il giornale del Trotter

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il giornale del Trotter
Pag. 2-3
I rapper
dello “zio”
I Club Dogo
e la loro musica
a bordo piscina
il giornale del Trotter
I
confini esistono per dare dei limiti. Ma anche per essere superati. Le regole vanno rispettate ma,
se non esistesse la possibilità di
infrangerle, non avrebbero senso.
Ci sono quindi un “di qua”, e “un di là”.
Due zone distinte, complementari, una
necessaria all’altra.
Esiste però anche una terza zona, molto
meno facile da decifrare e descrivere.
Una zona d’ombra pericolosa e affascinante. Una zona dove i confini sono sfumati, le regole a volte sovvertite.
Questo numero di T è dedicato alla pirateria. Al pirata che c’è in noi. Il pirata
buono.
segue a pag. 8
Pag. 6-7
Uniamoci
e zappiamo
Guerrilla gardening
in Via Padova
Periodico d’informazione del Parco Trotter - anno 2 numero 2
maggio 2011
Pirati
dentro
T-INCONTRO 3
il giornale del Trotter
il giornale del Trotter
le stesse cose che si fanno di là. Bisogna italianizzare il
concetto di rap. Quindi noi ci ispiriamo nel senso che
ascoltiamo tanta musica, però abbiamo cercato di dare
un’impronta Club Dogo alla musica rap.
Quando fate una nuova canzone la fate tutti e tre insieme o quando a uno viene qualcosa lo dice agli altri?
Dipende, il più delle volte succede che uno ha un’idea,
spesso Guè perché è lui il cervellone del gruppo, per
cui gli viene in mente ad esempio che vuole parlare
di questo albero, di quante foglie ha. Si discute, se
l’argomento sta bene a tutti Don Joe fa la base e ce la
manda. Quando abbiamo la base iniziamo a scrivere
ognuno la sua strofa. Altre volte invece ci viene un’idea
e si lavora tutti insieme. Abbiamo fatto un programma
alla televisione; lì bisognava scrivere i pezzi in mezz’ora
ed eravamo tutti e tre in studio. La musica dance è
facile da comporre, invece fare il rap è un’altra cosa
perché oltre alla musica devi mettere un sacco di parole. E’ la musica più scritta che esista il rap, ci sono un
sacco di parole. Altro che “stunf stunf stunf”: scrivere
le rime è uno sbattimento.
Come andavi in italiano?
In italiano andavo benissimo fino alle medie, poi mi
sono fermato. Ma tu non devi fare solo la terza media,
perché io ho avuto culo ma tu magari no e se smetti di
studiare poi ti tocca fare un sacco di sbattimenti, lavori
faticosi...
Qual è il percorso per diventare cantante?
Ci vuole passione, ti deve piacere quello che fai.
Questo vale per il rapper, ma anche per l’operaio, per
il panettiere. Se tu fai il panettiere e non ti piace fare
il pane, fai il pane che fa schifo. Se invece hai la passione di fare le pagnotte, farai le pagnotte più buone
del Parco Trotter e verranno tutti da te a comprarle.
Quindi ti deve piacere quello che fai. Poi devi metterci
della costanza, nel senso che ti devi sbattere, fare tante
cose e, anche se delle volte le cose non ti vanno come
vorresti, devi continuare a insistere. E poi devi avere
un po’ di culo. Quello ci vuole
sempre.
b
u
l
C o
g
o
D
fenomeno della città che poi fortunatamente è diventato il feno-meno delle città perché la problematica di
Milano è più o meno la problematica di Roma ,
I vostri genitori cosa ne pensano del successo che avete
fatto con la musica?
Sono molto contenti. Devo dire che per quanto mi
riguarda io sono sempre stato appoggiato in questa
cosa, non sono mai stato ostacolato. Però io ho sempre
lavorato e prima di mollare il lavoro per fare il cantante e basta ho avuto la certezza che quella potesse
essere la mia strada: quando abbiamo firmato con una
grossa etichetta allora ho mollato tutto. Non è che c’è
stato un disastro familiare per cui uno dice “adesso
mio figlio cosa farà?” Di dispiaceri comunque ne abbiamo regalati... dai 14 in su è stata tutta una lunga
sequela di dispiaceri.
Gruppi che vivete come rivali?
Per l’hip hop italiano è un momento florido e i professionisti, che sono poi 4-5 tra cui noi, non si vivono
come rivali, ma come compagni essendo la situazione
discografica italiana disastrata nel senso che abbiamo
un mercato dominato da artisti vecchi e radio mafiose
che passano solo lo stesso genere. In questa situazione
avere una competizione
negativa
tra artisti hip hop
non è molto intelligente. All’estero
c’è un business
diverso e quando
ci sono dei dischi
in uscita gli artisti
iniziano a sfottersi
l’uno con l’altro
in modo che poi
le vendite hanno
delle
impen-
primo concerto?
Il primo concerto è stato una roba fetente, c’erano sei
persone. Però la prima volta che siamo usciti sul palco
e ci siamo accorti che eravamo diventati una cosa grossa fu al Rolling Stones anni fa, forse nel 2005: c’erano
circa 2mila persone. Io sono rimasto senza fiato La
volta prima ce n’erano 100, te ne trovi 2mila e dici “ok,
prendiamoci seriamente ché magari riusciamo a fare
qualcosa di bello”.
Donne tante? Hai avuto ragazze metallare?
Donne? Sì vabbeh non ci possiamo lamentare, anche
se alcuni di noi hanno appeso il cappello al chiodo per
provare a fare una vita più normale. L’affluenza non è
male comunque. Una donna metallara no, non ce l’ho
mai avuta, però non escludo: non sono razzista.
Se vi proiettate 10 anni più in là come vi immaginate?
(Guè) Io immagino di fare un film lavorando alla colonna sonora e alla sceneggiatura e nel frattempo di
avere magari vinto un disco d’oro,
(Jake) Io immagino di restare comunque nell’ambito
della musica perché il rap non è che lo puoi fare fino
a 60 anni a un certo punto devi capire come cercare
di capitalizzare tutto quello che hai fatto e spostarlo da
nate. In Italia non funziona perché non c’è una scena hip hop così vasta. All’inizio
c’era sempre questa cosa che i discografici cercavano
di metterci per forza contro Fabri Fibra, quando in realtà non abbiamo niente contro di lui e anzi, abbiamo
lavorato a delle cose insieme che presto usciranno.
(Guè Pequeno) I nostri antagonisti più che altro sono
quelli che fanno musica leggera, gente di cultura, di
spettacolo. Gente della politica. Il nemico è quello.
Come avete fatto a dribblare l’ostracismo delle radio?
Più che aver cercato di farlo, c’è capitato. Noi non abbiamo iniziato a suonare con il pensiero di dover per
forza diventare famosi. Il nostro primo disco ha avuto
un grosso successo, di conseguenza ne abbiamo fatto
un secondo cercando di migliorarci e anche questo è
andato molto bene. Quando non ti passano le radio e
produci con un’etichetta indipendente, il successo lo
misuri dai concerti. Noi abbiamo iniziato a fare concerti con migliaia di persone senza avere un disco in
classifica, senza avere un disco nei negozi. Un giorno
questi hanno alzato il telefono e ci hanno detto “signori Club Dogo, venite qua”. Quello è successo.
Che sensazione avete provato quando avete fatto il
un altro lato del business. Però è già un buon successo,
siamo migliorati: fino a qualche anno fa se mi dicevi
come mi sarei visto nel futuro beh...
Siete sempre in giro, state iniziando la promozione di
un nuovo disco?
No in realtà stiamo finendo quella del vecchio che
comunque va benissimo: è sold out in tutta Italia. Fra
poco inizieremo a produrre il nuovo album e nel frattempo lui e Don Joe hanno realizzato dei dischi come
solisti che usciranno presto.
La città più bella che avete visitato?
Milano (risate). No New York. E’ banale ma è così.
Milano è peggiorata in questi anni?
Sì, eccome. E’ la città dove siamo cresciuti e quindi
ci siamo legati, però per quanto riguarda gente della no-stra età e anche più giovane è un posto dove si
pensa solamente agli over 50. Se c’è un luogo dove si
aggregano più di 15 giovani il giorno dopo si tenta di
chiuderlo, i locali o sono stati tutti assorbiti dai supermercati o stanno tutti chiudendo perché gli rendono
la vita impossibile con le licenze, locali per concerti
non ne esistono quasi più... sta diventando davvero
una schifezza.
parola in rete
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Ora vivon
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untuali come solo i professionisti sanno esserlo,
alle 14.30 di una meravigliosa giornata di sole i
Club Dogo si materializzano al Trotter. Jake La
Furia e Guè Pequeno (Don Joe, l’uomo delle basi non
è potuto venire perché sta registrando) scendono da
un pullmino Mercedes accompagnati da Emi Lo Zio,
un amico che ha vissuto a due passi dal Parco e che ora
“tiene” l’agenda del gruppo in tour perenne. Alcuni
ragazzi sono rimasti sorpresi: “Non credevo che sareste
venuti. Se siete qui allora vuol dire che questo è un
posto importante” dice uno, mentre in gruppo ci dirigiamo verso la piscina, il posto più hip hop di tutto il
Trotter. E superata la timidezza iniziale, parte il fuoco
di fila delle domande.
Come si è formato il gruppo? Eravate già amici?
Sì, eravamo amici e all’inizio
facevamo musica rap un po’
per gioco. Circa dieci anni fa
abbiamo formato un gruppo
che si chiamava le “Sacre
Scuole” ed era formato da
me, da Guè e da un altro e
che poi si è poi sciolto per
motivi che non c’entrano niente con la musica. Io e
Guè ci siamo detti quasi scherzando “chiamiamoci
Club Dogo e facciamo un altro disco”. Il nostro primo
disco Mi Fist andò molto bene e quindi da che era un
gioco, piano piano, con molta fatica, è diventato un
lavoro.
Il nome da dove arriva?
Club perché siamo un gruppo di amici e attorno al
gruppo ruotano altre persone che sono diventate la
DogoGang con tanto di presidente, insomma... Club
per quello. Dogo invece perché è un cane argentino
tipo pitbull ma un po’ più grosso e tutto bianco. Ci piaceva il fatto che fosse un cane molto
forte, così come la nostra musica è molto
forte. E quindi ci siamo chiamati Club Dogo.
Un po’ una scusa per dire che ci piaceva il
nome...
Vi siete mai pentiti di qualcosa che avete messo nelle canzoni? Qualche frase...
No, nel senso che noi cerchiamo di parlare
sempre di attualità, di cose che succedono,
oppure di raccontare delle storie prendendo
spunto da quello che ci è successo o che è successo a gente che è vicino a noi. A volte parliamo anche di cazzate e quindi non c’è niente
di cui pentirsi perché noi non cerchiamo di
dire a qualcuno cosa dovrebbe fare. Noi parliamo della nostra esperienza,
di quello che
abbiamo visto e
di quello che abbiamo fatto. Difficile poi pentirsi
di una cosa che
stai raccontando e che ormai è successa.
C’è qualche artista che vi piace e da cui prendete spunto per i vostri pezzi?
Noi ci ispiriamo al rap americano perché
l’abbiamo ascoltato tantissimo, lo ascoltiamo
ancora tanto ed è inevitabile che questo un
po’ influenzi la nostra musica. Però è difficile ispirarsi al rap americano perché la
lingua è molto diversa. E’ una questione di
metriche, di rime d’incastri di parole... la cadenza è molto diversa e non si possono fare
Foto di Sara Mahmoudi
“Io e Guè siamo
come marito e moglie,
litighiamo sempre.
Poi, gridando, risolviamo”
Noi siamo stati
poco fortunati devo dire la verità
però abbiamo saputo sfruttare bene quella poca fortuna che ci è arrivata addosso.
Vi è mai capitato di litigare tra di voi?
Sempre. Io e Guè siamo come marito e moglie, litighiamo sempre. Dovendo mettere d’accordo tre persone
su ogni decisione è ovvio che ci si scontra, però noi
siamo amici, lavoriamo insieme da tanto tempo e anche se litighi, poi pensi al bene del gruppo. Quindi
magari su delle cose io non sono d’accordo o lui non
è d’accordo, ma poi discutendo, ovvero gridando, riusciamo sempre a trovare una soluzione.
Vivete ancora in quartiere? Al Corvetto giusto?
No, noi veniamo tutti da parti diverse. Il fatto che i
Club Dogo siano legati al quartiere è sempre stato un
misunderstanding perché nessuno di noi è dello stesso
quartiere: siamo legati alla città, parliamo della città
in generale. Nell’ambito nostro, Marracash è il rapper più legato al quartiere perché lui è della Barona,
è sempre stato là, sta ancora là. Noi invece siamo un
4 T-LIVE
il giornale del Trotter
Quando il matto
dà spettacolo
Romeo+Juliet@Trotter
Un progetto teatrale che rivisita Shakespeare al tempo di Facebook. E che serve a fare “gruppo”
L’incredibile monologo di Antonio Rezza per mettere
in scena le mille forme del disagio psichico
“
Foto di Alba Greco e Milka Nabarrete
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Alcuni dei protagonisti della pièce teatrale Romeo e Giulietta. Dall’alto a sinistra: Jessica, Gemma, Laura, Jacopo, Isabel, Clarissa, Alfie. Sotto: Magdelin, Camilla, Zheng, Rosa, Aya, Nicole.
Q
uesta è una cosa po’ diversa... arrivano ragazzi anche da altre scuole, sono andati a Roma
a vedere uno spettacolo e a conoscere attori
come Scamarcio, che era il protagonista”. “Scamarcio?”.
“Sì, proprio
lui, vi piace?”.
“Insomma”.
Non è che
l’entusiasmo
fosse alle stelle
quando
abbiamo proposto questo servizio ai ragazzi della 1B che
- saltando praticamente il pranzo - si sono presentati al
teatrino un venerdì pomeriggio per assistere alle prove
di “Romeo e Giulietta” e intervistare attori e attrici appena più grandi di loro. Difficile soprattutto trovare un
nesso tra “Romeo e Giulietta” e i pirati.
E’ bastata la prima scena, però, per capire che nel testo
“made in Trotterland” l’amore e il sangue (virtuale)
corrono al ritmo delle chat e dei social network e che i
pirati c’entrano eccome in questa Verona rinascimentale che altro non è che un un gioco di ruolo. Montecchi e Capuleti si odiano perché controllano due
piattaforme concorrenti, Romeo e i suoi amici violano
network protetti per il gusto della spacconata, per andarsi a divertire a casa dei loro nemici, mentre il furbo
Paride – anche lui in affari - combina un matrimonio
d’interesse con Giulietta per entrare in possesso del codice Capuleti.
Una trama un po’ spiazzante e i ragazzi ne chiedono
subito conto al regista-autore Amedeo Romeo: “Quando abbiamo iniziato a formare il gruppo teatrale li sentivo sempre parlare di Facebook. E anche adesso. Così
ho pensato di ambientare la storia in rete riadattando
il testo a una realtà più vicina al loro vissuto di quanto
non sia la Verona shakespiriana”. Operazione riuscita
a giudicare dalla passione e dall’impegno che i ragazzi (quasi tutti delle terze e qualcuno delle seconde) ci
mettono nelle prove. Anche loro hanno mangiato giusto un panino dopo un’impegnativa mattinata a scuola, ma si vede che recitare li diverte: “Per imparare la
parte devi muovere il corpo, riprodurre gesti e studiare
molto bene il testo - dice Giulietta, una delle tante -,
ma recitare mi piace soprattutto perché mi permette di
entrare in altre vite, di vestire i panni di qualcun altro”.
Sì, avete capito bene: la protagonista non è rappresentata sempre dalla stessa attrice “altrimenti le altre non
farebbero quasi nulla” e - a proposito di panni - nessuno sa nulla dei costumi di scena: “Non ho ancora detto
niente per farli concentrare sul testo, sulla loro parte”,
chiosa il regista. Il debutto però è ormai vicino: venerdì
27 maggio alle ore 18 presso il padiglione Tommaseo.
Anche i ragazzi della 1B stanno preparando uno spettacolo teatrale e sono molto curiosi: “Come fate a imparare a memoria 42 pagine (è la lunghezza del copione,
ndr)?”
“Muovendoci, agendo:
se
capisci
fino in fondo la tua
battuta
è
più facile impararla e poi ripeterla”, “Aveto scelto voi la
vostra parte?” “No” “Io sì, Benvoglio l’ho scelto io perché mi piaceva il personaggio”. “Avevate già fatto teatro
prima?” “Qualcuno sì, ma la
maggior parte
no”. “E Scamarcio?” “Vederlo in mutande
è valso la trasferta a Roma”. Già, il fine settimana romano, a vedere
“Romeo e Giulietta” al Teatro Eliseo e poi a divertirsi
e a fare casino fino a notte fonda. “E’ servito molto e
ha rafforzato lo spirito di gruppo - sottolinea Amedeo
Romeo - Questo laboratorio teatrale è partito da zero lo
scorso ottobre. E’ il primo anno che lo facciamo”.
ROMEO: Senti, amico, io non voglio
rischiare. Le regole le conosci anche tu.
Violare una piattaforma protetta è reato...
Era assolutamente necessario quindi creare un gruppo
coeso, capace di accogliere non solo chi bene o male
già si conosce perché frequenta la stessa scuola e il parco, ma soprattutto ragazzi che arrivano da altre scuole e
realtà del quartiere. Il laboratorio teatrale si chiama “La
strada dei racconti” ed è realizzato da Parole in Gioco
in collaborazione con la Casa di tutti i Colori - Cooperativa Farsi Prossimo. L’idea è quella di offrire attraverso
il teatro un percorso di crescita ai ragazzi nella fascia di
età per-adolescienziale, quella per la quale a Milano (e
in zona 2 in particolare) c’è davvero poco.
La trasferta romana non è servita solo a fare gruppo,
ma a vedere uno spettacolo vero con attori veri, a
comprendere come la recitazione richieda grande
disciplina e come il
teatro possa anche
diventare emblema
di tra-sgressione e
di protesta: il Romeo e Giulietta di
Valerio Binasco andato in scena a Roma, infatti, nasce dall’esigenza di
lottare contro i tagli alla cultura imposti dal governo. Gli stessi attori (per Scamarcio era la prima volta
a teatro) hanno fatto un grosso sacrificio economico
rinunciando agli abituali chachet pur di esserci e di
lavorare con Binasco.
BENVOLIO: E chi se ne frega?
È reato, ma non dovrebbe esserlo...
Sei diventato come tutti gli altri.
L’orchestra che strilla
M
usica,danza e giocoleria.Un gruppo,una
bandaaffiatatadiragazzinitrai9ei14anni
che si esibiscono per strada, stupendo il
pubblico. E’ questo l’obiettivo dell’Orchestrilla, il
progetto promosso dall’Associazione Amici del
Parco Trotter in collaborazione con la scuola Casa
del Sole che si rivolge non solo agli alunni del Trotter, ma a tutti i ragazzi del quartiere. Un progetto di
coesione sociale per l’età della pre-adolescenza
come il laboratorio teatrale “La Strada dei racconti” (vedi articolo sopra) e, non a caso, i due
progetti debutteranno insieme venerdì 27 maggio a partire dalle 17. A dirigere l’Orchestrilla tre
maestri che abitano in quartiere: Massimo Latronico, direttore dell’Orchestra di Via Padova che si
occupa dell’istruzione musicale, l’attore Claudio
Cremonesi che insegna giocoleria e arti circensi
e la danzatrice cubana Mavis Castellanos. A parte
l’esibizione, chi fosse interessato potrà incontrare
i referenti e gli artisti martedì 7 giugno in occasione della Festa di fine anno e della presentazione del progetto al pubblico. Le iscrizioni dei
ragazzi riapriranno poi a settembre.
3
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8
na Festa nel segno del teatro, non solo per il grande
spettacolo itinerante che si terrà al Trotter sabato sera
(vedi articolo di lato) e per le altre mille performance
che si svolgeranno durante la due giorni di Via Padova, ma
anche per la decisione di chiudere la Festa con Antonio Rezza,
un attore e autore di fama nazionale che si esibirà domenica
sera all’Anfiteatro della Martesana con Pitecus, uno dei suoi
più famosi lavori teatrali. L’opportunità di portare Rezza alla
Festa di Via Padova si deve alla Fondazione Bertini che si occupa di disagio mentale e che proprio in concomitanza con
la Festa organizza Fuori Dove 2011 (sabato 21 maggio, ex
oratorio di Via Caroli a partire dalle 12), una manifestazione
in cui quest’anno le esperienze più innovative nel campo
dell’housing e della cura psichiatrica dialogheranno con le
forme di convivialità e di accoglienza sperimentate in questi
anni di diversi luoghi sia reali sia virtuali, dentro e fuori la città
di Milano. Lo spettacolo di Rezza dunque si inserisce in questa
cornice e in un quartiere-laboratorio in piena trasformazione
qual è Via Padova. Pitecus è una storia multiforme che racconta storie di tanti personaggi, un andirivieni di gente che vive
in un microcosmo disordinato: stracci di realtà si susseguono
senza filo conduttore, sublimi cattiverie rendono comici ed
aggressivi anche argomenti delicati. Non esistono rappresentazioni positive, ognuno si accontenta, tutti si sentono vittime,
lavorano per nascondersi, comprano sentimenti e dignità, non
amano, creano piattume e disservizio.
I personaggi, dice lo stesso Rezza, sono brutti somaticamente
ed interiormente, sprigionano qualunquismo a pieni pori,
sprofondano nell’anonimato ma, grazie al loro narcisismo,
sono convinti di essere originali, contemporanei e, nei casi più
sfacciati, avanguardisti. Parlano un dialetto misto, sono molto
colorati, si muovono nervosi e, attraverso la recitazione, assumono forme mitiche e caricaturali, quasi fumettistiche. Insomma, uno spettacolo assolutamente da non perdere.
Visitare Via Padova, con una guida “straniera”
A
immediatezza la storia delle migrazioni
che costituiscono l’anima della Milano
di oggi e scoprire luoghi incantevoli (le
antiche ville, la chiesta e l’ex convento)
e nuovi crocevia di incontro, scambio e
socialità come il Trotter e il parco della
Martesana. L’idea è quella di fare un
viaggio intorno al mondo nell’arco di
una via.
Milano Migranda prende le mosse
dall’esperienza già consolidata di Torino e Roma dove i tour di Porta Palazzo,
San Salvario e dell’Esquilino rappresentano una delle “perle” dei pacchetti del
turismo responsabile e sono gettonatissimi. A promuovere l’iniziativa è il tour
operator Viaggi Solidali che con Acra,
Agrobiodiversità e Oxfam Italia vuole
estendere appunto l’esperienza a Mila-
Festa di via Padova
Una babele di colori, di suoni, di iniziative. Si preannuncia così la seconda edizione della Festa di Via
Padova, una due giorni in cui le oltre 50 associazioni e realtà che lavorano con continuità sul territorio
mostrano alla città la ricchezza artistica e culturale che
il quartiere più multietnico di Milano esprime e come,
pur tra difficoltà di vario genere, si possa far avanzare
un modello di città diverso, che punti all’inclusione
sociale e alla pacifica convivenza tra cittadini italiani
e non italiani. Il programma completo delle iniziative
in calendario il 21 e 22 maggio potete trovarlo su www.
meglioviapadova.org. Qui, in sintesi, riportiamo ciò
che l’Associazione Amici del Parco Trotter con il patrocinio della scuola Isc Casa del Sole ha organizzato
nell’ambito del Parco.
Sabato 21 maggio
Milano è migranda
Torino e a Roma è già una storia di successo, a Milano è altamente probabile che lo diventi,
visto che la sperimentazione ha imboccato la via giusta: Via Padova. La due
giorni di Festa delle associazioni del
quartiere è infatti l’occasione per inaugurare la prima passeggiata di Milano
Migranda, un progetto di turismo responsabile che propone la visita guidata
del quartiere più multietnico e multiculturale della città accompagnati da
cittadini di origine straniera. Le guide
migranti hanno partecipato a un corso
di formazione ad hoc per portare i turisti alla scoperta della storia del quartiere, delle sue migrazioni e dei suoi
nuovi abitanti. Percorrendo Via Padova
è possibile ricostruire con semplicità e
l’iniziativa 5
no, Genova e Firenze. A Milano la sperimentazione parte in collaborazione con
Mowgli, realtà attiva nel settore del turismo responsabile, e con il contributo
del Comune di Milano.
Il progetto verrà presentato ufficialmente a Villa Pallavicini (Via Meucci
3) domenica 22 maggio intorno alle 14
e subito dopo prenderà il via il primo
tour di Via Padova che dalla Villa arriverà fino al Trotter, dove è poi prevista
l’accoglienza dei viandanti e una visita
guidata del Parco e della sua scuola
che rappresenta un patrimonio di inestimabile valore per tutta Milano. La
passeggiata è gratuita, ma il numero di
partecipanti è limitato. Per prenotazioni mandate un’email a: [email protected]
Si inizia al mattino con
la festa delle scuole
del Parco, un evento
nell’evento, che
mobilita oltre un
migliaio di bambini
e le loro famiglie. In
ogni padiglione si
svolgeranno laboratori di vario genere:
da quelli artistici e
teatrali ai laboratori
di pittura. Al pomeriggio, a partire dalle 16,
prenderanno il via
i laboratori
multiculturali per
bambini a cura
delle mamme
di Parole in
Gioco e di
Parco in
Festa, la scuola
e il torneo di
scacchi
promossa
dalla scuola
russa ed
esibizioni musicali,
mentre nei giardini di
Via Mosso il gruppo
d’acquisto solidale - il
Gas del Sole -offrirà i
“Tè di Via Padova”
accompagnati da
deliziosi biscotti arabi
preparati in casa.
Il clou della Festa per
quanto riguarda il
Parco Trotter arriva
con la sera: a partire
dalle 19 è previsto un
aperitivo danzante con
DJ set a cura di Mauro
Bruno: un modo per
ristorarsi e divertirsi
in attesa dello
spettacolo vero e
proprio, “Alice in
Trotterland”.
E’ una performance
itinerante a cura della
compagnia
“Il Parcoscenico”
formata da genitori
e insegnanti della
scuola Casa del Sole
con la regia di Amedeo
Romeo.
I bambini e il pubblico
saranno i veri
protagonisti dello
spettacolo e in un
viaggio fantastico
all’interno del Trotter
verranno accompagnati
alla ricerca del Brucaliffo, Bianconiglio, del
Cappellaio Matto e
degli altri intramontabili personaggi usciti
dalla penna di Lewis
Carroll.
Domenica 22 maggio
E’ il giorno dedicato
al verde, con giochi e
laboratori di orticoltura per grandi e piccini
a cura dei Giardini
del Sole, il community
garden del Parco Trotter, e della rete Libere
Rape Metropolitane,
con le visite guidate
del Parco e tante altre
iniziative. Ma domenica è anche il giorno di
T e della cultura, con
la premiazione del
concorso letterario e
creativo Mr Nilsson
promosso dal nostro
giornale a novembre
(vedi articolo a pag.
9): si inizia alle 16.30
con lo spettacolo del
cantastorie e musicista Pino Masi e si
finisce intorno alle
18 con la scrittrice
Carmen Covito che
leggerà uno dei racconti premiati e con
l’asta dei libri che la
scrittrice ha donato
a LibroTrotter per
finanziare l’acquisto
di nuovi titoli per la
biblioteca
dei bambini.
Intorno alle 17.30,
inoltre, arriverà
“Milano Migranda”
(vedi articolo a fianco) per concludere
il primo tour di Via
Padova con la visita
guidata del parco Trotter. E ad accoglierli ci
sarà il gruppo “Musica
Spiccia” che intorno
a quell’ora terrà il suo
incredibile concerto
all’aperto.
6 reportage
il giornale del Trotter
reportage 7
il giornale del Trotter
Q
ualcuno ha scelto la vanga, altri la
zappa. C’è chi ha voluto a tutti i costi mettersi in spalla un piccone, ma
le più gettonate erano certamente le cariole.
Una banda, una ciurma di sedici ragazzi delle
prime medie A e C hanno animato un normale
pomeriggio del Trotter e di Via Padova. L’idea
era bella e forte: fare un’azione di “guerrilla
gardening”, o per dirla meglio, di giardinaggio di strada.
Un’idea che è partita in simbiosi con il Community Garden del Sole che da quasi due anni,
per mano di una trentina di giardinieri, tutti
rigorosamente volontari, mette mano, coltiva,
cura quella striscia di parco Trotter che corre
al fianco della fattoria. I community garden
sono una realtà già da decenni consolidata un
po’ in tutto il mondo e sono nati a New York
con l’idea di migliorare la città, di ridare vita a
quelle piccole fette di verde intrappolate tra il
cemento di marciapiedi e grattacieli.
Progetti spontanei e indipendenti di aggregazione sociale e di riqualificazione urbana che
si basano su “azioni” dove spesso gli spazi ce li
si prende da soli, strappandoli all’abbandono,
alla “malcura”, all’indifferenza.
Azioni un po’ piratesche, provocatorie, fatte
senza chiedere permesso a nessuno. Proprio
con questo spirito hanno agito i sedici ragazzi
i
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Foto di Leonardo Alexandre
Un pomeriggio diverso dagli altri in Via Padova. Una vera azione di guerrilla
gardening compiuta dai ragazzi delle prime medie della scuole del Trotter.
La missione? Dare nuove piante e nuova vita al giardinetto di Via Mosso,
un angolo del quartiere da anni maltrattato e dimenticato.
delle medie, insieme alla loro intraprendente
“prof” di italiano e guidati dal giardiniere
combattente Francesco Giorgi, il “maestro” al
comando anche dei Giardinieri del Community Garden. Partiti (foto 1) proprio dalla sede
del Giardino Comunitario, ora parzialmente
inservibile per i lavori che si stanno facendo
alla fattoria, che ha fornito attrezzi e piante, i
ragazzi, riconoscibili da una fascia gialla molto piratesca (in molti, come i tigrotti di Mompracem hanno scelto di legarsela in fronte)
hanno percorso il breve tratto di via Padova
(foto 2) che porta verso quel piccolo giardinetto all’angolo di Via Mosso, e via Arquà, angolo bello e dimenticato, alle spalle di quello
che una volta erano il convitto e il frutteto
del parco, un perfetto esempio di luogo dove
un’azione di guerrilla gardening va fatto. Qui
l’idea era quella di partire rimettendo in sesto una grande fioriera (foto 3) in cemento
trapiantando Acantus, Aspidistra, Digitalis, Sassifraga, Aquilegia, Iris ed Edera.
Sotto lo sguardo un po’ allibito degli abitanti
delle case che affacciano sul parco i ragazzi si
sono dati di fare alla grande (foto 4). “La cosa
che mi è piaciuta di più?” - Antonio, non ha
dubbi - “Picconare!”. Sulla stessa linea Bianca
e Kimberly: “Scavare con le pale è divertentissimo”, così come Maddalena: “Dava soddisfazione pulire dalle vecchie piante morte,
dalle foglie”.
Insomma c’era una grande voglia di fare, di
“menar le mani”, finalmente si potevano affondare gli attrezzi nella terra (foto 3). Una
ciurma entusiasta per una paio d’ore ha animato un angolo di strada da sempre malcurato, ma un posto in realtà frequentatissimo
dagli abitanti soprattutto di via Arquà e via
Chavez. Le persone di passaggio si fermavano,
chiedevano, dopo un po’ si è formato un crocchio di curiosi (foto 5).
Per i ragazzi, su tutto, ha prevalso la voglia di
fare. Francesco spiegava come fare i lavori,
raccontava le caratteristiche delle varie piante.
“Non ci sentivamo assolutamente strani o in
imbarazzo a fare questa cosa, anzi era molto
divertente”. “Io in realtà non mi sono neanche
accorto della gente intorno”, ha detto candidamente Stefano. Insomma la normalità di un
atto straordinario nel proprio quartiere.
“Perché lo abbiamo fatto? Per migliorare
l’ambiente, per la nostra città” dice Lisa. In
realtà il perché è per loro assolutamente
scontato, “Eravamo in tanti, era molto bello
darsi da fare”. L’inquietudine dei grandi, la
coscienza di star facendo una cosa per cui si
poteva essere “ripresi”, i ragazzi neanche li
sfiora. C’è anche chi dirà: “La cosa più divertente? Trovare lumache e lombrichi”. Alle fine
la fioriera è bellissima (foto 7), si va nel portone al numero 90 di via Padova per riempire
gli annaffiatoi e bagnare abbondantemente
la terra (foto 6) così come va fatto sempre
dopo un trapianto, spiega Francesco (a proposito, volontari cercasi per annaffiare anche
quest’estate). Un bell’esempio da seguire, tanto
che i “grandi” del Community Garden del Trotter, la settimana dopo hanno messo a posto anche un’altra grande fioriera di quel parchetto.
Per la cronaca un mese dopo l’azione le piante
stanno benissimo e l’Aquilegia è fiorita.
1
2
3
4
5
“Gli sguardi diffidenti
degli abitanti delle case
intorno hanno lentamente
reportage 7
lasciato spazio alla
curiosità. In poco tempo
6
si è formato un crocchio
di persone che chiedevano
e si informavano”
7
8 editoriale
il giornale del Trotter
Gli incubi del Signor Nilsson
segue dalla prima pagina
Ben 137 i racconti arrivati in redazione per il concorso letterario
promosso da T. Molti i noir ambientati nel convitto, vera icona horror
del Trotter. Il parco e i suoi animali protagonisti in positivo di molte opere
Foto: Archivio Storico della Casa del Sole
C
In queste foto il Convitto negli anni Trenta. Oltre a ospitare gli allievi era il luogo
delle esercitazioni di economia domestica. L’edificio è stato utililizzato fino alla metà
degli anni Ottanta. Ora è in stato di abbandono.
Le foto di di questa pagina sono di: Sara Mahmoud
Un tema scottante, quello della pirateria. Tanto più quando devi
spiegarlo e addirittura farlo raccontare dai ragazzi (T è infatti da loro
realizzato, foto comprese) e dagli adolescenti che sono in quella fase
della vita che i francesi non a caso chiamano “età ingrata”, un età
dove spesso più che i neuroni, possono gli ormoni. Parlare di pirateria significa parlare di etica e legalità, mica poca roba. Ma è anche
un tema terribilmente attuale, e affascinate.
Se esiste una terra dove le regole si possono infrangere, questo è il
mare, che terra non è. Sulle navi pirata non vigeva le legge ufficiale,
ma quella che la comunità si era data. Se il capitano in battaglia rappresentava il punto più alto della gerarchia e mai nessuno si sarebbe
sognato di contraddirlo, per il resto anche lui era interamente sottomesso alla legge della maggioranza. Il suo potere era equilibrato
dall’esistenza di un contro-potere, quello del quartiermastro, incaricato di rappresentare gli interessi dell’equipaggio. La ripartizione
del bottino era regolata in funzione del coraggio e delle capacità, e
una parte di esso era destinata alla cassa comune, una sorta di assicurazione sociale per indennizzare i feriti. Un esempio assolutamente
unico nella società del XVIII secolo, un’evidente opposizione al
sistema rigidamente gerarchico delle marine militari e commerciali
inglesi, dove ai privilegi assoluti degli ufficiali facevano eco le condizioni terribili degli uomini della “bassa prua”.
Il grande fascino dei pirati caraibici, i più noti, quelli che hanno avuto il loro periodo di massimo splendore nella prima metà del ‘700
derivava da un lato dalla loro potenza, ma anche dall’idea di giustizia
sociale che rappresentavano. Seppur feccia della società, bande di
ladri, riuscivano a dar vita ad un’idea di una società migliore.
Chi li ha descritti nel migliore dei modi è stato William Defoe, che
tutti conoscono per il suo Robinson Crusoe. Lo fece sotto falso
nome pubblicando, tra gli altri, un libro firmato Capitano Johnson:
“The History of most famous pirates”, nel 1724. Dovettero passare
duecento anni e cento ristampe, prima di capire la vera identità di
Capitain Johnson. Defoe ci ha regalato dialoghi immaginari di alcuni pirati veramente esistiti. Memorabile il Capitano Bellamy che,
sorpreso da una terribile tempesta, non si lascia affatto dominare
“Dal giusto terrore dell’essere supremo che comanda sul mare e sui
venti”. Non si lascia atterrire dall’idea del castigo divino: “Spergiuri
ed orrende imprecazioni si alzavano, e il Capitano giurava che gli
dispiaceva di non poter mettere fuori i cannoni per ricambiare il saluto dei tuoni”. Un personaggio forte il Capitano Bellamy, portavoce
anche del coraggio sovversivo dei pirati: “Noi rapiniamo ai ricchi,
con l’unica protezione del nostro coraggio”. E in fatto di coraggio,
sempre nelle parole di Defoe non si tirava certo indietro una delle
più famose piratesse della storia: Annie Bonny, che per il suo amante
condannato a morte ebbe queste dolci parole: “Se avesse combattuto da uomo non sarebbe morto come un cane”. Perché fare il pirata dei Caraibi era un mestiere estremo, e quasi sempre finiva con
la morte o l’esilio.
Diversa la sorte dei pirati della Malesia, quelli raccontati da
Emilio Salgari, di cui ricorrono adesso i cento anni della morte.
In realtà non sono mai esistiti. Sono il frutto dell’incredibile
fantasia di Ca-pitan Salgari (che in realtà mai ottenne il brevetto
da comandante e che di viaggio in nave ne fece uno solo, da
Venezia a Brindisi) vero pirata della letteratura che - proprio
come Defoe - seppe mostrare il potere rivoluzionario (nel senso
di rivoltare, rigirare la realtà) della scrittura.
Per descrivere quella fascia di terra in ombra, la linea di confine tra
“di qua o il di la”, abbiamo in queste pagine scelto di raccontare
persone che ai giorni nostri (ben lontani da quelli del Capitano Bellamy) sanno disubbidire, ma senza distruggere. Pacifici duellanti.
Donne e uomini che sanno creare, migliorare il mondo, partendo
dal loro quartiere. Sanno fare cultura.
L’immagine di copertina l’ha creata apposta per noi Franco
Testa, il maestro degli illustratori naturalistici italiani: un inno
alla navigazione, alla natura, ad una immaginaria repubblica indipendente dei ragazzi del Trotter.
Facendo un po’ i pirati continuiamo nel nostro proposito di segare la gamba al tavolo, inclinare il piano, far scivolar giù qualche luogo comune.
T-factor 9
il giornale del Trotter
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he i ragazzi trovino divertente scrivere lo sapevamo, ma
mai ci saremmo immaginati
nell’era della tv e di Internet
di essere letteralmente travolti
dai racconti. La prima edizione del concorso letterario e creativo Mr Nilsson ha
avuto un successo di gran lunga superiore alle nostre più rosee aspettative: 159 le
opere presentate, di cui 137 racconti e 22
lavori grafici. Numeri che testimoniano il
grande entusiasmo e il fermento creativo
che si respira nelle scuole del Parco Trotter e che ci incoraggiano ad andare avanti
con quest’iniziativa. Strada facendo abbiamo trovato un partner editoriale - Terre
di Mezzo – con cui editeremo a settembre
il volumetto che raccoglierà i racconti
premiati e con cui collaboreremo per la
realizzazione delle prossime edizioni del
concorso.
La grande mole di opere presentate ci ha
obbligati a effettuare una pre-selezione per
consegnare alla giuria i 15 racconti che a
nostro giudizio si sono distinti per qualità
letteraria o per originalità della trama. Ora
sta a Emanuela Bussolati (scrittrice di narrativa per ragazzi), Francesco Cappelli (dirigente scolastico dell’Isc Casa del Sole),
Roberto Denti (scrittore e fondatore della
Libreria dei Ragazzi) e Miriam Giovanzana
(direttore editoriale di Terre di Mezzo)
scegliere i vincitori del concorso Mr Nilsson i cui nomi verranno svelati domenica
22 maggio alle 16.30 nell’ambito della premiazione ufficiale presso il Centro Multiculturale del Parco Trotter. La premiazione
sarà preceduta dallo spettacolo del cantastorie e musicista Pino Masi e a concludere la
manifestazione sarà la scrittrice Carmen Covito che leggerà uno dei racconti premiati. E
fin qui la cronaca.
Quanto alla lettura dei racconti, invece,
occorre fare qualche considerazione: al
concorso hanno partecipato ragazzi delle
medie e bambini delle elementari delle
più varie provenienze etnico-linguistiche,
a dimostrare che la scuola unisce davvero
contribuendo in tanti modi a sgretolare le
barriere, a partire da quelle linguistiche.
Da questo piccolo ma variegato universo
letterario emerge un immaginario ricco e
articolato (seppur talvolta un po’ troppo
influenzato dalla televisione), una certa varietà di trame e di personaggi e un grande
amore per questo parco e per gli animali
che lo abitano.
Protagonista indiscussa di diversi racconti
è l’oca Tilde, eletta a mascotte del Trotter,
A cura di
Rita Dalla Rosa
Casa
tossica
Dalla cucina alla camera
da letto, come difendersi
dai veleni domestici
che cade vittima di rapimenti reali e
immaginari e
viene immancabilmente salvata dai ragazzidetective: Tilde
- a differenza di
altri personaggi - non
muore mai e questo vorrà
pur dire qualcosa.
Protagonista di qualche storia il picchio e
molto gettonati anche i gatti che popolano
il Convitto.
Questo edificio - com’era logico aspettarsi - è il luogo in cui vengono ambientate
la maggior parte delle storie horror, non
solo quelle che parlano di zombi e streghe
(tra cui un reality super-splatter), ma anche quelle dal sapore più hitchcockiano:
rapide, imprevedibili e fulminanti. Del
resto il Convitto è in rovina ed è chiuso
da anni, produce spesso rumori strani e in
quartiere circolano parecchie voci... tutte
cose che fanno galoppare l’immaginazione
e che contribuiscono ad alimentare una
certa inquietudine, specie nei più piccoli.
Certo è che scorrendo le vecchie foto,
quelle ingiallite degli anni ‘30, si vede un
edificio che era sì al suo massimo splendore ma - vuoi l’austerità dell’architettura,
vuoi l’abbigliamento delle educande
- altrettanto inquietante.
Foto che forse hanno ispirato un racconto
i cui protagonisti, entrando tra le rovine,
trovano una classe fantasma costretta a far
lezione da un’insegnante indemoniata.
Se il convitto è un’icona horror, per la
piscina i sentimenti sono ambivalenti.
Anch’essa ricorre in molti racconti e viene
vista sia come luogo sicuro, cioè come rifugio dove isolarsi o nascondersi dai malvagi,
sia come trappola mortale dalla quale è
meglio stare alla larga.
Popolata da draghi (in fin dei conti è l’unico
luogo del Parco dove potrebbe starci acqua
a sufficienza) o regno del male, la piscina è
considerata più che un luogo pauroso, uno
dei luoghi “magici” del Trotter.
E il genere fantasy, subito dopo l’horror,
è quello al quale si sono rifatti più racconti che immaginano mondi paralleli e
fantastici popolati da fate, elfi, folletti ed
esserini microscopici e buffi. Poche invece
le storie d’amore ambientate nel parco:
eccesso di timidezza per una generazione
che, all’apparenza, sembra voler bruciare
tutte le tappe?
L’inquinamento è anche
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10 T-Scienze
il giornale del Trotter
il giornale del Trotter
Nel segno di Galileo e Darwin
Un’astronave in piscina
Quale futuro per gli specchi d’acqua inutilizzati nel Trotter?
Ecco i risultati del nostro sondaggio e dell’inchiesta della 2A
I progetti che faranno del Trotter un polo didattico-scientifico aperto a tutta la città
la fattoria
I
U
L
Foto di: Paolo Caiardo
il parco scientifico
co, e che viene aperto al pubblico periodicamente per le osservazioni di flora e fauna e la
stazione meteorologica, presente nel padiglione Tarra della Scuola dell’infanzia e
viene utilizzato anche dalle classi dell’Istituto
Com-prensivo. Molti alti progetti sono invece in fase di completamento, il giardino
solare termico, ad esempio, è in via di realizzazione da parte dei ragazzi dell’Istituto
Comprensivo sotto la supervisione dei
ricercatori dell’Istituto di Fisica Generale
Applicata dell’Università degli Studi di Milano. E’ un’istallazione per l’utilizzo passivo
dell’energia del sole. Un Sistema solare in
scala verrà invece fatto in collaborazione con
l’Osservatorio Astronomico di Brera - INAF,
verranno posizionati un pannello relativo
al sole e uno relativo a ciascun pianeta del
sistema solare, tenendo dimensioni e distanze
relative sulla stessa scala. E ancora, in cantiere
ci sono: il palo delle direzioni, delle frecce indicheranno la direzione in linea d’aria delle
capitali degli stati di origine degli alunni immigrati che frequentano le scuole del Trotter
(la freccia che punta al suolo indica gli antipodi), la meridiana analemmatica, che verrà
realizzata nel grande piazzale del parco e
indicherà l’ora solare sfruttando l’ombra
dell’utilizzatore come gnomone, e il forno
solare che sfrutta l’energia del sole per
scaldare e cuocere. Sarà richiudibile per
protezione della struttura e orientabile per
ottimizzarne la resa. Della rosa dei venti, infine, creata all’inizio del secolo scorso, sono
rimaste tracce di fronte al padiglione Tommaseo. Cercasi sponsor per riportarla al suo
antico splendore.
n polo educativo scientifico e
ambientale di livello cittadino: è
quello che si candida a diventare
la Casa del Sole in seguito alla ristrutturazione della fattoria e al potenziamento
dell’attività didattica basata su osservazione
e sperimentazione. Un polo aperto anche
alle altre scuole milanesi e al quartiere,
dove già da anni la fattoria rappresenta
un punto di riferimento grazie all’attività
extrascolastica del community garden “i
Giardini del Sole” e dei volontari che si
prendono cura degli animali. Con la ristrutturazione, la fattoria guadagnerà due
moderne aule didattiche e spazi attrezzati
più funzionali anche per il lavoro dei volontari. Il progetto fattoria - che coinvolge
scuola, associazione Amici del Parco Trotter e una cooperativa sociale - si inserisce
in un quadro più ampio di recupero della
didattica all’aperto da parte della scuola,
dove il parco stesso diviene di fatto una
grande aula di scienze naturali.
Già quest’anno l’interclasse delle seconde elementari ha lavorato su rane e
farfalle osservandone la riproduzione e
la crescita. Un progetto che è stato realizzato anche grazie al supporto finanziario
dell’associazione e al lavoro volontario dei
genitori che, tra le altre cose, hanno costruito uno stagno all’interno delle vecchie
vasche della piscicoltura che verrà inaugurato in occasione della Festa di Via Padova
(21 e 22 maggio) con la liberazione delle
rane attualmente ospitate negli acquari
all’interno delle aule. Le farfalle, invece,
dopo lo sviluppo delle crisalidi osservato in
aula, verranno ospitate nel farfallario, area
creata anni fa dietro al padiglione Gabelli.
Altre interclassi, invece, hanno partecipato
al progetto di agricoltura sostenibile “Cereali non cemento” realizzato dal community garden in collaborazione con la scuola
e che si basa sul metodo della rotazione
delle colture, mentre in fattoria - prima
dell’apertura del cantiere - i bambini hanno proseguito l’osservazione degli animali
da cortile che hanno visto nascere l’anno
scorso nell’ambito di un progetto di riproduzione della fauna avicola e dei conigli.
A tutto ciò si affianca l’attività in orario extrascolastico con i laboratori di orticoltura
per i bambini della scuola materna e, più
in generale, l’opera di sensibilizzazione
all’ambiente promossa dallo stesso community garden che dal 2009 promuove buone
pratiche come il compostaggio e il riutilizzo dei materiali: dalle aiuole rialzate realizzate con scarti di lamiera che giacevano
abbandonati nella fattoria della scuola, ai
cerchi di bicicletta impiegati come sostegni
per una piccola serra, ai sassi utilizzati per
pacciamare la zona del laghetto, per delimitare alcune aiuole e persino per realizzare il mosaico che pavimenta una delle zone
dedicate al relax dei “Giardini del Sole”. La
fattoria e le scienze naturali rappresentano
uno dei punti cardine del piano di riqualificazione del Trotter elaborato dalla stessa
scuola assieme al comitato genitori e alle
associazioni presenti nel parco e portato
all’attenzione dei candidati sindaco affinché lo assumessero come proprio rimediando a decenni di colpevole incuria.
Via Idro sei mesi dopo
Sul campo la minaccia di sgombero. Una festa per fermarlo
S
ono passati sei mesi da quando
siamo andati al campo di Via Idro
a fare il nostro primo reportage
e da allora molte cose sono cambiate.
Sul campo, autorizzato e in cui risiedono cittadini italiani di etnia Rom,
pende sempre la minaccia di sgombero
con l’obiettivo di realizzare un campo
molto più grande, in grado di ospitare
almeno un migliaio di persone. Si tratterebbe di un campo di transito, nel
quale cioè è possibile fermarsi solo per
pochi mesi, a differenza del campo attuale che è stanziale e nel quale vivono
dal oltre 30 anni più di 50 famiglie. La
minaccia di sgombero era stata fermata
con i ricorsi legali, ma a renderla più
concreta è stato l’intervento della poli-
zia locale che - intervenuta in forze con
ruspe e altri mezzi - ha sgomberato con
la forza tre famiglie accampando come
motivazione l’abusivismo (edilizio). La
reazione degli abitanti di Via Idro e delle
associazioni di zona non si è fatta certo
attendere e, dopo i primi momenti di
costernazione per l’accaduto, si è passati
alla controffensiva organizzando ciò che
non era mai stato tentato prima di allora:
una grande festa al campo aperta a tutti
i cittadini, con la musica, il teatro, tanti
giochi per i bambini e una grande grigliata. La festa si è svolta l’8 maggio scorso
ed è stata una vera festa di popolo, molto
partecipata dalla gente del quartiere.
Per la prima volta, almeno qui in Via Padova, il muro della diffidenza è caduto
davvero: le famiglie del campo hanno accolto con gentilezza e calore le centinaia
di persone che nel corso della giornata
sono arrivate a piedi e in bicicletta per
partecipare alla festa, per mostrare la
propria solidarietà e - soprattutto - per
conoscere da vicino queste persone e la
realtà del campo, che a molti - sarà per
il clima di festa e per la giornata di sole è parso un posto bello, dove si potrebbe
anche considerare di vivere. Una giornata straordinaria che sembra preludere
a un nuovo inizio e che, ci auguriamo,
possa produrre risultati concreti sia sul
piano della convivenza sia su quello
dell’assegnazione di case a quanti desiderano lasciare il campo per inserirsi
stabilmente nel tessuto urbano.
lei ho imparato la geografia, ho capito
sin da piccolo com’è fatta la nostra penisola”. Ben diverso il tono dei bambini
di adesso, che la vedono nascosta dietro
ad un’alta cancellata: “La forma è bella,
ma non mi piace il colore, è tutta grigia e
sporca”. Oppure: “E’ troppo trascurata,
dovrebbero pulirla, e poi metterci anche
i pesci”. Più perentorie le loro mamme
che danno risposte il cui tono è: “E’
distrutta,è molto cupa e sporca”. “E’ terribilmente triste”.
Passando invece a parlare della piscina,
rimasta balneabile fino alla fine degli anni
’70, dal nostro sondaggio emerge che
adesso risulta essere nell’immaginario
dei frequentatori del parco, una sorta di
grande “buco nero” al centro del trotter.
Per i più giovani, molti dei quali non sanno neanche che una volta era una vera e
propria piscina dove i ragazzi potevano
fare il bagno e imparare a nuotare, è
un luogo senza senso perché senza una
vera destinazione, ora è più che altro il
luogo per partite pallavolo improvvisate o al massimo, come hanno scritto
dei ragazzi: “Ci si gioca a calcio, tra vetri
rotti e topi. E non è per niente sicura”.
Ma per qualcuno è addirittura “Il segno
dell’atterraggio di una grande astronave
aliena”. Ecco allora che urgono idee per
capire come riempirlo quel “buco nero”.
Dalle risposte raccolte, in complesso circa una cinquantina, prevale il realismo:
la soluzione più gettonata è ristrutturare
tutto e dividere lo spazio per vari campi
di gioco (pallavolo, pallacanestro, calcetto) con circa il 60% delle preferenze.
Una soluzione semplice, e anche piuttosto economica. La seconda opzione più
votata, circa 30%, è invece l’esatto opposto, la più costosa e complicata, e cioè
farla tornare una vera e propria piscina.
Si chiude poi con una serie di proposte
variegate che vanno dalle piste per skate,
roller e bici per arrivare fino ad un pista
da pattinaggio, ma sul ghiaccio, o una
grande stadio, per i concerti e il cinema
all’aperto. C’è poi la terza elementare B
che ha deciso di spedire delle lettere aperte al preside, il cui tono è più o meno
questo: “Noi abbiamo deciso di mandarti
questa lettera per ristrutturare la piscina con
i soldi che ti daremo noi. Vogliamo che tutto
il Trotter sia contento, e poi nuotare. I soldi li
guadagneremo facendo un mercatino vendendo le cose per pagare i signori che faranno la
piscina, metteranno le piastrelle, taglieranno le
piante, puliranno le scritte”.
Restiamo in attesa di una risposta del
Preside (e magari anche del Sindaco) nella speranza che nel frattempo
nessun’altra astronave decida di atterrare nel nostro parco.
T-corrige
Sicuramente tutti i lettori di T si ricordano il paginone centrale del numero
passato, quello con la grande foto con
tutti gli allievi della Casa del Sole. Molti
ragazzi l’hanno staccato e appeso in camera. In realtà, lo ammettiamo, abbiamo
sbagliato nell’indicare gli autori della foto,
che infatti non è solo di Giulia Ticozzi,
ma anche di Lorenzo Cattaneo. Ci scusiamo per l’errore, tanto più che la foto
si inserisce in un bel progetto di Giulia e
Lorenzo che si intitola Self_Categorization,
uno studio sui gruppi visti come tasselli
dotati di una propri identità che compongono e caratterizzano gli ambiti della
società. Self_Categorization è una sorta di
raccol-ta di figurine e vuole visivamente
catalogare alcuni gruppi, raccontare questa
fenomenologia dell’essere umano. Nel
progetto ogni scatto costituisce un elemento importante di un mosaico globale. Esiste
poi un altro progetto molto interessante,
questa volta solo di Giulia che riguarda
molto da vicino il nostro parco: “Erbario”,
la raccolta dei ritratti di alcuni dei giardinieri che fanno parte del Community Garden del Trotter, che vedete qui sotto.
Così appariva la Minitalia alla fine degli anni ‘30. E’ rimasta funzionante fino ai primi anni ‘80.
Foto di: Tim Fuller
l Trotter al centro del mondo? Questa è
l’idea. Il Parco Scientifico Casa del Sole è
un progetto che vuole dotare il parco di
installazioni fisse per la didattica delle scienze,
strumenti per la maggior parte a vocazione astronomica che hanno la capacità di farci sentire subito parte del mondo e dell’universo.
Sono installazioni fruibili a tanti livelli e da
tutti: per soddisfare la semplice curiosità del
passante di ogni provenienza, ma anche per
prestarsi alle attività didattiche delle scuole,
con di diversi gradi di approfondimento.
Insomma uno strumento per sfruttare la
duplice natura di scuola e parco pubblico
del Trotter, facendolo anche recuperando alcune strutture del parco un tempo utilizzate
proprio per la didattica delle scienze e che
sono in disuso e in stato di degrado. Fino ad
adesso sono state realizzati: il mappamondo
parallelo, utilizzato sotto la supervisione scientifica di esper-ti della Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università degli Studi di
Milano Bicocca è orientato nello spazio come
lo è il nostro pianeta rispetto al sole. Il mappamondo è uno strumento per ragionare
sulla nostra posizione sulla terra osservando
le ombre. Sul mappamondo è possibile vedere il sorgere, tramontare essere allo Zenit
del Sole nelle diverse zone della terra; è stata
poi costruita una sdraio celeste, strumento
per guardare gli astri (Sole, luna e stelle) e
localizzarli nello spazio. E’ una sdraio inclinata parallelamente al piano dell’equatore.
Il bastone, parallelo all’asse terrestre, punta
alla stella Polare. Sono poi attivi il farfallario,
inaugurato durante la giornata del FAI di Primavera 2008 e lo utilizzano le scuole del par-
’acqua che scorre, che anzi
dovrebbe scorrere nel parco
anima le emozioni dei trotterini,
giovani e vecchi. Che si tratti della piscina, delle vasche o della Minitalia, la
nostalgia per i bei tempi, quando tutto
ancora funzionava, o all’opposto la rabbia per quanto ci sarebbe a disposizione
ma non viene più sfruttato, smuove i
sentimenti del popolo del Trotter. E’
ciò che emerge sia da quanto ricevuto
dalla redazione di T, a seguito del nostro
sondaggio “Fuori le idee” lanciato sul
numero passato per definire una nuova
(o vecchia) destinazione d’uso della piscina, sia da alcuni lavori fatti dai ragazzi
delle medie e delle elementari, proprio
sul tema dell’acqua “da vivere” nel parco.
Partiamo da un’inchiesta fatta dai ragazzi della seconda A con un questionario
sia per i loro coetanei, sia per chi ha potuto godere i fasti del parco, quando la
MiniItalia era ancora funzionante. Questa installazione rimasta in funzione fino
ai primi anni ’80 e che adesso passa del
tutto inosservata ai tempi, come racconta una “vecchia” trotterina: “Era meravigliosa, si poteva vedere l’Italia in 3D,
ma senza gli occhialini”. Altri ricordano:
“C’erano l’acqua e le paperelle. Era sempre frequentatissima dai bambini”. Ma
Il complimento più bello è: “ Grazie a
T-SONDAGGIO 11
Devolvi
il 5 x 1.000
a La Città
del Sole
Codice
Fiscale:
97231290152
[email protected]
Periodico d’informazione
Anno 2
numero due maggio 2011
il giornale del Trotter
Direttore responsabile: Luca Sordelli; Condirettore: Paolo Fior;
Art director: Barbara Spegne; Photoeditor: Roberto Magliozzi
Hanno collaborato: Gabriel
ArchivioAciobanitei,
Storico dellaLeonardo
Casa delAlexandre,
Sole, Paolo Archivio
Cayardo,Storico
Adriana
della
Gherardi,
Casa del
Valeria
Sole,Logiudice,
Malika Ayane,
Martina
Francesco
Cattalini,
Giorgi,Paolo
LauraCayardo,
Stringhetti,
TimGiulia
Fuller,
Ticozzi,
Adriana
Ivana
Gherardi,
Zamarian,
AlbaLuce
Greco,
Calgaro.
Valeria Lo Giudice, Sara Mahmoud,
Milka Navarrete, Simona Ranon, Laura Stringhetti, Giulia Ticozzi, Sara Veronesi, Ivana Zamarian
T è edito dalla Associazione La Città del Sole - Amici del Parco Trotter Onlus
Progetto grafico e impaginazione: Pod Creative Group
Illustrazione di copertina: Franco Testa per T
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2011
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Reg. Tribunale
Trib. di Milano
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60419/11/2010.
del 19/11/2010
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12 facce da Trotter
il giornale del Trotter
La VJ mimetica
N
on molti anni fa Wintana Rezene, per
tutti semplicemente Winty, sedeva su
quegli stessi banchi delle medie del
Trotter da cui i ragazzi della 2° A ora le fanno
domande a raffica. Di mestiere ora fa la DJ,
anzi la VJ per MTV, e il suo volto è ben noto a
tutti i ragazzi da quando è diventata una dei
quattro presentatori di “TRL on the road”, il
tradizionale tour musicale che MTV realizza
nelle piazze italiane. Winty si autodefinisce
“un cumenda milanese in un corpo africano”
ed è orgogliosa della sua storia di trotterina e
di abitante di via Padova.
Quando avevi la nostra età cosa avresti voluto
fare da grande?
La gastroenterologa, ero stata molto male proprio con la pancia da piccola. Mi ero messa in
testa che volevo fare la dottoressa.
Come hai iniziato a fare la DJ?
Ho iniziato da molto lontano, ho fatto uno
stage a Radio Popolare. E anche in quel caso,
come mi è sempre successo iniziando un nuovo lavoro, sono entrata dalla porta di servizio,
non da quella principale come invece accade
molto spesso nel mondo dello spettacolo. Il
mio compito a Radio Popolare era mettere in
ordine i CD. Finito la stage a Radio Popolare
ho lavorato per un po’ in un negozio in via
Tortona, poi mi sono iscritta all’università, ho
fatto comunicazione.
Come sei arrivata a MTV?
Gli studi di MTV sono in fondo a Via Padova e
quando ero più piccolina partecipavo alle tra-
smissioni, andavo a vedere come funzionava Cosa?
l’ambiente, e sono restata in contatto con la Quando io andavo al trotter ero una delle
signora che gestiva il pubblico. Un giorno mi poche “colorate”, e i colori erano pochi. E mi
ha avvisata che c’era la possibilità di fare uno fa piacere vedere che adesso , invece, siete di
stage con lei. E mi hanno presa. Io quindi ero così tanti colori. Dieci anni fa iniziavano ad
la stagista che “provinava” i ragazzi che voleva- esserci tanti ragazzi di origine cinese. Io sono
no fare i DJ, avevo 21 anni. Quando è finito lo nata in Italia, ho entrambi i genitori eritrei e al
stage mi rimaneva ancora da fare la tesi. Ma Trotter non mi sono mai sentita diversa.
dopo un po’ mi hanno richiamata, dicendomi Se dovessi scegliere adesso tra DJ e gastroenche per il Tour cercavano una ragazza “nor- terologa?
male”. Mi hanno fatto il provino, una cosa che Mi trovate proprio in un momento di crisi
mi ha fatto molto ridere perché mi esaminava- dove devo decidere cosa fare veramente. Perno le persone con cui avevo lavorato per tanto ché per me adesso essere DJ è un gioco, e devo
tempo e che conoscevo benissimo.
capire se può diventare un vero lavoro. Non
E ti sei laureata?
mi so vedere DJ tra 10 anni.
Certo, poi esattamente una settimana dopo la Torni spesso in Eritrea?
laurea è partito il tour.
Ci sono tornata in vacanza con mia mamma.
I tuoi erano d’accordo?
Ma, e questo penso che valga per tutti i ragazIo vivo con mia mamma e mia sorella. Come zi di seconda generazione, quando sei qui ti
alternativa dopo lo stage avevo in realtà due senti italiano, perché i ragazzi che sono nati in
possibilità: andare a Disneyland, in America, Italia sono italiani, ma comunque resti un po’
avevo già fatto e passato tutti i colloqui, per diverso. A me nessuno l’ha mai fatto pesare,
lavorare al padiglione Italia come cameriera. me sei diverso. Ma quando sei lì, gli altri ragazL’avevo fatto per trovare il modo imparare zi in Eritrea, ti vedono un po’ come turista. Io
bene l’inglese. Nela volte non mi sento
lo stesso tempo mi “Cosa serve per fare il DJ?
né carne né pesce.
aveva presa MTV Bisogna essere curiosi,
Quali sono i consigli
per il tour, e dovevo
per chi vuole fare il
scegliere. Mia mam- pronti ad ascoltare tutti
DJ?
e
non
avere
pregiudizi”
ma spingeva per
Da fare assolutamente:
l’America, per farmi
essere curiosa delle
imparare una lingua, ma senza forzare. Mi ha cose, non avere pregiudizi ma ed essere pronti
sempre lasciato carta bianca e alla fine ha det- ad ascoltare tutti.
to: “Dai, proviamo questo circo”.
E da non fare?
Che musica ascolti?
A me non aiuta essere troppo impulsiva e testa
Lavorando a MTV e facendo il Tour di TRL dura. Se una cosa la voglio fare mi impunto
on the road, ho cominciato a conoscere il pop troppo. Ma, alla fine, devo anche dire che a
italiano, come Scanu e Carta. Ho imparato ad volte, può aiutare.
apprezzarlo, ma prima, ad essere sincera, non Ti chiedono gli autografi per strada?
l’ascoltavo. A me piace l’indie rock, musica in- Incominciano adesso, a me piace chiaccheglese, un po’ nostalgica… ma in verità ascolto rare con le persone. In realtà in TV sono semun po’ tutto.
pre truccatissima e quindi poco riconoscibile.
Hai fatto tutte le scuole al Trotter?
Continuo ad essere ancora nascosta.
Io abitavo proprio dietro al Trotter, dove Ma vuoi restare nascosta?
ho fatto materne, elementari e medie. Lo È una bella domanda, in realtà apprezzo di
frequentavo moltissimo, facevo teatro, ci veni- poter essere ancora mimetizzata. Mi viene
vo dopo la scuola ed eravamo sempre lì, sulle sempre in mente Fabri Fibra che in una repanchine. Ancora adesso mi incontro con i cente intervista ha raccontato: “Immaginate
vecchi amici, ci diamo appuntamento sulle un mio incidente in auto, e la gente che anstesse panchine. Per me gli amici del Trotter, ziché aiutarmi mi dice: Fibra facciamo una
e il parco, sono stati importanti. E adesso noto foto?”. Ecco, imboccare quella strada mi fa veche alcune cose sono cambiate…
ramente molta paura.