foreste•ricerca - Riviste - Provincia autonoma di Trento

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una data fase contribuisce alla caratterizzazione dello stadio evolutivo della popolazione.
Fig. 3
Cancro
“a bersaglio”
su tronco di
carpino
TERRA TRENTINA
FORESTE•RICERCA
Fig. 2
Aree infestate
da Lymantria dispar
in Trentino
nel 2003
(elab. GIS
dott. Ruggero
Valentinotti)
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La L. dispar ha un numero
elevato di nemici naturali, che
si evolvono a spese dei diversi stadi di sviluppo del defogliatore, mantenendo le popolazioni per diversi anni in stato di latenza e contribuendo
alla fine delle pullulazioni. Tra
questi possono essere ricordati
diversi oofagi (Imenotteri Encirtidi, Coleotteri Dermestidi e vari
uccelli), numerosi parassiti e predatori di larve e pupe (Imenotteri
Braconidi ed Icneumonidi, Ditteri
Tachinidi, Coleotteri Carabidi e
altri), vari agenti patogeni (virus
poliedrici, batteri, funghi, protozoi). Ogni antagonista, o gruppo
di antagonisti, risulta particolarmente attivo nel contenimento in
una fase specifica del ciclo di
gradazione, per cui l’analisi dello spettro di nemici presenti in
Danni e interventi di controllo
Il danno è provocato dalle larve che durante il loro sviluppo si alimentano delle foglie
di numerose specie, arrivando a defogliare completamente querce, carpini, castagni,
ontani, ecc.. Dalla letteratura è
noto come questo fitofago possa
alimentarsi di oltre 400 specie tra
alberi, arbusti e piante erbacee;
l’elevata polifagia si manifesta soprattutto durante le proliferazioni
di massa, quando oltre alle latifoglie forestali possono essere attaccate anche piante da frutto
(Malus spp., Pyrus spp., Prunus
spp.) ed alcune conifere (larici e
pini). In caso di attacchi molto
forti poche sono le piante che
rimangono indenni, quali ad esempio il frassino e, tra quelle
coltivate, la vite. I boschi colpiti
sono localizzati prevalentemente in stazioni calde e secche, sensibili agli stress idrici, dove un
andamento meteorologico con
temperature superiori alla media
e scarse precipitazioni tende a
favorire il passaggio dalla fase di
latenza a quella di progradazione.
La comparsa dei danni inizia
spesso dai margini delle formazioni boscate. I soprassuoli attaccati, siano essi boschi, parchi o
frutteti, si presentano imbruniti in
piena estate; gli alberi defogliati
tuttavia non muoiono, ma possono rimettere nuove foglie ancora nel corso della stagione vegetativa. In bosco la maggior parte delle latifoglie reagisce ad una
singola defogliazione totale senza conseguenze, mentre forti infestazioni perduranti per due o
più anni possono pregiudicare
l’accrescimento ed il vigore delle piante, soprattutto di quelle più
giovani, ed aumentare il rischio
di moria, specie se l’attacco avviene in concomitanza di stress
abiotici (ad es. gelate) o biotici
(attacchi secondari di insetti e
funghi patogeni).
In condizioni naturali e, soprat-
tutto, in boschi non degradati le
pullulazioni si esauriscono spontaneamente nell’arco di un paio
d’anni, grazie alla competizione
intra- e interspecifica per le risorse, all’azione degli antagonisti
naturali ed alle modificazioni dell’andamento climatico.
Benchè quindi nella maggior
parte dei casi non sussista la necessità di interventi di difesa,
quali strategie di controllo applicabili in foresta sono attualmente disponibili diversi sistemi di
valutazione della densità delle
popolazioni, che si basano sul rilievo di alcuni parametri biologici attraverso il conteggio delle ovature e delle larve sugli alberi e
la cattura degli adulti mediante
trappole a feromoni. I dati rilevati
devono poi essere utilizzati quali termini di raffronto dell’effettiva dannosità del fitofago, stimata in base alla valutazione visiva
delle superfici defogliate. Ove necessario, il contenimento può essere attuato sia con mezzi biotecnici, i feromoni, sia microbiologici, vale a dire mediante interventi a base di Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki, sia attraverso l’azione integrata di entrambi. L’impiego di insetticidi, peraltro sempre da evitare in foresta,
può essere giustificato solo in
particolari situazioni (ad esempio
nelle sugherete) e dopo un’attenta scelta del principio attivo.
Nei frutteti, laddove la presenza
delle larve può determinare la
perdita parziale o totale del raccolto, possono essere impiegate
le misure di lotta indicate per altri fitofagi simili, mentre in parchi e giardini è consigliabile la
rimozione manuale delle ovature
dai tronchi, il lavaggio degli stessi
con forti getti d’acqua per eliminare le larve giovani o l’applicazione di fasce adesive al fusto per
la cattura delle larve più grandi.
Situazione attuale in Trentino
e previsioni
Le aree attaccate durante la scorsa estate, che ammontano ad un
totale di 280 ettari, sono ubicate
nel Distretto forestale di Rovereto
sicuramente inferiore a quello
reale. Tuttavia, i valori riscontrati
(da 14 a 35 maschi/trappola a seconda dei siti di osservazione)
non sembrano supportare l’ipotesi di una elevata abbondanza
di popolazione.
Il rilievo delle ovature sulle piante, effettuato sulla base della
metodologia descritta da Luciano e Prota (1986), ha messo in
evidenza una densità del fitofago
ben al di sotto della soglia fissata
a 4 ovature/pianta, oltre la quale
è probabile una proliferazione di
massa nell’anno successivo (Fig.
4). I controlli, eseguiti su 120 alberi distribuiti equamente lungo
le quattro direzioni cardinali e ripetuti in 3 stazioni di campionamento, hanno rivelato una presenza media di ovature per albero sempre inferiore a 1, una percentuale di alberi con ovature
pari al 25% ed una maggior densità di ovature verso i margini dei
popolamenti (indicati dalle direzioni Nord e Est nel grafico), a
conferma della preferenza del
fitofago per le situazioni di maggior “luminosità”. Tale risultato,
unitamente a quello di prolificità
risultato pari 412 ± 189 uova/
ovatura, sembrerebbe indicare
una popolazione ancora in fase
di latenza o al massimo di leggera progradazione, ancora sotto il
controllo dei suoi antagonisti tipici. Anche il riscontro di un’elevata percentuale (in alcuni casi
oltre il 50%) di larve e pupe attaccate da parassitoidi particolarmente attivi nel controllo del lepi-
Fig. 4 - Valori medi ed errore standard di ovature/pianta rilevato
in tre siti di campionamento e lungo le quattro direzioni cardinali
dottero nella fase di latenza (Fig.
5), quali ad es. gli Imenotteri Braconidi del genere Apanteles, farebbe pensare a popolazioni non
sfuggite al controllo dei nemici
naturali e che quindi non dovrebbero dare origine ad infestazioni
di particolare gravità nei prossimi anni. A giocare un ruolo determinante sarà comunque l’andamento climatico che, se dovesse ricalcare quello dell’anno in
corso, potrebbe senza dubbio favorire un ulteriore incremento
demografico del Lepidottero.
Fig. 5
Larva di Lymantria
con accanto
i bozzoli
di Imenotteri
parassitoidi.
TERRA TRENTINA
(Stazioni di Rovereto e Mori) sul
versante destro della Vallagarina,
in parte nel comune di Nomi, in
parte più a sud sul versante settentrionale della strada statale che
da Mori arriva a Loppio (Fig. 2),
a quote comprese tra 250 e 750
m s.l.m. I popolamenti colpiti sono rappresentati soprattutto da
cedui misti a prevalenza di roverella e carpino nero, con defogliazioni di entità variabile a seconda della specie ospite. I danni più intensi sono stati rilevati a
carico dei carpini (Ostrya carpinifolia), che peraltro risultavano già
deperienti a causa dell’elevata
incidenza di cancri manifesti su
tronco e fusti (Fig. 3). Tali cancri, il cui agente patogeno è tuttora in fase di isolamento e determinazione, sono del tipo “a bersaglio” e quindi pluriennali; la
loro diffusione può verosimilmente essere interpretata quale
indice di uno stato di sofferenza
della specie che si trascina ormai
da qualche anno.
L’esigenza di effettuare fin dal
primo anno di infestazione una
prognosi sull’evoluzione degli
attacchi in atto sul territorio trentino ha indotto a rilevare alcuni
parametri di densità di popolazione, quali il numero di maschi
catturati con le trappole a feromoni, il numero di ovature per
pianta e di uova per ovatura.
Il periodo di volo degli adulti è
risultato nettamente anticipato
rispetto a quello medio relativo
a varie località della provincia
controllate a scopo di monitoraggio durante gli anni ’90. Mentre
infatti in periodi di latenza le catture dei maschi iniziavano la prima metà di luglio e terminavano
a fine agosto o addirittura a settembre, nell’estate 2003 già nella
terza decade di luglio non era più
possibile rinvenire adulti di Lymantria. Tale comportamento
del tutto inatteso, correlato presumibilmente alle elevate temperature dei mesi di giugno e luglio,
ha comportato la perdita dei dati
relativi alla prima fase di sfarfallamento ed il calcolo del numero medio di adulti per trappola
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FORESTE•RICERCA
Conclusioni
Le osservazioni effettuate nel
corso del 2003, relativamente
all’evolversi di un’infestazione di Lymantria dispar in alcuni boschi cedui della Vallagarina, hanno evidenziato
una situazione non preoccupante, nonostante la sintomatologia manifesta avesse allarmato nei mesi estivi tecnici
del settore ed opinione pubblica. L’analisi di alcuni parametri biologici (fertilità, attività di
volo, parassitizzazione) permette di prevedere con sufficiente
attendibilità un’evoluzione dell’attacco verso la riduzione spontanea nell’arco di uno-due anni,
grazie all’azione di contenimento
operata dagli antagonisti presenti
in natura. Tali considerazioni,
oltre ad evitare di ricorrere ad interventi di controllo inutili se non
addirittura dannosi, lasciano presumere una buona conservazio-
ne degli equilibri biologici degli
ambienti indagati, caratteristica
importante soprattutto in boschi
vocati ad una funzione di protezione ecologica più che produttiva nel senso più classico del termine.
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Sper. Sughero, Tempio Pausania
35: 1-131.
tecnica flash
TERRA TRENTINA
NOTIZIE
Il catalogo della cooperativa vivai di Padergnone contiene 90 vitigni innestati su 12 portainnesti
diversi per un totale di 400 combinazioni, cioè tipi di barbatella. L’offerta vivaistica di Padergnone
può quindi soddisfare le esigenze dei viticoltori di tutte le regioni d’Italia. Il 5% delle barbatelle
prodotte da Padergnone si vende all’estero: Brasile, Argentina, Ungheria, Romania, Bulgaria, Tunisia,
Libia, Algeria e Marocco. La Cooperativa Sant’Orsola di Pergine Valsugana potrebbe assorbire fino a
700 tonnellate di compost prodotto nell’impianto di trasformazione dei reflui di stalla di Castelfondo. I
tecnici che operano nel settore fragole e piccoli frutti devono infatti risolvere il problema del ripristino della
sostanza organica nei terreni coltivati. Nell’arco di 10 anni il tenore di sostanza organica nei terreni
coltivati a lampone si è abbassato tanto da ridurre del 30% la produzione. L’infestazione di Bostrico e di
altri insetti del legno riscontrata in alcuni frutteti della Bassa Valsugana è dipesa da uno stato di sofferenza
delle piante da far risalire a svariate cause, non ultima la minore quantità di concime che si somministra
rispetto al passato. Lo afferma Remo Paterno, presidente del Consorzio ortofrutticolo Bassa Valsugana di
Villagnedo. Il Bostrico potrebbe essere stato anche attratto dall’odore del letame fresco distribuito con
spanditrice a getto laterale che ha imbrattato le piante. L’infestazione è stata comunque ridotta con l’esposizione di trappole innescate con alcool che funge da attrattivo.
Il servizio vigilanza e promozione
dell’attività agricola della Provincia autonoma di Trento ha avviato una indagine mirata al miglioramento
della qualità del latte di capra. All’iniziativa partecipano vari istituti ed enti provinciali di settore. Lo screening
sulle capre allevate in Trentino ha per oggetto iniziale il numero di cellule presenti nel latte che è indice di
valutazione di sanità della mammella. In tempi successivi l’indagine affronterà anche i contenuti nutritivi del
latte di capra. La siccità estiva ha ridotto l’assorbimento dello ione calcio che contribuisce a rinforzare le
pareti delle cellule della polpa delle mele. La sua carenza o mancata disponibilità ha indotto nelle mele
l’insorgenza ancora in pianta di sintomi evidenti di butteratura amara. La fisiopatia interessa in particolare
Renetta Canada, Ionagold, Stark e Golden Delicious e pare destinata ad aggravarsi durante la conservazione delle mele in cella. Le partite a rischio dovranno essere vendute al più presto.
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