Renzi si è preso anche la Rai

Transcript

Renzi si è preso anche la Rai
Secondo Il Mattino slitta addirittura a maggio la sentenza d’appello su De Luca
decaduto. Se fosse confermato, il nuovo porto delle nebbie sarebbe a Napoli
y(7HC0D7*KSTKKQ( +,!=!$!?!%
Mercoledì 23 dicembre 2015 – Anno 7 – n° 353
e 1,50 – Arretrati: e 3,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Il trabocchetto Arrestato grazie a una finta lettera anonima
L’authority di Parigi Adesso Marine rischia l’ineleggibilità
Assassinio Caccia,
in manette il killer
venuto dal 1983
Le Pen, nuovi guai:
“60% del patrimonio
non è dichiarato”
q CON COMMENTI DI BOFFANO E CASELLI A PAG. 10 - 11
» MARCO TRAVAGLIO
“L
q DE MICCO A PAG. 21
IL CAIMANINO È legge la “riforma” della tv pubblica che dà pieni poteri all’Ad
Renzi si è preso anche la Rai
Il fido Campo Dall’Orto potrà piazzare chi vuole il premier ai tg e alle reti
p Cambia la governance
dell’azienda di Stato: pieni
poteri al nuovo uomo solo
al comando scelto da Matteo. Protestano Fnsi e Usigrai: “Colpo all’autonomia
del servizio pubblico”
CRAC E SQUALI 2 miliardi ai soliti noti
Etruria & C.: i banchieri
che ci guadagneranno
q ROSELLI A PAG. 3
DIRETTORE TG LA7
q FELTRI E MELETTI A PAG. 4 - 5
Mannelli
Enrico Mentana:
“E se l’avesse
fatto Berlusconi?”
Sistema Leopolda Renzi e Campo Dall’Orto alla kermesse LaPresse
q DE CAROLIS A PAG. 3
I SEGRETI DEL POTERE/6 L’avvocato della Lega commissario di Geo Ambiente
Il ministro lo fa papà Guidi:
le nomine arrivano per telefono
p Nell’inchiesta Breakfast
di Reggio Calabria le conversazioni tra il capofamiglia Guidalberto e Aiello,
fedelissimo di Maroni, con
la proposta di incarico.
Poi la figlia Federica ratifica e firma il decreto
q LILLO A PAG. 2
OLTRE L’OROSCOPO
Csm, sempre più nei guai il pm
di Arezzo consulente del governo
q MASCALI E VECCHI A PAG. 6
Tutto in famiglia Il ministro Federica Guidi col padre Guidalberto
RIMEDI Le donne e l’esoterismo come bene-rifugio per la virilità scomparsa
La cattiveria
METTI OSHO AL POSTO DEL MASCHIO
Belen si è separata da Stefano
De Martino. Almeno a giudicare
dalle risate che arrivano
da casa di Emma Marrone
WWW.FORUM.SPINOZA.IT
» MASSIMO FINI
N
Torna il gatto?
E il mio ex? Ora c’è
l’astrologo orario
q AMBROSI A PAG. 24
on conosco donna, fra i
trentacinque e i cinquantacinque anni, che non
sia attratta dall’esoterismo,
da Osho, da Milarepa o, le
più colte, da Gurdjieff. È una cosa che ha poco senso
perché si tratta di esperienze interiori che possono essere vissute solo là dove
quelle religioni o filosofie o-
rientali sono nate e si sono sviluppate e non
possono essere
esportate e sostituite da letture
(“Il Tao detto
non è il vero
Tao”) o da guru e
Illuminati più o meno improvvisati e spesso non innocenti trasferitisi in Occidente. Per la verità questo
volgersi all’Oriente, religioso
o filosofico, coinvolge anche gli
uomini (anche se
non ne ho visto
mai uno, almeno
di mia conoscenza, salmodiare
Nam Miyoho Renge Kyo) e fa
parte di un fenomeno più
generale.
SEGUE A PAGINA 24
Passerotto non andare via
TUTTI I CLIENTI VIP
Madame Bordello
adieu: gli “amori”
di Brando e JFK
q A PAG. 21
a vita professionale di
Berlusconi si fa sempre più fitta di impegni, giornate e notti dedicate al
lavoro. La famiglia è serena, ma
qualcosa nel rapporto con Carla
cambia agli inizi degli anni 80.
L’amore si trasforma in sincera
amicizia. Silvio e Carla, di comune accordo, decidono di
continuare la loro vita seguendo ognuno le proprie aspirazioni... Berlusconi ha sempre avuto un vero e proprio culto per la
famiglia”. Per scrivere queste
poche righe sul passaggio
dell’Amato da una moglie all’altra (con figlia clandestina) senza mai pronunciare la parola
“divorzio”, Sandro Bondi aveva
lavorato di lingua, lima e carta
vetrata per settimane, forse mesi. Ma il risultato finale giustificò tanta devota dedizione: il
fotoromanzo Una storia italiana, distribuito per posta a milioni di elettori nel 2001, consentì
al noto divorziato di sfilare di lì
a poco al Family Day. Ora che
invece il divorzio tocca a Bondi,
ufficializzato ieri col passaggio
suo e della fidanzata Manuela
Repetti dal gruppo misto all’Ala
dei traditori verdiniani, “ruota
di scorta della sinistra”come lui
l’avrebbe bollato fino a due anni
fa, tutto intorno è silenzio. Tace
l’Amato ingrato, che un mese fa
lo salutò come “sfigato”. E tacciono i renziani, che incassano
altri due voti alla Camera, ma
preferiscono che non si sappia
in giro. Come se il suo nome fosse Nessuno.
E invece è Bondi, James Bondi. L’uomo che lasciò il Pci e le
polizze Unipol per unirsi al Cav
che gli aveva donato un Mein
Kampf autografato nel castello
dello scultore Cascella (quello
del mausoleo di Arcore). Che
dai colli di Fivizzano, nella verde Lunigiana, si trasferì in un
orrido palazzo-alveare della
Brianza velenosa per avvicinarsi alla Betlemme arcoriana.
Che andò a sbrigare la corrispondenza di B. in un ufficietto
di Villa San Martino con vista
sul mausoleo e le stalle immaginarie di Mangano. Che, terrorizzato dagli aerei, fece per anni
la spola Arcore-Roma in treno,
prima che inventassero i Frecciarossa, perché l’Adorato lo
voleva a Palazzo Grazioli. Che
attese mesi, infilzato dalle malelingue dei rivali Verdini e Scajola e irrorato da solinghe lagrimucce, prima d’agguantare gli
agognati galloni di coordinatore forzista. Che condusse Aldo
Cazzullo in visita guidata al
parco di Arcore e, indicando
due molossi, congiunse le pie
mani: “Un giorno si pararono di
fronte a Dell’Utri e a B., che li
ammansì con un grido”. Che –
raccontò Sgarbi – quando parlava alle riunioni ed entrava
Lui, si faceva piccolo piccolo:
“Mi scusi, Presidente, se parlo
in sua presenza”, com’è umano
Lei.
SEGUE A PAGINA 28
2 » PRIMO PIANO
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
I SEGRETI DEL POTERE/6 La figlia Federica è al governo, il capo è lui
Il vero ministro è papà Guidi
Che decide le nomine sul treno
E
La vicenda
Guidalberto
Guidi, ex
numero uno di
Ducati
Energia e
vicepresidente
di
Confindustria,
incontra in
treno
Domenico
Aiello,
avvocato del
leghista
Roberto
Maroni
» MARCO LILLO
ra euforico al telefono l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello il 14 marzo 2014.
Era stato appena nominato
commissario straordinario
della Geo Ambiente Srl dal
ministro Guidi: “A m m i n istrazione straordinaria! La
legge Marzano! La Prodi bis!
Siamo a livello di Parmalat!
Non puoi capire... siamo avanti, noi...”. Dialogando con
il commercialista Massimo
De Dominicis, Aiello già vedeva le praterie verdi delle
nomine milionarie delle amministrazioni straordinarie
come Parmalat. Da tre settimane al governo però non c’era la Lega ma la sinistra. Eppure era convinto, dopo avere
incontrato Federica Guidi, di
avere fatto “breccia”nel dicastero. A De Dominicis confidava: “Ce ne sono altre due
grossissime in arrivo!”.
Le telefonate intercettate
dalla Dia di Reggio Calabria
per conto del pm Giuseppe
Lombardo spiegano come ha
fatto Aiello, che pure ha un
curriculum non indifferente,
a entrare nella lista dei commissari straordinari.
ontinua la galleria dei personagC
gi che emergono dalle telefonate
dei leghisti intercettati. Abbiamo già
svelato i retroscena
de ll’accordo Lega-Pdl con le minacce di BerlusconiaMaronidi usare la clava mediatica contro il Carroccio, l’impegno leghista per aiutare
l’imprenditore Salini che mirava alle
penali per la mancata costruzione
del Ponte sullo Stretto, le chiamate di
Malagò che cercava il voto di un leghista per la presidenza del Coni.
L’indagine Breakfast della Procura
di Reggio Calabria contiene intercettazioni della Dia effettuate sotto il
coordinamento del
pm Giuseppe
L om b ar do e del
procuratore Federico Cafiero De
Raho. L’indagine
va avanti in gran
segreto dal 2012.
Probabilmente le
intercettazioni
non porteranno a
nulla. Ma a prescindere dalla rilevanza penale, devono essere pubblicate perché svelano fatti di rilievo
pubblico dietro le quinte del potere.
CI VOGLIONO 19 minuti per
percorrere il tragitto da Reggio Emilia a Bologna con il treno ad alta velocità. Tanto è baL’azienda
stato ad Aiello, 46 anni, avvoIn pochi
cato del governatore lombarminuti i due
do Roberto Maroni per entradiscutono di
re nel cuore del papà del miun’impresa in
nistro di centrosinistra.
crisi, Geo
Il 20 febbraio 2014, giorno
Ambiente,
prima della nomina di Fededestinata
rica Guidi a ministro dello Sviall’amministra- luppo economico di Renzi,
zione
papà, Guidalberto Guidi, 74
straordinaria
anni, presidente dell’azienda
di famiglia Ducati Energia,
L’incarico
nonché ex vicepresidente di
Al termine
Confindustria, chiama Aiello.
della
Vuole fissare un incontro perchiacchierata
ché gli deve fare “un discorso
Aiello si
a voce ... c’è un problema, un’ipotesi, una opportunità” però
sente già
ha bisogno “di un consiglio
commissario
che deve dare a un amico”. Il
anche se la
21 febbraio, giorno della fornomina
mazione del governo Renzi,
spetta alla
figlia di Guidi, Aiello e Guidi senior si parlano con modalità da spy story.
Federica,
ministro dello Alle 8 e 40 del mattino Guidi
sale sul treno a Reggio ESviluppo
milia e nella carrozza 3
economico
del treno Italo incontra
Aiello. Poi scende a Bologna dove c’è l’autista
ad attenderlo. L’8 marzo del 2014, due settimane dopo l’insediamento della figlia, il
padre dice ad Aiello
che potrebbe “fare il
commissario straordinario in qualcuna delle
... o no?”. Aiello risponde di sì e Guidi chiede se
si trovi in situazione di incompatibilità. Aiello replica: “Assolutamente no!”.
Poi i due ricominciano a
parlare in modo criptico.
Guidi dice “per quella
cosa quindi non gli ha già
detto tutto” e si danno
In carrozza
Guidalberto vede
l’avvocato di Maroni
e venti giorni dopo
la rampolla ratifica
appuntamento a Roma o a Milano. Passano tre giorni e il cellulare di Aiello squilla ancora.
È Elisabetta Franzaroli, 50 anni, capo segreteria del papà in
Ducati Energia per vent’anni,
ma appena nominata il 5 marzo del 2014, capo segreteria
della figlia al ministero. Franzaroli dice ad Aiello che il ministro vuole incontrarlo al ministero in via Veneto alle 15 e
30. Due giorni dopo l’incontro
il 13 marzo 2014, il ministro
Guidi nomina Aiello commissario straordinario della Geo
Ambiente srl di Belpasso (Catania). La società raccoglie e
smaltisce i rifiuti per molti Comuni del Catanese e per la sua
dimensione (250 dipendenti,
11 milioni di fatturato) il ministero la mette sotto tutela affidandola ad Aiello. L’avvocato, sempre al telefono
con il commercialista De Dominicis,
all’inizio è entusiasta: “Mi hanno nominato commissario
dell’azienda che gestiva la raccolta dei
rifiuti in 30 comuni
della Sicilia orientale e in una parte della
Calabria”. Molti professionisti sognano di
entrare in quel giro
senza riuscirci. I compensi dei commissari
sono parametrati all’attivo e passivo: per Alitalia, Parmalat o Cirio
diventano milionari.
Non è mai stato un
mistero che la politica scelga persone vicine. Nel giugno
2014 proprio Federica Guidi è
stata costretta a rispondere a
un’interrogazione M5S che avanzava dubbi sulla nomina
da parte del ministro Pd Flavio Zanonato, a commissario
della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, dell’ex vicesindaco di Bisceglie del Pd.
LA STRANEZZA è però che in
questo caso l’avvocato della
Lega è nominato da un ministro di centrosinistra su indicazione del papà. La Geo Ambiente, va detto, non è la Parmalat. Tanto che Aiello dice a
De Dominicis: “Anche se il ministro mi ha fatto un piacere in
realtà è un danno”. Il commercialista però lo invita a insistere perché “si inizia sempre
con la suppostina”. Dopo pochi mesi Aiello lascia il posto
proprio all’amico De Dominicis, nominato con decreto
Guidi (Federica) del 6 agosto
2014. Solo le intercettazioni
svelano che dietro le quinte
dello spettacolo inscenato per
il pubblico l’economia prende
il sopravvento sulla politica e
gli accordi trasversali si fanno
beffe delle contrapposizioni.
Così il legale del governatore
leghista ottiene un incarico da
un governo di sinistra grazie
allo ‘chef express’ Guidi.
Guidi padre replica al Fatto: “Aiello mi è stato presentato da Maroni ed è un avvocato molto bravo ma non mi
pare abbia incarichi dal nostro
gruppo. Non ricordo quel
viaggio in treno. Non posso essere stato io comunque a indicare Aiello a mia figlia che si
sarebbe certamente irritata.
Il triangolo
Guidalberto
Guidi, ex vicepresidente di
Confindustria.
A sinistra, l’avvocato Domenico Aiello.
Sotto, Federica Guidi, figlia
di Guidalberto e ministro
dello Sviluppo economico LaPresse
Una ventina di persone mi
hanno chiesto una segnalazione per le amministrazioni
straordinarie però vi sfido a
scorrere la lista dei nominati e
non troverete nessun amico”.
A dire il vero ci sarebbe un certo Piero Gnudi, amico per decenni e già presidente del collegio sindacale dell’azienda
paterna. Poi nominato dal ministro-figlia consigliere economico e commissario straordinario dell’Ilva. Proprio con
Gnudi l’avvocato Aiello dialoga al telefono. A maggio Gnudi
gli chiede il curriculum per inserirlo in una commissione di
riforma della legge. E al solito
De Domenicis, nel marzo
2014, Aiello confidava: “Domani vedo il mio cliente. Abbiamo un progetto importante su Ilva di Taranto. Roba seria”. Federica Guidi non parla
ma dal ministero fanno sapere
che “Domenico Aiello aveva
tutti i requisiti necessari per
ricoprire quel ruolo. Era un
commissariamento complicato e non si trattava di un favoritismo. Tanto è vero che,
dopo pochi mesi, l’avvocato
Aiello ha lasciato l’incarico.
Più che un favore era una rogna”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Direttore responsabile Marco Travaglio
Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez
Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri
Caporedattore centrale Edoardo Novella
Vicecaporedattore vicario Eduardo Di Blasi
Art director Fabio Corsi
mail: [email protected]
Editoriale il Fatto S.p.A.
sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42
Presidente: Antonio Padellaro
Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi
Consiglio di Amministrazione:
Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio
Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130;
Litosud, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4;
Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo;
Società Tipografica Siciliana S. p. A., 95030 Catania, strada 5ª n° 35
Concessionaria per la pubblicità per l’Italia e per l’estero:
Publishare Italia S.r.l., 20124 Milano, Via Melchiorre Gioia n° 45,
tel. +39 02 49528450-52, fax +39 02 49528478
mail: [email protected], sito: www.publishare.it
Distribuzione: m-dis Distribuzione Media S.p.A. - Via Cazzaniga, 19
20132 Milano - Tel. 02.25821 - Fax 02.25825306
Resp.le del trattamento dei dati (d. Les. 196/2003): Antonio Padellaro
Chiusura in redazione: ore 22.00
Certificato ADS n° 7877 del 09/02/2015
Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 1859
COME ABBONARSI
È possibile sottoscrivere l’abbonamento su:
https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/
Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati
tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167
o all’indirizzo email: [email protected]
• Servizio clienti
[email protected]
PRIMO PIANO
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
RAPPORTO MEDIOBANCA
Viale Mazzini,
il canone in bolletta
vale 420 milioni in più
L’INTROITO del nuovo canone Rai
con l’addebito in bolletta elettrica avrebbe un incremento di circa 420 milioni
rispetto ai 1.569 del 2014, facendo dell’azienda pubblica il primo gruppo tv per ricavi
in Italia. Lo afferma un rapporto di Ricerche e
Studi Mediobanca, che ha calcolato il nuovo
importo di 100 euro e un’evasione al 5 per
cento rispetto all’attuale 30,5. Secondo il
q
Focus televisivo tra il 2010 e il 2015 di R&S
Mediobanca, la Rai ha il canone più basso fra
i maggiori Paesi europei: per esempio, nel
2014 è stato pari a 113,5 euro, contro i 133 in
Francia, i 175,3 euro nel Regno Unito e i 215,8
euro in Germania. “Va però sottolineato - si
legge nel rapporto - che il tasso di evasione
del canone in Italia ha il primato stimato del
30,5 per cento nel 2014, mentre è di circa il
»3
5% nel Regno Unito e praticamente assente
in Francia e Germania", dove il canone viene
riscosso legandolo alla residenza. “Immaginando una riduzione dell’evasione fino al livello registrato nel Regno Unito - continua lo
studio - la Rai diventerebbe il primo gruppo
per ricavi in Italia, avvicinandosi a France
Télévisions, con circa 2,9 miliardi di fatturato”, contro gli attuali 2,45.
VIA ALLA RIFORMA Il Senato approva la nuova legge sull’emittente pubblica. Pieni poteri
al dg Alessandro Campo Dall’Orto, renziano, che diventa anche amministratore delegato
Rai, tutto in mano al Leopoldino
» GIANLUCA ROSELLI
U
n altro passaggio importante del consolidamento del potere
renziano ha preso
forma ieri in Senato con l’approvazione della riforma della Rai. Dopo un paio di slittamenti dovuti alla mancanza
del numero legale la scorsa
settimana, e a nove mesi
dall’approvazione in Consiglio dei ministri, il testo che dà
al direttore generale poteri da
amministratore delegato diventa legge, con una votazione addirittura per alzata di
mano. Così facendo, quasi tutto a Viale Mazzini sarà deciso
da Antonio Campo Dall’Orto,
il dg fortemente voluto da
Matteo Renzi, gran frequentatore della Leopolda, dove
però quest’anno non si è fatto
vedere.
UN POTERE che disegnerà una
nuova Rai su misura per il premier. E per giunta a sei mesi
dalle elezioni amministrative,
appuntamento politico in cui
Renzi potrà contare su una tv
pubblica nelle sue mani. Campo Dall’Orto avrà poteri che
nessuno in Rai ha mai avuto:
massima indipendenza sulla
gestione economica e autonomia sui contratti fino a dieci
milioni di euro, oltre a poter
nominare dirigenti e direttori
di testate, anche se sulle nomine editoriali dovrà avere l’ok
del consiglio d’amministrazione. Insomma, tanto potere
nelle mani di un uomo solo,
guarda caso renziano doc, con
conseguente limitazione decisionale per Cda e presidente.
Il fatto che la tv di Stato sarà
guidata secondo un’ottica manageriale dopo anni di sprechi
tipici dell’azienda pubblica ha
anche una valenza positiva. E,
come si sottolinea da Viale
Mazzini, “la riforma non fa altro che equiparare la Rai alle
altre grandi aziende di Stato”.
Oltre a introdurre il principio
della responsabilità: ti do più
potere, ma se sbagli ti mando
via. Nello specifico, però, tutto
sarà nelle mani di un’unica
persona, l’uomo di Matteo
Renzi a Viale Mazzini. Mentre, dopo tanto parlare, nulla si
è fatto per allontanare almeno
un po’ il controllo famelico dei
partiti su mamma Rai.
IL DIRETTORE generale, d’al-
tro canto, dalla sua nomina si è
mosso assai poco, in attesa
proprio dei poteri che la riforma ora gli conferisce. Finora,
infatti, Campo Dall’Orto si è limitato a creare la nuova figura
di direttore editoriale, affidandola a Carlo Verdelli, mandando in soffitta le newsrooms
previste dal piano di Luigi Gubitosi. A fine gennaio, da ple-
La scheda
LA
RIFORMA
approvata ieri
prevede un
ad nominato
dal Cda su
proposta del
ministero
dell’Economia.
Rimane in
carica tre
anni e può
essere
revocato. Una
norma
transitoria
attribuisce
però subito
compiti
e poteri
dell’ad
all’attuale dg
Campo
Dall’Orto, che
potrà
nominare
dirigenti e
firmare
contratti fino
a 10 milioni
di euro
n
L’INTERVISTA
nipotenziario, il dg-ad procederà alle nomine dei direttori
di rete e di testata. E a quel
punto sarà interessante fare il
gioco del bilancino per vedere
quanti altri renziani doc saranno piazzati a capo di reti e
telegiornali.
SECONDO LA RIFORMA, il dg
sarà nominato dal Cda su proposta del Tesoro, resta in carica per tre anni e può essere
revocato dallo stesso consiglio. Inoltre l’ad potrà assumere o rimuovere anche dirigenti
non di prima fascia e i giornalisti di ogni grado, su proposta
dei direttori, decidendone la
collocazione. Cambiamenti in
vista anche per i membri del
Cda, che scendono da 9 a 7:
quattro eletti da Camera e Senato (e non più dalla Vigilanza), due dal governo e uno
dall’assemblea dei dipendenti. Il presidente, invece, definito “di garanzia”, viene eletto
dal Cda tra i suoi membri salvo
il parere favorevole, però, dei
due terzi della Vigilanza. I suoi
poteri calano parecchio e sono
limitati alla “supervisione delle attività di controllo interno”. Il Pd accoglie la riforma
con un coro di giubilo. Critiche, invece, arrivano dall’apposizione. Con il presidente
della Vigilanza, il grillino Roberto Fico, che attacca: “Sia-
mo di fronte a una Gasparri
2.0. Si tratta della peggiore
legge che si potesse pensare
perché mette in pericolo il
pluralismo e la libertà d’informazione”. E anche Paolo Romani (Forza Italia) non ci va
morbido: “Dopo la Consulta,
la Rai: Renzi va avanti a strappi, passiamo dal servizio pubblico alla tv di governo”. Proteste anche dai sindacati dei
giornalisti, Fnsi e Usigrai:
“Renzi aveva promesso di to-
gliere la Rai ai partiti e restituirla ai cittadini. E invece l’ha
messa alle dirette dipendenze
del governo. Colpita l’autonomia del servizio pubblico”. Da
Viale Mazzini la replica: “Non
ci sarà alcun uomo solo al comando, continuerà il gioco di
squadra”. Peccato, però, che
se il gioco non sarà gradito,
Campo Dall’Orto potrà interrompere la partita e portare
via il pallone.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IN VISITA AI MILITARI “Orgoglioso di voi”
Renzi in Libano con la mimetica
Il web sorride, Lega e Fi protestano
IERI MATTEO RENZI è atterrato a Beirut per una visita istituzionale alla base Unifil di Shama, dove c'è il comando
italiano. La scelta di indossare la mimetica ha provocato ironie sul
web e le proteste di Fi e del leghista Salvini: “Indegno della divisa”.
q
Enrico Mentana Il direttore del Tg La7 all’attacco: “Ora è come se l’ad fosse Palazzo Chigi”
“Così la tv di Stato ritorna al 1975”
Dc che governava a Viale
Mazzini perse il referendum
sul divorzio.
» LUCA DE CAROLIS
C
on questa riforma torniamo a prima del 1975, a una
Rai che dipende dall’esecutivo. La fonte di legittimazione del Cda è la commissione
di Vigilanza, ma soprattutto
l’amministratore delegato
con pieni poteri è Palazzo
Chigi”.
Il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, non usa sfumature. “Non si può dire
‘fuori i partiti da viale Mazzini’ e poi approvare una legge del genere”.
Se l’avesse fatta Berlusconi
una riforma del genere cosa
sarebbe accaduto?
Sarebbe pure peggio, perché
Berlusconi possiede già tre
reti televisive. Ma guardi, qui
il problema è di sistema.
Spieghi.
Il nodo non è tanto Matteo
Renzi, perché lui è un premier pro tempore. Il tema vero è che questa riforma
schiaccia ancora di più l’emittente pubblica sotto il peso del potere politico, legandola al governo. E la dipen-
E allora la questione principale...
Il direttore del Tg La7, Enrico Mentana LaPresse
denza è rafforzata anche dal
canone che verrà rastrellato
inserendolo in bolletta. Una
misura che crea una chiara
distorsione nel mercato.
È una norma anti evasione.
E questo è assolutamente positivo. Ma se è vero che il canone in bolletta frutterà a
Viale Mazzini 420 milioni in
più, che effetti ci saranno sulla concorrenza con le aziende private? Per di più, in una
fase in cui c’è un incredibile
calo degli introiti pubblicitari, per tutti.
La Rai diventerà invincibile?
Di certo avrà una forza enorme.
Come si poteva, o si potrebbe rimediare?
Fissando un tetto per la Rai.
Così com’è, questa misura è
lesiva della concorrenza.
Rimane il fatto che un ad
scelto da Renzi, presente
anche alla Leopolda, avrà
un potere enorme. E tra sei
mesi ci sono le Comunali.
Io non ho mai creduto che le
tv decidano l’esito delle urne. In questi anni lo schieramento politico che controllava la Rai ha regolarmente
perso le elezioni. E anche la
La questione principale è
che non si può permettere
che la tv pubblica sia l’ultimo
brandello della comunicazione governata dalla politica.
Una legge
così sembra
la sconfessione perfetta del Renzi
ro t t a m a tore.
superato la scorsa estate, con
la nomina del Cda.
Ossia?
In quell’occasione tutti i partiti hanno accettato una logica lottizzatoria.
Tutti?
Spiace dirlo, ma sì, tutti
q u a n t i . A nche i Cinque
Stelle. E fu
l’antipasto di
quello che è
Lede la concorrenza accaduto oggi. Se tutti ase aumenta
sieme hanno
varato il Parla sudditanza
lamento della
dell’azienda
Rai, è logico
che l’esecutinei confronti
vo decida per
dei partiti politici
una Rai legata
all’esecutivo.
Ma no, su questo il premier
ha una sua coerenza, che non
mi piace ma che pure riconosco. Ha sempre detto che la
politica non si deve far sostituire da altro, e che si deve
riappropriare di tutti gli spazi. Il problema è Renzi che
vede questi spazi anche dove
non dovrebbero esserci.
D’altronde il crinale è stato
Tr a p o c h i
giorni verranno nominati i
nuovi direttori delle testate
Rai. Sarà lottizzazione selvaggia?
Di certo per l’ad sarà molto
più difficile, perché ora la politica è seduta in Rai: tutta.
Twitter @lucadecarolis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4 » PRIMO PIANO
NEL MANTOVANO
Incidente sul lavoro
alla Marcegaglia:
morto un operaio
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
COSTA LA VITA a un operaio l’incidente sul lavoro avvenuto nello stabilimento Marcegaglia di Gazoldo degli Ippoliti, in provincia di Mantova. La vittima si chiama Andrea Ghizzardi, 46 anni, da circa venti
impiegato presso l’industria nel paese lombardo: l’uomo è stato colpito alla testa da una
lamiera durante le operazioni di settaggio di
un macchinario. I carabinieri e gli ispettori di
q
medicina del lavoro della Asl indagano per fare luce sulle cause e per verificare se nell’impianto del gruppo mantovano fossero adottate tutte le prescrizioni di sicurezza. Secondo una ricostruzione, riportata dalla Gazzetta
di Mantova, alla base dell’incidente ci sarebbe
un malinteso con un collega che ha avviato la
macchina non accorgendosi della presenza
di Ghizzoni. La Cisl, pur apprezzando la scelta
dell’azienda di sospendere la produzione per
tutta la giornata, protesta dichiarando per
oggi due ore di sciopero in tutti i siti Marcegaglia: “Siamo indignati - scrive il sindacato in
una nota - dal ripetersi, con preoccupante
frequenza, di infortuni mortali nel settore siderurgico e metallurgico. In questo gruppo
industriale la sicurezza deve essere una priorità e vanno superati ritardi e mancanze”.
CHI GUADAGNA?
Spolpati Azzerare i risparmi
di obbligazionisti e piccoli
azionisti è stata una scelta
deliberata realizzata grazie
alla valutazione dei “crediti
deteriorati”. Ecco le prove
» GIORGIO MELETTI
L
a verità sulla truffa subita dai risparmiatori
ai quali sono state azzerate le obbligazioni
subordinate di Banca Etruria,
Banca Marche, Carife e Carichieti è custodita dalla Banca
d’Italia più gelosamente del
terzo segreto di Fatima. Si
chiama “valutazione delle
sofferenze”, un meccanismo
attraverso il quale è stata espropriata agli obbligazionisti
e agli azionisti una cifra valutabile tra i 500 milioni e i 2 miliardi di euro.
Uno dei documenti super
segreti da cui si può ricavare la
notizia è la contabilità dei
commissari di Banca Marche,
Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni, due uomini
mandati il 31 agosto 2013 a gestire l’istituto di Jesi non
dall’Adusbef o dalla Federconsumatori, e nemmeno da
qualche procuratore della
Repubblica. Li ha scelti proprio il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. In
due anni di gestione commissariale Banca Marche è andata sempre peggio, tanto che
alla fine la regia Bankitalia per le quattro maggiori banche commissariate - per fermare il progressivo dissesto
ha dovuto escogitare il cosiddetto salvataggio del 22 novembre scorso.
PER CAPIRE lo scandaloso se-
greto bisogna prima chiarire i
termini del problema. Le quattro banche sono state dichiarate di fatto fallite a causa
de ll ’insostenibile livello di
“sofferenze”, cioè crediti concessi a clienti che non sembrano in grado di restituire il dovuto alla banca. Per rimetterle
in carreggiata sono state costituite le quattro “new bank”, alle quali sono stati dati dal
“Fondo di risoluzione” gestito
da Bankitalia 3,6 miliardi di
nuovo capitale. Le quattro
nuove banche sono state anche ripulite dalle sofferenze:
8,5 miliardi in tutto che saranno ceduti alla “bad bank”, la discarica dei crediti ammalorati.
Un credito ha un valore e un
prezzo. Le banche, attraverso
criteri assai complicati e spesso controversi devono scrivere nei loro bilanci quanti euro
prevedono di recuperare dei
100 prestati a un cliente insolvente o in difficoltà. Gli specialisti nel “recupero crediti”
compreranno i crediti in sofferenza di una banca a un prezzo inferiore al prevedibile realizzo: se dai crediti in sofferen-
La protesta
Ieri oltre 200
risparmiatori
beffati dal
governo hanno manifestato sotto la Banca d’Italia
di Ignazio
Visco LaPresse
Esproprio da 2 miliardi
ai clienti di Etruria & C.
za di Banca Etruria penso di
recuperare il 40 per cento, cercherò di comprarli a una cifra
inferiore. Se Etruria vuole
venderli al 50 per cento, non
glieli compro. Si chiama mercato.
Attorno alle sofferenze di
Etruria e delle altre sono accadute strane cose. Il 17 novembre, cinque soli giorni prima
del “salvataggio”, Banca Etruria - sempre per decisione dei
commissari di Palazzo Koch ha venduto al Credito Fondiario una pacchetto di sofferenze di 302 milioni a un prezzo
“allineato al valore di carico
dei crediti”, si legge nel comunicato. Il prezzo, in termini
numerici, è un segreto. Voci di
LA STORIA
I conti segreti
“Sofferenze”: Bankitalia
le valuta al 17%,
i suoi commissari
in Banca Marche al 43%
mercato autorevoli e convergenti indicano un importo tra i
30 e il 40 per cento. Vuol dire
che Etruria aveva le sue sofferenze in bilancio a un valore
pari al 30-40 per cento dell’importo nominale sui crediti.
CREDITO FONDIARIO è presie-
duto da Piero Gnudi, nominato da Matteo Renzi commis-
sario dell’Ilva. Fa capo al gruppo Tages di Londra, capitanato dal fondatore, il noto finanziere Panfilo Tarantelli. Insomma, non sono dei pazzi
sprovveduti. Se hanno pagato
30-40 euro ogni cento le sofferenze di Etruria avranno fatto i loro conti.
E invece 5 giorni dopo, il 22
novembre, la Banca d’Italia ha
deciso che le sofferenze delle 4
banche salvate valevano solo il
17,6 per cento del credito originario: 8,5 miliardi di sofferenze totali sono state pagate
1,5 miliardi. Chi ha deciso che
valevano così poco? Non si sa,
perché la Banca d’Italia si rifiuta di rispondere a questa
domanda.
Fatto sta che per i commissari di Banca Marche - messi lì
da Visco - dopo due anni di lavoro indefesso di valutazioni e
rivalutazioni i 3,47 miliardi di
sofferenze (dati al 30 giugno
scorso) valevano 1,97 miliardi,
cioè il 43 per cento. Peraltro
proprio la primavera scorsa
hanno approvato una serie di
delibere per rendere meno
stringenti i criteri di svalutazione dei crediti: una mossa
mai attuata perché serviva a
far emergere 500-600 milioni
di capitale utili a salvare la
banca con l’aiuto del Fondo interbancario di tutela dei depositi, operazione poi abortita.
Insomma, la valutazione delle
sofferenze concede molti
margini discrezionali. La Banca d’Italia li ha usati in modo
severo, dando luogo forse oltre
la sua consapevolezza all’esproprio dei risparmiatori.
FACCIAMO UN PO’ di conti. Se
le sofferenze delle quattro
banche “salvate” fossero state
valutate al 25 per cento anziché al 17,6, quindi sempre al di
Beffato Il racconto di un falegname: “Mi fidavo. Avevo messo da parte 95 mila euro”
I risparmi del 92enne bruciati in bond
» ROBERTO ROTUNNO
P
erdere 100mila euro di risparmi, in un attimo, dopo
76 anni passati con fatica a lavorare il legno. Tra gli “scippati” dal decreto “salva-banche”c’è anche Mastro Artigiano (nome di fantasia), un falegname 92enne di Bibbiena,
paese del Casentino, valle nella provincia di Arezzo. Uno
dei casi di cui si sta occupando
il gruppo “Vittime del salva-banche”.
Il nipote del falegname ci
racconta la storia partendo da
un particolare: “Mio zio è uno
dei più vecchi tra quelli che
nella nostra zona svolgono la
sua professione”. Dalla sua
storica bottega passano tre
generazioni di clienti: la sua
attività gli provoca anche
qualche infortunio e problemi alla vista e all’udito. Mastro Artigiano è anche un
grande risparmiatore: a fine
giornata posa gli attrezzi e
cerca di mettere da parte
IL RACCONTO
DEL NIPOTE
In filiale gli proposero
di rinegoziare
l’investimento. Firmò
una subordinata che
divenne carta straccia.
Addio soldi accumulati
in 76 anni di lavoro
qualcosa per dare serenità alla famiglia. La sua banca è la
Popolare dell’Etruria: quasi
tutti nell’aretino conservano
o investono nella “banca del
territorio”. E in quasi otto decenni, i suoi risparmi diventano sempre più consistenti:
prima li investe in obbligazioni ordinarie; due anni fa viene
chiamato dalla banca per una
proposta interessante. Qui va
inserita una premessa:
“Nell’istituto lavorano nostri
compaesani - dice il nipote con questi c’è un rapporto di
grande fiducia”. Siamo al 3
giugno 2013; la data non è ininfluente. Mastro Artigiano,
dicevamo, allora 89enne e da
poco vedovo, riattacca la cornetta e si reca in filiale. La proposta consiste nel rinegoziare
le sue obbligazioni ordinarie
in scadenza da lì a un anno trasformandole in un nuovo
bond quinquennale. Per farlo,
deve firmare un documento
che riporta questa dicitura:
“IT0004931405 BPEL
28/6/18 3,5% SUB”. Una sequenza di numeri e lettere incomprensibili quasi per tutti,
figuriamoci per un signore
della sua età. Si tratta di
un’obbligazione subordinata,
con rendimento del 3,5%. Ma
il nuovo bond è molto più rischioso del precedente e perciò inadatto per un investitore del suo profilo: se la banca
fallisce, infatti, il rimborso è
quasi impossibile essendo appunto subordinato alle esigenze dei creditori privilegiati e chirografari. Le condizio-
ni in cui versa Banca Etruria
aggravano la situazione: il 14
giugno 2013, infatti, interviene la Consob con un “supplemento al prospetto” - pubblicato sul web - nel quale avverte gli investitori sui pericoli
della sottoscrizione e fa partire sei giorni per poter revocare l’ordine. “Ma di questo
non lo avvertono. Lui non sa
nemmeno che sono questi titoli”, aggiunge il nipote.
MASTRO Artigiano è un uomo
d’altri tempi, non ha competenze finanziarie e naturalmente non è capace di usare il
computer per cercare documenti sul sito della banca: si affida alla compaesana in filiale.
Diventa, quindi, titolare di una
nuova obbligazione subordi-
PRIMO PIANO
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
INTERROGAZIONE M5S
Il teatro e papà
Renzi: “Il premier
faccia chiarezza”
“SI CHIEDE DI SAPERE se il governo
non valuti un'indagine amministrativa
interna per accertare la corretta gestione della
vendita del bene immobile oggetto di compravendita da parte della Nikila Invest e restituire
dignità alla cittadinanza di Firenze e dell'Italia”:
è questo il nucleo dell’interrogazione parlamentare che ieri la senatrice del Movimento 5
stelle Michela Montevecchi ha rivolto al pre-
q
sidente del Consiglio Renzi e ai ministri dell'Economia e delle Finanze. “Emergono - si legge
nell’interrogazione - preoccupanti intrecci economico-politici, atti a falsare il delicato equilibrio tra le pubbliche amministrazioni e gli interessi privati... e intrecci familiari molto poco
trasparenti”. Il riferimento è a quanto rivelato
in un articolo del Fatto Quotidiano (16/12), in
cui si racconta come la Nikila Invest, società
»5
vicina al padre del premier, abbia acquistato il
Teatro comunale di Corso Italia, a Firenze, dalla
Cassa depositi e Prestiti per costruire 120 appartamenti di lusso. La Cdp lo aveva acquisito
dal Comune nel 2013, quando era sindaco Renzi, al prezzo di 23 milioni di euro (ma era stato
valutato 44 milioni di euro, diminuito dopo 3
aste deserte) permettendo al Comune di non
sforare il patto di stabilità.
SCARICABARILE Vegas prova a salvarsi
» STEFANO FELTRI
A
Le proteste
Il Comitato
Vittime del
Salva-banche, ieri
davanti alla
Banca d'Italia LaPresse
sotto dei “valori di libro”, la
“bad bank” avrebbe dato alle
banche malate 2,1 miliardi anziché 1,5. Con quei 600 milioni
si sarebbero potute onorare
tutte le obbligazioni subordinate in mano ai risparmiatori.
Se la valutazione fosse stata
del 30 per cento il ricavato sarebbe stato di 2,5 miliardi, si
sarebbero potute rimborsare
tutte le subordinate (788 milioni). Se il prezzo pagato per le
sofferenze fosse stato conforme al valore di libro di Banca
Marche stabilito dai commissari mandati da Bankitalia, il
43 per cento, sarebbero avanzati 2 miliardi, sufficienti per
garantire non solo le subordinate ma anche tutti i piccoli a-
zionisti che hanno invece subito l’azzeramento dei loro titoli.
ADESSO VEDIAMO chi ci gua-
dagna. Gli specialisti nel recupero crediti potranno rilevare
per 17 euro crediti che i commissari di Bankitalia ritenevano - sia pure con criteri fortemente prudenziali - potessero
fruttarne 43. Sono appunto i 2
miliardi di cui sopra. Fanno
gola a molti specialisti di tutta
Europa e non solo. La gara per
accaparrarsi l’affare è già partita. E molti si guardano già intorno per capire se ci sono dei
predestinati.
Twitter@giorgiomeletti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
nche il bellicoso sottosegretario al Tesoro Enrico Zanetti
sembra più mansueto: il governo manda lui in Parlamento a rispondere all’interrogazione del Movimento
Cinque Stelle, per spiegare
che la Banca d’Italia “non ha
informazioni sull’identità degli investitori” nelle obbligazioni più rischiose di banca Etruria, quelle Lower Tier 2.
Quindi non ci possono essere
stati trattamenti di favore.
Il messaggio del Quirinale
è arrivato chiaro: non possiamo permetterci di mettere in
discussione la Banca d’Italia.
Il presidente Sergio Mattarella lo aveva già fatto capire
nei giorni scorsi, ricevendo il
governatore Ignazio Visco,
poi ha chiarito le sue idee nel
discorso di due giorni fa: “Il
rispetto delle competenze altrui costituisce la migliore garanzia per la tutela delle proprie attribuzioni”. Parole rivolte anche a Matteo Renzi.
Al Quirinale sono consapevoli dell’infinita lista di problemi giuridici che può aprire la
scelta del governo di affidare
gli arbitrati sui risarcimenti ai
risparmiatori vittime dei crac
bancari all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Che si trova a invadere il
campo di Bankitalia e Consob, la Commissione che vigila sulla Borsa.
IL PRESIDENTE della Consob
Giuseppe Vegas ha capito
che sta diventando il capro espiatorio. Se non si può toccare Bankitalia, il governo ha
tutto l’interesse a scaricare le
responsabilità altrove. E chi
meglio di lui, un ex sottosegre-
Una questione di fiducia
Un falegname
di 92 anni ha
visto sparire in
Banca Etruria i
risparmi di 76
anni di bottega Reuters
nata da ben 95mila euro; a questa si aggiungono azioni, sempre dell’Etruria, per 4mila euro. Pochi mesi dopo, a febbraio
2015, nella sua famiglia vengono a sapere della crisi bancaria
e del commissariamento
dell’istituto aretino, perciò
vanno allo sportello. “Solo allora - spiega il ragazzo - scopriamo che zio è titolare di
quel bond”. Ne valutano la
vendita. “Tranquilli - rispondono in filiale - la banca non
fallirà, non succede mai con gli
istituti di credito”.
Le ultime parole famose: il
22 novembre il decreto del
Consiglio dei ministri cristallizza di fatto il fallimento di
Banca Etruria, Banca Marche,
CariChieti e CariFerrara, tra-
sferendo la parte sana dei
quattro istituti nelle neonate
good bank. In un attimo, i risparmi di 76 anni di lavoro
vanno in fumo. Tutto per colpa
della svalutazione dei crediti
deteriorati, delle direttive Ue,
del bail-in e altre parole complicate. Sì, ma vagliele a spiegare a Mastro Artigiano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Consob teme
di diventare
il capro espiatorio
Il Quirinale ha chiarito che Bankitalia non va criticata
ma resta scettico sul ruolo dell’Autorità di Cantone
Sul colle Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella LaPresse
tario del governo Berlusconi
accusato fin dalla nomina di
capire poco di finanza, avendo
passato la carriera in Parlamento a occuparsi di conti
pubblici? Per questo Vegas ieri è andato a Ballarò su Rai3, al
Colle da Mattarella e ha dato
un’intervista al Messaggero
per respingere le accuse: è stata la Commissione europea a
vietare di indicare la pericolosità delle obbligazioni subordinate (a cui non è più abbinata
la probabilità di mancato rimborso) e “nessun segnale”è arrivato alla Consob di limitare
la vendita di certi titoli agli investitori professionisti. Si capisce che Vegas si sta trattenendo, sarebbe facile rimbalzare le accuse verso la Banca
d’Italia, come aveva fatto nei
primi giorni: la Consob comunica ai mercati le informazioni
di cui è in possesso e quelle sulle banche arrivano in gran parte da via Nazionale. Ma la Banca d’Italia non si può toccare.
E CHE SUCCEDERÀ se Cantone
stabilirà che sono illeciti comportamenti che invece Consob e Bankitalia hanno avallato? Il magistrato ha chiarito
che non ha intenzione di stabilire lui i criteri per decidere:
si limita a mettere a disposizione la struttura delle camere
arbitrali che l’Anticorruzione
usa per dirimere le controversie sugli appalti. Tocca a Renzi
fare un decreto per stabilire su
cosa dovranno decidere gli arbitri. La questione pare desti-
nata a ingarbugliarsi ancora.
Gli arbitri dovranno stabilire
se l’impiegato allo sportello ha
comunicato in maniera chiara
ed esplicita al pensionato che
voleva investire i suoi risparmi? O dovranno stabilire se
Bankitalia e Consob, insieme o
con diversi gradi di responsabilità, hanno prolungato l’illusoria stabilità del sistema bancario mettendo a rischio molti
risparmi? Mattarella pare l’unico consapevole delle riper-
Arbitrati sui rimborsi
Ora l’Anac
rischia di trovarsi
a decidere sulle scelte
di Via Nazionale
130.00
vittime Gli azionisti
e titolari di obbligazioni
subordinate infuriati
cussioni sistemiche di quanto
succede: chi oserà ancora
comprare obbligazioni dalle
banche? Quanti piccoli risparmiatori investiranno sulle azioni di Veneto Banca, la grossa popolare di Montebelluna
costretta a diventare società
per azioni e a quotarsi per sopravvivere? Anche l’Abi, l’Associazione delle banche italia-
ne ne è consapevole e sta preparando una campagna di comunicazione per rassicurare.
Discutere delle responsabilità di Bankitalia, visto dalla
prospettiva del Colle, significa
far vacillare la credibilità di
tutto il sistema. Ma difenderla
in modo esplicito equivale ad
ammettere che è debole. Anche altri due protagonisti di
questa storia sono molto silenti, per le stesse ragioni, il presidente della Bce Mario Draghi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Dal
lato della Bce il criterio di
competenza è chiaro: le banche piccole sono di competenza delle autorità nazionali,
Francoforte si concentra su
quelle grandi. La crisi delle
due grandi popolari del Veneto, infatti, accelera quando la
supervisione passa alla Bce
che impone criteri più stringenti sul patrimonio: nel 2015
la Vicenza deve registrare 1
miliardo di perdite e chiedere
ai soci 1,5 miliardi come aumento di capitale. Dal 2001
Bankitalia sapeva che le azioni
venivano rifilate ai soci a prezzi gonfiati (e imposte al momento dei fidi), ma pur avendo
segnalato le irregolarità ai pm
Bankitalia non ha saputo o voluto evitare che il problema
degenerasse.
ANCHE PADOAN ha scelto di
non dire praticamente nulla
sulle banche. Forse per evitare
che qualcuno cominci a chiedere come mai le nuove regole
europee sul bail in (niente salvataggi pubblici, i crac bancari
li pagano azionisti e creditori)
sono state recepite dopo quasi
un anno dalla direttiva Ue e una settimana prima di doverle
applicare alle quattro banche
decotte. Nei mesi in cui il governo ha rimandato il problema, il ministero del Tesoro è
stato impegnato in un duello
con Bruxelles sulla bad bank di
sistema (chiesta più volte da
Visco), cioè un sistema semi-pubblico per ripulire i bilanci bancari. La Ue ha bocciato tutti i piani italiani. Ma l’unica cosa che Matteo Renzi
non può fare è attribuire parte
delle responsabilità per i 2,6
miliardi di risparmi in fumo ai
ritardi del suo governo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6 » PRIMO PIANO
NUOVO ESPOSTO A ROMA
Il Codacons e la Cgil
attaccano ancora
Bankitalia e Consob
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
“OGGIABBIAMOFATTO sentire la
nostra voce in piazza, ma non ci fermeremo qui: abbiamo inviato una nuova
denuncia alla Procura di Roma contro Banca
d’Italia e Consob”. Dopo il sit-in di ieri di
fronte alla sede di Bankitalia il Codacons rilancia la sua battaglia. Lo fa richiamando una denuncia del 2013 “in cui si chiedeva ai
due organi di vigilanza di intervenire a tutela
q
dei risparmiatori, evidenziando i rischi connessi allo stato di difficoltà di alcuni istituti
di credito che continuavano a piazzare titoli
ai piccoli investitori”. Quella segnalazione,
afferma il comitato, non ebbe conseguenze:
“Da Bankitalia e Consob non è mai giunto
alcun riscontro a tali denunce, e proprio sul
mancato intervento dei due organi dovrà ora pronunciarsi la magistratura. Chiedere-
mo inoltre di sospendere i vertici di Bankitalia e Consob in relazione all’assenza di interventi a tutela dei risparmiatori, pur essendo stati informati della grave situazione
di rischio”. Contro la Consob e gli altri controllori a si scaglia anche il segretario generale dell Cgil Susanna Camusso: “I titoli tossici vanno vietati ma gli istituti di vigilanza e
la Consob devono fare il proprio lavoro”.
BANCHE Il procuratore di Arezzo difende la consulenza per il governo: “Solo pareri tecnici”
Il vicepresidente Legnini: “Nomina legittima, da verificare eventuali incompatibilità successive”
» DAVIDE VECCHI
L
a consulenza di Roberto Rossi con il governo “era un incarico legittimo quando
è stato affidato” ma “c on
l'avvio dell'attività di indagine” su Banca Etruria e con
il Salva-banche “e me ss o
dall'esecutivo”, per “Rossi
poteva porsi il problema di
un'eventuale incompatibilità” ed è ora “tutto da verificare se quell'incompatibilità ci fosse o meno”. Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, è fin troppo chiaro. Il procuratore capo di Arezzo ha ottenuto una consulenza legittima nel 2013
quando a Palazzo Chigi sedeva Enrico Letta, ma le proroghe ottenute all'incarico
nel 2014 e nel 2015 con il passaggio dell'esecutivo nelle
mani di Matteo Renzi e l'apertura dei fascicoli sull'istituto in cui tra gli amministratori figurava Pier Luigi
Boschi, padre di uno dei ministri più influenti, avrebbe
potuto segnalare una possibile incompatibilità. La prima commissione del Csm,
che deve ora valutare il caso
Rossi, lo ha convocato per il
28 dicembre. Il procuratore
capo di Arezzo ieri ha inviato a Palazzo dei Marescialli
una nota difensiva nella quale ha riassunto l'iter seguito
dalla consulenza e ricordato
le tappe delle indagini che
riguardano la vicenda Etruria.
I FASCICOLI indicati sono tre
e sono tutti stati avviati da
Rossi dal 2014 in poi. In particolare, quello che avrebbe
potuto coinvolgere il padre
del ministro Boschi è stato
avviato nel febbraio 2014,
proprio quando si insediò il
governo Renzi. Il 21 marzo,
Rossi dispone le perquisizioni della Guardia di Finanza agli allora vertici, notificando contestualmente l'avviso di garanzia anche per
falso in bilancio, reato che
poi viene stralciato e l'ipotesi del fascicolo rimane solo
l'ostacolo alla vigilanza a carico dell'ex presidente Giuseppe Fornasari, il direttore
generale Luca Bronchi e il
diretto centrale Davide Canestri. Il 10 dicembre 2015, a
loro carico è stata avanzata
richiesta di rinvio a giudizio.
Rossi inoltre ricorda gli altri due fascicoli avviati. Un
modello 21 per omissione di
comunicazione di conflitto
di interesse aperto in data 27
maggio 2015 a carico di due
componenti del Cda e, infine, false fatture per 281 mila
euro a carico del presidente
del Cda e direttore generale.
Etruria, sotto esame al Csm
il rinnovo dell’incarico al pm
Le tappe
L’impegno fu
prolungato nel 2014
e 2015 durante
le indagini sull’istituto
Nella nota difensiva il pm
ricorda di aver ricevuto l'incarico dal governo Letta e
che quell'incarico venne autorizzato dal Csm. Illustra inoltre come si è svolto, “me-
L’INTERVISTA
diante scambio di email tra il
dipartimento e lo scrivente
che riceveva al proprio indirizzo di posta testi normativi da esaminare e rispondeva inviando parere tecnico”.
Rossi ribadisce di “non aver
mai ricevuto alcuna somma,
ad alcun titolo, dal dipartimento: anche la somma di
euro 5 mila lorde previste
per l'anno 2015 viene corrisposta solo a seguito di presentazione di apposita relazione non è stata da me prodotta”. Nell'anno in corso,
La seduta
Il plenum del
Csm riunito
ieri con Mattarella; a destra, il procuratore di Arezzo Rossi e
il vicepresidente del
Csm Giovanni
Legnini Ansa
infine, “ho inviato cinque
pareri tecnici su vari progetti di legge, tra cui quello sulla
riforma dei reati tributari, uno su di un progetto di modifica di fattispecie penali in
materia agro-alimentare e
uno sul decreto relativo alla
legge delega in materia di
depenalizzazione”. Infine
Rossi specifica: “Non ho mai
partecipato, né sono mai stato invitato a farlo, a riunioni
del Consiglio dei ministri o
alle riunioni a esso preliminari, esulando ciò dall'inca-
rico in oggetto”.
Il fascicolo avviato dal Csm sul caso Rossi contiene
però diversa documentazioni che prova – come scritto
ieri dal Fatto – un intervento
per il rinnovo dell'incarico
anche negli anni 2014 e 2015.
Inoltre anche il video della
partecipazione con il ministro Maria Elena Boschi a un
convegno ad Arezzo sarà oggetto di richiesta di chiarimenti per comprendere
quale sia il grado di conoscenza tra i due.
Dell'intera vicenda a Palazzo Marescialli si occuperà Renato Balduzzi, presidente della prima commissione. Il consigliere, a quanto si apprende, è ritenuto una garanzia da parte dei vertici istituzionali dello Stato
perché è considerato inavvicinabile da tutti i possibili
ambienti che potrebbero avere interesse a tentare di esercitare pressioni su di lui o
influenzarne in qualche modo le scelte. Del resto è sempre più evidente che il caso
del procuratore Rossi si stia
trasformando in una vicenda squisitamente politica
che va oltre il ministro Boschi, ma rischia di coinvolgere il governo Renzi.
Il caso
Il Fatto
Quotidiano
ha svelato
che il
procuratore
capo di
Arezzo,
Roberto
Rossi, titolare
delle indagini
su Banca
Etruria nel cui
cda sedeva il
padre del
ministro
Maria Elena
Boschi, Pier
Luigi, ha una
consulenza in
materia
giuridica per
la Presidenza
del Consiglio
dei ministri.
Assegnata
dal governo
Letta, è stata
prorogata dal
governo Renzi
di cui fa parte
la Boschi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Aldo Morgigni Consigliere di Autonomia e indipendenza
“Regole chiare: evitare ogni interferenza”
» ANTONELLA MASCALI
I
l consigliere Aldo Morgigni, unico membro del Csm
di Autonomia e Indipendenza, la costola che si è staccata
da Magistratura Indipendente, accetta di parlare del
caso del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, sotto procedimento della Prima commissione (verrà ascoltato il
28 dicembre) ma vuole innanzitutto chiarire quali sono le regole generali che stabiliscono i limiti delle consulenze per i magistrati. E, dunque, partiamo da quelle: in
base alla legge del 1999 i magistrati possono essere nominati come consulenti della
Presidenza del Consiglio dei
ministri o dai ministri. I requisiti sono disciplinati dal
Csm. Ci vuole la richiesta
dell ’interessato, la produzione di documenti tra i quali
il parere del consiglio giudiziario e del capo dell’ufficio,
l’indicazione del tipo di incarico che si vuole assumere e il
compenso. Il magistrato deve anche attestare che non
sta trattando procedimenti
penali e civili che possano
entrare in conflitto con l’incarico.
Per evitare casi anche solo di inopportunità secondo lei
cosa dovrebbe fare il
Csm e cosa il Parlamento?
nopportunità.
Mi risulta che il procuratore
Rossi quando chiede l’autorizzazione per fare il consulente del governo Letta scrive di “non avere procedimenti penali in trattazione” tali da “incidere nega-
Se il contenuto delle
informazioni richieste e trasmesse è corretto e completo non Aldo Morgigni (Csm)
ci sono problemi pertivamente sul
ché il Csm può già decidere
suo incarico”,
se esiste una situazione di ima non lo
nopportunità o addirittura
scrive per gli
una situazione di divieto
E nel caso specifico del procuratore Rossi?
Per quello che è arrivato al
Plenum di cui faccio parte
non c’era la rappresentazione di alcuna situazione di i-
sulenza, per dire che “si
tratta di rinnovo”e di rifarsi
alla pratica del 2013. Per
l’ultimo incarico in scadenza il prossimo 31 dicembre
non risulta che ci sia neppure una sua richiesta di rinnovo ma solo quella della
Pre s i de nza del Consiglio. Tutto regolare?
Mancava una parte
dei documenti
per la proroga
del 2014? Mi riservo
di accertarlo,
doveva esserci
incarichi successivi. Il 5 novembre 2014,
per il secondo incarico di tre
settimane, invia una email
al Csm che gli aveva chiesto
chiarimenti sul tipo di con-
Quanto alla
prima autorizzazione
n o n e r o
membro del
Csm. Per
quello che rig u a r d a s econda e terza
a u t o r i z z azione non risultavano queste circostanze che mi riservo di verificare. In astratto la circolare sugli incarichi recentemente
modificata prevedeva e pre-
vede che ci debba essere l’apposita richiesta con documenti allegati. Immagino
che la Prima commissione, di
cui non faccio parte, nel corso dell’istruttoria farà le opportune verifiche.
Nel momento in cui c’è
un‘inchiesta che potenzialmente potrebbe coinvolgere il padre di un ministro, come in questo caso, lei da magistrato, al posto del procuratore Rossi si sarebbe dimesso da consulente del
governo per opportunità?
Vanno sempre evitati i casi di
interferenza tra l’attività del
magistrato e i suoi eventuali
incarichi esterni. Qualora vi
fosse stata l’iscrizione nel registro degli indagati di un familiare di un membro del governo sicuramente non avrei
proseguito la consulenza ma
al momento non è noto che
ciò sia accaduto e l’incarico è
pure in scadenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
8 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
CONFLITTO D’INTERESSI
Teatro di Firenze,
interrogazione
parlamentare del M5S
SUL TEATRO COMUNALE di Firenze, di cui il Fatto ha scritto lo scorso 16
dicembre, arriva un’interrogazione al governo da parte del Movimento 5 Stelle, firmata
dalla senatrice Michela Montevecchi. Il Teatro comunale la scorsa estate è stato acquistato dalla Nikila Invest di Ilaria Niccolai. La
Niccolai è il nome di punta del sistema The
Mall. Il suo nome, come abbiamo scritto nei
q
giorni scorsi, è legato alla Party, società immobiliare costituita nel 2014 con Tiziano
Renzi, il padre del premier. “Dai fatti – scrive
la senatrice M5s nell’interrogazione –emergono preoccupanti intrecci economico-politici, atti a falsare il delicato equilibrio che
regola i rapporti tra le pubbliche amministrazioni e gli interessi privati (...) quanto all’ipotesi di conflitto d’interessi, si evidenziano
intrecci familiari molto poco trasparenti e al
limite della legittimità, sarebbe infatti opportuno chiarire e riferire in Parlamento in
relazione ai fatti descritti”. Il testo si conclude con una richiesta al governo: “un’indagine
amministrativa interna volta ad accertare la
corretta gestione della vendita del bene immobile e restituire dunque dignità alla cittadinanza di Firenze e dell'Italia intera”.
Il commissario posticipa di un mese la scadenza delle sue cariche
nella Spa: farà campagna elettorale stipendiato dall’Esposizione
MILANO
» GIANNI BARBACETTO
E MARCO MARONI
N
ei prossimi mesi a Milano avremo due Beppe
Sala: il primo sarà il candidato alle primarie del
centrosinistra che farà campagna elettorale per diventare sindaco della città; il secondo sarà –
e resterà –commissario straordinario, amministratore delegato e
membro del consiglio d’amministrazione di Expo spa. Sala infatti
manterrà i tre incarichi che cumula nella società che ha gestito
l’esposizione universale: con relativo superstipendio. Farà campagna elettorale stipendiato da
Expo. Ha annunciato, è vero, di
aver dato le dimissioni. Ma aveva
mandato una prima lettera al sindaco di Milano in cui comunicava le sue dimissioni da membro
del cda a partire dal 31 dicembre
2015. Poi però a Giuliano Pisapia
è arrivata una seconda lettera, in
cui Sala dice di voler restare fino
al 31 gennaio 2016. Un mese in
più: proprio quello della campagna elettorale per le primarie
(che si terranno il 7 febbraio).
NEL CDA, SALA rappresenta il Comune di Milano: scelto dal sindaco di centrodestra Letizia Moratti e poi confermato da Pisapia. Ma
attenzione: dal 1 febbraio 2016
Sala non sarà più il rappresentante del Comune nel cda e quindi
anche l’amministratore delegato
di Expo spa, resterà però commissario straordinario delegato
dal governo. La nomina, che gli è
arrivata con un decreto del 6 maggio 2013 del presidente del Consiglio Enrico Letta, è quella che gli
Sala raddoppia:
da candidato Pd
resta uomo-Expo
I numeri
della data fissata per le votazioni.
Dunque, visto che si voterà
presumibilmente a giugno, Sala
può restare commissario Expo fino a maggio: se dovesse vincere le
primarie, potrà fare quasi l’intera
campagna elettorale successiva
restando commissario, sempre
con stipendio Expo.
Intanto i dati di bilancio Expo
comunicati lunedì sono stati
commentati molto negativamente da un altro candidato sindaco,
Corrado Passera, che di bilanci se
ne intende: “È scandaloso. Non è
sopportabile la mancanza di trasparenza di Sala. Le cifre che ha
Il favorito Sala, candidato alle primarie del centrosinistra a Milano LaPresse
ha conferito i super-poteri sull’evento Expo, soprattutto quello di
dare appalti pubblici senza gara,
distribuendo un fiume di soldi in
modo discrezionale. È vero che il
testo unico sull’ordinamento degli enti locali sancisce l’ineleggi-
bilità alla carica di sindaco per i
commissari di governo, ma dice
anche che le cause di ineleggibilità decadono se l’interessato cessa dalle funzioni entro il giorno
fissato per la presentazione delle
candidature: cioè 30 giorni prima
L’accusa di Passera
“Ha diffuso cifre ridicole
sul bilancio della
kermesse: manca persino
il dato sugli incassi”
diffuso prendono in giro i cittadini. Non ha dato l’indicatore più
semplice: gli incassi, non ci dice
quanto ha incassato davvero con
i biglietti”. Ci dice la cifra dei ricavi, che però possono essere non
ancora incassati o addirittura non
incassabili (per esempio, per i biglietti venduti a pacchetto a qualche grande operatore che non è
riuscito a piazzarli ai visitatori
reali). Poi ci dà la cifra del patrimonio netto, che si ricava sottraendo l’utile (o la perdita)
dell’anno dal patrimonio dell’anno precedente: ma non ci dice
qual è l’utile (o la perdita) dell’anno. “Ci dà il margine operativo
lordo, ma non ci dice nulla di oneri finanziari e ammortamenti.
Nulla degli extracosti sui lavori,
dei contenziosi con le aziende,
delle bonifiche, dei costi per lo
smantellamento”.
Insomma, se questo è lo stile di
lavoro di Sala alle prese con un
piccolo bilancio da 800 milioni,
che cosa succederà se mai dovesse occuparsi del bilancio del Comune di Milano da 5 miliardi?
FINORA i conti Expo galleggiano
nella più assoluta mancanza di
trasparenza. Quando finalmente
Sala si dimetterà da tutte e tre le
cariche Expo, lascerà al suo successore le patate bollenti (e inquinate) degli extracosti, dei contenziosi, delle bonifiche, spese da
centinaia di milioni che non aveva previsto; e di spiegare alla Corte dei conti (che ha già detto che
non si può fare) perché ben 200
milioni dati dal governo sono stati
iscritti a bilancio come investimenti, cioè in conto capitale, invece che come costi. Ma quando i
nodi verranno al pettine sarà già
primavera e sarà probabilmente
già scattata l’operazione che renderà illegibili le cifre: con la fusione tra Expo spa e Arexpo spa
(la società che possiede le aree).
800
milioni,
il bilancio
complessivo
di Expo.
Il Comune
di Milano ha
un bilancio
da 5 miliardi
di euro
200
milioni,
dati dal
governo
a Expo
e iscritti
a bilancio
sotto la voce
investimenti.
Per la Corte
dei conti non
si può fare
30
Per legge, un
commissario
di governo,
se vuole
candidarsi,
deve lasciare
la sua carica
almeno 30
giorni prima
delle elezioni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“È la festa di Mara o il funerale di Brunetta?”
» FABRIZIO D’ESPOSITO
L
a battuta di due deputati
commensali è crudele e
riassume il senso del pranzo:
“Abbiamo festeggiato i 40
anni di Mara per fare il funerale a Renato, lui presente”.
“Mara” è Carfagna. “Renato” è Brunetta e il doppio evento, compleanno vero ed
esequie politiche del capogruppo azzurro alla Camera,
si è celebrato ieri in un ristorante frequentato dal potere
romano, “L’Osteria del Sostegno”. L’ennesimo capitolo del caos nero che ha investito Forza Italia, devastata
dalle scissioni e dai nuovi assalti dei verdiniani neorenziani.
DUNQUE, i 40 anni dell’ex
ministra più bella del mondo
nell’ultimo governo Berlusconi. Questo il punto di partenza. Così ieri mattina, Alessandro Ruben, compagno
di Carfagna ed ex deputato
finiano, si è sentito con Paolo
Fratelli coltelli Adunata azzurra per i 40 anni della Carfagna:
Romani le promette la poltrona di capogruppo alla Camera
Romani, capogruppo al Senato e grande nemico del
“collega” Brunetta, dopo le
figuracce forziste su Consulta e sfiducia a Boschi. “Perché non facciamo un pranzo
a sorpresa per Mara?”. La
scelta cade sull’“Osteria del
Sostegno”, il locale prediletto di Romani dove pranza e
cena a orari milanesi, alle 12 e
alle 19. I due, Carfagna e Romani, si vedono però prima.
Il colloquio dura un’ora e
sancisce il micropatto natalizio di quel che resta di Forza Italia: sostituire Brunetta
alla Camera con l’ex capogruppo. Lei aspira da tempo e
l’altro giorno, al Tempo, ha rilasciato un’ampia intervista
parlando già da capogruppo.
Al ristorante, in ordine sparso, arrivano anche “amici”
collocati altrove, tipo il centrista Pier Ferdinando Casi-
Cambio
della guardia
Carfagna
dovrebbe
sostituire Brunetta, sempre
meno sopportato LaPresse
ni e il verdiniano Ignazio Abrignani. Il clima è talmente
cordiale, ufficialmente, che
si presenta anche il de cuius
Brunetta, de cuius o vv iamente in senso politico, ignaro del nuovo accordo fatto alle sue spalle. Poco alla volta a
tavola si accomodano depu-
tati e senatori: Rizzotti, Caliendo, Gasparri, Pelino,
Bernini, Fasano, Baldelli,
Prestigiacomo, Ravetto, Calabria, Gelmini, Giacomoni,
Napoli, Valentini, Polidori.
Ci sono anche Lainati e Polverini, dati in partenza per il
gruppo neorenziano di De-
nis Verdini. C’è, infine, la te- nuela Repetti, lui ha messo
soriera dell’ex cerchio magi- da parte l’odio e spera che il
co, Mariarosaria Rossi. Qual- Partito della nazione garancuno fa notare, invece, l’as- tisca un seggio alla compasenza di Elio Vito e Roberto gna. Questo il senso della coOcchiuto, altri due preten- sa.
denti alla carica di capogruppo e già bruciati.
DI FINTA PACE in finta pace, a
Il menù parte con la gricia, un certo punto si appalesa
tra i piatti più buoni della cu- anche Silvio Berlusconi, procina romanesca, e finisce con prio tramite lo smartphone
una torta sormontata da un brunettiano. Una telefonata
solo candeveloce, neanche un minulotto. A
pranzo tiene Regalo di Natale
to. Il tempo
di benedire
b a n c o s o- Prima del pranzo
prattutto l’al’armonia ridesione del- a base di gricia,
trovata e poi
l a c o p p i a il patto per cacciare
“ciao ciao”.
Bondi e ReMa sull’onda
dell’armonia
petti ai ver- l’odiato Renato
diniani, dogià si affilano
po la fuoriui coltelli mescita di qualche mese fa da taforici delle nuove idi conForza Italia. Baldelli, noto i- tro Brunetta, Cesare assolumitatore, scimmiotta sia to e mal sopportato del grupBondi sia Verdini. I due, po alla Camera. Lui, inconsa“Sandro”e“Denis”da grandi pevole del funerale, è stato
amici che erano, sono poi ar- più disponibile del solito,
rivati a odiarsi. Adesso nel versando il vino a tutti.
supremo interesse di lei, Ma© RIPRODUZIONE RISERVATA
POLITICA
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
IL CASO SCOGNAMIGLIO
Sospensione bloccata:
azione disciplinare
contro la giudice
IL PROCURATORE generale della
Cassazione ha avviato l’azione disciplinare nei confronti del giudice Anna
Scognamiglio. Il magistrato è indagata
per concussione per induzione nell’inchiesta che la Procura di Roma ha aperto
sul tentativo del marito, l’avvocato Guglielmo Manna, di ottenere un incarico di
rilievo nel sistema sanitario della Regione
q
Campania.
Manna, è l’ipotesi degli inquirenti, avrebbe
cercato di sfruttare la posizione della moglie, che era la relatrice in due diverse procedure di ricorso presentate dal governatore della Campania Vincenzo De Luca
contro l’applicazione della legge Severino.
Anna Scognamiglio bloccò la sospensione
dalla carica per il governatore. Secondo
l’accusa lei e il marito avrebbero minacciato una decisione sfavorevole per ottenere
da De Luca una nomina per Manna.
Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini
ha spiegato che il pg della Cassazione ha
deciso di esercitare l’azione disciplinare
sulla base dei capi di incolpazione ma non
ha richiesto misure cautelari nei confronti
del magistrato.
Un altro rinvio per De Luca:
stavolta arriva a mezzo stampa
CARA DI MINEO
Commissione
immigrati,
Castiglione
attacca “Il Fatto”
» VALERIA PACELLI
Non per vie ufficiali ma sul sito del “Mattino” la notizia che il tribunale civile lascia
P
altri sei mesi al governatore nella sua guerra di ricorsi contro la legge Severino
I
l titolo va in rete sul sito de “Il Mattino”: il Tribunale civile di Napoli avrebbe rinviato a maggio ogni decisione sul caso di Vincenzo De Luca.
Lasciandolo nella carica di Governatore della Campania e dandogli altri
cinque mesi di respiro nella sua guerra di ricorsi contro la Legge Severino,
legge che ne imporrebbe la sospensione perché condannato in primo
grado per abuso d’ufficio.
De Luca è in sella grazie all’ordinanza Scognamiglio che ha eccepito
quattro profili di dubbia costituzionalità della legge. L’ordinanza è al
centro di un’inchiesta della Procura
di Roma che si fonda sul sospetto che
il marito del giudice sapesse le notizie
prima degli altri, forse le riceveva direttamente dalla moglie in camera di
consiglio, e se le spendeva nel tentativo di ottenere una nomina nella sa-
GIUSTIZIA
» GIANNI BARBACETTO
È
stato un gioco d’incastri perfetto: qualche
giorno fa, il presidente
del Consiglio Matteo
Renzi ha nominato il magistrato Giuseppe Maria Berruti commissario della Consob.
Così il posto di primo presidente della Cassazione si è reso disponibile per Giovanni
Canzio, presidente della Corte d’appello di Milano, che ora
si trasferisce a Roma dove diverrà anche membro di diritto
del Csm. Nato nel 1945, Canzio avrebbe dovuto andare in
pensione appena compiuti i
70 anni. Ma la proroga di un
anno decisa dal governo per
chi compie i 70 entro il 31 dicembre 2015 ha reso possibile
la decisione di ieri del Consiglio superiore della magistratura: il plenum, presieduto dal
capo dello Stato Sergio Mattarella, ha nominato Canzio,
che così potrà concludere la
sua carriera come primo magistrato d’Italia.
È mancata l’unanimità, con
grande dolore di Mattarella,
perché ai 23 voti favorevoli si
sono affiancate tre astensioni
pesanti: quelle dei magistrati
Lucio Aschettino e Piergiorgio Morosini, togati di Area
(Magistratura democratica e
Movimento per la giustizia) e
quella del laico indicato dal
Movimento 5 stelle Alessio
Zaccaria.
Canzio viene da una famiglia originaria di Salerno, co-
Un ricorso dietro l’altro Il governatore
della Campania, Vincenzo De Luca
nità. Ed ora ci sarebbe di nuovo qualcuno che sa le notizie prima degli altri.
In Tribunale non risulta depositato alcun provvedimento, e gli avvocati delle parti in causa non lo hanno ri-
cevuto con il rituale messaggio di posta elettronica certificata (pec). Sono
tutti in attesa dal 17 dicembre, quando
il collegio ha chiuso cinque ore di discussione a porte chiuse. Sono intervenuti gli avvocati e il pm, che è tornato a chiedere la sospensione di De
Luca – riservandosi di decidere nel
merito del ricorso avanzato dai legali
del governatore Pd. Parevano aperte
solo tre strade: l’accoglimento del ricorso, il rigetto oppure la sospensione
del processo in attesa della Consulta,
che si è già pronunciata sul caso De
Magistris dichiarando costituzionale
la Severino sulla retroattività, ma non
ha fissato una data sul caso De Luca.
Invece sarebbe stata aperta (il condizionale è d’obbligo) un’altra strada:
il rinvio. Lo afferma “Il Mattino” che
sul web non scopre le fonti. Gli avvocati che si stanno opponendo a De Lu-
ca sono allibiti. Salvatore Di Pardo (ex
consiglieri di centrodestra): “Provo
sconcerto, anche stavolta qualcuno
sa le cose prima degli altri e poi tecnicamente un rinvio non ha senso,
perché ci hanno fatto discutere cinque ore? Peraltro ad un rinvio non
puoi appellarti, a una ordinanza sì.
G r o tt e s c o ”. Gianluigi Pellegrino
(Movimento per la difesa del Cittadino): “Se fosse vero allora la Scognamiglio non era l’unica a Napoli a telefonare dalla camera di consiglio”.
Arnaldo Miglino (Sel): “Scorretto che
il rinvio sia stato fatto conoscere a un
giornale prima della pec a norma di
legge”. De Luca in radio ostenta serenità: “Era un falso problema che riguardava gli sfaccendati. Andiamo avanti”.
V. IUR.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovanni Canzio Mattarella avrebbe voluto l’unanimità, ma la sinistra non l’ha votato
Tutti gli incastri a posto,
l’uomo del Quirinale
a capo della Cassazione
Ha fatto
parte dei
collegi
che hanno
annullato le
condanne
di Mannino,
Andreotti e
del giudice
Carnevale
me suo fratello Mario, ragioniere generale dello Stato dal
2005 al 2013. Studi giuridici a
Napoli, laurea nel 1966, ingresso in magistratura nel
1970. Primo incarico al Tribunale di Vicenza, poi a Rieti.
Dal 1995 al 2009 è consigliere
in Cassazione e poi coordinatore delle sezioni unite penali
e direttore del Massimario
della suprema corte. Nel 2009
è nominato presidente della
Corte d’appello dell’Aquila,
nel 2011 di quella di Milano.
Negli anni in Cassazione fu
relatore al processo in cui
Giulio Andreotti era accusato
dell’omicidio del giornalista
Mino Pecorelli: la sentenza
d’appello, di condanna, è stata
dalla suprema corte annullata
senza rinvio. Relatore anche
al processo contro Calogero
Mannino: anche in questo caso la condanna in appello per
concorso esterno in associazione mafiosa fu annullata
con rinvio a un nuovo processo che poi assolse definitivamente il politico siciliano. Fece parte anche del collegio
che annullò senza rinvio la
sentenza contro Corrado
Carnevale, ribaltando la sentenza d’appello che lo aveva
condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e mandando definitivamente assolto il giudice che
allora i giornali chiamavano
“ammazzasentenze”, con una apposita modifica della
giurisprudenza.
Da presidente della Corte
d’appello di Milano, è rimasto
memorabile il suo intervento
all’inaugurazione dell’anno
giudiziario 2015, in cui ha, in
maniera inedita, criticato le
scelte processuali di un altro
ufficio giudiziario, quello di
Palermo, che aveva chiesto
l’audizione del presidente
Giorgio Napolitano (che lo
apprezzava molto) nel processo sulla trattativa Stato-mafia: “È mia ferma e personale opinione che questa
dura prova si poteva risparmiare al capo dello Stato, alla
magistratura stessa e alla Repubblica Italiana”.
Negli ultimi mesi, il suo ufficio a Milano è stato coinvolto in un’indagine che riguarda
il suo caposcorta: dai telefoni
in uso al carabiniere che gli faceva da assistente risulta partita una telefonata di minacce
ricevuta da una giornalista
del Corriere della sera che indagava sulle aste giudiziarie
del tribunale di Milano. Una
storia oscura che resterà forse
senza soluzione, visto che chi
poteva diradare i dubbi sul caposcorta d’ora in poi sarà impegnato a Roma nel ruolo di
primo magistrato del Paese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
»9
Al vertice
Il nuovo primo presidente
della Cassazione, Giovanni
Canzio, già a
capo della
Corte d’appello di Milano.
Sopra, il nuovo
presidente
aggiunto, Renato Rordorf
er la seconda volta,
il sottosegretario
Giuseppe Castiglione non chiarisce la propria
posizione sui
presunti incontri nel
2011 con
soggetti
legati al
Cara di Mineo. Non solo. Convocato di
nuovo ieri in Commissione parlamentare di inchiesta sull’assistenza agli immigrati ha preferito prendersela con il Fatto e chiedersi dove siano stati mai
presi i verbali di Luca Odevaine che rivela gli incontri. In realtà si tratta di atti
depositati nel processo in
corso in primo grado Mafia Capitale, dove Odevaine è imputato per corruzione. Nei verbali, acquisiti anche dalla commissione stessa, Odevaine racconta di essere stato portato a pranzo da Castiglione nel 2011 con Salvo Calì,
presidente del consorzio
Sisifo, la coop rossa che poi
vincerà la gara in un’Ati
con La Cascina. Poi parla
di un incontro al bar Ciampini tra lui, Castiglione e
l’ex capo della Cascina,
Salvatore Menolascina.
Convocato a giugno in
commissione, Castiglione
non ha parlato di questo
presunto incontro, mentre sul pranzo a Catania diceva: “Quando Odevaine è
venuto per la prima volta
l’avrò anche potuto invitare a pranzo” ma aggiungeva “nessuno avrebbe mai
potuto pensare di individuare un soggetto che avrebbe dovuto gestire le
attività”. Ieri Vega Colonnese (M5S) ha riproposto,
leggendo due articoli del
Fatto, l’interrogatorio di
Odevaine, chiedendo le
dimissioni del sottosegretario. Che si è infervorato:
“Nessun atto, nessuna intercettazione, nessuna
presunta dichiarazione è
stata legittimamente acquisita dall’autorità giudiziaria. Lei questi atti come
li conosce? Quale fonte li
ha acquisiti? Come li ha acquisiti? Come ha il giornale le dichiarazioni di Odevaine?”. È così intervenuto il presidente della Commissione immigrati, Gennaro Migliore che ha ricordato a Castiglione che
non è lui a dover fare le domande, oltre spiegargli –
secretando la seduta – che
quei verbali sono stati acquisiti anche dalla commissione. Nonostante ciò,
non ha ottenuto risposte.
10 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
CASO CUCCHI
I CARABINIERI indagati nell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi,
“valutavano e suggerivano varie modalità per
eludere operazioni tecniche in corso”. È una
delle novità che emergono dall’informativa
della Squadra mobile di Roma, finita nel fascicolo del gip che oggi ha fissato la data, il 29
gennaio, per l’incidente probatorio dal quale la
procura spera emergano le cause della morte
q
Carabinieri, telefoni
anti-intercettazioni
per gli indagati
L’OPINIONE
MA RIMANE
IL MISTERO
SULLE MENTI
RAFFINATISSIME
T
© RIPRODUZIONE RISERVATA
sente di autocancellare i messaggi dopo l’invio. Tante sono le intercettazioni trascritte degli indagati nell’inchiesta bis (si tratta di tre carabinieri indagati per lesioni aggravate e due
carabinieri indagati per falsa testimonianza).
Cucchi “non c’aveva niente; solo che non si
drogava, non mangiava e non beveva il cuore si
è fermato. Fratello, è questa la realtà”, così Roberto Mandolini, uno degli indagati.
OMICIDIO CACCIA È stato arrestato il presunto killer del procuratore torinese
Incastrato con una lettera anonima-esca: “Se parlo andate tutti alle Vallette”
» ETTORE BOFFANO
rentadue anni dopo, sappiamo molto di più. Ma non
sappiamo ancora tutto.
Conosciamo chi “o rg anizzò” la morte di Bruno
Caccia: Domenico “Mimmo ” Bel fior e,
già condannato come
m a nd a nt e d i
q u e l l ’ omicidio, e
poi “quelli
di giù”, i capi
della ’ndrangheta in Calabria, come lui stesso dice in un’intercettazione
raccolta nelle settimane
scorse. Da ieri, infine,
sappiamo che il panettiere Rocco Schirripa, detto
“Barca”, fu il killer che eseguì la “sentenza”.
Ciò che non conosciamo (e forse sarà così per
sempre) è invece l’identità di chi decise davvero
l’omicidio: il più “anomalo” tra quelli della criminalità italiana che hanno
avuto come vittime dei
magistrati. Organizzato
ed eseguito al Nord (non
era mai accaduto prima e
non è mai più accaduto
dopo) da quella, tra le mostre mafie, che ha sempre
evitato (a diversità di Cosa Nostra) l’attacco diretto alla Giustizia.
Chi aveva interesse,
dunque, ad assecondare e
a fomentare l’odio che gli
’ndranghetisti torinesi
provavano verso il loro
nemico giurato, il procuratore capo Bruno Caccia? La risposta, probabilmente, va cercata
nell’incredibile e perverso
intreccio criminale che,
all’inizio degli Anni 80, si
era ramificato a Torino
attorno alle clamorose inchieste che Caccia aveva
aperto proprio nei mesi
precedenti la sua morte.
Contro l’infiltrazione
della mafia nel Casinò di
Saint Vincent, contro la
corruzione dello “scandalo delle tangenti”e di quello “dei petroli”, contro la
presenza della ’ndr angheta in Val di Susa e negli
appalti dell’autostrada
del Frejus. Infine, e forse
qui è nascosta la vera
“chiave” del delitto, contro i patti più occulti tra la
politica legata alle ‘ndrine, i vertici della mala subalpina e i nuovi capi arrivati dal Sud e il gruppo
di magistrati corrotti che
inquinavano gli uffici giudiziari torinesi. Le “menti
raffinatissime” dell’omicidio Caccia.
del giovane geometra romano, arrestato per
droga il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo nel reparto detenuti dell’ospedale
Pertini. Due le modalità “suggerite” da alcuni
degli indagati per eludere le intercettazioni alle quali temevano di essere sottoposti: l’utilizzo di “telefoni citofono” con utenze intestate a terzi estranei, e l’utilizzo dell’applicazione
di messaggistica istantanea Telegraf che con-
» DAVIDE MILOSA
O
Milano
micidio di Bruno
Caccia. In presa diretta tre decenni dopo. “Ti sei fatto 30
anni tranquillo, fattene altri
30 tranquillo”. L’augurio di
Placido Barresi va a Rocco
Schirripa. Il primo è il cognato
del boss ergastolano Mimmo
Belfiore ritenuto il mandante
della morte del procuratore
capo di Torino ucciso il 26 giugno 1983. Il secondo, panettiere di professione, ’ndranghetista di livello con dote di
“quartino” e statua del Padrino nel giardino della sua villa a
Chivasso, coinvolto nell’indagine Minotauro del 2011, è invece uno dei due presunti esecutori materiali. Arrestato
ieri, 32 anni dopo. Il secondo
esecutore, ragiona il pm antimafia di Milano Marcello Tatangelo, “si ritiene sia Domenico Belfiore”. Killer e ideatore di un omicidio del quale,
spiega Belfiore intercettato,
“in Calabria tutti sapevano”.
I trent’anni tranquilli
del padrino-panettiere
resi – il tuo nome chi lo conosceva? Hai parlato con qualcuno?”. Schirripa ammette che
lo ha detto a Rocco Piscioneri,
trafficante legato alla ’ndrangheta. Ma lui, Piscioneri, assicura Rocco Barca, “non ha
parlato”. Il tema è l’omicidio
Caccia. I protagonisti, però,
non entrano nei particolari.
“OH ROCCO – dice Barresi – è a
In manette Rocco Schirripa. A destra, il “Padrino” nella sua villa e la panetteria. Sotto, Domenico Belfiore
Le intercettazioni
“Non ne parliamo più,
ti sei fatto 30 anni
tranquillo, fattene
altri 30 tranquillo”
IL NUOVO FASCICOLO s ul l a
morte del magistrato viene aperto l’estate scorsa dopo che
l’avvocato Fabio Repici, legale
della famiglia di Caccia, deposita diversi esposti nei quali la
prospettiva cambia e dalla ’ndrangheta si passa a Cosa nostra. Sul tavolo il riciclaggio
nei casinò di St. Vincent. Nelle
108 pagine dell’ordinanza firmata dal giudice Stefania Pepe
di questo non si fa cenno. A
pianificare tutto è stata la ’ndrangheta “torinese”. Tanto
più che l’identikit dell’epoca,
sostiene l’accusa, coincide con
quello di Schirripa. L’indagine
inizia nell’agosto scorso quan-
L’INTERVISTA
do Mimmo Belfiore da due
mesi è ai domiciliari per motivi di salute. Si tenta quella
che la Procura chiama una
“scommessa investigativa”.
L’escamotage è inviare un anonimo a Belfiore, al cognato
Barresi (assolto per l’omicidio) e a Schirripa. È l’articolo
della Stampa che diede la notizia dell’arresto dei mandanti. Dietro a ogni foglio gli inve-
stigatori scrivono: “Omicidio
Caccia: Se parlo andate tutti
alle Vallette. Esecutori: Domenico Belfiore, Rocco Barca
S c h i r ri p a ”. Nessuna fonte
confidenziale, solo un’esca. Il
nome di Schirripa, mai citato
nelle sentenze, viene messo in
base alle dichiarazioni di Vincenzo Piva, cognato di Belfiore, che nel 1995 lo legò alla
morte di Caccia. Vengono at-
tivate le intercettazioni con il
Virus, un software che trasforma gli smartphone in microspie. Le registrazioni avvengono sul balcone di casa Belfiore e in largo Montebello a
Torino. L’11 ottobre Barresi
dice a Belfiore: “Se Rocco ha
parlato con qualcuno, io non
mi fido”. Barresi non si fida
“perché ritiene che se Schirripa avesse ricevuto la lettera si
sarebbe fatto vivo”. Così non è.
Il dubbio di Barresi nasce dal
fatto che in una recente operazione anti-droga, nonostante il suo coinvolgimento, non
sia stato arrestato. “Il fatto
strano è che lui non lo hanno
a tt ac c at o”. Il 12 novembre
Barresi incontra Schirripa. “È
una cosa delicata – inizia Bar-
protezione tua che noi ci stiamo preoccupando, parla con
quell’altro (Piscioneri, ndr) se
ci è scappata qualche mezza
cosa”. Barresi, poi, riassume il
ragionamento di Belfiore:
“Pure Mimmo (…) dice: del
coinvolgimento chi lo sapeva?
Di sicuro insistono su di te”. I
due si rivedono il 27 novembre. Gli uomini del clan cercano “lo spione”. Dice Barresi:
“Se io lo individuo...”. Chiosa
Schirripa: “Vedi di individuarlo che poi... non ti preoccupare”. Scrive il giudice: “Se
tutto ciò non fosse vero non avrebbe senso che Barresi , ammesso alla semi-libertà dopo
20 anni di galera, valuti la possibilità di uccidere chi è a conoscenza di un tale segreto”.E
ancora: “Ho parlato con Mimmo –dice Barresi –non ne parliamo più, fatti altri 30 anni
tranquillo”. Questa frase, ragiona il giudice , “conferma
che Schirripa è uno degli esec ut or i”. Chiude lo stesso
Schirripa: “Cerco una sistemazione così dormo tranquillo”. È l’ultimo atto. Pianifica la
fuga? Scatta l’arresto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Bellone Da anni studia gli atti dei processi istruiti dal capo della procura assassinato
“Dietro le cosche un livello superiore ”
» ANDREA GIAMBARTOLOMEI
M
anca il secondo esecutore. E non solo. Dietro di
loro c’era un’organizzazione
più ampia”. Da quattro anni
Paola Bellone, magistrato onorario a Torino, legge e rilegge le carte degli archivi
giudiziari per capire cosa c’è
dietro l’omicidio di Bruno
Caccia. “Nella seconda sentenza d’appello con cui Domenico Belfiore è stato condannato c’era un capitolo
molto interessante sulle relazioni pericolose”.
Cosa riguardava quel capitolo?
Era una parte sui legami tra
Belfiore e i magistrati.
Quali legami?
Si parlava del legame tra il
procuratore Luigi Moschella, il gestore del bar vicino al
tribunale Gianfranco Gonella e i Belfiore. È lì che viene
individuato il movente. Caccia ostacolava la “disponibilità” di alcuni magistrati verso i malavitosi.
In che modo?
Quando Caccia divenne procuratore capo alcuni pm se
ne andarono perché lui era
inflessibile e attentissimo. In
procura portò dei giovani
giudici. Gli altri avevano contiguità coi malavitosi.
Che tipo di contiguità?
Per esempio Moschella era la
pubblica accusa nel processo
al nucleo storico delle Br e
per tutelarsi dormiva in una
casa di Gonella, che si era interessato della sorte giudi-
ziaria di alcuni uomini di Belfiore. Furono indagati.
Come finì l’indagine?
Ci furono processi separati.
Da una parte i calabresi, da
un’altra Gonella, che stava
male. Dopo fu processato pure Moschella perché l’indagine durò molto e alla fine
l’accusa cadde.
E l’arresto di Rocco Schirripa come si inserisce in questo quadro?
Conferma la correttezza della pista dei calabresi di Belfiore. Così venivano chiamati all’epoca questi malavitosi:
non erano considerati della
‘ndrangheta ed erano contrapposti ai catanesi. Questi
ultimi avevano in mano il
traffico della droga, un affare
passato ai calabresi dopo la
morte di Caccia.
Ne beneficiarono,
ma è impensabile
che sia stato solo
Domenico Belfiore, all’epoca 31enne, a decidere di
uccidere il procuratore capo.
In che senso?
Bisogna guardare gli altri
processi in corso a Torino
all’epoca e ai fatti politici. Nel
1983, prima di Mani Pulite e
in piena Guerra fredda, scoppiò lo scandalo delle tangenti
di Adriano Zampini, che
coinvolgevano i socialisti
che, proprio il giorno dell’omicidio Caccia, ebbero un
successo alle elezioni politiche con Bettino Craxi che divenne premier. Poi era in
corso il processo
per lo scandalo
dei petroli: fu
chiesta la messa
in stato d’accusa
dei ministri Giulio Andreotti e di
Mario Tanassi,
sospettati di aver
ricevuto tangenti
per facilitare la nomina di
Raffaele Giudice alla guida
della Guardia di finanza, così
da favorire l’evasione delle
accise. Ho il dubbio che i poteri forti abbiano quindi infiltrato la ’ndrangheta per l’omicidio. D’altronde dal 1975
l’organizzazione era diventata la “Santa” e poteva avere
legami con forze dell’ordine
e massoneria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CRONACA
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
TRUFFE A MILANO
Pirellone, quattro ex
assessori a giudizio
per contratti falsi
SONO STATI RINVIATI a giudizio
dal gup di Milano Manuela Scudieri
quattro ex assessori regionali lombardi, Giulio Boscagli, Mario Scotti, Domenico Zambetti e Luca Daniel Ferrazzi, e due ex consiglieri regionali, accusati a vario titolo di falso
e truffa ai danni dello Stato, nell’udienza preliminare con al centro presunti contratti fantasma a collaboratori al Pirellone. Tra i po-
q
litici mandati a processo dal giudice (che ha
dichiarato prescritti alcuni capi d’imputazione), l’unico ancora in carica è Ferrazzi, attualmente consigliere regionale della Lista
Maroni. Al centro dell’inchiesta condotta
dalla Guardia di Finanza, una ventina di contratti con 13 collaboratori, costati in tutto alla
Regione circa 260 mila euro tra il 2008 e il
2012, all’epoca della Giunta Formigoni. Con-
» 11
tratti che, secondo l'accusa, sarebbero stati
affidati anche a parenti degli indagati. Oltre
agli ex assessori Boscagli, cognato dell’ex
presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, Scotti, Ferrazzi e Zambetti (già
sotto processo a Milano con l’accusa di voto
di scambio con la 'ndrangheta), sono stati
rinviati a giudizio gli ex consiglieri del Pdl Angelo Giammario e Paolo Valentini.
LA TESTIMONIANZA Oggi c’è il coraggio dei giovani di Libera
» GIAN CARLO CASELLI
S
ono passati 32 anni da
quando venne assassinato il procuratore di
Torino Bruno Caccia.
La condanna all’ergastolo di
Domenico Belfiore (definitiva) come mandante aveva univocamente ricondotto il
delitto alla criminalità ’ndranghetista insediata a Torino. Questo quadro sembra
ora confermato dall’arresto –
con l’accusa di essere stato un
esecutore materiale dell’attentato – di Rocco Schirripa,
già coinvolto e condannato in
inchieste per fatti torinesi di
’ndrangheta, fra cui il recente
maxi-processo “Minotauro”.
Prova evidente che in tutti
questi anni le indagini non si
sono mai arrestate. Va anzi
dato atto alla Procura di Milano e alle forze di polizia anche torinesi di aver perseverato nella ricerca della verità
con pazienza, tenacia e intelligenza. Da ultimo, stando alle cronache, anche avvalendosi di “invenzioni”suggestive, per preparare ad arte un
terreno più propizio all’impiego degli strumenti tradizionali.
Era accanito contro le mafie
Ma Torino lo ha dimenticato
Chi è
Bruno
Caccia,
nato a Cuneo
nel 1917, morì
a Torino il 26
giugno 1983:
era domenica
sera e stava
passeggiando
col suo cane
quando
due uomini
a bordo
di un’auto
gli spararono
Carriera
Dal 1980
alla guida
della Procura
di Torino
avviò
le indagini
su Br
e ’ndrine
AI MAGISTRATI che come me
hanno avuto il privilegio di lavorare al suo fianco, Bruno
Caccia ha insegnato a muovere sempre da una convinzione
profonda: la vita degli esseri
umani è, per sua essenza, vita
sociale e solo la convivenza
pacifica è convivenza civile.
Ma la pacifica convivenza necessita di regole ed è compito
del magistrato farle osservare. Ogni cedimento, ogni debolezza, ogni contiguità implica la rottura del patto sociale, ed apre la strada alla sopraffazione. Caccia era considerato un magistrato “duro”,
29 giugno
1983
I funerali
del procuratore capo Bruno
Caccia a Torino. È intitolato al giudice
il Palazzo
di Giustizia
della città
ma severità e rigore per lui altro non erano se non il semplice richiamo al doveroso rispetto delle regole. Contro la
violenza e la prepotenza dei
criminali che causano agli onesti ferite e torti profondi.
L’uccisione di Caccia si inserisce in un lunghissimo elenco di magistrati uccisi, dalla
violenza terroristica e mafiosa. Morti vicine nel cuore, anche se lontane nel tempo. In
uno stato avvezzo a convivere
con personaggi che sul malaffare e sulla mafia hanno costruito carriere e fortune, può
sorprendere che ci siano funzionari disposti a fare il loro
dovere fino a morire per questo Stato.
EMERGE nello stesso tempo
che quelle vittime hanno di
fatto compiuto una missione
storica: restituire lo Stato alla
gente. Perché è grazie a loro
che finalmente – nella storia
di questo Paese – lo Stato si
presenta agli occhi dei cittadini anche con volti credibili
nei quali ci si possa identificare, dando un senso alle parole “lo Stato siamo noi”. È noto che nella sentenza di condanna di Domenico Belfiore
si legge che Caccia non veniva
a patti, era anzi “accanito contro la criminalità organizzata”. Accanito… Quante volte
abbiamo sentito ripetere questa parola, negli ultimi anni e
ancora oggi, con riferimento a
magistrati “colpevoli” unicamente di fare il loro dovere:
anche nei confronti di poteri
forti o di interessi refrattari al
controllo di legalità, che si
INSIEME
CONTRO IL CRIMINE
Ai magistrati
che come me hanno
avuto il privilegio
di lavorare con lui,
ha insegnato che solo
la convivenza pacifica
è convivenza civile
mobilitano per osteggiare la
magistratura che “criminalizza” questo o quello.
ACCANITO… Ecco una parola
che costituisce un titolo di
merito se riferita a un magistrato morto, mentre per i
magistrati ancora vivi – ma
scomodi – viene spesso usata
come una clava. Bruno Caccia
era “accanito” nel senso che
ricercava la verità con determinazione. Sempre attento
alle regole ma non indifferen-
te ai risultati. Scrupoloso
nell’adempimento dei suoi
doveri e senza “sconti” o indulgenze per nessuno. Vale a
dire che non contava lo “status” sociale, economico o politico di questo o di quello.
Nulla che non fosse la legge
poteva influire su di lui. Era
un esempio, ed è per questo
che la sua fotografia figura ancora nella stanza di amici e
colleghi. Un grande magistrato. E dire che a parte alcune celebrazioni più che altro formali (l’intitolazione
del Palazzo di giustizia e di una piazzetta periferica), la
città di Torino sembrava aver
di fatto dimenticato questo
suo martire. Al punto che Nicola Tranfaglia dovette scrivere (con Teresa De Palma)
un saggio su di lui significativamente intitolato “Il giudice dimenticato”.
PER FORTUNA contro questo
oblio si sono efficacemente
mobilitati i giovani di Libera,
che tra l’altro gestiscono la cascina di San Sebastiano Po, in
provincia di Torino, confiscata proprio alla famiglia Belfiore, ora intitolata a Bruno Caccia e alla moglie Carla. Un
quotidiano, coraggioso impegno perché la legalità coinvolga i cittadini e li renda sempre
più alleati dello Stato. Così da
assumere Bruno Caccia come
punto di riferimento anche
oltre la stretta cerchia delle
aule di giustizia. Riuscendo
pure – meritoriamente – a stimolare e supportare l’azione
giudiziaria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
P G
12 »
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
iazza rande
Con quei soldi per gli 80 euro
si doveva creare occupazione
Più volte nel vostro giornale si parla degli 80 euro del bonus Renzi e
degli effetti reali che ha avuto sulle
famiglie e sui consumi. Io sono uno di quelli che rientra nei famosi
80 euro e per quanto mi riguarda
potrei anche farne a meno, perché
sinceramente non mi cambiano lo
stile di vita e sono d’accordo sul
fatto che con i 10 miliardi stanziati
per finanziare questa operazione
si sarebbero potute fare tante altre
cose e aiutare persone che non
percepiscono niente. Se sommiamo a questi un miliardo di bonus
per poliziotti e i 500 euro per i diciottenni, circa 1 miliardo di proventi dal prelievo delle slot e 2 miliardi provenienti dal voluntary
disclosure, si avrebbero 14,1 miliardi che si potrebbero utilizzare
per creare nuovi posti di lavoro. Ipotizzando che in media un lavoratore che percepisce 1.200 euro
mensili costi all’azienda 26.000
euro lordi annuali si creerebbero
54.2307 posti di lavoro. E considerando che da questa somma lo stato incasserebbe il 23% di Irpef,
ri-entrerebbero nelle casse dello
Stato ben 3,2 miliardi per far fronte ad altre spese, senza considerare che l’aumento di posti di lavoro
riattiverebbe l’economia, in quanto più persone avrebbero possibilità di spesa. E questo se si accollasse tutte le spese lo Stato: se invece facesse a metà con l’azienda i
posti sarebbero il doppio.
SALVATORE DUGO
A Bologna come a Roma
La strada è un colabrodo
Vedendo in televisione in quale
stato versano molte strade di Roma, penso come anche a Bologna
vengono spesso sperperati i soldi
dei cittadini, cosa comune a gran
parte delle città italiane. Capita
che il Comune decida di asfaltare i
marciapiedi ridotti a un colabrodo, lavoro miracolosamente ben
fatto. Poco tempo dopo però si
passa per installare la fibra ottica e
si rompono nuovamente i marciapiedi e i lati delle strade che vengono richiusi in maniera superficiale, con avvallamenti e buche.
Alle lamentele dei residenti si interviene con qualche rattoppo.
Periodicamente si fanno le strisce
blu per i parcheggi a pagamento.
Poco dopo il Comune decide di
riasfaltare i marciapiedi e i lati delle strade per sistemare ciò che era
stato fatto in maniera vergognosa
e naturalmente dopo bisognerà rifare le strisce blu. I Comuni lamentano sempre mancanza di de-
A DOMANDA RISPONDO
Inviate le vostre lettere (massimo 1.200 caratteri) a: il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n° 42 - [email protected]
berata solo in via cautelare, in seguito ad alcune segnalazioni fatte
da operatori durante l’utilizzo delle stesse. A seguito però di accurate analisi svolte direttamente dal
ministero, ed a specifici test realizzati presso accreditati e riconosciuti Enti verificatori sia militari
che civili, veniva appurato come i
suddetti malfunzionamenti non erano in alcun modo riconducibili
alle munizioni, le quali non presentavano dunque alcun difetto,
né tanto meno un basso livello
qualitativo dei componenti utilizzati. Alla luce di ciò, l’accostamento effettuato tra le problematiche
riscontrate nelle munizioni Fiocchi e quanto invece verificatosi
con la fornitura Sellier & Bellot da
Voi citata è del tutto inappropriato
e fuorviante. La giornalista giunge
poi a mettere in dubbio pure la sicurezza delle munizioni Sellier &
Bellot, affermando come “stavolta
la partita (quella difettata della
Fiocchi ndr) sembra essere meno
pericolosa per gli stessi agenti”,
circostanza questa del tutto
sprovvista di fondamento e frutto
di una mera valutazione personale
dell’autrice. Considerato come tale falsità, accreditata dal fatto di
essere apparsa su di un quotidiano
a diffusione nazionale, abbia ormai danneggiato l’immagine commerciale della Sellier & Bellot, restiamo in attesa di una doverosa
quanto celere rettifica, riservandoci di tutelare i diritti nostri e della Sellier & Bellot nelle sedi competenti.
FURIO COLOMBO
La speranza di una legge
che regoli il “fine vita”
CARO FURIO COLOMBO, sono Renato Biondini, segretario della cellula di Ancona dell’Associazione Luca Coscioni. il 13 settembre noi dell'Associazione abbiamo
presentato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare sul “fine vita”in Italia. Mi sto impegnando,
assieme a Max Fanelli, malato di Sla di Senigallia, per
calendarizzare la proposta affinché possa iniziare la discussione in Parlamento. Qualcuno nelle due Camere
vorrà prendere questo impegno? Le scrivo per chiederle se può scrivere su questo tema.
RENATO BIONDINI
RISPONDO VOLENTIERI a Biondini per tre ragioni: so-
no membro dell’Associazione Luca Coscioni, ho lavorato alla Camera e al Senato per far nascere una legge
come questa. E, assieme ad altri, non molti, ho incontrato sbarramenti come contro un pericolo per la Repubblica. Un caso da ricordare è quello di Ignazio Marino, senatore Pd e presidente della commissione Sanità (2008) che aveva iniziato, nella sua commissione,
la discussione di una decente proposta sul “fine vita”
ovvero la possibilità per le persone coinvolte, di decidere in modo irreversibile e vincolante sulle ultime cure, oppure sull'aiuto a morire. Tutto ciò avveniva prima della grande e penosa messa in scena intorno alla
non dimenticata vicenda di Eluana Englaro. Ma qualcuno ha visto in tempo il fenomeno di civiltà e di rispetto dei diritti umani e civili che una simile legge poteva portare. E ha bloccato Marino, lo ha dimesso dalla
presidenza della Commissione, ha fatto eleggere la senatrice, allora Pd, poi Forza Italia (fino ai giorni nostri) Dorina Bianchi, e ha spostato altrove il senso e il
valore della legge. Quando l’associazione Luca Coscioni ha scelto la strada della legge di iniziativa popolare,
un bel po’ di cittadini hanno visto il senso e la civiltà
dell’iniziativa, l’hanno sostenuta fino a che la legge ha
potuto essere presentata in Parlamento secondo le regole costituzionali. Rischia di giacere insieme a tutte le
altre leggi di iniziativa popolare, in un limbo perenne. E
perciò concordo con Biondini che ringrazio di avermi
scritto. Non smettiamo di parlarne affinché si risvegli
qualcuno in Parlamento che si renda conto della svolta
di civiltà che questo testo rappresenta. È il tempo giusto
perché, come si dice spesso (ma non da molti, salvo i
Radicali, nella cui galassia l’associazione Coscioni è
attiva) i diritti umani e civili sono l’anima e la vita
dell’ordine giuridico – dunque della Costituzione – di
un Paese. Il fatto che siano continuamente spinti sul
bordo della strada nella vita italiana spiega le nostre
peggiori caratteristiche, dal feticismo per il segreto di
Stato all’abile bravura con cui si riesce a negare ai cittadini la conoscenza dei fatti così come sono, e le ragioni delle decisioni, che invece il più delle volte, sembrano piovere dal cielo. Ma non voglio ripetere il mantra pannelliano. Voglio chiedere al Parlamento, cominciando dalla presidente della Camera Boldrini, che
su questi argomenti è tutt’altro che distratta, la calendarizzazione legittimamente chiesta da chi ha scritto
la legge, includendo la voce di dure e dolorose esperienze.
Furio Colombo - il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n° 42
[email protected]
naro e alzano le imposte locali per
far fronte ai lavori di manutenzione che servono alla città. Basterebbe un minimo di comunicazione con chi ha in mano gli appalti
dei vari lavori per organizzare al
meglio, nel limite del possibile, la
successione degli interventi necessari. Questo farebbe risparmiare denaro pubblico e disagi ai cittadini per i continui lavori in corso.
merciali e all’assenza nelle scuole
superiori di una disciplina fondamentale quale la Geografia Economica. Non scandalizziamoci quindi se migliaia di italiani vengono
turlupinati da banchieri senza
scrupoli e se l’economia italiana,
seconda in Europa nell’industria e
quinta nel mondo nel turismo,
manca di tecnici qualificati.
Geografia economica a scuola
per un’educazione finanziaria
Da più parti in questi giorni è stata
evidenziata la scarsa educazione
finanziaria del nostro Paese nonostante sia uno dei più dotati al
mondo di risparmio privato. Questi dati non sorprendono affatto
chi conosce la scuola italiana se
pensiamo alla significativa flessione negli ultimi vent’anni delle iscrizioni negli istituti tecnici com-
DIRITTO DI REPLICA
MONICA STANGHELLINI
RICCARDO CANESI
Coordinamento Nazionale
SOS Geografia
In relazione all’articolo dal titolo
“Il Viminale ha (ri)fatto cilecca:
milioni di proiettili da buttare”, a
firma di Silvia D’Onghia, apparso
il 24.11.2015, sentiamo la necessità
di rettificare le affermazioni false
ivi contenute, gravemente lesive
dell’immagine della società Sellier
& Bellot, che rappresentiamo con
successo nel mercato italiano. In
detto articolo, avente per oggetto i
difetti riscontrati di recente in
munizioni fornite al ministero
d el l’Interno dalla ditta Fiocchi
S.p.A., si fa inopportunamente riferimento alla Sellier & Bellot, accostando in maniera del tutto fuori
luogo quanto sopra evidenziato
con presunti problemi riscontrati
in munizioni fornite nel 2011 dalla
Sellier & Bellot allo stesso ministero. In merito a tale fornitura, si afferma come “le pallottole acquistate e distribuite esplodevano a
causa di una polvere da sparo di
bassa qualità”; orbene, questa affermazione è del tutto falsa e
sprovvista di ogni fondamento!
Premesso come le munizioni in
questione, acquisite a seguito di
regolare gara ad evidenza pubblica, venivano utilizzate unicamente dopo aver superato la necessaria procedura di collaudo ed accettazione da parte di apposita Commissione, è bene precisare come la
relativa sospensione veniva deli-
DOTT.SSA TIZIANA REGGIANI
Legale rappresentante
The Four Company S.r.l.
I NOSTRI ERRORI
Nella rubrica di ieri “Noi e loro” di
Maurizio Chierici è stato confuso
l’assassinio Br di Francesco Coco,
procuratore di Genova, col rapimento del giudice Giovanni D’Urso liberato in catene ai portici
D’Ottavia di Roma. Per D’Urso l’Italia si era divisa tra il “partito”
della fermezza (nessuna trattativa
con le Br) e il “partito” di chi voleva salvare la vita del magistrato.
Tassan Din, amministratore P2
del Corriere della Sera, aveva ordinato ai giornali del gruppo di non
pubblicare notizie sul dialogo sotterraneo tra stato e Br. Giuliano
Zincone, inviato storico del Corriere e direttore del Lavoro di Genova
aveva disobbedito. Costretto alle
dimissioni, si liberò dalla galassia
P2. D’Urso se ne è andato quattro
anni fa. Le P2 in maschera sono ancora vive. Ce ne scusiamo con gli
interessati e con i lettori.
PROGRAMMITV
11:10
12:00
13:30
14:05
15:00
16:30
16:40
18:45
20:00
20:30
21:20
00:00
01:20
01:55
02:25
02:55
04:40
A conti fatti - La parola a
voi
La prova del cuoco
Tg1
La vita in diretta
Torto o ragione? Il verdetto finale
Tg1
La vita in diretta
L'Eredità
Tg1
Affari tuoi raddoppia
Panariello sotto l'albero
Natale a Dubai
Tg1 NOTTE
Moviextra
Sottovoce
Settenote Musica e musiche con Bungaro, Enzo
Gragnaniello, Gianni
Nazzaro
DA DA DA
11:00
13:00
14:00
16:20
18:00
18:20
18:50
19:40
20:30
21:00
21:10
21:14
23:15
00:15
00:30
01:20
02:10
04:35
I Fatti Vostri
Tg2 GIORNO
Detto Fatto
La notte prima della notte di Natale
Tg Sport
Tg2
TELEFILM Hawaii Five-0
TELEFILM N.C.I.S.
Tg2 20.30
Zio Gianni e l’esame
LOL ;-)
FILM Asterix & Obelix al
servizio di sua maestà
Generazioni
Tg2
Speciale 90° minuto Serie B
TELEFILM Hawaii Five-0
FILM Racconto di Natale
Videocomic Passerella di
comici in tv
11:00
12:00
12:25
12:45
13:10
14:20
15:10
15:55
16:40
19:00
20:00
20:15
20:35
21:05
00:00
00:20
01:30
02:01
Elisir
Tg3
Geo
Pane quotidiano
Il tempo e la Storia Tre
torie di Fede e resistenza
Tg3
TELEFILM La casa nella
prateria
Aspettando Geo
Geo
Tg3
Blob
#TreTre3
Un posto al sole
Chi l'ha visto?
Tg3
Diario Civile con Franco
Roberti
Fuori Orario. Cose (mai)
viste
Next
09:10
09:40
10:45
11:30
12:00
13:00
14:00
15:30
16:39
18:55
19:30
20:30
21:15
23:44
00:52
03:26
03:42
04:36
Bandolera - Prima Tv
Carabinieri 4
Ricette all'italiana
Tg4
Detective in corsia
La signora in giallo
Lo Sportello di Forum
Hamburg Distretto 21
FILM I tre giorni del
condor
Tg4
Tempesta d'amore 9
Un Anno Dalla Vostra
Parte
L'Urlo dell'odio
FILM Magnolia
Tg4 Night News
Media Shopping
Ieri e Oggi in Tv Special
Magnum P.i.
07:59
08:45
11:00
13:00
13:41
14:10
15:10
16:20
17:00
18:45
20:00
20:40
21:11
23:30
01:30
02:01
02:15
Tg5
I Cesaroni III
Il Meglio di Forum
Tg5
Beautiful - Prima Tv
Una Vita - Prima Tv
I Segreti di Borgo Larici
Il Segreto - Prima Tv
Un bacio sotto l'albero
Avanti un altro
Tg5
Striscia La Notizia
Senza Identità
FILM Il Bosco
Tg5
Striscia La Notizia
Internado II - Che cosa
sognano i pesci
04:30 Tg5
05:00 Media Shopping
10:10 Un bianco Natale per
Zeus
12:05 Cotto e Mangiato - Il
Menu del Giorno
12:25 Studio Aperto
13:05 Sport Mediaset
13:45 I Simpson
14:10 Un Semplice Desiderio
16:05 Christmas In Wonderland
18:05 Camera Cafè
18:23 The store of my life
18:30 Studio Aperto
19:00 I Simpson
19:25 Elf
21:10 I Simpson
22:10 I Griffin
23:10 American Dad!
23:35 Live A Casa Tua - Speciale Mika
00:30 FILM In viaggio con una
rock star
02:30 Premium Sport News
06:50
07:25
07:30
07:55
09:45
11:30
13:30
14:00
14:20
18:20
20:00
20:35
21:10
01:00
01:35
Traffico
Oroscopo
Tg La7
Brevi amori a Palma
di Majorca
McBride - Omicidio
dopo mezzanotte
La libreria del mistero Chi è stato?
Tg La7
Tg La7 Cronache
Jack Frost
L'ispettore Barnaby
Tg La7
Otto e mezzo
Josephine, ange
gardien
Otto e mezzo
Moonlighting
18:55
21:00
21:10
23:00
01:05
03:00
03:15
05:40
07:15
12:20
13:20
15:20
Guardiani della Galassia
Sky Cine News
Mortdecai
Lord of War
The Gambler
Cenerentola - Speciale
Il giovane favoloso
Amore, cucina e curry
Maratona Silicon Valley
In Treatment
Fargo - La serie
Maratona Deutschland
83
19:45 In Treatment - 1^TV
20:20 Maratona Deutschland
83
22:55 In Treatment
PIAZZA GRANDE
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
IL BADANTE
IL CAOS COMPETENZA
E LE SENTENZE-CASINO
I
l problema di leggi inquinate da interessi extra-giudiziari è che assomigliano
alle armi biologiche: a un
certo punto vanno fuori
controllo. Un buon esempio è il
processo Fondiaria-SAI-Ligresti.
NEL 2012 l’ISVAP accerta una
carenza nelle riserve sinistri di
Fondiaria-SAI pari a non meno
di 314 milioni. La Procura di Torino, dove la società ha la sede
legale, inizia le relative indagini:
falso in bilancio e aggiotaggio (i
bilanci falsi sono stati resi noti al
pubblico con apposito comunicato, come previsto per le Spa
quotate). Le prove sono consistenti. Nel dicembre del 2011 lo
stesso Cda di Fondiaria segnala
la necessità di aumentare le riserve sinistri di 600/800 milioni oltre a quanto indicato da ISvap; la consulenza del pm conferma le indicazioni del Cda, accertando una sottovalutazione pari a 538
milioni di euro; l’ISvap non ha tenuto
conto dei sinistri verificatisi nell’a nn o
2010 per i quali era
necessario un ulteriore incremento delle riserve.
538 milioni rappresentano più del
10% della posta di bilancio, indicata in 2
miliardi e 100 milioni; questa è la soglia di
punibilità prevista
dalla legge: se non si
raggiunge, il fatto non
sussiste. Guarda caso
l’Isvap, omettendo di
PIOVONO PIETRE
» ALESSANDRO ROBECCHI
E
lezioni in Spagna? In
Francia? Papua Nuova
Guinea? Tranquilli: due
compresse di Italicum prima
del voto e passa la paura. Il refrain della settimana è questo:
siccome il bipolarismo non esiste più (tendenza europea
conclamata), facciamo una
legge elettorale che lo imponga
a martellate alla festante popolazione, che così avrà finalmente in dono il bene che più
desidera: la stabilità politica.
Risolto con la fiction il problema del bipolarismo, si affiderebbe il potere, con scarsissimi
contrappesi, a un partito solo,
che a quel punto sarebbe super-maggioritario in Parlamento e decisamente minoritario nel paese. Sembrerebbe la
vecchia storia della coperta
corta: volete più libertà o più sicurezza?, si chiede per lottare
contro il terrorismo. Analogamente nella politica si chiede:
volete più stabilità o più rappresentanza?
ESISTE PERÒ in questa semplice
equazione una specie di errore
di base, un peccato originale, una gamba del tavolo non solidissima. Che è proprio lì: stabilità.
Ma è così vero che l’Italia è la patria dell’instabilità politica? Che
le divisioni frenano il paese?
Che non si riesce a governare? E
» 13
Nativi digitali,
la politica dimentica
il loro futuro
» OLIVIERO BEHA
» BRUNO TINTI
esaminare il bilancio 2010, aveva contenuto le riserve omesse
in 314 milioni, somma non sufficiente a raggiungere la soglia.
La Procura ottiene la carcerazione preventiva per Marchionni ed Erbetta, A.D.; Jonella Ligresti, presidente di Fondiaria;
Giulia Maria Ligresti, presidente di Premafin, società controllante di Fondiaria; Salvatore Ligresti, presidente onorario di
Fondiaria; Antonio Talarico, vice presidente di Fondiaria. Terminate le indagini, chiede il giudizio immediato. Non può fare
altrettanto per gli imputati a
piede libero, tra cui Paolo Ligresti; per lui e altri viene chiesto il
rinvio a giudizio. All’udienza
preliminare la difesa di Paolo
Ligresti chiede il trasferimento
del processo a Milano per competenza territoriale: il comuni-
L’
cato relativo al bilancio falso è
stato pubblicato a mezzo del
server di Borsa Milano; questo
dunque è il luogo del commesso
reato.
La tesi è puntualmente riproposta da anni dalla Procura di
Milano che intende essere l’unica Procura competente per tutti
i reati di questo tipo, ovunque
siano commessi.
LA CASSAZIONE, con fantastica
coerenza, talvolta l’accoglie e
talvolta la respinge; ad esempio,
nel processo Gabetti-Grande
Stevens, la respinse. Ma il Gip di
Torino l’accoglie e Paolo Ligresti e coimputati vari se ne vanno
a Milano. Analoga istanza, rivolta al Tribunale di Torino, dove
intanto inizia il processo immediato a carico degli altri imputati, viene invece respinta. Il
motivo è ovvio: il comunicato falso, prima di arrivare al server di Milano, è stato
inserito in un terminale allocato in Torino da dove è stato
spedito; dunque qui
si è consumato l’inoltro, il resto è semplice
procedura automatizzata. Il Tribunale
di Milano assolve
Paolo Ligresti. Riduce la posta falsificata
al di sotto della soglia
di punibilità e assolve
anche per il reato di
aggiotaggio, cioè per
il comunicato falso. Il
che proprio non si ca-
Paolo Ligresti LaPresse
pisce, perché questo reato non
prevede soglia di punibilità e
dunque che il bilancio sia falso
per 300 o 500 milioni dovrebbe
essere irrilevante.
RESTA IL FATTO che la normati-
va sulla competenza per territorio, per questo tipo di processi, è
sbagliata. I reati societari sono
commessi in un contesto ramificato sull’intero territorio nazionale e spesso anche all’estero. Spezzettare il processo in
tanti tronconi significa creare le
premesse per sentenze contraddittorie tra loro, allungarne
a dismisura i tempi con conseguente prescrizione e, soprattutto, impedire una visione unitaria dei fatti. La soluzione è una
competenza radicata sul luogo
di accertamento: il primo pm diviene competente per tutti i reati connessi, in qualsiasi luogo
siano stati consumati. Perché
non si fa così? Ovvio, perché in
questa materia l’efficienza non è
considerata un pregio ...
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Una pasticca d’Italicum
e ti passa subito
la voglia di democrazia
non è bizzarro che chi dice che
così non va bene, che non si governa, siano proprio quelli che
governano, e dicono di farlo bene e con efficienza? Il ragionamento zoppica.
Anche perché, a guardare i
suoi sviluppi generali, la stabilità politica italiana è strabiliante. Persino quando si cambiava
un governo ogni sei mesi, ai tempi della Prima Repubblica, la
stabilità era a prova di bomba, si
davano il cambio attori e com-
vent’anni, non c’è niente di più
tremendamente stabile. Cominciò il governo Prodi (1996) a
sventolare la bandiera della
“flessibilità”, senza la quale, ci
dissero, saremmo morti tutti.
L’allora ministro Treu stappò il
vaso di Pandora del lavoro flessibile e precario, che dilagò nel
paese, che si impose senza freni
e controlli, fino alla sua regolamentazione finale con il Jobs
act: tutti un po’ precari, cioè licenziabili a un costo minimo,
tutti demansionabili eccetera,
eccetera. Si può
DOPO LA SPAGNA
dunque dire che
Si affiderebbe il potere
nel giro di una
ventina d’anni,
a un partito solo, che sarebbe con
strappi improvvisi
e lunghe
super-maggioritario
pause, con goin Parlamento e decisamente verni di destra e
di sinistra, con i
minoritario nel Paese
fini economisti
prodiani e con la
compagnia di giparse nella stanza dei bottoni, ro del poro Silvio, il disegno di
ma il disegno restava più o meno flessibilizzazione e precarizzaidentico. Facevano i turni, i vec- zione del lavoro si è perfettachi volponi della prima Repub- mente compiuto. Impeccabile
blica, ma il lavoro era sempre opera di stabilità politica:
quello.
chiunque governasse, il disegno
Se si guardano per esempio le era quello, ed è stato eseguito.
politiche sul lavoro degli ultimi
Ci sarebbero altri esempi, ov-
viamente, non ultimo il fatto che
abbiamo sempre mandato aerei,
armi e soldati dove ci hanno
chiesto di mandarli, altro esempio di stabilità. Insomma, non
siamo così instabili, diciamo anzi che specie nelle politiche economiche siamo stabilissimi,
come dimostra il fatto che le diseguaglianze sociali sono aumentate, negli ultimi anni, piuttosto costantemente, e non diminuite: un capolavoro a cui
hanno concorso tutti, chi più chi
meno, altro esempio di continuità politica niente male.
L’ITALICUM come garanzia di
stabilità, dunque, lascia perplessi. Indicare la Spagna dicendo: “Visto? Col nostro trucchetto non sarebbe successo” è suggestivo ma non porta lontano. È
vero: col trucchetto dell’Italicum Rajoy finirebbe per formare un governo, in solitudine e
maggioranza assoluta: un governo con superpoteri che sarebbe espressione di un elettore
su quattro. Una spallata abbastanza decisa al concetto di democrazia rappresentativa. E
vabbè, non facciamola lunga, avrete un po’ meno democrazia,
ma vuoi mettere la stabilità?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
espressione “nativi digitali”, coniata da uno scrittore americano,
Prensky, all’inizio del Terzo millennio, mi ha sempre lasciato un po’ freddino. Troppo burocratica, troppo scivolosa, troppo precisa nella sua vaghezza. Ma
di recente l’ho messa praticamente alla prova ed è stato
tutto diverso: frequento
da qualche mese – ne ha
dieci – un bambinetto vispissimo, allegro, solare
e molto, molto “digitale”.
Si anima per un display luminoso, punta con il minuscolo dito il rosso per spegnere il cellulare,
riesce a manipolare, sempre con il suo ditino digitalissimo, qualunque telecomando abbia a tiro. Che c’entra il pargolo con
Renzi e Bersani, le elezioni spagnole lette
alla luce (all’ombra?) dell’Italicum, il truffaldino caos banche ecc. ecc.? Temo che
c’entri, e tantissimo. Impersona un futuro
o almeno una fondata ipotesi di futuro con
cui bisognerebbe cominciare a fare i conti
fin da ora, e siamo già in ritardo. Si potrebbe epidermicamente obiettare che il nostro eppur giovane premier in fatto di comunicazione, di tweet e manzonianamente di questo genere di diavolerie sia un esperto, adatto alla bisogna assai più della
classe dirigente che all’inizio voleva rottamare e che ora sembra solo voler sopportare con impazienza, vedendo gufi
dappertutto e perfino nella cravatta del
pover’uomo che presiede il Senato.
EBBENE, è proprio questo il punto: siamo
tutti quanti così zincati nel presente, o ancor di più nell’istante, senza uno straccio
di memoria, che prefigurarsi il futuro
sembra un’impresa atemporale fuori da
qualunque logica contemporanea. Così
che dalle elezioni spagnole si cava solo una
morale effimera, elettoralmente utilizzabile per certificare che con l’Italicum (se
risulterà costituzionale) verrà garantita la
governabilità. Ma per chi? Per gli elettori
sfiancati di oggi che boicotteranno la diserzione dalle urne, e per lo scenario politico che abbiamo sotto gli occhi: che cosa
c’è in tutto questo di interessante e utile
per quelli che verranno, per i nativi digitali
che tra poco votano e per quelli che si susseguiranno in una dimensione tecnologica che ci comprime e ci sfugge insieme?
Non si tratta di sceneggiare film di fantascienza per le nuove generazioni ma di ipotizzare dei processi differenti, di immaginare che cosa conterà tra dieci o venti
anni. E chi lo deve fare tutto ciò se non la
politica? Che ce ne facciamo altrimenti, al
netto delle ruberie e dell’impresentabilità? Davvero a essa chiediamo solo questa
contrapposizione di facciata, per bande
nemmeno troppo larghe, questa occupazione di suolo pubblico “perché qualcuno
lo deve fare”? Davvero il punto è che “non
ci sono più i partiti” ma solo i supermercati? Prendete il Jobs act: avrà i suoi pregi,
ma sembra remoto dal considerare i lavori
spariti (con i relativi posti) che non torneranno più perché non più necessari e
quelli di cui invece ci sarà bisogno e su cui
è indispensabile investire. Il problema è
che Renzi come tutti i suoi omologhi non
può, sa o vuole guardare oltre la siepe, così
che tutto rimane circoscritto a un presente di minimo cabotaggio. È il Paese che
serve alla classe politica per essere tale,
non il contrario. E questo intorcinamento
provoca effetti negativi sulla quotidianità
dell’uomo della strada, di chi pensa e agisce come se senza la politica fosse impossibile vivere decentemente, fare carriera, impostare il futuro. Il paradosso è
che tutto ciò è vero non in generale ma specificamente con una politica degenerata
che è solo ristagno, immobilità sociale e
culturale malgrado le apparenze, quando
non recessione. Mentre il bimbo allegro
punta il display…
www.olivierobeha.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16 » CRONACA
A REGGIO CALABRIA
La cosca chiedeva
il pizzo sui restauri
al museo dei “bronzi”
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
ANCHE I BRONZI di Riace pagano la
mazzetta alla cosca De Stefano. È scattata ieri mattina l’operazione “Principe”, nome
con cui è noto il boss Giovanni De Stefano. Con
lui sono state arrestate altre quattro persone
indagate per l'estorsione alla ditta che ha ristrutturato il Museo nazionale di Reggio Calabria dove sono esposti le celebri statue. Stando al provvedimento di fermo, eseguito dalla
q
Squadra mobile e dai carabinieri su richiesta
della Dda, la cosca avrebbe preteso dalla Cobar una tangente di 180 mila euro per operare
con tranquillità. Non solo. “Si occupavano anche dell’aspetto logistico –spiega il tenente colonnello Alessandro Mucci –C’era un controllo
totale di un appalto nazionale”. I lavori, infatti,
sono costati 20 milioni di euro di cui 17 erano i
fondi statali e 3 i finanziamenti regionali. Le in-
tercettazioni e le dichiarazioni del pentito Enrico De Rosa ai pm Lombardo, Musolino e Ferracane hanno permesso di arrivare agli arresti.
“Abbiamo colpito il cuore strategico della cosca”, aggiunge il questore Raffaele Grassi. “La
‘ndrangheta prende tutto – commenta il procuratore Federico Cafiero De Raho – Lascia il
cittadino inerme a subire”.
LU. MU.
Picchiato dai rapinatori
deve 50mila euro ai medici
Il 29enne Carlo Iannuzzi, italiano a Buenos Aires, dimenticato dalle istituzioni
» LUCIO MUSOLINO
A
quartiere popolare di Almagro dove i suoi sogni
sono stati spazzati via la notte tra il 26 e 27 novembre: due rapinatori lo hanno colpito con una mazza di ferro e Carlo è stato trovato riverso
in una pozza di sangue con la testa rotta.
29 anni Carlo Iannuzzi ha mollato tutto per seguire il suo sogno: lavorare in
Argentina. Da quasi un mese, però, dopo una violenta rapina, è ricoverato in
gravi condizioni e deve pagare 50 mila di euro ADESSO È RICOVERATO all’Hospital italiano di
per le cure.
Buenos Aires, clinica privata scelta dopo che
Iannuzzi, dopo la laurea in Ingegneria in- l’ospedale statale si è dimostrato poco attrezformatica all’Università di
zato per le cure. Carlo ha subìto
Cosenza, era stato assunto da
un delicatissimo intervento di
una società di Bologna come L’aggressione
craniotomia decompressiva,
analista programmatore. Ri- Alla fine di novembre
indispensabile per la fuoriumasto in Emilia tre anni, si è
scita dell’ematoma che comdimesso perché quella non e- ha subito una violenta primeva il tessuto cerebrale.
ra la sua vita.
Sembrerebbe fuori pericolo, si
rapina. Poi il delicato
attendono gli esiti e intanto ha
HA ABBONDATO IL LAVORO, intervento e il conto
lasciato il reparto di terapia inha lasciato la famiglia a Rocceltensiva ma deve essere trasfela Jonica e ha preso un volo per
rito in un’altra struttura per la
Buenos Aires. Ad agosto, poi, aveva firmato il riabilitazione. L’assistenza medica però ha un
suo contratto con la “Arte Grafico Editorial Ar- costo che finora, tra intervento e ricovero, amgentino” e aveva affittato un appartamento nel monta a 50 mila euro. La famiglia non può pa-
gare la spesa e la Regione, dopo
un mese, non si è mossa.
NON LO HA FATTO neanche do-
po la lettera inviata il 16 dicembre dal console a Buenos Aires
Riccardo Smimmo, che ha
scritto al dipartimento Tutela
della Salute della Regione Ca- In America Latina Carlo Iannuzzi durante un viaggio
labria chiedendo se esiste “un
sistema affinché l’Asl possa provvedere a un Puente per Carlo” che ha attivato un conto corrimborso almeno parziale” o, in alternativa, il rente per raccogliere le donazioni che serviranricorso a una legge regionale del 2012 che pre- no ad aiutare la famiglia: “A oggi – denuncia il
vede “contributi per cure mediche non rimbor- presidente del comitato Francesco Ieraci – non
sabili nel paese di residenza ai cittadini di ori- esistono atti per garantire l’assistenza sanitaria
gine calabrese”che si trovano stabilmente all’e- a un cittadino italiano rimasto vittima in Argenstero. Dopo otto giorni la Regione non ha fornito tina. Questa vicenda evidenzia una falla di sistema. Sappiamo che il caso Iannuzzi è stato
una risposta.
Di fronte alla lentezza di uno Stato che, da portato a conoscenza del ministero degli Esteri
oltre un mese, non interviene per garantire il e di quello della Salute. Noi abbiamo interpeldiritto alla salute a un ragazzo di 29 anni, gli lato la Regione”. Il comitato aspetta un segnale.
unici a battersi per il rientro di Carlo in Italia E anche Carlo attende.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
sono i suoi amici. Hanno creato il comitato “El
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015 |
» 17
ALL’INTERNO Gli industriali evadono, ma vogliono un fisco su misura •
Consiglio di Stato, la guerra di Renzi • La manovra dei favori è legge •
LOBBY Oggi il governo approva il decreto che permette ai colossi delle bionde di usare il sistema
anti-contrabbando che si sono fatti in casa. Poi tocca al regolamento che lo attuerà. Anticipando l’Ue
L
I numeri
14
miliardi circa,
l’incasso
dello Stato
dalle accise
sui tabacchi
(fatto 100 il
prezzo, quasi
60 vanno
all’Erario)
2
miliardi,
quanto
pagato dai 4
big del
tabacco
(Philip
Morris, Bat,
Jti e Imperial)
tra il 20042010 per
chiudere i
contenziosi
con l’Ue sul
contrabbando
133
milioni,
l’incasso dalla
tassa sulle ecig, ora
sospesa dal
Tar e inviata
alla Consulta
CAPITANI
DI SVENTURA
» MARCO FRANCHI
a madre di tutte le battaglie
nel grande mercato del tabacco si chiama “tracciabilità”.
Vede contrapposti Philip
Morris (insieme ai concorrenti) e le organizzazioni contro l’ingerenza dei produttori
delle bionde, la trincea è Italia, e si sta per chiudere con un
vincitore: i colossi delle bionde potranno usare il sistema
di tracciabilità della filiera
che si sono fatti in casa. O meglio: quello brevettato dal gigante americano e condiviso
con i concorrenti British american tobacco (Bat), Japan tobacco e Imperial tobacco.
L’opposto di quanto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha chiesto di fare ai
governi con un apposito protocollo (Ftct), che l’Italia non
ha ratificato per tutelare un
settore che porta miliardi nelle casse dell’Erario.
In questi giorni almeno 18
testate nazionali ospiteranno
una campagna contro il contrabbando di sigarette sponsorizzata da Philip Morris.
Nei mesi scorsi Bat si è fatta
sentire comprando pagine
pubblicitarie su l’Unità contro il mercato illegale delle sigarette, e non passa giorno
senza pensosi convegni sul tema. Alcuni, come a Milano
pochi mesi fa, sponsorizzati
dalla fondazione Open, la cassaforte politica di Matteo
Renzi di cui il primo finanziatore è proprio la Bat.
CON I SUOI quasi 14 miliardi di
imposte incassate dal settore,
Roma è la linea di faglia europea dove il mercato delle bionde si gioca il futuro. Non stupisce che ci siano fughe in avanti. La tecnologia di Philip
Morris per combattere il contrabbando è pronta: si chiama
Codentify e al Tesoro giace da
tempo un regolamento che,
bruciando i tempi, le aprirà la
strada. Il primo tassello arriverà oggi: il consiglio dei Ministri approverà il decreto che
recepisce una direttiva europea, la 40 del 2014, che riscrive
il settore. Anche a Bruxelles la
battaglia è stata aspra, e sulla
tracciabilità ha vinto la linea
morbida: niente divieto ai produttori di farsi il sistema in casa. Il testo del decreto - arrivato dopo mesi di battaglia fra
le lobby - prevede che siano i
produttori delle sigarette a
fornire a “tutti gli operatori economici coinvolti negli
scambi”tutte le “apparecchiature necessarie per la registrazione degli acquisti, delle vendite, dell’immagazzinamento,
Tutti i fronti aperti
Il Tar invia alla Consulta l’imposta
sulle e-cig, la stessa dei nuovi
prodotti lanciati dagli americani
Il Tesoro potrebbe riaprire la partita
Padoan
e il prezzo
della paura
C’È UNA COSA che il
governo ha
sottovalutato e il ministro
Pier Carlo Padoan, che ne
sarebbe l’anima economica,
prima di tutti. Il decreto
“salva-banche” del 22
novembre ha forse salvato
quattro istituti bancari in
difficoltà, ma ha messo in
crisi l’unico elemento
fondamentale del sistema:
la fiducia. S’è detto che la
produzione del capitale
implica l’incertezza del
tempo della sua creazione
tanto quanto la fiducia nella
sua restituzione da parte di
chi fa credito: senza questo
delicato rapporto tra fiducia
e tempo non esiste il
capitale, né forse il suo
-ismo. Ecco, il 23 novembre
mattina in Italia il tempo
c’era ancora, la fiducia meno
e in queste faccende la
fiducia ha un prezzo, o
meglio un rendimento: è
l’interesse che si paga sul
capitale, in sostanza il
prezzo della paura che quei
soldi non tornino più
indietro. Oggi, il problema
che dovrebbe assillare il
ministro Pier Carlo Padoan
non è tanto quello che
emerge dalle cronache (il
suicidio del pensionato di
Civitavecchia o la “rapina di
riparazione” del 35enne
azionista di Veneto Banca
che si ritrova in tasca titoli
senza valore), ma il prezzo
che da ora in poi bisognerà
dare alla paura e per quanto
ancora il sistema potrà
permettersi di pagarlo.
Il decreto di “risoluzione”
per Popolare Etruria, Banca
Marche, Carife e Carichieti
ha impaurito gli italiani o,
meglio, li ha risvegliati:
hanno finalmente capito
cos’è il bail in, cioè il
meccanismo voluto dall’Ue
che vieta salvataggi pubblici
prima che siano stati
spennati i creditori privati.
Correntisti e risparmiatori
italiani oggi hanno paura e
quella paura, come detto, ha
un prezzo: sarà quello che le
banche italiane dovranno
pagare per chiedere al
mercato nuovi capitali o (in
termini di perdita di valore)
per piazzare le loro azioni in
Borsa come le Grandi
Popolari sono obbligate a
fare per decreto. Questa
paura il sistema bancario
italiano se la può
permettere? Ha i soldi per
garantirne il prezzo? La
risposta, come sarà chiaro
all’inizio del 2016, non è così
scontata: l’operazione del
22 novembre è riuscita, ma
il paziente è moribondo.
MARCO PALOMBI
q
Tracciabilità, l’ultima
guerra vinta
da Philip Morris & C.
del trasporto e delle altre operazioni di manipolazione dei
prodotti del tabacco”. L’unica
limitazione è sull’archiviazione, che dovrà essere affidata a
un soggetto terzo, certificato
da un revisore esterno “proposto e retribuito dal fabbricante
del tabacco”.
Il contrabbando di sigarette
costa al fisco europeo 12 miliardi l’anno. Tra il 2004 e il
2010, i 4 colossi hanno pagato
2 miliardi per chiudere le controversie legali con i regolatori
comunitari legate al loro ruolo
nel mercato nero. Ora le cose
sono cambiate, dicono i produttori. “Non si mette la volpe
a guardia del pollaio”, denuncia invece il gruppo di lavoro
contro l’ingerenza del mondo
del tabacco, il cui presidente,
l’europarlamentare Gilles
Pargeneaux ha scritto a Renzi
per chiedergli di ratificare l’Ftct. La direttiva Ue stabilisce
che l’obbligo di usare la tracciabilità con l’identificativo univoco entrerà in vigore solo
nel 2019, dopo che la commissione ne avrà fissato criteri e
caratteristiche (nel 2017). Da
gennaio scorso, però, al Tesoro è pronto un regolamento che il Fattoha visto - che lascia
campo libero ai produttori e 18
mesi per far partire tutto. Una
Mercato
a un bivio
Il contrabbando di sigarette costa al
fisco europeo
circa 12 miliardi di euro
l’anno
LaPresse
l
50%
Lo sconto
I “prodotti
di nuova
generazione,
come quello
del colosso
americano
hanno avuto
lo stesso
sconto
sull’accisa
delle e-cig
scadenza che ha creato malumori. Dopo mesi di stallo, la soluzione è stata trovata: si procederà “su base volontaria”.
Tradotto: chi vuole può partire con Codentify. La Commissione si troverà quindi a varare
i criteri sapendo che molti produttori già si sono mossi. E, se
il protocollo dell’Oms venisse
ratificato (come in Francia,
Spagna e Austria), rendendo
di fatto illegale Codentifysi potrebbero aprire contenziosi
legali miliardari. I produttori
studiano perfino come cedere
a terzi l’intero sistema. Nelle
scorse settimane, diverse
commissioni parlamentari
hanno chiesto al governo di ratificare l’Ftctn e fare una gara
pubblica (su cui premono gli
svizzeri di Sicpa) e al Tesoro
sono arrivate anche le doglianze del Poligrafico dello Stato,
che produce il tassello con l’effigie dei Monopoli applicato
sui pacchetti pronto a essere
archiviato dal regolamento.
LA TRACCIABILITÀ non è però
l’unico tema aperto per Philip
Morris, che in Italia ha investito un miliardo tra commesse ai coltivatori e il lancio della
sua sigaretta di nuova generazione a cialda di tabacco ma
senza combustione (la Iqos)
prodotta a di Bologna. Nei
giorni scorsi, il Tar del Lazio
ha sospeso e rinviato alla Consulta il regime fiscale sulle sigarette elettroniche che ha lo
stesso sconto sull’accisa applicato alla Iqos. Era già successo
con la vecchia supertassa, con
il risultato che a oggi non si è
incassato un euro (erano previsti 133 milioni nel 2015) e i
contenziosi sono esplosi. Ai
produttori di e-cig proprio
non va giù di avere la stessa tassazione di un prodotto col tabacco, che imputano alla pressione degli americani e hanno
sommerso di tweet critici la
campagna sul social del colosso in tema di contrabbando,
trasformandola in un boomerang. In risposta a un’interrogazione del deputato Sebastiano Barbanti (ex M5S), il
Tesoro ha spiegato che è pronto a valutare “l’appropriatezza
di questo regime fiscale”. Nella bozza di decreto che arriverà in pre-consiglio dei Ministri, i “prodotti di nuova generazione”sono però esclusi dalle nuove tariffe. Resta il divieto
di fumo in macchina con minori e donne incinte, mentre
forse salterà la sospensione
della licenza per i tabaccai che
vendono sigarette ai minori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18 » Il Fatto Economico
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
AD AZIENDAM Confindustria vorrebbe un sistema di controlli su misura con “un’unità
specializzata” per i super ricchi. Che sottraggono all’erario gran parte dei 122 miliardi
S
» NUNZIA PENELOPE
Il Csc
VERIFICHE
MIRATE
Gli industriali,
tramite il
Centro studi,
accusano
“l’inefficienza”
del sistema
dei controlli.
Il 94% delle
verifiche
colpisce
le grandi
imprese,
mentre le
medie e
piccole
imprese sono
controllate
molto meno
n
l
122,2
milioni È la
stima
dell’evasione
fiscale e
contributiva
secondo il
centro studi
degli
industriali
l
335
mila Gli
occupati in
più se
fosse
restituita ai
contribuenti
la metà
dell’evasione
fiscale
l
97%
Irregolarità ,
in media,
rintracciate,
nel 2013-2014,
nei controlli
alle aziende
con volume
d’affari sopra
i 100 milioni
essantatré provvedimenti di
legge in materia fiscale in dieci anni, finalizzati a far pagare
le tasse a tutti: con l’unico risultato che l’evasione è aumentata. Il j’accuse di Confindustria contro l’“inefficienza’’ del sistema parte da qui, e
mette nel mirino sia i legislatori, sia le autorità fiscali, Agenzia delle Entrate in primo
luogo: incapaci di fare il loro
lavoro, ma avidi del sangue
dei (grandi) contribuenti.
Miliardi evasi, ma si
sentono tartassati
Nel dossier curato dal Centro
studi di Viale dell’Astronomia, dal titolo “L’e va s i on e
blocca lo sviluppo. Le misure
per debellarla’’, sotto accusa
c’e’, innanzi tutto, la gestione
dei controlli fiscali da parte
dell’Agenzia Entrate: “La selezione dei contribuenti da
accertare – si legge – è finalizzata a fare cassa e non alla
de ter ren za”. Nel biennio
2013-2014, rivela il dossier, è
stato sottoposto a controllo
fiscale il 94% dei grandi contribuenti con oltre 100 milioni di volume d’affari, contro il
25% delle imprese medie e il
3% appena delle piccole. Ma
il vero problema è un altro:
“Sui grandi contribuenti si
registrano percentuali di irregolarità superiori al 96% in
entrambi gli anni”.
La prova che sono tutti evasori? Al contrario, per
Confindustria è la prova regina che il sistema non funziona: “Il dato è anomalo – afferma il rapporto – se i controlli
avessero un effetto deterrente, un contribuente irregolare nel 2013 non dovrebbe esserlo l'anno successivo, avendo la certezza di essere ricontrollato. Dai dati sembrerebbe invece che i grandi
contribuenti siano incapaci
di adempiere agli obblighi richiesti”. In effetti, scorrendo
l’elenco dei big che negli ultimi anni sono stati costretti
dai controlli delle Entrate a
riversare miliardi di tasse
nelle casse dello Stato, si evince che quasi tutti sono incappati in accuse di evasione,
elusione, abuso di diritto, derivate da accertamenti.
Invece, accusa il dossier, il
fisco è molto più distratto su
imprese minori e professionisti, che “rischiano un controllo rispettivamente ogni
33 e 50 anni”. In sintesi: “oltre 6 milioni di contribuenti
non saranno controllati mai
nell’arco temporale della loro attività”. Una bella fortuna, certo. Ma poiché “la propensione all’evasione varia
in funzione della probabilità
di controllo e sanzione’’ (ma
come? non erano inutili i
controlli?) proprio qui si cela, secondo Confindustria, la
vera evasione: “Nelle piccole
imprese, caratterizzate da una più elevata numerosità
che diminuisce la probabilità
di finire nelle maglie dei controlli”.
Il lamento degli industriali:
“Verifiche solo su di noi”
Ma il 98% beffa il fisco
Infografica di Pierpaolo Balani
Altro punto dolente, sul
quale il dossier chiede di intervenire, è il sistema di incentivi agli ispettori del fisco:
“Sono necessarie norme che
favoriscano la trasparenza
sulla definizione degli obiettivi e incentivi del personale
dell’Agenzia delle Entrate”,
in quanto “possono condizionare l’operato del personale’’ e infatti spesso “hanno
dato adito a dubbi sospetti “.
Ma l’Agenzia guidata da Rossella Orlandi è nel mirino anche per un eccesso di autonomia nell’applicazione delle
norme: “Motivo di forte criticità è nella compresenza, in
seno all'amministrazione deputata al controllo dei contribuenti, anche della funzione
i nt e rp re t at i va ”. Poiché “la
politica tributaria è competenza del Mef”, per Confindustria “è opportuno affidare a questi il compito di fornire la cornice interpretativa
della normativa”. La proposta è che “ogni norma fiscale
sia accompagnata da una circolare quadro del ministero”
che ne fissi l’interpretazione.
L’Agenzia dovrà adeguarsi.
Quanto alla politica, Confindustria accusa un’inefficienza bipartisan: la “produzione
normativa è bulimica e compulsiva”, manca “una strategia chiara e lineare”', e le retromarce del legislatore sono
l
220
mila I super
ricchi a titolo
personale in
Italia, con un
reddito annuo
superiore a un
milione di
euro. Siamo al
decimo posto
nel mondo
per questo
parametro
l
12,6%
incremento
del numero
di super ricchi
in Italia nel
2014 rispetto
al 2013. Ma Il
fisco non è
specializzato
sulle persone
fisiche ad alta
capacità
contributiva
Così fan tutti
Dai professionisti alle pmi, la quasi
totalità degli accertamenti riscontra
irregolarità. Per Squinzi, però,
la Orlandi ha troppa autonomia
state “fr e q u en t i ”: “P ri m a
convinto di introdurre una
norma, poi restio nell'attuarle o infine persuaso ad abrogarle, perché inefficaci o poco opportune”.
L’unità specializzata
per Paperoni
Insomma: “Bisogna cambiare radicalmente approccio
nell'analisi e nel contrasto
dell'evasione, prendendo atto che quanto realizzato fin
qui si è dimostrato largamente insufficiente”. La
proposta di Viale dell’Astronomia è di porre fine ai “controlli ex post’’, per passare alla “collaborazione preventiva” tra fisco e contribuente.
In tre mosse. La prima: assegnare a ciascun grande contribuente un unico funzionario come riferimento fisso
nel “dialogo’’ con l’amministrazione, in modo da poter
contare su un soggetto “comprensivo” che ne capisca le
esigenze: “È importante che
l'amministrazione compia
maggiori sforzi per conoscere meglio le necessità e il funzionamento delle imprese,
che rappresentano la categorie di contribuenti con più
spiccate peculiarità”. La seconda: istituire nuclei specializzati per il transfer pric i ng , altro tasto dolente su
cui sono nate infinite querelle tra fisco e imprese.
Infine, per Confindustria
andrebbe colmata una terza
incredibile lacuna, e cioè la
mancanza di un’ “unità specializzata” del fisco per i super ricchi, tecnicamente High Net Worth Individual,
“persone fisiche ad alta capacità contributiva’’. Lacuna
davvero inspiegabile, poiché
il nostro paese in materia di
patrimoni non ha nulla da invidiare al resto del mondo:
l’Italia – sottolinea il dossier
– è infatti “decima nella classifica mondiale della popolazione Hnwi, con circa 220
mila super-ricchi a titolo
personale, con reddito annuo superiore a un milione di
euro, aumentati l’anno scorso del 12,6% rispetto al
2013”. E vuoi che non ci sia
un fisco su misura anche per
loro?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALL’ULTIMO
CLICK
Internet, in Italia
1 famiglia su 3
non è connessa
Ci salva il mobile
UNA FAMIGLIA su
tre, in Italia, non è
ancora connessa a
Internet e chi è connesso
lo è perché o ha in casa un
figlio adolescente
o perché
probabilmente
ha comprato
uno
smartphone
con un
pacchetto dati che
gli permette di usare
WhatsApp. I numeri sono
ufficiali, rilasciati quasi a
fine anno dall'Istat. Se si è
infatti passati dal 52,4 per
cento al 66,2 (con un
aumento del 2,2 per
cento) è soprattutto
merito della diffusione
delle connessioni mobile e
dell’aumento nelle
vendite dei dispositivi
smart. Non è infatti
cambiata la media di chi
accede a Internet tramite
banda larga fissa, che
resta la modalità più
diffusa. Semplificando: se
è verosimile che tutti i
giovani siano connessi e
che la fascia dei 4050enni stia scendendo a
patti con le nuove
tecnologie, resta ferma
quella degli ultra 65enni.
Le meno connesse, infatti,
secondo l’Istat sono le
famiglie composte da
ultrasessantacinquenni:
fra queste solo il 18 per
cento dispone di una
connessione a banda
larga. Poi c’è la differenza
culturale: sono più
connesse le famiglie in cui
c’è almeno un laureato,
quelle in cui il capo
famiglia è un imprenditore
o un dirigente: in questi
casi, saremmo di fronte
addirittura alla
compresenza di
connessioni mobile e fisse
di ultima generazione.
Curioso che, invece, le
famiglie che abbiano
come capofamiglia un
operaio registrino i valori
più alti per la sola banda
larga mobile: il 28,6 per
cento. Che la connessione
fissa alla banda larga sia
per i ricchi? Di sicuro,
restano le differenze
territoriali: il sud e le zone
rurali stanno messe
peggio, anche se in alcune
regioni del sud, dice l’Istat,
il divario si è ridotto. Ad
esempio in Molise e
Campania: poi però
specifica che, anche in
questo caso, il merito è di
tablet e smartphone.
Forse, però, è meglio così
visto che, se pure qualcun
altro volesse connettersi
con banda larga fissa,
sorgerebbe il problema
della disponibilità: l’Italia
è tra gli ultimi sei paesi
d’Europa nella
graduatoria per la sua
diffusione.
VDS
q
Il Fatto Economico » 19
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Nomine Novità: il governo decide il presidente da una cinquina selezionata con criteri che
favoriscono l’ex collaboratore di Mattarella e penalizzano un giudice sgradito ai renziani
RACCONTANO
BALLE
Consiglio di Stato, duello
finale per scegliere il vertice
» STEFANO FELTRI
L
a nomina del presidente del Consiglio di Stato è sempre stata una
faccenda piuttosto
noiosa: il presidente
del Consiglio chiedeva un nome
al l’organo di autogoverno dei
magistrati amministrativi che si
occupano del rapporto tra cittadini e Pubblica amministrazione.
Il nome fatto era sempre quello
del giudice con la maggiore anzianità, il premier portava il nome al capo dello Stato che lo nominava con un decreto. Poi è arrivato il governo Renzi.
OGGI SI RIUNISCE il Consiglio dei
ministri. Che deve scegliere tra
cinque nomi: il premier ha chiesto
all’organo di autogoverno dei magistrati di indicare una cinquina
di candidati. Cosa che al Consiglio
di Stato non è piaciuta, perché
spostava la decisione reale a Palazzo Chigi, rompendo la tradizione. E allora i magistrati hanno
reagito offrendo sì una rosa, ma
con un ordine preciso, una gerarchia. Che sta creando parecchie
tensioni al vertice del Consiglio,
perché considera diversi parametri di carriera e non soltanto l’anzianità. Risultato: il numero uno è
Stefano Baccarini, quello con la
maggiore anzianità, sarebbe il
presidente naturale se non fosse
che tra un anno circa dovrà andare in pensione. Al numero due
della “graduatoria” c’è Alessandro Pajno, candidato fortissimo,
soprattutto in questo momento,
visto che è stato capo di gabinetto
di Sergio Mattarella quando il
Chi perde e chi vince I magistrati Sergio Santoro e Alessandro Pajno
capo dello Stato era ministro
dell’Istruzione, nel 1989-1990.
Per anzianità Pajno doveva essere al terzo posto. Dove invece si
trova Filippo Patroni Griffi, già
ministro della Funzione pubblica
col governo Monti, poi sottosegretario a Palazzo Chigi con Enrico Letta, ma che ha sempre
sottolineato di essere solo in prestito alla politica (e che, più giovane degli altri candidati, può entrare anche in successive tornate
di nomine). Per anzianità, doveva
essere quinto. Posizione in cui si
La graduatoria
Sergio Santoro guidava
l’Autorità poi passata a
Cantone, è quarto in lista
invece che secondo
trova Raffaele Carboni, l’outsider della partita.
Chi viene penalizzato da questa inedita cinquina ordinata con
criteri originali è Sergio Santoro: per anzianità doveva essere il
secondo, quindi il favorito alla
presidenza, nel caso il governo
voglia un presidente di medio periodo, su cui non incombe il pensionamento come nel caso di Baccarini. Il problema è che Santoro,
classe 1951, non è esattamente il
magistrato più popolare nella stagione renziana. È stato capo di gabinetto del sindaco di Roma
Gianni Alemanno, anche se è
scappato dopo cinque mesi da
quell’amministrazione. Guidava
l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici quando il premier Matteo Renzi ha deciso di cannibalizzarla nell’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Nell’occasione, l’allora ministro dei Tra-
Istat, ministero
del Lavoro e Inps:
fine del “desolante
caos sui dati”?
sporti Maurizio Lupi l’aveva sottomessa, trasformandola da controllore del ministero in controllata. E nell’inchiesta sugli appalti
Italferr in Umbria alcuni dirigenti
dell’Autorità si lamentavano
dell’intransigenza di Santoro.
Che nelle ultime settimane sta
bloccando un aspetto non secondario della rottamazione renziana, il pensionamento a 70 anni invece che 75 dei magistrati ordinari: la sezione del Consiglio di Stato
presieduta da Santoro ha accolto
la richiesta di alcuni giudici di avere una sospensiva (cioè di rimanere in servizio) in attesa di una
decisione su un “ricorso straordinario al capo dello Stato”. Il governo si oppone.
Santoro pare lo sconfitto sicuro
della corsa alla presidenza. Chiusa quella, a gennaio si apre la questione del presidente aggiunto: se
Baccarini diventa presidente,
toccherebbe a Santoro. Se prevale
Pajno, il posto di numero due può
andare a Baccarini (che però è
sempre pensionando) o a Santoro. Se venisse escluso ancora, Santoro potrebbe anche fare ricorso
al Tar.
Al Consiglio di Stato in queste
settimane è tutto sospeso in attesa
delle nomine: finché non si sa chi
comanda, meglio non muovere
nulla. Da gennaio già ci sono problemi perché mancano dieci giudici di nomina governativa e sono
bloccate le “promozioni” dal Tar.
A questi problemi strutturali si
aggiunge l’incertezza sul vertice.
Che, forse, comincerà a sciogliersi con il Consiglio dei ministri di
oggi.
La scheda
COS’È IL
CONSIGLIO
di Stato? È il
massimo
organo della
giustizia
amministrativa,
una sorta di
Cassazione
per i ricorsi
contro le
sentenze
emesse dai
Tribunali
amministrativi
regionali
(Tar).
Funge anche
da massimo
consulente
legislativo
tanto per il
governo (che
gli sottopone
i decreti
legislativi)
che per il
Quirinale
n
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Elettorale Via le tasse sulla casa a tutti, trasferimenti alle imprese, bonus a poliziotti e 18enni, mance a piovere
La manovra dei favori (a deficit) da ieri è legge
» MARCO PALOMBI
A
lla fine il governo mette insieme 162 voti in Senato
(contro 125) per approvare
la legge di Stabilità e il Bilancio senza modifiche rispetto alla Camera.
Da ieri, insomma, la manovra del
governo è legge, la cornice attorno
a cui si muoveranno i conti pubblici del prossimo triennio. Quello
che leggerete è un breve bilancio.
I GRANDI NUMERI. Nel 2016 la leg-
ge di Stabilità vale oltre 30 miliardi, 18 dei quali coperti con maggior
deficit rispetto al previsto. Il disavanzo della Pa, secondo il governo,
si fermerà al 2,4% - parecchio più
su di quanto promesso dall’Italia a
Bruxelles - mentre il Pil reale (cioè
al netto dell’inflazione) dal 2016 in
poi salirà dell’1,5% o più. Qui cominciano i problemi: l’Ufficio parlamentare di bilancio sostiene che
la previsione è troppo rosea per il
2016 e poco seria per gli anni successivi. Dal 2017 in poi, peraltro, il
governo Renzi s’è impegnato a forti correzioni del deficit fino al pareggio di bilancio: in soldi, significa subito un taglio da 20 miliardi
rispetto a quanto spenderemo nel
2016. Una cura da cavallo - già an-
ticipata da aumenti dell’Iva per 16
miliardi e più messi a bilancio dal
2017 - che sarà anche peggiore se le
previsioni di crescita si riveleranno infondate (probabile).
torna a un più serio “regime dei minimi” (quello per chi guadagna
meno di 30mila euro), peraltro
peggiorato dallo stesso governo
giusto l’anno scorso. Non tutti
guadagnano: detratta la sterilizzazione per un anno degli aumenti
Iva, il conto tra meno e più tasse
della legge fa 1,5 miliardi.
A CHI PARLA? La manovra 2016 di
Matteo Renzi ha caratteristiche
spiccatamente elettorali: il governo concede bonus o sgravi di tasse
ad alcuni e lascia agli altri gangli
dello Stato (Regioni, comuni, Servizio sanitario, etc) il ruolo del cattivo che taglia i servizi o aumenta le
tasse. La novità sono i corpi sociali
a cui il premier si rivolge: i dipendenti pubblici ad esempio, tradizionale bacino elettorale del Pd,
vengono penalizzati con un finto
rinnovo del contratto (300 milioni
significa pagare solo l’indennità di
vacanza contrattuale) e il blocco
del turn over; ci sono 2 miliardi di
tagli alla sanità; un salasso per le
Regioni; la proroga del blocco
dell’indicizzazione delle pensioni. Vincono ceti abbienti, imprese
e partite Iva: i primi sono i principali beneficiari dell’abolizione
delle tasse sulla prima casa (3,6 miliardi); le seconde incassano gli
ammortamenti al 140% delle spese in investimenti (2,5 miliardi i
primi tre anni, di più nei successivi
POI CI SONO le solite mancette del
Ce l’abbiamo
fatta
Maggioranza
e governo
festeggiano il
sì alla Stabilità
ieri in Senato
Ansa
tre), la proroga degli sgravi sulle
assunzioni anche se ridotti al 40%
rispetto al 2015 (quasi 5miliardi
nel triennio), i soldi per il salario di
produttività e la contrattazione di
secondo livello (altri 2,5 miliardi in
tre anni), l’abolizione dell’Imu sui
macchinari “imbullonati” (530
milioni l’anno), Imu e Irap agricole (600 milioni l’anno) e il taglio
dell’Ires (imposta sui redditi d’impresa) già messo a bilancio per il
2017 e 2018 per complessivi 7 miliardi e dispari. Per le partite Iva si
LA NOTIZIA è di
quelle che fanno ben
sperare chi in Italia chiede da
tempo un’informazione
statistica più accurata, e negli
ultimi tempi ha dovuto
assistere a una bulimia di
numeri
funzionale a
fargli dire
qualsiasi
cosa.
Ieri Istat,
ministero del
lavoro, Inps e
Inail hanno siglato
l’accordo per la
realizzazione di un sistema
informativo statistico sul
mercato del lavoro e sulla
protezione sociale. “Un
impegno - hanno spiegato
gli enti coinvolti - che
porterà alla realizzazione e
diffusione di prodotti
congiunti". La gestione
operativa dell’accordo, che
ha durata triennale,
prorogabile per altri tre anni,
verrà affidata a due
organismi, entrambi
composti da rappresentanti
di tutte le amministrazioni
coinvolte: un Comitato di
indirizzo inter-istituzionale,
che definirà gli obiettivi, le
modalità e i tempi, e un
gruppo di lavoro tecnico,
coordinato dall’Istat, che
progetterà il sistema
informativo e le
comunicazioni di analisi
integrata del mercato del
lavoro. L’accordo prevede
che "i soggetti coinvolti” si
adoperino per “collegare i
propri sistemi informativi”,
“lo scambio automatizzato
delle informazioni” e la
realizzazione “di un sistema
informativo statistico del
lavoro in grado di rispondere
alle esigenze di carattere
strutturale e congiunturale".
Saranno poi messi a
disposizione del mondo
della ricerca basi di dati
micro-economici integrati.
Tutti gli enti "lavoreranno
insieme per individuare un
percorso di elaborazione,
infrastrutturazione, analisi e
diffusione di dati statistici
che produca un
miglioramento
dell’informazione statistica”
Il presidente dell’Istat
Giorgio Alleva lo aveva
anticipato ad agosto in
un’intervista al Fatto: “Ogni
ente è geloso dei propri dati,
ma dobbiamo superare le
logiche proprietarie. La
statistica è vitale per la
democrazia”, spiegò
auspicando la fine del “caos
poco edificante dei numeri
sul lavoro” a cui si era
assistito in quei mesi, con
Inps e ministero del Lavoro a
diffondere - spesso con
qualche figuraccia - “dati di
fonte amministrativa, cioè
contratti, non teste”, trattati
dai giornali con troppa
leggerezza. Sia lode ad
Alleva.
CARLO DI FOGGIA
q
governo e dei parlamentari - spese
microsettoriali o norme ordinamentali pro-lobby - che nella legge
di Stabilità non dovrebbero proprio esserci: soldi a quel comune, a
questa regione, al tal museo o centro di ricerca o banda musicale...
In definitiva, questa è la manovra che può permettersi il governo
conservatore di un Paese a sovranità economica limitata: è recessiva solo un po’ (il deficit pubblico
scende, ma poco), regressiva solo
un po’ (premia i più ricchi), concede vantaggi immediati ad alcune
categorie di cittadini/elettori, nasconde sotto il tappeto l’impegno a
rilanciare le politiche di austerità
dal 2017. Una manovra di questo
genere - volendo attribuire capacità strategica a Renzi - serve ad
andare a votare quanto prima.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
20 » Il Fatto Economico
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
CARO LARS Lettera al consigliere della Merkel, Feld: “Forse dovremmo fare come la Germania
e nazionalizzare il credito, ma il problema è che in Europa la legge è più uguale per il più forte”
Banche, nel panico pure le élite
E Berlino ci consiglia la Troika
C
I numeri
45%
La parte del
sistema
bancario
tedesco in
mano
pubblica. In
tutto si parla
di 1697 istituti
che sono fuori
dal controllo
delle autorità
Ue
3
Miliardi.
Costo
dell’ultimo
salvataggio
bancario
pubblico
tedesco:
quello della
HSH a ottobre
3%
Il vincolo Ue
sul deficit: la
Germania fu
la prima a
sforarlo nel
2003 per
finanziare le
riforme del
lavoro
le nostre banche? La sfiducia verso
le banche si sta diffondendo a macchia d’olio, e non è escluso si arrivi
a una corsa agli sportelli. Ma soprattutto, caro Lars, menzionando la Troika hai scatenato un panico più pericoloso per voi: quello
delle nostre élite. Finché il “ce lo
chiede l’Europa” serviva a tagliare
i nostri stipendi e le nostre pensioni, ai nostri piani alti erano d’accordo. Ma tu ci sei andato giù duro,
e gli hai fatto capire che da oggi il
“ce lo chiede l’Europa” serve a espropriarli delle loro banche e del
loro potere, via commissariamento della Troika. E questo ai nostri
leader piace molto di meno!
» ALBERTO BAGNAI
aro Lars, ho letto con interesse ma
senza sorpresa la tua affermazione sul Corriere della Seradi sabato
secondo cui nel 2016 l’Italia dovrà
affidarsi alla Troika. Conosco le
tue posizioni da quando ti invitai
al convegno sull’Eurozona organizzato l’aprile scorso dal think
tank a/simmetrie: i paesi del Sud
sono in una crisi di debito pubblico causata dalla loro scarsa competitività, cioè dal fatto di avere
salari privati troppo alti (ma che
c’entra il debito pubblico coi salari privati?); dato che il deficit è
brutto, il surplus è bello, quindi la
Germania non deve cooperare e
chi è in crisi deve fare i compiti a
casa (ma se nessuno fosse in deficit, come farebbe la Germania a
essere in surplus?). Con questi
presupposti, è ovvio che tu ti opponga allo schema europeo di assicurazione dei depositi (Edis,
European Deposit Insurance
Scheme), offrendoci, in alternativa, il ricorso alla Troika.
IMPROVVISAMENTE Renzi vuole
LA STRADA giusta verso l’unione,
per l’élite tedesca cui appartieni,
non è attenuare i rischi creando istituzioni che li mutualizzino, ma
alzare l’asticella a chi è in difficoltà. Un darwinismo che non porta
da nessuna parte, come l’agonia
della Grecia dimostra. Oggi perfino il Cepr, vestale dell’ortodossia,
scopre quanto avevamo scritto nel
Tramonto dell’euro: il debito pubblico, con la crisi, c’entra poco. Peter Bofinger, membro del Cepr e
tuo collega nel collegio degli esperti della Merkel, ha detto il 30
novembre un’altra cosa che sapevamo (perché l’Ilo, agenzia dell’Onu, l’aveva detta nel 2012): il successo tedesco non è dovuto alle
virtù della finanza pubblica, ma alla “moderazione salariale”. Pagando relativamente di meno lavoratori relativamente più produttivi la Germania ha trionfato
sui mercati esteri. Così facendo,
però, ha costretto gli acquirenti esteri a indebitarsi per acquistare
beni tedeschi. Le banche del Nord,
per sostenere l’industria nazionale - cioè i profitti nazionali (visto
che i salari erano “moderati”) hanno finanziato con grande di-
250
miliardi I soldi pubblici
impiegati dal governo
tedesco per i suoi istituti
sinvoltura gli acquirenti esteri di
beni nazionali. Finanziare i consumi, però, non è sempre una buona
idea: alla fine, il governo tedesco
ha dovuto spendere più di 250 miliardi di aiuti di Stato per salvare le
sue banche. A noi, invece, è stato
vietato di spenderne quattro e c’è
scappato il morto: primo dato non
scontato di questa triste storia.
Quando Renzi, insediandosi alla presidenza del semestre euro-
peo, ha giustamente osservato che
la Germania era stata la prima a
sforare il parametro del 3% nel
2003, non credo sapesse il vero
motivo di questa violazione: finanziare con oltre 90 miliardi di soldi
pubblici l’abbattimento del costo
del lavoro (tramite riduzione del
cuneo fiscale e misure di sostegno
ai redditi troppo “moderati” dalle
riforme Hartz). Un primo aiuto di
Stato, distorsivo della concorrenza, seguito durante la crisi da un
secondo, gigantesco: i 250 miliardi
di cui parlavo. Tu dici: “Allora erano necessari per evitare il contagio, ma oggi lo Stato italiano non
deve intervenire, perché forse non
ci sarà panico”. Scusa, Lars! Cosa
vuoi che provochi, se non panico, il
rifiuto di procedere verso l’Edis, unito a quello di farci aiutare da soli
“uscire dalla cultura della subalternità”, Patuelli invoca parità di
trattamento per il sistema bancario italiano, Bankitalia si lamenta,
per bocca di Barbagallo, dei vostri
“nein”. Chissà se Renzi accetterà
di essere “berlusconizzato”a colpi
di spread? E se lo fosse, siamo sicuri che l’elettorato benpensante,
la nostra “sinistra lompo”, non comincerà a porsi domande sul progetto europeo? Qualche curiosità
gliela fai venire tu, quando dici che
sì, voi avete appena salvato la Nordbank per 3 miliardi, ma che c’entra: lì l’azionista non potevi colpirlo col bail-in, perché è pubblico!
Ah sì!? Quindi mentre al Sud privatizziamo per “fare le riforme”,
nel paese moralizzatore par excellence il 45% del sistema bancario è
in mano pubblica, incluse Landesbanken e Sparkassen, piene di
crediti deteriorati che però sfuggono alla vigilanza europea, costruita su misura per ignorare 1697
piccole banche tedesche, che al bisogno vengono salvate con soldi
pubblici “perché l’azionista è pubblico”. Ma allora, forse, un’alternativa alla Troika c’è: fare come la
Germania, nazionalizzare le banche. Se lo fate voi che siete bravi! Il
problema è che in Europa la legge
è uguale per tutti, ma più uguale
per il più forte. Ti ringrazio di averlo ricordato al mio governo,
che spero ne tragga le debite conclusioni. Lo avrai, caro Lars, il
bail-in che pretendi da noi italiani,
ma con che moneta si salderà a deciderlo tocca a noi.
ILLIBRO
Come provare a vendere
un hamburger
anche ai vegetariani
AVETE NOTATO che
ormai McDonald’s ha
tutto di colore verde? Una volta
non si faceva scrupoli a evocare, fin dal colore dorato degli
archi doro che lo identificano, il
colore croccante dei bocconcini di pollo fritti e soprattutto
delle sue patatine unte. Invece
ora vuole accreditare - e ci riesce - un’immagine opposta,
tanto che sta
conquistando
anche un
mercato difficile come
quello dell’India, dove la
minoranza
che non è del Brand
nutrita tende
New
a essere veWally
getariana. È
Olins
la fine dei
Pagine: 197
brand come li
Prezzo: 20e
abbiamo coEditore:
nosciuti?
Einaudi
Wally
Owens, un
consulente di
marketing britannico, offre
molte domande (e, per fortuna,
meno risposte) in un libro molto godibile, “Brand New”, appena pubblicato da Einaudi. La
piazza del web rende molto più
facile manifestare la propria insoddisfazione per prodotti e
servizi o rivelare sporchi segreti aziendali che una volta sarebbero finiti solo su giornali
semi-clandestini. Le multinazionali hanno problemi di immagine. Mentre avanza una
moda dell’autenticità che spinge milioni di consumatori consapevoli (o che si credono tali)
a non chiedere più solo prezzi
bassi e quantità crescenti, ma
anche informazione: sulla filiera produttiva, sulla matrice
geografica del prodotto (usata
come indicatore di qualità, non
avendo criteri autonomi di valutazione si ricorre al made in),
sull’ostentato rifiuto dell’omologazione industriale. È finita
l’epoca dei brand novecenteschi, quelli che evocavano tutto
senza dire niente, come Coca
Cola? Ci siamo finalmente
emancipati dai reparti marketing delle aziende? Il sospetto è
che, invece, sia crollata ogni
barriera tra cioè che è prodotto
da consumo e il resto degli
aspetti della nostra vita. E tutto
è diventato un brand.
q
LA CLASSE NON È ACQUA Rimane inalterato il metodo di calcolo che comprende le pensioni di invalidità
» SALVATORE CANNAVÒ
L
a prova del nove sull'inaffidabilità dell'Isee (l'indicatore della situazione economica equivalente) è avvenuta pochi giorni fa. Quando la Camera ha respinto,
con il supporto del governo, l'emendamento
alla legge di Stabilità che chiedeva di escludere dal computo dei redditi per la sua determinazione le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento per persone
disabili. Che, invece, continueranno a comporre il reddito complessivo con l'effetto, improprio, di innalzare, ad esempio, rette per
assistenza sanitaria o di altro tipo. Circa 300
mila persone vengono colpite in una modalità che, probabilmente, il Consiglio di Stato,
con una sentenza imminente, potrebbe con-
La beffa dell’Isee per i disabili
e le disparità nella lotta all’evasione
siderare illecita.
Il governo non ha sentito ragione, richiamando i soliti “saldi di bilancio”. La vicenda
delle persone disabili e dei pensionati di invalidità, però, è solo quella più emblematica
di un problema che si trascina nel sostanziale silenzio.
COME RICORDAVA recentemente sul Fatto
Quotidiano la collega Patrizia De Rubertis
nei primi tre mesi del 2015 i nullatenenti sono
crollati dal 75 al 25% con la soddisfazione di
ministri come Giuliano Poletti per la capacità
di stanare i “furbetti”. Non c'è dubbio, in ef-
fetti, che con l'alto tasso di evasione presente
in Italia, stringere le maglie delle dichiarazioni passando dalla sostanziale autocertificazione all'Anagrafe dei tributi, costituisca
un obiettivo virtuoso. A condizione di evitare
aggravi di spesa per categoria più deboli come, appunto, le persone disabili o, ancora, gli
studenti universitari. Il nuovo calcolo prevede, infatti, sia l’inclusione di tutti i redditi
esenti ai fini Irpef (per esempio le pensioni di
invalidità) sia la valorizzazione del patrimonio immobiliare e una franchigia minore per
quello mobiliare. Si conteggiano i redditi degli studenti (compresa la borsa di studio che
va a comporre un reddito calcolato, poi, per la
sua concessione). L'effetto paradossale è stato visibile soprattutto per coloro che pagano
regolarmente le tasse e vivono di redditi da
lavoro o da pensione. Improvvisamente si sono ritrovati tutti più ricchi, pagando di più
servizi che già pagavano (la quota mensa nella scuola primaria e dell'infanzia) pur in presenza di redditi identici.
Gli Enti locali non hanno modificato le soglie di accesso e in questo modo si sono create
disparità improvvise nella fruizione di servizi sociali come, ad esempio, gli alloggi popolari. Chi invece elude le tasse o, addirittura, le evade, nel caso di utilizzo dell'Isee
non ha trovato modifiche sostanziali continuando come prima.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ESTERI
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
FRANCIA SVENTATO ATTACCO A ORLÉANS
Un progetto di attentato contro le forze dell’ordine
è stato sventato a Orléans; lo ha dichiarato il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. Due francesi di 20 e 24 anni sono stati fermati; per la polizia
erano in contatto con un altro francese, partito per
la Siria. Secondo France Info, i due erano riusciti a
trovare i soldi necessari e cercavano di procurarsi
le armi per passare all’azione. Ansa
FRANCIA
» LUANA DE MICCO
Parigi
I
guai col fisco per i due
Le Pen, padre e figlia,
sembravano aver già
toccato il limite quando, appena alcuni mesi fa, era emerso che il vecchio patriarca del Front National,
87 anni, teneva nascosto un
tesoretto in denaro e lingotti d’oro per più di 2 milioni di
euro su un conto svizzero.
Quanto a Marine, la leader del partito paterno, è già
invischiata in una brutta
storia di finanziamenti illeciti per la campagna elettorale delle legislative del
2012 e contro di lei, e alcuni
suoi stretti collaboratori, è
La “dimenticanza”
Nella dichiarazione
del 2014 mancano beni
per più di un milione
intestati a padre e figlia
30
milioni di franchi la
cifra ereditata nel 1976
dal patriarca del FN
stata aperta a settembre
u n’inchiesta per truffa (i
giudici sospettano che delle
fatture siano state gonfiate
per ottenere rimborsi statali più consistenti).
Invece no, un nuovo capitolo del feuilleton i Le Pen e
il fisco si è appena aperto.
Secondo l’Authority france-
LA STORIA
TURCHIA MIGRANTI, MORTI TRE BAMBINI
Nuova tragedia nel mar Egeo: 11 migranti, tra cui
tre bambini, sono morti annegati. La barca diretta
verso l’isola di Samos si è capovolta. Altri 7 profughi sono stati tratti in salvo. Il dramma prosegue;
ha superato quota 1 milione il numero di rifugiati
entrati in Europa nel 2015. Lo riferisce l’Organizzazione internazionale per le migrazioni: gli arrivi
si sono quadruplicati rispetto al 2014. Ansa
Le Pen, divisi in famiglia
ma uniti dai guai col fisco
Oltre a multe e carcere, Marine rischia di essere ineleggibile per dieci anni
se per la trasparenza della
vita pubblica, “esistono seri
dubbi riguardo alla completezza, all’esattezza e alla
sincerità delle dichiarazioni patrimoniali” compilate
da Jean-Marie e Marine Le
Pen nel 2014. Per l’autorità
amministrativa indipendente mancherebbero nella
dichiarazione diversi beni
immobiliari di cui padre e figlia si dividono la proprietà.
LA REAZIONE del vecchio Le
Pen non si è fatta attendere e
suona ripetitiva come un disco che si è incantato: “Questo è accanimento da parte
del governo e di tutto l’establishment. Ma –ha aggiunto
– non mi impedirà di dormire”. La presidente del FN ha
denunciato un “abuso di potere” da parte dell’Authority e ha annunciato che avrebbe fatto ricorso presso il
Consiglio di Stato. Ma secondo diversi media francesi, che citano una fonte anonima vicina al dossier, i dubbi sarebbero più che fondati.
Poiché mancherebbe all’appello almeno il 60% del patrimonio reale, più di un milione di euro per Jean-Marie, diverse centinaia di migliaia di euro Marine. Questo tipo di reato in Francia è
punito con una multa fino a
45 mila euro e tre anni di re-
clusione. Ma anche – e questo potrebbe essere noioso
per Marine – di 10 anni di ineleggibilità, come previsto
dalla legge sulla trasparenza della vita pubblica votata
nel 2013, dopo la scoperta
dei conti nascosti di un ex
ministro socialista del Bilancio, Jérôme Cahuzac.
A QUESTO PUNTO è ancor
C’eravamo tanto amati Jean Marie e Marine prima della rottura Ansa
PARIGI Via gli omaggi per le vittime della strage
Grandi pulizie al Bataclan
NETTURBINI al lavoro dinanzi al locale Bataclan, per rimuovere il memoriale nato in modo spontaneo dopo la notte del 13
novembre, dedicato alle vittime dell’attacco terrorista, riunite per assistere a un concerto. Quella notte morirono 130 persone Reuters
q
più incerto l’ammontare
delle ricchezze dei due Le
Pen che pure non erano abbienti per tradizione familiare.
Jean-Marie, di origini
modeste, era poi diventato
ricchissimo nel 1976 dopo aver ricevuto un’eredità di 30
milioni di vecchi franchi
(circa 6 milioni di euro) da
parte di un certo Hubert
Lambert, che fu mecenate
del FN e proprietario di un
colosso del cemento.
Con quei soldi Le Pen aveva tra l’altro acquistato la
gigantesca proprietà in stile
Napoleone III di Montretout, a Saint-Cloud, nei
quartieri chic dell’ovest di
Parigi, di cui ha ceduto una
parte alla figlia nel 1993.
Marine possiede anche
delle quote della casa di famiglia di La-Trinitésur-Mer, in Bretagna, e azioni in diverse società immobiliari del padre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Morta a 92 anni la storica maîtresse parigina, fra i clienti delle sue ragazze politici e vip
Cinquanta sfumature di Madame Claudè
E
Una vera
business
woman.
Le ragazze
dovevano
essere le
più belle, le
obbligava a
operazioni
estetiche.
Così si
indebitavano ed erano
legate in
tutto a lei
MARTINE
MONTEIL
Parigi
ra convinta che esistono solo due cose al mondo per cui
le persone saranno sempre disposte a pagare, le cul et la bouffe, il sesso e il cibo. E lei – precisava – non era molto brava in
cucina. La notizia della morte di
Madame Claude, la regina francese delle alcove che regnò per
v e nt ’anni sull’industria della
prostituzione di lusso in Francia, deve aver strappato più di
qualche sospiro ieri.
SU DI LEI si sono raccontate così
tante storie che realtà e mito si
mescolano e, alla fin fine, poco
importa. La maîtressedi Francia
è morta sabato a 92 anni nel suo
buen retiro sulle alture di Nizza.
A dar la notizia è stato ieri il settimanale Le Point, che si è chiesto se mai le verranno aperte le
porte del Paradiso.
Negli anni 50, F er n a nd e
Grudet, una donnina bionda, elegante, borghese, appena trentenne, era diventata Madame
Claude mettendo su la più esclusiva agenzia di ragazze che aveva per base la sua casa della rue
de Boulainvilliers, nei quartieri
chic del 16°arrondissement di
Parigi. Un indirizzo che principi, imprenditori, presidenti,
star del cinema, conoscevano
bene. Erano disposti a pagare
anche 10 mila dollari al giorno.
Sembra che il termine
call-girl si debba proprio a Madame Claude, che organizzava i
rendez-vous amorosi per telefono. Le ragazze non solo erano
belle, ma parlavano più lingue,
potevano discutere di storia e
letteratura, ed erano “discrete”.
Tra i clienti, Marlon Brando, il
colonnello G he d d a f i . Si racconta che il presidente John
Ke nn ed y avesse chiesto una
donna che assomigliasse alla
moglie Jackie, ma in versione
hot. Il patron della Fiat, Gianni
Ag ne ll i, avrebbe addirittura
portato in chiesa alcuni “cigni” come venivano chiamate le ragazze - di Madame Claude dopo
» 21
Clienti Jfk e Agnelli LaPresse
un’orgia di gruppo per chiedere
la benedizione del prete. “Ho
conosciuto tutti i grandi del
mondo”, diceva lei. Le case
chiuse erano vietate in Francia
dal ‘46, ma molte case clandestine furono tollerate fino agli anni
‘70.
E LE AUTORITÀ francesi non o-
savano intralciare il lavoro di
Madame Claude che alla fine risultava utile: sotto le lenzuola i
grandi del mondo finivano per
lasciarsi andare in confidenze.
Chissà quanti segreti Madame
Claude avrà portato via con sé.
Ispirò film e romanzi. Nel ‘75
pubblicò la sua autobiografia.
Poi nel ‘77 il presidente Valery
Giscard d’Estain g decise di
darle la caccia. Rincorsa dal fisco, fuggì negli Stati Uniti. Tornò in Francia nell’86 e finì in prigione per qualche mese.
Una volta libera, decise di ritirarsi nel sud. Ieri la radio France Info ha ritrovato Ma r t in e
M on t ei l, l’ex dirigente della
buoncostume che le aveva stretto le manette ai polsi.
E che l’ha ricordata così: “Madame Claude era una donna con
la testa sulla spalle, una vera business woman. Organizzava tutto in dettaglio, con le ragazze era
molto severa. Dovevano essere
le più belle, le obbligava persino
a subire operazioni di chirurgia
estetica. Così loro si indebitavano, e dipendevano in tutto e per
tutto da lei”.
L.D.M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL CASO
L’ex presidente
Martinelli:
frodi per spiare
i panamensi
» ROBERTA ZUNINI
L
a Corte Suprema di
Panama ha spiccato un mandato d’arresto nei confronti dell’ex
presidente Ricardo Martinelli accusato di
aver usato fondi
pubblici
per spiare illegalmente oltre 150 persone: oppositori politici, sindacalisti,
giudici e avvocati. Martinelli, 63 anni, è uno degli
uomini più ricchi del
Centramerica, noto in Italia per essere stato implicato nel caso Berlusconi-Lavitola. All’inizio di
gennaio, subito dopo la fine del mandato iniziato
nel 2009, ha lasciato Panama per rifugiarsi probabilmente a Miami, in
Florida, visto che la stessa
Corte aveva già aperto altri 4 procedimenti per abuso di fondi pubblici,
crimini finanziari e corruzione. L’ex imprenditore ha risposto con un tweet in cui si dice vittima
di un processo politico.
Il giro di spionaggio è
stato definito dai pubblici ministeri “costante e
sistematica violazione
della privacy e dei diritti
umani dei cittadini. Se si
costituisse, ipotesi del
tutto irrealistica, e venisse giudicato colpevole rischierebbe fino a 21 anni
di carcere.
Panama è un paese con
un alto livello di corruzione e ancora viene utilizzato come buen retiro
da chi ha conti in sospeso
con la giustizia. Ma forse
le cose stanno cambiando. “Penso che sia un
buon inizio per il Paese il
fatto che vengano assicurati alla giustizia non solo
gli ex presidenti, come
Martinelli, ma anche i
ministri, i membri del
Congresso e tutti quelli
che calpestano la dignità
del popolo panamense.
Basta con l’impunità che
ha regnato per decenni”,
ha detto il pm Marco Antonio Bernal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
22 » POLITICA
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
Lo sberleffo
NON È UN PRESEPE
PER PESCATORI
» FQ
Q
uest’anno sono andati
al voto i tre paesi (Grecia, Portogallo e Spagna) che insieme all’Italia sono stati ribattezzati,
con disprezzo, dalla finanza
internazionale “P igs ”. Gli
stessi ambienti che hanno imposto in questi anni a queste
nazioni, con intensità differenziate, politiche di austerità particolarmente dure per
riportare in equilibrio i conti
pubblici, che hanno prodotto
un vero e proprio terremoto
nel sistema politico. A dover
certificare i maggiori danni
delle scosse sono stati i maggiori partiti delle due grandi
famiglie, quella socialista e
quella popolare-conservatrice, che stanno uscendo letteralmente a pezzi da questi sette anni di crisi.
Il tradizionale sistema bipolare, che ha poggiato per
decenni sull’asse di orientamento destra-sinistra e su
cui, vale la pena di ricordarlo,
è fondata anche l’architettura
delle istituzioni europee, è
stato parzialmente demolito.
La Spagna è stata l’ultima in
ordine di tempo a essere stata
colpita da questo sisma distruttivo. Nelle elezioni politiche del 2008, infatti, il Partito socialista e il Partito popolare rappresentavano
l’83,3% dei votanti e il 61,5%
degli aventi diritto al voto.
Sette anni dopo, nel 2015, i
due maggiori partiti spagnoli
sono crollati al 50,3% dei votanti e al 36,8% degli elettori:
un vuoto riempito dall’entrata sulla scena politica di Podemos e di Ciudadanos.
ESPRESSIONE intensa, occhio vispo, sorriso
accennato e incorniciato dal
rossetto. Giorgia Meloni augura
buon Natale a tutti gli italiani con
una foto sui social network, accanto al
presepe. Un presepe speciale. Ci sono
tutti, il bue, l’asinello, Giuseppe e Maria. Il
bambinello no, perché la buona tradizio-
Anche in Italia la crisi e il voto
hanno demolito Pd e destre
finiscono per far rileggere sotto un’altra luce anche lo stesso
risultato delle elezioni politiche italiane del febbraio 2013 e
gettare elementi di forte incertezza sulle prossime consultazioni per il rinnovo del
Parlamento.
Leader
A sinistra, il
greco Alexis
Tsipras; a destra, lo spagnolo Pablo Iglesias; sotto,
Matteo Renzi
Ansa /LaPresse
IL COMMENTO
IN PORTOGALLO, invece, la
mancata nascita di nuovi movimenti capaci di intercettare
la domanda di cambiamento e
di critica radicale alle politiche di austerità, ha ridotto gli
effetti delle scosse provenienti dal sistema sociale, che hanno, invece, favorito un aumento dell’astensionismo. Nelle
recenti elezioni politiche, infatti, socialisti e il raggruppamento del centrodestra hanno
raccolto il 69,2% dei consensi
espressi (76,1% nel 2009) e il
39,4% degli elettori (46,0% sei
anni fa).
Dal canto suo, il popolo greco è stato chiamato per ben
due volte al voto nel 2015. Nel
settembre di quest’anno, le urne hanno restituito un quadro
delle preferenze degli elettori
radicalmente diverso da quello dell’ultima consultazione
prima della crisi, le Politiche
del 2007. In quell’anno, infatti, i socialisti del Pasok e i conservatori di Nuova Democrazia avevano raccolto il 77,8%
dei votanti e il 57,7% degli aventi diritto. Dopo una crisi
senza precedenti che ha portato la Grecia sull’orlo dell’u-
cilieri di marina. Nel “presepe partecipato” di Fratelli d’Italia non potevano mancare. Sospiro di sollievo, ma non per tutti.
C’è un’altra domanda, tra i commenti. Più
imbarazzante. La scrive Emiliano: “Ciao
Giorgia, ma come avete fatto con i pescatori? Ricordo di averli messi quando facevo il presepe, da piccolo. Ma se ci sono
anche i marò forse non è il caso”.
ne cristiana vuole che sia aggiunto la mattina di Natale, il giorno
della nascita. Già immaginiamo
l’angoscia dei meloniani più intransigenti. La loro domanda è istintiva: “E i marò?”. Nessuna paura:
Giorgia non li ha dimenticati. Tra le dita di
rosso smaltate, protetti sotto un sorriso
birichino, ci sono le statuine dei due fu-
Trend da paura Il nostro Paese in linea con il terremoto spagnolo:
le due formazioni tradizionali hanno perso il 24% in sette anni
L’ANALISI
» FEDERICO FORNARO *
,
scita dall’Europa e ridotto alla
miseria milioni di cittadini, i
due grandi partiti greci hanno
visto confermare la fiducia del
33,5% di chi si è recato ai seggi
e di soltanto il 18,9% del corpo
elettorale. In particolare, l’antico e glorioso Partito Socialista greco è stato spazzato via:
341.000 voti nel 2015 contro i
2.727.000 del 2007. Il vincitore tormentato del 2015, Syriza
del premier Tsipras, con
2.246.000 di voti, nel 2007 aveva ottenuto solamente
361.000 consensi. Questi dati
che andranno a votare (-24%
in sette anni) e quindi di poco
più di un terzo soltanto degli
elettori (con il 75% di votanti).
Una crisi di fiducia e di rappresentanza dei grandi partiti, unita a una veloce obsolescenza
dell’asse portante dell’orientamento elettorale destra-siRISPETTO alle elezioni del nistra (fenomeni che hanno
2008, infatti, dopo cinque an- caratterizzato anche le recenni di crisi e la parentesi del go- tissime elezioni regionali in
verno Monti, Pd e Forza Italia Francia, con il Fronte Nazionale primo
(Pdl) avevapartito) che
no lasciato
ha indebolito
s u l c a m p o Requiem per i Pigs
il fronte dei
quasi dieci Gli effetti elettorali
popolari e dei
milioni di voconservatori,
ti passando dell’austerità
dal 67,9% dei nei quattro Stati
ma che sta facendo pagare
votanti al
45,2% e dal europei più disastrati
il prezzo più
alto alla sini54,7% al
34,0% degli
stra di matrielettori. Un risultato che mi- ce riformista.
gliora nelle Europee, grazie
Il vuoto lasciato dai partiti
all’exploit del Pd, rispetto ai identificati come espressione
votanti (54,6%), ma non in re- del sistema, nei paesi “Pigs” è
lazione agli elettori (32,0%), stato variamente occupato da
anche per il sempre minor ap- movimenti con radici più napealdel voto per il Parlamento zionali che di respiro europeo,
Europeo.
tutti uniti però dalla contestaSe poi, si prova a guardare i zione radicale sulla cura impiù recenti sondaggi, i due (ex) posta da Francoforte e Brumaggiori partiti italiani, visto xelles, con effetti sugli equiliche Forza Italia è stata ormai bri politici nazionali ed eurodoppiata dal Movimento 5 pei oggi difficilmente preveStelle e superata anche dalla dibili.
*senatore del Pd
Lega, raccolgono la fiducia del
© RIPRODUZIONE RISERVATA
44% di coloro che dichiarano
I numeri
32
%
Pd ed ex Pdl
raggiungono
solo il 32%
reale degli
elettori. Nel
2008 hanno
perso 10
milioni di voti
3
6,8%
In Spagna, il
Psoe e Pp
sono crollati
al 50,3% dei
votanti e al
36,8% degli
elettori aventi
diritto
1In 8
,9%
Grecia,
socialisti e
conservatori
sono al 33,5%
dei votanti e
al 18,9% degli
elettori
Pregiudizi di oggi L’accoglienza danese “comprata” dai profughi, la blacklist di ebrei in Italia
PIÙ FORTI CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
» SANDRA BONSANTI
La lista
antisemita
Sul sito Radio
Islam Italiano
era stato pubblicato l’elenco di personalità di religione ebraica
D
a qualche giorno ho
aggiunto agli anellini
che porto assieme alla
fede un cerchietto che sembra
una fede d’argento. Ma non è
argento, è ferro.
È la fede che la mia mamma
fu costretta a portare quando
durante il fascismo a tutti i
cittadini italiani fu chiesto di
donare l’oro alla patria. Ho
deciso che la porterò sempre
al dito, questa testimonianza
del tempo della dittatura. E ho
anche trovato, fra le carte di
famiglia, un grande manifesto intitolato: “GRF.G:Berta”
e sotto il titolo “Oro alla Patria 12° elenco dell’oro e
dell’argento raccolto dal
Gruppo”. Tra i donatori più
generosi anche il mio nonno.
Questo elenco è dell’aprile del
1936 e io non ero ancora nata.
Ho poi fatto una rapidissima
ricerca e ho trovato che Giovanni Berta era stato un mi-
litante delle squadre d’azione
fiorentine e che era stato ucciso nel 1921 dai militanti comunisti durante gli scontri alla Pignone.
Quanta storia in un cerchietto di ferro! Quanta vita
di una famiglia di ebrei che
ancora nel ’36, poco prima
delle leggi razziali, erano certi
che nessuno li avrebbe perseguitati, loro italiani da sempre e anzi grandi finanziatori
n el l ’Ottocento di Giuseppe
Mazzini e dell’unità d’Italia.
Ho pensato al mio anellino
di ferro, alla raccolta dell’oro,
e agli ebrei spogliati di tutti i
loro averi quando ho letto di
quella legge che sta approvando il governo di destra in
Danimarca e che costringerà
gli emigranti che chiedono asilo a consegnare parte dei loro beni in cambio di asilo, assistenza sanitaria, alloggi e
corsi di lingua. Una legge
“meschina e crudele” hanno
detto le opposizioni rimarcando le analogie con gli ebrei
perseguitati e privati dei beni
prima della deportazione.
La situazione non è la stes- lida”. Squallida e inaccettabisa, ma lo spirito sì: l’ac co- le, squallida e pericolosa.
glienza e dunque la sopravviNoi di Libertà e Giustizia
venza non la si dona, la si ven- abbiamo in questi anni tenuto
de. Paga se vuoi esser salvato. alta la bandiera dell’antifaUn sentimento osceno, un scismo, abbiamo denunciato
sentimento naogni tentativo di
zista.
ricostruzione del
Dal 17 dicempartito fascista e
bre scorso ha codi manifestare
minciato a gira- L’impegno
con simboli e
re (e non è la pri- “LeG ha sempre
bandiere innegma volta) una
gianti al nazifa“blacklist” di e- denunciato
scismo. È uno dei
brei sul web. Si fascismi e muri.
molti compiti di
tratta di una pacultura politica
gina dal titolo “Il Ora siamo pronti
che ci siamo sobgiudaismo in I- a qualunque
barcati. Accanto
talia” e con sotall’Anpi, accanto
totitolo “Li st a sfida futura”
a tutti coloro che
degli ebrei innon vogliono
fluenti in Italia”.
muri ma ponti e
La pubblicazione è apparsa porte aperte.
sul sito di “radio Islam ItaliaOra, col mio anellino di ferno” e ora è stata aperta un’in- ro all’anulare, mi sento fortischiesta dalla Procura di Ro- sima e pronta a qualunque sfima. La Federazione della da presente o futura, palese o
Stampa ha definito la pubbli- mascherata.
cazione “un’iniziativa squal© RIPRODUZIONE RISERVATA
ESTERI
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
USA TRUMP, INSULTI A HILLARY CLINTON
In Michigan Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca ha preso di mira l’avversaria;
prima per una “pausa bagno” durante un dibattito
democratico: “Io so dov'è andata. È disgustoso”.
Ha poi aggiunto: “È una che non ha mai vinto nulla”. Ricordando la sconfitta di HiIlary alle primarie
2008, Trump ha usato il termine schlonged, trasformando in verbo un sostantivo osceno.
USA GAY POTRANNO DONARE SANGUE
Le autorità hanno parzialmente revocato il bando
per le donazioni di sangue di uomini gay e bisessuali. La Food and Drug Administration ha emesso una
direttiva che permette di donare sangue a patto che
il donatore non abbia avuto rapporti sessuali per almeno un anno. Per la comunità gay la preclusione è
“discriminatoria”. Gli Usa si allineano così a Francia, Regno Unito, Giappone e Australia. LaPresse
Cambiamento
SPAGNA rivoluzionata dalle urne
“Elettori giovani
e colti, puniti
i vecchi partiti”
» ELENA MARISOL BRANDOLINI
P
Popolari
e socialisti
Pedro Sánchez, segretario Psoe
dal 2014
e Mariano Rajoy, premier
dal 2011 Ansa
Madrid
rofessor Joan Botella,
cosa dicono le elezioni
spagnole?
Ha vinto il Pp e il Psoe
è arrivato secondo, il vento
del cambiamento a favore di
Podemos e Ciudadanos è stato più moderato di quanto s’ipotizzasse. I due principali
partiti hanno avuto perdite
di voti importanti, ma il loro
retrocesso è stato minore
dello sperato: all’ultimo momento una parte degli elettori si è come frenato. Comunque, la dimensione del cambio è rilevantissima, perché
si è passati dal bipartitismo a
4 partiti, e inoltre senza alcuna combinazione maggioritaria. È un fatto nuovo e positivo: uno dei principali problemi che abbiamo avuto è
stata la confusione tra governo e partito. E ha anche messo in ginocchio le forze tradizionali del cambiamento,
come Izquierda Unida.
Perché i commentatori si
concentrano sull’instabilità piuttosto che sul cambiamento?
Perché sono conservatori e la
stabilità in sé è considerata una virtù. Siamo in quella fase
di mezzo, che si presenta come una tappa di disordine, in
cui si è rotto l’ordine costituito ma ancora non esiste quello nuovo.
Pensa si sia all’inizio di una
seconda transizione?
Possiamo chiamarla così, comunque stiamo andando
verso un processo di cambiamenti molto importanti. Ci
sono partiti che si sono esauriti nelle idee, nel modo di essere e questo spazio è occupato da altre formazioni che
corrispondono alla società
che è cambiata ed è molto più
colta e informata. I partiti
che hanno capito questo e si
sono adattati sono andati bene, gli altri hanno fracassato.
Che effetti ci saranno sulla
questione catalana?
È chiaro che il negoziato in
Catalogna per fare il nuovo
governo era fermo in attesa
del risultato elettorale.
Nell’insieme, i partiti indipendentisti hanno ottenuto
molti meno voti di tre mesi fa.
È simbolico che la notte delle
elezioni, la Cup abbia fatto un
comunicato dicendo che non
investiranno Artur Mas presidente. Ora, la Cup è molto
JOAN
BOTELLA
Siamo in quella fase
di mezzo, una tappa
di disordine, in cui
si è rotto l’ordine
costituito ma ancora
non esiste quello nuovo
prossima a Podem che è primo partito in Catalogna. La
Cup perciò non può permettersi di dare il suo voto a Mas,
perché ha un competitore a
sinistra che è il primo partito
in Catalogna. Esquerra Republi cana ha avuto un certo
successo, ma non è riuscita a
conseguire il voto metropolitano di Barcellona, quello
che ha fatto è stato estendere
il suo dominio alla Catalogna
rurale, alla Catalogna più tradizionale. La Cup dunque
non può permettersi di lasciare questo spazio vuoto a
Podem. La cosa più probabile
è che in Catalogna si vada
presto a nuove elezioni.
Cosa può succedere per
quel che riguarda il governo?
Credo ci sarà un governo,
non so con quali componenti,
basato su un accordo parlamentare più ampio. In quest’accordo ci saranno impegni di riforma immediata e di
riforma costituzionale. E
probabilmente una legislatura corta, di un paio d’anni.
Non una coalizione alla tedesca, ma un accordo che coinvolga almeno uno dei nuovi
partiti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“Quei movimenti
scelti perché
lontani dal passato”
P
Madrid
Ciudadanos
e Podemos
Pablo Iglesias
e Albert Rivera. Podemos
è stato fondato nel 2014,
Ciudadanos
nel 2006 Ansa
rofessor Oriol Homs,
cosa è successo nelle urne?
È successo quello che
era prevedibile, perché c’è un
cambio generazionale molto
importante, di tutta una generazione che non ha attraversato la Transizione e perciò
non si sente coinvolta dai patti
che l’accompagnarono e che
ha vissuto molto duramente la
politica di austerità. Questa
generazione si è ribellata.
Il tema generazionale riguarda anche i candidati?
C’è un cambio demografico
importante che spiega un
cambiamento di attitudine.
La gente giovane vota diversamente e trova nei partiti emergenti chi è riuscito a capitalizzare questa novità. Tra Iglesias e Sánchez l’elemento
in comune è che nessuno dei
due ha gestito la crisi e perciò
possono avere una posizione
simile contro la gestione che si
è fatta. Ma tra i due c’è un differenza importante ed è che
Sánchez è situato nello statu
quo, viene da un partito figlio
della Transizione che ha governato per molti anni, non
così Iglesias. In Spagna, c’è un
atteggiamento generazionale
che non si riconosce nel passato perché ne contesta l’esito. Queste nuove formazioni
non si sentono eredi della lotta democratica per la Transi-
ORIOL
HOMS
Non si sentono eredi
della lotta democratica
per la transizione
Siamo l’unico Paese in
cui la crisi ha spostato
l’elettorato a sinistra
zione. Io considero che questo sia molto legato alla durezza della crisi economica. La
Spagna è l’unico paese in cui la
crisi ha spostato l’elettorato a
sinistra e non a destra.
Perché in Spagna non nasce
un partito xenofobo come in
Francia?
Sicuramente perché siamo
passati per il franchismo e ce
Prima causa al governo per matrimonio rifiutato
CINA
Il Dragone ora accetta le coppie omo:
valgono affari per 300 milioni di dollari
» CECILIA ATTANASIO GHEZZI
Pechino
L
a legge non discrimina: non dice che il
matrimonio è l'unione di un uomo e di
una donna, ma di marito e moglie. Una
terminologia che si può applicare anche
alle coppie gay”. Con queste motivazioni
un ragazzo della regione dello Hunan ha
fatto causa al governo locale per avergli
rifiutato il permesso di sposarsi con il suo
compagno. Si tratta del primo caso legale
in Cina a difesa dei matrimoni tra persone
dello stesso sesso. Un evento storico in una società in cui i diritti delle comunità
Lgbt hanno fatto straordinari progressi in
pochissimo tempo, quasi in parallelo alla
crescita economica. Nonostante fosse un
fenomeno largamente diffuso in epoca
imperiale, la Repubblica popolare ha subito etichettato l'omosessualità come una
» 23
“pratica decadente” imporvuta confrontare con il primo
tata dall’Occidente. Fino al
caso di discriminazione ses1997 è stata considerata un
suale sul lavoro: un ragazzo lireato e solo nel 2001 è stata
cenziato dopo aver messo online un video in cui faceva cocancellata dalla lista delle
ming out. Una studentessa delmalattie mentali. Oggi l’attitudine del governo è quella di
l'università di Guangzhou ha
“non approvare, non disapfatto causa al ministero della
provare e non incoraggiare” Diritti Manifestazione pubblica istruzione perché su
ma la pressione sociale con- gay a Hangzhou Ansa
31 libri di Psicologia pubblicati
tinua a essere enorme. La didopo il 2001, 13 descrivevano
scendenza non è qualcosa a cui cinesi so- l'omosessualità come un disordine della
no disposti a rinunciare. Ecco perché ci personalità. Il fenomeno è divenuto, cosono ancora cliniche che praticano l’elet- me in Occidente, un segmento di mercatroshock per “rettificare” gli orienta- to: a San Valentino, il gigante dell'e-commenti sessuali. Ma avranno vita breve. merce Alibaba, ha premiato 10 coppie oProprio lo scorso Natale un tribunale di mo cinesi con un matrimonio a Los AnPechino ha sentenziato che “l’omoses- geles. Mossa coraggiosa, ma anche astuta.
sualità non è una malattia mentale e come Secondo Forbes i presunti 70 milioni di
tale non può essere curata”. Neanche un gay cinesi hanno un potenziale commermese dopo una corte di Shenzhen si è do- ciale di circa 300 miliardi di dollari.
n’è memoria storica e poi perché l’estrema destra è integrata nel Partido Popular. Differentemente che in Grecia, in
Francia e in Germania, la crisi
in Spagna non ha portato un
aumento di voti all’estrema
destra, semmai il contrario.
Siamo in una seconda transizione?
Il problema non è se facciamo
un po’più di politiche sociali o
meno, le questioni in gioco sono la crisi e la disaffezione alla
politica. Il cambio è anche sul
livello d’istruzione: nel gruppo di Podemos non ci sono operai, sono tutti professori universitari, perché la gente
giovane ha una formazione
molto superiore alla generazione precedente e ciò dà una
maggiore capacità di critica,
di elaborazione di proposta e
di reazione. Podemos ha vinto
più nelle aree urbane e nelle
periferie industrializzate,
meno nelle aree rurali.
Che movimento è P od emos?
È un movimento di sinistra,
che apprende molto rapidamente dai suoi errori. Di gente
che vive nelle grandi città, con
alti livelli d’istruzione, di classe media. Sono i figli della
classe media, i giovani che
hanno patito la crisi, che non
hanno futuro e che vogliono
costruirselo rompendo con
gli schemi del passato a cui
non si sentono molto legati.
Che hanno elaborato una teoria di rinnovamento della democrazia in senso partecipativo e questo è molto interessante.
Perché in Europa quando nasce una nuova forza si dice
sempre che è populista?
Dire, come si è fatto, che Syriza e Podemos sono populisti è
non voler dare riconoscimento alle forze politiche emergenti. Ma nessuno dei due
partiti lo è.
E.M.B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
24 »
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
Cultura | Spettacoli | Società | Sport
Secondo Tempo
CAPODANNO Meglio dell’oroscopo, l’Astrologia oraria
I
» ELISABETTA AMBROSI
Prezzo
minimo
30 euro
Dove è finito il gatto? Al matrimonio
pioverà?
E chi vince
lo scudetto? Mai
stato così
facile
Pillola
LEGA PRO
SCEGLIE
GRAVINA
Finisce, dopo
18 anni, l’era
Macalli. Gabriele Gravina è il nuovo
presidente
della Lega
Pro. Lo ha
eletto l’assemblea dei
club riunitasi
ieri a Firenze.
Gravina ha
ottenuto 31
voti ed è stato preferito a
Raffaele Pagnozzi e Paolo Marcheschi. Del nuovo assetto
dovrà tener
conto Carlo
Tavecchio,
che punta alla presidenza
della Figc
n
l vostro gatto è sparito e non
sapete se tornerà? Pure il vostro ex marito è svanito e morite dalla voglia di sapere se si
è messo con qualcun’altra?
Stasera gioca la Juventus e volete conoscere se vincerà?
Nessun problema, per avere
risposte esatte e puntuali potete rivolgervi a un astrologo
orario, anche via telefono o email. Ma chi è l’astrologo orario e cos’è questa branca molto particolare dell’astrologia
classica, e molto meno conosciuta dell’astrologia moderna (quella alla Paolo Fox, per
intenderci)? Da oggi è disponibile in italiano il testo di uno
dei maggiori esperti mondiali, John Frawley, Astrologia
Or ar ia (A rm il la /M er id ia no
Zero edizioni, prefazione di
Roberta Damiata, direttore
della rivista di astrologia Sirio), tradotto da Il Cuore del
Tempo, una società bolognese
che si occupa di divulgare i
principi dell’Astrologia Oraria (i cui testi di riferimento
fondamentali sono i tre volumi della Christian Astrology
di William Lilly, astrologo e
medico del Seicento). E proprio a loro ci siamo rivolti per
capire come funziona questa
disciplina. “L’AstrologiaOraria”, ci spiega un astrologo
della società, “è capace di elaborare non solo previsioni
accurate, ma anche investigare il passato (aiutandoci, ad esempio, a ritrovare un oggetto
smarrito). Inoltre può dare risposte che le carte natali
(quelle formulate in base
all’orario e al luogo di nascita)
non possono fornire. Prenda
il caso Stasi. Ponendo la domanda: la Cassazione riconfermerà la pena? Abbiamo ottenuto una risposta molto più
precisa che quella prevista
dalla carta natale di Stasi, dove si trovava solo la vaga indicazione che a un certo punto della sua vita avrebbe avuto
un incidente di tipo legale”.
Non solo segni
Tutto il futuro
minuto
per minuto
tornando oppure no: ad esempio la retrogradazione del pianeta potrebbe essere una testimonianza convincente del suo
ritorno”.
UN ALTRO esempio? “Posso
raccontarvi il caso di due sposi
che volevano sapere se il giorno del matrimonio avrebbe
piovuto: in quel caso la carta oraria mostrò che il pianeta che
identifica il luogo in cui si trovavano gli sposi cadeva in un
segno d’acqua. Quel giorno
piovve sempre”. L’Oraria si
applica anche al mondo dei
sentimenti, come spiega l’astrologa Patrizia Nava, autrice
del libro I semi del tempo. Le
relazioni amorose nell’astrologia oraria(Capone): si individuano i pianeti riguardanti le
persone coinvolte nel rapporto, e attraverso uno schema interpretativo ideato da Frawley, basato sulla metafora
d e ll ’amore/odio, vengono
chiariti in modo semplice e intuitivo alcuni dei possibili significati delle ricezioni, ovvero dei sentimenti che un pianeta nutre nei confronti
dell’altro (amore, odio, repul-
Sposi
bagnati
L’astrologia
oraria ritiene
di essere
in grado di
prevedere anche il meteo.
Così come
l’esito
del processo
Stasi Ansa
Jules Bianchi dopo l’incidente, dove la previsione non lasciava purtroppo spazio a una
ripresa e in effetti un anno dopo Bianchi è morto”.
Ma l’Oraria può essere utile
anche per la politica o domande su figli e gravidanze, o sul
lavoro. Insomma, è possibile
sapere quasi tutto, “a patto di
non abusarne” (e di pagare il
compenso all’astrologo). E si
può apprendere l’Oraria anche attraverso i corsi che la
stessa società Il Cuore del Tempo organizza, aspettando la
prossima traduzione italiana
del testo Sport Astrology, sempre di Frawley: un volume dedicato alle previsioni nello
sport e in particolare nel calcio. Per diventare ricchi col
calcio scommesse, forse, se
davvero l’Oraria funziona. Loro giurano di sì. Ai più curiosi
non resta che provare. Al costo
minimo di 30 euro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
NUOVE MODE Attratte da misticismo ed esoterismo, chiamate a colmare un grande vuoto
MA COME funziona questa di-
sciplina che promette di rispondere esattamente a tutti i
nostri quesiti? Grosso modo
così: si formula una domanda
rispetto alla quale si vuole avere una risposta e si imposta
una carta astrologica sulla base del momento in cui la domanda è ascoltata e compresa
dall’astrologo. Dall’a na l i s i
della carta astrologica oraria si
hanno indicazioni precise sulla risposta al quesito. “Tornando alla domanda sul gatto
scomparso: si predispone la
carta oraria in base all’ora esatta in cui l’astrologo comprende la domanda, poi si va a
verificare qual è il settore (cioè
la casa astrologica) che riguarda il gatto e il pianeta che lo identifica: a seconda della condizioni in cui si trova tale pianeta riusciremo a capire se il
gatto sta bene o male, e in base
alla direzione del pianeta, riusciremo a capire se il gatto sta
sione, indifferenza) fornendoci informazioni sui sentimenti
della coppia. L’Oraria può fare
previsioni anche sulla morte?
“Sì”, risponde l’astrologo, “anche se, trattandosi di argomenti molto delicati, l’astrologo può anche rifiutarsi di rispondere; tuttavia è possibile
fare previsioni sullo stato di
salute di una persona ammalata. So ad esempio che una
carta oraria era stata predisposta per il pilota di Formula uno
SEGUE DALLA PRIMA
» MASSIMO FINI
Le donne pregano Osho
perché non hanno più il maschio
I
l fatto è che la Chiesa non è riu- sua esposizione mediatica, più, in
scita a intercettare i bisogni spi- contemporanea e in correlazione,
rituali che, per contraccolpo, si nel quasi quarto di secolo del suo
creano in una società materialisti- pontificato crollavano le vocazioca come la nostra. La progressiva ni, sacerdotali e monacali, e in Ocdesacral izzazione
cidente si illanguidiva
dell’Occidente ha ofin quasi a scomparire
rigini lontane e comil senso del sacro. E temo che alla stessa fine
plesse, nella comparsia destinato un altro
sa e nel graduale pre- L’inutilità
Papa Superstar, Bervalere della Ragione Non riusciamo
goglio, troppo inseriilluminista.
più a dimostrare
to, al di là delle sue parole, ma non della sua
MA PER STARE a un la nostra virilità
volontà, nel mondo.
passato recente si
Del mondo, in Europa
può fare l’esempio di Al massimo
e in Occidente, ne abPapa Wojtyla. Più le aiutiamo a
biamo fin sopra i caWojtyla si affermava
c o m e S u p e r s t a r sollevare i bagagli pelli. Abbiamo bisogno di qualcos’altro. E
mondiale, grazie alla
Il maestro
spirituale
indiano Osho,
morto
nel 1990, è
considerato
un’icona della
New Age
lo andiamo a cercare altrove. Solo
l’Isis può credere che sia rimasto
qualcosa di cristiano in Occidente.
Torniamo alle donne. Il loro esoterismo non è solo il segnale del
tentativo di colmare un vuoto spirituale, ma marca anche un’altra
assenza, più concreta e terrena:
quella del maschio. Non per una
scopata (quella non la si nega a nessuna) ma per un rapporto serio e
duraturo. I maschi, dicono, sono
scomparsi. E hanno ragione, anche
se qualche attenuante ce l’abbiamo. Non ci sono più le condizioni
per dimostrare la nostra, vera o
presunta, virilità. Non andiamo
più in guerra, non siamo più legati
SECONDO TEMPO
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
Quentin, stella di Hollywood
Il Chelsea vuole Guardiola
Torino conferma Barbera
Tarantino ha ottenuto la sua stella
sulla Walk of Fame. A pochi giorni dal
nuovo film, il regista ha visto incidere
il suo nome su una mattonella
L’allenatore del Bayern Monaco,
che lascerà a fine stagione, secondo
il “Daily Express” è l’obiettivo numero
uno del magnate russo Abramovich
Alberto Barbera è stato confermato
direttore artistico del Museo del
Cinema. Si farà invece un concorso
per un direttore organizzativo
» 25
PARADOSSI Il Mibact vuole ottimizzare spazi e immobili e manda un museo nazionale
all’interno dell’Archivio centrale dell’Eur. Verranno sacrificati 23 chilometri di documenti
Al posto dei segreti di Stato
un bel pezzo di arte orientale
» GIORGIO CERASOLI
I
nteressa al Paese conservare la propria memoria storica? Si è consapevoli della sua importanza? La classe
politica è sensibile a questi
problemi? Da quello che vedo no”. A esprimersi in modo
così netto è Mauro Canali,
storico dell’età contemporanea, ma il suo collega Marco
De Nicolò lo è ancor più: “La
storia è anche formazione di
una coscienza critica, per
non andare a casaccio e dire
sciocchezze. Se un giorno
non dovessimo più disporre
delle fonti vincerebbe chi la
spara più grossa!”. O, peggio,
chi ha la voce più forte.
LA QUESTIONE sul tappeto è
quella che riguarda l’Archivio Centrale dello Stato, nella
cui stracolma sede romana
all’Eur si vorrebbe ora far
confluire anche il Museo Nazionale di Arte Orientale. In
realtà si tratta di una tra le
scelte che il Mibact sta compiendo in nome di una sbandierata razionalizzazione
delle risorse e del patrimonio
che amministra. Davvero necessario che vi debba essere
un unico direttore per musei
situati a molti chilometri di
distanza, in Puglia (Manfredonia e Gioia del Colle) e in
Calabria (Sibari e Vibo Valentia), o che – giusto per tornare alla questione Capitale
–si debba procedere a questo
‘accorpamento’? Appurata
cienti, mancato turnover del
personale, risorse inghiottite per ben due terzi dal pagamento di affitti di locali esterni (invece di studiare la riconversione di beni demaniali in dismissione). L’elenco sarebbe lungo e testimonia l’assenza una visione
strategica complessiva.
l’impossibilità di avere dichiarazioni dai responsabili
delle Istituzioni, è dai diretti
utilizzatori che si riesce a
raccogliere informazioni,
cose ben note agli addetti ai
lavori ma in gran parte ignorate dall’opinione pubblica.
“La situazione dell’Archivio Centrale – precisa Canali
– è la cartina tornasole di
quello che è l’interesse della
classe politica, non solo l’attuale ma pure quella che l’ha
preceduta. Ricordiamoci
che quella sede accoglie an-
ORA DUNQUE si prevede pu-
Lo storico Canali: ‘Ci
interessa conservare
la nostra memoria
storica? La classe
politica è sensibile
a questi problemi?’
che le carte private di statisti
e politici. Stiamo parlando
dei Padri della Costituzione,
testimonianze preziosissime”. Eppure quello dell’Archivio Centrale dello Stato –
caso peraltro emblematico di
una situazione complessiva
riguardanti archivi e biblioteche statali – è un problema
che non riguarda solo gli studiosi. “Esistono tanti soggetti –spiega De Nicolò, responsabile del settore archivi del-
Le ali
del passato
L’Archivio
Centrale
dello Stato
si trova
nel quartiere
dell’Eur,
a Roma
la Sissco (Società italiana per
lo studio della storia contemporanea) – che sono variamente interessati a reperire
materiale. Possono esserci
questioni riguardanti il catasto ma, per esempio, i parenti
delle vittime di Ustica perché
non dovrebbero poter esaminare le carte che esistono?
Adesso con la direttiva che
porta il nome dell’att uale
presidente del Consiglio,
questa documentazione di-
venta consultabile e ci sono
persone che hanno un motivo legittimo ad accedere al
materiale storico, a cercare la
verità. Immaginiamo anche
qualsiasi cittadino che abbia
interesse diretto a conoscere
quali sono stati i soggetti che
hanno preso una determinata decisione, che hanno fatto
una scelta politica, o a rintracciare le carte di un processo o di un tribunale”.
Finanziamenti insuffi-
re lo smantellamento dei magazzini laterali dell’Archivio
Centrale dello Stato, per ‘far
posto’ al Museo Nazionale
d’Arte orientale, senza curarsi delle conseguenze sulla
consultabilità dei 23 km di
fondi archivistici che trovano posto in quell’ala. Fondi
che nessuno sa esattamente
dove verranno collocati, essendo saturi i magazzini che
già l’Archivio affitta presso
Pomezia, a sud di Roma. “Invece il vero problema – propone Canali – è che l’Archivio dovrebbe acquisire pure
l’altra ala, ora occupata da uffici comunali. La Capitale di
un Paese che si rispetti dovrebbe far diventare il Piazzale dell’Eur un polo archivistico, sarebbe una soluzione ideale e piuttosto ovvia.
Ma sembra di parlare di fantascie nza”. In Francia, a
Pierrefitte-sur-Seine, nel
2013 è stato inaugurato un
nuovo grande polo archivistico centrale, progettato
dall’italiano Massimiliano
Fuksas. La fantascienza è vicina.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ONDA SU ONDA Il twittare selvaggio dell’Eni contro l’inchiesta di Report
a ideologie che comportino rischi,
pericoli, qualche prova di coraggio, fisico e morale, la tecnologia ha
reso inutile la forza fisica, tutt’al
più ci serve, sui treni, per aiutarle a
mettere le loro pesantissime valigie (ma che cosa mai ci mettono
dentro?) sulle reticelle. A questo ci
siamo ridotti.
E COSÌ INVECE del Principe Azzurro (nonostante tutto un po’romantiche lo sono restate) si trovano di
fronte quello che l’uomo in realtà è
sempre stato: un bambino (“Ricordati che in ogni uomo c’è sempre
un bambino che vuole giocare”
scrive Nietzsche). E ne sono deluse. Ecco perché molte donne e molti uomini d’Occidente sono attratti
dall’Isis. Le prime per trovare un
maschio propriamente detto, i secondi per ritrovar se stessi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
» LORIS MAZZETTI
G
li uffici stampa sono i cani da guardia
del potere, gli esecutori materiale della
lenta ma inesorabile corrosione dell’articolo 21
della Costituzione. Renzi
alla Leopolda ha scatenato i sostenitori contro i
giornali non allineati, critici sull’operato del governo. Il taglio dato all’iniziativa è stato giocoso
come se la vicenda fosse
fine a se stessa e non portatrice di sciagura per la
libertà d’informare.
ANCHE NEL 2001 a Telelombardia sembrò un gioco quando Gasparri, allora
An, insieme a Di Luca di
Gli uffici stampa, ovvero
il potere della censura
Milena Gabanelli LaPresse
Forza Italia e Buttiglione
dei Cdu, sollecitato dal
conduttore di Isberg,
compose la lista di proscrizione: Biagi, Santoro, Luttazzi, Tg3. Dopo qualche
mese Berlusconi con l’editto bulgaro colpì duro.
Oggi l’opinione pubblica è
meno consapevole di ciò
che sta accadendo all’arti-
colo 21, il berlusconismo
ha creato un clima, che
prescinde da chi governa,
di autocensura, percettibile solo all’interno delle
redazioni: sono gli uffici
stampa che organizzano la
presenza dei politici in tv
con interviste concordate,
che impongono il parterre
degli ospiti altrimenti rifiutano di mandare il loro
politico alle trasmissioni.
GLI UFFICI stampa dei po-
tenti si sono allargati ai social, hanno scoperto che
Twitter può essere utilizzato contro l’inchiesta che
sta andando in onda, che
ovviamente è registrata e
non può replicare, facendo passare per falsi i fatti
raccontati.
È accaduto con Report
nella puntata in cui Milena
Gabanelli raccontava della presenza dell’Eni in Nigeria e di un presunto giro
di tangenti.
L’ufficio stampa
dell’impresa energetica ha
cominciato a twittare, diffondendo nella rete messaggi in cui si affermava
che gli autori dell’inchiesta avevano occultato documenti che avrebbero
provato la limpidezza
dell’azione dell’Eni, denunciando che la Gabanelli avrebbe rifiutato di invi-
tare in diretta gli accusati,
la ragione per cui i vari Scaroni, Descalzi non hanno
concesso interviste.
RICHIESTA ridicola perché
tutti sappiamo che un’inchiesta ha tempi di realizzazione ben diversi rispetto a un talk show. Quella
sera, grazie a Dagospia, abbiamo scoperto quanti sono i cani da guardia del padrone, mimetizzati da
guardiani della democrazia, evidentemente obbligati da Eni a intervenire su
Twitter a difesa del potente, quindi a rivelarsi. Il gioco di Renzi non deve far
sorridere perché c’è sempre chi è più realista del
re.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
26 » SECONDO TEMPO
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
Libri
DITTATURE L’editoria italiana si occupa finalmente degli esuli della Corea
del Nord. Hyeonseo Lee: “Sono una rifugiata, ma quella rimane la mia terra”
A
Il libro
La
ragazza dai
sette nomi
l
Hyeonseo
Lee, David
John
Pagine: 350
Prezzo: 20 e
Editore:
Mondadori
Quale democrazia
Nei campi
di prigionia rimangono tra
le 80 e le
120 mila
persone
D. C. (DOPO CHRISTIE)
» CAMILLA TAGLIABUE
parte il nome, la Repubblica
Popolare Democratica di Corea di democratico non ha
nulla: finalmente se n’è accorta anche l’editoria nostrana, a dispetto della malafede
di certa politica e stampa, che
continuano a blaterare sulle
bizzarrie del dittatore Kim
Jong-Un o sulla impeccabile
pulizia del Paese (© Razzi e
Salvini). Peccato che qui sarebbe più giusto parlare di
“pulizia umana”, che tiene
nei campi di prigionia tra le
80 e le 120 mila persone (circa lo 0,5 % della popolazione). Human Rights Watch e
Amnesty International denunciano da anni che la
“Nord Corea è uno dei Paesi
più repressivi al mondo” e
l’Onu ha dichiarato che lì “gli
abusi non hanno pari nel resto del pianeta e includono
sterminio, schiavitù, tortura…”.
IN ITALIA sono le case editrici
a interessarsi sempre di più
alle storiacce di Pyongyang e
dintorni: a fine 2014 è uscito
Fuga dal Campo 14 di Blaine
Harden (Codice) su Shin
Dong-Hyuk, uno dei pochi
scampati al centro di concentramento. Recentemente sono state pubblicate le scioccanti autobiografie di
Hyeonseo Lee (La ragazza
dai sette nomi, Mondadori) e
Yeonmi Park (La mia lotta
per la libertà, Bompiani), entrambe esuli, rifugiate in Corea del Sud e ora attiviste per
i diritti umani. Meno truce,
ma altrettanto sconvolgente,
è poi il saggio di Paul Fischer,
Una produzione Kim Jong-Il
(Bompiani), che affabula
l’“audace rapimento” di Choi
Eun-Hee, attrice sudcoreana
sequestrata dall’allora ministro della propaganda (Kim
Jong-Il, poi dittatore e padre
dell’attuale despota) per accrescere il prestigio del cinema di regime.
Malaffare senza
scampo: l’aldilà
è cinese e corrotto
» FABRIZIO D’ESPOSITO
L
Tante vite, sette
nomi e una sola
patria da cui fuggire
“Ho vissuto tante vite
quanti sono i miei nomi”,
spiega al FattoHyeonseo Lee,
ultimo degli pseudonimi, che
significa “luce del sole” e
“buona sorte”. Scritto con
David John, La ragazza dai
sette nomi racconta la rocambolesca fuga dell’adolescente
Lee dal proprio Paese, la clandestinità in Cina e l’attuale vita a Seul. “Forse mi sentirò
sempre una rifugiata e il mio
sogno è vedere unite le due
Coree, ma la mia patria resterà sempre il Nord: lì sono nata
e ho vissuto per 17 anni (oggi
ne ha 35, ndr). Ora sono sulla
loro lista nera e, da esule, faccio tutto ciò che posso contro
il regime, aiutando i rifugiati
come me e girando il mondo
per divulgare la mia storia”.
IL SUO DISCORSO alla TED
conference del 2013 è uno dei
più visti sul web con oltre 4
milioni di clic. “La sensibilità
d e ll ’opinione pubblica sta
crescendo, ma secondo me
servirebbero meno parole e
più azioni, anche un intervento militare. Certo nel XXI
secolo si dovrebbe evitare la
guerra, ma perché la comunità internazionale non fa nulla, non tenta altro? La Cina, ad
esempio, dovrebbe essere la
prima a reagire, e invece spesso rispedisce i rifugiati al re-
gime”. Sperare in una rivoluzione locale è utopistico: “I
nordcoreani non sono liberi,
nemmeno di muoversi: come
potrebbero organizzare una
resistenza? Moltissimi poi
non sanno nulla, non si rendono conto di vivere sotto un
regime, sono disabituati perfino alla bellezza. Forse
quando arriverà internet le
notizie viaggeranno più velocemente e la dittatura collasserà. Forse Gates o Zuckerberg potrebbero darci una
mano, almeno per contrastare il perenne lavaggio del cervello cui la popolazione è sottoposta”.
e discese ardite dell’ipnotista nei cunicoli e nei meandri cerebrali sembravano un confine estremo. Invece
no. Stavolta Lars Kepler, famoso pseudonimo della premiata ditta coniugale Ahndoril,
va ancora oltre e ovviamente si ritrova nel
sovrannaturale con l’ultimo best-seller, Il
porto delle anime. Si parte
sempre dal cervello e la zona buia, meglio, grigia e
plumbea, è quel tunnel che
molti dicono di vedere
quando si trovano tra la vita e la morte a causa di un
infarto o di un incidente. Il
porto delle anime, appunto. L’anticamera del regno
dei morti dove si parla ci- l Il porto
nese perché la Cina sin dal- delle anime
le origini venne modellata Lars Kepler
come la città portuale dove Pagine: 360
sostano le anime. Proprio Prezzo:
così. “Com’è che l’aldilà è 16,90 e
cinese?”. “Perché noi cine- Editore:
si abbiamo sempre rispet- Longanesi
tato i nostri antenati... Così
abbiamo interrogato quelli che sono tornati dalla città portuale. Dopo
le prime dinastie, erano tornate alla vita così
tante persone che le loro descrizioni cominciarono a ispirare l’intera società”. Capito il
segreto?
Jasmin ha i capelli rossi ed è una militare
svedese con traumatiche esperienze di
guerra in Kosovo. Va e viene dal porto delle
anime ma non le credono ed è rinchiusa in
un manicomio. Ha un figlio piccolo, Jasmin, che si chiama Dante e così quando
accade l’irreparabile in un incidente d’auto, ossia Dante in fin di vita, lei si provoca
una morte apparente con un paio di iniezioni e torna nel porto delle anime. L’anticamera del regno dei morti è una città
corrotta e violenta, dove si mangia, si fa
sesso, si beve. A dominare sono dei clan che
rubano le piastrine a chi deve ritornare nel
mondo dei vivi per destinarle a potenti
boss e funzionari del popolo che vogliono
vivere. Ecco, scoprire che anche l’aldilà riproduce le dinamiche terrene induce
all’angoscia, favorita dal ritmo veloce.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
STRENNA La rilettura di Maurizio Bettini IL RICORDO Testimoni e capolavori
FOTOGRAFIA L’arte di Becchetti
Il kolossal dei miti classici Graziani, quando il rock
è meglio anche di Star Wars incontrò il cantautorato
Gli sguardi degli uomini
che uno scatto rende veri
» STE. FEL.
» ANDREA SCANZI
» FERRUCCIO SANSA
C’È UNA GRANDE quantità di retorica sull’importanza delle radici. E ci sono schiere di umanisti
pronti a difendere l’importanza dello studio del
greco e del latino, ma pochissimi che si sforzano di
condividere i loro piaceri intellettuali con il pubblico (gli studenti non contano, non hanno possibilità di scelta). Per questo è interessante il libro
“Il grande racconto dei miti classici”, la strenna del
Mulino, un volume elegante dove il testo di Maurizio Bettini ha la stessa dignità delle immagini.
Bettini, che è professore di Filologia classica all’Università di Siena ma anche infaticabile divulgatore, si dedica a un compito trascurato: riportare il
mito alla sua dimensione originaria, quello del racconto, di kolossal tramandato per via orale. L’Economist ha dedicato il numero di Natale alla “moderna fabbricazione di miti”, con la Disney di Star
Wars al posto di Omero e i cavalieri Jedi come eredi
di Prometeo e Teseo. Bettini torna all’originale facendo un’operazione che di solito viene riservata a
libri “divulgativi” (aggettivo usato spesso con
sprezzo, ma solo in Italia). Racconta, affabula, ricostrusce - anche con mappe genealogiche dettagliatissime - Olimpo e dintorni con un approccio
che dimostra come alla Disney (e alla Marvel) non
abbiano poi inventato molto.
OSSERVATORE attento della canzone d’autore,
Paolo Talanca ha scritto un libello agile e volutamente breve – ma non frettoloso – sul cantautore italiano più atipico e non ancora compreso
appieno: Ivan Graziani. Lo ha fatto da abruzzese
qual è, e anche per questo ha insistito a inizio
libro su quanto le origini teramane abbiano influenzato la creatività dell’artista. Graziani è stato il primo, nella seconda metà dei Settanta, a
fare incontrare rock e canzone d’autore. Un connubio, prima di lui, quasi impensabile. Addirittura eretico. Chi ripete che negli ultimi anni non
avesse più molto da dire non sa di cosa parla, e
con Graziani capita spesso, ma certo fu lo snodo
tra Settanta e Ottanta a portare i frutti artistici
più ispirati.
Dischi come Pigro e Agnese dolce Agnese andrebbero portati nell’isola deserta, o anche “solo” ascoltati regolarmente come dono prezioso a se
stessi.
Talanca non usa toni cattedratici, ospita virgolettati di chi Ivan lo ha conosciuto bene, si sofferma giustamente su quel capolavoro quasi inaudito chiamato Fuoco sulla collina. Il suo è un
libro affettuoso, divulgativo e necessario. Mica
poco, di questi tempi.
SFOGLIARE le pagine e ritrovare i propri sguardi. Immagini tanto familiari che le credevi parte della tua
memoria personale. Come il volto in bianco e nero di
Pier Paolo Pasolini, i suoi occhi così penetranti che
ancora ti raggiungono. Accade leggendo “L’Inganno
del vero” di Sandro Becchetti, diario di viaggio di un
grande fotografo che per decenni ha seguito la cronaca italiana – romana soprattutto – fino a comporre
il ritratto di un Paese. Un libro non comune, perché
alle immagini accompagna le annotazioni non di un
critico, ma di chi le ha scattate. Si scopre così che
Becchetti aveva un’ottima penna. Ma soprattutto ci
si accorge di quanto diverso sia il messaggio che ci
lasciano l’immagine e la parola. I volti senza nome
catturati da Becchetti nelle manifestazioni degli anni
Settanta, ai funerali di piazza Fontana, nelle campagne della sua Umbria, sono universali, come sa essere la grande fotografia. Il racconto invece li identifica. Li rende particolari. “La fotografia non è un’arte”, sostiene Becchetti. Ma proprio le sue immagini
lo smentiscono. Scatti di una naturalezza geniale, in
cui si riconosce la passione del cronista per gli uomini: volti famosi –Pasolini, Alfred Hitchcock, Dustin
Hoffman – catturati in atteggiamenti che li rendono
così umani, persone comuni che diventano improvvisamente protagonisti del loro tempo.
Il grande
racconto
dei miti
classici
l
Maurizio
Bettini
Pagine: 503
Prezzo: 48e
Editore:
Il Mulino
Ivan
Graziani –
Il primo
cantautore
rock
l
Paolo
Talanca
Pagine: 90
Prezzo: 12 e
Editore: Crac
Edizioni
l L’Inganno
del vero
Sandro
Becchetti
Pagine: 192
Prezzo:
13,50 e
Editore:
Postcart
SECONDO TEMPO
Mercoledì 23 Dicembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO |
» 27
Arte & Fumetti
L’OMAGGIO Al Macro di Roma una mostra dedicata al grande intellettuale: pittore,
grafico, teorico del gusto, critico. A cavallo tra i secoli e le abitudini italiane
O
Ricarica
SORELLA
TERRA
Inaugurata
ieri a Palazzo
Braschi, a Roma, la mostra
ideata da National Geographic Italia:
un viaggio
ideale tra le
parole
dell’enciclica
e gli scatti
sulla fragilità,
la sofferenza,
la bellezza
della Terra in
pericolo. Il
percorso si
apre sulla
magnificenza
del creato e
prosegue con
il degrado
ambientale e
umano, l’urbanizzazione
selvaggia, gli
esclusi, ma
anche la biodiversità. In
mostra anche
alcune fotografie esclusive di papa
Francesco
n
» ANGELO D’ORSI
gni tanto, anche agli occhi di
noi laici, i miracoli accadono:
nel novero rientra la meravigliosa vecchiezza di Gillo
Dorfles, che ha traguardato i
105 anni, con una creatività e
un acume che non appartengono al suo lungo passato, ma
sono cosa viva. La bella mostra aperta fino al 30 marzo
2016, al MACRO di Roma
“Gillo Dorfles. Essere nel
tempo” a cura di Achille Bonito Oliva, ne è un esempio
ragguardevole. Il comunicato
stampa recita il vero, parlando di “omaggio all’opera totale di un padre storico della
cultura visiva italiana”.
Gillo Dorfles
Ultime esplorazioni
di un secolo d’arte
multiforme attività di un intellettuale che ha ben pochi esempi che possano tenergli testa: pittore, grafico, teorico del
gusto, critico d’arte. Se lo si
vuole conoscere, però, soprattutto, che andiate o meno a visitare questa ricchissima mostra, non perdete il volume appena pubblicato da Skira, Gli
artisti che ho incontrato, che
raccoglie l’intera produzione
critica dorflesiana. Divisi in
capitoli che corrispondono a
decenni, i testi di questo
straordinario scrittore – uso la
parola non a caso – ci illuminano sulle vicende di arti e artisti, dagli anni 30 in avanti, fino si può dire ai nostri giorni,
ma ci danno anche la possibilità di penetrare, attraverso le
opere, e gli ambienti di questo
o quel pittore, o scultore, o grafico, nelle diverse temperie
storiche e culturali attraversate da Dorfles. È come avere una guida personale che ci accompagni lungo le tante sale di
un museo del ’900, che con
garbo, finezza, talora sapida ironia, dipinge, usando la penna proprio come un pennello, i
mondi biografici e storici delle
dozzine di personaggi da lui
conosciuti, in un modo o
n e l l’altro. Si legga l’i n ci p i t
E COSÌ VIA, in una rassegna che
dell’incontro con Carrà, un
piccolo capolavoro letterario
ma anche di introspezione: “Il
minaccioso corrugare dei sopraccigli sotto l’inseparabile
basco, la ruggente e catarrosa
parlata, s’attenuano e s’ammorbidiscono nell’atmosfera
linda e ordinata di Casa Carrà.” Sempre, sotto la bonomia
dell’osservatore, vive la penna
pronta ad essere intinta, come
scriveva Antonio Gramsci,
“nell’acido corrosivo dell’imbecillità”. Ecco i futuristi, or-
mai divenuti patetici esponenti di un’arte di regime, che
si affida a mezzi artificiosi,
meccanici, estemporanei per
dimostrare di esser viva: espressione di un movimento,
quello di Marinetti, “che ha
continuato a vegetare ruminando quello che non aveva
ancora ben digerito”. E continua, impietoso, Dorfles, con
parole che vanno ben oltre gli
anni ’30: “Non mi sembra che
un artista vero abbia bisogno,
per rendere originale la sua o-
Viaggio
nella storia Fino al
30 marzo
l’esposizione sul
padre della cultura
visiva
lascia estasiato il lettore esperto, ma appassiona quello che
non fa della critica d’arte il suo
mestiere. Naturalmente non
lesina, l’autore, complimenti,
ma solo quando davvero sono
meritati. Scorrono i decenni, e
tra mostre personali e collettive, pubblicazioni e grandi eventi, Dorfles è sempre lì col
suo taccuino in mano, pronto a
cogliere valori e disvalori, a suscitare problemi, a porre domande: curioso e attento esploratore e di un mondo,
quello dell’arte, dove le patacche e i capolavori si mescolano, un mondo in cui autentici
artisti spesso vengono posti in
seconda o terza fila mentre
sulla ribalta le luci si accendono solo su alcuni, che, nella
vulgata, sono “i soliti”, tanto
famosi in vita quanto spesso
giustamente dimenticati dopo. Sicché il volume è un prezioso vademecum per tutti: artisti, critici, e, soprattutto, per
noi che l’arte la vogliamo semplicemente godere. Grazie,
Gillo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FUMETTO Il miglior fumetto del 2015 è l’opera di Manu Larcenet
Blast, ovvero la necessità di manipolare
i propri ricordi per continuare a vivere
» STEFANO FELTRI
S
e vogliamo scegliere
un fumetto dell’anno,
per il 2015, la scelta deve cadere su Blast di Manu
Larcenet. Il quarto volume è
uscito da poco per Coconino
Press - Fandango, ultimo tomo (oltre 200) pagine di
un’opera molto ampia. Ma
che, come i lavori di Larcenet, non è mai eccessiva: Larcenet si è fatto conoscere
grazie a una combinazione
rara nel fumetto francofono,
cioè i tratti tipici della bande
de ssin ée umoristica, arrotondati, gradevoli, abbinato
però a storie drammatiche
(basti ricordare il suo capolavoro, Lo scontro quotidiano).
Blastè un fumetto che può lasciare
perplessi, soprattutto nel primo volume: Larcenet dedica centinaia di
pagine a uno dei protagonisti più
sgradevoli della storia della letteratura, un uomo obeso dal nome assurdo (Polza Mancini) che sceglie di abbandonare una vita ordinaria per inseguire la libertà, lontano dalla mo-
glie, dal lavoro, nei boschi, nelle periferie.
Questa è un’epoca che
non consente idilli bucolici, l’unica libertà
possibile è quella del nichilismo: Polza vive di
merendine, sbronze solitarie, stordimenti chimici da stupefacenti. Il
massimo della liberazione, per Polza Mancini, arriva attraverso i
“blast”, esplosioni cerebrali di colori che rendono all’improvviso il
mondo leggero, bello.
Una specie di delirio felice che di solito arriva
dopo una congrua dose
di alcol e di pillole.
Tutta la narrazione è costruita secondo il modello reso celebre dalla
serie True detective (successiva all’inizio del fumetto di Larcenet), cioè
un interrogatorio di due poliziotti
• Affinità elettive
da De Chirico a Burri
Galleria d’Arte Moderna,
Roma. Fino al 13 marzo 2016
pera, di mettersi a dipingere a
gambe all’aria o con delle lenti
deformanti dinanzi agli occhi… Tutto ciò rientra nell’ordine di quell’arte adulterata da
stimoli fisici e corporei: la novella scritta col mal di testa, il
romanzo composto sotto i fumi dell’oppio, la sinfonia scritta con un litro di alcool nello
stomaco”.
E LA MOSTRA dà conto della
AROUND
Blast 4 - Spero che
i buddisti si sbaglino
l
Manu Larcenet
Pagine: 208; Prezzo:22e
Editore: Coconino Presse
che cercano di capire non tanto se
Polza è colpevole, ma perché. C’è un
omicidio. Per spiegarlo bisogna risalire all’inizio. Con il passare delle pagine, Polza inizia a sembrare sempre
meno orribile, quasi simpatico, di
certo comprensibile, rispettabile nel
suo tentativo di costruirsi una vita
non convenzionale. Il suo resoconto
agli agenti sembra dimostrare che
comprendere tutto significa giustificare tutto.
Solo nelle ultime pagine si capisce
che Blast è un’opera sull’incredibile
capacità umana di giustificare, in retrospettiva, tutto quello che abbiamo
fatto, di modellare l’infida materia
dei ricordi per costruire il passato
che ci consente di non disprezzarci.
Di continuare a vivere. Il disagio delle prime pagine che Larcenet ha sfumato e trasformato in empatia nei
quattro volumi torna a travolgere il
lettore quando capisce lo iato tra i ricordi di Polza e la realtà. E lo travolge
con la forza di un “blast”.
LA MOSTRA nasce dalla volontà di accostare, sulla base di
consonanze e suggestioni, di temi e ambiti figurativi, alcuni capolavori della collezione parmense della Fondazione Magnani Rocca a quelli della collezione capitolina della Galleria
d’Arte Moderna. Una selezione
di circa 40 opere della collezione permanente in dialogo con le
opere della Galleria d’Arte Moderna. Ad aprire la mostra Giorgio De Chirico al quale vengono
affiancate opere di artisti come
Marino Marini e Carlo Mattioli. I
rimandi sono molteplici e vale la
pena scoprirli uno a uno.
• Recto Verso
Fondazione Prada,
Largo Isarco 2, Milano
Fino al 14 febbraio 2016
LA MOSTRA presenta opere
nelle quali gli artisti hanno posto
in primo piano l’elemento di solito nascosto o trascurato del retro del quadro. La tradizione occidentale concepisce il dipinto
principalmente come un artefatto frontale (“recto”). Il retro
(“verso”) sembra trasmettere
un significato culturale trascurabile, non essendo destinato allo
sguardo del pubblico, perché visibile solo dall’artista e dagli addetti ai lavori. In alcune opere esposte, la tecnica del trompe-l’oeil è impiegata per focalizzare l’attenzione sul telaio piuttosto che sull’immagine dipinta.
• Giovani Designer
in Mostra
Maxxi, Roma
Fino al 20 gennaio 2016
DAL PROGETTO al prototipo,
per arrivare alla realizzazione e
alla sua esposizione pubblica. Lo
Spazio D del MAXXI accoglie i
lavori più meritevoli tra quanti
hanno preso parte a DAB6 –
Design per Artshop e Bookshop.
In mostra prototipi che creativi
under 35 hanno immaginato per
artshop e bookshop dei musei.
A CURA DI CL. COL.
28 » ULTIMA PAGINA
Dalla Prima
» MARCO TRAVAGLIO
C
he si immolò per smentire le
orge eleganti di Arcore: “A
casa Sua ci si ritrova con tante
belle famigliole. L’unica situazione piccante fu una cena a lume di candela in una notte tempestosa con Fabrizio Cicchitto”.
Che, con grave sprezzo del pericolo e del ridicolo, appena il
padrone sparava una cazzata, si
lanciava a lingua morta giurando che aveva ragione da vendere.
Una volta Silvio raccontò che
“nella Cina di Mao i comunisti
bollivano i bambini per concimare i campi”, innescando un
incidente diplomatico con Pechino, il Fantozzi lunigiano salmodiò: “È paradossale che Prodi e la sinistra esprimano valutazioni indignate contro chi ricorda un fatto storico tragicamente indubitabile, piuttosto
che condannare una delle vicende più abominevoli della
storia umana e dell’or ro re
dell’ideologia comunista”.
Un’altra volta l’Adorato gli ordinò di premiare al Festival di
Venezia il film Goodbye Mama
dell’amica bulgara Dragomira
Bonev e lui, ministro della Cultura, intuì che il presidente della Giuria Quentin Tarantino
non le avrebbe dato il Leone
d’Oro. Inventò dunque un finto
“Premio speciale della Biennale nel 60° anniversario della
Convenzione europea sui diritti umani”, con targa farlocca acquistata in un negozio di coppe
e medaglie, con tanto di loghi
dell’Ue e del Mibac e premiazione-patacca in una saletta
vuota della Biennale con veri
ministri (Galan e Carfagna), falsi giornalisti e fotografi, più 32
comparse bulgare aviotrasportate da Sofia.
Sommo vate (senza r finale),
sciolse endecasillabi e rime baciate a politici & affini d’ogni colore: da Ferrara (“Antro d’amore”) alla Brambilla (“Fiore reclinato”), da Dell’Utri (“Velata
verità”) a Gianni Letta (“Beatitudine presente”), da Veltroni
(“Foglio mio ritrovato”) a Bertinotti (“Disperata speranza”),
giù giù fino a Cicchitto (“La mia
fede è la tenerezza dei tuoi
sguardi”) ed Elio Vito (“Fra le
tue braccia intenerito ardore”),
su su fino a Silvio (“Vita nova”)
e a mamma Rosa (“Madre di
Dio”). Liriche che gli valsero,
sul Foglio, un paginone dal sobrio titolo “Il Nuovo Bottai”.
Solo che Bottai non aveva mai
detto del Duce, come lui di B.,
che “svolge un’azione storica
all’altezza delle sue vocazioni
universali”, “dovremmo dargli
una medaglia per gli stessi motivi per cui è imputato da una
muta di pseudomagistrati”, “è
enormemente buono, per Lui
andrei anche in carcere”, “dobbiamo difenderlo fino al sacrificio del nostro corpo”, “spero
di non dover mai scegliere fra
Lui e la mia famiglia”. Né aveva
mai esaltato la sua “forza morale, religiosa, umana” di “luminoso imprenditore cattolico
con venature giansenistiche”,
“il più vicino al pensiero femminile”, autore di “molti miracoli”, dunque “da studiare nelle università”, paragonandolo a Olivetti, ma anche ad “Aristotele,
Platone, Domenico, Agostino e
Gioacchino da Fiore” (e in tandem con Dell’Utri).
Bondi disse pure, nel 2004:
“B. ci guiderà per i prossimi 30
anni”, “Lui rappresenta il futuro dell’Italia e del centrodestra,
dopo di Lui non c’è nessuno”.
Ma solo perché non aveva ancora visto Renzi.
Q
ualche decennio fa, quelli che
volevano i colonnelli –gente tipo il giovine Maurizio Gasparri – gridava per strada lo slogan “Ankara, Atene / adesso Roma viene”. Alludevano, i bambinoni, a una prossima
estensione della cintura delle dittature
sponsorizzate dalla Nato nel Mediterraneo (anche Spagna e Portogallo avevano i loro “duci” all’epoca).
Oggi c’è l’Europa del bail-in, i duci
d’antan non si portano più e Maurizio
Gasparri ha fatto persino il ministro
della Repubblica. La cintura mediter-
| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 23 Dicembre 2015
RIMASUGLI
Lisbona, Atene,
ora Roma viene:
si parla di banche
(e di tacchini)
» MARCO PALOMBI
ranea, però, esiste ancora: quella
della corsa allo sportello. Ad Atene, l’estate scorsa, la Bce l’ha stretta talmente che le banche hanno
dovuto razionare i soldi ai cittadini.
Da noi, invece, il 22 novembre il governo ha espropriato per decreto due
miliardi di euro ai piccoli risparmiatori per il salvataggio di Pop Etruria,
Banca Marche, CariFe e CariChieti.
Domenica il governo portoghese ha
fatto più o meno la stessa cosa col Banif (Banco Internacional do Funchal), ottavo istituto del Paese che a-
veva già inghiottito 1,1 miliardi di
fondi pubblici nel 2011. Sia chiaro: nessuno è più garantito.
Ieri la stampa di Lisbona sosteneva che nell’ultima settimana i correntisti avevano già ritirato dal Banif un
miliardo di euro. Lo stesso - ci assicurano - sta accadendo con le 4 nuove
banche create dal governo e pure in
Veneto, dove Popolare di Vicenza e
Banca Veneto attraversano momenti,
diciamo, non felici. Tutto questo per
dire: ma che si ride Renzi? Non ha capito che è lui il tacchino di Natale?