quaderno di pensieri parole persone
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quaderno di pensieri parole persone limited edition | n. of 100 C 2012 acces_SOS architetti di strada diverserighestudio printed in italy november 2012 all rights reserved living the other city produzione acces_SOS architetti di strada diverserighestudio ideazione e cura Simone Gheduzzi Nicola Rimondi Federico Scagliarini Gabriele Sorichetti Andrea Shemberg Cristina Tartari Elena Vincenzi Giorgio Volpe contributi Pietro Maria Alemagna Giovanni Caudo Chiara Ingrosso Miloon Kothari Milena Naldi Pasquale Persico Paolo Testa FABIO MANTOVANI 6 l’altra città intelligente tare tre fattori: la contrazione importante e duratura delle risorse economiche disponibili, la tendenza alla riduzione degli ambiti di autonomia dei livelli di governo territoriale, l’aumento della complessità delle questioni sociali. I primi due aspetti appaiono ora più che mai correlati, perché gli ultimi provvedimenti governativi basano il loro fondamento ideologico sulla “crisi”, per arrivare a invertire la direzione del percorso in senso federalista che ha duzioni di bilancio e dell’indeterminatezza del percorso di riforma istituzionale Qui però vogliamo concentrarci sui cambiamenti sociali che rendono le nostre città sempre più complesse da governare, con particolare riguardo a due questioni: l’aumento della disuguaglianza tra le persone e il potenziale Il Rapporto Istat 2012 mette in luce come l’Italia sia uno dei paesi europei nei quali la disuguaglianza contribuisce in misura maggiore al rallentamento della crescita. E non è soltanto una questione di redditi e patrimoni, ma anche (ed è il tema più grave) di opportunità di accesso ai fattori che sono in grado di favorire lo sviluppo dei singoli e del sistema: l’istruzione, la sanità, i servizi sociali e i servizi pubblici in generale. Servizi che si stanno concentrando city users (non sono solo turisti, ma anche tutti coloro che attraversano la città), contribuendo a generare ulteriore disuguaglianza, in quanto portatori di svantaggi e costi generalizIn questo scenario, la vita nell’Altra città ci pare che possa essere migliorata da due fattori che, cresciuti nella consapevolezza di tutti gli attori in gioco, costituiscono le fondamenta del futuro delle nostre città: - le città non potranno più crescere verso l’esterno continuando a conloro spazi “interni” e oggi degradati; - le istituzioni devono favorire lo sviluppo dell’innovazione sociale, mettendo a disposizione gli asset (reti, dati, servizi) in modo che il mercato possa fornire applicazioni mirate alla soluzione dei problemi collettivi. Paolo Testa 8 contents l’altra città intelligente | Paolo Testa 10 un lavoro collettivo | acces_SOS | architetti di strada | diverserighestudio living the other city 16 46 76 106 l’altra città e la metamorfosi urbana | Pasquale Persico living the transition projects | collectif ETC | gravalosdimonte | basurama | stARTT dècoupage | Chiara Ingrosso living the abandon projects | mag.MA | studio Terragni | RuattiStudio | NOWA a house is not just four walls and a roof | Miloon Kothari living the limits projects | Teddy Cruz | Public Architecture | rural studio | FARE studio contrazione | Giovanni Caudo inclusive living projects | zig zag | Van Bergen Kolpa | MAB | GRND 82 green social festival 136 riuso e trasformazione temporanea | Milena Naldi lectures | 02 05 2012 > 05 05 2012 selected projects | exhibit 152 rigenerare la forma urbana | Pietro Maria Alemagna 158 bibliography 10 un lavoro collettivo Queste parole sono pronunciate da un progettista, Aldo van Eyck, che ha saputo negli anni della ricostruzione post bellica restituire le strade di Amsterdam al gioco dei bambini. Luogo e occasione raccontano delle persone e delle relazioni, di quanto di più urgente entra in gioco ogni volta che si compie un gesto di crescita e trasformazione della città: in sintesi, ci restituiscono il senso dell’abitare - la casa, la città – quale agire dinamico e aperto. La grande densità di relazioni che dovremmo sapere esprimere nelle nostre abitazioni, basate sul ricononegli spazi pubblici, in ciò che ci accomuna e in quei luoghi dove possiamo portare a compimento il vero senso del nostro abitare. La città del nostro tempo talvolta arresta questo scambio potenziale, non sapendo adeguarsi a moCi muove la convinzione che invece proprio la città sia quel formidabile complesse e diverse rispetto a quanto appare e a quanto si possa prevedere. ta molti confronti su come abitare, in forme nuove e responsabili, la città – intesa come espressione ampia e simultanea di tutte le sue componenti. Living the other city non allude ad una città diversa da quella attuale, ma ad un suo diverso mutare che deve necessariamente essere fondato anche sull’eredità della nostra storia. Guarda allo sviluppo di quei processi che rendano possibile questo mutamento, perchè è urgente pensarlo, progettarlo e realizzarlo. Lo strutturale cambiamento in atto è radicale, profondo e senza ritorno: il nostro sentire e agire quotidiani non possono prescindere da esso, per il senso civico di cui ci sentiamo portatori e perché pensare la trasformazione della città oggi radica in noi un senso di responsabilità collettiva, sociale e culturale, oltre che tecnico e professionale. Living the other city raccoglie le recenti esperienze e progetti, europei ma non solo, che meglio hanno saputo dare espressione a questa complessità, raccogliendo le istanze di temporaneità, risposta all’emergenza, diverse consueto, trovano ascolto. I casi collezionati hanno un punto in comune: le relazioni sostanziano e divengono oggetto del progetto stesso, che si fa 12 FABIO MANTOVANI carico e prende coscienza delle occasioni e delle opportunità spesso immanenti e spontanee al ‘fatto urbano’. I luoghi rappresentati sono capienti, ben predisposti ad accogliere la diversità, supporti di socialità che prevedono la partecipazione del cittadino alla costruzione dell’atmosfera relazionale in cui vivrà. Osservandoli ci si accorge di come le dimensioni urbana, rurale e subE di come l’architettura possa compiere positivi cambiamenti, quasi stabilire momenti di eversione costruttiva destinati a crescere nel tempo e con le infrastrutture, luoghi dismessi e tecnologie applicate alla città sono solo alcuni dei temi che Living the other city ha iniziato ad intrecciare. Si indagano esperienze di collettività e i criteri che danno risposta alle crescenti emergenze abitative e favoriscono l’integrazione sociale. Si percorrono quei luoghi che nelle nostre città sono entrati in un regime di apparente transitorietà e che di fatto sono stati espulsi dalla memoria di chi li attraversa. Il lavoro collettivo si è sviluppato attraverso l’articolazione di quattro sezioni - abitare inclusivo, il transitorio, l’abbandono, il limite - accomunate dall’aderenza ai temi della condivisione, dell’integrazione e della responsabilità. I molti tasselli di questo viaggio piuttosto eterogeneo si radunano in quella comune, in cui le molte idee e risorse trovano la propria occasione e in cui gli intrecci virtuosi prendono forma nella città in modo coerente, veloce e concreto. Occorre oltrepassare la radicalizzata dicotomia del nuovo e dell’usato, in un contesto come quello urbano che oggi più che mai implica ripensamenti e nuovi paradigmi di riferimento. Luoghi, situazioni e occasioni, nella tensione quel patrimonio collettivo, l’Altra Città appunto, che l’indagine cerca di perlustrare attraverso i pensieri e le parole offerti dai casi rappresentati. La prima esperienza di confronto con la città è avvenuta a maggio del 2012, ospiti del Green Social Festival, attraverso lezioni, dialoghi, esposizioni, laboratori interattivi e libri a disposizione di tutti. In quei giorni, ricchi di voci e immagini, è scaturita la convinzione che fosse solo l’inizio di un possibile persone, non sempre automatico e non sempre assonante, stesse il valore più concreto dell’indagine proposta. 14 living the other city 16 l’altra città e la metamorfosi urbana nello spazio urbanizzato, implica una rivisitazione del concetto di città come infrastruttura complessa dell’abitare e del produrre. Questa infrastruttura complessa, che chiamiamo ancora città, ha perso con i caratteri ambientali della regione ecologica di appartenenza. Nei territori a forte urbanizzazione la qualità del paesaggio è sconnessa: nella nuova desiderata e indesiderata città si produrrà in maniera crescente il nuovo PIL del mondo, con diversi gradi di disuguaglianza territoriale e sociale. È possibile allora lavorare e immaginare una nuova transizione di queste aree verso un’altra città che aiuti lo spazio frammentato a riconnettersi, a diversi, più attenta all’ambiente ed ai beni relazionali? L’ è l’arte dell’intervento nell’Altra Città che vuole ricucire lo strappo tra l’urbano ed il rurale, il centro e le periferie, il ricco ed il povero, l’incluso e l’escluso. La rimozione delle barriere visibili ed invisibili dell’esclusione è il programma utopico di riferimento (l’Utopia annunciata da Marc Augé della città di tutti). più importante del progetto e dove, temporaneamente il non costruito ha più importanza del costruito. La sottrazione riprende il suo carattere addizionante per immaginare nuovi beni comuni e relazionali, capaci di aggiungere alla comunità nuove virtù civiche, nuove urbanità di senso, in cui appartenenza voglia nuova di ibridarsi basandosi sui concetti di inclusione e di fertilità. L’architetto si fa ombra per illuminare le relazioni degli individui scoprendo le loro relazioni immateriali, scoprendo la loro voglia di altra città, e li aiuta a verso percorsi impropri. Un inventario delle esperienze realizzate nell’altra città, nei territori frammentati delle aree metropolitane ed in quelle a forte discontinuità urbana è oggi necessario per immaginare una tassonomia evolutiva della città di transito e valutare la carica innovativa della speranza di una metamorfosi virtuosa, dove i temi della condivisione, dell’integrazione e della responsabilità, nelle strutturante e cognitiva. Il passaggio dall’inventario delle esperienze al catalogo delle metamorfosi non è facile. Occorre impegnarsi per trovare dispositivi (istituzionali, politici, economici e sociali) che colgano le nuove opportunità che ogni metamorfosi contiene, per eliminare i timori (quelli che sentiamo da tempo ed ogni giorno) Deve nascere un approccio resiliente basato sulla base sociale di riferimento, che si prende carico della trasformazione possibile. Si tratta di ipodalla Città per Progetti si riesce a passare al concetto di Città rigenerativa che una nuova tessitura territoriale in grado di produrre valore economico e vadevono nascere o manifestarsi. In passato, quando la soggettività era in campo, le comunità hanno dimostrato di saper conservare la resilienza del territorio in termini di reversibilità o riuso, hanno moltiplicato le soluzioni tipologiche, tecniche e formali, pienza nell’uso dei manufatti sia in fase di localizzazione che di costruzione e Oggi, la manutenzione del futuro è diventata il concetto assente nella progettazione, quasi che i condizionamenti ambientali ed il progetto della Natura, e dei diversi gradi di naturalità, non avessero soggettività o incisività nel tempo e nello spazio dell’abitare. La capacità ecologica dei siti è ignorata e così all’area vasta di riferimento: nascono così costi non previsti come emergenze sopravvenute. L’appartenenza ad una comunità è fondata su un insieme di esclusioni ed inclusioni, dalla capacità di non costruire pareti tra luoghi della città ma membrane tra luoghi dialoganti. È la comunità con la sua leadership che decide le Non esiste un terreno neutro in astratto (spazio pubblico) ma esiste un terreL’epoca in cui alcune nazioni europee si percepivano come centro di- 18 sistemi istituzionali. Ad ognuno toccherà aprire un laboratorio mentale e di spessore. Deve nascere nella città in transizione una strutturazione degli spazi in cambiamento: ogni progetto o processo attivato dovrà avere una dimensione culturale di riferimento. pacità di diventare rabdomanti di un territorio che deve trovare sorgenti e fosi urbana dell’eredità materiale e immateriale che è la città, infrastruttura complessa da riposizionare nell’area vasta. Abitare la transizione di cui si parla ha il compito di una costruzione sociale di senso su argomenti chiave a cui abbiamo già fatto cenno ma che devono trovare una chiave di condivisione esplicita. Si tratta di rivisitare il tema degli standard in una prospettiva affatto standardizzata, e forse anche “indisciplinata”, per aggregare nuovi bisogni e prospettive. Riscrivere la storia della città e del territorio deve diventare narrazione nuova, nella quale la diversità delle storie delle “altre città” nella città diventa opportunità per valorizzare architetture e forme insediative: una nuova semantica degli spazi comuni aperti, per dare allo spazio urbano un nuovo ruolo contemporaneo. zione debole e creativa, ha probabilità più alta di farsi riconoscere come città contemporanea che si avvantaggia della creatività policentrica di imprese, famiglie ed istituzioni. Si tratta allora di contrapporre all’attuale tendenza del modo di costruire infrastrutture, che in effetti favorisce la nascita di enclave urbane separate dal contesto, la possibilità di costruire nuovi arcipelaghi interconnessi, evitando di mitizzare il centro o i centri come unica struttura di gravità. La convergenza tra Città e Altra Città potrà esserci solo temporaneametropolitana alimentano, con l’allargamento dei mercati, la nascita di nuove altre città, vicine o lontane, come nuovo campo di ricerca sulla Città Possibile. Pasquale Persico living the transition Lo spazio pubblico assume un ruolo centrale nella concezione della città europea del ventunesimo secolo, destinata ad essere multipla, poliedrica e accessibile. Non è solo il “pieno” ciò che conferisce valore, ma anche le potrama urbana della città: spazi in attesa di essere trasformati, valorizzati o lasciati incolti perché residuali, acquisiscono il loro reale valore nel momento in cui si può ipotizzare ed agire concretamente un loro riuso, una riappropriazione da parte degli abitanti e di chi li attraversa. Un riuso progettato che nasce come temporaneo, e a volte si trasforma in permanente, offre la possibilità di fruire di uno spazio trasformandolo in un luogo. Una panchina è un momento di sosta ma può anche rappresentare una situazione per ristabilire delle connessioni tra parti interrotte di città e per recuperare contesti di interazione mancanti e necessari. Si indicano possibili usi temporanei degli spazi urbani in attesa di trasformazione, anche con riferimento al tema dei luoghi residuali, degli incolti, della campagna, quali potenziali luoghi complementari della città. Si costruiscono vere e proprie piattaforme operative, che intendono essere unione tra vari soggetti della città, anche attraverso articolati processi partecipativi, che cura e gestione organizzata e condivisa dei luoghi. La diffusa e radicata cultura urbanistica e amministrativa che sino a qualche anno fa avrebbe spinto quei luoghi ad essere concepiti come scarti oggi deve cambiare: è urgente fare un salto in avanti, capire che qualsiasi logica inaspettati nella comunicazione e condivisione del processo, fosse anche temporaneo, di trasformazione. In coscienza, non intravvediamo altri scenari plausibili rispetto alla situazione che oggi viviamo nelle nostre città. Il carattere di temporaneità induce a notevoli sperimentazioni di materiali e metodi costruttivi a basso costo e basso impatto, dimostrando la capacità espressiva di strumenti alla portata di tutti. Il tempo della progettazione e dell’allestimento dei luoghi è necessariamente compresso, pur nella com- 20 talvolta conducono verso risultati persino inattesi. Intrecciando la visibilità del risultato, l’esperienza diretta della trasformazione, il coinvolgimento delle persone e dei saperi si dimostra un’attitudine all’evoluzione urbana che, seppur richiamando la fragilità - talvolta solo apparente - di un fenomeno temporaneo, dimostra una straordinaria e lucida fermezza. GRAVALOSDIMONTE BASURAMA 22 28 34 40 place au changement | collectif ETC estonoesunsolar | gravalosdimonte architetti rus | autoparque de diversiones público | basurama whatami | stARTT COLLECTIF ETC collectif ETC 22 place | Saint-Étienne (France) surface | 670mq building year | 2011 photo | collectiv ETC web | www.collectifetc.com place au changement Vinto dal Collectif ETC, il concorso organizzato nel 2011 dall’Etablissement Public d’Aménagement de Saint Etienne (EPASE), aveva come oggetto la valorizzazione per un periodo di tre anni di uno spazio residuale, un lot(Piazza del – Spazio al Cambiamento), rappresentava una tappa preliminare e intermedia dello sviluppo e della trasformazione del lotto. All’angolo tra Rue Cugnot e Rue Ferdinand, l’idea era quella di disegnare al suolo una sezione qualche anno. Collectif ETC nella proposta di concorso e nella successiva realizzazione ha inteso mettere in opera due modalità operative, di forte impronta strategica: collaborare con gli abitanti per la realizzazione dello spazio pubblico, e utilizzare il tempo del cantiere, previsto in quattro settimane, per coinvolgere gli abitanti del quartiere, ma non solo, in fatti, eventi e situazioni. Propedeuticamente al coinvolgimento della popolazione, molte presentazioni pubbliche e molti incontri tematici si sono svolti, interpellando e mobilitando diversi attori, anche in vista della gestione temporanea dei luoghi: mento dei diversi settori tecnici dell’amministrazione e alle associazioni locali. La stessa organizzazione del cantiere Place Au Changement è stata pensata e realizzata non come un momento chiuso in sè, in cui le strade sono bloccate e il rumore è permanente, ma come una situazione in divenire, che poteva accogliere diversi eventi e momenti di condivisione (spettacoli, performance, laboratori e attività di formazione), cercando di aumentare la qualità e la vivibilità del quartiere anche durante l’allestimetno e lo svolgimento dei lavori. il quale Collectif ETC esprime non solo uno strumento di messa in opera delle proprie idee ma anche un momento di forza collettiva, appunto, durante il quale anche chi vivrà e fruirà di quei luoghi potrà partecipare attivamente e economia reale (urbana, sociale e culturale). Il fattore della temporalità e della durata è nel caso di Place Au Changecale nell’approccio all’attesa della rendita fondiaria e alla, forse non temporanea, costruzione d’identità per un luogo. COLLECTIF ETC 26 COLLECTIF ETC COLLECTIF ETC COLLECTIF ETC GRAVALOSDIMONTE Patrizia Di Monte e Ignacio Grávalos | gravalosdimonte architetti 28 place | Zaragoza (Spain) surface | 28 plots | 42000mq building year | 2009-2010 photo | gravalosdimonte architetti web | www.gravalosdimonte.com estonoesunsolar Avviato nel 2009 attraverso la Società Municipale Zaragoza Vivienda, il lizzazione di lotti in disuso nei tessuti storico e moderno della città, fornendo occupazione a squadre di lavoratori disoccupati da lungo tempo (40 nel 2009, 60 nel 2010). Si tratta di un programma sperimentale a livello nazionale in cui, per la prima volta, un Piano di Occupazione si lega a un Progetto di di un’attenta analisi dei luoghi urbani degradati che, per la loro posizione, possono trasformarsi in nuove potenzialità, riconsegnando luoghi di vita comune spazio pubblico, in attesa di attuare le previsioni urbanistiche di piano. Il primo step del processo è stabilire l’accordo con i proprietari per la cessione temporanea degli spazi, per poi avviare un processo di analisi e studio della condizione socio-economica della popolazione, nonché dei servizi esistenti. Alla fase di lettura, segue una fase di ascolto in cui sono contattate le un progetto concreto e condiviso, realizzabile in tempi brevi, con un budget ridotto (1.850.000 € in totale di cui 750.000 € per i materiali e la restante parte per i salari degli operai, con un costo medio degli interventi di 20 €/m²) e il frequente ricorso a materiali di riciclo. Il risultato sono: parchi, giardini, orti urbani, aree attrezzate con giochi per bambini, luoghi di ritrovo ed attività per anziani, aree per attività sportive etc., in pieno centro storico come in periferia. Il rapporto tra architettura ed ambiente si concretizza con il rendere fruibile a tutti e al 100% gli spazi sinora abbandonati. Ciò consente di avviare un processo di ‘riciclaggio’ degli spazi urbani, attraverso interventi che cercano di dare risposte ai bisogni e alle necessità dei cittadini, a partire dalle prime fasi della progettazione sino a concretizzare i loro desideri in nuovi servizi quali parte della scena quotidiana. Emerge la predilezione allo sviluppo della città compatta, che concretizza le soluzioni ai propri problemi all’interno del suo stesso tessuto urbano, sviluppando tutte le sue potenzialità spaziali ed umane, trasformandole in capacità espresse e rifuggendo da un modello di sviluppo spaziale rivolto GRAVALOSDIMONTE 32 GRAVALOSDIMONTE GRAVALOSDIMONTE BASURAMA basurama 34 place | Lima (Perù) surface | various building year | 2010 photo | basurama web | www.basurama.org http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/deed.es_ES rus | autoparque de diversiones público RUS Lima consiste nel recupero temporaneo dello spazio pubblico generato dall’abbandono della sede viaria del treno elettrico di Lima, un residuo urbano fortemente simbolico per la città. L’idea è quella di sfruttare la condizione di infrastruttura continua e consolidata e di riutilizzarla come supporto per installare molteplici e variegati giochi pubblici: da qui è nata l’idea del ‘Luna Park autogestito’. Due sono le linee strategiche di azione: lavorare in rete coinvolgendo attori e soggetti quali potenziali motori della trasformazione la comunità di Surquillo e alcuni artisti a collaborare all’ideazione dell’AutoLunaPark, consentendo una condivisione iniziale degli intenti che ha permesso successivamente alla comunità locale di migliorare e implementare il progetto un parco dei divertimenti sono azionati e messi in opera dagli attori del parco e non da motori meccanici: Salite sul treno fantasma è l’invito che viene lanciato ai fruitori del parco, completamente realizzato con materiali di riuso, da pneumatici a pezzi di automobili, e a bassissimi costi. Per dare massima visibilità e riconoscibilità al luogo, il progetto di una con colori fosforescenti impressi su supporti e sui pilastri in cemento del sottopassaggio, ha cambiato l’immagine del luogo da spazio di passaggio e residuale a luogo per il gioco e l’incontro. Proporre un intervento di trasformazione di uno spazio destinato alle infrastrutture per convertirlo in parco di divertimenti, magari a vocazione permaper i progettisti e per gli amministratori. La prima installazione e conversiopersone, entusiaste della trasformazione temporanea. Successivamente, a partire da questo successo, l’esperienza è stata replicata anche in altri luoghi della periferia di Lima, generando altri esemplari di Parques Autoarmables (parchi in autocostruzione) quali spazi ludici temporanei da costruire assieme alle comunità locali, in attesa che gli spazi residuali abbiano una destinazione L’AutoLunaPark oggi è tornato ad essere uno spazio dimenticato, in attesa del progetto e della realizzazione della nuova linea ferroviaria. BASURAMA 38 BASURAMA BASURAMA stARTT stARTT Francesco Colangeli | Andrea Valentini Viabizzuno | illuminotecnica e realizzazione 40 place | Maxxi | Roma (Italy) surface | 600mq building year | 2011 photo | Cesare Querci | stARTT web | www.startt.com whatami Il progetto elaborato per il programma Yap prende spunto dalla relazione tra il Maxxi ed il suo intorno urbano, presentandosi come una soluzione di paesaggio che insiste sulla relazione tra gli spazi aperti dell’opera di Zaha Hadid ed il tessuto circostante. Whatami è un arcipelago di un mare immaginario composto di isole mobili, che si dispongono liberamente lungo il piazzale esterno del Museo, intorno riposizionandosi interamente all’interno dell’area individuata dal bando. Whatami è anche la corruzione di what am I, declinazione industriale per inventata nel 700 a scopo ludico-didattico da John Spilsbury, che si smontava in se tutti gli elementi di progetto e si seziona lungo le linee di crinale e di sella, per accettare la deriva dei suoi elementi nello spazio pubblico circostante. Un gioco compositivo in omaggio al lavoro di Boetti, che ci ha insegnato il durante il giorno e l’illuminazione nelle ore notturne. Gli elementi mobili sono oggetti poggiati sul playground costituito dalla stessa piazza dura del Maxxi, frammenti naturali, spazi confortevoli per il relax all’aperto e l’incontro tra le persone. Sono complementari allo spazio asciutto degli esterni: si coniuga la piazza dura, igienica e monocroma, alla morbidezza, la vita e le tonalità di colore di uno spazio vivente. - L’obiettivo non è suscitare un’astratta forma di nostalgia, ma scommettere sulla proposta di un paesaggio ibrido, capace di confrontarsi con l’aspetto più surreale della contemporaneità, senza rinunciare alla qualità dell’ambiente e dello spazio per il tempo libero. CESARE QUERCI 44 stARTT stARTT 46 dècoupage Ci sono oggetti gettati via, luoghi residui, idee abbandonate e ci sono 1 anche . Ciò che è lasciato a se stesso spesso coincide con lo scarto, vale a dire con ciò che volutamente non è scelto, che non è più sfruttato; ma coincide anche con ciò che si nasconde, che si occulta, di cui ci della memoria, la dispersione energetica nelle trasformazioni (entropia), il sudore, gli escrementi; altri sono necessari, addirittura sacri: le riserve naturali o taluni luoghi di culto; altri ancora sono considerati sprechi e la loro esistenza è strettamente legata al consumo 2. I luoghi usati, consumati, che perdono utilità diventano scarti, cioè residui. Per Gilles Clément, mentre le riserve sono luoghi volutamente non sfruttati perché rari o fragili, i residui ( ) 3 sono i luoghi agricoli incolti (friche) i margini, i bordi delle strade, ecc.. In ambito urbano, i residui coincidono con i luoghi dismessi che attendono di essere trasformati. Il concetto di residuo è strettamente legato all’organizzazione razionale del territorio, nel senso che 4 . Così, tutto tituire quella zona grigia che, d’altra parte, scaturisce in negativo dal processo sfruttamento del suolo. Nelle pieghe dei piani urbanistici, in ciò che sfugge ai progetti, si annidano dunque i residui, zone irrisolte dove per converso cresce il paesaggio della diversità e della sperimentazione, il Terzo Paesaggio. Qui hanno asilo tutti coloro che non lo trovano altrove, gli esclusi. È un ambito sperimentale che costituisce il territorio delle specie pioniere a cicli rapidi, e come tale ha vita breve; esso tende in un tempo discreto a trasformarsi in un nuovo ambito organizzato dall’uomo, dove prima o poi si istalleranno delle permanenze. Il recupero delle zone abbandonate non può che portare a una perdita della diversità. Analogamente, associare alle zone abbandonate la nozione di patrimonio e pratiche conservative comporterebbe la sparizione immediata del Terzo Paesaggio e la morte della diversità. Qui la critica di Gilles Clément si fa politica ed economica dal momento che distingue nettamente la crescita biologica da quella economica (vigente): l’una per accumulazione, l’altra per trasformazione e invenzione. Per questo è addirittura auspicabile il disinteresse totale per il Terzo Paesaggio da parte delle istituzioni. ghost house Se facciamo nostra quest’analisi, i residui urbani coincidono con le aree dismesse e abbandonate. Spesso si tratta di intere zone industriali, infrastrutture o comparti commerciali che hanno smesso di funzionare come un tempo e per le quali si è in attesa di una riconversione. Quando questo fenomeno si estende ad ambiti territoriali più ampi, si assiste allo svuotamento di interi paesi, città o addirittura comprensori di ampiezza regionale. Il caso più emblematico è quello delle città ex industriali che hanno assistito alla dismissione delle storiche industrie pesanti e sono ancora in attesa di una riconversione in attività spesso legate al terziario o all’intrattenimento. della manodopera. Ad una scala maggiore l’abbandono coinvolge oltre la metà dei comuni italiani con meno di 10.000 abitanti, che costituiscono il 42,1% del totale, cesso di fuga, sia di attività produttive che di persone, concorrono le calamità naturali, soprattutto i terremoti. Se in genere la trasformazione porta con sé un certo grado di vitalità, questi tipi di paesaggi abbandonati, dove gli indici di natalità e immigrazione cadono inesorabilmente, sembrano piuttosto sprofondati in un profondo letargo 5. Ma la cronaca registra un ulteriore caso di abbandono che si abbatte su vaste porzioni di suolo urbano ed extraurbano e che pure scaturisce da un certo tipo di organizzazione razionale del territorio e che è strettamente legata alle 48 del bene casa, che entra in borsa attraverso i mutui che servono ad acquistarlo. Oggi accade infatti che ad essere abbandonate siano intere lottizzazioni e case nuove di zecca perché i mutui sono diventati insostenibili per i loro proprietari. Un intero parco case, prima in America e ora anche nella nostra Europa e in particolare in Spagna, è abbandonato. Alle case nuove vendute si aggiungono le case nuove non vendute che corrispondono a 818.000 unità 6 . Fino al 2007, quando scoppiò la crisi economica internazionale, in Spagna si è costruito a ritmi acceleratissimi. In particolare è stato calcolato che, solo nel 2005, siano state realizzate più case che in Francia, Italia e Germania messe insieme 7. L’intera economia della Spagna è stata traina- parte dello Stato (tra cui la liberalizzazione della Ley del Suelo del 1998 8 ) e attraverso il sistema dei mutui bancari che venivano erogati alle amministrazioni pubbliche, agli investitori privati e anche agli aspiranti compratori di case. Analogamente a quanto è avvenuto contemporaneamente in America, i alcuna garanzia, di modo che, a seguito della crescita di valore degli immobili e del successivo boom della disoccupazione, si sono rivelati essere scoperti. Il risultato è che non solo un enorme stock d’immobili è rimasto invenduto, ma che molte case si stanno liberando perché i proprietari non sono più in grado 2011, siano state eseguite 313.826 esecuzioni ipotecarie, 59.133 in Catalogna; dal 2008 al secondo trimestre del 2012, più di 140.000 famiglie spagnole hanno perso la casa 9. Nel frattempo, le proprietà immobiliari in possesso delle banche si fanno sempre più numerose ma valgono sempre di meno. Queste case fantasma sono ciò che resta di logiche economiche che hanno orientato scelte urbanistiche ed architettoniche. Anche in questo caso questi residui sono tutt’altro che territori della diversità; piuttosto sanciscono, Gli esclusi sono gli scarti del sistema economico e, anche in questo caso, devono cercarsi asilo altrove. Chiara Ingrosso 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Z. Bauman, , Roma-Bari 2004. K. Lynch, , Cuen, 1994. G. Clément, , Quodlibet, Macerata 2005. Ivi, p.13. Rapporto sull’Italia del , a cura di Serico – Gruppo CRESME, 2008: consultabile al sito internet :http://www.confcommercio.it/home/ArchivioGi/2008/Varie/SINTESI-RICERCA-def-6-08. doc_cvt.htm. Fonte: Catalunya Caixa, settembre 2011. D. Porretta, , in “La ciudad Viva”, giugno 2009, http://www.laciudadviva.org/blogs/?p=1961. , Bellaterra, Barcelona 2007. Fonte: Consejo General del Poder Judicial. living the abandon Abbandono può volere dire disuso, incuria, cessione ma anche distacco, persino tradimento. In modo curioso, abbandonarsi può volere dire lasciarsi vuoto e separazione, ma che nelle sue molteplici letture è capace di provocare evoluzioni e processi del tutto nuovi. La città dell’ultimo ventennio si è espansa, vorace, attraverso un consumo illimitato del suolo e sottraendo terreno fertile all’agricoltura. Questo processo, privo di una visione a lungo termine, ha portato ad uno sviluppo urbano frammentato in cui i vuoti urbani sono diventati luoghi dimenticati, di scarto, espulsi dagli usi della società eppure accoglienti per quelle forme di vita che si accontentano delle condizioni più estreme (o che più radicalmente non possono accedere ai luoghi della città che abbiamo costruito). Sono frammenti urbani di città che appartengono, talvolta semplicemente rinominandoli, ad un tessuto di strutture e possibili usi in grado di disdire la nuovo senso. Da qui scaturisce una delle dimensioni progettuali di questi spazi, e nascono altrettante opportunità di sperimentare processi diffusi sul territorio che vedano coinvolti diversi livelli operativi e di pensiero. Vi si vede confermata la più recente capacità di trasformazione della città, che sta in parte reinterpretando la sua crescita, e non la sua de-crescita. In una lettura ancora più coraggiosa, si arriva ad indicare la demolizione ne del suolo a favore di una città compatta in grado di generare condizioni di abitabilità, agio e servizi di minor costo collettivo grazie ad una facilitata e diversa gestione amministrativa. I progetti illustrati sono esempi di come questi luoghi siano terreno fertile di sperimentazione e innovazione sociale, di attività partecipate alternative ed inusuali. 50 tore sociale e culturale, pretesto di metamorfosi di usi e di spazi che, una volta ripensati, tornano in vita riutilizzando quello che nelle città esiste già. mag.MA PIERLUIGI FAGGION 52 58 64 70 la craquelure | mag.MA i tunnel di Trento | studio Terragni architetti lambretto art project | RuattiStudio architetti + Mariano Pichler riparare Fiumare | NOWA mag.MA mag.MA Marco Roggeri | Alessia Rosso | Giampiero Peirano 52 place | Badalucco | Imperia (Italy) surface | 650mq building year | 2008 photo | mag.MA web | www.mag-ma.it la craquelure Badalucco è un tipico paese dell’entroterra ligure arroccato su un pendio uno sviluppo turistico, per questo i fronti delle case sui vicoli sono decorati con opere spesso in ceramica di artisti più o meno famosi, a formare una sorta di galleria d’arte all’aperto. quasi regolare in leggera ma sensibile pendenza, dominato sui lati maggiori scorre ad una quota nettamente inferiore, aprendolo però allo scenario della L’organizzazione dello spazio si è basata sull’idea di riportare sul suolo i segni e le tracce indicate dall’analisi di ciò lo circonda e che ne caratterizza il contorno. L’individuazione di un asse centrale longitudinale sottolinea il proiettato a terra come un’ombra, riporta sul disegno il gioco di luci e ombre, di volumi e proporzioni delle differenti parti di un contesto che alla prima impressione appare omogeneo. Il reticolo di segni a terra restituisce un disegno semplice che sembra incastrarsi perfettamente nel disegno formato dai vicoli e dai tetti che circondano la piazza. quelure di un certo tipo di ceramica e rimanda al Cretto di Alberto Burri a Gibellina, dove la craquelure assume dimensioni di paesaggio. bidimensionale, si spacca e acquisisce la terza dimensione. Le fessure si modellano in base ai dettami del luogo, sprofondano per contrasto tra la pendenza naturale e un ideale piano orizzontale, si allargano e consentono ai germogli degli ulivi dei pendii circostanti di riappropriarsi del luogo. Nel gioco delle tensioni la panca emerge diventando una panca per tutte le età e tutte le stature. La pavimentazione, è in asfalto decolorato, un materiale economico, resistente e durevole, adatto ad una percorrenza veicolare e gradevole anche alla frequentazione pedonale. mag.MA 56 mag.MA mag.MA mag.MA PIERLUIGI FAGGION studio Terragni architetti Elisabetta Terragni | Jeffrey T. Schnapp | Filmwork | Gruppe Gut 58 place | Gallerie Piedicastello | Trento (Italy) surface | 6000mq building year | 2008 - 2010 photo | Pierluigi Faggion web | www.terragni.eu i tunnel di trento The project consists of a major realized segment and an ongoing research component. Two disused highway tunnels in Trento have been transformed into an exhibition and event site that remains in use, but two landscape gardens are yet to be created. They address both ends of the tunnels and mediate between a dramatic geographic/geological site and the old town of Trento, as well as between infrastructure and a post-industrial landscape. While the tunnels no longer cut off a part of town on the western embankment of the Adige River, the large left-over areas, now subtracted from vehicular use, call for re-integration into the landscape and the town. The dilemma and expediency, now calls for restoration to a meaningful state. Such a state never existed before and therefore needs to be invented. On what basis can a landscape be ‘invented’? What we are proposing at Trento is a kind of transport via landscape interludes: northward, the disused highway breaks up and rises to a rocky alpine garden, southward, by contrast, a gently sloping parterre blends into the southern sky. In a word, these two areas north and south of the tunnels stand in anticipation of landscapes the traveler has not yet reached. gest a symbolic topography by articulating the actual limits of their native ecologies. length asphalt reinforced concrete maximum height medium width surface volume volume of excavation south pipe north pipe 301 m 520 t 1.500 m3 6,5 m 9,8 m 2.960 m2 15.000 m3 190.000 m3 289 m 500 t 1.450 m3 6,5 m 9,8 m 2.840 m2 14.000 m3 180.000 m3 PIERLUIGI FAGGION 62 PIERLUIGI FAGGION PIERLUIGI FAGGION ANDREA MARTIRADONNA RuattiStudio architetti + Mariano Pichler 64 place | Milano | Italy surface | 1500mq building year | 2009 photo | Andrea Martiradonna web | www.ruattistudio.it lambretto art project L’intorno dell’area ha subito una forte azione di degrado, divenendo con il distinta da produzioni ancora attive. Fattori aggravanti di questo progressivo isolamento, sono stati i due limiti est e ovest del lotto, rappresentati rispet- conservando il carattere essenziale tipico della destinazione d’uso produttiva, dato il buono stato di conservazione delle strutture e la qualità edilizia dei corpi di fabbrica, è stato possibile valorizzare il carattere non narrativo degli spazi, che ora divengono espositivi e laboratoriali. Il progetto prevede quindi il recupero funzionale, mediante suddivisione in due unità che ospiteranno laboratori artistici, uno al piano terra con accesso indipendente dal cortile che occupa l’intera area a shed, l’altro realizzato in un L’ultimo livello è caratterizzato da un loggiato a sbalzo sull’ingresso, chiuso da una parete vetrata che verrà utilizzata come schermo per proiezioni durante eventi o esposizioni. Molta attenzione è stata dedicata alla scelta dei materiali di rivestimento, specialmente dal punto di vista tecnologico ed anche la scelta dei cromatismi esterni sono stati oggetto di studi e di approa calce, mentre il landmark verrà rivestito con pannelli in poliestere semitrasparente per evidenziarne il volume. Il progetto vuole raccogliere il pensiero contemporaneo, vuole essere un osservatorio aperto ad ospitare i fenomeni più attuali dell’arte, del design, della musica: vuole essere uno spazio che guarda a quello che sta succedendo e a quello che potrà succedere. la qualità in tutte le sue espressioni; verranno attivati programmi di residenze per artisti, per incentivare nuove espressioni, guardando a quello che sta succedendo e a quello che potrà succedere. ANDREA MARTIRADONNA 68 ANDREA MARTIRADONNA ANDREA MARTIRADONNA NOWA NOWA Marco Navarra 70 place | Giampilieri, Itala, Scaletta Zanclea | Messina (Italy) surface | various building year | in progress photo | NOWA web | www.studionowa.com riparare Fiumare meters south of Messina, compressed between the line of the coast and the every available space, and over time has removed all memory of riverbeds and watercourses, leaving them forgotten in old under-street culverts. This linear city is fed by various interwoven lines of infrastructure running at different levels. The destruction caused by the landslide opens up rivers inside the consolidated density of even the longest-standing towns. The unexpected event redraws the margins of urban space as people gather in the safest areas. compare themselves with the study of new scenes of transformation on the territory. The work is divided between the very detailed description of the landscape’s elements (physical structure, vegetation, links, economy) and the reconstruction, interlacing other data, of the changes on the territory in the course of the centuries. The landslides of October 2009 and February 2010 have burst landsolution within a general overview. The coordination of the working group for the plumbing system’s arrangement and the making safe projects is a moment in which various methods, inside a plan in the territory that bring a new quality to places in which they are applied and recognizable at the level of the landscape. The project, is compared to the issues of the emergency, as well as it indicates critical points and complex knots, establishing measures of processing. It is linked to security, accessibility, and communication, for the prevention of exceptional events. NOWA 74 NOWA LORENZO COLALEO 76 a house is not just four walls and a roof Mahatma Gandhi As Architects and Urban Planners, we have an obligation to improve the housing and living conditions for everyone simply because all human beings are born with dignity and, therefore, deserve the same treatment. If we adopt the human rights approach what this means is that we have to plan and build tural minorities, migrants, immigrants and the poor in general. The vulnerable, those on the margins of society, live in inadequate and insecure housing and in living conditions that are an assault to their dignity. This is true whether they are homeless and living on the street, using public or private shelters, have managed to construct a shelter on their own in a spontaneous settlement or live in high density or insecure public housing settlements. These unacceptable conditions are a clear, and internationally recognized, violation of their right to adequate housing. The multiple suffering caused by such conditions, however, is also a violation of people’s rights to education, health, water and access to other basic civic services such as sanitation and transport. In a democratic society such conditions also often preclude participation in local, regional and national political processes. To make matters worse those who have managed to create a small amount of security through building a spontaneous shelter often live under the threat of eviction by city administrations who seek to to “sanitize” or “clean” public spaces or create “cities without private developments such as expensive housing or shopping malls. The perpetuation of so many people living in such adverse conditions increases social inequities and promotes social crises, creating the possibility of High density or ill-serviced housing areas also contributes to the spread of illnesses, straining the public health budget. These serious social challenges, therefore, are not just a problem for those at the limits, it is a problem for everyone. Such a reality must compel us to squarely confront the question of ultimately, judge our work, as architects and planners, on whether it has had an impact on improving the housing and living conditions of those who are the most vulnerable amongst us. Across the world, action to bring people back from the margins of society is now urgently needed, as the number of people, including children, who are poor and homeless is on the rise. Recent statistics show that in Italy, for example, the number of people without adequate housing is increasing rapidly. What is also troubling is that a great number of these vulnerable people are working people-productive labouring members of Italy’s largest cities on temporary or part-time labor contracts – who through their labour contribute to the economy of cities, yet get little in return in terms of adequate places to live and work. Faced with these realities the question that confronts us all is: what can be done to reverse the trend of growing numbers of people who can count themselves among the most vulnerable? This has been the question I have been working to answer for the last decade, including during my time as the Special Rapporteur on Adequate Housing with the UN Human Rights Council. developers is to correctly identify the problem: how many people are living in inadequate and insecure conditions? Where in the city or in the rural areas are they living? And what are the differential characteristics of this population. Of these how many are women, children, those from minority groups or different ethnicities? Once we have this critical information housing policy should be based on an inter-disciplinary approach premised on meeting the needs of A person without adequate shelter is often suffering from other social ills such as discrimination and a lack of adequate food, water, health, work, livelihood and security of person. If there is a crisis of dignity, we must provide for these people considering the range of issues that negatively impact their enjoyment of dignity. We do not, for example, resolve homelessness simply by providing four walls and a roof. Adequate housing is not a “guscio” or shell. In other words, this crisis requires a combination of a humanitarian and a human rights approach. We must consider that “ - 78 1 rights that it encompasses, has received validation from many different actors across the world. But most importantly, it now needs to be fully understood and implemented by city administrations and by the political and technical advisors who work to improve the conditions of people on the margins of society. What this means in practice is that every city has to offer a housing continuum approach: a range of housing possibilities from shelters to supported housing to hostels to more permanent housing such as rental, cooperative and ownership models. Such as approach would also assist in ensuring that adverse housing conditions do not return and we can move to societies where some of the structural causes of homelessness are removed. to implement a right to adequate housing, which considers how to improve economic opportunity, access to services and work, social integration, personal security and improvement of legality. In Living at the Limits we are offered some examples of better approaches to providing for those most vulnerable. But the examples are still too few and far between, and the need is ever all professionals involved in planning for the city is to embrace a radically different, more holistic approach that involves adopting a human rights and humanitarian approach with the aim to create cities, towns and villages where all residents, regardless of income levels, class or race have the human right to all the opportunities that are available without distinction or discrimination. I congratulate the professionals that have contributed solutions to “Living the Limits”. These very creative and more importantly socially sensitive examples of what a built environment should look like will certainly inspire decision-makers to take risks, to break old conceptions and to embrace a those most vulnerable and to designing the solutions to provide them with the dignity to which they are entitled. Miloon Kothari 1. Report of the UN Special Rapporteur on adequate housing. E/CN.4.2006/41, 21 March 2006. For other work from the Special Rapporteur mandate see also: http://www.ohchr.org/ EN/Issues/Housing/Pages/HousingIndex.aspx living the limits Avere un’abitazione è un bisogno primario. La sua mancanza è un’emergenza, ma la risposta giusta non è semplicemente dare una casa. L’emernoscere e da affrontare: la mancata partecipazione alla città, la deriva dello stare ed essere circoscritti in una dimensione di limite. Questa si esprime nella carenza di educazione, di cura, di servizi, di lavoro, di partecipazione alla vita pubblica e politica; nell’assenza di relazioni con il contesto immediato, e con quello più ampio, che fa capo ad un essere orfani della propria città, del luogo in cui ci si è fermati per costruire la propria famiglia. Questa emergenza si traduce in un disagio allargato; la qualità della società urbana si misura anche nell’ampiezza di questo disagio, nella misura in cui riesce a farsi carico, in Alcuni progettisti, dediti a una pratica che coinvolge attivamente e in modo costante la propria comunità di riferimento, offrono risposte molteplici, lavorando sui livelli intrecciati dell’architettura, del disegno urbano, della soa contatto con le persone e fondato su una profonda conoscenza materiale del luogo, le iniziative locali offrono di volta in volta terreni dinamici per l’esplorazione di nuove forme di socialità e per l’ampliamento della concezione e delle responsabilità della pratica architettonica. Si possono trovare soluzioni ai problemi più complessi, si superano in maniera creativa le divisioni tra istituzioni, enti, cittadini, si recuperano le risorse che rimangono nascoste nel Si mette in gioco e si fa parlare il limite. I progetti scelti mostrano l’impegno per un pragmatismo radicale e portano nuova tensione nel dialogo tra città e collettività, architettura e società, 80 vede coinvolto anche il rapporto con luoghi lontani, nelle esperienze di cooperazione internazionale. Un approccio che prevede e comporta una risposta concreta ad un bisogno, invariabilmente capace, proprio e anche in virtù della sua dimensione, di un effetto ampio sulla comunità. Le scuole di architettura sono protagoniste di alcuni di questi progetti, con programmi pedagogici basati su cantieri che coinvolgono gli studenti insieme agli abitanti, laboratori di crescita tecnica e culturale e di attivismo architettonico, urbano, sociale. 8 am Greets neighbors outside 3 pm Rose sits outside 12 am Bj xed dinner 10 am Fix lunch & clean 9 pm Asleep in bed FARE TIMOTHY HURSLEY 7 am Dressed & Ready Andrew Dolder 82 88 94 100 casa familiar | estudio Teddy Cruz day labor station | public architecture rose lee’s house | rural studio CBF | FARE studio estudio Teddy Cruz 82 place | San Isidro | California (USA) surface | 1300mq each parcel building year | in progress photo | estudio Teddy Cruz web | www.estudioteddycruz.com casa familiar Located in the border neighborhood of San Ysidro, Community based NGO, Casa Familiar, has evolved from social service provider into alternative developer of affordable housing. Estudio teddy cruz’ collaboration with Casa Familiar has conceived the neighborhood as producer of new housing policy and economy, focusing on designing parcels as small infrastructures that mobilize social entrepreneurship into new spaces for housing, cultural production and political participation. Casa Familiar acquired a large parcel with an old church and then subdiCasa Familiar will generate new categories of socio-economic programming. Open frames, conceived as social rooms, are equipped with electricity, collective kitchens and movable urban furniture. Casa Familiar injects them collective kitchens and community gardens are the small infrastructure for housing. Here the void is more than open space for private housing growth, it port informal economies and social organization. These tactical programming enables new interfaces with the public, across time. Housing type 1: young couples, single mothers with children. More than just renting or owning units, dwellers are participants in co-managing socio-economic programs. Housing type 2: Live-Work Duplex for Artists. The exchange of rent for social service: Artists and Casa Familiar choreograph pedagogical interfaces with children and families, plugging education and other resources. Integrattional mixed uses: Artists engage urban pedagogy as well as partner with dwellers as co-producers. Housing Type 3: Large Families with grandmothers. Housing equipped with shared kitchens to support two small extended families. Housing Type 4: accessory buildings as alternative housing. Small sheds The Performance of a Small Parcel: a social infrastructure of small buildings and spaces produce a gradation of housing economies and social interactions, activating small lots into economic and social systems. 86 TEDDY CRUZ TEDDY CRUZ FRANCESCO FANFANI public architecture 88 place | mobile surface | variable building year | 2007 images | public arquitecture | Francesco Fanfani web | www.openarchitecturenetwork.org day labor station ble structure that can be deployed at these informal day labor locations. It is a sustainably-designed project that utilizes green materials and strategies and exists primarily, if not completely, off-the-grid. It provides a sheltered space for the day laborers to wait for work as well as greater community amenities and resources. Our design is a responsive one, addressing the needs and desires of the day laborers themselves, as our clients. As such, the structure will be or classroom. Despite day laborers’ contributions to key economic sectors of our society, they receive little in return. Their role in the informal economy has forced them to occupy spaces meant for other uses, such as street corners, gas stations, and home improvement store parking lots. A relatively small number the previously mentioned informal gathering sites remain the norm. These sites are far from being ideal; their presence in spaces designated for other uses means that they often lack even the most basic of amenities (shelter, water, toilet facilities, etc). Conscious of the controversy surrounding day laborers, our goal is not to vance the debate about day laborers and the spaces they inhabit. The Day Labor Station project was introduced as part of the Design for the Other 90% exhibit at the Cooper-Hewitt National Design Museum in New York. However, this project is intended to be more than just a museum piece. Public Architecture is currently working to locate a permanent site for the country. The sustainably-designed structure utilizes green materials and strategies and is meant to exist primarily, if not completely, off-the-grid. The Station provides a sheltered space for the day laborers to wait for work as well as basic amenities such as drinking water and restrooms. FRANCESCO FANFANI 92 FRANCESCO FANFANI ELENA DORFMAN TIMOTHY HURSLEY rural studio | Auburn University 94 place | Footwash, Hale County | Alabama (USA) surface | 120mq building year | 2009 photo | Timothy Hursley web | www.ruralstudio.com rose lee’s house The purpose of the Rural Studio Second Year Studio is to investigate contemporary forms of rural dwelling. This house expands and grows by need, and over time: it is based on the traditional local farmhouse strategy and its design is driven by the client’s priorities, necessities and lifestyle. The expandable house responds to the transient nature and demographic of the contemporary family. The goal is to propose a design and building strategy expansions. Rose Lee is a sixty-nine year old woman living with her two sons, both in their mid-twenties. Theirs is a very common west Alabama family, supported by the Federal subsidy, with very poor living conditions and no running water. Forty percent of the population in Hale County still lives below the poverty farming, together with the logging industry, which has recently been further compromised by the newspaper crises. The client’s lack of resources, their life style and Rose Lee’ sociable personality deeply informed the design of the house. Rose Lee’s House is a ‘L’ shape courtyard house, with a long horizontal porch facing the street and a square patio, facing to the back yard. The porch is dedicated to Rose’s social life, in the spirit of the traditional southern front porch, while the courtyard, enclosed by a semi transparent cedar wall, provides the protection of the family’s privacy. The porch has a 180° openview towards Footwash ‘Main street’, with a bold overhanging roof, delicately held by light metal supports. At the same time a variety of openings in the courtyard’s wall, provide special visual contacts with the neighbors: Rose’s mum, the nephews and the dog sleeping in the back yard. The two very different outdoor spaces help the house environmentally: the porch, facing south, shades the building in summer, and the courtyard, facing north, gives a mild outside living room in winter. The “day” part of the house sits between the front porch and the courtyard, both accessible by large sliding doors. The 1200 square foot dwelling has been designed with a core volume called ‘The Machine’ with a perpendicular ‘Expansion Wing’ on the west side of the site. In the future the house could accommodate a young couple with one child, to take care of Rose Lee in her late years. Teachers: assistant professor Elena Barthel, instructor John Marusich. Designers and builders: rural studio’s 2nd year students 2008-2009. TIMOTHY HURSLEY TIMOTHY HURSLEY ALWAYS THE MAIN PICTURE HERE The ‘Machine’: front porch rt Machine Sections 98 TIMOTHY HURSLEY CARIDDI NARDULLI FARE studio Riccardo Vannucci | Giuseppina Forte | Joao Sobral | Erika Trabucco 100 place | Ouagadougou (Burkina Faso) surface | 1600mq building year | 2007 photo | FARE studio | Cariddi Nardulli | Sheila McKinnon web | www.farestudio.it CBF The project, realized in a site donated to AIDOS by Ouagadougou’s Municipal Government, is based on the separation of the primary activities performed by the CBF into two distinct, though closely related buildings: a Training Centre dedicated to activities of awareness-building and the administration and management of the CBF and a Consultancy Centre, used for medical visits, legal assistance and psychological counselling. locally available technologies and materials. As a consequence the early stages of the project were approached as a ‘work in progress’: a typological and adaptable to any possible site. The two main buildings are set atop a single structural element: a raised for different purposes. The raising of the platform above the ground ensures hygienic/climatic conditions that are extraneous to local culture and practices of building [protection against dust, mud and humidity]. The two main buildings are protected against rainfall and, above all, direct sunshine, by a lightweight waterproof recyclable PVC velarium supported by an independent structure of steel ‘trees’. This sloping tarpaulin is part of a system that collects and stores rainwater to irrigate the garden. The volumes that contain the various rooms are independent of the roof structure and freely placed atop the platform and articulated around a series of shaded and ventilated patios that ensure privacy from the exterior. The preserving the general framework of the building. The building walls are constructed using compressed dry stacked BTC [briques en terre comprimée] clay bricks made on site using a rough mixture of earth, cement and water. The making of these sun-baked bricks consumed no additional energy, limiting the environmental impact of the entire intervention. The choice to use siteformed mud bricks was based on their temperature and humidity reduction characteristics, enhanced here by their protection against contact with water, perhaps the only serious limitation they pose.The use of this technology represents the desire to introduce alternative and sustainable technologies within a context that is tied to standardised, though not always optimal building practices and the widespread importation of foreign materials. SHEILA MCKINNON 104 FARE studio FARE studio FARE studio 106 contrazione Spazi sprecati, aree dismesse, interstizi, residui senza conformazione o metropoli. È in questo scen ario che prende corpo la principale mutazione che attraversa le città europee, che si rinnovano a partire da ciò che sta tra le cose, dalle discontinuità che le attraversano e nelle quali coesistono molteplicità di senso e potenzialità inespresse. È il “fronte interno” della città 1. Costruire nella città è l’orizzonte contemporaneo del nostro agire. È lì che È il corpo della città, non più quello delle “abitazioni inumane, dei tuguri, dei muriccioli scalcinati, dei bandoni di metallo”, ma quello fatto dai pezzi di città strade sproporzionate, da brandelli e da lacerti di territorio urbanizzato che ci appaiono spesso sprecati. Un territorio dove è possibile costruire conneso riempire ( ) ma stabilire nuovi rapporti, costruire relazioni di prossimità, assecondando e consolidando quanto già uomini e donne, cittadini e non, hanno costruito: relazioni, sotto forma di associazioni, di gruppi, di comunità operose che rendono vivi questi territori. Un “corpo” che non è stabile ma che è, ancora, “disordine, precarietà tanto più grave e pericoloso perché si presenta sotto forma di agio, di meno peggio – mentre tutto, invece, sarebbe ancora da cominciare”. Ed è qui, dentro la città costruita e da ristrutturare, che prende corpo la mutazione principale che attraversa le città europee. La città sembra destinata, già oggi e ancora di più nel prossimo futuro, a vivere una fase di contrazione. La contrazione è una dinamica che non necessariamente comporta una riduzione, una diminuzione, essa è piuttosto un un esito, che comporta un di più. ta ricerca? Cosa c’é oltre l’opportunità di riempire ( lità del suolo? ) data dalla disponibi- Sembra giunto a conclusione quel processo di espansione messoci davanti da una concezione dello spazio, esito della riduzione del mondo a spazio da attraversare, che ci prometteva con la modernità l’età di un propuò essere contemporaneamente presente lì dove ci troviamo. Nel contempo, però, abbiamo smesso di pensare il mondo, di immaginarlo. Conoscere “la sfera imperfetta nella quale siamo persi nell’universo” e farla diventare la nostra realtà, non ci ha aiutato. La conoscenza della “realtà” ci restituisce ciò che ha di “peggiore e di migliore il mondo di oggi: l’esperienza del vuoto e della libertà” 2. Due abissi della conoscenza, uno ci ha portato fuori dal pensiero del mondo e ci ha fatto perdere la capacità di pensarlo, di immaginarlo; l’altro è conseguente alla scoperta che il nostro Ordine é solo uno dei possibili e che altri ordini possono esistere in forme del tutto diverse dal nostro- a fronte dei quali sembra necessario tornare a dare attenzione allo spazio che ci sta intorno: lo spazio di prossimità. Non si tratta di un ritorno all’antico, ma della reazione all’aver reso il globo “spazio della circolazione” si ne consegue il bisogno di agglutinarsi nei luoghi di prossimità e anche il non più soddisfazione di un fabbisogno universale ( ) ma risposta alla voglia di stare bene ( ). La consapevolezza del limite nel processo di espansione e, allo stesso tempo, la consapevolezza della necessità di contenere il processo di individualizzazione sono i fattori essenziali per dare senso alla costruzione nella città, per fare in modo che lo spazio pubblico torni ad essere occasione per dare intensità al sistema di relazioni tra le persone e ricerca di un dialogo possibile con la comunità circostante. Scrive La Tour in Politica della natura 3 : “ 108 ”. Da qui dobbiamo ripartire per ragionare della terza città, quella della contrazione. La terza città nasce dall’esplorazione di ciò che abbiamo costruito (consumato). Essa è esplorazione di mondi comuni, confronto con le pluralità dei mondi abitati. La terza città si può costruire a partire dall’assunzione del senso del limite come luogo nel quale incontrare l’altro. Per questo motivo ciò che ci importa d’ora in avanti è: chi siamo capa- attraversano oggi il corpo della città esistono ma chiamano al loro superamento per fare dialogare la pluralità dei mondi abitati. catalizzatrice di Utopia che vuol dire capacità di inventare una nuova urbanità in grado di rappresentare l’insieme umano non ridotto al solo raggruppamento di individui. Per tutte queste ragioni l’abitare, la qualità delle forme dell’abitare, tornano al centro della ricerca urbanistica e architettonica. Giovanni Caudo 1. 2. 3. Il termine è mutuato da Pierpaolo Pasolini, 1958. Peter Sloterdijk, nese, Roma, Carocci, 2002. Bruno Latour, , Cortina Raffaello, 2000. , in Vie Nuove, 24 Maggio , tr.it. di B. Ag- inclusive living La metà della popolazione mondiale vive in città sempre più grandi e sempre più densamente abitate, il paradosso della nostra epoca sta nel fatto che tante di queste persone si sentano sole. L’impossibilità di stabilire relazioni, la percezione di insicurezza, l’allontanamento dai processi di comunità corrisponde al progressivo degrado della città, fatto anche dell’allontanamento tra i luoghi e le persone. Molte sono le esperienze che, proprio a partire dall’abitare e dalle sue molteplici modalità, fatte anche di nuove convivenze, tentano di indicare un possibile superamento di questi fenomeni. L’innovaampio. 110 fruisce di servizi, risorse e spazi collettivi in cui gli abitanti possano attivare dinamiche di gestione partecipata, promuovere iniziative culturali, instaurare collaborazioni lavorative, ospitare. La casa stessa da luogo che attinge ai servizi diventa un servizio essa stessa; le sue dotazioni si ampliano a comprendere quegli spazi - altrimenti inimmaginabili - e quelle occasioni di condivisione e di relazioni che consentono una partecipazione più ampia all’economia comune. Il tempo della famiglia e dell’abitante trova un nuovo equilibrio, la scansione di tempi e luoghi che appartengono alla dimensione cato nell’appartenenza ad una inedita complessità. Si recupera una visione di comunità in grado di soddisfare i due livelli di vita presenti in ogni individuo, quello collettivo e quello privato. Abitare l’inclusivo è un comportamento prima che uno spazio, capace di valorizzare le differenze tra nuclei eterogenei, incentivando valori di solidarietà tipici dei piccoli centri urbani e di assetti familiari allargati appartenenti a tempi od origini diverse da quelle oggi più diffuse. È una sorta di capitale sociale, la cui deriva potrebbe paradossalmente rappresentare un preambolo a forme elitarie ed esclusive se non sapientemente comunicata: un patrimonio su cui fondare una parte delle possibili evoluzioni del processo urbano contemporaneo, in cui anche l’architettura è la naturale conseguenza al cambiamento dei differenti stili di vita presenti nella società contemporanea, in continuo mutamento. I progetti qui raccolti, esempi di residenze collettive, raccontano con chiarezza alcuni di questi aspetti e di come tale tendenza possa accentuare le potenzialità di queste nuove organizzazioni spaziali. ROLAND HALBE ADRIA GOULA 112 118 124 130 vivazz | mieres social housing | zig zag arquitectura co-housing Hoogvliet | Van Bergen Kolpa architecten via gallarate | MAB arquitectura dwellings for the elderly | GRND82 ROLAND HALBE zig zag arquitectura Bernardo Angelini | David Casino 112 place | Mieres | Asturia (Spain) surface | 13500mq building year | 2010 photo | Roland Halbe web | www.zigzagarquitectura.com vivazz | mieres social housing One of the most interesting characteristics that you notice once you get to the place is that despite being in the middle of an urban building mass, this double quality of the place, making the project urban and rural at the same time. It was essential to model the rigid traditional urban block of seven different heights to end up building a new volume of variable heights (three to seven stories), containing the complete residential program required. The rest of the program was designed in a common underground basement. We wanted the building to match the environment, voids and cuttings which allowed the view of the mountains in the empty spaces between the buildings, fragments of the Asturian landscape in the distance, enabling the sun and the air to enter the inner space at the same time. We proposed a return to the origins of the site. An inner world that takes mented borders, attracting the inhabitants of Mieres through its doors, open to the city. Opening the block was another of our priorities, and we managed to avoid turning the interior space into a forgotten back area, making it the center of the social meeting of its inhabitants as well as a place worth seeing. The day spaces of the apartments face the plaza, hence generating activity in its surrounding facades. The access was designed by breaking the block in two of its corners, creating diagonal space tension. The entrance to the apartments passes through this intermediate space, activating it and generating the necessary neighborhood relationship. The plaza was designed with a slight slope that absorbs the natural inclination of the site and gently links all the levels of access and main entrances. The landscaped green areas are apartments, separating them from the public circulation areas. The space is built with concrete blocks of varying porosity, low concrete walls, which serve both as a plant container and as a bench, and native grass and groups of bamboo plants. On the one hand the urban face materializes in steel and brings back the more industrial and mining image of Mieres, the former main economic engine of the city. ROLAND HALBE 116 ROLAND HALBE ROLAND HALBE VAN BERGEN KOLPA Van Bergen Kolpa architecten 118 place | Rotterdam (The Netherlands) surface | 3500mq building year | 2010-2011 photo | Jeroen Musch | Rob t’Hart | Van Bergen Kolpa web | www.vanbergenkolpa.nl co-housing Hoogvliet The project Co-Housing is realised in the garden city Hoogvliet, a former becoming a satellite town of Rotterdam to house the workers of BPM (currently Shell). After a long period of decay during the nineties an initiative was started to bring new life into the garden city. The Co-housing project takes the opportunity to reinterpret the ideal of the garden city to contemporary social conditions. The Co-housing Neighbourships at the Tarbotstraat, consist of three small-scale urban modules or “stamps”. Each stamp is a repeatable unit consisting of sixteen one-family houses with individual gardens, grouped around a collective open space. This central garden is ideal for children at play, a community barbecue or a jeu de boules competition. Collective resources such as rainwater and compostable waste are used for watering and fertilizing this green oasis. The entrance area to the housing community of the stamp provides space for parking cars and bicycles. the gardens and the nearby canal. Each collective is embraced by a ‘green façade’ colouring the community differently by each season. The apartment building Garden Rooms at the Barbeelsingel forms, as a part of the Co-housing project, an urban ensemble together with the urban modules (stamps) of the Nabuurschappen. The hedges and collective outside spaces are, as in the Neighbourships project, binding elements in this project. The building houses thirty-seven small apartments for people that are mentally disabled and collective services and 24-hour guidance. The building mass embraces the communal garden by means of a covered veranda. The occupants are, apart from disabled people, also young people who have been ‘bicycle-room’, a ‘sports room’, and a ‘hang-out room’. A metal mesh fence, with all sorts of creepers, that swings around the garden rooms, frames these functions. The extraordinary wide stairwell at the main entrance is the hinge connecting all functions; the collective kitchen and the living room inside the building, the hangout room outside and the overhanging balcony overlooking the gardens and the canal across the street. All apartments are equipped with a bench next to the front door in order to create a smooth transition between the private and public. In the new garden city social cohesion is grown through the creation of opportunities for encounter. JEROEN MUSCH 122 ROB T’HART VAN BERGEN KOLPA VAN BERGEN KOLPA PAOLO RIOLZI MAB arquitectura Massimo Basile | Floriana Marotta 124 place | Milano (Italy) surface | 20000mq building year | 2009 photo | Paolo Riolzi web | www.mabarquitectura.com via gallarate Il progetto propone un modello di “Abitare Sociale” in cui la residenza è supportata da una forte struttura di spazi pubblici e di servizi che creano nuove sinergie con il quartiere esistente e contribuiscono al corretto inserimento della nuova comunità all’interno del quartiere. Il concetto di “abitare” spazi comunitari, alle zone ludiche del parco e ai servizi sociali come l’asilo nido, il centro socio-culturale e il centro diurno per anziani. I commerci e le caffetterie contribuiscono a caratterizzare il nuovo intervento e diventano luoghi di attrazione per l’intero quartiere. Il parco e lo spazio pubblico strutturano l’intervento architettonico mettenomogeneo e unitario. Un percorso pedonale est-ovest organizza l’insieme, relazionando le fasce verdi a nord e sud. A sud il parco è dotato di aree attrezdella via Appennini, diventando così spazio pubblico per l’intero quartiere Gallaratese. A nord, il problema dell’inquinamento acustico della via Gallarate e della creazione di una barriera di protezione è stato affrontato con la volontà di mantenere la permeabilità tra strada e parco. Un sistema muro-collina di altezza variabile si lascia perforare e ritagliare secondo le linee di accesso pedonale e accoglie al suo interno, in spazi semi-ipogei, dei piccoli padiglioni sud. In questo modo viene garantito il massimo soleggiamento e preservata sistema del muro-collina, mentre a sud, lungo la via Appennini, si elevano con quattro torri di otto e dieci piani verso la città consolidata. Gli appartamenti, la maggior parte di tre e quattro locali, sono carattebutivi, le cucine si integrano nelle zone giorno o si separano dai soggiorni con pannelli scorrevoli. Gli alloggi sono disegnati con una particolare attenzione all’esposizione solare est-ovest e alla ventilazione incrociata. Godono tutti di ampie vetrate ad alto rendimento termo-acustico e di logge schermate con gelosie di alluminio che rappresentano luoghi intimi di transizione tra interno PAOLO RIOLZI 128 PAOLO RIOLZI PAOLO RIOLZI ADRIA GOULA GRND 82 Sergi Serrat | Gines Egea | Cristina Garcia 130 place | Barcelona (Spain) surface | 8900mq building year | 2009 photo | Adria Goula | Jordi Castellano web | www.granda82.com dwellings for the elderly The plot is on Tibidabo hillside on the edge of Barcelona. It’s a 3.500m2 trapezoidal shape with a 3,5 meters gap on the short axis and mainly horizontal on the long one. It has an excellent south-east orientation and it has some impressive views over Barcelona.The project has to solve a program of 6500m2 of social housing with 85 dwellings for elderly people and parking space for 28 cars. There are also 2000m2 of public facilities with a civic center. That means a great comfort for the inhabitants and a high degree of energy saving both in illumination and climatization of the dwellings. Housing units bars are concentrated on the north perimeter of the plot so the most of the land it’s available to build the civic center while keeping both integrate into the neighborhood. Topographical gap is solved with the parking and the civic center volume. character to the street acting as a true activity generator for the surroundings. Mix of passive and active system to ensure a good climatic behavior and energy saving strategies, such as good south east orientation for dwellings, deep terraces that protects users from excessive sunlight radiation in summer but act as energy space collectors on winter, increased insulation on roofs, water management strategies and a central heating and hot water production system with solar contribution (35% of CO2 emission savings). Economic containment. White and void are the only materials used for the composition of the facade. Taking advantage of Mediterranean benevolent climatic conditions terraces function as condensers of activity enhancing the sense of community of the users. It is the place where domestic and civic activities occurs and are shown to the city. They are like the central courtyard of the houses of the Algerian Kashba but placed in a vertical plane. The size (2,5x2,5x2,5) of those voids goes beyond the scale of housing units and speaks on a level closer to the scale of the building and the city. The set of all those different actions and activities are integrated into the building volume due to the inner position of the terrace. The repetition of the void turns the snow fallen on the landscape. JORDI CASTELLANO 134 JORDI CASTELLANO ADRIA GOULA ADRIA GOULA 136 green social festival 2012 exhibit | abitare l’altra città produzione | Goodlink patrocinio | Quartiere San Vitale | Bologna ideazione e organizzazione acces_SOS Pietro Maria Alemagna architetti di strada diverserighestudio Ugo Mazza collaboratori Francesco Abenante | Irene Salvaterra | Mirco Vacchi contributi allestimento | Schiavina Restauro Costruzioni materiali | Busi Lamberto | Lambertini Roberto verde | Greenwell verde e servizi luci | Delta Bo Project | 138 FABIO MANTOVANI riuso e trasformazione temporanea Un cortile, l’antico quadriportico dell’ex Convento di San Leonardo, di certo già recinto claustrale, destinato ora ad attività di Quartiere: tra il 2 e il 5 maggio 2012 viene abitato da un gruppo di architetti, volontari, che in seno alla manifestazione del Green Social Festival trasformano temporaneamente il luogo nella Casa dell’Architettura Sostenibile. Compare un prato di erba vera a tappezzare il piancito tristemente polveroso; compaiono tavolati espositivi in pallet di legno riciclabili con visori e libri su esperienze “abitative” in tutta Europa, installati lungo le ali del porsono che tele di cantiere, ma riempiono magicamente di poesia il luogo. funzionari pubblici, cittadini, bambini, che invadono per quattro giorni il luogo, si confrontano, dialogano, si interrogano. Ma su cosa? Cosa può suscitare età, per saperi, per competenze? tare temporaneamente spazi abbandonati, non usati, abitare il limite, abitare sostenibilmente, abitare l’abbandono, abitare la solitudine sociale, abitare ciò che pare inabitabile, abitare nuove forme urbane come quelle degli eco-quartieri. Abitare sempre con quel valore positivo del concetto di “casa”, tanto caro agli italiani e non solo a loro: casa anche quando non è tua, ma di tutti, come sono i bistrattatissimi spazi pubblici delle città e gli spazi residuali o abbandonati che creano problemi di cura, manutenzione e uso mancato. 140 In quei giorni il quadriportico e le sale del Quartiere San Vitale, nel centro riosità era altissima, la risposta concreta, l’attenzione reale e si sono toccate le corde delle problematiche urbane con un taglio inedito e responsabile che ha permesso di valicare i limiti degli approcci settoriali consueti del sociale, dell’ambiente, della mobilità, della casa, della manutenzione, della progettazione, della cultura e di una cattiva urbanistica. Tutto invece si è mischiato, e forse quel limite è stato valicato già nell’impostare quei problemi urbani; e questo ci ha aiutato molto. FABIO MANTOVANI 144 146 152 lectures | 02 05 2012 > 05 05 2012 selected projects | exhibit rigenerare la forma urbana | Pietro Maria Alemagna Mentre le discussioni si succedevano, durante le varie giornate, nell’ora dell’uscita da scuola il quadriportico incontra lo stupore reale dei genitori e dei bimbi che, impazziti di gioia, non credono alla possibilità di avere un prato dove potersi rotolare e correre. Compare una palla e si cominciano a formare su una pellicola di plastica e non regge alle corse e alle scivolate. Peccato, si direbbe, infatti le proposte che arrivano sono numerose e inneggiano a piantare per sempre il prato. Sarebbe bello infatti, ma al momento si tratta di un riuso temporaneo, che però ci insegna e suggerisce un modo diverso di vivere la città. San Diego giunge Teddy Cruz: non appare come un’archi-star, ma come un semplicissimo e utilissimo ‘tecnico delle luci’. In quella tiepida mattina di maggio, nell’Arena Orfeonica accanto al prato temporaneo, sentirlo parlare illumina e accende di speranze le associazioni e le persone che si sono strette attorno a lui in un cerchio, per guardarsi e confrontarsi tutti quanti guardandoci negli occhi. Appare come un vero pensatore contemporaneo: affronta con coraggio rivoluzionario il tema del limite, sicuro di dover abbattere tutte le frontiere culin crisi strutturale usando le risorse più inaspettate ed economicamente più chezza di relazioni e opportunità. Come Presidente del Quartiere San Vitale, ripensando a quei giorni e a quelle situazioni, non posso che ringraziare le persone che hanno organizzato e pensato quei momenti, per avere aperto la ricerca a soluzioni diverse che spero di potere, insieme alla mia comunità, applicare, fare, realizzare. Milena Naldi | Presidente del Quartiere San Vitale | Bologna 142 FABIO MANTOVANI 144 FABIO MANTOVANI lectures 02 05 2012 god save the green Richard Ingersoll | critico di architettura | Syracuse University | Firenze la rigenerazione degli spazi urbani Paolo Cottino | urbanista | Kcity | Milano abitare l’abbandono Luca Molinari | critico di architettura | Università di Napoli Andrea Boschetti | architetto | Metrogramma | Milano Andrea Caputo | architetto e autore | All City Writers | Milano Isabella Inti | architetto | Politecnico di Milano Simona Galateo | architetto e curatore | viapiranesi | Milano 03 05 2012 incolti urbani e altre pratiche marcovaldesche Agostino Di Tommaso | Escola Superior d’Arquitectura | Barcelona per una fabbrica trasversale e un uso ottimista della città collectif ETC | architetti | Strasbourg 04 05 2012 venture capital e abitare sociale Lorenzo Allevi | Oltre Venture | Torino creative acts of citinzenship | il quartiere come luogo di azione Teddy Cruz | architetto | University of California 05 05 2012 cittadinanza attiva | possibili itinerari per la costruzione della città Teddy Cruz | architetto | University of California tavola rotonda con associazioni e gruppi locali | coordinano Gianumberto Accinelli | ricercatore ecologo | Eugea srl Andrea Shemberg | avvocato | Architetti di Strada FABIO MANTOVANI exhibit 146 place | Vicolo Bolognetti | Bologna (Italy) surface | 600mq building year | 2012 photo | Fabio Mantovani | Nicola Rimondi web | livingtheothercity.com exhibit abitare il transitorio place au changement | collectif ETC estonoesunsolar | gravalosdimonte architetti rus | autoparque de diversiones público | basurama whatami | stARTT linz super branch | atelier bow-wow kaiak market-parking | topotek 1 l’échappée belle | video | collectif ETC abitare l’abbandono all city writers | andrea caputo la craquelure | mag.MA i tunnel di Trento | studio Terragni architetti lambretto art project | RuattiStudio architetti + Mariano Pichler riparare Fiumare | NOWA incompiuto siciliano | video | alterazioni video dignity barricade | video | Jose Roberto Schwafaty abitare il limite casa familiar | estudio Teddy Cruz day labor station | public architecture hogar del viento | BaSiC initiative ivrea 24 | oltre venture Storytelling | video | Arianna Forcella | produzione di Sharing abitare inclusivo villaggio barona | Kcity vivazz | mieres social housing | zig zag arquitectura co-housing Hoogvliet | Van Bergen Kolpa architecten via gallarate | MAB arquitectura dwellings for the elderly | GRND82 residentity | video | n!studio FABIO MANTOVANI 150 NICOLA RIMONDI NICOLA RIMONDI 152 rigenerare la forma urbana il “progetto di suolo” di Bernardo Secchi. - 1 perché troppo focalizzata sugli aspetti morfologicici e funzionali della città e poco attenta a quelli prestazionali e sociali che pure condizionano la forma urbana. Ma, a parte questo limite, sono i nuovi scenari legati ad una presa di coscienza dell’esigenza di evitare nuovo consumo di suolo e di rigenerare funzionalmente, ecologicamente, energicamente e socialmente gli insediasi riferiva ancora alle nuove espansioni urbane. Parlare oggi infatti di forma urbana per nuove aree di espansione sarebbe del tutto anacronistico negli scenari di cui sopra. alla forma urbana, in tutte le sue componenti. A tale proposito va rilevato che molto si è detto e si continua a dire oggi sulla rigenerazione urbana per quanto riguarda gli aspetti funzionali, prestazionali e sociali degli organismi urbani esistenti, ma molto poco si dice proprio della nuova forma urbana alla quale essa dovrebbe tendere. Eppure i tessuti urbani di cui si occupa la rigenerazione sono proprio carenti sotto questo aspetto. In questi tessuti è proprio l’assenza di forma urbana che rende evidente la loro inadeguatezza e fragilità. La casualità ed il disordine con cui essi si sono strutturati ci dice molto di come, a monte di quello che si è formato, fosse assente un’idea regolatrice che stabilisse le relazioni spaziali fra le attività e le funzioni che vi si dovevano svolgere, che integrasse in un progetto i differenti spazi aperti e chiusi, pubblici e privati: di Ma allora quali sono i criteri su cui invece ricostruire la forma urbana e funzionalità, agli insediamenti degradati? Data la complessità del tema e le sue impegnative implicazioni economiche, questi criteri non possono che essere legati a valutazioni, molto attente, operazioni possibili a partire da quelli che sono i punti di crisi di questi insediamenti. questioni sociali, che pure vanno richiamate come componenti centrali dalla qualità urbana. Le azioni necessarie per affrontare questi aspetti riguardano infatti politiche più vaste di quelle legate alle sole tematiche urbanistiche ed architettoniche di cui vogliamo occuparci. l’assenza, dei trasporti pubblici in grado di alleggerire la presenza ingombranza, energetica degli organismi edilizi. trasposto pubblico, in particolare su ferro, diventa allora un’azione indispensabile per dare una risposta al primo motivo di crisi. Si tratta quindi di pensare al trasporto pubblico su ferro come elemento generatore di nuove centralità, da cui fare partire la nuova forma urbana ricercata. Una volta accettato, questo diventa il principale criterio per costruire le priorità di intervento sulle quali indirizzare le risorse disponibili. Vanno quindi assegnate priorità di intervento a quei tessuti esistenti già forniti, o fornibili, di una rete di trasporto pubblico principalmente su ferro o, almeno, con forti 154 Interi quartieri periferici delle grandi città già attualmente serviti dal tram o dalla metropolitana, o da servizi ferroviari a carattere metropolitano, dove le fermate sono spesso luoghi vuoti più occasione di degrado che di servizio, possono ritrovare in queste fermate le opportunità per una nuova qualità insediativa. Le fermate devono diventare il punto intorno al quale rendere più dense le funzioni ed i carichi urbanistici. La nuova forma urbana può partire da questi punti e da questi punti può trovare le direzioni e le modalità organizzative e di piena accessibilità degli spazi pubblici su cui ricostruire i nuovi valori funzionali, ecologici, morfologici ed estetici di questi insediamenti. dei tessuti urbani esistenti, possono diventare una componente importante per raggiungere il nostro scopo. Infatti i possibili incentivi volumetrici e i trasferimenti volumetrici, in caso di demolizione con ricostruzione, sono un’altra quello che comporta per gli abitanti dei luoghi interessati, così come è compbili demolizioni con ricostruzione. Ma la strada per superare questi ostacoli è quella di mettere a punto piani e progetti puntuali, fortemente promossi dalle amministrazioni pubbliche, in cui coinvolgere direttamente i soggetti interessati, e in chiare valutazioni sui vantaggi complessivi per la comunità e per i singoli, a partire dai risparmi nei bero esser sempre più incrementati per interventi di questo tipo. one controllata sui nodi del trasporto pubblico e intorno all’organizzazione energetica possibile ed il miglior uso delle risorse disponibili, comprese quelle idriche. Tutti e due i criteri sono fortemente legati ad un’idea di sostenibilità che non è più un’opzione ma una scelta imprescindibile, se le amministrazioni pubbliche vogliono rispettare gli impegni presi dall’Unione Europea con il pacchetto “clima-energia”, conosciuto anche come strategia “20-20-20”. Intervenire sui tessuti urbani esistenti nel modo prospettato è anche una delle strade possibili per raggiungere questo obiettivo. Pietro Maria Alemagna | architetto | Bologna 1. Bernardo Secchi, , G. Einaudi editore, Torino 1989 FABIO MANTOVANI bibliography AaVv, n. 4, Alinea, Firenze 2000 AaVv, “IN COMMON I”, a+t n.25, 2006 AaVv, “IN COMMON III”, a+t n.27, 2006 AaVv, “Strategy Public”, a+t n. 35-36, 2010 AaVv, “Strategy Space”, a+t n. 37, 2011 AaVv, “STRATEGY AND TACTICS”, a+t n.38, 2011 AaVv, “CICATRICES/SCARS”, Paisea n.016, 2011 AaVv, “Urban Addition: 4 Gestures 4 Projects Minimal Intervention: The Wise Position. 12 Projects”, C3 n.328, 2012 AaVv, “New urban housing I”, Lotus n.147, Editoriale Lotus, Milano 2011 AaVv, “New urban housing II”, Lotus n.148. Editoriale Lotus, Milano 2012 AaVv, 2008 , Metropolis Books, New York Actar, lic Space, Centre de Cultura Contemporània de Barcelona, Barcelona 2010 - Architecture for Humanity (a cura di), , Metropolis Books, New York 2006 Architectural League of New York (a cura di), architects Vol.3, Princeton Architectural Press, Princeton 2002 N. Awan, T. Schneider, J. Till, Spatial Agency: Edizione Routledge Basurama, Incurabili n.3, Editorial Delirio, Salamanca 2011 158 B. Bell, , Young , , Colección Farmacia degli , Princeton Architectural Press, New York 2004 M. Brizzi, P. Giaconia (a cura di), architecture, Mandragora, Firenze 2004 C. Cumberlidge, L. Musgrave, son 2007 , Thames&Hud- C.de Baan, J. Declerck, V. Patteeuw, rary City, NAi Publishers, Rotterdam 2007 - A. Fernández Per, J. Arpa, “Next collective housing in progress. Density Series”, Vitoria-Gasteitz 2010 A. Fernández Per, J. Arpa ,“Density is home. Housing by a+t research group. Density Series”, Vitoria-Gasteiz 2011 A. Fernández Per, J. Arpa, “HoCo. Densitiy housing construction & costs. Density Series”, Vitoria-Gasteiz 2009 Storie Urbane, CLEAN, Barcellona 2011 A. Lepik, MoMA Publications, New York 2010 , Multiplicity.lab (a cura di), Mondadori, Milano 2007 J. Moza, A. Fernández Per, “Densitiy. Condensed Editino. New collective housing” housing”, Vitoria-Gasteiz 2006 S. Palleroni, C. 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