Professor Terra Terra parte 3 - Le avventure del professor Terra Terra
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Professor Terra Terra parte 3 - Le avventure del professor Terra Terra
CURIOSITA’ versità di Harvard, Soccket è il za inquinare. Per noleggiare il LAMPADINE A BASSO CONSUMO pallone da calcio che trasforma mezzo si può tirarlo letteralmenogni goal in elettricità. Grazie a te fuori da un palo della luce, ~ Nel 2009 la commissione Europea ha vietato la vendita delle lampadine tradizionali per promuovere le lampadine a basso consumo (fluorescenti, alogene o a LED). Le lampadine fluorescenti contengono mercurio, ma in quantità talmente limitata che è impossibile recuperarlo. Un vero peccato, dato che si tratta di una materia prima molto costosa, in via di esaurimento e fortemente inquinante (è un veleno) sia per la salute degli uomini, sia per l’ambiente. È probabile che, durante lo smaltimento, sparpaglieremo qualcosa come una tonnellata di mercurio all’anno nella sola Europa. In sostanza, la lampada fluorescente nasce da ottime intenzioni e, a breve termine, porta dei vantaggi, anche se modesti. Nella pratica, tuttavia, è una di quelle soluzioni che a lungo andare potrebbe portare problemi difficili da risolvere. Per esempio: le future generazioni avranno abbastanza mercurio per tutte queste lampade? Rimpiangeremo la vecchia lampadina di rame, vetro e filamento di tungsteno riciclabili quasi al 100%? un dispositivo interno Soccket immagazzina l’energia prodotta durante il gioco (calci, rotolamenti, rimbalzi) e la converte in energia elettrica, da utilizzare poi per piccoli apparecchi elettronici o lampade led. Bastano 15 minuti di football per tenere accesa 3 ore una lampadina. L’innovativa tecnologia è nata con uno scopo nobile: fornire un aiuto semplice, rapido e pulito alle popolazioni in via di sviluppo che non hanno l’elettricità. Per ora Soccket è disponibile solo attraverso aste online i cui ricavati vengono utilizzati per donare palloni a bambini bisognosi. IL LAMPIONE CHE AFFITTA IL MONOPATTINO ~ Anton Grimes, studente australiano dell’Università del New South Wales, ha riscosso un notevole interesse agli Australian Design Award con il suo “Link scooter system”. L’idea si è sviluppata sulle basi del piano “Sydney 2030”, con cui si è pianificato di ridurre il traffico di auto e di aumentare le IL PALLONE CHE GENERA ENERGIA zone pedonali. In una città a misura d’uomo non c’è niente di ~ Ottenere un po’ di luce prenden- meglio di un monopattino che do a calci una palla: ora si può. funziona ad energia elettrica per Frutto dell’ingegno di quattro dribblare il traffico a una velogiovani ricercatrici dell’Uni- cità di 16 chilometri all’ora sen- 57 sfrecciare verso i vari appuntamenti della giornata per poi rein- serirlo in un altro palo dove potrà ricaricarsi. Il passo successivo sarà forse quello di riuscire a guidarli senza mettere in pericolo la vita degli altri o la propria. Lo stesso Grimes a questo proposito prevede che tutti i monopattinatori siano dotati di casco protettivo e rispettino le leggi stradali classiche senza imperversare tra i pedoni come pirati da marciapiede. Il fatto di usare come fonte di energia i pali della luce esistenti riduce i costi del dispositivo oltre a fornire delle ‘stazioni’ di energia disseminate per tutta la città, pratiche e accessibili a tutti. Girare in città sarà comodo, ecocompatibile e …divertente, non si può desiderare di più. 1 Per risparmiare l’acqua puoi innaffiare le piante dl balcone recuperando quella usata per lavare le verdure o per bollire la pasta (dopo che si è raffreddata). 2 Prova a riflettere se quando usi l’acqua ti capita di sprecarla. Quali abitudini potresti modificare per risparmiarne almeno un po’? 3 Sai da dove nasce e che percorso fa il fiume più vicino a casa tua? Prova a informarti e scopri se è in buona salute. “Il 71% della Terra è ricoperta d’acqua, ma quella potabile è pari solo allo 0,008 %...una quantità minuscola, eppure sufficiente per il fabbisogno dell’uomo. Se non fosse che la maggior parte di essa è presente nelle zone “ricche” della Terra mentre enormi aree (come l’Africa ad esempio) ne sono quasi completamente sprovviste.” … Le parole della Professoressa di geografia mi frullavano nella testa mentre percorrevo la strada di casa. Da qualche mese i VeroSogni mi lasciavano in pace, tutti i miei tentativi di comprendere cosa c’era nel cappello non erano approdati a nulla. Ma una cosa avevo capito: ogni qualvolta un pensiero mi assillava ecco che TAC, i VeroSogni riapparivano. Così quella sera mi misi comodo nel letto e aspettai. Il familiare ticchettio iniziò quasi subito seguito dalla solita sequenza di strane sensazioni e strani odori. Mi ritrovai in una terra desolata, un immane deserto di sabbia e sassi, con un sole cocente che bruciava la pelle e fino all’orizzonte niente. Non sapevo che direzione prendere: ovunque guardassi una linea piatta e tremolante delimitava l’orizzonte rovente. Nessun suono, nessun odore e la sete già mi attanagliava la gola. “Calma Giovannino – dissi a me stesso – è solo un’impressione, hai bevuto poco fa, non puoi avere già sete!” “E poi lo sai che i VeroSogni non sono pericolosi, non può succederti niente!” Così rimuginando iniziai a camminare verso il sole, l’unico punto di riferimento. Quel luogo non era esattamente piatto: ogni tanto delle piccole scarpate si aprivano davanti a me, costringendomi a scendere e poi a salire di nuovo, arrancando nella sabbia. “Cammina, cammina e stai tranquillo, qualcosa succederà!”. Ero già zuppo di sudore e con orrore pensai che mi stavo disidratando, aggiungendo sete alla sete. “Cammina, cammina e stai tranquillo, qualcosa succederà!”. Il sole era una palla di fuoco, sembrava di poter toccare quel calore, come fosse cosa viva. Pensai a tutti quei popoli che ogni giorno devono lottare con quell’ambiente ostile, col caldo, con la sete, senza un condizionatore né una coca cola. “Cammina, cammina e stai tranquillo, qualcosa succederà!”. Ma non succedeva niente, solo la sete aumentava, la gola era già secca e respirare mi faceva male al naso e al petto “qui le cose si mettono male, ma dove sto andando? E perché sono qui? accidenti a te Pettibot!!!” All’ennesima scarpata inciampai, le gambe già molli cedettero e rotolai malamente in fondo a un canalone. Quando mi rialzai sentii la terra sotto di me muoversi. Caddi di nuovo. Un rumore sordo e profondo, accompagnato dal fruscio della sabbia produsse un nuovo scossone e, con orrore, mi resi conto che la terra si stava davvero muovendo sotto di me. Ruzzolai di lato giusto in tempo per veder emergere, come un’enorme balena, un essere gigantesco coperto di scaglie che guardava verso di me, con sguardo per niente rassicurante. “Gambe Giovannino!!” corsi disperatamente, a caso, senza osare guardare indietro quell’orrore squamato. Ma già sentivo il tonfo sordo delle sue zampe che si avvicinavano, fuggire era impossibile, mi prese lo sconforto e caddi ancora sulla schiena. La bocca del mostro, irta di denti aguzzi, si spalancò su di me, investendomi con una zaffata rovente e fetida “è finita – pensai – addio mondo!”. “AHLAHABRFFFRT DSRIFNFV SJSIIE ALHLATTT!” una voce imperiosa si levò dal mio cappello e una cosina rossa volò come un fulmine in direzione del mostro che si fermò di botto. Non riuscivo a distinguere cosa fosse perché volava velocissima spostandosi da un occhio all’altro del gigante, emettendo una interminabile sequela di suoni incomprensibili. Sembrava però funzionare: il mostro si era fermato, seduto, e…..stava facendo le fusa!!!! Con un altro movimento fulmineo la cosina rossa tornò verso di me, solo allora mi resi conto che era Pettibot!!! Si, cioè, non proprio lui. Questo Pettibot non era un robot meccanico, ma un uccellino vero e 58 59 proprio, di un rosso brillante, con due grandissimi occhi curiosi e saggi. Volò sulla mia mano e mi disse: “ok, tutto a posto, sali sul SabbiaSauro, dobbiamo andare!” “Ma io… ma tu...” ero senza parole, mille domande si affacciavano nella mia testa e non sapevo da dove iniziare. “Ho detto sali!!” la voce imperiosa uscì di nuovo dal corpicino rosso fuoco che sparì in un frullio d’ali di nuovo nel mio cappello. “Beh, perlomeno un mistero è risolto: ecco cosa c’era nel cappello!” ma questo pensiero durò solo un attimo, giusto il tempo di vedere una gigantesca zampa afferrarmi senza troppa grazia e gettarmi sulla testa del SabbiaSauro che partì a razzo verso il nulla. Non ebbi tempo di pensare, né di parlare con il mio inatteso salvatore: tutta le mie energie erano volte a stare aggrappato disperatamente alla testona del mostro che, noncurante della mia presenza, fendeva come un capodoglio quel mare di sabbia a velocità stratosferica. Quando si fermò di colpo, facendomi ruzzolare malamente a terra, mi ero già assopito da tempo, con le mani spasmodicamente contratte sulle scaglie rosse e arancio. Sparì in una nuvola di sabbia lasciandomi tutto ammaccato davanti a un villaggio di terra e fango che si affacciava su una pozza grigiastra, vestigia di un antico lago ormai prosciugato. Dalle capanne uscirono alcuni individui magrissimi, vestiti con strane tute color sabbia. Mi alzai, e dissi “Salve amici…io sono Giovannino TerraTerra e vengo dal pianeta Terra…non avreste un po’ d’acqua per favore…stò morendo di sete” …una selva di lance si protese verso di me minacciosamente. Quello che sembrava il capo si fece avanti senza abbassare l’arma, e mi disse: “Amici di MangiaSabbia no amici di Popolo Azzurro. No posto per te qui. Prendi “Pelle Sacra” e va!” e così dicendo mi lanciò un vestito simile al loro. Mi fecero capire a gesti che dovevo indossarlo e così feci. Capii subito a cosa serviva: una serie di microscopici tubicini rivestiva l’interno della veste e terminavano sul collo con due tubi più grandi, da infilare nelle narici. Il tessuto era completamente impermeabile e…GENIALE… tratteneva tutta l’umidità del corpo, la faceva condensare e la racco- glieva in una sacca posta sul davanti dalla quale usciva un altro tubo che filtrava il sudore restituendo…acqua. Un metodo semplice ed efficace per risparmiare quel liquido così prezioso per la vita. Non appena indossai la veste i guerrieri abbassarono le armi, si voltarono e tornarono alle loro occupazioni lasciandomi solo e ancora disperatamente assetato. Dovevo riflettere: essere giunto a cavallo del mostro - evidentemente il loro peggiore nemico - li aveva resi ostili precludendomi ogni possibilità di dialogo e di accedere alla loro preziosissima acqua. Nonostante questo mi avevano dato una possibilità di cavarmela da solo, donandomi la loro “Pelle Sacra” e salvandomi da morte certa. Gironzolai un po’ nelle vicinanze del villaggio, senza sapere cosa fare. Osservai quello strano popolo che mi ignorava come se non fossi nemmeno li. Ogni gesto, ogni oggetto e ogni persona in quel villaggio parlavano di sete, di quanto l’acqua fosse al centro della loro vita, di quanto fosse duro sopravvivere senza di essa. Li vidi bere da strane borracce, poche gocce a testa, quasi come fosse un rito sacro, ma non riuscii a capire da dove venisse, non c’era l’ombra di un pozzo o di una qualsiasi sorgente, solo quel lago grigiastro di melma imbevibile. Giunse la sera e sconsolato mi sedetti su una duna, guardando i fuochi accesi e sognando ogni genere di bibita. Avrei bevuto persino lo sciroppo per la tosse pur di mandare giù qualcosa. Preso dalla tristezza e dalla solitudine mi tolsi il cappello e guardando nel buco chiamai Pettibot, era giunta l’ora di fare alcune domande! L’uccellino uscì dal suo nascondiglio e si posò sul mio ginocchio: “Ciao Giovannino, so già cosa vuoi chiedermi e credo tu sia pronto per una risposta sincera: no, non sono un uccellino né un robot. Non vengo nemmeno dal tuo mondo, bensì da un Universo lontanissimo da qui. Sono un Cercatore. La mia razza ha raggiunto l’equilibrio perfetto, conosce l’amore universale e, dopo millenni passati a inseguire la verità è giunta a una conclusione: non può esistere la felicità se da qualche parte, negli innumerevoli universi esistenti ci sono ancora odio e ignoranza. E 60 61 BRRRROOOOOMMMMMMMMM, la terra tremò forte, e alcune forme scure emersero dal sottosuolo, prima indistinte poi sempre più grandi e possenti. I SabbiaSauri, un branco intero, stavano scavando una trincea tra il fronte del fiume e il villaggio e tutto il fango vi stava affondando. Una figuretta indistinta volava veloce come il fulmine da uno all’altro, cinguettando ordini incomprensibili ma perentori. così ci siamo votati a una semplice missione: cercare chi porta in sé i semi della saggezza e aiutarlo a crescere nell’amore. Sorvolando il tuo pianeta ho visto l’odio e l’ignoranza del tuo popolo, ho pianto per voi. Ma poi ho visto te, ho letto nel tuo cuore e ho capito che eri tu il mio obiettivo. Mi sono fatto “trovare” in una forma che per te fosse comprensibile e ti sto guidando attraverso un percorso che ti porterà a salvare i tuoi fratelli terrestri da …loro stessi. I “VeroSogni”, come li chiami tu, non sono sogni, ma viaggi nello spazio e nel tempo, per suggerirti la strada giusta e farti crescere.” Pettibot era tornato con la cavalleria, altro che fuggito!!! In breve tempo i giganteschi esseri della sabbia avevano scavato una fossa tutto intorno al villaggio scongiurando la catastrofe, feci a tempo a sentire un boato di gioia provenire dal Popolo Azzurro e svenni, esausto. Quando mi svegliai era tutto finito: ero sdraiato su un giaciglio di fortuna sulla riva del lago di fango e alcuni piccoli mi guardavano con apprensione. “Acqua – dissi –acqua vi prego, sto morendo di sete…” Il Capo si fece largo tra la folla, si avvicinò a me e disse: “Amico dei MangiaSabbia salvato ha il Popolo Azzurro. Tu grande eroe, io mi inchino” e così dicendo mi porse una borraccia vuota. Mi alzai frastornato “g..grazie ma, cosa devo farne? … è vuota” “Questo è segreto di Popolo Azzurro, - disse - tu custodire con attenzione” e così dicendo prese la borraccia e la riempì del fango melmoso del lago porgendomela. “Ma non posso berlo, è…..” le parole mi morirono in gola: all’interno della borraccia trasparente il fango passava attraverso una membrana posta a metà del contenitore e dall’altra parte ne usciva …acqua. La bevvi tutta d’un fiato. Era buona, senza alcun sapore. Ecco da dove prendevano l’acqua: la borraccia non era altro che un potentissimo filtro, che purificava e tratteneva tutte le impurità, raccogliendo solo la parte buona di quella brodaglia. Semplice e …geniale! Improvvisamente tutto si sfocò, divenne trasparente e sparì in un vortice di colori. Ero tornato a casa. Mi alzai e nel letto vidi la preziosa borraccia: la “Borsa Della Vita” era tornata con me. Passai tutta la notte a studiarla, a smontarla per capirne il funzionamento. “Se riesco a costruirne una uguale potremo bere ogni tipo di acqua, quella sporca e contaminata dei deserti africani, quella inquinata nei paesi poveri del mondo, forse persino quella salata dei mari!!” Nella mia testolina prendeva forma la soluzione definitiva al problema della carenza d’acqua nel mondo, così cominciai a scrivere sul mio prezioso “diario geniale del Professor TerraTerra”. KABOOOMMMMMMMMMMM. Un lampo immane squarciò il cielo notturno. Non era un lampo normale, di quelli a cui siamo abituati sulla Terra, ma una scarica di energia che rese l’aria frizzante e mi fece rizzare tutti i capelli sulla testa. Il cielo si era fatto scuro, le stelle sparite, un vento gelido si alzò all’improvviso sollevando mulinelli di sabbia in ogni dove. KABOOOMMMMMMMMMMM. Un altro lampo, più vicino, si scaricò a terra li vicino, lasciando un cratere fumante. Nel villaggio, improvvisamente, tutto il Popolo Azzurro si era animato: stava raccogliendo quante più cose possibili e già si stava formando una colonna di persone che arrancava fuori dal villaggio verso l’altura su cui ero seduto. I tuoni e i fulmini si susseguivano sempre più potenti, facendomi tremare fino alle ossa. Iniziò a cadere una pioggia di fango, enormi gocce scure lasciavano buchi nella sabbia. In questo luogo desolato nemmeno il temporale portava finalmente la pioggia, solo una fanghiglia scivolosa e densa di terra. Mi resi conto con orrore che il villaggio, costruito attorno al “lago”, era al centro di un canalone, e se la pioggia fosse continuata, ben presto un fiume di fango e sabbia avrebbe travolto le povere capanne. La lenta colonna di uomini, donne e bambini avanzava su per l’altura, inciampando, trascinando sacchi di oggetti e viveri, cercando di salvare il salvabile, troppo lentamente! “Pettibot, aiutami!!! Fa qualcosa!!!” veloce come un lampo l’uccellino schizzò dal cappello e sparì nell’oscurità. “Maledetto codardo – pensai – tante belle parole e poi quando serve...scappa!!” Corsi giù dalla collinetta e raggiunsi il pianoro, i guerrieri facevano il possibile ma alcuni bimbi più piccoli erano rimasti indietro, tremanti e piangenti. Mi avvicinai a loro, ne presi due in braccio e dando fondo a tutte le mie energie riuscii a portarli in salvo. Ruzzolai di nuovo giù, arrancando nel fango, presi per mano l’ultimo piccolo terrorizzato, ma ormai era troppo tardi, un muro scuro di sabbia si stagliò davanti a noi…. era la fine. Dovevo ancora ringraziare Pettibot per avermi salvato la vita….ma per quello c’era tempo! 62 63 LA VITA IN UNA GOCCIA D’ACQUA VIVIAMO GRAZIE ALL’ACQUA ~ Poche verità hanno valore universale: che la vita dipende dall’acqua è una di queste. Essa è ovunque: sopra, sotto, ma soprattutto dentro di noi: le piante, gli animali e gli esseri umani non potrebbero farne a meno. La vita è nata nell’acqua. I primi organismi vivevano in ambienti liquidi, e dall’acqua traevano tutto ciò di cui avevano bisogno per sopravvivere. Noi discendiamo da quegli organismi e abbiamo conservato molto della nostra origine: il 60% del nostro peso corporeo è costituito di acqua. Un corpo umano può contenerne fino a 47 litri, costituisce i ¾ dei nostri muscoli e del nostro cervello. Per questo ogni funzione del nostro corpo e ogni aspetto della nostra salute sono strettamente legati a questo patrimonio liquido. È l’acqua che trasporta l’ossigeno, le sostanze nutrienti, le vitamine e i minerali alle cellule. È grazie all’acqua che nei nostri muscoli possono avvenire le reazioni con cui produciamo energia e, sempre grazie all’acqua, il nostro corpo può filtrare ed eliminare le sostanze nocive, è ancora lei che lubrifica ogni giuntura del no- stro corpo e rappresenta il suo naturale impianto di aria condizionata grazie alla sudorazione. IL RAPPORTO DELL’UOMO CON L’ACQUA ~ Con la sua comparsa, l’uomo cambiò inevitabilmente anche la “storia” dell’acqua e si rapportò a lei con modalità differenti in relazione ai diversi periodi storici. All’inizio, grato per la sua indiscutibile utilità la trasformò in un mito, adorando divinità acquatiche come le ninfe; nella tradizione cristiana le ha accostate in particolare a Sant’Agnese o alla Vergine Maria e nelle loro vicinanze ha edificato cappelle e santuari, organizzandovi processioni con relative immersioni di fedeli. L’esempio probabilmente più noto è rappresentato dall’apparizione della Vergine a Lourdes, avvenuta, appunto, in una fontana. In questo caso l’acqua guarisce i corpi e purifica l’anima, in altri casi invece si pratica la cultura delle acque termali e delle loro virtù terapeutiche in particolare sul fronte del benessere e della bellezza, tanto che si parla addirittura di ringiovanimento grazie a questa o a quella fonte. Tracce di quell’antica e mitica credenza si trovano ancora oggi nelle nostre campagne con i riti propiziatori per far cadere la pioggia. Poi venne il tempo dell’addomesticamento. L’uomo, pur mantenendo rapporti sempre molto rispettosi, chiese all’acqua di favorire le 64 coltivazioni accettando di abbandonare il suo normale cammino per irrigare i campi, poi le chiese di lasciarsi imprigionare nei tubi per sgorgare al centro delle città, dove venne utilizzata non solo per necessità ma anche per piacere. Nata con i Sumeri, quest’era svanirà con la fine dell’Impero romano per rinascere di nuovo oggi. Durante il Medioevo ci fu un regresso nel rapporto con l’acqua; i pozzi individuali ebbero la meglio sugli acquedotti collettivi, le difficoltà di approvvigionamento costrinsero le popolazioni ad accontentarsi di un mediocre sistema di alimentazione e le fontane rimasero solo come oggetto decorativo di piazze e giardini. Si disse anche che l’acqua faceva male perché causava malattie gastroenteriche e, più in generale, perché il bagno debilitava esponendo a ogni genere di malanno. Con l’800 l’acqua inizia a essere collegata ad un codice sociale che si precisa nelle attenzioni igieniche e che favorisce la scoperta del corpo ed una nuova percezione di esso. Ed è proprio con il XIX secolo che qualcosa cambia, il bagno inizia ad essere una prassi comune, giornaliera o settimanale a seconda delle diverse gerarchie sociali. L’acqua torna a sgorgare nelle città, condotta da nuovi acquedotti e smaltita dai primi impianti fognari, fioriscono le città termali e rinasce il piacere dell’igiene come al tempo dei romani. Infine venne il tempo dello spreco e dell’inquinamento: il nostro. L’ACQUA STA FINENDO? L’ACQUA DOLCE È POCA ~ Sapendo che niente sulla Terra può vivere senza l’acqua dolce, e che un essere umano non può sopravvivere più di tre giorni senza bere, si capisce quanto sia preziosa questa risorsa e quanto sia importante proteggerla. Se facciamo due conti scopriamo che la Terra, pur essendo ricoperta da una grande quantità d’acqua (71% della superficie) ha solo il 3% di acqua dolce, di cui una buona parte (68,9%) è imprigionata nei ghiacciai e nelle nevi perenni, il 29,9% sottoterra nelle falde acquifere, lo 0,9% nell’umidità suolo/aria e lo 0,3% è in superficie. In altre parole, l’acqua dolce superficiale (laghi e fiumi) rappresenta solo lo 0,008% dell’acqua totale presente sul nostro pianeta! Nonostante tutto le acque dolci, sia superficiali sia sotterranee, sarebbero ancora sufficienti per soddisfare le esigenze umane, se fossero ripartite in modo uniforme, invece in alcune zone, sono particolarmente abbondanti, mentre in altri luoghi sono davvero molto scarse. In futuro questi problemi si aggraveranno a causa dei cambiamenti del clima, degli sprechi e dell’inquinamento. Sono molti i Paesi che devono fare i conti con il problema dell’acqua, anche tra i più insospettabili (per citarne alcuni: Israele, India, Cina, Bolivia, Canada, Messico, Ghana e Stati Uniti). Tuttavia, le popolazioni che maggiormente vivono la crisi dell’acqua sono proprio le più povere, appartenenti principalmente alle nazioni dei cosiddetti Terzo e Quarto Mondo. Ormai l’acqua è più preziosa del petrolio, tant’è vero che è chiamata “oro blu” e per averla sono scoppiate numerose guerre in vari paesi del mondo, in particolare in Africa e in Asia dove, giornalmente, donne e bambini dei villaggi più poveri camminano otto ore al giorno per cercare e portare a casa un po’ d’acqua. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che ogni persona dovrebbe disporre di 50 litri di acqua al giorno; in Italia ogni cittadino ne consuma in media 10 volte di più, mentre in Africa ne hanno solo 10 litri e il più delle volte non si può bere perché contaminata. QUANTI SOFFRONO LA SETE? ~ Le cifre parlano di almeno un miliardo e mezzo di persone che oggi soffrono la sete e non hanno accesso all’acqua pulita. Domani, secondo una visione ottimistica, saranno dai due ai sette miliardi. Anche noi “fortunati occidentali” rischiamo di restare senz’acqua? In realtà no se teniamo conto del ciclo naturale (evaporazione, condensazione, precipitazioni) che contribuisce a reintegrare quella che si consuma, ma il problema è un altro: si chiama inquinamento e incuria dell’uomo. La maggior parte dell’acqua dolce che abbiamo 65 a disposizione viene sottoposta agli sprechi personali, agricoli e dell’industria, che contribuiscono non poco a inquinare questa preziosa risorsa rendendola inutilizzabile. Oggi le acque pure non esistono più in nessuna parte del pianeta. Il disboscamento, la cementificazione, l’ impiego di pesticidi e sostanze tossiche e l’inquinamento atmosferico hanno fatto si che qualsiasi acqua risulti inquinata, indipendentemente se raccolta in superficie o dalle sorgenti. Le perturbazioni e i venti spostano gli inquinamenti atmosferici in tutte le direzioni: le piogge acide cadono dappertutto e perciò anche le acque raccolte nei paradisi più salubri (come viene pubblicizzato per alcune acque minerali), risentono delle contaminazioni tanto da intaccarne le proprietà e provocare danni alla salute. Cosa si può fare? Occorre cominciare da una maggiore consapevolezza e da un minor spreco: a livello personale, agricolo e industriale. Ridurre gli sprechi e limitare l’inquinamento delle acque rappresenterebbe già un buon inizio. Unito a un’educazione all’igiene e a un miglioramento delle tecniche di irrigazione in molte parti del mondo. I governi delle nazioni mondiali potrebbero apportare una vera svolta alla questione se solo si decidessero a proteggere l’ecosistema, a promuovere un’industria più pulita e a governare la risorsa idrica in maniera più equa. COME SI LAVA L’ACQUA UNA MANO ALLA NATURA ~ Sappiamo tutti quanto sia preziosa l’acqua, è un dei doni più grandi della natura, ma da qualche tempo l’ambiente non ce la fa più a rigenerare da solo le sue acque. Le industrie, con il loro continuo sviluppo sul territorio, e le città, che si estendono sempre di più, scaricano nelle acque grandi quantità di sostanze inquinanti e pericolose. Per queste ragioni dobbiamo aiutare la natura, trattando e depurando, con tecnologie moderne e sicure, le acque sporche, prima che vengano immesse nei fiumi e nei mari. Utilizzando griglie più fitte si filtrano i rifiuti solidi di piccola dimensione. Sono quelli sfuggiti alla grigliatura primaria, che qui vengono definitivamente bloccati e separati; nella maggior parte dei casi si tratta di cotton fioc, mozziconi, pezzetti di plastica. Ma l’acqua sporca contiene anche sabbie, terriccio, oli e grassi, per eliminare questi materiali l’acqua è raccolta in vasche speciali di “dissabbiatura e disole- PRIMA SI FILTRA ~ Il depuratore è un impianto che pulisce e restituisce alla natura le acque sporche e inquinate che provengono dagli insediamenti civili e industriali, esso riceve tutta l’acqua sporca attraverso tubazioni interrate chiamate fognature. Durante la prima fase di pulitura l’acqua sporca deve essere filtrata, attraverso una prima griglia, dai rifiuti solidi di grossa dimensione: legni, stracci, barattoli, bottiglie ecc. Poi, con l’aiuto di pompe le acque sporche, vengono sollevate e inviate in un canale di raccolta. Da quel punto scendono gradualmente verso le diverse fasi del trattamento. atura”. Le sabbie e il terriccio, che per il loro peso precipitano sul fondo, sono aspirati e depositati in appositi contenitori. Gli oli e i grassi, che mediante l’immissione di aria si concentrano in superficie, vengono invece “scremati” e inviati a un pozzetto di raccolta. 66 POI SI DEPURA ~ Ed eccoci arrivati al cuore dell’impianto di depurazione, sono le vasche di ossidazione biologica. dove vengono eliminate dall’acqua le sostanze che l’hanno inquinata. Per fare questo abbiamo bisogno di aiutanti esperti: sono microrganismi, cioè batteri buoni, già presenti nella stessa acqua sporca che si nutrono di sostanze organiche inquinanti. Il problema è che per vivere i batteri hanno bisogno di ossigeno, ecco perché nelle vasche viene immessa l’aria che, come sai, contiene l’ossigeno. “Caricati di energia”, i batteri cominciano a mangiare, mangiare, mangiare, eliminando le sostanze inquinanti. Durante la permanenza nelle vasche di ossidazione, i batteri tendono a unirsi tra loro formando piccoli grappoli marroni, chiamati “fiocchi di fango attivo”, questi fiocchi sono diventati pesanti e si appoggiano sul fondo della vasca, così sarà facile aspirarli e separarli dall’acqua pulita. Le acque pulite, prima di essere immesse nei corsi d’acqua o riutilizzate in agricoltura, sono sottoposte a un ulteriore trattamento in grado di garantire loro una perfetta e sicura qualità. Lo si fa con raggi UVB o con l’aggiunta di un disinfettante chiamato cloro e, a questo punto, sono pronte per essere restituite alla natura... come nuove. ACQUA POTABILE E ACQUA MINERALE: CI SONO DIFFERENZE? BREVE CONFRONTO ~ L’acqua minerale proviene da una sorgente di per sé pura e protetta, quindi sgorga già possedendo una serie di caratteristiche naturali di qualità. Viene poi imbottigliata, da aziende private, in vetro o plastica, trasportata su e giù per l’Italia (per l’80% su camion) e venduta negli scaffali di negozi, supermercati o distributori automatici a prezzi variabili. Per legge quest’acqua viene controllata una volta l’anno da parte delle stesse aziende imbottigliatrici, le quali inviano al Ministero della Salute i risultati dell’analisi. A parte l’aggiunta di anidride carbonica per renderla frizzante, l’acqua minerale non dovrebbe subire altri trattamenti. L’acqua del rubinetto, invece, ha origini di vario tipo, può essere prelevata direttamente da una fonte ed essere già di buona qualità, oppure può aver bisogno di trattamenti che ne migliorino le caratteristiche o la rendano più sicura per la salute umana. Tutte le acque del rubinetto vengono sottoposte a disinfezione col cloro per proteggerle durante il tragitto nelle condutture fino alle nostre case. Per legge quest’acqua deve essere controllata costantemente e le analisi sono svolte sia dalla società che gestisce l’acquedotto, sia dalle ASL, quindi da due realtà indipendenti tra loro. Il controllo avviene sulla base di 67 caratteristiche, più di quelle previste per le acque minerali, e il costo è fissato dalla società che gestisce la distribuzione, ma in linea di massima è di 1.000 volte più basso delle acque minerali. REGOLE DIVERSE ~ Da questo breve confronto potremmo dire che l’acqua minerale e l’acqua del rubinetto sono sorelle se non ci fossero alcuni aspetti che meritano di essere considerati con maggiore attenzione. Innanzitutto la legge non applica gli stessi criteri perché per l’acqua minerale non sono stati fissati dei limiti alle cariche microbiche, cioè alla presenza di alcuni batteri, mentre per l’acqua potabile sì. Probabilmente il motivo sta nel fatto che l’acqua di sorgente è considerata pura, in realtà la quantità di inquinamento presente oggi sulla Terra influisce anche sull’acqua di sorgente che, prima di essere imbottigliata alla fonte, attraversa terreni formati da rocce e minerali che contengono migliaia di composti diversi. Capita spesso che queste sostanze siano più ridotte proprio nell’acqua trattata dell’acquedotto che in quella della sorgente. Inoltre all’acqua minerale è consentita la presenza di sostanze tossiche (in totale sono ben 19) come l’arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle vietate all’acqua potabile. In verità c’è un motivo per 67 esonerare le acque minerali dai limiti di concentrazione delle sostanze minerali. Un’acqua ricca di calcio, di ferro, di magnesio, di bicarbonato, eccetera, può essere indicata per determinate disfunzioni dell’organismo, tanto è vero che è permesso vantare in etichetta termini come “calcica”, “magnesiaca”, “solfata”, “sodica”, eccetera, Ma come si spiega l’assenza di un limite anche per le sostanze tossiche? E, perché se ci sono non devono neanche essere dichiarate sull’etichetta? Concludendo, abbiamo scoperto che la migliore acqua da bere non si trova necessariamente in bottiglia, che l’acqua minerale, oltre a costare molto più di quella potabile, ha un alto impatto ambientale perché viene trasportata su e giù per l’Italia su camion che inquinano l’atmosfera. Dovremmo aggiungere anche i pesanti costi di smaltimento delle bottiglie di plastica. Infine le varie acque minerali hanno caratteristiche diverse (poco sodio, residuo basso o alto, magnesio, ecc.) ampiamente pubblicizzate, ma quando le scegliamo ricordiamo che l’acqua non deve essere priva di elementi, anzi la presenza di sali minerali (ci sono tutti anche nell’acqua potabile) è fondamentale per la nostra salute. Infine una domanda: l’acqua, anche quella di sorgente, appartiene a tutti, come mai le Regioni ne concedono lo sfruttamento a società private e praticando tariffe molto basse? L’ENERGIA DELL’ACQUA DAI MULINI ALLA CENTRALE ~ Fin dall’antichità l’uomo ha sfruttato l’energia contenuta nell’acqua di un fiume o di in una cascata per far funzionare semplici macchine come i mulini, che furono utilizzati per circa 2000 anni. I primi a impiegare questa tecnica per produrre energia furono i Greci e i Romani che usavano delle ruote idrauliche per la macinazione del grano, mentre la prima centrale idroelettrica è comparsa nel 1880 nel Northumberland (Regno Unito). Si evolse con la Rivoluzione Industriale per servire le prime industrie che dovevano far funzionare le macchine e, fino all’inizio del XX secolo, fu l’unica fonte di energia disponibile. L’arrivo dell’energia elettrica spinse a progettare e costruire nuove ruote ad acqua più veloci, collegate a grosse dinamo che producevano un’adeguata quantità di elettricità. Per far funzionare le dinamo vennero costruiti dei laghi e delle cascate artificiali: le dighe. Questi bacini d’acqua artificiali sono tra le strutture più grandi costruite dall’uomo sulla Terra e servono ad alzare il livello dell’acqua e a creare una riserva d’acqua sempre disponibile, anche in periodi di siccità, quando i fiumi portano poca acqua. Le dighe sono custodite giorno e notte e controllate con grande attenzione: quando il livello dell’acqua sale molto, a causa di abbondanti piogge, si aprono le paratoie e se non fosse suf- ficiente a far defluire le acque, viene aperto anche lo scarico di fondo, una sorta di tappo di sicurezza che fa uscire l’acqua in eccesso. È molto interessante visitare una centrale idroelettrica e scoprire come l’acqua corrente diventa…corrente. Elettrica, naturalmente! In pratica si sfrutta il movimento dell’acqua che, cadendo da una certa altezza, colpisce con forza le pale delle turbine, queste convertono l’energia cinetica dell’acqua in energia meccanica che fa muovere un’asta rotante. A sua volta l’asta aziona un generatore elettrico che trasforma l’energia meccanica in energia elettrica. A questo punto non resta che far “correre” l’energia attraverso una fitta rete di cavi e tralicci per farla giungere alle fabbriche e alle case, far funzionare gli impianti produttivi, illumi68 nare gli ambienti e darci ogni comfort possibile. CHI NE PRODUCE DI PIU’? ~ L’energia idraulica rappresenta approssimativamente un quarto dell’energia totale prodotta nel mondo e negli ultimi anni sta considerevolmente aumentando d’importanza. In molti Paesi, quali ad esempio la Norvegia, la Repubblica democratica del Congo e il Brasile, rappresenta la fonte dominante per la produzione di energia elettrica. L’impianto più grande del mondo è Itaipu sul Rio Paranà, tra Brasile e Paraguay, che ha una capacità di produzione pari a 12.600 megawatt. In altri Paesi invece hanno adottato una politica diversa, preferendo costruire più impianti idroelettrici di piccole dimensioni, come accade in Cina, dove diversi distretti hanno le loro piccole centrali che costituiscono la fonte principale di energia verde. E in Italia cosa accade? Ad oggi l’energia idroelettrica garantisce il 15% del fabbisogno energetico ed è la principale fonte alternativa al petrolio. Certo, non è molto diffusa, ma uno dei limiti dell’energia idroelettrica è dato dal fatto che deve essere geograficamente molto localizzata, nel senso che può essere utilizzata solo in territori montani o che dispongano di salti naturali, come grandi cascate. CURIOSITA’ H2O ~ La formula chimica dell’acqua è H2O, due atomi di idrogeno ed uno di ossigeno, ma come tale l’acqua esiste soltanto in forma distillata. Delle acque normalmente reperibili sulla Terra quelle che più somigliano all’acqua distillata sono quella piovana e la neve. In realtà l’acqua dolce disponibile in natura contiene sali minerali e metalli che, in piccole tracce, sono importanti per la nostra salute: si tratta di sali e oligoelementi sciolti durante il passaggio attraverso il suolo o il lungo percorso di ruscelli rocciosi. COME RESPIRANO I PESCI? ~ Robin, diminutivo del nome proprio francese Robert (= Roberto). Nel francese popolare, infatti, si dice robin il montone, il maschio della pecora, l’ariete. Siccome una volta in Francia la chiavetta che regola la cannella dell’acqua era spesso ornata con una testa di animale (per lo più di montone), cominciò a essere chiamata robinet, cioè “piccolo montone”. Passato in Italia alla fine dell’Ottocento venne italianizzato in robinetto, quasi subito evolutosi in rubinetto. GOCCE DI PIOGGIA ~ Una goccia d’acqua formatasi nelle nuvole, prima di cadere Anche i pesci per vivere hanno a terra sotto forma di pioggia bisogno di ossigeno. Gli orga- vaga in media per 11 giorni, trani con cui riescono a estrarlo sportata dalle correnti d’aria. dall’acqua sono le branchie, che LA FONTANA corrispondono ai polmoni dei CHE FA PASSARE mammiferi. Per ossigenarsi la maggior parte dei pesci aspira GLI ESAMI acqua dalla bocca e la espelle ~ forzatamente attraverso le ca- Se uno studente di Bologna ha mere branchiali ai lati del capo. paura di essere bocciato ad un Alcuni di essi, invece, come i esame come può assicurarsi la pescecani, sfruttano la loro ve- promozione? Ma è semplicislocità natatoria per far circola- simo, basta girare due volte in re l’acqua attraverso le bran- senso antiorario intorno alla chie: questi animali, se costretti Fontana di Nettuno! Dietro queall’immobilità, rischiano di mo- sta superstizione c’è un’interesrire velocemente per asfissia. sante storia di rivalità, di arte e di fontane. IL PICCOLO La fontana di Nettuno di Bologna fu voluta dal Cardinale BorMONTONE romeo per festeggiare l’ascesa ~ Il termine rubinetto deriva da al soglio pontificio di suo zio, 69 Pio IV, nel 1563. Per realizzare l’imponente opera e, soprattutto, la statua del dio del Mare che doveva sovrastare l’opera fu chiamato uno scultore fiammingo, il Giammbologna. Questi era estremamente motivato a realizzare un’opera che restasse nella storia, infatti lo scultore aveva perso il concorso per realizzare un altro Nettuno, quello di Piazza Signoria a Firenze. Per questo, secondo la leggenda, instillò alla fontana la magica facoltà di dispensare fortuna. Questa, tuttavia, non è l’unica particolarità della fontana di Nettuno, un’opera monumentale, per far spazio alla quale fu necessario abbattere un intero quartiere. 1 Preferisci passare il tuo tempo libero chattando o incontrando gli amici fuori casa? 2 Se per un giorno dovessi scegliere tra cellulare e computer cosa preferiresti? 3 Qual è il videogioco più divertente che conosci? Perché ti è piaciuto? “Dai Gio, sono già due ore che stai davanti a quel coso, piantala adesso!!” La voce della mamma, dalla cucina, mi giunse come una scarica elettrica, a disturbare il quinto livello di “WarZone 9” proprio nel bel mezzo di una battaglia all’ultimo sangue contro il Boss finale. “Uffa mamma, adesso spengo, ammazzo ‘sto tipo e arrivo!!” Sempre così: sul più bello devi spegnere il computer e tornare alla vita reale, con i compiti che ti aspettano. “Che bello sarebbe non avere rotture e poter continuare a giocare finché vuoi!!” pensai sconsolato. Pettibot se ne stava buono buono sul suo scaffale, con lo sguardo fisso in chissà quali pensieri…il mio nuovo amico extragalattico racchiuso in un corpicino metallico. Avevo parlato a lungo con lui, ma sembrava che nella sua forma di “giocattolo” non mi potesse rispondere, solo durante i VeroSogni tornava reale. Spensi il computer e lo guardai “E tu che mi dici? Anche nel tuo mondo le mamme rompono come qui?” L’odore di muschio riempì l’aria immediatamente, la sensazione di vuoto fu così improvvisa che mi tolse il fiato... “non vai per il sottile ormai eh?” feci in tempo a pensare, poi tutto si fece trasparente e il mondo reale sparì. molto di questo mondo!” “Cristina Peperina: oh beh, se è per quello io ci sto da un botto ma non ci ho capito un cakkio neanch’io” “ProfTerraTerra: ahahah, ma di che scuola sei?” “Cristina Peperina: skuola? E cosa è? Mi sono persa un nuovo gruppo di Google++? ah no, skusaaaaaaa, è il nuovo gioco di quelli di MukkaVille? Mi hanno detto ke spakka!” “ProfTerraTerra: ehm…no, intendevo quel luogo dove si va ad imparare, sai, quello con i banchi, gli insegnanti (che rompono) ecc.” “Cristina Peperina: boh, io uso YouTube, si fa prima. Ma ke sono ‘sti “insegnanti”?” ZOT. Cristina Peperina è offline, ma puoi comunque mandarle un messaggio. Fine della conversazione. Cominciavo a deprimermi. “Adesso mi alzo e do uno sguardo a questo posto ...” tutto il mio corpo era immobilizzato: le braccia, le gambe e perfino la testa erano avvolti in strisce morbide che mi impedivano ogni seppur piccola azione. Girai gli occhi e vidi che ero in una specie di stanzino grigio, piccolissimo e spoglio, senza finestre e senza colore. “Ho fame” pensai, e subito dal bracciolo della poltrona cui ero attaccato fuoriuscì un tubicino che mi si ficcò in bocca emettendo un liquido denso e dolciastro. Lo schermo intanto passava una serie di spot pubblicitari di merendine liquide supernutrienti “… per non perdere tempo prezioso!” recitava lo slogan. “B…basta!” gridai cercando di non soffocare e improvvisamente il flusso di liquido cessò e il tubicino si ritrasse. Non potendo fare altro digitai sulla tastiera: “Hell Yeah: Ciao Newby! :-) come butta?” la fotografia di Bruce Lee campeggiava sullo schermo davanti a me. Ero seduto su una potrona molto soffice e uno schermo trasparente mostrava la versione tridimensionale di Facebook con quel messaggio. Stranamente non riuscivo a girare la testa, ma pensai che fosse l’effetto del viaggio nel tempo. Chissà in quale strano posto mi aveva portato Pettibot questa volta? Mi accorsi che avevo le dita appoggiate a una tastiera traslucida e digitai: “ProfTerraTerra: …bene, ma chi sei?” Come tutta risposta ricevetti : “A Hell Yeah “ProfTerraTerra: c’è qualcuno che mi può spiegare come si fa ad alzarsi da questa poltrona???” ZOT “LEI STA INFRANGENDO LA PRIMA LEGGE DELLA SACRA CONNESSIONE NEURALE, AL PROSSIMO TENTATIVO VERRÀ DISCONNESSO PER UN’ORA!” La scritta rossa lampeggiava minacciosa sullo sfondo nero dello schermo. “La prima legge di cosa??? – pensai – ma che diavolo succede qui, sono tutti matti?” ZOT “LEI STA INFRANGENDO LA TERZA LEG- serve un cuscino decorato per Capanno di lusso. Invia cuscino decorato tramite Forbidden Chronicles” Il solito gioco idiota! Cercai di muovermi ma improvvisamente un nuovo messaggio comparve accanto alla fotografia di una bellissima ragazza: “Cristina Peperina: ciao bello, chattiamo?” “ProfTerraTerra: …volentieri! Sai, sono appena arrivato e non conosco 70 71 8, 9, …21 ma quante sono ‘ste porte???” mentre correvo disperatamente capii che dietro ad ogni porta c’era una persona, completamente assorbita dal monitor su cui viveva la sua vita virtuale, e rabbrividii. Improvvisamente vidi la numero 26. Entrai ed uscii subito dalla porta sul retro, girai svelto a sinistra e feci due passi ma mi fermai di colpo: il corridoio era occupato da tre ragni meccanici che, immobili, emettevano un ronzio minaccioso. “FUGGITIVO INDIVIDUATO! PROCEDURA DI ARRESTO IN ATTO!” Dalle zampe anteriori degli “spiders” uscirono velocissimi dei sottili filamenti traslucidi che mi colpirono le braccia e le gambe. In breve tempo ero immobilizzato a terra da quei legacci appiccicosi che non potei non paragonare alle ragnatele dell’uomo ragno….solo che lui era dalla parte dei buoni! I robot si stavano avvicinando e uno era già sul mio petto: uno scintillante e freddissimo oggetto metallico, animato sicuramente da pessime intenzioni. Mentre mi appiccicava ronzando delle ventose alle tempie sentii una voce gridare: “Hey tu, ragnetto, che ne dici di giocare?” si girò di scatto, appena in tempo per essere colpito da una potentissima scarica elettrica che riempì l’aria di un forte odore di ozono, come durante i temporali. I legacci si allentarono e di colpo fui di nuovo libero. Dall’altra parte del corridoio c’era una figuretta piccola e tozza, di colore verde chiaro, che imbracciava un fucile enorme. Quando si avvicinò capii che non poteva essere umano: il corpo era una specie di scatola tondeggiante, con due gambe e due braccia corte e smussate, la testa era una cupola su cui spiccavano due grandi occhi furbi e una bocca larghissima. Nell’insieme era piuttosto buffo, ma non dimenticai che quell’esserino aveva imbracciato un fucile ad impulsi degno di Master Chief in Halo 3!!!! GE DELLA SACRA CONNESSIONE NEURALE, DISCONNESSIONE IN CORSO 3 … 2 … 1!” Lo schermo divenne nero e si spense. Un silenzio assoluto mi calò addosso, non un ronzio, non un rumore, seppur piccolo. Provai a chiamare qualcuno, a urlare, a cantare… ma niente, il silenzio più assoluto. Mi sentii improvvisamente solo. Immobilizzato su quella poltrona, senza un rumore attorno né qualcuno con cui parlare, mi resi conto di quanto fosse terribile il silenzio. Poi mi addormentai. BLIP. Mi svegliai di soprassalto, lo schermo, sempre nero, mostrava una scritta piccola piccola, di un verde brillante: “non muoverti e non parlare, segui le mie istruzioni alla lettera” spalancai gli occhi, improvvisamente attentissimo, chi mi stava scrivendo? “digita sulla tua tastiera quanto segue: PROCEDURA STANDARD DISCONNESSIONE NEURALE – password: ABJ-DISCONNECT-1357-ENTER” eseguii alla lettera, con un misto di apprensione e attesa: qualcuno mi stava aiutando, ma a fare cosa? E perché? Una scritta rossa campeggiò sullo schermo: “DISCONNESSIONE NEURALE IN 30 SECONDI – ATTENDERE PREGO” BLIP, di nuovo la scritta verde chiaro: “non appena sarai disconnesso alzati velocemente, esci dalla porta sul retro, gira a destra, poi vai dritto per 25 porte, entra nella ventiseiesima, esci sul retro e gira a sinistra, ti aspetto li” “Ma – dissi io – c…chi sei? Cosa vuoi?” “Taci ho detto, esegui e basta, e fai attenzione agli “spiders”, ti troveranno presto. Non farti catturare!!” “3…2…1…DISCONNESSIONE!” Un rumore metallico associato ad un forte ronzio riempì l’aria e improvvisamente le fasce che mi tenevano legato alla poltrona sparirono al suo interno: ero libero! Mi alzai velocemente, troppo visto che le gambe mi tremavano forte, e persi l’equilibrio cadendo a terra rumorosamente. Una luce rossa iniziò a lampeggiare sul soffitto e una sirena ululò il suo lugubre lamento: “ATTENZIONE, A TUTTE LE UNITÀ, TENTATIVO DI FUGA AL SETTORE 34 BIS, INTERVENIRE!!” “Ciao umano! Ti avevo detto di stare attento agli spiders, hai fatto più rumore tu di un branco di bufali inferociti!!” “G…grazie per avermi salvato…ma chi sei?” feci io intimidito “Mi chiamo Pixie, vengo dal pianeta Hompeig e sono in missione: cerco forme di vita intelligente per farle entrare nella Grande Comunità Galattica delle Intelligenze Superiori. …ma sembra che anche stavolta mi sia andata male, hai visto come si sono ridotti questi poveretti?” “Si “CORRI!!!” la scritta verde era semplice e chiara: mi aveva- – feci io – in effetti mi sembra di vivere in un incubo: anche sul mio pianeta facciamo così, però ci sono i genitori che ci impediscono di perderci completamente nella realtà virtuale, di solito ci sgridano dopo qual- no scoperto! Uscii dalla porta precipitosamente e iniziai a correre. Il corridoio angusto, anch’esso grigio, si estendeva a perdita d’occhio, le porte allineate sembravano non finire mai mentre la sirena mi inseguiva implacabile. “7, 72 73 che ora che siamo davanti al computer….uff, come mi manca la Terra!” “LA TERRA, MA CERTO, ECCO COSA MI RI- tutti i suoi spiders!” Entrai svelto nella porticina e inserii il disco: subito la sirena ricominciò a ululare “GRAVE VIOLAZIONE DI SICUREZZA! TUTTE LE UNITÀ CONVERGANO SUL NODO DI RETE! ALLARME! ALLARME!” I ragni arrivarono in massa, ma Pixie li tenne a bada senza problemi mentre io digitavo come un forsennato i codici di sblocco del Virus. Per un tempo interminabile combattemmo contro le ondate di robot che cercavano in ogni modo di entrare nella stanzetta per eliminarci, ma poi, improvvisamente, lo schermo divenne rosso, tremolò un po’..e si spense! Gli spiders si immobilizzarono, l’intelligenza che li guidava era agonizzante, un rumore sordo si propagò nell’aria e le pareti della stanza si mossero, prima lentamente, poi sempre più in fretta: i muri stavano affondando nel pavimento e lontano, una luce nuova illuminò l’enorme ambiente che ci ospitava. Tutte le poltrone si aprirono all’unisono, liberando una quantità pazzesca di persone intontite e sconvolte. La luce del sole violò la penombra con i colori della primavera e un venticello tiepido mi scaldò il viso: ce l’avevamo fatta! CORDAVI!!! Ci sono stato qualche tempo fa sai? Ma anche li…beh, lasciamo perdere va!!!!” Guidandomi in un dedalo di corridoi tutti uguali mi raccontò cosa era successo su quel pianeta: la gente aveva iniziato a connettersi alla Rete moltissimi anni prima, in principio per poco tempo, poi, mano a mano che la Rete cresceva e i servizi offerti erano sempre più utili e comodi, aveva piano piano dimenticato la vita “vera” immergendosi sempre più in una realtà virtuale, in cui non era necessario essere sé stessi e dove tutto era a portata di mano. La Rete cresceva sempre più, fino a che i server che facevano funzionare il tutto avevano cominciato a… pensare. Si, la Rete stessa era diventata un’intelligenza artificiale, potentissima e assetata di potere. Le prime “poltrone neurali” furono accolte dalla gente come un passo avanti meraviglioso per godersi in tutta calma il mondo virtuale, ma in breve divennero insostituibili. In poco tempo ogni persona di quel pianeta aveva accettato di essere collegata giorno e notte alla Rete, dimenticando la luce del sole, il profumo dell’erba, il caldo abbraccio di una persona cara, in favore di un mondo pieno di opportunità fittizie e irreali. Passammo tutto il giorno a spiegare alla gente che l’intelligenza artificiale che controllava la Rete non esisteva più e che da ora in poi se la sarebbero dovuta cavare da soli. Non tutti furono felici, molti si disperarono per un po’ ma poi, quando scese la notte tiepida e un soffitto di stelle tremolò lassù, lontano, in tanti si abbracciarono e una ragazzina, vicino a me disse: “Che bello! Non avevo mai visto una cosa simile!” In breve tempo l’umanità aveva dimenticato se stessa. “Ma noi possiamo fare qualcosa, adesso!” Pixie mi guardò per traverso, con un sorrisetto furbo. “E cosa? – feci io sconsolato – bisognerebbe distruggere la Rete stessa….una cosa impossibile!” “Impossibile dici? Beh, caro umano, ho una sorpresa per te!” eravamo intanto giunti alla fine di un corridoio, dove una porticina apparentemente uguale alle altre era semi aperta… Stanco ma felice, seduto su una poltrona ormai inutile, ringraziai Pixie per il ruolo insostituibile che aveva avuto in questa storia, e lui si congratulò con me per il mio coraggio. Finalmente Pettibot uscì dal suo nascondiglio nel cappello e mi disse: “Bravo Giovannino, vedo che “vedi quella porta? Li dietro c’é il server centrale di questo snodo. La mia astronave, la UPLOAD, ha elaborato un virus che, se iniettato nel server, si propagherà in tutta la Rete distruggendola! Si, ci vorrà un po’ naturalmente, ma basta iniziare e…aspettare! Pensaci: tutti i computer torneranno ad essere solo macchine e la gente sarà costretta a svegliarsi e ad arrangiarsi…tornerà a vivere!” stai imparando dai tuoi viaggi! Sono orgoglioso di te”. Il solito tremolio, il solito senso di vertigine e mi ritrovai alla scrivania di casa. Ormai mi ero abituato ai VeroSogni e non mi stupii quando mi ritrovai tra le mani un piccolo dischetto rosso a forma di cuore: il regalo di addio di Pixie. Non scrissi niente quella notte, avevo già tutte le risposte nella mia testa, e se le cose avessero preso la piega sbagliata qui sulla Terra, beh, avevo sempre il dischetto no? “Siii, fantastico!! Mi sembra di essere Neo in Matr�! Dai, come dobbiamo fare?” “Prendi questo - disse Pixie porgendomi un dischetto a forma di cuore – qui è ca- ricato il virus, tu inseriscilo e io ti proteggo, non appena il server si accorgerà della violazione ci scatenerà contro 74 75 come sta cambiando la comunicazione TVB SMS ~ La rivoluzione digitale ha influenzato molti aspetti della nostra società: la cultura, l’economia, la politica, l’educazione. Ha modificato abitudini, relazioni e proposto nuove formule, per esempio il commercio online, quindi è facile comprendere perché abbia coinvolto tanti campi, ma c’è un aspetto che li unisce tutti: la comunicazione. In particolare il linguaggio sta subendo un’evoluzione condizionata dalla video scrittura, cioè dal modo in cui scriviamo una e-mail, un sms o un messaggio su Twitter. Le parole d’ordine, soprattutto tra i giovani, sono “sintesi” e “frammentazione”. D’altronde è comprensibile perché il senso della scrittura è dominato dal risparmio grammaticale e sintattico richiesto dagli sms che utilizziamo in grande quantità. Per questioni di spazio o per questioni di tempo (Twitter richiede al massimo 140 caratteri) si sfruttano tutte le scorciatoie, si aboliscono congiunzioni, preposizioni e punteggiatura così si concentrano più informazioni. La scrittura si avvicina sempre più alla lingua orale, il suono conta più delle lettere e ne scaturiscono forme come xke (perché) 8bre (ottobre) ci6 (ci sei) che, a volte, sono veri e propri contorsionismi mentali. Nei licei molti insegnanti si stracciano le vesti, inorriditi del trattamento che i ragazzi riservano alla lingua italiana, sì perché partendo dagli sms si è creata una sorta di contaminazione che induce i ragazzi ad adottare la stessa forma di scrittura anche per scrivere un tema. Quando fu inventato il telegramma, che adottava più o meno le stesse regole degli sms, il futurista Marinetti disse che sarebbe morta la sintassi; per fortuna tale sventura non si è verificata, anche se bisogna ammettere che non si scrivevano cento telegrammi al giorno. È difficile immaginare le conseguenze di una scomposizione linguistica di questo tipo e forse le preoccupazioni degli insegnanti sono realistiche: se un ra- gazzo impara a scrivere così fin dalle elementari è difficile fargli adottare la forma più umanistica della lingua in altri ambiti, come appunto la scuola. Qualcuno dice di non preoccuparsi perchè i giovani hanno sempre adottato 76 un gergo tutto loro, abbandonandolo man mano che crescevano o entrando nel mondo del lavoro che si esprime con codici di comunicazione diversi. Altri sostengono che non sia la stessa cosa, dato che si continua a messaggiare con gli sms anche da grandi e l’impoverimento del lessico, scarno ed elementare sta contagiando tutti. Altri ancora vanno oltre la semplice forma stilistica e vedono il rischio di una sempre maggiore incapacità a esprimere le proprie emozioni; questa preoccupazione ci porta a riflettere, in effetti quanti ragazzi davanti al computer, in chat, trovandosi a dover descrivere la propria gioia, si lasceranno trasportare dal proprio animo e tradurranno, non senza sforzo, la propria sensibilità emotiva con le parole più pregnanti e adatte, invece di cedere al facile utilizzo dell’ennesima emoticon (la classica faccina sorridente)? È ancora troppo presto per sostenere che questo nuovo linguaggio determinerà profondi cambiamenti nelle relazioni, per il momento dobbiamo semplicemente prendere atto che questo tipo di comunicazione è diversa, incorporea, impersonale e immediata. Forse gli adulti dovrebbero imparare a fidarsi di più della saggezza dei giovani, basta un buon insegnante per farli appassionare a una scrittura più accurata e intimistica o la lettura di un buon libro per educarli al gusto e al magico incantesimo dello “scrivere bene”. Diamogli tempo e ci stupiranno. distinguere le bugie dalla verità Parliamo di Social Network. Da una ricerca condotta da Microsoft in 11 paesi europei, Italia compresa, su 14mila utenti, emerge che giovani e genitori non hanno sufficiente consapevolezza dei pericoli che si incontrano su Internet, anzi entrambi sono troppo sicuri delle proprie conoscenze per evitare davvero le insidie della Rete. Secondo l’indagine il 79% dei teenager europei ha almeno una pagina personale su un social network e il 43% ritiene sia pienamente sicuro postare e condividere informazioni personali come il proprio indirizzo di casa, il nome della propria scuola, foto e video, anche di amici. I maggiori rischi riguardano le false identità, la perdita di privacy, la dipendenza (di cui parliamo più ampiamente nella scheda “Eccesso da rete”), la manipolazione del pensiero e l’utilizzo dei dati per fini commerciali. FALSA IDENTITÀ ~ Data la facilità con cui è possibile iscriversi dando false generalità, è evidente la pericolosità che deriva dal non essere certi di chi sia realmente il nostro interlocutore. Basti pensare alla possibilità di adescamento da parte di malintenzionati, oppure ai casi in cui abbiamo comunicato dati personali sensibili e ci siamo ritrovati poi ad avere a che fare con truffatori o, peggio, “stalker”. Evitare, quindi di dare l’amicizia a chi non si conosce, di pubblicare o di co- municare i propri dati a contatti degli utenti al fine di creare un conosciuti da poco e, soprattut- movimento di opinione controlto, di non accettare incontri con lato da loro. sconosciuti. PRIVACY ~ Pochi sanno distinguere cosa sia realmente privato e cosa possa essere di dominio pubblico. Infatti, spesso dati personali quali foto, preferenze od altro, vengono messi in rete senza che ce ne rendiamo conto o che veramente lo vogliamo (anche dagli amici). In pratica ne perdiamo il controllo e chiunque può scaricarli, manipolarli, alterarli parzialmente (pensa alle foto truccate) e divulgarli, provocando “effetti collaterali”, anche a distanza di anni, che non devono essere sottovalutati. Meglio limitare l’accesso ai nostri dati solo ad alcuni amici molto fidati. UTILIZZO COMMERCIALE DEI DATI ~ Non bisogna dimenticare che i social network hanno una natura imprenditoriale, in pratica sono imprese che devono fare business e generare utili. Ma gli utili si fanno vendendo prodotti. E qual è il prodotto da vendere a disposizione dei social network? I nostri dati e le nostre preferen- MANIPOLAZIONE DEL PENSIERO ~ Uno dei vantaggi dei social network è la possibilità di interloquire con migliaia di persone in brevissimo tempo. È un aspetto molto interessante nel momento in cui si creano “blog” in cui si sottopongono questioni utilizzando le risorse di tutti. Ma dietro a questa possibilità si nasconde anche il pericolo di utilizzare una platea così vasta da parte di persone in mala fede che, con argomenti spesso inaffidabili o incontrollabili, cercano di manipolare il pensiero 77 ze, questo è il motivo per cui ci inducono a pubblicarli, più ne pubblichiamo e più il nostro profilo è ritenuto interessante dalle imprese commerciali alle quali viene venduto. Risultato: un fastidioso bombardamento diretto di messaggi pubblicitari, da parte delle aziende commerciali, con poche possibilità di difesa da parte nostra. banda larga e fibre ottiche SEMPRE PIÙ INFORMAZIONI ~ Ogni giorno sulle strade circolano milioni e milioni di autoveicoli, prova a immaginare cosa succederebbe se ci fossero poche strade strette e se non esistessero né autostrade né tangenziali , il traffico sarebbe bloccato, nessuno più riuscirebbe a viaggiare. La stessa cosa accade con le reti di telecomunicazioni perché è proprio attraverso queste reti che possiamo utilizzare Internet e trasmettere a distanza dati, informazioni e immagini. Naturalmente più aumenta la quantità di “traffico”, cioè di dati scambiati, più si deve ampliare la rete che ne consenta il passaggio. In Italia, ogni giorno, 20 milioni di persone utilizzano Internet e la rete che consente la trasmissione delle informazioni è quella telefonica, pensata e realizzata molti anni fa per trasportare solo la voce. Questo sistema, fatto di 110 milioni di chilometri di cavi in rame che raggiungono abitazioni e aziende, non può sopportare oltre un certo carico di dati e, pensando che la tecnologia digitale sarà sempre più sviluppata e fornita online, si comprende come sia necessario adottare una rete più grande, di nuova generazione. Insomma, bisogna ampliare le strade e costruire le autostrade. Gli esperti chiamano questa rete “banda ultra larga”, un sistema che, sostituendo i cavi di rame con le fibre ottiche, riesce a portare molti più dati. Si tratta di un lavoro lunghissimo che alcune città hanno già affrontato, ma visto che comporta una spesa molto elevata, non è di facile attuazione. Uscendo dall’Italia e dando uno sguardo agli altri Paesi si scopre che gli Stati Uniti hanno approvato un grande piano generale per realizzare queste opere, in Europa molte Nazioni hanno iniziato i lavori, mentre Giappone e Corea sono già a buon punto. Ma cosa si può fare con una rete in fibra ottica? Per esempio, le imprese possono progettare linee di produzione collaborando con aziende di altri continenti; le teleconferenze ad alta definizione consentono di “incontrarsi” in rete senza spostarsi, risparmiando tempo e denaro per i viaggi; il commercio elettronico permette di vendere un prodotto in tutto il mondo senza dover organizzare una rete commerciale; sarebbero migliori anche i servizi della pubblica amministrazione e i cittadini eviterebbero ore e ore di code agli sportelli. Senza la banda larga rimarrebbero escluse milioni di piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale della nostra economia e non possono contare su un’organizzazione simile a quella delle grandi imprese. Non c’è 78 dubbio che già dalla metà degli anni 90 le telecomunicazioni siano diventate il motore principale delle economie avanzate, ciò significa che se fossimo in grado di incrementarne l’uso avremmo maggiori vantaggi e potremmo uscire prima dalla crisi. LA FIBRA OTTICA ~ Si potrebbe pensare che una fibra ottica, visto che deve veicolare più informazioni, debba essere più grande del filo telefonico, quello che contiene i fili di rame. In realtà una fibra è molto più piccola di un capello, quasi invisibile, al suo interno passa la luce che trasporta un segnale molto più ricco. Se facciamo muovere due trenini elettrici, uno alimentato col filo di rame e uno con la fibra ottica scopriamo che vanno alla stessa velocità, ma allora dove sta la differenza? In pratica la fibra ottica è in grado di trasportare molti più dati, tornando all’esempio del trenino è come se quello alimentato dalla fibra ottica potesse trasportare molti più passeggeri dell’altro. Ma c’è dell’altro, la fibra ottica può portare più informazioni di diversa natura nello stesso tempo, quasi 100.000 in più di quelle che possono passare in un filo di rame. Il materiale con il quale è costruita la fibra ottica è silice, cioè vetro come quello usato per le finestre ma molto più puro. eccesso da rete UNA SINDROME DI relazione all’isolamento allora network siano nemici malvagi l’uso del web si trasforma in dai quali dobbiamo difenderNOME IAD abuso e l’accesso alla rete di- ci, bisogna solo, come in ogni ~ In America la definiscono IAD (Internet Addiction Disorder), ma la sindrome da dipendenza da Internet, ben lungi dall’interessare solo il popolo a stelle e strisce, si sta diffondendo anche qui in Europa, specie tra i più giovani, che ormai considerano la rete come un elemento fondamentale della propria vita quotidiana. Recentemente, a Milano, è stato ricoverato uno studente universitario per curare un serio problema di dipendenza da Internet, descritto dai medici come un ragazzo molto timido e introverso, giunto quasi alla fine degli studi ma con grandi difficoltà a sostenere gli esami, si è lasciato sempre più catturare dalla rete fino ad abbandonare le lezioni in università, a isolarsi completamente, a invertire il ritmo sonno-veglia e a uscire dalla sua stanza solo di notte per mangiare quello che trovava in frigorifero. Il paradosso è stato che, all’arrivo in ospedale, il giovane non ha voluto lasciare il suo portatile e hanno dovuto “ricoverare” anche “lui”. Sempre più persone, e in particolare gli adolescenti, rischiano di cadere in questo perverso meccanismo trasformando uno strumento importante per il divertimento e la conoscenza in un’arma a doppio taglio. Negli ultimi anni il computer è utilizzato come mezzo di aggregazione, scambio e comunicazione, ma quando molti giovani passano dalla venta un eccesso di rete. Oggi cosa, trovare un punto di equilila dipendenza da Internet costi- brio e non eccedere. tuisce un problema sempre più allarmante, tanto che a Roma è I SINTOMI stato creato un centro di disin~ tossicazione dal web. In genere il disturbo da dipendenza da Internet non viene percepito da chi ne soffre e, quindi, egli ritiene di non aver alcun bisogno d’aiuto. Risulta più evidente nei familiari che gli vivono accanto e che notano alcuni cambiamenti nei comportamenti. Vediamo quali sono quelli più diffusi: stato di nervosismo, insofferenza e a volte aggressività quando il ragazzo viene distolto dalla sua attività online; fallimento, da parte dei genitori, di limitare il tempo dedicato a Internet; stato di euforia ed eccitazione quando è connesso alla rete; tutte le attività che non hanno a che fare I primi pazienti sono stati ragaz- con la rete sono vissute come zi che manifestavano “sintomi noiose; irritabilità provocata da di estraniamento dalla realtà” e astinenza da Internet; si trascudiminuzione del dialogo “faccia rano doveri e piaceri non legati a faccia”, soprattutto tra geni- alla rete: scuola, igiene personatori e figli. In effetti su Internet le, attività sportive, uscite con non si parla e soprattutto viene gli amici e altre forme di intratsoppressa la comunicazione tenimento (lettura, musica, gionon verbale (gesti, espressioni, co, ecc.). A tali comportamenti tono della voce) necessaria per sono collegati anche sintomi comprendere il pensiero dell’in- specifici: inappetenza, pasti irterlocutore, in rete non si arros- regolari o frettolosi; perdita di sisce, è più facile nascondere sonno, stanchezza e difficoltà le vere emozioni, ma a lungo ad alzarsi al mattino; ribellione, andare si sviluppa una vera e ansia e disobbedienza; mal di propria difficoltà a provare e ad testa, di schiena, dolori al collo, esprimere piacere. Questo non arrossamenti agli occhi, disturbi significa che Internet e i social della vista. 79 IL FUTURO DI INTERNET FRA 20 ANNI ~ Dopo aver celebrato il ventennale della nascita del Web, gli esperti della FIA (Future Internet Assembly) guardano avanti, al 2031. Immaginano un futuro in cui Internet ci permetterà di allegare alle e-mail oggetti tridimensionali o di incontrare amici in forma di ologrammi. Hanno anche ipotizzato che i chip saranno così piccoli da poter essere impiantati nel cervello e, per effettuare una ricerca, sarà sufficiente pensare al termine desiderato. Predire il futuro è sempre cosa ardua. Ma nel caso di Internet non mancano gli audaci che provano a immaginare come sarà la rete delle reti di qui a venti o trenta anni. Si limitano a considerazioni puramente tecnologiche, senza analizzare eventuali conseguenze sociali che potrebbero avere un risvolto non proprio positivo, ma ci auguriamo che ci siano tempi e modi per occuparsi anche di questo aspetto. OTTIMISTI, PESSIMISTI ED EQUILIBRATI ~ Nel frattempo una rivista web “The Next web” ha voluto sentire l’umore della gente effettuando un sondaggio online, su Facebook e Twitter, per capire come ci si immagina Internet nei prossimi anni. I lettori si sono divisi tra “ottimisti”, “pessimisti” ed “equilibrati”. I primi sono totalmente in sin- zioni, ci sarà solo un normale sviluppo di servizi con piccole novità che faciliteranno le comunicazioni, qualche vantaggio interessante, ma niente di più. Per esempio: calerà il costo delle connessioni o l’accesso sarà addirittura gratuito nelle città con reti di wi-fi; i motori di ricerca continueranno a esistere ma saranno più innovativi e consentiranno di fare ricerche vocali (in effetti Google sta già lavorando al “Voice Search”); qualcuno prevede il crollo dei social network come facebook o che, perlomeno, se ne farà un uso diverso da oggi. Questa previsione è basata sull’esempio di Windows Live Messenger, un successo sfolgorante ma breve che ha perso molto più della maggior parte dei suoi utenti per via dell’introduzione di un servizio migliore offerto da una piattaforma sociale diversa. Infine anche l’Italia considererà la connessione a Internet come un diritto dell’uomo. Questo già avviene in Nazioni come la Finlandia, la Germania, la Svezia e la Francia e probabilmente lo sarà presto in tutto il mondo perché è un mezzo utile per la divulgazione di conoscenza, di relazioni interdisciplinari, di pubbliche relazioni e di crescita culturale solo privato e, senza concor- oltre che personale. renti, potrà applicare le tariffe È giusto, anche se prima di tutche deciderà lui. Infine sarà una to bisognerebbe impegnarsi a rete sempre più congestionata e rispettare un diritto umano che, lenta perché i ritmi di crescita nonostante tutto il progresso, del traffico aumenteranno mol- non abbiamo ancora conquito velocemente. Gli equilibrati stato: il diritto dell’uomo a non non prevedono grandi rivolu- morire di fame. tonia con gli esperti della FIA di cui abbiamo parlato sopra, ologrammi, allegati 3D, motori di ricerca impiantati nel cervello, ecc. I pessimisti ritengono che il bello di Internet sia già alle spalle perché fra vent’anni non ci sarà più libertà d’espressione, gli utenti saranno tutti identificati e non si potrà più utilizzare il nickname. Pensano anche che la rete sarà proprietà di un 80 CURIOSITA’ BUILDING 33 ~ Nel quartier generale della Microsoft, dove lavorano oltre 50 mila persone, c’è un piccolo edificio chiamato Building 33, protetto dai più sofisticati sistemi di sicurezza. In questa fortezza circondata da abeti secolari ci sono i laboratori in cui gli scienziati sperimentano il futuro delle telecomunicazioni che, a loro dire diventerà realtà entro 10 anni. Nella “casa del futuro” ogni cosa potrà essere comandata a voce e, per esempio, i ripiani “intelligenti” del frigorifero comunicheranno al cervellone centrale gli alimenti presenti, basterà pronunciare ad alta voce il nome di un prodotto per vedere proiettato sulla parete l’elenco di quelli disponibili e di quelli in scadenza. Con un altro comando vocale compariranno le ricette che si potranno fare con gli ingredienti disponibili. In bagno lo specchio riconoscerà chi entra e gli indicherà le medicine che deve assumere; quando i flaconi verranno appoggiati sul lavandino saranno proiettate sulla parete quantità e posologia. Anche il water sarà multifunzione per analizzare le urine, misurare la pressione e la glicemia, poi archivierà i dati che saranno consultabili online quando si andrà dal medico. Lo specchio della camera ci aiuterà ad abbinare i colori degli indumenti che abbiamo nell’armadio; si potranno indossare anche abiti visti in vetrina e non ancora acquistati, sarà sufficiente catturare il “tag” con il cellulare quando si è in giro a fare shopping. Tra le vite che più verranno rivoluzionate ci sono quelle degli studenti. Niente più zaini pesanti o libri ingombranti. Tutto il sapere finirà dentro una tavoletta. Cosa abbastanza prevedibile. Meno prevedibile è l’uso che se ne potrà fare. Una volta entrate a scuola o in casa si collegano al cervellone centrale e proiettano il loro contenuto sulla tv o sulle pareti. Con un colpo di polpastrello si condivideranno compiti e informazioni, mentre i libri di testo saranno animati, multimediali, sempre connessi al web e ai propri computer di casa. La lavagna in classe diventerà una finestra da cui affacciarsi per condividere esperienze e saperi con le altre scuole del globo. Studenti di tutto il mondo potranno parlare tra loro vis-à-vis sicuri di essere capiti perché le 81 loro parole saranno tradotte simultaneamente. IL PARERE DI 007 ~ Ci sono star di Hollywood che amano alla follia i social network, c’è chi va pazzo per Facebook, chi per Twitter, ma non è certamente il caso dell’attore Daniel Craig che, alla domanda della giornalista di Vanity Fair che vuol sapere come mai lui non abbia un suo profilo online, risponde: “Trovo i social network privi di senso. Che cosa dovrei scrivere? Mi sono svegliato. Ho fatto la cacca. Ho letto il giornale? Ma chissenefrega!”. All’obiezione dell’intervistatrice, che i social network servono a mettere in contatto tantissima gente, risponde: “Questo può valere per il Medio Oriente, per ambiti socio-politici molto diversi dal nostro. In certi casi possono rivelarsi molto utili, come si è visto durante le rivolte in Egitto. Ma, per noi occidentali, è una stronzata. Zuckerberg non è diventato multimiliardario perché fa incontrare le persone e agevola lo scambio d’idee, ma solo perché vende le informazioni alla Pepsi o alla Coca-Cola. Quindi, chi sceglie di stare su Facebook ha deciso di vendersi. Se davvero voglio incontrare gente, vado a bermi un drink con qualcuno e ci parlo faccia a faccia”.