Erbe e zafferano coltivale dai carcerati - L`Adige
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Erbe e zafferano coltivale dai carcerati - L`Adige
Nel 2015 sono stati prodotti 70 quintali di avoli cappucci che sono stati poi trasformati da una ditta di Rovereto in crauti. Venduti anche pomodori Ora si punta a raddoppiare la produzione di zafferano in quanto la richiesta è molto alta e di realizzare all'interno prodotti biologici, dalie tisane alle creme Erbe e zafferano coltivate dai carcerati In quattro lavorano 10.000 metri quadri all'interno della struttura Trento | In quattro lavorano un ettaro di terreno. Venduti anche 70 quintali di cavoli Lo zafferano del carcerati contadini O rtaggi, erbe officinali e, soprattutto, zafferano. Questo producono i carceraticontadini dei penitenziario di Trento, a Spini di Gardolo. Il progetto partito nel 2015, e gestito dalla cooperativa La Sfera, ha avuto un inatteso successo. Sui 10 mila metri quadri di terreno lavorano quattro detenuti e lo scorso anno sono stati venduti anche 70 quintali di cavoli oltre a una discreta produzione di zafferano che quest'anno triplicherà. S.C0N0TTER A PAGINA 21 SILWIA CONOTTER Nel carcere di Trento, a Spini di Gardolo, l'estate scorsa i detenuti hanno cominciato a coltivare, oltre ad ortaggi ed erbe officinali, lo zafferano. E i risultati sono così soddifacenti che quest'anno la produzione verrà triplicata: dai 10 mila bulbi piantati la scorsa estate si passerà infatti a 30 mila. L'obiettivo? Quello di smarcare il carcere dalla sua connotazione negativa grazie ad un'attività sostenibile dal punto di vista economico. Ne abbiamo parlato con Franco Faes, della cooperativa La Sfera, responsabile del progetto. Ci può spiegare come è nata l'idea? Lo scorso maggio abbiamo ottenuto in comodato 10 mila metri quadrati di terreni incolti all'interno del car- cere. Li abbiamo così destinati all'agricoltura sociale, con quattro detenuti che coltivavano diversi ortaggi. Ad esempio, i 70 quintali di cavoli cappucci prodotti sono stati venduti ad un coltivatore di ortofrutta di Rovereto, che li ha trasformati in crauti in barattolo. C'erano poi pomodori, 1500 erbe officinali e 10 mila bulbi di zafferano. Come mai questa scelta? Abbiamo cominciato con ortaggi semplici, per poi provare con colture più complesse. Quest'anno realizzeremo all'interno delle mura un laboratorio di 90 metri quadrati dedicato alla trasformazione alimentare. I prodotti così ottenuti potranno essere commercializzati con un marchio proprio e venduti al circuito di Altromercato. Destinazione? 400 negozi sparsi in tutta Italia, fuori dal Trentino. L'intenzione è quella di realizzare prodotti biologici a base di erbe, dalle tisane alle creme. E lo zafferano? È un prodotto che da noi cresce bene - basti vedere quel che accade sul Monte Baldo - e che ha una buona commercializzazione, permettendoci così di integrare il reddito. Con l'aumento della produzione potremo stipulare contratti con catene di supermercati o negozi. Puntiamo a rendere sostenibile l'attività. All'inizio siamo stati aiutati in parte dall'Agenzia del Lavoro, ma abbiamo tutte le carte in regola per essere autosufficienti. Certo, poi dipende dal meteo, ma il piunto di partenza è buono. Chi sono i detenuti coinvolti nel progetto? Quattro uomini: tre stranieri piutto- sto giovani e un italiano sui sessantanni, molto bravo. Hanno lavorato tutti i giorni, da inizio maggio a fine novembre. Sono stati selezionati per attitudine e competenze tra quelli che hanno dato la propria disponibilità. Questa è un'attività privilegiata, perché è all'aperto pur rimanendo dentro le mura, con la presenza costante di una guardia. Niente donne? Sono un numero esiguo e nessuna di loro ha manifestato l'intenzione di partecipare. Peccato, perché nel laboratorio di trasformazione potrebbero lavorare bene. Chi ha insegnato loro? Un operatore molto competente, Roberto Bona, che ha un'esperienza trentennale e grandi capacità sia dal punto di vista tecnico che relazionale. I detenuti erano tutti entusiasti del lavoro, pur faticoso. Abbiamo realizzato anche un orto di circa 700 metri quadrati per l'autoconsumo interno. Un po' di prodotti venivano portati in cucina, altri direttamente in cella. Se la produzione crescerà come in programma verranno coinvolti altri detenuti? Certamente. Prima erano quattro part time, che poi sono diventati tempi pieni nel momento in cui due di loro sono usciti dal carcere. L'obbiettivo per quest'anno è quello di impiegare minimo sei persone a tempo pieno, quattro sui campi e due nei laboratori di trasformazione. A maggio cominciamo. Verranno assunti probabilmente con contratti di inserimento lavorativo: bisogna rispettare i tetti indicati dal carcere per evitare disparità con gli altri detenuti. Insomma, è un progetto che funziona sotto molteplici aspetti. Umano ed economico. Ne siamo contenti, ma è doveroso condividerne il merito con Consolida, che ci ha aiutato nella fase di avvio, con l'Agenzia del Lavoro e il direttore del carcere. Senza dimenticare i responsabili dell'area educativa e la polizia penitenziaria. E' un progetto complesso e faticoso, ma ne vale assolutamente la pena.