2007 Pasqua - Decanato di Besozzo

Transcript

2007 Pasqua - Decanato di Besozzo
In cammino
Pasqua 2007
1
In cammino
Pasqua 2007
Guarderanno a colui che hanno trafitto
Al Signore spesso chiediamo
quella croce parla di loro, della conseguenza dei loro peccati, delle forze di morte che ogni peccato ininterventi miracolosi, ci avviciniamo a lui con la pretesa che
troduce nel mondo. Si battono il petto perché ricotolga dalla nostra vita ogni
noscono che anche loro centrano con questa soffemomento buio, ogni prova durenza, che quella croce è anche a causa loro. E’ una
ra. E ci lamentiamo se questo
verità scomoda, che preferiremmo ignorare, ma non
non avviene, ci domandiamo,
può incominciare una vita nuova se non in questa
a volte con rabbia altre con anpresa di coscienza che fa battere il petto, che pone
goscia “ma Dio dov’è”.
fine a tutte le nostre giustificazioni, che ci fa finalLa presenza del dolore, sopratmente guardare il nostro vero volto.
tutto della sofferenza innocenIl centurione guardando riconosce che c’è in quella
te, ci angoscia. Facciamo fatica
croce una parola nuova che faticosamente si rivela.
a guardare in faccia al soffeQuella croce parla di fedeltà: la duplice fedeltà di
rente, a sostenere la sfida del
Dio al mondo e all’uomo e la fedeltà del Figlio al
suo dolore. Ci domandiamo il
Padre che risponde all’amore portando con il suo
perché e siccome il dolore toamore il mondo al Padre. Il centurione non comprende ancora bene, ma capisce che lì c’è qualcosa
glie ogni parola convenzionale
di nuovo e di diverso, che interrompe la potenza
ed ogni frase fatta, facciamo di tutto per voltar via il
negativa del dolore e apre, proprio al cuore stesso
nostro sguardo, per emarginare chi soffre, per condel mistero della sofferenza, lo spazio in cui possovincerci che occorre rassegnarsi.
no risuonare le parole dell’amore e della vita che
Non c’è davvero spazio per la sofferenza nella nol’amore crea. L’esperienza del centurione ci invita
stra cultura, non c’è tempo e disponibilità per metad essere fedeli a ciò che intravediamo, ci dice che
terci in ascolto delle parole che nascono dalla soffenon basta uno sguardo frettorenza e non sono quelle che imCristo è risorto!
loso, ma occorre lasciare che lo
mediatamente avvertiamo, non
sguardo diventi contemplac’è volontà di superare il turbaLa Vita ha vinto
zione, che dal guardare si pasmento del cuore e di lasciarsi cosi al lasciarsi guardare ed aninvolgere nelle sfide esigenti che
il terzo giorno:
cor di più a lasciarsi afferrare
il dolore pone alla vita. E si ceril giorno della Risurrezione!...
dal Mistero che lì vive e ci parcano le scorciatoie più semplici,
e vivere è bello
quelle che danno immediatala.
nella
Luce
pasquale
mente una soluzione, quelle che
Il buon ladrone ci insegna che
card. Ratzinger nella croce di Cristo possiamo
aggirano il problema senza veramente affrontarlo.
mettere la nostra speranza. In
fondo non basta riconoscere i propri peccati occorre
La croce del Signore ci richiama l’impegno grave di
guardare colui che muore trafitto, di cogliere il suo
riconoscere che quella croce è per noi anche in un
altro senso. E’ a nostro vantaggio, ci dà quella piemorire in modo diverso, di lasciare che le sue piaghe ci parlino, come hanno parlato a Tommaso. Le
nezza di vita che da soli non potremmo mai conquifolle del Vangelo, il centurione, il buon ladrone ci
stare. C’è in quella croce la forza di cui abbiamo bisogno per essere strappati dalla nostra morte vissudescrivono i frutti di questa straordinaria esperienta come punizione ed essere consegnati a quella
za.
morte che apre la vita eterna. “Oggi sarai con me in
Le folle ci insegnano che il dolore è sempre momenparadiso” è la parola di cui abbiamo bisogno. Non
to che rivela una Verità scomoda, ma l’unica che
non illude. Ci conduce a riconoscere la nostra rein futuro, ma oggi. La sofferenza, vissuta con Gesù,
ha il potere di trasformare la nostra vita di oggi in
sponsabilità. Di certo il peccato non è la punizione
un paradiso. Questo ci fa superare ogni turbamento
per i nostri errori e per i nostri peccati. Ma indubbiamente il dolore diventa esperienza che distrugge
e smarrimento davanti alla sofferenza e ci fa trovare
la via della riconciliazione con le nostre croci. Non
a motivo del disordine, della mancanza di armonia,
che tutto diventa facile o che la croce diventa autodella povertà introdotte nella storia dal peccato e
maticamente un bene. La croce rimane sempre croce
dall’errore di ogni uomo. Le folle riconoscono che
2
In cammino
e come tale da combattere, ma combattendola può
rivelare anche per noi il suo volto nuovo. Non è facile, ma talvolta avviene. Avviene che persone, che
soffrono, sanno irradiare una luce straordinaria, una
forza non più umana, sappiano trasformare anche
gli altri in uomini nuovi. L’amore ritrovato nella
croce li ha liberati da ogni paura e ci possono ripete-
Pasqua 2007
re nella loro esperienza che chi ama è gia in paradiso, che la vita nell’amore, anche se incontra la croce,
è una vita beata. Che la Pasqua che celebriamo conduca ciascuno a vivere queste esperienze che sono
determinanti: rinnovano e salvano la vita.
Don Piero
Dalle sue piaghe siamo stati salvati
La prossimità della Pasqua ci chiede, come ogni anno, di ritornare al cuore della
nostra salvezza. “Dalle sue piaghe, noi siamo stati salvati” dice la Parola. Siamo dunque guidati di nuovo al mistero di
quella sofferenza, che rimane
esperienza dura da comprendere e da accettare.
Perché si debba soffrire noi non
riusciremo mai a capirlo, soprattutto non comprendiamo
perché un innocente debba soffrire. Il dolore e soprattutto il
dolore innocente ha sempre suscitato nell’uomo una forte ribellione, ma ha dato inizio anche a luminosi cammini di purificazione della vita. E così la sofferenza è una pietra di scandalo con cui ogni uomo deve fare i conti:
può essere scandalizzato e rifiutare di entrarci in
modo libero, ma può, misteriosamente vedere in essa una proposta che lo spinge ad uscire da una vita
“vecchia”, schiacciata dalle sue paure e dalle sue
povertà, per iniziare una vita “nuova” illuminata
dalla luce della verità e dell’amore.
Gesù ci insegna a non chiudere gli occhi di fronte al
dolore e alla sua durezza. Egli stesso fa fatica ad entrarvi e prega, supplica, grida al Padre di liberarlo
dalla prova. Ma vi entra con un atto di fede, di radicale affidamento al Padre, sostenuto da quell’amore
che è la verità della sua vita. Egli sa che non può
non amare il Padre, che lo consegna e non può non
amare l’uomo per il quale ha accettato di essere consegnato. L’amore continua ad amare anche quando
non comprende, continua ad amare anche quando
l’amore diventa pericolosa e dolorosa condivisione
della condizione dell’altro. E, infatti, proprio al vertice di questo dolore, diventa chiaro il motivo vero
che spinge ad affrontare il dolore: l’amore che lega il
Figlio al Padre e all’uomo. E l’amore spiega, strappa
la Parola al silenzio infido della morte, rende questa
morte diversa. Dalla esperienza della croce vissuta
“in quel modo” nasce la professione della fede: “veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. E’ una parola di cui ancora non si percepisce bene la portata,
ma esprime la certezza che questa morte non è la
fine disperata di tutto, bensì l’irrompere di un Mistero grande nella storia dell’uomo. Il dolore, vissuto “in questo modo” libera lo sguardo del centurione, come libera lo sguardo di Pietro e lo rende capace di percepire il Mistero.
Gesù entra in questa sofferenza anche spinto dalla
serietà del suo amore per l’uomo. Egli sa che non c’è
vera salvezza se non si parte proprio da quella morte, che è conseguenza estrema del peccato, dalle
stesse piaghe, che una storia di peccato genera nel
corpo e nel cuore dell’uomo. Ed accetta di essere ferito, di ricevere nel suo corpo le stesse piaghe che
fanno soffrire e mettono a morte l’uomo, per dire
che in lui questa ferita non è più per la morte, ma
per la vita, che la ferita torna ad essere, come
all’inizio della storia: luogo non di morte,ma di relazione. Attraverso la ferita, l’uomo esce da se stesso, viene liberato dalla terribile illusione di autosufficienza, che uccide, e incomincia ad amare, a ritessere le relazioni, che riempiono la vita e la strappano alla solitudine, che “non è bene”. E così Gesù insegna anche a noi ad amare veramente, insegna la
serietà dell’amore, a non avere paura degli “eccessi”
a cui l’amore ci porta, a seguirlo anche quando ci
porta a misurarci con ciò che più ci da fastidio e ci
spaventa. Non ci può essere amore vero, non ci può
essere vero aiuto se non accettiamo, come Gesù, di
misurarci con il male, di lasciarci ferire, di prendere
su di noi le piaghe di colui che vogliamo amare e
aiutare.
Gesù infine entra nella sofferenza con una convinzione:”se il seme non muore rimane solo, ma se
muore, porta molto frutto”. Proprio la sofferenza
che sembra sottrarci tutto è in realtà il grembo fecondo dal quale esce l’uomo nuovo, il sepolcro da
cui esce il Risorto. La morte di Gesù pone termine a
tutte le illusioni di salvezza, che non attraversano la
3
In cammino
Pasqua 2007
morte (tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre
giorni salva te stesso scendendo dalla croce) e dà inizio ad una salvezza nuova, che riconosciuta ed accettata cambia completamente la vita. E’ l’esperienza di Tommaso, che vedendo i segni della morte, ed entrando dentro alle piaghe di Gesù riconosce
che da lì parte tutto, che davvero il Crocifisso risorto
è la verità di Dio e la verità dell’uomo, riconosce che
lì non c’è illusione, ma una vera e concreta novità di
vita, che ponendo davvero quelle piaghe al centro
della vita neppure il dolore fa più paura e si superano tutte le incertezze e le paure. Dalle piaghe rinasce l’uomo nuovo Tommaso, non più il calcolatore
carico di dubbi, ma l’apostolo, il testimone credente
e appassionato, l’uomo totalmente affidato e dedicato alla novità riconosciuta.
immediato e sconcertante del dolore non è tutto ciò,
che in esso possiamo leggere. La fedeltà, la condivisione della sofferenza, l’accettare di entrare nella lotta radicale di Cristo contro il male ci svelerà ciò che
è contenuto in questo mistero. Ci farà aprire gli occhi sull’amore che il dolore rivela, sulla grandezza
che genera, sulla speranza che misteriosamente alimenta. Alla scuola di questa sofferenza, non idealizzata, ma concretamente affrontata crescerà anche in
noi l’uomo nuovo, che ci sorprenderà perché diverso da tutti nostri sogni e dall’idee di salvezza, che
finora abbiamo coltivato.
Ma fare pasqua significa appunto passare da una
vita centrata attorno ai nostri sogni ad una vita che
ha il suo centro in Colui che ha attraversato la morte
ed è uscito vincitore aprendo una strada, l’unica
strada di salvezza, per tutti.
La pasqua dunque ci chiede di riconsiderare, con
Gesù la sofferenza di cui vediamo i segni nella nostra storia e dalla quale spesso fuggiamo. Il volto
Buona Pasqua !
Don Piero.
Malattia e fede
In questa quaresima siamo stati invitati a contemplare Gesù crocifisso e quindi a riflettere sulle radici
della nostra salvezza: Gesù ci ha salvati attraverso
la sua Passione, Morte e Resurrezione dando un
senso e un contenuto alla realtà della sofferenza e
del dolore che sperimentiamo nel cammino della
nostra vita. Come vive la nostra comunità la solidarietà con le persone ammalate ?
perché aiuta a superare la paura che ogni ammalato
ha di essere trascurato o, peggio, abbandonato a se
stesso in un momento difficile della propria vita.
La comunità cristiana è vicina ogni giorno attraverso la solidarietà della preghiera nella celebrazione
della S. Messa (preghiera dei fedeli e preghiera eucaristica del celebrante), con la visita periodica dei
sacerdoti nelle famiglie, con la celebrazione settimanale in casa di un ammalato ……
E’ il momento dell’ascolto, dell’incoraggiamento e
della solidarietà nella preghiera.
VOLONTARIATO : A Gavirate abbiamo anche la
fortuna di avere una Casa di Riposo per accogliere
quegli ammalati che non possono essere seguiti in
famiglia. In questa struttura è presente un gruppo di
persone che dedicano parte del loro tempo a servizio degli ospiti. Anni fa il personale nella Casa era
più numeroso aiutato anche dalla presenza delle
Suore, in questi ultimi tempi è diminuito : al proposito mi permetto di fare appello a tutta la comunità ,
soprattutto ai giovani, affinché si aderisca con generosità a questo servizio.
L’ACCOMPAGNAMENTO : Gesù stesso ha voluto essere accompagnato fino alla croce in particolare
dal discepolo che più amava San Giovanni Evangelista e da Maria sua madre ,presenza discreta ma
importante. A Gavirate c’è una bellissima usanza,
quella di accompagnare i propri cari ammalati tenendoli il più possibile in casa. Questo è importante
SACRAMENTI : In questo accompagnamento non
deve mai mancare per il cristiano ammalato la possibilità di ricevere i Sacramenti secondo la propria
sensibilità nella fede. Non solo i sacerdoti sono a disposizione ma esiste un gruppo di “Ministri
dell’Eucaristia” che porta la Comunione agli amma4
In cammino
lati che la desiderano. E’ molto importante anche il
sacramento dell’Unzione da non considerare più
come l’ultimo sacramento della vita ma come un aiuto e un sostegno in più nella malattia; voglio ricordare il dovere dei familiari ad avvertire per tempo il sacerdote prima che l’ammalato si aggravi.
Troppe volte capita di non poter dare questo conforto religioso ad un confratello nella fede per nostra
negligenza. Dobbiamo superare paure e titubanze
inutili se veramente crediamo.
In questi ultimi anni abbiamo fissato alcuni momenti significativi per la comunità in cui richiamare
l’importanza del servizio per gli ammalati: la domenica precedente la festa della Madonna Addolorata
come giornata parrocchiale per gli ammalati; l’11
Pasqua 2007
Febbraio giornata mondiale dell’ammalato in cui si
amministra l’Unzione alla Casa di Riposo; la S.
Messa del giovedì pomeriggio in casa di un ammalato oltre alle visite periodiche dei sacerdoti e dei
ministri dell’Eucaristia.
A questo proposito chiediamo la collaborazione dei
famigliari nel segnalare in Parrocchia nominativi e
indirizzi di ammalati che desiderano usufruire di
questo servizio pastorale.
Che i nostri protettori S .Giovanni Evangelista e la
Madonna Addolorata ci accompagnino e ci aiutino
sempre.
Don Elia
La sofferenza di Cristo sulla Croce trasforma il nostro cuore ( di P. M. Lepori)
«Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure, egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità» ( Is 53, 3-5).
Queste parole del profeta Isaia descrivono ciò che
può accadere di più vero nel cuore di quanti si trovano di fronte allo spettacolo della Passione e Morte
di Nostro Signore: la scoperta dolorosa di essere stati amati senza accorgersene, la scoperta di aver disprezzato colui che ci amava di più.
Essere sorpresi da un amore gratuito, immeritato, è la prima tappa della trasformazione che Dio provoca nell’uomo peccatore.
Dio subisce il nostro male per poterci sorprendere con il suo perdono.
La prima conversione, quella fondamentale,
consiste nell’accettare il perdono, la gratuità
dell’amore di Cristo. Quando lo si accetta
come fatto gratuito, come grazia, come perdono immeritato, l’amore di Cristo diventa
in noi fecondità. Il perdono di Dio è un seme che, quando tocca la libertà di un uomo,
feconda il suo cuore e lo rende capace di
amare. Sulla Croce, Gesù semina. Semina il perdono, e il suo grido: «Ho sete!» è il grido del seme che
chiede la pioggia per poter germogliare e portare
frutto. In Maria, in Giovanni, in Maria Maddalena,
nel centurione, il seme del Sangue di Cristo è subito
fecondo di un amore più grande. Soprattutto la
La reazione più vera di fronte alla Croce è quella di
rendersi conto, con dolore, di essersi completamente
sbagliati sul mistero di Cristo. Pensavamo che Gesù
fosse «castigato, colpito da Dio, umiliato», che fosse colpevole, e non era vero. In realtà, i colpevoli
siamo noi, «è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità».
Allora, se prima si era lì in prima fila a gridare:
«Crocifiggilo! Crocifiggilo!», si ritorna a casa «percuotendosi il petto», come per ridurre in frantumi
un cuore di pietra che comincia finalmente a soffrire
perché non sa amare come Egli ci ha amati.
Vergine Maria è una terra così feconda di umiltà, da
poter dare immediatamente frutto. Ed è contem5
In cammino
plando la sua fecondità che possiamo capire quale
può essere la fecondità di Giovanni, della Maddalena, del centurione, di Pietro e, in seguito, degli altri apostoli, e infine la nostra.
Che cosa accade, infatti, in Maria sotto la Croce?
Maria sotto la Croce soffre. Soffre della sofferenza di
una madre che vede morire suo figlio Ma Gesù fa
qualcosa di straordinario, forse il suo più grande
miracolo: trasforma questa sofferenza per la Sua
morte in sofferenza per la nostra nascita, per la nostra vita. Fa della Madre, che soffre per la morte di
suo Figlio, una Donna nei dolori del parto: «Donna,
ecco tuo figlio». Maria, come al momento dell’Annunciazione, si lascia ancora una volta fecondare da
una parola misteriosa. Senza parlare, ella dice “sì”.
Sta in piedi sotto la Croce, come Abramo presso i tre
Angeli sotto la quercia di Mamre (cf. Gn 18, 8):
pronta a servire, a essere presa, totalmente disponibile alla Trinità che si dona al mondo attraverso il
Figlio del Padre che, crocifisso, sta per esalare lo
Spirito. Maria sotto la Croce permette al Figlio di
disporre completamente della sua sofferenza materna e permette allo Spirito Santo di fecondare questa sofferenza per dare il frutto che il Padre desidera: la nascita della Chiesa.
La Madre che piange suo Figlio morente è trasformata in donna che partorisce. Questo avvenimento,
accaduto in pochi istanti sul Calvario, illustra fino in
fondo l’essenza del mistero cristiano. Attraverso la
Morte e la Risurrezione di Cristo, ciò che nell’uomo
è “per la morte” diventa “per la vita”, diventa luo-
Pasqua 2007
go e strumento di una fecondità umanamente impossibile.
La sofferenza della Vergine Maria, benché innocente, è la nostra sofferenza. Il miracolo che Gesù opera
in lei dall’alto della Croce, lo vuole operare anche in
noi. E ci dà Maria come Madre per insegnarci a dire
“sì” a questa trasformazione profonda del nostro
cuore: che tutte le nostre sofferenze, tutte le nostre
miserie, tutte le sofferenze e miserie del mondo, diventino fecondità di amore. È questo il frutto della
Croce.
È una fecondità nuova nell’uomo: fecondità in Maria, in Giovanni per mezzo di lei, e in noi. Fecondità
mariana ed ecclesiale, che è la fecondità di Cristo
attraverso Maria e attraverso la Chiesa. Anche Pietro entrerà nel mistero di questa fecondità, malgrado il suo rinnegamento e grazie all’esperienza purificatrice del rinnegamento. Pietro ha dovuto vedere
che lo spazio enorme della sua vergogna e della sua
umiliazione era riempito da Gesù attraverso una sola richiesta: «Mi ami?».
Se Cristo crocifisso è un seme, se il suo Sangue versato è un seme, se il suo perdono è un seme, se il
suo Cuore trafitto è un seme, ciò che li fa germogliare e portare frutto è il nostro amore per Cristo. «Ho
sete!». Sì, è il grido del seme che chiede la pioggia.
Grido che Gesù ripete a Pietro: «Mi ami tu?». Il seme della Misericordia di Dio chiede l’acqua del nostro amore per dare frutto nella nostra vita.
Datemi un punto di appoggio (Libero Clerici)
Sfogliavo qualche giorno fa il libro “Resistenza e resa” di Bonhoeffer quando mi è capitato di rileggere
una sua celeberrima lettera scritta alla fidanzata dalla prigionia. Mi permetto di consigliarvene la lettura
poiché, tra l’altro, questo grandissimo teologo riporta brevemente in essa alcune considerazioni concernenti il significato della Pasqua in relazione ai grandi temi del morire e della morte.
Per chi non conoscesse l’autore, Bonhoeffer era un
Pastore Luterano, nato a Breslavia (Germania) nel
1906. Compie i suoi studi di Teologia presso le Università di Tübingen e di Berlino dove consegue la
laurea nel 1927. Grazie alle sue capacità e alla sua
onestà intellettuale, diviene ben presto una figura di
riferimento non solo nel campo della Teologia. Bonhoeffer svolge la sua missione di Pastore a Barcello-
na, New York, Berlino e Londra. Dal 1931 al 1933 è
libero docente presso la Facoltà teologica di Berlino.
Alla chiusura del Seminario ad opera della Gestapo,
ricopre una funzione di collegamento nella resistenza al Nazismo.
Nel gennaio
del 1943 si
fidanza con
Maria von
Wedemeyer.
Il 5 aprile
dello stesso
anno viene
imprigionato
nel carcere di Berlino ed il 9 aprile del 1945 viene
impiccato nel campo di concentramento di Flossen-
È straordinario come la
musica ascoltata soltanto
con l'orecchio interiore
possa essere quasi più bella di quella ascoltata materialmente
6
In cammino
Pasqua 2007
burg. La lettera indirizzata alla fidanzata e riportata
qui di seguito, è del 27 marzo 1944 nell’imminenza
della Pasqua a poco più di un anno dalla sua morte.
Cara Maria
devo inviarti già oggi i saluti e gli auguri speciali per la Pasqua? Non so quanto le lettere impieghino ad
arrivare e mi piacerebbe che tu lo sapessi che mi sono sentito legato a te da molti
bei ricordi proprio nelle
settimane che precedono
e segnono la Pasqua.
Mentre continuavo a
sfogliare in questi giorni
il Neue Lied, mi sono reso conto che devo sostanzialmente a te la conoscenza del canto come
espressione della gioia
pasquale. Da un anno
non ho più sentito cantare nemmeno un corale.
Ma è, straordinario come
la musica ascoltata soltanto con l'orecchio interiore possa essere quasi più bella di quella ascoltata materialmente, quando ci si abbandona ad essa nel raccoglimento; possiede una maggiore purezza, e tutte le scorie
vengono eliminate; in certa misura, acquista un «nuovo
corpo»! Ci sono solo pochi pezzi che conosco cosi bene da
poter1i ascoltare interiormente; ma la cosa mi riesce particolarmente bene con i Lieder pasquali. Riesco a capire
meglio a livello esistensivo la musica composta da Beethoven quand'era già sordo; per me rientra in quest'ambito specialmente la grande variazione dell'opus 111, che
una volta abbiamo ascoltata insieme nell'interpretazione
di Gieseking [...] Negli ultimi tempi ascolto inoltre qualche volta il concerto domenicale, tra le 18 e le 19, anche se
attraverso una pessima radio...
Pasqua? Il nostro sguardo cade più sul morire che sulla
morte. Per noi è più importante come veniamo a capo del
morire che non come vinciamo la morte. Socrate ha vinto
il morire, Cristo ha vinto la morte in quanto “ultimo nemico” (1 Cor. 15,26). Venire a capo del morire non significa ancora venire a capo della morte. La vittoria sul morire rientra nell’ambito delle possibilità umane, la vittoria
sulla morte si chiama resurrezione.
Non è dall’ars moriendi, ma è dalla resurrezione di Cristo che può spirare nel mondo presente un nuovo vento
purificatore. Qui c’è la risposta al “datemi un punto di
appoggio e solleverò il mondo”. Se un po’ di persone lo
credessero veramente e si lasciassero guidare da questo
nel loro agire terreno, molte cose cambierebbero. Vivere
partendo dalla resurrezione: questo significa Pasqua. Non
trovi anche tu che la maggior parte delle persone non
sanno a partire da che cosa vivono?
La perturbatio animorum si va estendendo in modo straordinario.
È
un’attesa
inconLa vittoria sulla morte
sapevole
della
si chiama resurrezione…
parola risolutrice
e liberante. Ma
Qui sta la risposta a:
non è ancora il
datemi un punto
tempo in cui essa
può
essere udita.
di appoggio e solleverò il
Ma verrà, e quemondo
sta Pasqua è forse una delle ultime grandi occasioni per prepararci ai nostri compiti futuri. Ti auguro
di poterne godere, nonostante le privazioni che ti sono
imposte. Stai bene, io devo chiudere, perché la lettera deve
partire.
Il tuo Dietrich
[da D. Bonhoeffer. Resistenza e resa. Lettere e scritti dal
carcere. Ed. Paoline 1988].
Parlare di Dio, senza far rumore
C’è un comandamento di
cui si parla poco, eppure è
visibilmente infranto di
continuo. Deve essere considerato importantissimo,
visto che è il primo dei dieci comandamenti di Jahwè,
è l’ingresso degli altri nove,
è il capofila delle Tavole
della Legge, è la premessa
fondamentale dell’etica cristiana. Dice: “Non nominare il nome di Dio invano”. Al buon cristiano – e al
buon ebreo – chiede riguardo quando si parla di Dio, prescrive massima attenzione quando si maneggiano il sacro, la divinità, la vita eterna…
Il comandamento ha due preoccupazioni. La prima:
di Dio non si deve parlare invano, cioè fuori luogo,
tirandolo dentro nelle situazioni che non c’entrano
niente con Lui, rivestendo di divino ciò che è uma7
In cammino
no, umanissimo, come il conflitto, la vendetta, il rifiuto dell’altro. E invece proprio nel nome di Dio si
benedicono gli eserciti, si concepiscono e si combattono le guerre, si “fa giustizia” con la pena di morte,
si esaltano i “nostri” contro gli infedeli e sempre in
nome di Dio si dividono perfino le nostre comunità…
Ma il primo comandamento suggerisce un secondo
atteggiamento precauzionale nella comunicazione
della fede. L’invito è ad usare i toni bassi, la voce
sommessa, il ritegno necessario di chi è cosciente
che sta trattando del Totalmente Altro, sempre die-
Pasqua 2007
tro a un velo, col quale dunque non sarà mai sullo
stesso piano. Almeno qui in terra. Come stonano
quelle espressioni che pubblicizzano in modo ostentato (e un po’ esibizionista?) uno speciale rapporto
personale d’amore con Dio e attribuiscono a Lui le
nostre scelte di vita.
Come non ricordare, allora, l’ammonimento del
cardinale Tettamanzi a Verona preso a prestito da
un grande santo: “È meglio essere cristiani senza
dirlo che proclamarlo senza esserlo” (S. IGNAZIO DI
ANTIOCHIA, Lettera agli Efesini)?
Angela Lischetti
Giovani ed oratorio, un patrimonio da valorizzare
È sabato pomeriggio, una giornata di sole
all’oratorio. Piccoli gruppetti di ragazzi. Alcuni
stanno seduti e parlano tra loro, altri sono dispersi
nei campi sportivi.
Qualcuno parla con fatica, altri parlano volentieri.
Mi danno l’impressione che siano in attesa di
qualcosa, forse qualcuno che organizzi qualcosa,
forse di qualcuno che senta le loro idee. Sono
Marco, Federico, mister x, Fabio, Alessandro e
Carlo.
È lo sport e il desiderio di incontrare amici, il motivo per andare all’oratorio. Alcuni hanno anche
altri interessi fuori dell’oratorio, sport e musica
soprattutto.
Tutti dicono che l’oratorio è bello ed apprezzano
le attrezzature sportive per i loro sport preferiti:
skateboard, pallacanestro, calcio e judo.
Avvicino un gruppetto seduto in attesa, hanno in
viso un’ironia fiacca, manca in loro la gioia,
l’incoscienza e l’esuberanza della loro età.
Forse avrei voluto sentire anche altri discorsi, ma
ho solo sentito qualche rimpianto per quando
c’erano più cose organizzate e c’erano più ragazzi.
Forse questa generazione non è capace di organizzarsi, forse qualche adulto potrebbe innescare
la loro iniziativa.
È proprio vero quello che mi diceva un vecchio
professore, ogni ragazzo è come uno tastiera che
aspetta solo di essere suonata.
Scopro che sono ragazzi di altre località che vengono spesso qui, perché qui è un bel posto e ci sono i loro compagni di scuola che abitano a Gavirate. Sperano di incontrarli e giocare un po’ a calcio.
Per sapere qualcosa di più, avvicino altri ragazzi
gaviratesi.
Patti chiari cellulare lungo (da Noi Genitori e figli di marzo 2007 - Nicoletta Martinelli)
Un sacerdote sperimenta un contratto da far firmare ai figli in cambio del telefonino
Sintesi dei dodici punti del contratto:
1. lo userò solo per comunicare e per un tempo di
conversazione strettamente necessario
2. rispetterò i divieti di suo utilizzo
3. mi collegherò solo con persone conosciute
4. utilizzerò la fotocamera solo con persone consenzienti e per usi da loro autorizzati
5.
6.
avviserò i miei genitori per messaggi strani o
indesiderati
lo terrò spento nei periodi di studio , a scuola, in
chiesa, in biblioteca ovunque sia richiesto il silenzio
8
In cammino
7.
8.
9.
non invierò mai fotografie mie o dei miei cari
senza autorizzazione dei genitori
non fornirò a nessuno ile mie chiavi di accesso
non farò mai comunicazioni che possano offendere qualcuno
Pasqua 2007
10. non n’installerò loghi o suonerie a pagamento
11. non richiamerò numeri sconosciuti
12. permetterò ai miei genitori l’accesso ai miei dati
memorizzati
«Affinché la Parola corra». Gli ottant’anni del cardinale Martini
L’80° compleanno del cardinale Martini è stata
l’occasione per fare memoria dei suoi 22 anni di
episcopato milanese.
Come sappiamo milletrecento pellegrini ambrosiani, guidati dal cardinale Tettamanzi lo hanno
festeggiato nelle scorse settimane a Gerusalemme.
In quell’occasione al festeggiato è stato offerto un
volume di saggi in suo onore dal titolo Affinché la
Parola corra. I verbi di Martini.
Il titolo prende spunto da un passo della Seconda
Lettera ai Tessalonicesi (v. 3,1), ove l’autore esorta i
fratelli a pregare e ad adoperarsi affinché la Parola
del Signore corra, si diffonda e sia accolta nella
comunità cristiana. Il libro forma un mosaico
dell’impegno pastorale di C.M. Martini, sulla base
delle molte tessere che hanno contraddistinto il
suo ministero.
I diversi contributi mostrano il raccordo fra il primato della Parola e le forme concrete dell’agire,
mettendo a fuoco i verbi caratterizzanti la sua lezione attorno a tre cespiti: la cura del Vangelo,
l’edificazione ecclesiale, il servizio alla città.
Marco Vergottini
I verbi di Martini
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Leggere la Scrittura
Predicare la Parola
Celebrare il mistero
Farsi prossimo
Educare i giovani alla fede
Parlare al cuore di tutti
Sognare il volto della comunità
Vigilare nel presente
Consigliare nella Chiesa
Incontrare le Chiese del mondo
Promuovere il dialogo ecumenico
Dare un’anima la città
Comunicare a Babele
Visitare i carcerati
Costruire l’Europa dello spirito
Mirare alla convivialità delle culture
Invocare la pace per Gerusalemme
NB Per quanti desiderano, il volume è in vendita
nell’edicola della buona stampa (sotto il portico della
chiesa).
Invito missionario
Noi del gruppo missionario parrocchiale desideriamo proporre alla parrocchia alcuni momenti di conoscenza e di riflessione su realtà che escono un po’
dai nostri orizzonti abituali. Per questo motivo ab-
biamo invitato alcune persone particolarmente impegnate nell’apertura alla mondialità a raccontarci e
dialogare con noi su argomenti diversi. Il primo incontro si terrà
in oratorio sabato 21 aprile al9
In cammino
le ore 18.00: alcuni ragazzi, che operano come volontari sia in Italia che in Africa
per aiutare le
missioni, ci racconteranno la loro esperienza e la
situazione nelle
missioni
etiopi
con cui sono in
contatto. Gli incontri successivi
tratteranno della situazione medio orientale e del
Pasqua 2007
dialogo fra culture diverse e saranno guidati da
missionari ed esperti.
Riteniamo che per un cristiano l’apertura al mondo
sia qualcosa di più della semplice curiosità che può
animare il turista o la persona di cultura: il nostro
sguardo è quello di chi vede un fratello in ogni persona, a qualsiasi popolo appartenga, per questo desidera conoscere tutto di lui, per potergli voler bene
in modo sempre più autentico.
Vi aspettiamo numerosi
La famiglia e le illusioni dei piccoli passi - Esperienze, domande e risposte
Altro che "prova": le relazioni si rompono di più.. (Paola Tettamanzi)
Le chiamano "convivenze di prova". Preludono al matrimonio, ma non è sempre detto. è ormai stile di vita.
Una recente ricerca effettuata dalle diocesi lombarde ha rivelato che una coppia su due, tra quelle che frequentano i corsi delle parrocchie cittadine, già abita allo stesso indirizzo. Le percentuali sono più alte tra coloro che si vogliono sposare in Comune. I matrimoni celebrati in Italia tra il 1999 e il 2003 sono stati preceduti
da una convivenza nel 25 per cento dei casi e non sono garanzia di buona riuscita, anzi hanno un rischio più
elevato di divorzio.
Vado a convivere. Una storia dei nostri giorni
Adesso
basta.
Dovete
dirci
quali sono le vostre intenzioni.
Ne abbiamo abbastanza di giustificazioni banali. Sono sei
mesi che beviamo queste assurdità. A noi
questa situazione non sta bene.
Parlate chiaro.
Che intenzioni
avete?». Avevano detto tutto,
anzi
gridato,
Prima di scaricare su Emanuele, il loro terzo figlio, venticinquenne, l'enorme quantità di ansia accumulata per
una situazione che non riuscivano ad accettare. Nottate insonni a cercare di capire. Tutto inutile. Eppure
la loro vita familiare e il loro impegno di "genitori
consapevoli" fino a quel momento era scivolato via
senza bruschi scossoni. Forse in modo un po' monotono, forse un po' troppo ordinario. Emanuele. Studente quasi geniale, secondo il giudizio di tutti i
suoi insegnanti, aveva invece abbandonato gli studi
dopo il secondo anno di università, lasciando l'amaro in bocca ai genitori che già lo prefiguravano filosofo di successo. Invece Emanuele se ne era andato
a lavorare in una cooperativa legata alla Compagnia
delle Opere. Stipendio irrisorio, quasi volontariato.
Ma sembrava soddisfatto. «Finisci di studiare,..»,
Ma lui niente. Lasciata l'università - era spuntata
quella ragazza incontrata nel movimento. «Ma lo
capisci? - si ripetevano Rita e Giorgio - Di fatto convivono. E non ci ha mai detto nulla. la cosa è scivolata via così, senza scossoni, a piccole dosi quotidiane, E adesso? Lui aveva letto un volumetto ma l'attenzione si fissò su tre verbi, che in quel momento
per loro si trasformarono in tre comandamenti dell'arte di educare: seminare, aspettare, continuare., il
resto è nella mani e nello sguardo sorridente di Dio.
10
In cammino
Pasqua 2007
La nostra fuga dalle responsabilità (Vittorio Scuri)
Lo hanno detto poco prima di mezzanotte: «Ad aprile ci sposiamo.». Francesca e Luca l'hanno detto
così ai genitori che per un attimo sono rimasti senza
parole. «Papà - dice sorridendo Francesca - è andato subito in confusione, me lo ha fatto ripetere due
volte, per essere certo di aver capito bene... È stato
un momento emozionante. Sicuramente un po' tutti
ci speravano. E anche per noi, in fondo, è stata una
liberazione. Avere avuto finalmente il coraggio di
buttarci». 34 anni lui, 31 lei, vivono insieme da 4
anni ma si conoscono da 11. «Una bella amicizia,
cresciuta grazie a tante affinità: stile di vita, valori,
modi di fare e tanti interessi condivisi: per la musica, le letture, il cinema e la politica». I due fanno
coppia fissa e due anni dopo vanno a vivere insieme. E adesso il matrimonio. A chi chiede loro se ce
n'era bisogno, rispondono sì. «La convivenza è arrivata un po' per caso, perché sembrava normale
"provare" a stare insieme. Non avevamo ancora un
contratto di lavoro stabile, ma io vivevo già da sola ,
così, un weekend dopo l'altro, Luca si è stabilito fisso da me, quasi senza nemmeno deciderlo». Poi,
qualche mese fa, i due si sono guardati negli occhi e
hanno sentito di essere cresciuti abbastanza per poter fare una scelta definitiva, per prendere una deci-
sione per sempre. «Abbiamo capito che potevamo
anzi dovevamo fare un passo avanti, che era il momento di farlo. Di diventare una famiglia a tutti gli
effetti». Perché non prima, allora? Non lo sanno
nemmeno loro: forse per pigrizia - le cose da organizzare per un matrimonio sono tante -, forse perché
nessuno lo ha "suggerito". «In effetti - spiega Luca quando sono andato a vivere da Francesca i miei
genitori hanno rispettato la mia scelta, non hanno
fatto pressioni. Ho capito che non erano molto d'accordo, ma siccome tacevano, sono stato zitto anch'io.
Allora mi faceva comodo così: poche domande, poche responsabilità.. ». Poi se una cosa non la fai subito finisci per rimandarla. E i giorni passano. Non è
che al matrimonio non ci pensavano, anzi. Però l'idea era sempre rimandata a "domani". E sono passati quattro anni, finché un giorno la decisione si
prende. «Ne parli e ne riparli, si decide e subito senti di aver fatto la scelta giusta - continua Francesca :
la prospettiva del matrimonio, adesso, mi rende felice. Anzi, è come se ricominciasse un'altra storia:
più profonda, più intensa, più vera. Già a dire che
sarà mio marito, mi emoziono. Niente sarà uguale a
prima, anche se ci conosciamo già ben. Però non è la
stessa cosa. Peccato non averlo capito prima».
Una "prova" per non sbagliare? (Antonella Galli)
Da oltre 25 anni i coniugi Gorini affiancano i sacerdoti nei percorsi di preparazione al matrimonio.,
un’esperienza ampia e concorde su una valutazione.
«La diffusione della convivenza è cominciata circa
10 anni fa. La crescita maggiore, però, si è avuta negli ultimi 5/6 anni.
coppie che si sfasciano, tante unioni che falliscono
ed allora, decidono di "proteggersi" prima di prendere un impegno per sempre, si concedono del tempo, per tenersi un po' di spazio in più solo per se
stessi, per le proprie passioni, i propri interessi, o
meglio, per i propri piccoli, grandi, egoismi.».
Oggi la maggior parte dei giovani che frequentano i
nostri corsi convivono».
Per molti l'urgenza da soddisfare è quella di regolarizzare la loro unione, soprattutto nella prospettiva
di avere bambini.
Per alcuni è la necessità economica, per altri è l'idea
di libertà per non sentirsi "prigionieri" di una condizione che non permette più di tornare indietro, per
altri, ancora, è il timore di sbagliare. «vedono tante
Taluni provano un desiderio di completezza; si rendono conto che alla loro coppia manca qualcosa; Per
tutti, comunque, si tratta di un percorso di crescita.
Il debole non è capace di perdonare. Il perdono è una qualità dei forti. (Ghandi)
11
In cammino
Pasqua 2007
Nove volte no. Le parole per spiegare perché. (Giulia Paola Di Nicola)
Bisogna riconoscere che le ragioni che i giovani adducono hanno spesso fondamento, ma è normale
per i genitori voler spiegare le ragioni della loro
contrarietà. Proviamo ad esplicitarle:
1. Esiste un nesso intrinseco fra il rapporto sessuale e il rapporto stabile tra uomo e donna, che garantisce sicurezza reciproca e cura dei figli. Al
contrario, è innaturale creare un'intimità forte
per poi renderla fragile.
2. L'unione sessuale genera intima unità che nessun'altra relazione è in grado di eguagliare. Secoli di esperienza invitano a non indebolire questo legame, a non lasciarlo affidato alla spontaneità, ma di sostenerlo, soprattutto a difesa della
parte più debole.
3. I conviventi non danno conto del loro amore
pubblicamente mentre il matrimonio stabilisce
una specie di patto di solidarietà tra gli sposi e
la comunità civile che si impegna a sostenerli.
4. La convivenza scelta per la pressione dei rapporti sessuali, che annebbiano la scelta, richiede
tempo, possibilità di ripensamento, libertà dalla
5.
6.
7.
8.
9.
dipendenza reciproca. La convivenza accorcia il
tempo della verifica e rimanda l’assunzione delle responsabilità.
Se c’è sacrificio nel matrimonio, questo può essere una occasione preziosa per irrobustire il legame.
la convivenza senza l’esclusività tipica del matrimonio porta il forte il rischio di dare se stessi
senza precauzioni, senza garanzie, dato non si
appartengono in modo irrevocabile e per sempre.
Una convivenza vista come prova offende la dignità della persona che non si prova e non si riduce a oggetto, perché ognuno vuol essere amato in modo incondizionato.
Quando una convivenza va male, ha l'aggravante di una minore protezione, di un investimento
emotivo sperperato ed una giovinezza ormai
perduta.
L'esperienza della storia mostra che una società
senza matrimoni è povera di legami, di ricchezza e di figli.
Quando la storia non insegna. ( Leonardo Servadio)
Quando l'Urss volle sradicare la famiglia.
Negli anni Venti, in Unione Sovietica si verificò un'ondata impressionante di violenza minorile che
spinse i legislatori a ridurre prima da 16 a 14 e poi a
12, l’età per poter subire la pena di morte mediante
fucilazione. Dovevano essere tempi ben duri per i
minori: qualcosa doveva spingerli per le strade,
sbandati, privi di guida, preda degli istinti e dell'arbitrio.
Che cosa? Tra le vittime della rivoluzione: la famiglia. Per legge nel ‘17 si sostituì il matrimonio religioso con quello civile, ridotto a semplice contratto,
ed il divorzio, già presente, fu reso ottenibile solo
con la richiesta di uno solo dei coniugi, rendendo
così il matrimonio estremamente semplice e ridotto
prima a semplice atto burocratico e poi nel ’27 equiparato a quello di fatto senza obbligo di registrazione. Il risultato fu devastante. Il tasso di natalità scese drasticamente, si impennò il numero degli aborti;
nel periodo '34-'35 nei villaggi si registrarono circa
243 mila nascite e circa 324 mila aborti; nelle città
574 mila e 375 mila circa, a Mosca, 70 mila, 155 mila.
E, fatto ancor più drammaticamente significativo, la
paternità a Mosca fu dichiarata solo dal 7,4% dei
genitori, mentre obiettò la paternità il 25,4%, non
rispose il 62,2% e i divorzi furono oltre 2 mila, pari a
circa la metà dei matrimoni (dati Izvestia e Pravda ).
L'arbitrio si sostituiva al senso di responsabilità. È
su questo humus che prese vigore la piaga della delinquenza minorile diffusa, che indusse il legislatore, 18 anni dopo, a correre ai ripari. Fece retromarcia
e nel settembre 35 abolì il matrimonio di fatto, rese
più difficoltoso il divorzio, con la richiesta fatta da
entrambi i coniugi, la sua menzione sul passaporto,
ed il pagamento di una tassa di 300 rubli (il salario
medio era 2500 rubli l'anno) e con l’apparato propagandistico che si mise a promuovere la famiglia.
Kairòs - La famiglia - Libera sintesi da Noi. Genitori e Figli - febbraio 2007 - a cura di Luciano Folpini
12
In cammino
Pasqua 2007
Fa quello che è giusto fare e non domandarti cosa potrà succedere dopo (Ch’ing Hsien)
Frammenti
L’opportunista
Quelli che non stanno con nessuno, né con questi né
con quelli, né coi gialli né coi verdi, né pro né contro, né tentando possibili mediazioni. Loro stanno in
mezzo, sono imparziali, neutrali, al di sopra delle
parti: guardano con distacco gli uni e gli altri, quelli
di qua e quelli di là, dichiarano scanzonati la loro
totale indipendenza da tutti. Sì, sono quelli che giurano di trovare il buono dappertutto (e il male dovunque?) e allora perché schierarsi? Per quale ragione farsi risucchiare in una contesa? In fondo, basta non inimicarsi nessuno e ingraziarsi più gente
possibile. Anzi, rende ancor di più ammiccare di nascosto al più forte e far la faccia un po’ scura (appena, appena) al più debole, continuando comunque
ad assicurare la propria totale equidistanza. E se la
situazione si dovesse capovolgere? Non è certo un
problema, basta adattarsi, invertire la rotta e strizzar
l’occhio al più forte del momento… e continuare a
sbandierare sorridendo che si è sempre coerentemente né con gli uni né con gli altri. Pilato e soci
non muoiono proprio mai.
A.L.
È impossibile reggere la fiaccola della verità in mezzo alla folla, senza bruciare qua e là
una barba o una parrucca. (Georg Lichtenberg)
Il Decanato e la comunità virtuale
Non hai tempo ma hai un computer, quello che non puoi fare fisicamente lo puoi fare virtualmente.
La diffusione di Internet e della posta elettronica
stanno offrendo una grande opportunità agli uomini
di buona volontà per sviluppare non solo una corretta informazione, ma anche per promuovere gli
scambi di idee, proposte e documenti, e favorire incontri per lo sviluppo della comunità.
I parroci del Decanato hanno capito, già dal 2004,
l’importanza di questa opportunità e hanno deciso
di realizzare il sito del decanato, articolato anche
per parrocchie, e di costituire le reti parrocchiali e
decanali di posta elettronica.
Una visita al sito ti può consentire di fare una conoscenza diretta delle molte informazioni disponibili
direttamente o tramite collegamenti a siti selezionati, oltre agli avvisi e gli orari delle messe del Decanato e della tua parrocchia, articoli e documenti su
argomenti sulle questioni esistenziali e di interesse
generale, oltre, da quest’anno, anche il Vangelo di
san Luca a schede settimanali.
È questa un’avventura che si sta lentamente sviluppando e può certamente crescere se ognuno fa la sua
parte. Ecco quindi l’invito a quelli di buona volontà,
e soprattutto ai giovani, a mettersi in rete, collaborare per lo sviluppo del sito, per aprire la comunità
decanale e parrocchiale al dialogo, raccogliendo e
diffondendo documenti e proposte, organizzando
reti di posta elettronica interconnesse.
Cominciate col visitare il sito: www.decanati.it e poi
inviate le vostre opinioni, proposte o richieste a
[email protected] A conferma del ricevimento
ad ogni messaggio sarà ritornato un messaggio di
ricevuta.
Quando si era capaci di usare il linguaggio dei simboli
L’uovo di pasqua nella storia
L’uovo è sicuramente il simbolo più rappresentativo
della pasqua, per eccellenza la festa della primavera.
La tradizione di scambiarsi le uova come segno ben
augurale è antichissima, precedente al cristianesimo.
Simbolo della vita che si rinnova, infatti, l’uovo veniva donato un tempo quando la pasqua coincideva
con tutti i riti primaverili per la fecondità: i persiani,
per esempio, già 3000 anni fa, consideravano l’uovo
13
In cammino
di gallina un segno augurale simbolo della natura
che si rinnova, analogamente gli egizi erano soliti
donare all’inizio della primavera uova dipinte ad
amici e parenti come augurio di rinascita. I romani
erano soliti dire “omne vivum ex ovo”, mentre risale alla tradizione orientale (Cina) l’idea che le origini
della terra vadano fatte risalire ad un uovo gigante.
Secondo la tradizione cristiana, invece, le uova sono
il simbolo della Risurrezione di Cristo. La leggenda
narra che Maria Maddalena, di ritorno dal Santo
Sepolcro
rimasto
vuoto, tornando a
casa per raccontare
il miracolo ai discepoli, si imbatté in
Pietro che non le
credette schernendola: “Ti crederò solo se le uova che
porti nel cestello si
coloreranno di rosso”. Immediatamente le uova assunsero
un colore purpureo
e lo scettico Pietro fu costretto a piegarsi davanti al
miracolo. Da allora, alla fine di ogni messa pasquale, venivano donate ai fedeli uova benedette dipinte
Pasqua 2007
di rosso a testimonianza del sangue versato da Gesù.
Nel corso del Medioevo la tradizione voleva che
uova sode dipinte a mano fossero servite a pranzo e
donate ai servitori, mentre nel XV secolo si diffuse
l’usanza di servire per colazione un omelette preparata con le uova deposte dalla gallina il giorno del
venerdì santo.
Pertanto prima che ne fossero di disponibili versioni
dolci, di zucchero e di coccolato, per secoli i nostri
antenati hanno regalato muova provenienti non dalle pasticcerie ma dai pollai. Fin dall’inizio del IV secolo d.C., in molte zone d’Europa, si usava regalare
ai poveri, dal venerdì santo in poi, le uova raccolta
durante la Quaresima e poi benedette, e i ragazzi ne
portavano a maestri, parenti ed amici come segno di
amicizia.
Oggi l’uovo di pasqua si regala perché è diventata
una usanza comune, ma è bello, invece, ricordare
che il dono dell’uovo per tutti i credenti, è testimonianza di amicizia e amore.
L’uovo, con la sua forma pura, col suo significato di
vita, diviene così l’oggetto prescelto del dono Pasquale.
Chi segue la parola arriva alla parola, chi segue il pensiero arriva al pensiero, chi segue
Gesù arriva alla fede.
Perché l’inserto: Andiamo a messa
Nella sua ultima esortazione, Sacramentum caritatis, Benedetto XV, indica il Mistero Eucaristico come
Mistero da Credere, Celebrare e Vivere, e
raccomanda che tutto il popolo cristiano approfondisca la relazione tra il Mistero Eucaristico, l’azione
liturgica e il nuovo culto spirituale derivante
dall’Eucaristica, quale sacramento della carità, e ricorda che nella storia bimillenaria della chiesa di
Dio, guidata dalla sapiente opera dello Spirito Santo, ammiriamo, pieni di gratitudine, lo sviluppo ordinato nel tempo, delle forme rituali in cui facciamo
memoria dell’evento della nostra salvezza.
Racconta poi come nell’ultima cena, Gesù seguì
l’antico rituale, memoriale della liberazione dalla
schiavitù dell’Egitto e annuncio di futura e definiva
liberazione, in cui venivano immolati degli agnelli,
ma nello stesso tempo istituisce l’Eucaristia, anticipazione della passione del Sacrificio della croce e
della vittoria della Risurrezione, rivelandosi come il
vero agnello, stabilendo la nuova alleanza e superando definitivamente l’antico rito.
Da questa cena derivano le molteplici forme dei
primi secoli, che ancora splendono nei riti delle
chiese di Oriente, fino ai nostri giorni. In ogni tappa
della storia della Chiesa, la Celebrazione Eucaristica
è fonte, culmine della sua vita e missione, e risplende nel rito liturgico in tutta la sua multiforme ricchezza.
Ed prosegue: con l’espressione: “Mistero della fede”, il sacerdote proclama il mistero celebrato e ma14
In cammino
nifesta il suo stupore di fronte la conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e sangue di
Gesù.
La fede della Chiesa è essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in modo particolare alla mensa eucaristica e grazie all’Eucaristia, radice dell’unità dei
fedeli e di tutti i sacramenti, la chiesa rinasce sempre di nuovo.
Sottolinea poi come la bellezza dei riti sia immagine
di Dio e della creazione, nel rispetto della tradizione viva ricevuta e rispecchiata dalle celebrazioni liturgiche svolte dal vescovo nella cattedrale, evitando le mode arbitrarie del momento.
Raccomanda poi di porre in luce il valore delle norma liturgiche per favorire il senso del sacro, la cono-
Pasqua 2007
scenza dei libri liturgici, la conoscenza del significato dei segni e dei riti, e di porre attenzione verso tutte le forme di linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo,
colori liturgici per mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano nel rispetto della semplicità e sobrietà, evitando banalizzazioni, affinché i fedeli non
assistano alla celebrazione come estranei o muti
spettatori, ma partecipino all’azione sacra consapevolmente, pienamente ed attivamente, favorendo
l’unificazione della comunità e delle famiglie ed evitando il ritualismo ma faccendo in modo che i suoi
frutti si mostrino nella vita di ogni giorno.
Invita infine a conoscere la parola di Dio, perché
l’ignoranza della scrittura è ignoranza di Cristo.
Un nuovo battesimo
Con il prossimo anno pastorale, si è deciso con il
consiglio pastorale di proporre ai genitori che chiedono il battesimo un piccolo itinerario per ricuperare il significato profondo di questo sacramento. Una
commissione predisporrà i tempi e i momenti di
questo cammino. È bene però incominciare a pensare che la proposta non sarà un peso in più ma un aiuto per riscoprire al bellezza di ciò che scegliamo e
che ci viene donato.
Si chiede ai genitori semplicemente di prendere contatto per tempo, circa 2 mesi prima del battesimo.
Ci saranno poi momenti all’interno delle famiglie e
un momento in comunione con tutte le famiglie che
celebrano il battesimo nella stessa data.
Il tuo parere
Per rendere questo periodico più interessante ed utile, è necessaria la collaborazione di tutti i lettori che sono invitati ad esprimere i loro commenti, suggerimenti ed idee, che saranno presi in considerazione per la prossima uscita, scrivendo o inviando un messaggio a
don Piero: [email protected] o alla redazione [email protected]
Prossimi appuntamenti importanti
•
•
•
6 maggio: pellegrinaggio al Sacromonte
13 maggio: prime confessioni per i ragazzi di terza elementare.
20 maggio: anniversari di matrimonio.
Invitiamo tutte le coppie, soprattutto quelle che celebrano anniversari significativi: 1, 5,
10…25…. Nella settimana precedente ci saranno alcuni incontri che aiuteranno a ravvivare la grazia del matrimonio.
15