Marino Zanatta settant`anni a canestro
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Marino Zanatta settant`anni a canestro
IL PERSONAGGIO Marino Zanatta settant'anni a canestro Marino Zanatta, uno dei miti della Hall of Fame del basket, compie oggi 70 anni 70 anni a canestro di CLAUDIO PIOVANELLI - Marino, scoccano i 70... «Non me ne rendo conto, la mia vita è stata come un flash... Bella, interessante, "piena", non l'ho mai avvertita come un peso, anzi, è stato tutto molto "leggero" e mi pare continui a esserlo. Però, se ora mi fermo a pensare... sto male. Sto male se ricordo come, quando avevo 20 o 30 anni, vedevo le persone non di 70 anni ma anche di 60 o di 50. Sono stupito dalla velocità con cui il tempo è trascorso». - Ricorda il suo primo incontro con la pallacanestro? «In seconda media il professore di ginnastica mi invita a frequentare un corso in centro a Milano. Io abito a San Siro, sono distante, non so niente di basket ma mi faccio convincere: non posso dire no a un insegnante... Coinvolgo Franz Di Cioccio, mio vicino di casa (poi batterista e anima della Premiata Forneria Marconi): in due è più piacevole. Una sera ci consegnano le borse della All' Onestà e scopriamo di essere nella Pali. Milano. E da lì parte la mia avventura. Un giorno, dopo quattro anni di giovanili, l'allenatore Romano Forastieri (ex giocatore anche a Varese) mi dice: "Ma ti piace giocare? Non ti vedo molto entusiasta, guarda che puoi guadagnare anche 100.000 lire il mese...". E io: "Ma come, pagano per giocare?". Mio padre fa il tranviere, guadagna più o meno 60.000 lire il mese, a quel punto cambiano le mie prospettive. Dopo un anno in prestito a Casale, firmo il primo contratto: un assegno da un milione di ingaggio e 100.000 lire il mese per due anni. Mio padre ancora un po' sviene: mette ì' assegno in un cassetto insieme con i buoni postah, i risparmi di famiglia; dopo un mese il presidente mi chiede: "Marino, ma non hai ancora incassato quell'assegno?". "Non sapevamo si dovesse incassare..."». - Nel 1971 comincia l'avventura di Varese. «Mi sembra che tutto sia già scritto: a Milano ho un contratto di cinque anni. sono in Nazionale e per la società sono un orgoglio, il primo prodotto del settore giovanile arrivato in serie A e in maglia azzurra; frequento l'università e ho una ragazza da cinque anni, non c'è alcuna intenzione di muovermi. Però il destino... Il presidente Milanaccio non riesce ad avere figli, così fa un voto: se la moglie rimane incinta, rinuncia a ciò che ha di più caro, la squadra di basket. Così accade: lui ha un figlio, la squadra in pratica si scioglie, Bovone e Cosmelli vanno a Udine, Varese vuole subito Gennari e mi ingaggerebbe solo l'anno successivo ma io mi impunto: o subito o niente. Così l'Ignis rinuncia al secondo straniero di coppa e mi ingaggia». - Ha avuto tanti allenatori storici. «A Milano, Veni alle giovanili, poi Garbosi direttore tecnico (grande carisma), Forastieri, Percudani (un mondo nuovo), Tracuzzi (un mito), Sales (giovane ma già bravissimo). A Varese l'impatto con Nikolic: è un misto di odio sportivo e arnrnirazione. La sua filosofia è: "La fatica non esiste, se sei stanco è perchè sei poco allenato, vai a fare un po' di gradoni". A fine stagione 1972/'73, dopo aver vinto tutto, in riunione ci dice che è in tenzionato ad andarsene ma che rimarrebbe se noi giocatori glielo chiedessimo; parlo solo io: "Professore, non glielo chiederei nemmeno se fosse mio padre, dev'essere lei a decidere se crede ancora in noi". E lui alla fine non rimane. Poi Gamba, che avevo già conosciuto da giocatore: un amico, anche se so che voleva scambiarmi con Bariviera. Con Messina trascorro l'anno più allegro della mia carriera: Nico rischia l'esonero ma lo salva il nostro affetto nei suoi confronti. Una menzione particolare per gli allenatori della Nazionale: grande riconoscenza a Nello Paratore e soprattutto a Giancarlo Primo, per me una persona speciale!». - Dopo due anni a Milano, il ritorno a Varese. «E Guido Borghi a volermi di nuovo, all' insaputa di Gualco e Pentassuglia, per la mia ultima stagione a Varese da giocatore. Alla fine me ne vado con Meneghin e Morse, la vecchia squadra non esiste più. Gioco per un anno a Vigevano, poi la chiamata di Buigheroni, mi dice che Gualco si è dimesso e mi vuole al suo posto. A Vigevano ho un altro anno di contratto a più del doppio di quanto mi offre Toto ma accetto. E non mi sono mai pentito: con Toto non ho mai più parlato di soldi, ha deciso sempre lui, per me è stato sempre un fratello maggiore, una persona fantastica». - Dieci anni dopo l'addio al basket. «Sono presidente dall'inizio della stagione 1992/'93, dopo la retrocessione Toto ha preferito passare la mano; le cose non vanno bene, in panchina e ' è Joe Isaac che è un altro mio fratello e io somatizzo, mi sento responsabile. A Pasqua mi chiama Paolo Ermolli, uno dei nostri medici: "Marino, tu non stai bene". Depressione, una parola che neppure conoscevo. Il sole nero accompagna le mie giornate. A fine campionato manchiamo la promozione e al momento di ricominciare... non ce la faccio. Ne parlo con Toto e Achille Vigano, suo braccio destro. Non mi abbandonano, mi offrono ottime alternative in Lindt e in attività di famiglia. E la mia salvezza, insieme con l'autoironia che non mi fa mai difetto». - Non le è mai mancato il basket in questi 25 anni? «Mi è mancato come l'aria ma, una volta uscito, ho preferito fosse per sempre. Ma mi sento sempre parte della Pallacanestro Varese». - Marino Zanatta e il culto di una famiglia meravigliosa. «La prima volta che ho visto Millie sono rimasto incantato! Mi sono detto: "Questa è la donna deUa mia vita". E così è stato. Ha saputo starmi vicina nei momenti belli e in quelli più complicati: glande donna! Michele, Marco e Margherita sono stati una benedizione, così come Alice, la mia nipotina. Adesso la famiglia si è allargata con Valeria, Rachele e Alfredo. Quando li ho tutti intorno sono la persona più felice al mondo». LA SCHEDA/ DAL 2015 E NELL'ITALIA HALL 0 F FAME DELLA FEDERBASKET - Una vita di coppe medaglie e scudetti (c.p.) - Marino Zanatta è nato a Milano ré febbraio 1947. Ha cominciato a giocare a basket nel settore giovanile della Pallacanestro Milano, allora "targata" All'Onestà, squadra con la quale ha esordito in serie A nel 1965 e si è affermato sino a vestire la maglia della Nazionale già l'anno successivo. Nel 1971 è stato ingaggiato dalla Ignis Varese, nella quale ha poi giocato sino al 1978 vincendo 4 scudetti (1973, 1974, 1977 e 1978), altrettante Coppe dei Campioni (1972, 1973,1975 e 1976), una Coppa Italia (1973) e una Coppa Intercontinentale (1973). Dopo due stagioni di ritorno a Mila- no (in maglia Xerox e Amaro 18 Isolabella), ha fatto ritorno a Varese nel 1980 (stagione Emerson-Turisanda) per poi chiudere la carriera a Vigevano nel 1982. In Nazionale ha vestito per 170 volte la maglia azzurra realizzando 1.023 punti e ottenendo i gradi di capitano trail 1973eil 1976. Hapartecipatoalle Olimpiadi di Monaco 1972 e di Montreal 1976, al Mondiale di Lubiana 1970 e agli Europei del 1969 (in Italia, a Napoli), 1971 (Germania Ovest), 1973 (Spagna) e 1975 (Jugoslavia), conquistando due medaglie di bronzo (1971 e 1975). Conclusa la carriera di giocatore, nel 1982 è stato chiamato dall'allora presidente Toto Bulgheroni a rivestire il ruolo di general manager della Pallacanestro Varese, che ha ricoperto sino al 1992, diventando poi presidente del la società per un anno prima di rassegnare le dimissioni a seguito del mancato ritorno in serie A1 al termine del campionato 1992/'93. Da allora non ha più operato nel mondo del basket ma ha lavorato per la Lindt, con la quale ancora oggi collabora. Nel marzo 2015 è stato inserito nell'Italia Hall of Fame (foto), la massima onoreficenza concessa dalla Federazione Italiana Pallacanestro. ALLE ORIGINI DI UN MITO Improvvisazione, difesa arcigna e amore per Varese «Tecnicamente ero una chiavica». Marino e forse di più, le 170 presenze con la maglia della Nazionale, della quale faceva parte Zanatta non rinuncia alla consueta anche prima di vestire la maglia dell'Ignis autoironia per definire se stesso da giocatore e il giudizio non potrebbe essere e della quale è stato capitano per tre anni. Evidentemente le sue qualità hanno più tombale. In effetti, però, qualcosina di vero c'è in questa spietata autoanalisi: superato di gran lunga limiti, carenze, imperfezioni e difetti che il lungo lavoro Zanatta giocatore, a dispetto di un sul campo non è bastato a eliminare o a portamento quanto mai elegante compensare. Quando chi ha una certa età "in borghese" (caratteristica accentuata, se possibile, con il trascorrere del tempo), ricorda il tiro di Marino Zanatta immagina non era certo un esempio di grazia e stile. anche quali ulteriori sfracelli avrebbe fatto se già a quell'epoca ci fosse stata la linea dei Inoltre, non era un saltatore e il suo tre punti. E quando si ricorda Zanatta non baricentro alto non lo aiutava a muovere si può non pensare alle sue doti rapidamente quelle sue lunghe leve; per d'improvvisazione: da sesto uomo, quale non dire della mano sinistra, così poco utilizzata. Eppure... Eppure Marino Zanatta a lungo è stato nobilitando questo ruolo è stato uno dei più forti giocatori nella storia fondamentale, entrava in campo per rivoluzionare gli assetti in essere, o con del basket italiano: lo testimoniano il suo tiro dalla lunghissima distanza o con I moltissimi titoli vinti a Varese ma anche, avventurose e imprevedibili penetrazioni parola giusta per ogni circostanza è stata nel cuore della difesa avversaria. E che dire sempre riconosciuta e apprezzata dai delle sue qualità di difensore duro e arcigno,compagni, dagli allenatori, dai dirigenti. da vero "mazzolatore"?Forse E allora, detto tutto ciò, si spiega perchè nacquero proprio a Varese, durante il Trofeoun "brutto anatroccolo " ha saputo diventare Lombardia del 1966, una classica del un leone del parquet, temuto, rispettato precampionato: «Era la mia prima vera e ammirato. Ed ecco perchè l'Ignis, che in stagione da titolare - ricorda Marino - in quel momento avrebbe potuto permettersi maglia All'Onestà. Entrai nel finale di una l'ingaggio di qualsiasi altro giocatore, partita e andai a marcare Paolo Vittori, che puntò proprio su di lui. a un certo punto, quasi involontariamente, Un altro capitolo è quello di Marino Zanatta toccai duro; lui mi restituì il colpo dirigente sportivo. Lo è stato per un paio di dicendomi: "Varda che te dago, sa'?" (Sta' lustri, sotto l'ala protettrice dell'amico attento che ti meno). E io, che ai più anziani fraterno Toto Bulgheroni, senza mai davo sempre del lei: "Mi scusi, non volevo ". rinunciare a proporre le proprie idee. Poi, però, mi arrabbiai con me stesso per Lo ha fermato l'eccessivo coinvolgimento, quella sudditanza e da quel momento le forse anche il troppo amore per la cose cambiarono...». Infine, Marino Zanatta Pallacanestro Varese e per Varese. Una in spogliatoio: la sua capacità di fare sensibilità che Marino Zanatta non ha mai gruppo, di sdrammatizzare, di cogliere i mancato di mostrare nel quotidiano e che momenti in cui è necessario essere seri o ci lo fa amare da chi ha la grande fortuna si può concedere allo scherzo, di trovare la di conoscerlo. C.F U Stupito della velocità con cui il tempo è trascorso. Il basket? Negli ultimi anni mi è mancato come l'aria Oggi è un giorno di festa per il grande ex giocatore che è stato anche general manager e presidente Qui sopra tre immagini di Marino Zanatta con la maglia della grande Ignis (foto cario Meazza) In alto l'ex presidente della Pallacanestro Varese con la sua famiglia e, a sinistra, con Charlie Yelverton ai tempi d'oro PREALPINA!