration ha emesso una direttiva che permette di donare sangue a patto che il donatore non abbia avuto rapporti sessuali per almeno un anno. Per la comunità gay la preclusione è “discriminatoria”. Gli Usa si allineano così a Francia, Regno Unito, Giappone e Australia. LaPresse Cambiamento SPAGNA rivoluzionata dalle urne “Elettori giovani e colti, puniti i vecchi partiti” » ELENA MARISOL BRANDOLINI P Popolari e socialisti Pedro Sánchez, segretario Psoe dal 2014 e Mariano Rajoy, premier dal 2011 Ansa Madrid rofessor Joan Botella, cosa dicono le elezioni spagnole? Ha vinto il Pp e il Psoe è arrivato secondo, il vento del cambiamento a favore di Podemos e Ciudadanos è stato più moderato di quanto s’ipotizzasse. I due principali partiti hanno avuto perdite di voti importanti, ma il loro retrocesso è stato minore dello sperato: all’ultimo momento una parte degli elettori si è come frenato. Comunque, la dimensione del cambio è rilevantissima, perché si è passati dal bipartitismo a 4 partiti, e inoltre senza alcuna combinazione maggioritaria. È un fatto nuovo e positivo: uno dei principali problemi che abbiamo avuto è stata la confusione tra governo e partito. E ha anche messo in ginocchio le forze tradizionali del cambiamento, come Izquierda Unida. Perché i commentatori si concentrano sull’instabilità piuttosto che sul cambiamento? Perché sono conservatori e la stabilità in sé è considerata una virtù. Siamo in quella fase di mezzo, che si presenta come una tappa di disordine, in cui si è rotto l’ordine costituito ma ancora non esiste quello nuovo. Pensa si sia all’inizio di una seconda transizione? Possiamo chiamarla così, comunque stiamo andando verso un processo di cambiamenti molto importanti. Ci sono partiti che si sono esauriti nelle idee, nel modo di essere e questo spazio è occupato da altre formazioni che corrispondono alla società che è cambiata ed è molto più colta e informata. I partiti che hanno capito questo e si sono adattati sono andati bene, gli altri hanno fracassato. Che effetti ci saranno sulla questione catalana? È chiaro che il negoziato in Catalogna per fare il nuovo governo era fermo in attesa del risultato elettorale. Nell’insieme, i partiti indipendentisti hanno ottenuto molti meno voti di tre mesi fa. È simbolico che la notte delle elezioni, la Cup abbia fatto un comunicato dicendo che non investiranno Artur Mas presidente. Ora, la Cup è molto JOAN BOTELLA Siamo in quella fase di mezzo, una tappa di disordine, in cui si è rotto l’ordine costituito ma ancora non esiste quello nuovo prossima a Podem che è primo partito in Catalogna. La Cup perciò non può permettersi di dare il suo voto a Mas, perché ha un competitore a sinistra che è il primo partito in Catalogna. Esquerra Republi cana ha avuto un certo successo, ma non è riuscita a conseguire il voto metropolitano di Barcellona, quello che ha fatto è stato estendere il suo dominio alla Catalogna rurale, alla Catalogna più tradizionale. La Cup dunque non può permettersi di lasciare questo spazio vuoto a Podem. La cosa più probabile è che in Catalogna si vada presto a nuove elezioni. Cosa può succedere per quel che riguarda il governo? Credo ci sarà un governo, non so con quali componenti, basato su un accordo parlamentare più ampio. In quest’accordo ci saranno impegni di riforma immediata e di riforma costituzionale. E probabilmente una legislatura corta, di un paio d’anni. Non una coalizione alla tedesca, ma un accordo che coinvolga almeno uno dei nuovi partiti. © RIPRODUZIONE RISERVATA “Quei movimenti scelti perché lontani dal passato” P Madrid Ciudadanos e Podemos Pablo Iglesias e Albert Rivera. Podemos è stato fondato nel 2014, Ciudadanos nel 2006 Ansa rofessor Oriol Homs, cosa è successo nelle urne? È successo quello che era prevedibile, perché c’è un cambio generazionale molto importante, di tutta una generazione che non ha attraversato la Transizione e perciò non si sente coinvolta dai patti che l’accompagnarono e che ha vissuto molto duramente la politica di austerità. Questa generazione si è ribellata. Il tema generazionale riguarda anche i candidati? C’è un cambio demografico importante che spiega un cambiamento di attitudine. La gente giovane vota diversamente e trova nei partiti emergenti chi è riuscito a capitalizzare questa novità. Tra Iglesias e Sánchez l’elemento in comune è che nessuno dei due ha gestito la crisi e perciò possono avere una posizione simile contro la gestione che si è fatta. Ma tra i due c’è un differenza importante ed è che Sánchez è situato nello statu quo, viene da un partito figlio della Transizione che ha governato per molti anni, non così Iglesias. In Spagna, c’è un atteggiamento generazionale che non si riconosce nel passato perché ne contesta l’esito. Queste nuove formazioni non si sentono eredi della lotta democratica per la Transi- ORIOL HOMS Non si sentono eredi della lotta democratica per la transizione Siamo l’unico Paese in cui la crisi ha spostato l’elettorato a sinistra zione. Io considero che questo sia molto legato alla durezza della crisi economica. La Spagna è l’unico paese in cui la crisi ha spostato l’elettorato a sinistra e non a destra. Perché in Spagna non nasce un partito xenofobo come in Francia? Sicuramente perché siamo passati per il franchismo e ce Prima causa al governo per matrimonio rifiutato CINA Il Dragone ora accetta le coppie omo: valgono affari per 300 milioni di dollari » CECILIA ATTANASIO GHEZZI Pechino L a legge non discrimina: non dice che il matrimonio è l'unione di un uomo e di una donna, ma di marito e moglie. Una terminologia che si può applicare anche alle coppie gay”. Con queste motivazioni un ragazzo della regione dello Hunan ha fatto causa al governo locale per avergli rifiutato il permesso di sposarsi con il suo compagno. Si tratta del primo caso legale in Cina a difesa dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Un evento storico in una società in cui i diritti delle comunità Lgbt hanno fatto straordinari progressi in pochissimo tempo, quasi in parallelo alla crescita economica. Nonostante fosse un fenomeno largamente diffuso in epoca imperiale, la Repubblica popolare ha subito etichettato l'omosessualità come una » 23 “pratica decadente” imporvuta confrontare con il primo tata dall’Occidente. Fino al caso di discriminazione ses1997 è stata considerata un suale sul lavoro: un ragazzo lireato e solo nel 2001 è stata cenziato dopo aver messo online un video in cui faceva cocancellata dalla lista delle ming out. Una studentessa delmalattie mentali. Oggi l’attitudine del governo è quella di l'università di Guangzhou ha “non approvare, non disapfatto causa al ministero della provare e non incoraggiare” Diritti Manifestazione pubblica istruzione perché su ma la pressione sociale con- gay a Hangzhou Ansa 31 libri di Psicologia pubblicati tinua a essere enorme. La didopo il 2001, 13 descrivevano scendenza non è qualcosa a cui cinesi so- l'omosessualità come un disordine della no disposti a rinunciare. Ecco perché ci personalità. Il fenomeno è divenuto, cosono ancora cliniche che praticano l’elet- me in Occidente, un segmento di mercatroshock per “rettificare” gli orienta- to: a San Valentino, il gigante dell'e-commenti sessuali. Ma avranno vita breve. merce Alibaba, ha premiato 10 coppie oProprio lo scorso Natale un tribunale di mo cinesi con un matrimonio a Los AnPechino ha sentenziato che “l’omoses- geles. Mossa coraggiosa, ma anche astuta. sualità non è una malattia mentale e come Secondo Forbes i presunti 70 milioni di tale non può essere curata”. Neanche un gay cinesi hanno un potenziale commermese dopo una corte di Shenzhen si è do- ciale di circa 300 miliardi di dollari. n’è memoria storica e poi perché l’estrema destra è integrata nel Partido Popular. Differentemente che in Grecia, in Francia e in Germania, la crisi in Spagna non ha portato un aumento di voti all’estrema destra, semmai il contrario. Siamo in una seconda transizione? Il problema non è se facciamo un po’più di politiche sociali o meno, le questioni in gioco sono la crisi e la disaffezione alla politica. Il cambio è anche sul livello d’istruzione: nel gruppo di Podemos non ci sono operai, sono tutti professori universitari, perché la gente giovane ha una formazione molto superiore alla generazione precedente e ciò dà una maggiore capacità di critica, di elaborazione di proposta e di reazione. Podemos ha vinto più nelle aree urbane e nelle periferie industrializzate, meno nelle aree rurali. Che movimento è P od emos? È un movimento di sinistra, che apprende molto rapidamente dai suoi errori. Di gente che vive nelle grandi città, con alti livelli d’istruzione, di classe media. Sono i figli della classe media, i giovani che hanno patito la crisi, che non hanno futuro e che vogliono costruirselo rompendo con gli schemi del passato a cui non si sentono molto legati. Che hanno elaborato una teoria di rinnovamento della democrazia in senso partecipativo e questo è molto interessante. Perché in Europa quando nasce una nuova forza si dice sempre che è populista? Dire, come si è fatto, che Syriza e Podemos sono populisti è non voler dare riconoscimento alle forze politiche emergenti. Ma nessuno dei due partiti lo è. E.M.B. © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 Cultura | Spettacoli | Società | Sport Secondo Tempo CAPODANNO Meglio dell’oroscopo, l’Astrologia oraria I » ELISABETTA AMBROSI Prezzo minimo 30 euro Dove è finito il gatto? Al matrimonio pioverà? E chi vince lo scudetto? Mai stato così facile Pillola LEGA PRO SCEGLIE GRAVINA Finisce, dopo 18 anni, l’era Macalli. Gabriele Gravina è il nuovo presidente della Lega Pro. Lo ha eletto l’assemblea dei club riunitasi ieri a Firenze. Gravina ha ottenuto 31 voti ed è stato preferito a Raffaele Pagnozzi e Paolo Marcheschi. Del nuovo assetto dovrà tener conto Carlo Tavecchio, che punta alla presidenza della Figc n l vostro gatto è sparito e non sapete se tornerà? Pure il vostro ex marito è svanito e morite dalla voglia di sapere se si è messo con qualcun’altra? Stasera gioca la Juventus e volete conoscere se vincerà? Nessun problema, per avere risposte esatte e puntuali potete rivolgervi a un astrologo orario, anche via telefono o email. Ma chi è l’astrologo orario e cos’è questa branca molto particolare dell’astrologia classica, e molto meno conosciuta dell’astrologia moderna (quella alla Paolo Fox, per intenderci)? Da oggi è disponibile in italiano il testo di uno dei maggiori esperti mondiali, John Frawley, Astrologia Or ar ia (A rm il la /M er id ia no Zero edizioni, prefazione di Roberta Damiata, direttore della rivista di astrologia Sirio), tradotto da Il Cuore del Tempo, una società bolognese che si occupa di divulgare i principi dell’Astrologia Oraria (i cui testi di riferimento fondamentali sono i tre volumi della Christian Astrology di William Lilly, astrologo e medico del Seicento). E proprio a loro ci siamo rivolti per capire come funziona questa disciplina. “L’AstrologiaOraria”, ci spiega un astrologo della società, “è capace di elaborare non solo previsioni accurate, ma anche investigare il passato (aiutandoci, ad esempio, a ritrovare un oggetto smarrito). Inoltre può dare risposte che le carte natali (quelle formulate in base all’orario e al luogo di nascita) non possono fornire. Prenda il caso Stasi. Ponendo la domanda: la Cassazione riconfermerà la pena? Abbiamo ottenuto una risposta molto più precisa che quella prevista dalla carta natale di Stasi, dove si trovava solo la vaga indicazione che a un certo punto della sua vita avrebbe avuto un incidente di tipo legale”. Non solo segni Tutto il futuro minuto per minuto tornando oppure no: ad esempio la retrogradazione del pianeta potrebbe essere una testimonianza convincente del suo ritorno”. UN ALTRO esempio? “Posso raccontarvi il caso di due sposi che volevano sapere se il giorno del matrimonio avrebbe piovuto: in quel caso la carta oraria mostrò che il pianeta che identifica il luogo in cui si trovavano gli sposi cadeva in un segno d’acqua. Quel giorno piovve sempre”. L’Oraria si applica anche al mondo dei sentimenti, come spiega l’astrologa Patrizia Nava, autrice del libro I semi del tempo. Le relazioni amorose nell’astrologia oraria(Capone): si individuano i pianeti riguardanti le persone coinvolte nel rapporto, e attraverso uno schema interpretativo ideato da Frawley, basato sulla metafora d e ll ’amore/odio, vengono chiariti in modo semplice e intuitivo alcuni dei possibili significati delle ricezioni, ovvero dei sentimenti che un pianeta nutre nei confronti dell’altro (amore, odio, repul- Sposi bagnati L’astrologia oraria ritiene di essere in grado di prevedere anche il meteo. Così come l’esito del processo Stasi Ansa Jules Bianchi dopo l’incidente, dove la previsione non lasciava purtroppo spazio a una ripresa e in effetti un anno dopo Bianchi è morto”. Ma l’Oraria può essere utile anche per la politica o domande su figli e gravidanze, o sul lavoro. Insomma, è possibile sapere quasi tutto, “a patto di non abusarne” (e di pagare il compenso all’astrologo). E si può apprendere l’Oraria anche attraverso i corsi che la stessa società Il Cuore del Tempo organizza, aspettando la prossima traduzione italiana del testo Sport Astrology, sempre di Frawley: un volume dedicato alle previsioni nello sport e in particolare nel calcio. Per diventare ricchi col calcio scommesse, forse, se davvero l’Oraria funziona. Loro giurano di sì. Ai più curiosi non resta che provare. Al costo minimo di 30 euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA NUOVE MODE Attratte da misticismo ed esoterismo, chiamate a colmare un grande vuoto MA COME funziona questa di- sciplina che promette di rispondere esattamente a tutti i nostri quesiti? Grosso modo così: si formula una domanda rispetto alla quale si vuole avere una risposta e si imposta una carta astrologica sulla base del momento in cui la domanda è ascoltata e compresa dall’astrologo. Dall’a na l i s i della carta astrologica oraria si hanno indicazioni precise sulla risposta al quesito. “Tornando alla domanda sul gatto scomparso: si predispone la carta oraria in base all’ora esatta in cui l’astrologo comprende la domanda, poi si va a verificare qual è il settore (cioè la casa astrologica) che riguarda il gatto e il pianeta che lo identifica: a seconda della condizioni in cui si trova tale pianeta riusciremo a capire se il gatto sta bene o male, e in base alla direzione del pianeta, riusciremo a capire se il gatto sta sione, indifferenza) fornendoci informazioni sui sentimenti della coppia. L’Oraria può fare previsioni anche sulla morte? “Sì”, risponde l’astrologo, “anche se, trattandosi di argomenti molto delicati, l’astrologo può anche rifiutarsi di rispondere; tuttavia è possibile fare previsioni sullo stato di salute di una persona ammalata. So ad esempio che una carta oraria era stata predisposta per il pilota di Formula uno SEGUE DALLA PRIMA » MASSIMO FINI Le donne pregano Osho perché non hanno più il maschio I l fatto è che la Chiesa non è riu- sua esposizione mediatica, più, in scita a intercettare i bisogni spi- contemporanea e in correlazione, rituali che, per contraccolpo, si nel quasi quarto di secolo del suo creano in una società materialisti- pontificato crollavano le vocazioca come la nostra. La progressiva ni, sacerdotali e monacali, e in Ocdesacral izzazione cidente si illanguidiva dell’Occidente ha ofin quasi a scomparire rigini lontane e comil senso del sacro. E temo che alla stessa fine plesse, nella comparsia destinato un altro sa e nel graduale pre- L’inutilità Papa Superstar, Bervalere della Ragione Non riusciamo goglio, troppo inseriilluminista. più a dimostrare to, al di là delle sue parole, ma non della sua MA PER STARE a un la nostra virilità volontà, nel mondo. passato recente si Del mondo, in Europa può fare l’esempio di Al massimo e in Occidente, ne abPapa Wojtyla. Più le aiutiamo a biamo fin sopra i caWojtyla si affermava c o m e S u p e r s t a r sollevare i bagagli pelli. Abbiamo bisogno di qualcos’altro. E mondiale, grazie alla Il maestro spirituale indiano Osho, morto nel 1990, è considerato un’icona della New Age lo andiamo a cercare altrove. Solo l’Isis può credere che sia rimasto qualcosa di cristiano in Occidente. Torniamo alle donne. Il loro esoterismo non è solo il segnale del tentativo di colmare un vuoto spirituale, ma marca anche un’altra assenza, più concreta e terrena: quella del maschio. Non per una scopata (quella non la si nega a nessuna) ma per un rapporto serio e duraturo. I maschi, dicono, sono scomparsi. E hanno ragione, anche se qualche attenuante ce l’abbiamo. Non ci sono più le condizioni per dimostrare la nostra, vera o presunta, virilità. Non andiamo più in guerra, non siamo più legati SECONDO TEMPO Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | Quentin, stella di Hollywood Il Chelsea vuole Guardiola Torino conferma Barbera Tarantino ha ottenuto la sua stella sulla Walk of Fame. A pochi giorni dal nuovo film, il regista ha visto incidere il suo nome su una mattonella L’allenatore del Bayern Monaco, che lascerà a fine stagione, secondo il “Daily Express” è l’obiettivo numero uno del magnate russo Abramovich Alberto Barbera è stato confermato direttore artistico del Museo del Cinema. Si farà invece un concorso per un direttore organizzativo » 25 PARADOSSI Il Mibact vuole ottimizzare spazi e immobili e manda un museo nazionale all’interno dell’Archivio centrale dell’Eur. Verranno sacrificati 23 chilometri di documenti Al posto dei segreti di Stato un bel pezzo di arte orientale » GIORGIO CERASOLI I nteressa al Paese conservare la propria memoria storica? Si è consapevoli della sua importanza? La classe politica è sensibile a questi problemi? Da quello che vedo no”. A esprimersi in modo così netto è Mauro Canali, storico dell’età contemporanea, ma il suo collega Marco De Nicolò lo è ancor più: “La storia è anche formazione di una coscienza critica, per non andare a casaccio e dire sciocchezze. Se un giorno non dovessimo più disporre delle fonti vincerebbe chi la spara più grossa!”. O, peggio, chi ha la voce più forte. LA QUESTIONE sul tappeto è quella che riguarda l’Archivio Centrale dello Stato, nella cui stracolma sede romana all’Eur si vorrebbe ora far confluire anche il Museo Nazionale di Arte Orientale. In realtà si tratta di una tra le scelte che il Mibact sta compiendo in nome di una sbandierata razionalizzazione delle risorse e del patrimonio che amministra. Davvero necessario che vi debba essere un unico direttore per musei situati a molti chilometri di distanza, in Puglia (Manfredonia e Gioia del Colle) e in Calabria (Sibari e Vibo Valentia), o che – giusto per tornare alla questione Capitale –si debba procedere a questo ‘accorpamento’? Appurata cienti, mancato turnover del personale, risorse inghiottite per ben due terzi dal pagamento di affitti di locali esterni (invece di studiare la riconversione di beni demaniali in dismissione). L’elenco sarebbe lungo e testimonia l’assenza una visione strategica complessiva. l’impossibilità di avere dichiarazioni dai responsabili delle Istituzioni, è dai diretti utilizzatori che si riesce a raccogliere informazioni, cose ben note agli addetti ai lavori ma in gran parte ignorate dall’opinione pubblica. “La situazione dell’Archivio Centrale – precisa Canali – è la cartina tornasole di quello che è l’interesse della classe politica, non solo l’attuale ma pure quella che l’ha preceduta. Ricordiamoci che quella sede accoglie an- ORA DUNQUE si prevede pu- Lo storico Canali: ‘Ci interessa conservare la nostra memoria storica? La classe politica è sensibile a questi problemi?’ che le carte private di statisti e politici. Stiamo parlando dei Padri della Costituzione, testimonianze preziosissime”. Eppure quello dell’Archivio Centrale dello Stato – caso peraltro emblematico di una situazione complessiva riguardanti archivi e biblioteche statali – è un problema che non riguarda solo gli studiosi. “Esistono tanti soggetti –spiega De Nicolò, responsabile del settore archivi del- Le ali del passato L’Archivio Centrale dello Stato si trova nel quartiere dell’Eur, a Roma la Sissco (Società italiana per lo studio della storia contemporanea) – che sono variamente interessati a reperire materiale. Possono esserci questioni riguardanti il catasto ma, per esempio, i parenti delle vittime di Ustica perché non dovrebbero poter esaminare le carte che esistono? Adesso con la direttiva che porta il nome dell’att uale presidente del Consiglio, questa documentazione di- venta consultabile e ci sono persone che hanno un motivo legittimo ad accedere al materiale storico, a cercare la verità. Immaginiamo anche qualsiasi cittadino che abbia interesse diretto a conoscere quali sono stati i soggetti che hanno preso una determinata decisione, che hanno fatto una scelta politica, o a rintracciare le carte di un processo o di un tribunale”. Finanziamenti insuffi- re lo smantellamento dei magazzini laterali dell’Archivio Centrale dello Stato, per ‘far posto’ al Museo Nazionale d’Arte orientale, senza curarsi delle conseguenze sulla consultabilità dei 23 km di fondi archivistici che trovano posto in quell’ala. Fondi che nessuno sa esattamente dove verranno collocati, essendo saturi i magazzini che già l’Archivio affitta presso Pomezia, a sud di Roma. “Invece il vero problema – propone Canali – è che l’Archivio dovrebbe acquisire pure l’altra ala, ora occupata da uffici comunali. La Capitale di un Paese che si rispetti dovrebbe far diventare il Piazzale dell’Eur un polo archivistico, sarebbe una soluzione ideale e piuttosto ovvia. Ma sembra di parlare di fantascie nza”. In Francia, a Pierrefitte-sur-Seine, nel 2013 è stato inaugurato un nuovo grande polo archivistico centrale, progettato dall’italiano Massimiliano Fuksas. La fantascienza è vicina. © RIPRODUZIONE RISERVATA ONDA SU ONDA Il twittare selvaggio dell’Eni contro l’inchiesta di Report a ideologie che comportino rischi, pericoli, qualche prova di coraggio, fisico e morale, la tecnologia ha reso inutile la forza fisica, tutt’al più ci serve, sui treni, per aiutarle a mettere le loro pesantissime valigie (ma che cosa mai ci mettono dentro?) sulle reticelle. A questo ci siamo ridotti. E COSÌ INVECE del Principe Azzurro (nonostante tutto un po’romantiche lo sono restate) si trovano di fronte quello che l’uomo in realtà è sempre stato: un bambino (“Ricordati che in ogni uomo c’è sempre un bambino che vuole giocare” scrive Nietzsche). E ne sono deluse. Ecco perché molte donne e molti uomini d’Occidente sono attratti dall’Isis. Le prime per trovare un maschio propriamente detto, i secondi per ritrovar se stessi. © RIPRODUZIONE RISERVATA » LORIS MAZZETTI G li uffici stampa sono i cani da guardia del potere, gli esecutori materiale della lenta ma inesorabile corrosione dell’articolo 21 della Costituzione. Renzi alla Leopolda ha scatenato i sostenitori contro i giornali non allineati, critici sull’operato del governo. Il taglio dato all’iniziativa è stato giocoso come se la vicenda fosse fine a se stessa e non portatrice di sciagura per la libertà d’informare. ANCHE NEL 2001 a Telelombardia sembrò un gioco quando Gasparri, allora An, insieme a Di Luca di Gli uffici stampa, ovvero il potere della censura Milena Gabanelli LaPresse Forza Italia e Buttiglione dei Cdu, sollecitato dal conduttore di Isberg, compose la lista di proscrizione: Biagi, Santoro, Luttazzi, Tg3. Dopo qualche mese Berlusconi con l’editto bulgaro colpì duro. Oggi l’opinione pubblica è meno consapevole di ciò che sta accadendo all’arti- colo 21, il berlusconismo ha creato un clima, che prescinde da chi governa, di autocensura, percettibile solo all’interno delle redazioni: sono gli uffici stampa che organizzano la presenza dei politici in tv con interviste concordate, che impongono il parterre degli ospiti altrimenti rifiutano di mandare il loro politico alle trasmissioni. GLI UFFICI stampa dei po- tenti si sono allargati ai social, hanno scoperto che Twitter può essere utilizzato contro l’inchiesta che sta andando in onda, che ovviamente è registrata e non può replicare, facendo passare per falsi i fatti raccontati. È accaduto con Report nella puntata in cui Milena Gabanelli raccontava della presenza dell’Eni in Nigeria e di un presunto giro di tangenti. L’ufficio stampa dell’impresa energetica ha cominciato a twittare, diffondendo nella rete messaggi in cui si affermava che gli autori dell’inchiesta avevano occultato documenti che avrebbero provato la limpidezza dell’azione dell’Eni, denunciando che la Gabanelli avrebbe rifiutato di invi- tare in diretta gli accusati, la ragione per cui i vari Scaroni, Descalzi non hanno concesso interviste. RICHIESTA ridicola perché tutti sappiamo che un’inchiesta ha tempi di realizzazione ben diversi rispetto a un talk show. Quella sera, grazie a Dagospia, abbiamo scoperto quanti sono i cani da guardia del padrone, mimetizzati da guardiani della democrazia, evidentemente obbligati da Eni a intervenire su Twitter a difesa del potente, quindi a rivelarsi. Il gioco di Renzi non deve far sorridere perché c’è sempre chi è più realista del re. © RIPRODUZIONE RISERVATA 26 » SECONDO TEMPO | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 Libri DITTATURE L’editoria italiana si occupa finalmente degli esuli della Corea del Nord. Hyeonseo Lee: “Sono una rifugiata, ma quella rimane la mia terra” A Il libro La ragazza dai sette nomi l Hyeonseo Lee, David John Pagine: 350 Prezzo: 20 e Editore: Mondadori Quale democrazia Nei campi di prigionia rimangono tra le 80 e le 120 mila persone D. C. (DOPO CHRISTIE) » CAMILLA TAGLIABUE parte il nome, la Repubblica Popolare Democratica di Corea di democratico non ha nulla: finalmente se n’è accorta anche l’editoria nostrana, a dispetto della malafede di certa politica e stampa, che continuano a blaterare sulle bizzarrie del dittatore Kim Jong-Un o sulla impeccabile pulizia del Paese (© Razzi e Salvini). Peccato che qui sarebbe più giusto parlare di “pulizia umana”, che tiene nei campi di prigionia tra le 80 e le 120 mila persone (circa lo 0,5 % della popolazione). Human Rights Watch e Amnesty International denunciano da anni che la “Nord Corea è uno dei Paesi più repressivi al mondo” e l’Onu ha dichiarato che lì “gli abusi non hanno pari nel resto del pianeta e includono sterminio, schiavitù, tortura…”. IN ITALIA sono le case editrici a interessarsi sempre di più alle storiacce di Pyongyang e dintorni: a fine 2014 è uscito Fuga dal Campo 14 di Blaine Harden (Codice) su Shin Dong-Hyuk, uno dei pochi scampati al centro di concentramento. Recentemente sono state pubblicate le scioccanti autobiografie di Hyeonseo Lee (La ragazza dai sette nomi, Mondadori) e Yeonmi Park (La mia lotta per la libertà, Bompiani), entrambe esuli, rifugiate in Corea del Sud e ora attiviste per i diritti umani. Meno truce, ma altrettanto sconvolgente, è poi il saggio di Paul Fischer, Una produzione Kim Jong-Il (Bompiani), che affabula l’“audace rapimento” di Choi Eun-Hee, attrice sudcoreana sequestrata dall’allora ministro della propaganda (Kim Jong-Il, poi dittatore e padre dell’attuale despota) per accrescere il prestigio del cinema di regime. Malaffare senza scampo: l’aldilà è cinese e corrotto » FABRIZIO D’ESPOSITO L Tante vite, sette nomi e una sola patria da cui fuggire “Ho vissuto tante vite quanti sono i miei nomi”, spiega al FattoHyeonseo Lee, ultimo degli pseudonimi, che significa “luce del sole” e “buona sorte”. Scritto con David John, La ragazza dai sette nomi racconta la rocambolesca fuga dell’adolescente Lee dal proprio Paese, la clandestinità in Cina e l’attuale vita a Seul. “Forse mi sentirò sempre una rifugiata e il mio sogno è vedere unite le due Coree, ma la mia patria resterà sempre il Nord: lì sono nata e ho vissuto per 17 anni (oggi ne ha 35, ndr). Ora sono sulla loro lista nera e, da esule, faccio tutto ciò che posso contro il regime, aiutando i rifugiati come me e girando il mondo per divulgare la mia storia”. IL SUO DISCORSO alla TED conference del 2013 è uno dei più visti sul web con oltre 4 milioni di clic. “La sensibilità d e ll ’opinione pubblica sta crescendo, ma secondo me servirebbero meno parole e più azioni, anche un intervento militare. Certo nel XXI secolo si dovrebbe evitare la guerra, ma perché la comunità internazionale non fa nulla, non tenta altro? La Cina, ad esempio, dovrebbe essere la prima a reagire, e invece spesso rispedisce i rifugiati al re- gime”. Sperare in una rivoluzione locale è utopistico: “I nordcoreani non sono liberi, nemmeno di muoversi: come potrebbero organizzare una resistenza? Moltissimi poi non sanno nulla, non si rendono conto di vivere sotto un regime, sono disabituati perfino alla bellezza. Forse quando arriverà internet le notizie viaggeranno più velocemente e la dittatura collasserà. Forse Gates o Zuckerberg potrebbero darci una mano, almeno per contrastare il perenne lavaggio del cervello cui la popolazione è sottoposta”. e discese ardite dell’ipnotista nei cunicoli e nei meandri cerebrali sembravano un confine estremo. Invece no. Stavolta Lars Kepler, famoso pseudonimo della premiata ditta coniugale Ahndoril, va ancora oltre e ovviamente si ritrova nel sovrannaturale con l’ultimo best-seller, Il porto delle anime. Si parte sempre dal cervello e la zona buia, meglio, grigia e plumbea, è quel tunnel che molti dicono di vedere quando si trovano tra la vita e la morte a causa di un infarto o di un incidente. Il porto delle anime, appunto. L’anticamera del regno dei morti dove si parla ci- l Il porto nese perché la Cina sin dal- delle anime le origini venne modellata Lars Kepler come la città portuale dove Pagine: 360 sostano le anime. Proprio Prezzo: così. “Com’è che l’aldilà è 16,90 e cinese?”. “Perché noi cine- Editore: si abbiamo sempre rispet- Longanesi tato i nostri antenati... Così abbiamo interrogato quelli che sono tornati dalla città portuale. Dopo le prime dinastie, erano tornate alla vita così tante persone che le loro descrizioni cominciarono a ispirare l’intera società”. Capito il segreto? Jasmin ha i capelli rossi ed è una militare svedese con traumatiche esperienze di guerra in Kosovo. Va e viene dal porto delle anime ma non le credono ed è rinchiusa in un manicomio. Ha un figlio piccolo, Jasmin, che si chiama Dante e così quando accade l’irreparabile in un incidente d’auto, ossia Dante in fin di vita, lei si provoca una morte apparente con un paio di iniezioni e torna nel porto delle anime. L’anticamera del regno dei morti è una città corrotta e violenta, dove si mangia, si fa sesso, si beve. A dominare sono dei clan che rubano le piastrine a chi deve ritornare nel mondo dei vivi per destinarle a potenti boss e funzionari del popolo che vogliono vivere. Ecco, scoprire che anche l’aldilà riproduce le dinamiche terrene induce all’angoscia, favorita dal ritmo veloce. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA STRENNA La rilettura di Maurizio Bettini IL RICORDO Testimoni e capolavori FOTOGRAFIA L’arte di Becchetti Il kolossal dei miti classici Graziani, quando il rock è meglio anche di Star Wars incontrò il cantautorato Gli sguardi degli uomini che uno scatto rende veri » STE. FEL. » ANDREA SCANZI » FERRUCCIO SANSA C’È UNA GRANDE quantità di retorica sull’importanza delle radici. E ci sono schiere di umanisti pronti a difendere l’importanza dello studio del greco e del latino, ma pochissimi che si sforzano di condividere i loro piaceri intellettuali con il pubblico (gli studenti non contano, non hanno possibilità di scelta). Per questo è interessante il libro “Il grande racconto dei miti classici”, la strenna del Mulino, un volume elegante dove il testo di Maurizio Bettini ha la stessa dignità delle immagini. Bettini, che è professore di Filologia classica all’Università di Siena ma anche infaticabile divulgatore, si dedica a un compito trascurato: riportare il mito alla sua dimensione originaria, quello del racconto, di kolossal tramandato per via orale. L’Economist ha dedicato il numero di Natale alla “moderna fabbricazione di miti”, con la Disney di Star Wars al posto di Omero e i cavalieri Jedi come eredi di Prometeo e Teseo. Bettini torna all’originale facendo un’operazione che di solito viene riservata a libri “divulgativi” (aggettivo usato spesso con sprezzo, ma solo in Italia). Racconta, affabula, ricostrusce - anche con mappe genealogiche dettagliatissime - Olimpo e dintorni con un approccio che dimostra come alla Disney (e alla Marvel) non abbiano poi inventato molto. OSSERVATORE attento della canzone d’autore, Paolo Talanca ha scritto un libello agile e volutamente breve – ma non frettoloso – sul cantautore italiano più atipico e non ancora compreso appieno: Ivan Graziani. Lo ha fatto da abruzzese qual è, e anche per questo ha insistito a inizio libro su quanto le origini teramane abbiano influenzato la creatività dell’artista. Graziani è stato il primo, nella seconda metà dei Settanta, a fare incontrare rock e canzone d’autore. Un connubio, prima di lui, quasi impensabile. Addirittura eretico. Chi ripete che negli ultimi anni non avesse più molto da dire non sa di cosa parla, e con Graziani capita spesso, ma certo fu lo snodo tra Settanta e Ottanta a portare i frutti artistici più ispirati. Dischi come Pigro e Agnese dolce Agnese andrebbero portati nell’isola deserta, o anche “solo” ascoltati regolarmente come dono prezioso a se stessi. Talanca non usa toni cattedratici, ospita virgolettati di chi Ivan lo ha conosciuto bene, si sofferma giustamente su quel capolavoro quasi inaudito chiamato Fuoco sulla collina. Il suo è un libro affettuoso, divulgativo e necessario. Mica poco, di questi tempi. SFOGLIARE le pagine e ritrovare i propri sguardi. Immagini tanto familiari che le credevi parte della tua memoria personale. Come il volto in bianco e nero di Pier Paolo Pasolini, i suoi occhi così penetranti che ancora ti raggiungono. Accade leggendo “L’Inganno del vero” di Sandro Becchetti, diario di viaggio di un grande fotografo che per decenni ha seguito la cronaca italiana – romana soprattutto – fino a comporre il ritratto di un Paese. Un libro non comune, perché alle immagini accompagna le annotazioni non di un critico, ma di chi le ha scattate. Si scopre così che Becchetti aveva un’ottima penna. Ma soprattutto ci si accorge di quanto diverso sia il messaggio che ci lasciano l’immagine e la parola. I volti senza nome catturati da Becchetti nelle manifestazioni degli anni Settanta, ai funerali di piazza Fontana, nelle campagne della sua Umbria, sono universali, come sa essere la grande fotografia. Il racconto invece li identifica. Li rende particolari. “La fotografia non è un’arte”, sostiene Becchetti. Ma proprio le sue immagini lo smentiscono. Scatti di una naturalezza geniale, in cui si riconosce la passione del cronista per gli uomini: volti famosi –Pasolini, Alfred Hitchcock, Dustin Hoffman – catturati in atteggiamenti che li rendono così umani, persone comuni che diventano improvvisamente protagonisti del loro tempo. Il grande racconto dei miti classici l Maurizio Bettini Pagine: 503 Prezzo: 48e Editore: Il Mulino Ivan Graziani – Il primo cantautore rock l Paolo Talanca Pagine: 90 Prezzo: 12 e Editore: Crac Edizioni l L’Inganno del vero Sandro Becchetti Pagine: 192 Prezzo: 13,50 e Editore: Postcart SECONDO TEMPO Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | » 27 Arte & Fumetti L’OMAGGIO Al Macro di Roma una mostra dedicata al grande intellettuale: pittore, grafico, teorico del gusto, critico. A cavallo tra i secoli e le abitudini italiane O Ricarica SORELLA TERRA Inaugurata ieri a Palazzo Braschi, a Roma, la mostra ideata da National Geographic Italia: un viaggio ideale tra le parole dell’enciclica e gli scatti sulla fragilità, la sofferenza, la bellezza della Terra in pericolo. Il percorso si apre sulla magnificenza del creato e prosegue con il degrado ambientale e umano, l’urbanizzazione selvaggia, gli esclusi, ma anche la biodiversità. In mostra anche alcune fotografie esclusive di papa Francesco n » ANGELO D’ORSI gni tanto, anche agli occhi di noi laici, i miracoli accadono: nel novero rientra la meravigliosa vecchiezza di Gillo Dorfles, che ha traguardato i 105 anni, con una creatività e un acume che non appartengono al suo lungo passato, ma sono cosa viva. La bella mostra aperta fino al 30 marzo 2016, al MACRO di Roma “Gillo Dorfles. Essere nel tempo” a cura di Achille Bonito Oliva, ne è un esempio ragguardevole. Il comunicato stampa recita il vero, parlando di “omaggio all’opera totale di un padre storico della cultura visiva italiana”. Gillo Dorfles Ultime esplorazioni di un secolo d’arte multiforme attività di un intellettuale che ha ben pochi esempi che possano tenergli testa: pittore, grafico, teorico del gusto, critico d’arte. Se lo si vuole conoscere, però, soprattutto, che andiate o meno a visitare questa ricchissima mostra, non perdete il volume appena pubblicato da Skira, Gli artisti che ho incontrato, che raccoglie l’intera produzione critica dorflesiana. Divisi in capitoli che corrispondono a decenni, i testi di questo straordinario scrittore – uso la parola non a caso – ci illuminano sulle vicende di arti e artisti, dagli anni 30 in avanti, fino si può dire ai nostri giorni, ma ci danno anche la possibilità di penetrare, attraverso le opere, e gli ambienti di questo o quel pittore, o scultore, o grafico, nelle diverse temperie storiche e culturali attraversate da Dorfles. È come avere una guida personale che ci accompagni lungo le tante sale di un museo del ’900, che con garbo, finezza, talora sapida ironia, dipinge, usando la penna proprio come un pennello, i mondi biografici e storici delle dozzine di personaggi da lui conosciuti, in un modo o n e l l’altro. Si legga l’i n ci p i t E COSÌ VIA, in una rassegna che dell’incontro con Carrà, un piccolo capolavoro letterario ma anche di introspezione: “Il minaccioso corrugare dei sopraccigli sotto l’inseparabile basco, la ruggente e catarrosa parlata, s’attenuano e s’ammorbidiscono nell’atmosfera linda e ordinata di Casa Carrà.” Sempre, sotto la bonomia dell’osservatore, vive la penna pronta ad essere intinta, come scriveva Antonio Gramsci, “nell’acido corrosivo dell’imbecillità”. Ecco i futuristi, or- mai divenuti patetici esponenti di un’arte di regime, che si affida a mezzi artificiosi, meccanici, estemporanei per dimostrare di esser viva: espressione di un movimento, quello di Marinetti, “che ha continuato a vegetare ruminando quello che non aveva ancora ben digerito”. E continua, impietoso, Dorfles, con parole che vanno ben oltre gli anni ’30: “Non mi sembra che un artista vero abbia bisogno, per rendere originale la sua o- Viaggio nella storia Fino al 30 marzo l’esposizione sul padre della cultura visiva lascia estasiato il lettore esperto, ma appassiona quello che non fa della critica d’arte il suo mestiere. Naturalmente non lesina, l’autore, complimenti, ma solo quando davvero sono meritati. Scorrono i decenni, e tra mostre personali e collettive, pubblicazioni e grandi eventi, Dorfles è sempre lì col suo taccuino in mano, pronto a cogliere valori e disvalori, a suscitare problemi, a porre domande: curioso e attento esploratore e di un mondo, quello dell’arte, dove le patacche e i capolavori si mescolano, un mondo in cui autentici artisti spesso vengono posti in seconda o terza fila mentre sulla ribalta le luci si accendono solo su alcuni, che, nella vulgata, sono “i soliti”, tanto famosi in vita quanto spesso giustamente dimenticati dopo. Sicché il volume è un prezioso vademecum per tutti: artisti, critici, e, soprattutto, per noi che l’arte la vogliamo semplicemente godere. Grazie, Gillo. © RIPRODUZIONE RISERVATA FUMETTO Il miglior fumetto del 2015 è l’opera di Manu Larcenet Blast, ovvero la necessità di manipolare i propri ricordi per continuare a vivere » STEFANO FELTRI S e vogliamo scegliere un fumetto dell’anno, per il 2015, la scelta deve cadere su Blast di Manu Larcenet. Il quarto volume è uscito da poco per Coconino Press - Fandango, ultimo tomo (oltre 200) pagine di un’opera molto ampia. Ma che, come i lavori di Larcenet, non è mai eccessiva: Larcenet si è fatto conoscere grazie a una combinazione rara nel fumetto francofono, cioè i tratti tipici della bande de ssin ée umoristica, arrotondati, gradevoli, abbinato però a storie drammatiche (basti ricordare il suo capolavoro, Lo scontro quotidiano). Blastè un fumetto che può lasciare perplessi, soprattutto nel primo volume: Larcenet dedica centinaia di pagine a uno dei protagonisti più sgradevoli della storia della letteratura, un uomo obeso dal nome assurdo (Polza Mancini) che sceglie di abbandonare una vita ordinaria per inseguire la libertà, lontano dalla mo- glie, dal lavoro, nei boschi, nelle periferie. Questa è un’epoca che non consente idilli bucolici, l’unica libertà possibile è quella del nichilismo: Polza vive di merendine, sbronze solitarie, stordimenti chimici da stupefacenti. Il massimo della liberazione, per Polza Mancini, arriva attraverso i “blast”, esplosioni cerebrali di colori che rendono all’improvviso il mondo leggero, bello. Una specie di delirio felice che di solito arriva dopo una congrua dose di alcol e di pillole. Tutta la narrazione è costruita secondo il modello reso celebre dalla serie True detective (successiva all’inizio del fumetto di Larcenet), cioè un interrogatorio di due poliziotti • Affinità elettive da De Chirico a Burri Galleria d’Arte Moderna, Roma. Fino al 13 marzo 2016 pera, di mettersi a dipingere a gambe all’aria o con delle lenti deformanti dinanzi agli occhi… Tutto ciò rientra nell’ordine di quell’arte adulterata da stimoli fisici e corporei: la novella scritta col mal di testa, il romanzo composto sotto i fumi dell’oppio, la sinfonia scritta con un litro di alcool nello stomaco”. E LA MOSTRA dà conto della AROUND Blast 4 - Spero che i buddisti si sbaglino l Manu Larcenet Pagine: 208; Prezzo:22e Editore: Coconino Presse che cercano di capire non tanto se Polza è colpevole, ma perché. C’è un omicidio. Per spiegarlo bisogna risalire all’inizio. Con il passare delle pagine, Polza inizia a sembrare sempre meno orribile, quasi simpatico, di certo comprensibile, rispettabile nel suo tentativo di costruirsi una vita non convenzionale. Il suo resoconto agli agenti sembra dimostrare che comprendere tutto significa giustificare tutto. Solo nelle ultime pagine si capisce che Blast è un’opera sull’incredibile capacità umana di giustificare, in retrospettiva, tutto quello che abbiamo fatto, di modellare l’infida materia dei ricordi per costruire il passato che ci consente di non disprezzarci. Di continuare a vivere. Il disagio delle prime pagine che Larcenet ha sfumato e trasformato in empatia nei quattro volumi torna a travolgere il lettore quando capisce lo iato tra i ricordi di Polza e la realtà. E lo travolge con la forza di un “blast”. LA MOSTRA nasce dalla volontà di accostare, sulla base di consonanze e suggestioni, di temi e ambiti figurativi, alcuni capolavori della collezione parmense della Fondazione Magnani Rocca a quelli della collezione capitolina della Galleria d’Arte Moderna. Una selezione di circa 40 opere della collezione permanente in dialogo con le opere della Galleria d’Arte Moderna. Ad aprire la mostra Giorgio De Chirico al quale vengono affiancate opere di artisti come Marino Marini e Carlo Mattioli. I rimandi sono molteplici e vale la pena scoprirli uno a uno. • Recto Verso Fondazione Prada, Largo Isarco 2, Milano Fino al 14 febbraio 2016 LA MOSTRA presenta opere nelle quali gli artisti hanno posto in primo piano l’elemento di solito nascosto o trascurato del retro del quadro. La tradizione occidentale concepisce il dipinto principalmente come un artefatto frontale (“recto”). Il retro (“verso”) sembra trasmettere un significato culturale trascurabile, non essendo destinato allo sguardo del pubblico, perché visibile solo dall’artista e dagli addetti ai lavori. In alcune opere esposte, la tecnica del trompe-l’oeil è impiegata per focalizzare l’attenzione sul telaio piuttosto che sull’immagine dipinta. • Giovani Designer in Mostra Maxxi, Roma Fino al 20 gennaio 2016 DAL PROGETTO al prototipo, per arrivare alla realizzazione e alla sua esposizione pubblica. Lo Spazio D del MAXXI accoglie i lavori più meritevoli tra quanti hanno preso parte a DAB6 – Design per Artshop e Bookshop. In mostra prototipi che creativi under 35 hanno immaginato per artshop e bookshop dei musei. A CURA DI CL. COL. 28 » ULTIMA PAGINA Dalla Prima » MARCO TRAVAGLIO C he si immolò per smentire le orge eleganti di Arcore: “A casa Sua ci si ritrova con tante belle famigliole. L’unica situazione piccante fu una cena a lume di candela in una notte tempestosa con Fabrizio Cicchitto”. Che, con grave sprezzo del pericolo e del ridicolo, appena il padrone sparava una cazzata, si lanciava a lingua morta giurando che aveva ragione da vendere. Una volta Silvio raccontò che “nella Cina di Mao i comunisti bollivano i bambini per concimare i campi”, innescando un incidente diplomatico con Pechino, il Fantozzi lunigiano salmodiò: “È paradossale che Prodi e la sinistra esprimano valutazioni indignate contro chi ricorda un fatto storico tragicamente indubitabile, piuttosto che condannare una delle vicende più abominevoli della storia umana e dell’or ro re dell’ideologia comunista”. Un’altra volta l’Adorato gli ordinò di premiare al Festival di Venezia il film Goodbye Mama dell’amica bulgara Dragomira Bonev e lui, ministro della Cultura, intuì che il presidente della Giuria Quentin Tarantino non le avrebbe dato il Leone d’Oro. Inventò dunque un finto “Premio speciale della Biennale nel 60° anniversario della Convenzione europea sui diritti umani”, con targa farlocca acquistata in un negozio di coppe e medaglie, con tanto di loghi dell’Ue e del Mibac e premiazione-patacca in una saletta vuota della Biennale con veri ministri (Galan e Carfagna), falsi giornalisti e fotografi, più 32 comparse bulgare aviotrasportate da Sofia. Sommo vate (senza r finale), sciolse endecasillabi e rime baciate a politici & affini d’ogni colore: da Ferrara (“Antro d’amore”) alla Brambilla (“Fiore reclinato”), da Dell’Utri (“Velata verità”) a Gianni Letta (“Beatitudine presente”), da Veltroni (“Foglio mio ritrovato”) a Bertinotti (“Disperata speranza”), giù giù fino a Cicchitto (“La mia fede è la tenerezza dei tuoi sguardi”) ed Elio Vito (“Fra le tue braccia intenerito ardore”), su su fino a Silvio (“Vita nova”) e a mamma Rosa (“Madre di Dio”). Liriche che gli valsero, sul Foglio, un paginone dal sobrio titolo “Il Nuovo Bottai”. Solo che Bottai non aveva mai detto del Duce, come lui di B., che “svolge un’azione storica all’altezza delle sue vocazioni universali”, “dovremmo dargli una medaglia per gli stessi motivi per cui è imputato da una muta di pseudomagistrati”, “è enormemente buono, per Lui andrei anche in carcere”, “dobbiamo difenderlo fino al sacrificio del nostro corpo”, “spero di non dover mai scegliere fra Lui e la mia famiglia”. Né aveva mai esaltato la sua “forza morale, religiosa, umana” di “luminoso imprenditore cattolico con venature giansenistiche”, “il più vicino al pensiero femminile”, autore di “molti miracoli”, dunque “da studiare nelle università”, paragonandolo a Olivetti, ma anche ad “Aristotele, Platone, Domenico, Agostino e Gioacchino da Fiore” (e in tandem con Dell’Utri). Bondi disse pure, nel 2004: “B. ci guiderà per i prossimi 30 anni”, “Lui rappresenta il futuro dell’Italia e del centrodestra, dopo di Lui non c’è nessuno”. Ma solo perché non aveva ancora visto Renzi. Q ualche decennio fa, quelli che volevano i colonnelli –gente tipo il giovine Maurizio Gasparri – gridava per strada lo slogan “Ankara, Atene / adesso Roma viene”. Alludevano, i bambinoni, a una prossima estensione della cintura delle dittature sponsorizzate dalla Nato nel Mediterraneo (anche Spagna e Portogallo avevano i loro “duci” all’epoca). Oggi c’è l’Europa del bail-in, i duci d’antan non si portano più e Maurizio Gasparri ha fatto persino il ministro della Repubblica. La cintura mediter- | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 RIMASUGLI Lisbona, Atene, ora Roma viene: si parla di banche (e di tacchini) » MARCO PALOMBI ranea, però, esiste ancora: quella della corsa allo sportello. Ad Atene, l’estate scorsa, la Bce l’ha stretta talmente che le banche hanno dovuto razionare i soldi ai cittadini. Da noi, invece, il 22 novembre il governo ha espropriato per decreto due miliardi di euro ai piccoli risparmiatori per il salvataggio di Pop Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti. Domenica il governo portoghese ha fatto più o meno la stessa cosa col Banif (Banco Internacional do Funchal), ottavo istituto del Paese che a- veva già inghiottito 1,1 miliardi di fondi pubblici nel 2011. Sia chiaro: nessuno è più garantito. Ieri la stampa di Lisbona sosteneva che nell’ultima settimana i correntisti avevano già ritirato dal Banif un miliardo di euro. Lo stesso - ci assicurano - sta accadendo con le 4 nuove banche create dal governo e pure in Veneto, dove Popolare di Vicenza e Banca Veneto attraversano momenti, diciamo, non felici. Tutto questo per dire: ma che si ride Renzi? Non ha capito che è lui il tacchino di Natale?