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L’ITALIA
CHE LAVORA
Il mio viaggio
per l’ORO
Il giorno in cui partì dal Montenegro sua mamma
lo salutò con due mele e due lacrime. Non pensava,
Maruka Ljuljdjuraj, che il suo Franjo avrebbe fatto
fortuna in Veneto, diventando interprete creativo
dell’accoglienza secondo i canoni del Belpaese
«Q
uando fiutano un affare i veneziani dicono che è “oro”, per questo Orovacanze
si chiama così». Ha fatto una scelta da veneto orgoglioso e campanilista,
ma Franjo Ljuljdjuraj non è né veneziano né italiano. Le origini montenegrine sono quasi impercettibili nel modo di parlare e spesso si infervora mentre ragiona su come valorizzare i tesori del Belpaese. È passato molto tempo da quando arrivò a
Roma dopo le scuole superiori. Nel bagaglio due mele, quelle che gli diede la mamma
insieme a due lacrime vedendolo partire. «È una tradizione montenegrina, le mele a
chi parte sono di buon auspicio», racconta. Di mele e lacrime negli anni mamma Maruka ne ha distribuite tante ai dieci figli che un anno dopo l’altro hanno preso il volo
e oggi sono in giro per il mondo. Quando Franjo lascia il Montenegro l’Italia sembra
molto più lontana di quello che è. Il Muro di Berlino è ancora in piedi e quei pochi chilometri di mar Adriatico sono davvero la frontiera di due mondi ancora lontanissimi.
«Non sapeva se mi avrebbe rivisto», racconta.
È nella casa contadina dei suoi genitori a Lowka, località non lontana da quella che
è oggi la capitale del Montenegro, che quest’uomo, oggi imprenditore turistico di successo, ha imparato il significato della parola accoglienza. «Che poi è la cosa, anzi direi
“l’unica” cosa che conta quando qualcuno ti affida le sue vacanze». Quelle vacanze che
lui, dal canto suo, fa raramente. Lo racconta senza sporgenze orgogliose, con la naturalezza di chi nella vita è abituato a fare ciò che va fatto per costruire. «La mia vacanza
è farle fare agli altri le vacanze!».
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Franjo Ljuljdjuraj
(a sinistra) ha
creato Orovacanze
nel 1996. Nel 1998 il
Gruppo ha rilevato
Valtur, storica
realtà del turismo
made in Italy con
villaggi nei più bei
luoghi del Belpaese
e nel mondo.
Nella pagina
accanto, uno
scorcio del villaggio
Valtur Twiga
Beach in Kenya
A Roma Franjo frequenta l’università e si laurea
in filosofia. Il desiderio di studiare anche Medicina
lo porta fino a Padova, dove, come nella più classica
delle sceneggiature, i suoi piani cambiano per amore. «Ho incontrato quella che poi sarebbe diventata
mia moglie e che mi ha dato tre figli bellissimi, che
adesso lavorano tutti con me. Vede quelli che entrano senza bussare? Solo un figlio può fare certe cose»,
sorride. In realtà il progetto di studiare da medico va
all’aria qualche anno dopo l’incontro con la donna
della sua vita, quando alla nascita del primo figlio
Franjo decide che non può più farsi mantenere dalla
moglie. Lo studente fuori tempo massimo si trasforma subito in imprenditore al fianco della moglie stilista. In quegli anni nasce un marchio di alta moda
che gli Ljuljdjuraj seguono con grande soddisfazione. Ancora una volta però arriva un incontro inatteso ad aprire una strada prima impensabile. A Padova alcuni amici propongono a Franjo di dedicarsi al turismo con la Sacchetti Vacanze. Lui accetta
e comincia a fare le cose più simili a quelle di adesso. Accoglienza, turismo, soggiorni con un occhio di
riguardo alle famiglie e ai gruppi. È socio dal 1981 al
1996. A metà degli anni Novanta arriva la scoperta di
una vocazione solista che non esita ad assecondare.
Folgorato dalle Dolomiti friulane
Il primo albergo preso in gestione da Orovacanze è
una piccola struttura nelle Dolomiti friulane. «Un
posto poco conosciuto di cui mi sono subito innamorato». Il Villa Alpina di Forni di Sopra è ancora in catalogo, primo anello di una catena che si è
dimostrata solida al punto da allungarsi anno dopo
anno. «Ho lasciato i miei soci perché avevo in mente
dei progetti nuovi. Mi sentivo pronto a fare qualcosa da solo. Percepivo che i clienti iniziavano a chiedere cose nuove e volevo seguirli». Sono anni in cui
la tipologia di turismo centrata sul villaggio è in forte espansione, il tempo sembra propizio per essere ambiziosi in termini di dimensioni e di model|
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L’ITALIA CHE LAVORA
Il Villa Alpina di Forni di Sopra
(a lato) nelle Dolomiti friulane
è il primo albergo di Orovacanze
ed è ancora in catalogo.
Sopra e a sinistra,
il Twiga Beach Valtur in Kenya
li operativi. «L’Italia è il più bel paese del mondo e
purtroppo le nostre istituzioni non se ne accorgono, ancora oggi non pensano al turismo come fonte
vera di sostentamento. Soprattutto negli anni Settanta-Ottanta abbiamo perso terreno rispetto ad altre
destinazioni turistiche». Franjo sottolinea la miopia
di pensare all’Italia solo come ad una nazione industriale. «Ancora oggi – nota – scontiamo una mancanza di strategie che non ha favorito la crescita di
operatori con capacità internazionali. Dobbiamo
ripartire da qui, perché il turismo è l’unico settore
che può crescere in Italia».
Le prime persone che ha assunto Franjo le ha
ancora con sé. La storia di segretarie e camerieri che
oggi sono direttori d’albergo è funzionale a spiegare la visione del mondo di questo imprenditore turi-
La storia di segretarie e camerieri che oggi
sono direttori d’albergo spiega la visione
del mondo di questo imprenditore turistico
per cui la bellezza chiama a una responsabilità
stico che vede inesorabilmente legate la percezione
della bellezza («E quello che manca all’Italia e non
è valorizzata abbastanza», ripete) e l’assunzione di
responsabilità.
«Cinque stelle o tre stelle non importa»
«La cosa che mi piace di più è dare lavoro». Se gli
capita di soggiornare in qualche albergo che non è
il suo la prima cosa che nota è la capacità di accogliere, l’atteggiamento del personale della reception,
l’attenzione dei camerieri a soddisfare le richieste di
chi vuole sentirsi a casa. «Cinque stelle o tre stelle
non conta, non ci può essere differenza in termini di
capacità di far sentire a proprio agio le persone. La
prima regola per dare ospitalità è far sentire a casa
le persone». Di qui l’impegno costante nel selezionare e far crescere dei collaboratori capaci di dare concretezza alla visione del mondo del signor Ljuljdjuraj. Durante l’estate nel gruppo arrivano a lavorare
fino a duemila persone, gli assunti a tempo indeterminato sono 150.
Senso di responsabilità e fiuto per gli affari sono
gli elementi che portano il patron di Orovacanze ad
interessarsi a un gioiello del turismo italiano che
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naviga in cattive acque. Nell’immaginario comune
Valtur è ancora la realtà che ha tenuto a battesimo
artisti come Fiorello, Teo Mammuccari e Beppe Quintale, ma la società ha vissuto anni molto difficili, con
cambi di proprietà che si sono succeduti fino ad aprire le porte all’amministrazione controllata.
L’incontro con Valtur
Ma Valtur, spiega Franjo, resta ancora il marchio più
conosciuto e amato nel turismo in Italia e all’estero.
«Non potevamo non cogliere questa occasione perché la cultura di Orovacanze e quella di Valtur sono
simili: italianità e accoglienza». Così si aprono le porte a un marchio che ha fatto la storia del turismo
nel nostro paese, nato nel 1964 con una innovazione che ha riscosso e riscuote ancora successo, quella
del villaggio vacanze. Franjo lo spiega con l’entusiasmo di chi ha scoperto dell’altro “oro”: «Valtur ha nel
dna qualcosa di unico, cioè la capacità non tanto di
“intrattenere” il cliente, ma di farlo sentire protagonista dell’intrattenimento. Abbiamo trovato un marchio forte, a cui i clienti – alcuni frequentano i villaggi Valtur da quarant’anni – sono enormemente affezionati. Pensi che esistono persino i tatuaggi Valtur!
Ecco, devo dire, che questi anni difficili non hanno
spento il “fuoco sacro” di questa azienda».
L’acquisizione da parte del gruppo Orovacanze
risale all’ottobre 2013 e Franjo e i suoi progettano di
aprire dieci nuove aperture a marchio Valtur tra il
2016 e il 2019, tutte su destinazioni estere.
Con la ricca dote di Valtur, il gruppo Orovacanze
aumenterà sensibilmente la capacità in termini di
posti letto e presenze annuali. Dalle 4 mila camere
di oggi, distribuite su 23 strutture per un totale di
13 mila posti letti e 1,7 milioni di presenze, si progetta di arrivare al 2019 alla cifra di 7 mila camere,
per ventimila posti letto e oltre due milioni e mezzo di presenze annuali. Numeri ambiziosi, almeno
quanto i nuovi progetti che Ljuljdjuraj ha in cantiere. «Tengo molto a Valtur Academy – spiega. Stiamo lavorando con scuole e università per organizzare corsi di formazione per trasmettere, soprattutto
ai giovani, l’esperienza unica delle vacanze Valtur».
Per l’imprenditore montenegrino che ama l’Italia
più degli italiani l’essenziale è questo: trovare l’oro
e metterlo a frutto. Perciò non c’è tempo da perdere.
Laura Borselli