APRI - VULNOLOGIA
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA C.A.R.I.D (CENTRO DI ATENEO PER LA RICERCA, L’INNOVAZIONE DIDATTICA E L’ISTRUZIONE A DISTANZA) e FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIRURGICHE, ANESTESIOLOGICHE E RADIOLOGICHE Master Universitario in Terapia compressiva e metodiche di riparazione tissutale Unità didattica STRESS OSSIDATIVO E FATTORI CHE OSTACOLANO LA RIPARAZIONE TESSUTALE di Donato Gemmati Ricercatore - Università degli Studi di Ferrara Direzione del Master Paolo Frignani Coordinamento scientifico Paolo Zamboni Coordinamento didattico Mariasilvia Accardo, Francesca Pancaldi Direzione del corso: Paolo Frignani Autore: Donato Gemmati, Docente del Master, Università degli Studi di Ferrara L’edizione del presente volume costituisce parte integrante del Master in “Terapia compressiva e metodiche di riparazione tissutale”. Non è pertanto destinata a circolazione commerciale. Gennaio 2004 - C.A.R.I.D.© Via Savonarola, 27 - 44100 Ferrara Tel.: +39 0532 293439 - Fax: +39 0532 293412 E-mail: [email protected] http://carid.unife.it 2 Obiettivi QUESTA UNITÀ DIDATTICA AFFRONTERÀ: • • • il concetto di stress ossidativi; i radicali liberi e processi di guarigione; le situazioni che generano radicali liberi. 3 STRESS OSSIDATIVO E FATTORI CHE OSTACOLANO LA RIPARAZIONE TESSUTALE Il processo di guarigione delle ferite è una successione di eventi durante i quali il tessuto danneggiato è riparato, nuovo tessuto specializzato è generato e nuovo tessuto è riorganizzato in una cicatrice (1). Dopo che il tessuto è stato danneggiato il microambiente della cute cambia drasticamente (2, 3). Durante l’esordio della fase infiammatoria le cellule infiammatorie, principalmente i neutrofili, entrano nel sito della ferita, seguite dai linfociti, monociti, e più tardi dai macrofagi (4, 5). Questi stimolano i neutrofili intrappolati nella ferita che rilasciano specie reattive dell’ossigeno ed enzimi proteolitici che causano danno tessutale e diminuita guarigione (6, 7). Le specie reattive dell’ossigeno che sono conosciute essere rilasciate dai neutrofili sono: i) il radicale superossido (O2-) attraverso l’azione di una ossidasi NADPH-dipendente legata alla membrana, ii) il perossido di idrogeno (H2O2) formato dall’azione di dismutazione del radicale O2-, e iii) l’HOCl prodotto dall’azione della mieloperossidasi con H2O2. La formazione di OH– può anche avvenire attraverso la reazione metallo-catalizzata di Haber-Weiss (4, 5, 8-10). Quando un tessuto è danneggiato da mezzi fisici, infezioni, o composti tossici, la distruzione delle cellule può essere accompagnata dal rilascio dei cosiddetti “pools di transito” di ferro. Il ferro rilasciato facilita la decomposizione dei perossidi lipidici, ed anche la formazione di OH radicale e di specie similmente reattive ferro-ossigeno partendo da H2O2 ed O2-. Il ferro è inoltre coinvolto nelle generazione di altri radicali all’ossigeno, compresa H2O2, attraverso l’ossidazione non enzimatica di importanti molecole, compresa l’adrenalina ed il glutatione (9-11). Le specie radicaliche dell’ossigeno, come sottolineato, sono prodotte in risposta ad un danno esogeno o endogeno. I radicali dell’ossigeno impediscono la guarigione dei tessuti causando un danno al DNA, alle membrane cellulari, alle proteine e ai lipidi. Un importante esempio di danno cellulare da specie reattive all’ossigeno è la perossidazione lipidica, che coinvolge la degradazione ossidativa dei lipidi insaturi (1). La perossidazione lipidica è altamente dannosa per la struttura e la funzione della membrana e può causare numerosi effetti citopatologici (1). Le cellule si attivano nel meccanismo di difesa contro la perossidazione lipidica attraverso la produzione di radicali “spazzini” come la superossido dismutasi, la catalasi, e la perossidasi. Le ossidazioni non enzimatiche di molecole biologiche, lipidi di membrana e tessuti, mediate dai radicali liberi, ritardano la guarigione della sede danneggiata (1). Un altro notevole esempio di danno cellulare è dato dall’ossidazione proteica, che contribuisce al pool di enzimi danneggiati, che aumentano in numero durante l’invecchiamento e negli stati patologici come le ferite croniche. L’aumento in quantità di proteine ossidate legato all’invecchiamento può riflettere un accumulo età-dipendente di DNA danneggiato (e non riparato) che in maniera casuale, interessa le concentrazioni o l’attività di numerosi fattori che governano il tasso di ossidazione proteica e la degradazione di proteine ossidate. Questo danno biochimico ossidativo può risultare nella perdita dell’integrità della membrana cellulare, ridotta attività enzimatica, cambiamenti nella cinetica di trasporto, nel contenuto lipidico della membrana e fuoriuscita di ioni potassio, aminoacidi, ed altro materiale cellulare. Il tutto porta ad una processo di guarigione notevolmente rallentato e poco efficace (1). Il meccanismo di difesa del leucocita nei confronti di questi processi, è basato sulla sua capacità di produrre ossigeno ed azoto derivati da radicali liberi (HO. ed NO.) mediante un sistema enzimatico situato sulla membrana cellulare (Fig. 1). 4 CITOCHINE 2 O2 +NADPH H2O2 O2 TNF INTERFERONE INTERLEUCHINA Cl - MPO +CL2 NO. ONOO HO. DNA, membrane cellulari, proteine, lipidi Figura 1. Reazione ossidativa del leucocita. Quando il leucocita è attivato da messaggeri del sistema immunitario, il suo sistema enzimatico di membrana innesca diverse reazioni di ossidazione mediate da specie radicaliche. Attraverso la raccolta e successiva analisi non invasiva di fluidi di ferite croniche è stato possibile studiare il microambiente locale della ferita (12, 13). Lo studio del fluido raccolto ha chiaramente confermato le ipotesi ed i dati circa la presenza di elevate concentrazioni di proteasi (14), ma meno per quanto riguarda l’evidenza di specie radicaliche all’ossigeno (ROS), a causa della loro alta reattività ed associata brevissima emivita. Molti metodi sono disponibili per studiare lo stress ossidativo all’interno di tessuti (15), ma pochi hanno una applicabilità universale. Recenti studi hanno dimostrato un aumento di circa tre volte della concentrazione di allantoina e di cinque volte del rapporto percentuale allantoina/acido urico (AUR) nel fluido di ferite di ulcere croniche degli arti inferiori comparate con il plasma degli stessi pazienti (16). Nell’uomo l’acido urico è il prodotto finale della degradazione delle purine, ma sotto condizioni di stress ossidativo viene successivamente ossidato in una reazione non enzimatica a formare allantoina. A causa di questo processo, il rapporto AUR può essere considerato una misura dello stato di stress ossidativo (17). La guarigione delle ferite è, come precedentemente affermato una complessa serie di processi atti a fermare la perdita di sangue, eliminare i possibili patogeni intrusi, e a riparare la sede danneggiata (18, 19). Nelle ferite croniche, la risoluzione dell’infiammazione, che normalmente precede una normale guarigione, è interrotta o rallentata, risultando in un continuo flusso di cellule infiammatorie con successiva esacerbazione del danno cellulare. È ben accettato che prodotti batterici, come il lipopolisaccaride (LPS), iniziano il processo infiammatorio. Tuttavia le ferite non aperte, come le contusioni, non coinvolgono l’intrusione di patogeni ma nonostante ciò si ha un processo infiammatorio e successiva guarigione. Questo può essere spiegato dal rilascio locale di eme ed emoproteine dalla sede danneggiata. Elevati livelli di eme libero possono agire come segnale del danno e iniziare un ampio range di segnali pro-infiammatori atti ad arruolare ed allertare il sistema immunitario (20) (Fig. 2). Comunque, anche nella guarigione di un ferita normale è richiesta una controllata degrada5 zione della matrice extracellulare mirata alla rimozione dei componenti danneggiati a cui segue una migrazione cellulare ed una neo-angiogenesi. Danno tessutale HO-strato-protettivo Protezione contro: stress ossidativo, infiammazione. Produzione di chemochine Eme Espressione delle molecole di adesione, arruolamento delle cellule infiammatorie. Produzione di chemochine Attivazione cellulare Figura 1: L’eme rilasciato dopo il danno tessutale agisce da “segnale del danno” che può attivare sia la cascata infiammatoria che quella immunitaria. Il rilascio di eme, attiva ed arruola i leucociti, ossida le LDL, aumenta l’espressione delle molecole di adesione. La presenza di HO- nella pelle contrasta questi processi. Una anomala guarigione può essere causata da diversi fattori. Per esempio, i cheratinociti possono fallire la migrazione attraverso il letto della ferita (21), le cuffie di fibrina che circondano i vasi sanguigni possono impedire che fattori di crescita, proteine, micronutrienti ed ossigeno raggiungano l’area della ferita (22, 23). L’ipossia può stimolare la risposta fibrotica ed interferire con la riparazione del tessuto (24). Inoltre, un’eccessiva proteolisi può interferire con la guarigione della ferita attraverso la degradazione della matrice provvisoria necessaria per la migrazione delle cellule o attraverso l’inattivazione di fattori di crescita (25). Ancora, la flora aerobica/anaerobica polimicrobica, complicanza di tutte le ulcere croniche, può ostacolare il processo di guarigione così come la presenza di cellule senescenti (26, 27). La patogenesi delle ferite croniche è comunque un processo multifattoriale, e le cause sopra citate spesso si affiancano o sono causa di un’alterata bilancia tra le azioni delle MMPs e dei loro inibitori tessutali, i TIMPs (24, 21). Confrontando il fluido ottenuto da ferite acute con il fluido ottenuto da ulcere croniche, si sono osservati in queste ultime ridotti livelli di fattore di crescita derivato dalle piastrine, di fattore di crescita fibroblastico, di fattore di crescita epidermica e di fattore di crescita trasformante β (28). È stato suggerito che i fattori di crescita possono venire intrappolati da molecole della matrice extracellulare (29) o possono essere degradati da un eccessivo livello di proteolisi (23, 30) causando la non guarigione. Inoltre i fibroblasti del derma hanno un potenziale di proliferazione che diminuisce con l’aumentare dell’età della cellula, processo detto senescenza (31). Infatti, i fibroblasti delle ferite croniche hanno una ridotta od assente risposta all’ormone della crescita, che può essere dovuta ad aumento relativo del numero di cellule senescenti nella ferita (32, 33). Parallelamente a questo si aggiunge uno sbilanciamento tra proteinasi e loro inibitori. Infatti l’eccessiva attività proteolitica nelle ferite croniche, probabilmente dettata da una sovraespressione delle metalloproteasi di matrice, risulta in una anormale e sbilanciata degradazione della matrice extracellulare. Nuove strategie di trattamento terapeutico sono mirate al ripristino dell’equilibrio, attraverso l’applicazione topica di inibitori di proteasi, o mediante induzione di espressione di inibitori endogeni o combinando inibitori di proteasi con fattori di crescita (30). 6 BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. Martin A., The use of antioxidants in healing. Dermatol Surg 1996; 22: 156-160. Clark RA., Wound repair-overview and general considerations. In: Clark RA, ed. The molecular and cellular biology of wound repair. New York, NY: Plenum Press; 1995: 3-50. Dressler J., Bachmann L., Strejc P., Koch R., Muller E., Expression of adhesion molecules in skin wounds: diagnostic value in legal medicine. Forensic Sci Int. 2000; 113 (1-3): 173-6. Jamieson D., Oxygen toxicity and reactive oxygen metabolites in mammals. Free Radic Biol Med. 1989; 7 (1): 87-108. 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