Numero 2

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Numero 2
FILT - CGIL
Vogliamo pubblicare una lettera di un nostro rappresentante. Uno sfogo a cui è
corretto dare la giusta attenzione. Buona lettura.
Spesso mi domando, qual'è lo scopo di un sindacato? Ovviamente di tutelare i
lavoratori. Ma quando si ha degli iscritti si ha anche la forte responsabilità di
rappresentare le loro idee e le idee degli iscritti dovrebbero, solitamente, sposare
quelle del sindacato. Ma cosa succede quando la rappresentanza sindacale non
rappresenta più il mandato degli iscritti?
La risposta giusta è quella che, gli iscritti dovrebbero dImettersi e dare mandato a
qualcun'altro. Così, delusione su delusione, si è andato ad alimentare il sindacato
dei non iscritti che, gioco forza,indebolisce il sindacato. Quello sano. Per poter
avere questo libero arbitrio, cancellarsi o continuare a dare fiducia, gli iscritti,
dovrebbero conoscere i fatti, gli eventi che accadono durante una trattativa tra
azienda e sindacato. Vedere come i loro rappresentanti sono capaci di interagire ad
un tavolo delle trattative non solo valutandone l'operato leggendo le liste
informatiche, dove necessariamente ognuno tira l'acqua al suo mulino. Vedere ciò
che accade quando i tavoli diventano caldi e si decide delle sorti di migliaia di
lavoratori. E non basarsi su rapporti di dopo tavolo che non raccontano la verità dei
fatti! Che non raccontano un'arroganza che ti ha fatto cedere e spaventare,
giocandoti la qualità di vita e di lavoro di chi stai rappresentando. Centinaia di
lavoratori hanno perso per paura!
La base si sente davvero rappresentata? Io direi di no! Ma invece di prendere
provvedimenti, di arrabbiarsi, rimane silentemente delusa, come per il panorama
politico nazionale. Siamo delusi e rassegnati.
Sindacati che firmano accordi e poi chiedono ai lavoratori di esporsi
singolarmente nei confronti dell'azienda, per riprendere ciò che i rappresentati
sindacali perdono apponendo firme su accordi basati su ricatti estremi e mInacce
di chiusure e fallimenti imminenti. Come se, gli stessi manager e dirigenze varie
fossero immuni da tale catastrofi e ci stessero facendo un favore a rimanere a
dirigere l'azienda.
E cosi il popolo dei naviganti si ritrova a non capire il perché di determinate azioni
ed a viverle e subirle rassegnati e bastonati. Ma dopo un po' ecco che il sindacato si
sveglia ed urla: “Ribelliamoci a questa cosa”. Però, questa cosa l'ha firmata.
All'inizio l'ha venduta a tutti come essenziale per la sopravvivenza dell'azienda!
Come indispensabile per poter esistere! La domanda è: ma se era così
indispensabile per sopravvivere, cosa è cambiato adesso? Perché non lo è più?
Perché adesso vuoi che i lavoratori si ribellino e scioperino? Forse perché non era
poi così essenziale? Perché ti hanno fregato?
La verità è che fare sindacato è un lavoro serio e di responsabilità e non tutti, questa
cosa, l'hanno capita! Il risultato è un'evidente perdita di fiducia degli iscritti! La
base non si sente più rappresentata!
La CGIL da sempre lotta fianco a fianco con i lavoratori a prescindere dal colore
politico al governo, anche quando questo non si capisca più che colore abbia. La
CGIL non va a braccetto con nessuno se non con i lavoratori. Anche qui, tra i
naviganti, svolge il proprio ruolo cercando di dare il massimo e sempre
onestamente. Ci mettiamo spesso in discussione e non per dire che siamo meglio
degli altri ma per capire cosa possiamo fare meglio per i lavoratori.
Non vendiamo fumo ma vogliamo farvi capire che fare sindacato è una cosa seria e
questa serietà non ci fa temere le minacce quando ci sono, ci fa apprezzare gli
sforzi al miglioramento quando questo accade e non ci fa raccontare bugie ad i
nostri iscritti. È necessario peró che ognuno faccia la propria parte, non si puó
vivere nel passato o continuare a credere in chi sta scrivendo il vostro libro dei
sogni. Il sindacato aiuta chi ha bisogno non chi ha bisogno di customizzare il
proprio foglio turni. Chi alimenta il mercato di questo tipo di deleghe uccide il
sindacato.
Al sindacato ci si iscrive da persone serie delegando persone serie. Ricordalo
quando l'amico ti chiede l'iscrizione. Anche quando l'amico è della CGIL. Attiva
il tuo pensiero e scegli per il meglio.
A cura di Fabrizio Cuscito
Il 4 giugno, Alitalia si rinnova?
U
n'altra data importante nella storia della nuova
Alitalia emiratina, dopo il 1 gennaio 2015, data
di inizio delle attività dell'Alitalia SAI, il 4
giugno è stata la data di presentazione della nuova
livrea, della riassunzione di 310 lavoratori dalla
mobilità e del debutto del nuovo volo per Seoul;
certamente delle tappe rilevanti nella storia di un
azienda nuova che ha rilevato un vecchio brand
prestigioso, conosciuto nel mondo e con una storia
importante.
Ma la storia si costruisce sui sacrifici, quelli fatti da
tutti, coloro che in Alitalia hanno investito buona parte
delle loro vita lavorativa, professionale e anche
privata….i suoi dipendenti.
Si potrebbe obiettare che anche gli azionisti hanno
investito i loro capitali nell'impresa, con alterne
vicende, ma non è la stessa cosa, chi mette i soldi…
mette solo soldi … al contrario, chi ci mette il tempo
della propria vita, ci mette qualcosa di più prezioso e
soprattutto ci mette la voglia di partecipare al successo
di un'azienda.
Di sacrifici ne sono stati fatti tanti, anche da coloro che
l'azienda sono stati costretti a lasciarla, che lo volessero
oppure no, di tutta questa gente e dei loro sacrifici non ci
si può dimenticare, proprio nei momenti come questi in
cui si guarda al futuro con grandi speranze.
La nostra Organizzazione ha una spiccata sensibilità
per queste tematiche ed è da sempre a difesa del lavoro.
In questi difficili mesi ha dapprima rifiutato di
sottoscrivere accordi che hanno espulso centinaia di
lavoratori dai luoghi di lavoro e dagli aeroplani ed ha
poi strenuamente lottato e negoziato affinché se ne
potesse reintegrare il maggior numero.
Anche gli accordi dei giorni passati hanno segnato un
ulteriore passo avanti, ma molto è stato fatto con il
CCNL che scrivendo per la prima volta delle regole
non circoscritte alla singola azienda, ma a valere
nell'intero settore, hanno anche visto degli aumenti
contrattuali la cui prima tranche è stata inserita con le
buste paga di maggio e che vedrà una seconda
tranche a gennaio 2016. Né vanno tralasciati il
recente accordo sul wet leasing firmato a maggio, la
successiva lettera unitaria inviata ad Alitalia sulla
questione Blue Air e le assunzioni di piloti ed
assistenti di volo in Cityliner fortemente volute dal
sindacato confederale. Gli accordi dell'ultimo mese
risolvono alcune problematiche e aprono la
strada per risolverne altre, in questo contesto
complicato sono un passo avanti senza peraltro
cedere nulla.
La FILT-CGIL è per un fronte sindacale compatto,
unito. Noi non siamo contenti che si sprechi e si
banalizzi, come avvenuto recentemente, l'unico
strumento a disposizione dei lavoratori: "lo
sciopero". Quando uno sciopero va male, come
quello dello scorso 25 maggio, non c'è un vincente,
tutti perdono.
Nelle giornate precedenti lo sciopero però, in
maniera irriflessiva sono state diffuse voci
allarmistiche riguardanti possibili esuberi di
naviganti a partire dai primi mesi del 2016 in
corrispondenza della fine della SOD.
Ci chiediamo: perché ci si preoccupa solo ora, per
possibili esuberi nel 2016, quando invece
quest'estate alcuni si sono affrettati a firmare
l'espulsione dall'azienda di più di 300 naviganti?
Noi, la pensiamo diversamente; la FILT-CGIL
continuerà a vigilare quotidianamente circa la
puntuale applicazione del piano industriale da parte
di Alitalia-Etihad, prestando, come doveroso, giusta
attenzione alla data di scadenza della SOD ed
all'ingresso dei nuovi aeromobili in flotta, lavorando,
con umiltà, per mantenere ed aumentare i livelli
occupazionali e recuperare tutti i colleghi espulsi dal
ciclo produttivo, senza falsi trionfalismi e senza
allarmismi.
Le tematiche, tutt'ora irrisolte, relative alla qualità
della vita dei naviganti come i posti di riposo, le
condizioni di salute e sicurezza del CBC e del sedime
aeroportuale (sulle quali abbiamo interessato con
lettere formali tutte le istituzioni competenti,
colpevolmente sorde), le qualità delle turnazioni e i
pasti equipaggi rimangono nostre priorità e presto
avremo le prime risposte concrete.
Da prossimi giorni riprenderemo le trattativa per
l'armonizzazione contrattuale e la Progression Career
in Cityliner, successivamente incontreremo Alitalia
per gli aspetti applicativi dell'accordo del 6 maggio su
commissione alberghi, avvicendamenti e schedulati.
La FILT-CGIL, prosegue inoltre il suo percorso di
rinnovamento delle strutture sindacali di base, anche
con la diminuzione dei permessi sindacali e continua a
promuovere con forza, come sempre, le elezioni RSU
che tanti anni fa abbiamo inventato e che abbiamo
insediato con forza in molti luoghi di lavoro del Paese.
Ricordiamo a tutti che la CGIL è forse l'unica
organizzazione sindacale che ha il vincolo di mandato
di 8 anni per i propri segretari, e che inoltre procede in
tutte le sue categorie ad elezioni periodiche
scadenzate, come da statuto ed i cui bilanci contabili,
come noto, sono vincolati da chiarezza e trasparenza.
La Filt Cgil per portare avanti queste battaglie ha
bisogno del sostegno dei naviganti. Per ottenere
risultati nell'Italia del Job Act contano i rapporti di
forza e per essere forti bisogna essere insieme, iscritti
e numerosi.
Buona lettura.
N
el 1997, Steve Jobs tornò in Apple come CEO, con l'arduo compito di
risollevare le sorti dell'azienda che lui stesso aveva fondato. Una notte,
aggirandosi nel quartier generale, Jobs s'imbatté in un designer
britannico dall'aspetto trasandato, immerso nel lavoro e circondato da centinaia di
prototipi. Fu allora che comprese di aver trovato il talento che gli serviva; quel
giovane era Jony Ive. Dalla collaborazione tra Jobs e Ive sono nati alcuni dei
prodotti più emblematici della tecnologia moderna - tra i quali l'iMac, l'iPod,
l'iPhone e l'iPad - i cui design, estremamente originali, non solo hanno contribuito
a risollevare il destino di Apple, ma hanno anche rivoluzionato interi settori,
fidelizzato una solida clientela e creato un brand famoso in tutto il mondo. Nel
frattempo, Jony Ive è diventato il più insigne innovatore nel settore tecnologico,
vincendo numerosi premi e guadagnandosi un posto nella classifica del Time
delle 100 persone più influenti del 2013. Nonostante tutti i suoi trionfi, però,
sappiamo ben poco di questo prodigio timido e discreto, che Jobs definiva il suo
«partner spirituale». (Dal libro "Jony Ive. Il genio che ha dato forma ai sogni
Apple" di Leander Kahney ).
Questa biografia tratteggia l'accurato ritratto di un genio creativo, raccontandoci
come Jony, da studente affetto da dislessia, sia diventato il designer che dà forma
ai sogni di domani.
Tutti ormai conosciamo la storia della più famosa azienda di Cupertino, Apple,
che da una piccola start up in un garage divenne, in pochissimo, il centro
dell'universo informatico per innovazione e stile; e tutt'oggi, anche dopo la
scomparsa del suo creatore, rimane una delle più grosse e famose aziende al
mondo.
Ma ciò che più di tutti rese la Apple un colosso mondiale fu la guida folle, libera e
senza paura del suo genio visionario, Steve Jobs. Tra l'incoscienza ed a volte la
spietatezza che la giovane età porta, Jobs guidò la sua azienda, come in un gioco
da ragazzi, oscillando tra filosofia orientale e utopie trascendentali che, alla fine,
si dimostrarono tutt'altro che utopie. La volle folle, la volle elegante e moderna.
Ogni suo computer non doveva essere un semplice computer ma bensì un'opera
d'arte, un'opera di design. Fu per questo che, quando realizzò il primo Macintosh,
volle che tutti gli ingegneri che lo crearono firmassero l' interno del computer.
Artisti che firmavano la loro opera d'arte!
Avere il sogno, "la vision", non soffermarsi all'apparenza ma puntare alla
sostanza, ovviamente la sostanza di serie "A" come lo stesso Jobs amava definire.
Affrontare le sfide con creatività e voglia di cambiare il mondo.
Jobs credeva nel prodotto. Voleva realizzare qualcosa che lui per primo amava e
non qualcosa che serviva a fare soldi! Affrontare ogni giorno senza avere la paura
di sbagliare, come se quello fosse l'ultimo giorno della propria vita! Quando senti
di non aver nulla ti puoi permettere di avere molto coraggio e la paura di non
sbagliare porta ad un livello di lucidità talmente alto che innalza mente e spirito
permettendo all'uomo di fare cose eccezionali.
Ma, oltre che dalla sua giovane età e dalle sue esperienze hippie, il coraggio gli
veniva da un grande successo che lo fece diventare ricco ogni sua aspettativa ed,
ovviamente fece diventare ricca l'azienda. Ma le aziende sono fatte di denaro e
non di amore, sesso e libertà. Anche quelle nate nel periodo beat proprio dove la
generazione beat è nata. E così, investitori ed azionisti misero al consiglio
d'amministrazione dei "dinosauri". Persone che, della vision e della filosofia non
gliene fregava un bel niente.
La solita storia del trovare, ai posti di potere, inetti ed incompetenti. Tolsero a Jobs
il grande giocattolo e spinsero i dirigenti, gli stessi che Jobs aveva assunto
personalmente, a farlo fuori. Dirigenti senza spina dorsale che tra ignoranza ed
inettitudine, divorarono Jobs e portarono in pochi anni la Apple, da una miniera di
ricchezza ad avere solo 90 giorni di liquidità.
Senza un sognatore, senza una vision, gli anni seguenti l'uscita di
Jobs l'Apple navigò in diversi settori dell'informatica creando
una miriade di prodotti, spesso concorrenti anche tra loro e senza
nessuno che sapesse spiegare perché comprare un prodotto
anziché un'altro. Caos e confusione regnavano ad ogni livello e
così Apple cominciò a bruciare un patrimonio finanziario che
avrebbe fatto tremare i più grandi colossi informatici di
quell'era.
Per il design dei prodotti, Apple, utilizzava un'agenzia di design
esterna, la Frog Design. Questa era diretta da Hartmut
Essilinger, un brillante designer tedesco che aveva creato lo stile
iniziale dei prodotti Apple chiamato "Snow White". Adesso i
prodotti erano tantissimi ed alla fine degli anni Ottanta, la Frog,
era diventata troppo cara presentando fatture che superavano i 2
milioni di dollari l'anno. Più del doppio di qualsiasi altra agenzia
di design.
Bisognava trovare una soluzione diversa, più economica ma allo
stesso tempo più innovativa dello Snow White. La Apple
sfornava tanti prodotti, troppi. Ogni prodotto aveva dei gruppi di
lavoro che non si parlavano tra loro e che non avevano a capo un
responsabile che li coordinasse sotto uno stile comune. Il
risultato era una grossa perdita di stile. Ogni prodotto era diverso
dall'altro e non conduceva al riconoscimento immediato del
marchio Apple se non per la piccola meletta, ancora con i colori
Hippie dell'arcobaleno.
Nel 1987, l'azienda aveva capito che l'unica soluzione era creare
un team di design interno ma, senza un visionario come Jobs, gli
ingegneri non sapevano da dove cominciare.
Apple cominciò a girare per il mondo alla ricerca di un talento
che potesse guidare il team di design. Tra i vari talenti
cominciarono una piccola avventura con Giorgetto Giugiaro che
però dopo alcuni mesi si rivelò inadatto al ruolo specifico che
Apple richiedeva. Apple si ritrovò in una situazione non facile.
Aveva scaricato la Frog ed ora doveva trovare assolutamente
una soluzione. La soluzione attraverso uno studio di Design. La
"Lunar" di Bob Brunner. Ma questa, fino ad allora, costretta da
un quasi monopolio della Frog, aveva fatto solo piccoli ma
splenditi lavori per la Apple. Finalmente, qualcuno in Apple si
svegliò e capì che la soluzione di Aplle era proprio li, sottomano,
nella persona di Bob Brunner. Ora bisognava convincerlo ad
entrare in Apple e dopo diversi tentativi rifiutati da Brunner,
questo accettò di guidare questa nuova avventura. "Cosa
dobbiamo fare per averti?" - "Dovete darmi la possibilità di
creare un team di design strepitoso, che sia distaccato
fisicamente dalla sede" Le cose andarono più o meno così!
"Non posso mettere le persone in un inferno fatto di box da
ufficio. Non lavoreranno mai. Voglio un grande studio con
soffitti alti e dove succede di tutto. è importantissimo. Lo è per la
qualità del lavoro. Lo è perché si riesca a lavorare"
(Cit. Bob Brunner)
Prima di continuare questo racconto mi piacerebbe farvi notare
che, tutte le persone di grande successo, che guidano un'azienda
o un team di grande successo condividono questo filo
conduttore. Ne abbiamo parlato nel numero 1 di questo
magazine nell'articolo su Adriano Olivetti. Questi leader
eccezionali, hanno reso indispensabile una qualità molto alta
della vita del dipendente.
Ne hanno migliorato il posto di lavoro curandone aspetto,
suoni, colori, orari di lavoro e benefit. Insomma, ogni cosa
che possa migliore la qualità di vita e di lavoro del
dipendente perché ciò è fortemente legato alla
disponibilità e quindi alla produttività del dipendente
stesso.
Lo studio ID della Apple che Brunner aveva allestito era
quindi separato dal resto degli edifici di Infinite Loop (il
nome della strada che gira intorno gli edifici della sede
centrale della Apple a Cupertino). Fu fantastico,
commenta Brunner, ci divertimmo un mondo.
Quando Brunner cominciò le assunzioni, scoprì subito
che attrarre talenti non sarebbe stato facile.
Tra questi nuovi talenti vi era anche un giovanissimo Jony
Ive. Brunner lo aveva conosciuto qualche tempo prima ed
era rimasto impressionato dal talento di Ive.
Ive nasce in Inghilterra nel 1967. Da ragazzo frequentò la
Chingford Foundation School. In questo periodo, a Jony,
venne diagnosticata la dislessia, un disturbo
dell'apprendimento che avrebbe condiviso con un altro
collega famoso, Steve Jobs.
Jony, da ragazzino, era molto interessato al
funzionamento degli oggetti. La base per ogni designer.
Ben presto, cominciò a mostrare le proprie doti anche nel
disegno e nella progettazione e suo padre, Mike Ive, un
argentiere lo spronava e gli era spesso fonte di ispirazione.
Al momento di preparare l'esame di maturità tecnica e
quindi la successiva iscrizione all'università, Jony scelse,
come materia principale, tecnologia della progettazione.
Durante gli anni precedenti, gli allievi della scuola
esploravano la caratteristiche e le potenzialità di quasi
tutti i materiali, dal legno al metallo, alla plastica ai
tessuti. Questo per permettere agli allievi di preparare in
un successivo anno un progetto per poi, artigianalmente
realizzarlo.
I lavori di Jony erano eccezionali. I suoi professori
ricordano di non aver visto mai un'altro studente al suo
stesso livello. A soli diciassette anni, Jony, realizzava
progetti che erano già pronti per entrare in produzione.
Molti dei suoi disegni erano appesi nell'ufficio del
preside.
Brunner riuscì a portare Ive in Apple e non passò molto
tempo che Jony riuscì subito a farsi notare con progetti
eccellenti.
Dopo alcuni anni Brunner lasciò il suo incarico ed un
giovanissimo Jony Ive divenne il responsabile naturale
dello studio di Design della Apple.
Al suo ritorno, Jobs ridefinì molti obbiettivi dell'azienda e
tra questi anche quelli della squadra di Ive che doveva
convincere il nuovo capo di essere all'altezza delle sue
aspettative. L'intervento di Jobs fu coraggioso e decisivo
al salvataggio della Apple. Soppresse tutti i progetti
avviandone solo 4 da lui pensati.
Ive ricorda che la prima visita di Jobs nella sede dello studio di
design li rese molto irrequieti ma Jobs mostrò
immediatamente una grossa affinità con loro e con lo studio
stesso.
Quella che, fu una visita di controllo, si trasformò ben presto
in un appuntamento serale abitudinario. Questo rafforzò i
momenti di esaltazione dello studio, divenne fonte di
continua ispirazione e trasformò il rapporto lavorativo con
Ive in una grande e solida amicizia.
Steve Jobs cominciò una lotta contro il cancro. Nel 2004 fu
operato per un carcinoma al pancreas. Mentre ancora si stava
riprendendo dalla sua battaglia, chiese di vedere due persone.
Una era la moglie e l'altra era Jony Ive.
In otto anni trascorsi lavorando fianco a fianco quasi ogni
giorno, avevano creato un rapporto di amicizia profonda,
condividendo sogni e progetti per il futuro, risate e delusioni e
grandi idee.
Prima di morire, Steve Jobs dispose le sue ultime volontà in
Apple.
"Jony Ive ha più potere operativo di chiunque altro alla
Apple, dopi di me, Non c'è nessuno che possa dirgli cosa
fare o cosa lasciar perdere." - Steve Jobs.
FOR TRAINING PURPOSES ONLY
Questo short briefing è riferito ad un A320.
Con l’utilizzo della FUEL PENALTY
FACTORS paper check list, vagliare bene
il consumo di carburante.
FPF = Fuel Penalty Factor
La metodologia è:
Trip Fuel Penalty = (FOB - EFOB at DEST) x FPF
c’è chi ti vuole così!
ecco perché è importante
iscriversi alla FILT-CGIL
...chi da sempre lotta per i tuoi diritti.
F
ondato nel 2002 da Jane Rosenthal, Robert De
Niro e Craig Hatkoff come risposta di vitalità
culturale all'attacco alle Torri gemelle l'11
settembre dell'anno precedente, ilTribeca Film Festival
racchiude un insieme di tendenze cinematografiche che
hanno sì come epicentro gli States e New York in
particolare, ma che sconfinano fino ad arrivare ai paesi
scandinavi passando per l'Italia. Molte le definizioni
contrastanti, agli antipodi, utilizzate dalla stampa, che
non fa che definire il Festival da una parte generalista e
dall'altro innovativo, ricco di idee e vitalità.
Va da sé che la verità stia nel mezzo e, vista la scarsissima
presenza della critica nostrana in questo evento,
potremmo giustificare anche il perché di affermazioni
non molto appropriate per un fenomeno cinematografico
che si è evoluto in un melting di cultura pop americana e
una sorta di ritorno allo stile beat nello scambio di valori
sociali tra emisfero est ed ovest del mondo.
Non a caso la sezione "World documentary" è molto
corposa e presenta una vasta scelta di validi registi e
autori, anche rispetto alla sezione più importante del
festival, la "World narrative".
Si parte dall'italiano Palio della regista italo-inglese
Cosìma Spender, a cui è stato assegnato il premio come
miglior montaggio, non è un caso infatti che in un
affresco di incantevoli immagini della città di Siena e
dell'omonimo palio si riesca a profondere un'atmosfera
antica ed una forte tradizione medievale mai sopita;
passando attraverso un intenso Song of Lahore, in cui
Sharmeen Obaid-Chinoy e Andy Schocken narrano la
lotta di alcuni musicisti contro un'estremistica
islamizzazione del Pakistan, che per molti di loro
avrebbe rappresentato l'impossibilità di esprimersi
artisticamente e non solo.
Ricca di nomi importanti la sezione "Spotlight" ben
rappresentata nella scelta di Jimmy's Halldel grande Ken
Loach, in cui si parla ancora una volta dell'Irlanda e della
lotta per l'indipendenza, soprattutto quella
dall'opportunismo e dall'ipocrisia strumentale della
chiesa cattolica del tempo. All'interno della sezione
troviamo anche uno dei quattro film selezionati per il
festival indie newyorkese, ovvero Hungry Hearts diretto
da Saverio Costanzo e interpretato dalla coppia
Rohrwacher/Driver premiata con la coppa "Volpi" a
Venezia.
Altro film proveniente dal bacino della Biennale è
l'americano Requiem for the American, intensa e
coinvolgente intervista, al più importante linguista e
politologo, nonché intellettuale vivente: Noam Chomsky,
da sempre coerente con le proprie idee sulla paralisi del
mondo sociale americano causata dalle speculazioni
economiche dall'appoggio politico del Congresso ad un
sistema iper capitalistico, in cui la finanza ha creato una
virtuale ricchezza e i mass-media dei bisogni indotti, vere
e proprie trappole e potenti sonniferi per le coscienze
civili e sociali del popolo statunitense (se non di tutto il
mondo occidentalizzato), in cui comunque nonostante le
forti visioni pessimistiche emerge un'incommensurabile
amore di Chomsky per la vecchia America, paese dove
tutto è possibile e in cui tutti hanno una possibilità di
vivere inseguendo il loro sogno.
Rientra sempre nella descrizione della società americana,
ma questa volta solo mostrandone la parte più progressista
e un po' confusa della famiglia, nonché della sessualità,
intesa come libertà dei gender, Grandma,diretto da Paul
Weitz e interpretato da due splendide attrici quali Lily
Tomlin e Julia Garner, rispettivamente nonna e nipote.
Quest'ultima aspetta un bambino da un suo coetaneo e
decide di chiedere aiuto all'unica persona della sua
famiglia in grado di comprenderla: una nonna hippy e
divertente, evidentemente omosessuale. Il film si presenta
come un "road movie" piuttosto movimentato, in cui
l'alternativa nonna ripercorrerà tutto il suo passato
incontrando vecchie fiamme e amori etero che hanno
lasciato segni indelebili nelle loro esistenze. L'Happy end
familiare richiuderà un cerchio in cui mancava da tempo
l'anello intermedio, la madre, diversa per l'aspetto e la vita
iper-borghese dalle altre due donne della sua vita.
Non poteva mancare nemmeno in questa sezione un
lavoro italiano, già uscito nelle sale e in questo caso di
autori eccellenti: i fratelli Taviani con il loro Meraviglioso
Boccaccio, vivace rievocazione medievale e preziosa
letteratura.
Delle numerose storie raccontate attraverso i giovani
sfuggiti alla peste fiorentina, i nostri grandi rappresentanti
italiani ne hanno scelte solo cinque (alcune modificate sia
in itinere che nel finale) cercando di divertire o far
riflettere lo spettatore su un'umanità passata ma molto
attuale. Il cast composto da giovani attori non famosi ma
non meno validi di quelli adulti come il versatile Kim
Rossi Stuart o le belle Carolina Crescentini e Jasmine
Trinca.
Una particolare attenzione va a Slow West già presentato
al "Sundance", un film diretto da John Maclean e prodotto
da Micheal Fassbender che ne è anche protagonista
insieme ad un giovanissimo attore Kodi Smit-McPhee,
già fattosi notare in Romeo and Juliet di Carlo Carlei, in
cui è Mercuzio.
In questo lavoro invece abbiamo un giovane aristocratico
scozzese che si avventura nell'ovest della costa americana
alla ricerca della fidanzata; lì incontra un tipo molto
particolare interpretato dal sempre affascinante
Fassbender, attore in continua crescita che non finisce mai
di stupirci in quanto a talento e capacità di passare da un
ruolo all'altro senza cadere nella trappola delle stereotipie.
Da Cannes 2014 arriva invece The Cut, film impegnato
diretto dall'amatissimo regista turco-tedesco Fatih Akin,
che ripercorre la storia del genocidio armeno, deludendo
però le aspettative per chi lo aveva ammirato per Soul
Kitchen e La Sposa turca.
Altro film che pone come tematica centrale la famiglia è
l'americano Bleeding Heart, in cui la vita dell'equilibrata
istruttrice di yoga May (Jessica Biel) e del suo fidanzato
(Edi Gathege) viene sconvolta dall'arrivo della sorella
della ragazza che al contrario di lei vive una vita da
sbandata battendo per strada: la sorella saggia cercherà di
salvare Shiva, che la coinvolgerà nel suo caos assoluto.
Commovente il mai esplicito legame tra due sorelle che in
questo film scritto diretto dalla regista Diane Bell, emerge
prepotentemente.
Nella sezione "Spotlight" troviamo anche un lavoro
documentaristico di Lisa Immondino Vreeland, questa
volta alle prese con una biografia di una delle donne più
importanti della storia dell'arte statunitense intitolata
Peggy Guggenheim- Art Addicted. Nonostante
l'imprinting modaiolo, il documentario presenta
un'importante analisi delle influenze che ebbero sulle
scelte artistiche di Peggy i suoi celebri e geniali amici:
Duchamp, Cocteau, Beckett e Rothko.
Questo lavoro di Lisa Imondino Vreeland consente una profonda riflessione su
quanta vita e energia provenisse dai rapporti intellettuali che sono intercorsi tra
coloro che diedero un volto estetico all'arte occidentale del XX secolo.
La sezione " World Narrative" ha riconfermato la valida presenza dell'Italia
premiando l'opera prima di Laura Bispuri Vergine Giurata a cui va un plauso
particolare. Non passa inosservato il fatto che però quest'anno abbiano fatto
incetta di premi gli scandinavi: a partire dal film che ha ottenuto più
riconoscimenti, quel Virgin mountain diretto da Dagur Kári e girato in pochi
spazi, quasi tutti interni, tanto da evocare il Kammerspiel nordico, in cui gli
ambienti sono emblematici di una vita soffocante e ripetitiva. È all'interno di
questo scenario che si muove il protagonista Füsi, un omone obeso, con
scarsissima capacità comunicativam che vive ancora a casa con la madre a 43
anni (età che per gli Scandinavi a differenza nostra risulta assurda) e non esce
mai tranne che per andare a mangiare da solo al giapponese. In questa vita
asfissiante e atonale, Füsi incontra una ragazza durante un corso di ballo
regalatogli per il suo compleanno: il nostro orso si innamora e come tutti
coloro che vengono coinvolti dal vortice incontrollabile dell'amore, si sente
invincibile, prendendo coraggio e cambiando modo di condurre la propria
scialba esistenza.
Questo viaggio "meisteriano" lo porterà alla scoperta di un mondo
sconosciuto, che può dare e togliere molto. Impeccabile l'interpretazione di
Gunnar Jònnson, che ha impalmato il premio di miglior attore così come Kári
ha ottenuto quello di miglior sceneggiatura.
Continuando sulla scia scandinava troviamo Bridgend, un giallo tra lo stile
drammatico e l'horror: numerosi ragazzi si sono suicidati negli ultimi anni
nella città di Bridgend raggiungendo il picco di ben 79 morti nel 2007. È
indubbio il fatto che una simile storia possa impressionare lo spettatore che
vive una finzione narrativa strappata ad una delle realtà più oscure e
inspiegabile.
Eccezionali risultano essere i giovani attori nei panni di ragazzi annoiati e in
preda a delirio di massa e a suggestioni. Anche in questo caso sono fioccati
premi: migliore attrice alla giovane Hanna Murray, miglior fotografia a
Magnus Jonk e miglior montaggio a Oliver Bugge Cottée.
Seppur privi di riconoscimenti ufficiali vorremmo ricordare due film
americani che parlano in modo profondo dei rapporti familiari partendo da due
presupposti differenti:Meadowlanddiretto da Reed Morano e interpretato
magistralmente da Olivia Wilde, che ne è anche produttrice, e Dixieland
diretto da Hank Bedford interpretato Chris Zylka e Riley Keough.
Entrambi potrebbero essere definiti intimisti grazie ad una sceneggiatura che
attraverso delle situazioni drammatiche svela le parti deboli della famiglia e
dei fragili legami.
Meadowland evoca attraverso il nome l'esistenza di una coppia che diventa il
centro e l'ognidove dello sterminato paesaggio americano. La sparizione di un
figlio infatti spinge i protagonisti a lottare per la sopravvivenza della coppia e
responsabilizzazione sociale dei loro lavori: le interpretazioni toccanti ci
fanno immergere in un clima di estrema sofferenza e smarrimento.
Dixieland rimanda invece all'esistenza di un sottoproletariato americano
anch'esso emblema di un "nowhere" come se si volesse enfatizzare l'apparente
banalità di esistenze invisibili che si rivelano invece dei mondi
incredibilmente complessi in cui spesso dimentichiamo di immergerci.
Il Tribeca Film Festival è stato tutto questo e altro: a qualche giorno dalla fine
della manifestazione si riordinano le idee sul molto materiale offerto e non si
può fare a meno di percepire una peculiare caratteristica di questo evento:
parlare della cultura americana senza mai dimenticare che negli States sono
contenute tutte le forme culturali e antropologiche che oggigiorno vengono
riproposte attraverso i film stranieri.
Quest'anno è stato un momento cruciale per il Nord dell'Europa e anche l'Italia
è riuscita a farsi ricordare con un film atipico, giovane e importante grazie alla
promettente Laura Bispuri.