Il crowdfunding ei beni culturali - Consorzio Camerale per il Credito

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Il crowdfunding ei beni culturali - Consorzio Camerale per il Credito
Appunti La newsletter del Consorzio Camerale per il credito e la finanza Settembre 2014
Il crowdfunding e i
beni culturali
L. Marchegiani
Docente presso Università LUISS di Roma
In principio furono Indiegogo e Kickstarter,
due delle piattaforme di crowdfunding
più famose al mondo. La prima,
Indiegogo, è nata proprio con l’obiettivo
di finanziare con canali non convenzionali
la realizzazione di un film, mentre la
seconda per finanziare progetti creativi
ed è cresciuta in termini di utenti e progetti
finanziati con il contributo determinante
delle categorie musica e film e video
(Kickstats, 2012). Considerando solo
quest’ultima piattaforma, dal suo lancio
ad oggi sono stati finanziati 69 mila
progetti, dando la possibilità a diversi artisti
di portare a compimento il loro progetto.
Il meccanismo è piuttosto semplice nella
sostanza: far incontrare un artista, più o
meno noto, con una “massa” (crowd) di
potenziali finanziatori, più o meno esperti
di arte o creatività. Da un lato, dunque,
c’è un soggetto o un’organizzazione a
corto di risorse finanziarie, dall’altro ci sono
soggetti a vario titolo interessati a
sostenere la creatività artistica, come tanti
piccoli Mecenate. Questo incontro di
interessi
complementari
risulta
particolarmente virtuoso nel mondo della
musica e delle arti audiovisive, e nei settori
creativi in generale.
Ci si chiede, allora, se non sia possibile
utilizzare il crowdfunding anche per
finanziare, sostenere e rilanciare la
ricchezza principale del nostro Paese,
ovvero il patrimonio culturale. Va
ricordato
che
l’industria
culturale
rappresenta una parte significativa della
produzione
di
ricchezza
e
dell’occupazione in Italia: il 4,9% del PIL,
1,4 milioni di occupati, 400 mila imprese
Bolzano, Chiesa di San Procolo, particolare di un
affresco
coinvolte. Tuttavia, i fondi pubblici a
sostegno di questo importante settore
sono, da tempo, ritenuti inadeguati ed è
evidente l’urgenza di trovare fonti di
finanziamento complementari, se non
alternative.
Diverse iniziative già realizzate supportano
questa intuizione. Ad esempio, è di
recente diffusione la notizia di una
collaborazione fra Art Basel e Kickstarter
per il finanziamento di progetti artistici no
profit,
denominata
Art
Basel
Crowdfunding. L’iniziativa è finalizzata a
sostenere le organizzazioni internazionali
senza scopo di lucro per le arti visive,
tramite una selezione di progetti meritori
che saranno sottoposti alla community dei
finanziatori crowd di Kickstarter.
A ben vedere il crowdfunding può essere
inteso come una forma di micro
mecenatismo, attraverso il quale il
pubblico,
la
“folla”,
sostiene
economicamente una causa o un
progetto per cui sarebbe difficile trovare
risorse. Il paradigma del mecenatismo
prevedeva che Signori, Principi e Papi
supportassero economicamente artisti pittori, scultori, letterati o musici - e questi,
in cambio della possibilità di produrre le
proprie opere in tranquillità economica,
celebravano ed esaltavano il prestigio
delle corti dei propri benefattori, ponendo
la propria attività artistica al servizio del
potere da essi rappresentato.
Questo modello è via via entrato in crisi ed
è stato soppiantato nella concezione
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fornirebbe, tra l’altro, la possibilità di
contatto e interazione diretti con il
pubblico, con un conseguente aumento
del livello di partecipazione e di consumo
culturale.
Castelbello, Val Venosta
moderna di Stato, dall’idea che il
patrimonio culturale, in quanto bene
pubblico, debba essere sostenuto e
gestito con fondi prevalentemente
pubblici, laddove l’onerosità del restauro
e conservazione non giustifichi un
investimento privato. Questa concezione
è restata valida anche nell’affermazione
del modello delle industrie culturali.
Attualmente, ci si rende conto che la
cultura assume valenza positiva anche al
di fuori del settore specifico e si sta
consolidando il modello delle piattaforme
culturali. In tale ambito, si riconosce che la
cultura ha valore, non solo in quanto
volano dello sviluppo economico di un
Paese, ma anche per la sua capacità di
orientare il contesto sociale di riferimento
verso nuovi modelli mentali e di fornire agli
altri settori del sistema produttivo
contenuti, strumenti, pratiche creative,
valore simbolico e identitario8.
Nell’ambito delle piattaforme culturali è,
allora, fondamentale il ruolo attivo del
pubblico.
Così
come
nei
Paesi
anglosassoni sono largamente diffuse le
donazioni per la conservazione e la
valorizzazione del patrimonio culturale da
parte di privati, anche se di piccola entità,
è possibile auspicare che anche nel
nostro Paese si sviluppi un moderno
mecenatismo privato. Il contributo dei
cittadini al sostegno della cultura
Fonte: Unioncamere e Fondazione Symbola,
“L’Italia che verrà – Industria Culturale, made in Italy
e territori”, 2011.
8
E’ ben vero che il Decreto Legge 6 luglio
2011 n. 98 - che ha introdotto il 5 per mille
“a favore del finanziamento delle attività
di tutela promozione e valorizzazione dei
beni culturali e paesaggistici”9 - ha
costituito un primo passo verso il micro
mecenatismo. Il limite di questo strumento
consiste, però, nel fatto che i contribuenti
non possano scegliere l’organizzazione a
cui destinare il loro denaro (come accade
invece per altri settori come volontariato e
ricerca), che verrà raccolto direttamente
dal MiBACT, il quale si occuperà poi della
redistribuzione delle risorse.
Questo ha creato diverse insoddisfazioni e
polemiche in quanto non dà la possibilità
ai cittadini di controllare come e dove
vengano effettivamente utilizzate le loro
risorse10. Gli esigui incentivi fiscali a favore
di chi effettua donazioni e la scarsa
trasparenza e tracciabilità nell’uso delle
risorse
raccolte
possono
essere
considerate tra i limiti più forti alle
donazioni da parte dei cittadini per il
sostegno alla cultura e per la salvaguardia
del patrimonio nazionale.
L’utilizzo sapiente dello strumento del
crowdfunding potrebbe
certamente
contribuire a superare questi limiti. Ci sono
già alcuni esempi di micro mecenatismo
italiano, come il progetto che ha
permesso il restauro del “Nudo femminile
di schiena” eseguito da Pierre Subleyras
intorno al 1740. Il quadro, di proprietà
della Galleria Nazionale d’Arte Antica di
Roma, è stato restaurato grazie alle
donazioni
raccolte
attraverso
una
fondazione e, dal 7 marzo 2012, è
nuovamente esposto a Palazzo Barberini.
Decreto Legge 6 luglio, n. 98 – articolo 23, comma
46.
10
Cherchi, 2012.
9
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Nell’ampio panorama del crowdfunding
è necessario, però, fare un pò di chiarezza
per
capire
adeguatamente
quali
potenzialità questo strumento possa
esprimere nell’ambito dei beni culturali.
Una campagna di crowdfunding può
essere
condotta
come
iniziativa
autonoma o attraverso una piattaforma.
Nel primo caso un soggetto, ente,
organizzazione o individuo, che necessiti
denaro per sostenere una causa o
progetti singoli, dà vita a una campagna
di
raccolta
online
specifica
per
raggiungere il proprio obiettivo.
Ne è un esempio di successo la
campagna “Tous Mecenes” del Museo
del Louvre, per l’acquisto del quadro “Le
tre grazie” di Cranach da un collezionista
privato. Per la campagna, iniziata il 13
novembre del 2010, è stato creato un sito
internet ad hoc (www.troisgraces.fr) che
forniva
tutte
le
informazioni
sull’operazione e dava la possibilità agli
interessati di fare una promessa di
donazione. Alla campagna hanno
partecipato circa 7 mila donatori,
ricompensati con l’inserimento del proprio
nome all’interno della lista dei mecenati
del museo del Louvre, che hanno
permesso di raccogliere in un mese 1,2
milioni di euro.
Ma questo esempio può essere poco
significativo nel caso di organizzazioni
culturali meno note. A meno che non si
goda di un’importanza e di un’immagine
come quella del Louvre - e si ritenga
quindi di riuscire a raggiungere il proprio
obiettivo in modo autonomo - una valida
alternativa può essere quella di inserire il
proprio progetto all’interno di una
piattaforma di crowdfunding, per dare
maggiore
visibilità
alla
propria
campagna.
Si ricorda che le piattaforme possono
essere suddivise in 4 categorie: equitybased, donation-based, lending-based,
reward-based. Secondo il V Rapporto Rita
Bolzano, Chiostro dei Domenicani
del 2013, la categoria reward-based è
quella più ampia e si rileva una crescita
media annuale rispetto al numero di
piattaforme pari al 79%.
Nell’ambito di una ricerca condotta dal
Dipartimento
di
Studi
Aziendale
dell’Università Roma Tre, si è cercato di
evidenziare le condizioni di successo per
una campagna di crowdfunding relativa
ai beni culturali attraverso diverse
piattaforme, intendendo per successo la
capacità di raccogliere nei tempi stabiliti
il finanziamento target.
I risultati di tale ricerca mostrano che, in
generale, le piattaforme reward-based
sono le più adatte a progetti culturali, ma
che il successo delle operazioni dipende
principalmente da due fattori:
i) la scelta delle ricompense, che
devono essere creative, emozionanti e
coinvolgenti, fornire qualcosa di unico
e raro, che non è possibile comprare,
ovvero “un tipo di beneficio che
consiste nella possibilità di ritorno
economico sul finanziamento di
progetti destinati a qualche forma di
sfruttamento
commerciale”;
d’altronde, sia che si tratti di micro
mecenatismo
che
di
micro
investimenti, senza un coinvolgimento
emotivo difficilmente un consumatore
deciderebbe di pagare per la
produzione di un prodotto anziché
comprarlo;
ii) la creazione di una community,
che deve essere stimolata, coinvolta,
emozionata fin dalle fasi precedenti il
lancio della campagna, aumentando
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in questo modo la disponibilità a
donare degli utenti che ne fanno parte;
è necessario, cioè, sfruttare la rete e gli
effetti
traino
che
rinforzano
comportamenti aggregati11. Perché
ciò sia possibile è però indispensabile
un
rilevante
impegno
di
comunicazione, che richiede un
ingente investimento di tempo e risorse.
Entrambi i fattori vengono positivamente
innestati nei casi in cui vi sia la
segnalazione da parte di soggetti
autorevoli al di fuori del perimetro della
piattaforma. Per questo motivo, la
capacità di gestire la presenza sui social
media
è
fondamentale
per
le
organizzazioni culturali che vogliano
sfruttare il crowdfunding.
timore nell’effettuare un investimento in
crowdfunding.
In conclusione, le organizzazioni culturali
hanno una opportunità senza precedenti:
grazie alle tecnologie ICT, sempre più
pervasive e coinvolgenti, è oggi possibile
non solo intercettare la volontà a
contribuire da parte di moderni micro
mecenati, ma anche sollecitare i
comportamenti collaborativi di una
platea più ampia di soggetti che possono
diventare fruitori di beni culturali, proprio
tramite la partecipazione a campagne di
crowdfunding. D’altra parte, la sfida
dell’audience
engagement
è
certamente una priorità non solo per
l’Italia ma per l’intera Unione europea e il
crowdfunding può essere un tassello
centrale per raccogliere tale sfida.
La ricerca mostra che la volontà a
contribuire da parte di potenziali investitori
in progetti di crowdfunding è fortemente
influenzata da motivazioni intrinseche,
quali riconoscimento e prestigio e
accesso al processo creativo - che
puntano
sulla
centralità
e
sul
coinvolgimento del consumatore nel
processo creativo -, e volontà di
intavolare una relazione più stretta con i
richiedenti. Emerge, infatti, che creare
occasioni esclusive di interazione e di
incontri con i creativi può invogliare a
contribuire in progetti. Da ultimo, incide la
motivazione del bene collettivo, in quanto
utilizzare il crowdfunding per finanziare
progetti con scopi benefici o per l’utilità
della società può essere un incentivo volto
ad aumentare la volontà di contribuzione.
Inoltre, il rischio di carenza informativa
percepito dagli utenti può produrre un
effetto contrario: è opportuno che il
potenziale investitore disponga di tutte le
informazioni necessarie – i termini e le
condizioni alle modalità di pagamento, di
restituzione
dell’importo
qualora
il
progetto non raggiungesse il target
finanziario prefissato, le ricompense
qualora previste -; una carenza potrebbe
produrre un disincentivo e, soprattutto,
11
Ward e Ramachandran, 2010.
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