Numero 2
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Numero 2
FILT - CGIL Vogliamo pubblicare una lettera di un nostro rappresentante. Uno sfogo a cui è corretto dare la giusta attenzione. Buona lettura. Spesso mi domando, qual'è lo scopo di un sindacato? Ovviamente di tutelare i lavoratori. Ma quando si ha degli iscritti si ha anche la forte responsabilità di rappresentare le loro idee e le idee degli iscritti dovrebbero, solitamente, sposare quelle del sindacato. Ma cosa succede quando la rappresentanza sindacale non rappresenta più il mandato degli iscritti? La risposta giusta è quella che, gli iscritti dovrebbero dImettersi e dare mandato a qualcun'altro. Così, delusione su delusione, si è andato ad alimentare il sindacato dei non iscritti che, gioco forza,indebolisce il sindacato. Quello sano. Per poter avere questo libero arbitrio, cancellarsi o continuare a dare fiducia, gli iscritti, dovrebbero conoscere i fatti, gli eventi che accadono durante una trattativa tra azienda e sindacato. Vedere come i loro rappresentanti sono capaci di interagire ad un tavolo delle trattative non solo valutandone l'operato leggendo le liste informatiche, dove necessariamente ognuno tira l'acqua al suo mulino. Vedere ciò che accade quando i tavoli diventano caldi e si decide delle sorti di migliaia di lavoratori. E non basarsi su rapporti di dopo tavolo che non raccontano la verità dei fatti! Che non raccontano un'arroganza che ti ha fatto cedere e spaventare, giocandoti la qualità di vita e di lavoro di chi stai rappresentando. Centinaia di lavoratori hanno perso per paura! La base si sente davvero rappresentata? Io direi di no! Ma invece di prendere provvedimenti, di arrabbiarsi, rimane silentemente delusa, come per il panorama politico nazionale. Siamo delusi e rassegnati. Sindacati che firmano accordi e poi chiedono ai lavoratori di esporsi singolarmente nei confronti dell'azienda, per riprendere ciò che i rappresentati sindacali perdono apponendo firme su accordi basati su ricatti estremi e mInacce di chiusure e fallimenti imminenti. Come se, gli stessi manager e dirigenze varie fossero immuni da tale catastrofi e ci stessero facendo un favore a rimanere a dirigere l'azienda. E cosi il popolo dei naviganti si ritrova a non capire il perché di determinate azioni ed a viverle e subirle rassegnati e bastonati. Ma dopo un po' ecco che il sindacato si sveglia ed urla: “Ribelliamoci a questa cosa”. Però, questa cosa l'ha firmata. All'inizio l'ha venduta a tutti come essenziale per la sopravvivenza dell'azienda! Come indispensabile per poter esistere! La domanda è: ma se era così indispensabile per sopravvivere, cosa è cambiato adesso? Perché non lo è più? Perché adesso vuoi che i lavoratori si ribellino e scioperino? Forse perché non era poi così essenziale? Perché ti hanno fregato? La verità è che fare sindacato è un lavoro serio e di responsabilità e non tutti, questa cosa, l'hanno capita! Il risultato è un'evidente perdita di fiducia degli iscritti! La base non si sente più rappresentata! La CGIL da sempre lotta fianco a fianco con i lavoratori a prescindere dal colore politico al governo, anche quando questo non si capisca più che colore abbia. La CGIL non va a braccetto con nessuno se non con i lavoratori. Anche qui, tra i naviganti, svolge il proprio ruolo cercando di dare il massimo e sempre onestamente. Ci mettiamo spesso in discussione e non per dire che siamo meglio degli altri ma per capire cosa possiamo fare meglio per i lavoratori. Non vendiamo fumo ma vogliamo farvi capire che fare sindacato è una cosa seria e questa serietà non ci fa temere le minacce quando ci sono, ci fa apprezzare gli sforzi al miglioramento quando questo accade e non ci fa raccontare bugie ad i nostri iscritti. È necessario peró che ognuno faccia la propria parte, non si puó vivere nel passato o continuare a credere in chi sta scrivendo il vostro libro dei sogni. Il sindacato aiuta chi ha bisogno non chi ha bisogno di customizzare il proprio foglio turni. Chi alimenta il mercato di questo tipo di deleghe uccide il sindacato. Al sindacato ci si iscrive da persone serie delegando persone serie. Ricordalo quando l'amico ti chiede l'iscrizione. Anche quando l'amico è della CGIL. Attiva il tuo pensiero e scegli per il meglio. A cura di Fabrizio Cuscito Il 4 giugno, Alitalia si rinnova? U n'altra data importante nella storia della nuova Alitalia emiratina, dopo il 1 gennaio 2015, data di inizio delle attività dell'Alitalia SAI, il 4 giugno è stata la data di presentazione della nuova livrea, della riassunzione di 310 lavoratori dalla mobilità e del debutto del nuovo volo per Seoul; certamente delle tappe rilevanti nella storia di un azienda nuova che ha rilevato un vecchio brand prestigioso, conosciuto nel mondo e con una storia importante. Ma la storia si costruisce sui sacrifici, quelli fatti da tutti, coloro che in Alitalia hanno investito buona parte delle loro vita lavorativa, professionale e anche privata….i suoi dipendenti. Si potrebbe obiettare che anche gli azionisti hanno investito i loro capitali nell'impresa, con alterne vicende, ma non è la stessa cosa, chi mette i soldi… mette solo soldi … al contrario, chi ci mette il tempo della propria vita, ci mette qualcosa di più prezioso e soprattutto ci mette la voglia di partecipare al successo di un'azienda. Di sacrifici ne sono stati fatti tanti, anche da coloro che l'azienda sono stati costretti a lasciarla, che lo volessero oppure no, di tutta questa gente e dei loro sacrifici non ci si può dimenticare, proprio nei momenti come questi in cui si guarda al futuro con grandi speranze. La nostra Organizzazione ha una spiccata sensibilità per queste tematiche ed è da sempre a difesa del lavoro. In questi difficili mesi ha dapprima rifiutato di sottoscrivere accordi che hanno espulso centinaia di lavoratori dai luoghi di lavoro e dagli aeroplani ed ha poi strenuamente lottato e negoziato affinché se ne potesse reintegrare il maggior numero. Anche gli accordi dei giorni passati hanno segnato un ulteriore passo avanti, ma molto è stato fatto con il CCNL che scrivendo per la prima volta delle regole non circoscritte alla singola azienda, ma a valere nell'intero settore, hanno anche visto degli aumenti contrattuali la cui prima tranche è stata inserita con le buste paga di maggio e che vedrà una seconda tranche a gennaio 2016. Né vanno tralasciati il recente accordo sul wet leasing firmato a maggio, la successiva lettera unitaria inviata ad Alitalia sulla questione Blue Air e le assunzioni di piloti ed assistenti di volo in Cityliner fortemente volute dal sindacato confederale. Gli accordi dell'ultimo mese risolvono alcune problematiche e aprono la strada per risolverne altre, in questo contesto complicato sono un passo avanti senza peraltro cedere nulla. La FILT-CGIL è per un fronte sindacale compatto, unito. Noi non siamo contenti che si sprechi e si banalizzi, come avvenuto recentemente, l'unico strumento a disposizione dei lavoratori: "lo sciopero". Quando uno sciopero va male, come quello dello scorso 25 maggio, non c'è un vincente, tutti perdono. Nelle giornate precedenti lo sciopero però, in maniera irriflessiva sono state diffuse voci allarmistiche riguardanti possibili esuberi di naviganti a partire dai primi mesi del 2016 in corrispondenza della fine della SOD. Ci chiediamo: perché ci si preoccupa solo ora, per possibili esuberi nel 2016, quando invece quest'estate alcuni si sono affrettati a firmare l'espulsione dall'azienda di più di 300 naviganti? Noi, la pensiamo diversamente; la FILT-CGIL continuerà a vigilare quotidianamente circa la puntuale applicazione del piano industriale da parte di Alitalia-Etihad, prestando, come doveroso, giusta attenzione alla data di scadenza della SOD ed all'ingresso dei nuovi aeromobili in flotta, lavorando, con umiltà, per mantenere ed aumentare i livelli occupazionali e recuperare tutti i colleghi espulsi dal ciclo produttivo, senza falsi trionfalismi e senza allarmismi. Le tematiche, tutt'ora irrisolte, relative alla qualità della vita dei naviganti come i posti di riposo, le condizioni di salute e sicurezza del CBC e del sedime aeroportuale (sulle quali abbiamo interessato con lettere formali tutte le istituzioni competenti, colpevolmente sorde), le qualità delle turnazioni e i pasti equipaggi rimangono nostre priorità e presto avremo le prime risposte concrete. Da prossimi giorni riprenderemo le trattativa per l'armonizzazione contrattuale e la Progression Career in Cityliner, successivamente incontreremo Alitalia per gli aspetti applicativi dell'accordo del 6 maggio su commissione alberghi, avvicendamenti e schedulati. La FILT-CGIL, prosegue inoltre il suo percorso di rinnovamento delle strutture sindacali di base, anche con la diminuzione dei permessi sindacali e continua a promuovere con forza, come sempre, le elezioni RSU che tanti anni fa abbiamo inventato e che abbiamo insediato con forza in molti luoghi di lavoro del Paese. Ricordiamo a tutti che la CGIL è forse l'unica organizzazione sindacale che ha il vincolo di mandato di 8 anni per i propri segretari, e che inoltre procede in tutte le sue categorie ad elezioni periodiche scadenzate, come da statuto ed i cui bilanci contabili, come noto, sono vincolati da chiarezza e trasparenza. La Filt Cgil per portare avanti queste battaglie ha bisogno del sostegno dei naviganti. Per ottenere risultati nell'Italia del Job Act contano i rapporti di forza e per essere forti bisogna essere insieme, iscritti e numerosi. Buona lettura. N el 1997, Steve Jobs tornò in Apple come CEO, con l'arduo compito di risollevare le sorti dell'azienda che lui stesso aveva fondato. Una notte, aggirandosi nel quartier generale, Jobs s'imbatté in un designer britannico dall'aspetto trasandato, immerso nel lavoro e circondato da centinaia di prototipi. Fu allora che comprese di aver trovato il talento che gli serviva; quel giovane era Jony Ive. Dalla collaborazione tra Jobs e Ive sono nati alcuni dei prodotti più emblematici della tecnologia moderna - tra i quali l'iMac, l'iPod, l'iPhone e l'iPad - i cui design, estremamente originali, non solo hanno contribuito a risollevare il destino di Apple, ma hanno anche rivoluzionato interi settori, fidelizzato una solida clientela e creato un brand famoso in tutto il mondo. Nel frattempo, Jony Ive è diventato il più insigne innovatore nel settore tecnologico, vincendo numerosi premi e guadagnandosi un posto nella classifica del Time delle 100 persone più influenti del 2013. Nonostante tutti i suoi trionfi, però, sappiamo ben poco di questo prodigio timido e discreto, che Jobs definiva il suo «partner spirituale». (Dal libro "Jony Ive. Il genio che ha dato forma ai sogni Apple" di Leander Kahney ). Questa biografia tratteggia l'accurato ritratto di un genio creativo, raccontandoci come Jony, da studente affetto da dislessia, sia diventato il designer che dà forma ai sogni di domani. Tutti ormai conosciamo la storia della più famosa azienda di Cupertino, Apple, che da una piccola start up in un garage divenne, in pochissimo, il centro dell'universo informatico per innovazione e stile; e tutt'oggi, anche dopo la scomparsa del suo creatore, rimane una delle più grosse e famose aziende al mondo. Ma ciò che più di tutti rese la Apple un colosso mondiale fu la guida folle, libera e senza paura del suo genio visionario, Steve Jobs. Tra l'incoscienza ed a volte la spietatezza che la giovane età porta, Jobs guidò la sua azienda, come in un gioco da ragazzi, oscillando tra filosofia orientale e utopie trascendentali che, alla fine, si dimostrarono tutt'altro che utopie. La volle folle, la volle elegante e moderna. Ogni suo computer non doveva essere un semplice computer ma bensì un'opera d'arte, un'opera di design. Fu per questo che, quando realizzò il primo Macintosh, volle che tutti gli ingegneri che lo crearono firmassero l' interno del computer. Artisti che firmavano la loro opera d'arte! Avere il sogno, "la vision", non soffermarsi all'apparenza ma puntare alla sostanza, ovviamente la sostanza di serie "A" come lo stesso Jobs amava definire. Affrontare le sfide con creatività e voglia di cambiare il mondo. Jobs credeva nel prodotto. Voleva realizzare qualcosa che lui per primo amava e non qualcosa che serviva a fare soldi! Affrontare ogni giorno senza avere la paura di sbagliare, come se quello fosse l'ultimo giorno della propria vita! Quando senti di non aver nulla ti puoi permettere di avere molto coraggio e la paura di non sbagliare porta ad un livello di lucidità talmente alto che innalza mente e spirito permettendo all'uomo di fare cose eccezionali. Ma, oltre che dalla sua giovane età e dalle sue esperienze hippie, il coraggio gli veniva da un grande successo che lo fece diventare ricco ogni sua aspettativa ed, ovviamente fece diventare ricca l'azienda. Ma le aziende sono fatte di denaro e non di amore, sesso e libertà. Anche quelle nate nel periodo beat proprio dove la generazione beat è nata. E così, investitori ed azionisti misero al consiglio d'amministrazione dei "dinosauri". Persone che, della vision e della filosofia non gliene fregava un bel niente. La solita storia del trovare, ai posti di potere, inetti ed incompetenti. Tolsero a Jobs il grande giocattolo e spinsero i dirigenti, gli stessi che Jobs aveva assunto personalmente, a farlo fuori. Dirigenti senza spina dorsale che tra ignoranza ed inettitudine, divorarono Jobs e portarono in pochi anni la Apple, da una miniera di ricchezza ad avere solo 90 giorni di liquidità. Senza un sognatore, senza una vision, gli anni seguenti l'uscita di Jobs l'Apple navigò in diversi settori dell'informatica creando una miriade di prodotti, spesso concorrenti anche tra loro e senza nessuno che sapesse spiegare perché comprare un prodotto anziché un'altro. Caos e confusione regnavano ad ogni livello e così Apple cominciò a bruciare un patrimonio finanziario che avrebbe fatto tremare i più grandi colossi informatici di quell'era. Per il design dei prodotti, Apple, utilizzava un'agenzia di design esterna, la Frog Design. Questa era diretta da Hartmut Essilinger, un brillante designer tedesco che aveva creato lo stile iniziale dei prodotti Apple chiamato "Snow White". Adesso i prodotti erano tantissimi ed alla fine degli anni Ottanta, la Frog, era diventata troppo cara presentando fatture che superavano i 2 milioni di dollari l'anno. Più del doppio di qualsiasi altra agenzia di design. Bisognava trovare una soluzione diversa, più economica ma allo stesso tempo più innovativa dello Snow White. La Apple sfornava tanti prodotti, troppi. Ogni prodotto aveva dei gruppi di lavoro che non si parlavano tra loro e che non avevano a capo un responsabile che li coordinasse sotto uno stile comune. Il risultato era una grossa perdita di stile. Ogni prodotto era diverso dall'altro e non conduceva al riconoscimento immediato del marchio Apple se non per la piccola meletta, ancora con i colori Hippie dell'arcobaleno. Nel 1987, l'azienda aveva capito che l'unica soluzione era creare un team di design interno ma, senza un visionario come Jobs, gli ingegneri non sapevano da dove cominciare. Apple cominciò a girare per il mondo alla ricerca di un talento che potesse guidare il team di design. Tra i vari talenti cominciarono una piccola avventura con Giorgetto Giugiaro che però dopo alcuni mesi si rivelò inadatto al ruolo specifico che Apple richiedeva. Apple si ritrovò in una situazione non facile. Aveva scaricato la Frog ed ora doveva trovare assolutamente una soluzione. La soluzione attraverso uno studio di Design. La "Lunar" di Bob Brunner. Ma questa, fino ad allora, costretta da un quasi monopolio della Frog, aveva fatto solo piccoli ma splenditi lavori per la Apple. Finalmente, qualcuno in Apple si svegliò e capì che la soluzione di Aplle era proprio li, sottomano, nella persona di Bob Brunner. Ora bisognava convincerlo ad entrare in Apple e dopo diversi tentativi rifiutati da Brunner, questo accettò di guidare questa nuova avventura. "Cosa dobbiamo fare per averti?" - "Dovete darmi la possibilità di creare un team di design strepitoso, che sia distaccato fisicamente dalla sede" Le cose andarono più o meno così! "Non posso mettere le persone in un inferno fatto di box da ufficio. Non lavoreranno mai. Voglio un grande studio con soffitti alti e dove succede di tutto. è importantissimo. Lo è per la qualità del lavoro. Lo è perché si riesca a lavorare" (Cit. Bob Brunner) Prima di continuare questo racconto mi piacerebbe farvi notare che, tutte le persone di grande successo, che guidano un'azienda o un team di grande successo condividono questo filo conduttore. Ne abbiamo parlato nel numero 1 di questo magazine nell'articolo su Adriano Olivetti. Questi leader eccezionali, hanno reso indispensabile una qualità molto alta della vita del dipendente. Ne hanno migliorato il posto di lavoro curandone aspetto, suoni, colori, orari di lavoro e benefit. Insomma, ogni cosa che possa migliore la qualità di vita e di lavoro del dipendente perché ciò è fortemente legato alla disponibilità e quindi alla produttività del dipendente stesso. Lo studio ID della Apple che Brunner aveva allestito era quindi separato dal resto degli edifici di Infinite Loop (il nome della strada che gira intorno gli edifici della sede centrale della Apple a Cupertino). Fu fantastico, commenta Brunner, ci divertimmo un mondo. Quando Brunner cominciò le assunzioni, scoprì subito che attrarre talenti non sarebbe stato facile. Tra questi nuovi talenti vi era anche un giovanissimo Jony Ive. Brunner lo aveva conosciuto qualche tempo prima ed era rimasto impressionato dal talento di Ive. Ive nasce in Inghilterra nel 1967. Da ragazzo frequentò la Chingford Foundation School. In questo periodo, a Jony, venne diagnosticata la dislessia, un disturbo dell'apprendimento che avrebbe condiviso con un altro collega famoso, Steve Jobs. Jony, da ragazzino, era molto interessato al funzionamento degli oggetti. La base per ogni designer. Ben presto, cominciò a mostrare le proprie doti anche nel disegno e nella progettazione e suo padre, Mike Ive, un argentiere lo spronava e gli era spesso fonte di ispirazione. Al momento di preparare l'esame di maturità tecnica e quindi la successiva iscrizione all'università, Jony scelse, come materia principale, tecnologia della progettazione. Durante gli anni precedenti, gli allievi della scuola esploravano la caratteristiche e le potenzialità di quasi tutti i materiali, dal legno al metallo, alla plastica ai tessuti. Questo per permettere agli allievi di preparare in un successivo anno un progetto per poi, artigianalmente realizzarlo. I lavori di Jony erano eccezionali. I suoi professori ricordano di non aver visto mai un'altro studente al suo stesso livello. A soli diciassette anni, Jony, realizzava progetti che erano già pronti per entrare in produzione. Molti dei suoi disegni erano appesi nell'ufficio del preside. Brunner riuscì a portare Ive in Apple e non passò molto tempo che Jony riuscì subito a farsi notare con progetti eccellenti. Dopo alcuni anni Brunner lasciò il suo incarico ed un giovanissimo Jony Ive divenne il responsabile naturale dello studio di Design della Apple. Al suo ritorno, Jobs ridefinì molti obbiettivi dell'azienda e tra questi anche quelli della squadra di Ive che doveva convincere il nuovo capo di essere all'altezza delle sue aspettative. L'intervento di Jobs fu coraggioso e decisivo al salvataggio della Apple. Soppresse tutti i progetti avviandone solo 4 da lui pensati. Ive ricorda che la prima visita di Jobs nella sede dello studio di design li rese molto irrequieti ma Jobs mostrò immediatamente una grossa affinità con loro e con lo studio stesso. Quella che, fu una visita di controllo, si trasformò ben presto in un appuntamento serale abitudinario. Questo rafforzò i momenti di esaltazione dello studio, divenne fonte di continua ispirazione e trasformò il rapporto lavorativo con Ive in una grande e solida amicizia. Steve Jobs cominciò una lotta contro il cancro. Nel 2004 fu operato per un carcinoma al pancreas. Mentre ancora si stava riprendendo dalla sua battaglia, chiese di vedere due persone. Una era la moglie e l'altra era Jony Ive. In otto anni trascorsi lavorando fianco a fianco quasi ogni giorno, avevano creato un rapporto di amicizia profonda, condividendo sogni e progetti per il futuro, risate e delusioni e grandi idee. Prima di morire, Steve Jobs dispose le sue ultime volontà in Apple. "Jony Ive ha più potere operativo di chiunque altro alla Apple, dopi di me, Non c'è nessuno che possa dirgli cosa fare o cosa lasciar perdere." - Steve Jobs. FOR TRAINING PURPOSES ONLY Questo short briefing è riferito ad un A320. Con l’utilizzo della FUEL PENALTY FACTORS paper check list, vagliare bene il consumo di carburante. FPF = Fuel Penalty Factor La metodologia è: Trip Fuel Penalty = (FOB - EFOB at DEST) x FPF c’è chi ti vuole così! ecco perché è importante iscriversi alla FILT-CGIL ...chi da sempre lotta per i tuoi diritti. F ondato nel 2002 da Jane Rosenthal, Robert De Niro e Craig Hatkoff come risposta di vitalità culturale all'attacco alle Torri gemelle l'11 settembre dell'anno precedente, ilTribeca Film Festival racchiude un insieme di tendenze cinematografiche che hanno sì come epicentro gli States e New York in particolare, ma che sconfinano fino ad arrivare ai paesi scandinavi passando per l'Italia. Molte le definizioni contrastanti, agli antipodi, utilizzate dalla stampa, che non fa che definire il Festival da una parte generalista e dall'altro innovativo, ricco di idee e vitalità. Va da sé che la verità stia nel mezzo e, vista la scarsissima presenza della critica nostrana in questo evento, potremmo giustificare anche il perché di affermazioni non molto appropriate per un fenomeno cinematografico che si è evoluto in un melting di cultura pop americana e una sorta di ritorno allo stile beat nello scambio di valori sociali tra emisfero est ed ovest del mondo. Non a caso la sezione "World documentary" è molto corposa e presenta una vasta scelta di validi registi e autori, anche rispetto alla sezione più importante del festival, la "World narrative". Si parte dall'italiano Palio della regista italo-inglese Cosìma Spender, a cui è stato assegnato il premio come miglior montaggio, non è un caso infatti che in un affresco di incantevoli immagini della città di Siena e dell'omonimo palio si riesca a profondere un'atmosfera antica ed una forte tradizione medievale mai sopita; passando attraverso un intenso Song of Lahore, in cui Sharmeen Obaid-Chinoy e Andy Schocken narrano la lotta di alcuni musicisti contro un'estremistica islamizzazione del Pakistan, che per molti di loro avrebbe rappresentato l'impossibilità di esprimersi artisticamente e non solo. Ricca di nomi importanti la sezione "Spotlight" ben rappresentata nella scelta di Jimmy's Halldel grande Ken Loach, in cui si parla ancora una volta dell'Irlanda e della lotta per l'indipendenza, soprattutto quella dall'opportunismo e dall'ipocrisia strumentale della chiesa cattolica del tempo. All'interno della sezione troviamo anche uno dei quattro film selezionati per il festival indie newyorkese, ovvero Hungry Hearts diretto da Saverio Costanzo e interpretato dalla coppia Rohrwacher/Driver premiata con la coppa "Volpi" a Venezia. Altro film proveniente dal bacino della Biennale è l'americano Requiem for the American, intensa e coinvolgente intervista, al più importante linguista e politologo, nonché intellettuale vivente: Noam Chomsky, da sempre coerente con le proprie idee sulla paralisi del mondo sociale americano causata dalle speculazioni economiche dall'appoggio politico del Congresso ad un sistema iper capitalistico, in cui la finanza ha creato una virtuale ricchezza e i mass-media dei bisogni indotti, vere e proprie trappole e potenti sonniferi per le coscienze civili e sociali del popolo statunitense (se non di tutto il mondo occidentalizzato), in cui comunque nonostante le forti visioni pessimistiche emerge un'incommensurabile amore di Chomsky per la vecchia America, paese dove tutto è possibile e in cui tutti hanno una possibilità di vivere inseguendo il loro sogno. Rientra sempre nella descrizione della società americana, ma questa volta solo mostrandone la parte più progressista e un po' confusa della famiglia, nonché della sessualità, intesa come libertà dei gender, Grandma,diretto da Paul Weitz e interpretato da due splendide attrici quali Lily Tomlin e Julia Garner, rispettivamente nonna e nipote. Quest'ultima aspetta un bambino da un suo coetaneo e decide di chiedere aiuto all'unica persona della sua famiglia in grado di comprenderla: una nonna hippy e divertente, evidentemente omosessuale. Il film si presenta come un "road movie" piuttosto movimentato, in cui l'alternativa nonna ripercorrerà tutto il suo passato incontrando vecchie fiamme e amori etero che hanno lasciato segni indelebili nelle loro esistenze. L'Happy end familiare richiuderà un cerchio in cui mancava da tempo l'anello intermedio, la madre, diversa per l'aspetto e la vita iper-borghese dalle altre due donne della sua vita. Non poteva mancare nemmeno in questa sezione un lavoro italiano, già uscito nelle sale e in questo caso di autori eccellenti: i fratelli Taviani con il loro Meraviglioso Boccaccio, vivace rievocazione medievale e preziosa letteratura. Delle numerose storie raccontate attraverso i giovani sfuggiti alla peste fiorentina, i nostri grandi rappresentanti italiani ne hanno scelte solo cinque (alcune modificate sia in itinere che nel finale) cercando di divertire o far riflettere lo spettatore su un'umanità passata ma molto attuale. Il cast composto da giovani attori non famosi ma non meno validi di quelli adulti come il versatile Kim Rossi Stuart o le belle Carolina Crescentini e Jasmine Trinca. Una particolare attenzione va a Slow West già presentato al "Sundance", un film diretto da John Maclean e prodotto da Micheal Fassbender che ne è anche protagonista insieme ad un giovanissimo attore Kodi Smit-McPhee, già fattosi notare in Romeo and Juliet di Carlo Carlei, in cui è Mercuzio. In questo lavoro invece abbiamo un giovane aristocratico scozzese che si avventura nell'ovest della costa americana alla ricerca della fidanzata; lì incontra un tipo molto particolare interpretato dal sempre affascinante Fassbender, attore in continua crescita che non finisce mai di stupirci in quanto a talento e capacità di passare da un ruolo all'altro senza cadere nella trappola delle stereotipie. Da Cannes 2014 arriva invece The Cut, film impegnato diretto dall'amatissimo regista turco-tedesco Fatih Akin, che ripercorre la storia del genocidio armeno, deludendo però le aspettative per chi lo aveva ammirato per Soul Kitchen e La Sposa turca. Altro film che pone come tematica centrale la famiglia è l'americano Bleeding Heart, in cui la vita dell'equilibrata istruttrice di yoga May (Jessica Biel) e del suo fidanzato (Edi Gathege) viene sconvolta dall'arrivo della sorella della ragazza che al contrario di lei vive una vita da sbandata battendo per strada: la sorella saggia cercherà di salvare Shiva, che la coinvolgerà nel suo caos assoluto. Commovente il mai esplicito legame tra due sorelle che in questo film scritto diretto dalla regista Diane Bell, emerge prepotentemente. Nella sezione "Spotlight" troviamo anche un lavoro documentaristico di Lisa Immondino Vreeland, questa volta alle prese con una biografia di una delle donne più importanti della storia dell'arte statunitense intitolata Peggy Guggenheim- Art Addicted. Nonostante l'imprinting modaiolo, il documentario presenta un'importante analisi delle influenze che ebbero sulle scelte artistiche di Peggy i suoi celebri e geniali amici: Duchamp, Cocteau, Beckett e Rothko. Questo lavoro di Lisa Imondino Vreeland consente una profonda riflessione su quanta vita e energia provenisse dai rapporti intellettuali che sono intercorsi tra coloro che diedero un volto estetico all'arte occidentale del XX secolo. La sezione " World Narrative" ha riconfermato la valida presenza dell'Italia premiando l'opera prima di Laura Bispuri Vergine Giurata a cui va un plauso particolare. Non passa inosservato il fatto che però quest'anno abbiano fatto incetta di premi gli scandinavi: a partire dal film che ha ottenuto più riconoscimenti, quel Virgin mountain diretto da Dagur Kári e girato in pochi spazi, quasi tutti interni, tanto da evocare il Kammerspiel nordico, in cui gli ambienti sono emblematici di una vita soffocante e ripetitiva. È all'interno di questo scenario che si muove il protagonista Füsi, un omone obeso, con scarsissima capacità comunicativam che vive ancora a casa con la madre a 43 anni (età che per gli Scandinavi a differenza nostra risulta assurda) e non esce mai tranne che per andare a mangiare da solo al giapponese. In questa vita asfissiante e atonale, Füsi incontra una ragazza durante un corso di ballo regalatogli per il suo compleanno: il nostro orso si innamora e come tutti coloro che vengono coinvolti dal vortice incontrollabile dell'amore, si sente invincibile, prendendo coraggio e cambiando modo di condurre la propria scialba esistenza. Questo viaggio "meisteriano" lo porterà alla scoperta di un mondo sconosciuto, che può dare e togliere molto. Impeccabile l'interpretazione di Gunnar Jònnson, che ha impalmato il premio di miglior attore così come Kári ha ottenuto quello di miglior sceneggiatura. Continuando sulla scia scandinava troviamo Bridgend, un giallo tra lo stile drammatico e l'horror: numerosi ragazzi si sono suicidati negli ultimi anni nella città di Bridgend raggiungendo il picco di ben 79 morti nel 2007. È indubbio il fatto che una simile storia possa impressionare lo spettatore che vive una finzione narrativa strappata ad una delle realtà più oscure e inspiegabile. Eccezionali risultano essere i giovani attori nei panni di ragazzi annoiati e in preda a delirio di massa e a suggestioni. Anche in questo caso sono fioccati premi: migliore attrice alla giovane Hanna Murray, miglior fotografia a Magnus Jonk e miglior montaggio a Oliver Bugge Cottée. Seppur privi di riconoscimenti ufficiali vorremmo ricordare due film americani che parlano in modo profondo dei rapporti familiari partendo da due presupposti differenti:Meadowlanddiretto da Reed Morano e interpretato magistralmente da Olivia Wilde, che ne è anche produttrice, e Dixieland diretto da Hank Bedford interpretato Chris Zylka e Riley Keough. Entrambi potrebbero essere definiti intimisti grazie ad una sceneggiatura che attraverso delle situazioni drammatiche svela le parti deboli della famiglia e dei fragili legami. Meadowland evoca attraverso il nome l'esistenza di una coppia che diventa il centro e l'ognidove dello sterminato paesaggio americano. La sparizione di un figlio infatti spinge i protagonisti a lottare per la sopravvivenza della coppia e responsabilizzazione sociale dei loro lavori: le interpretazioni toccanti ci fanno immergere in un clima di estrema sofferenza e smarrimento. Dixieland rimanda invece all'esistenza di un sottoproletariato americano anch'esso emblema di un "nowhere" come se si volesse enfatizzare l'apparente banalità di esistenze invisibili che si rivelano invece dei mondi incredibilmente complessi in cui spesso dimentichiamo di immergerci. Il Tribeca Film Festival è stato tutto questo e altro: a qualche giorno dalla fine della manifestazione si riordinano le idee sul molto materiale offerto e non si può fare a meno di percepire una peculiare caratteristica di questo evento: parlare della cultura americana senza mai dimenticare che negli States sono contenute tutte le forme culturali e antropologiche che oggigiorno vengono riproposte attraverso i film stranieri. Quest'anno è stato un momento cruciale per il Nord dell'Europa e anche l'Italia è riuscita a farsi ricordare con un film atipico, giovane e importante grazie alla promettente Laura Bispuri.