STD News 24

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STD News 24
ORGANO UFFICIALE DELLA SIMAST, SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI
STD
N. 24/ottobre 2005
Poste Italiane spa
Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1 comma 1, DCB - Brescia
24
n
e
w
s
Il prof.
Giampiero Carosi
Sommario
1 Editoriale
2 Il ritorno del
linfogranuloma venereo
M. Giuliani
6 L’infezione
da HPV in Italia
M.C. Salfa, C. Bocci, F. Lillo,
S.M. Brunini De Sonza, M. Barbero,
C. Stayton, B. Suligoi
Report da congressi
a pagina 9
Simast International
a pagine 12
Presentazione da congressi
a pagina 15
Siti Web
a pagina 15
A proposito di MST…
a pagina 16
divenuta ormai consuetudine afferma- Editoriale
re che una parte delle “malattie veneree” classiche,sifilide e gonorrea,sono in fase di eliminazione nel nostro Paese e che le
altre, linfogranuloma venereo e ulcera molle, sono state eliminate da tempo.
Fino alla fine del secolo scorso erano i dati
ISTAT a fornire le basi di questa convinzione. La quale poteva poi essere ampiamente giustificata sulla base delle conoscenze teoriche sulla trasmissione
delle IST. Infatti tre sono i fattori che determinano il numero di casi secondari generati da una persona affetta da una IST (incluso l’HIV): il numero dei
partners sessuali, l’efficienza di trasmissione e la durata del periodo infettivo.Azzerare uno qualunque di questi fattori equivale sostanzialmente ad avviare una determinata patologia sulla via della estinzione. Nel caso delle IST
batteriche è possibile ridurre drammaticamente la durata del periodo infettivo con il ricorso alla diagnosi precoce e alla terapia efficace:tecnologie e farmaci appropriati sono ampiamente alla portata dei sistemi sanitari presenti
nel nostro Paese.
Ma qualcosa ha fatto deragliare le IST batteriche da questo percorso virtuoso.I dati ISTAT testimoniano che,a partire dall’anno 2000,l’incidenza dei casi di sifilide primaria e secondaria (cioè recentemente acquisita ed infettiva)
ha presentato in Italia un incremento annuale fino al 400 per cento. Questo
dato è in accordo con analoghe recenti osservazioni in altri paesi europei e
negli Stati Uniti. L’analisi della tipologia dei casi incidenti indica come fattore di rischio principale la trasmissione omosessuale tra maschi. Inoltre, l’epidemia di sifilide è particolarmente segnalata tra soggetti con infezione da
HIV. Poiché l’efficienza dei sistemi diagnostico terapeutici nei paesi dell’Occidente industrializzato è verosimilmente rimasta stabile, è necessario ammettere che alla base dell’epidemia di sifilide vi sia una ripresa delle abitudini sessuali ad alto rischio, cioè la ripresa della promiscuità sessuale con elevato numero di partners e l’uso scorretto e/o irregolare del condom.
È
La riemergenza
delle IST batteriche
Editoriale
A proposito
delle patologie ToRCH
In questo numero di STDNEWS
Massimo Giuliani riporta la ripresa microepidemica del linfogranuloma venereo in Europa e, in
minor misura in Italia. Di rilievo è
la constatazione della verosimile
ampia sottostima dei casi incidenti,imputabile in prima istanza
alla attuale “ignoranza” dell’esistenza stessa della malattia, delle
sue caratteristiche cliniche, e delle procedure diagnostiche. Utilissimo appare quindi il “box” sinottico sulla patologia che accompagna l’articolo. In linea con l’allarme lanciato da alcuni recenti articoli recensiti nella sezione “leading articles” la riemergenza del
linfogranuloma venereo è apparente negli stessi gruppi di popolazione che hanno sperimentato
la riemergenza della sifilide:omosessuali maschi e persone con infezione da HIV. Sarebbe davvero
imprudente trascurare il dato
che l’efficienza di trasmissione
per singola esposizione sessuale
di HIV è notevolmente inferiore a
quella di sifilide e linfogranuloma
venereo, e che di conseguenza è
verosimile che la ripresa microepidemica di HIV sia solo ritardata
rispetto a quella delle IST batteriche. Questo in un contesto in
cui l’incidenza di nuove diagnosi
di infezioni da HIV è comunque in
continua crescita nel nostro Paese. In assenza di rinnovate strategie preventive estensive e mirate
si aprono prospettive rosee alla
diffusione delle IST e dell’infezione da HIV!
Giampiero Carosi
e Alberto Matteelli
2
Il Linfogranuloma
Venereo (LGV):
epidemiologia
di un ritorno annunciato
Massimo Giuliani
Reparto di Epidemiologia
Dipartimento Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate (MIPI).
Istituto Superiore di Sanità - Roma
ti e segnalati in Svezia (8), in Germania (9) e in Spagna (10).
Come era quindi accaduto per i focolai europei e statunitensi di sifilide, anche nel caso del LGV la popolazione colpita è stata in maggioranza quella dei bianchi omosessuali residenti nei maggiori
centri urbani e molti dei quali già
con infezione da HIV-1. Dalle
anamnesi degli individui con LGV,
emergono fattori di rischio come:
non uso del condom, un numero
elevato di partner negli ultimi sei
mesi (> 10), sesso di gruppo e uso
di droghe durante i rapporti. Differentemente dalle casistiche osservate di sifilide infettiva gli individui con LGV riferiscono più
spesso l’uso di pratiche di fisting e
di giocattoli erotici e di clisteri.
Anche alla luce di questa nuova
epidemia, il comportamento omosessuale si sta rivelando, nell’era
del controllo terapeutico dell’infezione da HIV-1, il più importante
acceleratore epidemico per la diffusione nei paesi occidentali di
tutte le altre IST (11).
Infatti la velocità con la quale il
LGV sta determinato casi anche
verso il sud dell’Europa è presumibilmente associata soprattutto
Figura 2 Andamento dei casi di LGV diagnosticati nel Regno Unito al Luglio 2005
(da: CDR Weekly, 2005;15)
Scotland
40
Wales
35
England
30
(excluding Brighton
London)
Brighton
London
Retrospective cases
D
gnosi. Dal settembre 2004 e fino al
26 luglio 2005 sono stati diagnosticati in totale 140 casi (6). L’analisi
dei casi ha mostrato che i) le diagnosi riguardavano in tre casi su
quattro individui con coinfezione
HIV, ii) nei casi la media della durata dei sintomi era stata elevata e
superiore ai 50 giorni; iii) la sindrome ano-rettale era stata la più
frequente presentazione clinica;
iv) la coinfezione con altre STI (soprattutto gonorrea, sifilide e uretriti non-gonococciche) era risultata molto comune tra i portatori. I
soli casi diagnosticati nel giugno
2005 sono stati il doppio di quelli
di maggio e concentrati prevalentemente nella città di Londra (Fig.
2). Questo andamento dei casi indica come l’epidemia nel Regno
Unito sia attualmente in atto e come sia elevato il rischio di una sua
ulteriore espansione.
In Francia fra il 2002 e il 2004 sono stati diagnosticati 123 casi di
LGV con un andamento dei casi in
continuo aumento negli ultimi trimestri, con una concentrazione
dei casi nelle città di Parigi e Bordeaux ed esclusivamente tra maschi omosessuali (7). Recentemente
casi di LGV sono stati diagnostica-
number of cases
opo l’aumento dell’incidenza
della sifilide nella maggior
parte delle città occidentali, un’altra infezione sessualmente trasmissibile (IST) quasi del tutto scomparsa torna a far parlare di sé.
A riemergere questa volta nel panorama epidemiologico dei paesi
occidentali è il Linfogranuloma
Venereo (LGV) del quale sono
stati descritti alcuni focolai in
Nord Europa, con diagnosi effettuate a partire dall’aprile del 2003
ed esclusivamente a carico di maschi bianchi omosessuali.
Il LGV è un’infezione sessualmente trasmissibile causata da alcuni
sierotipi specifici (L1, L2 e L3) di
Chlamydia trachomatis (Fig.1) e
caratterizzata principalmente da
lesioni ulcerative genito-inguinali
(sindrome inguinale) o da lesioni
emorragiche ano-rettali (sindrome
ano-rettale) (VEDI SCHEDA) (1).
Parallelamente si è velocemente
diffusa la preoccupazione per una
rapida espansione dell’infezione
nella Comunità Europea e per
l’impatto che questa malattia ulcerativa potesse avere sulla trasmissione dell’infezione da HIV-1, già
osservata in aumento nello stesso
periodo soprattutto tra gli omosessuali (4-5).
Da allora alcune iniziative per il
miglioramento della sorveglianza
e il controllo dell’infezione sono
state avviate dalla European Surveillance of Sexually Transmitted
Infection (ESSTI), compresa una
conferenza monotematica di aggiornamento tenuta a Bilthoven
quest’anno e aperta a tutti gli specialisti europei.
Nel Regno Unito dal 2004 è stata
avviata una specifica sorveglianza
epidemiologica dell’infezione, che
a partire dall’ultimo trimestre dell’anno e fino ad oggi ha fatto registrare un numero crescente di dia-
25
20
15
10
5
0
3
4
5
6
7 8
2004
9
10 11 12
month
1
2
3
4 5
2005
6
7
3
alla mobilità della popolazione
omosessuale tra le più importanti
città europee, elemento questo
che fa ritenere verosimile che individui con sintomi associati al
LGV possano giungere, o essere
già giunti, all’osservazione anche
nel nostro Paese.
Nelle anamnesi di alcuni dei casi
diagnosticati in Belgio agli inizi
del 2004 erano già presenti riferimenti a rapporti sessuali con maschi italiani (3). Questo suggerisce
l’esistenza di una quota di probabilità che l’infezione sia già arrivata anche nel nostro paese, probabilmente sotto forma di casi sporadici e/o di casi misclassificati per
altre diagnosi. Questo può averne
impedito una diffusione significativa e, diversamente da quanto
successo in altri Paesi, averne
ostacolato anche il rilievo epidemiologico.
In Italia il linfogranuloma venereo
non è mai stato sottoposto a notifica obbligatoria, differentemente
dall’ulcera venerea e dal granuloma inguinale che lo sono stati fino
al 1990, anno in cui sono state ritenute diagnosi non più sottoponibili a segnalazione obbligatoria.
Per tale ragione non disponiamo
per il LGV di alcun dato di diffusione nazionale, seppur “storico”.
Dal 1991 è stato tuttavia inserito
tra le diagnosi segnalabili al Sistema di Sorveglianza Sentinella delle MST coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Dal gennaio
1991 al dicembre 2004 su oltre
87.000 casi totali di IST, quelli di
LGV sono stati circa 50 (<0,1%), di
cui oltre l’80% in maschi e nella
quasi totalità in eterosessuali. Circa la metà dei casi sono stati diagnosticati in individui non Italiani,
perlopiù Africani e con un andamento per anno delle poche diagnosi che mostra una concentrazione dei casi tra il 1991 e il 1993 e
un progressivo decremento delle
segnalazioni fino ad un solo caso
per anno nel 1997, 1998, 2000,
2002 e a nessun caso per il 2003 e
2004.
In questi anni sul totale dei casi di
LGV segnalati al Sistema solo tre
sono stati quelli diagnosticati in
maschi omo-bisessuali e l’ultimo
tra questi risale al marzo 1993.
Secondo il protocollo di Sorveglianza Nazionale delle MST diffuso dall’ISS nel 1990, il LGV è segnalato secondo un criterio di definizione di caso basato sulla presenza di lesioni genitali e di una
adenopatia loco-regionale più l’isolamento, tramite coltura, di C.
trachomatis, (serovar L1-L3) su
prelievo da lesione.
Tale definizione di caso fu concepita soprattutto allo scopo di rilevare le caratteristiche cliniche
della sindrome inguinale, che prima degli ultimi focolai era la presentazione clinica tipica del LGV
tra gli eterosessuali. Questa definizione potrebbe rivelarsi oggi poco sensibile nell’individuare casi
ad espressione clinica basata sulla
Lingogranuloma Venereo (LGV)
o Linfogranuloma Inguinale
Eziologia
Il linfogranuloma venereo è causato da Chlamydia trachomatis sierotipi L1-L3,differentemente da quelli B e D-K che
sono invece responsabili delle infezioni clamidiali dell’uretra e della cervice.
Sintomi
Il LGV si presenta inizialmente come una piccola papula
rosea dolente a localizzazione genitale, che può esitare in
un’ulcera dopo un periodo variabile tra i 3 e i 30 giorni. Solitamente la sede della papula e dell’ulcerazione indicano
il punto di inoculo. La lesione può spesso non rivelarsi soprattutto se localizzata nell’uretra, sulla volta vaginale o
nel retto.Solitamente le manifestazioni cliniche includono:
a. tensione unilaterale o bilaterale a livello inguinale con
macro-adenopatia inguinale (sindrome inguinale)
b. tenesmo, dolore endorettale, dischezia, rettoraggia e
proctocolite (sindrome ano-rettale). Presenti spesso
febbre, dimagramento e astenia. Nella sindrome anorettale del LGV,le manifestazioni cliniche e i reperti istologici possono essere simili alle manifestazioni iniziali di
una malattia infiammatoria dell’intestino.
4
Diagnosi
La diagnosi è basata sul rilievo dei segni clinici con isolamento dell’agente eziologico da prelievo lesionale.
La diagnosi può essere talvolta basata sulla presenza dei
soli segni clinici soprattutto laddove non sia possibile effettuare indagini approfondite di laboratorio.Test sierologici per anticorpi anti-Chlamydia trachomatis potrebbero
supportare la diagnosi clinica.
L’identificazione diretta dell’agente dalla/e lesione/i genitale o
dal sito di infezione (retto) deve essere condotta utilizzando
la coltura o mediante ricerca in PCR con identificazione dei
sierotipi. Non esistono tuttavia reattivi specifici per il LGV.
Terapia
Trattamento raccomandato:
Doxiciclina 100 mg per 2 per dì per 21 giorni.
Trattamento alternativo:
Eritromicina 500 mg per 4 per dì per 21 giorni.
I partner che hanno avuto contatti sessuali con il caso entro
30 giorni dall’esordio devono essere valutati. In assenza di
sintomi dovrebbero tuttavia essere sottoposti a un ciclo di
100 mg di doxiciclina due volte al giorno per sette giorni,oppure trattati con una singola dose di azitromicina da 1 gr.
sindrome ano-rettale. Per questa
ragione il livello di attenzione, per
individuare eventuali casi, deve
essere mantenuto molto alto soprattutto nei centri specialistici
che drenano pazienti con sintomatologia ano-rettale (centri MST,
servizi di gastroenterologia e
proctologia, servizi per la terapia
dell’infezione da HIV), e rivolto a
quegli individui indicati come a
più elevato rischio e a maggior suscettibilità biologica (per es. omosessuali maschi pluripartner o con
infezione da HIV) (11).
Dovrebbero essere sottoposti a ricerca di C. trachomatis tutti gli individui con sintomi di proctite, anche pregressi, e i loro partner sessuali. La ricerca potrà essere effettuata su prelievo lesionale endorettale.
Visto che la diagnosi certa di LGV
(vedi scheda) deve basarsi sul rilievo dei sintomi specifici, sull’
isolamento di C. trachomatis e sulla contemporanea tipizzazione genica dei sierotipi L1-L3, potrebbe
essere utile l’accertamento, soprattutto nei centri sopracitati,
della adeguatezza delle risorse di
laboratorio per una gestione completa dei casi sospetti. Questo limiterebbe il ricorso alla diagnosi
presuntiva che tuttavia, in presenza di sintomi patognomonici ma
nel dubbio o nell’assenza della tipizzazione dopo l’isolamento, ricordiamo deve condurre sempre il
paziente al trattamento specifico,
“come se”. Infatti è solo il mancato
isolamento di C. trachomatis alla
ricerca colturale o tramite PCR,
che può far escludere, anche nell’individuo sintomatico, la diagnosi di LGV.
Come è già successo per la sifilide,
la sola attenzione clinica può tuttavia non rivelarsi la sola arma
sufficiente contro il diffondersi
dell’infezione.
L’informazione degli individui a
rischio, allo scopo di far prevenire
l’esposizione, appare infatti altrettanto importante e da condurre
nei centri clinici all’interno di programmi di counselling “face to fa-
ce” e nei diversi luoghi di ritrovo
mediante l’attività mirata di mediatori alla pari e la distribuzione
periodica di materiale informativo
scritto o audiovisuale.
Inoltre la possibilità di una registrazione centrale delle diagnosi
potrà consentire una osservazione
accurata della loro distribuzione
nello spazio e nel tempo. Per questa ragione, accanto ad una pronta diagnosi e terapia e all’informazione mirata, l’immediata segnalazione di eventuali casi italiani
potrà consentire una più efficace
azione di controllo, ricordando
che il LGV è segnalabile dai 12
centri che partecipano alla Rete di
Sorveglianza Nazionale delle MST
e da tutti i medici in base al Sistema Informativo delle Malattie Infettive e Diffusive (D.M. del
15.12.1990) (12). Il LGV infatti, pur
non essendo inserito nelle classi di
malattie infettive sottoposte a notifica obbligatoria, può utilmente
essere segnalato alla ASL di appartenenza come inserito nella
classe quinta.
Le stesse autorità olandesi hanno
aspramente condannato il comportamento dei medici di Rotterdam che per primi hanno osservato i primi casi europei di LGV, perché, pur avendo provveduto a segnalarli alla comunità scientifica
attraverso la letteratura bio-medica, non si erano preoccupati di segnalarli al Sistema di Sorveglianza delle malattie infettive limitando così le possibilità di conoscenza per scopi di salute pubblica del
fenomeno e soprattutto la predisposizione di interventi preventivi
da parte delle autorità sanitarie
municipali (13).
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13. Bonn D Lymphogranuloma venereum
spread linked to reporting delay. Lancet Infect
Dis 2005; 5: 265.
5
Maria Cristina Salfa°, Carlo Bocci**, Flavia Lillo***, Sandra Maria Brunini de Souza*,
Maggiorino Barbero**, Carol Stayton****, Barbara Suligoi*
° Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Roma “TorVergata”; *Centro Operativo AIDS, Istituto Superiore di Sanità, Roma; ** Divisione di Ginecologia ed Ostetricia ASL
19 Asti; *** Virologia, Ospedale S. Raffaele, Milano; **** BiTech laboratories Milano
Diffusione dell’infezione
da Human Papilloma Virus
(HPV) in Italia
l carcinoma del collo dell’utero è,
nel mondo, la seconda causa di
morte per tumore nelle donne (la
prima in molti paesi in via di sviluppo), dopo il carcinoma mammario[1]. I papilloma virus umani
(HPV), secondo i più recenti dati,
sono alla base dello sviluppo di lesioni cervicali, precursori del cancro del collo dell’utero. L’HPV appartiene alla famiglia delle Papovaviridiae ed è un virus epiteliotropo
a DNA che si replica nelle cellule dell’epidermide [2]. Esistono
più di 150 tipi di HPV, alcuni
interessano prevalentemente
la cute, altri (circa 35) l’epitelio delle vie genitali [3]. A livello genitale l’HPV è responsabile sia di patologie
benigne, come i condilomi ano-genitali,
che maligne, come, appunto, il
carcinoma della
cervice uterina
ed il carcinoma
ano-genitale. La
trasmissione avviene prevalentemente
per via sessuale, come dimostrato dal fatto che
non si rilevano infezioni
da HPV in soggetti che
non hanno mai avuto
I
6
rapporti sessuali. Nella maggior
parte dei casi il virus viene eliminato dalla risposta immunitaria
dell’ospite senza sviluppare alcun
effetto patogeno, in altri casi può rimanere latente o andare incontro a
replicazione con conseguente sviluppo di una lesione a livello genitale: in questi casi il DNA virale si
integra nel genoma della cellula
ospite e genera un meccanismo
che provoca anomalie nella regolazione del ciclo cellulare, responsabili dell’insorgenza successiva della displasia e del tumore [4].
Numerosi studi hanno definitivamente dimostrato che l’HPV costituisce un fattore necessario per lo
sviluppo del carcinoma cervicale.
Tale potere oncogeno è fortemente
associato ad alcuni tipi di HPV denominati “ad alto rischio”, principalmente i tipi 16, 18, 31, 33, 45 [46].
Individuare precocemente un HPV
di tipo oncogeno significa attuare
una diagnosi precoce ed avere una
maggiore probabilità di scongiurare l’evoluzione oncogena.
La tecnica di diagnosi precoce di
maggiore successo nel campo della prevenzione dei tumori del collo
dell’utero è stata il pap-test, capace
di rilevare le modificazioni cellulari causate dall’infezione virale.
Questo metodo, però, vecchio di 60
anni, presenta dei limiti: nel 2040% dei casi dà falsi negativi e falsi positivi [tale percentuale diminuirebbe fortemente se il pap-test
venisse ripetuto periodicamente,
come suggerito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro
di Lione (IARC), ogni tre anni,
avendo il carcinoma del collo dell’utero una lunga fase preinvasiva].
Per questo motivo oggi, si stanno
facendo sempre più strada i test di
biologia molecolare, estremamente sensibili e specifici, che permet-
tono di identificare il virus e distinguerne i diversi tipi (ad alto o basso rischio oncogeno) [7, 8].
I dati internazionali comunque dimostrano l’utilità dello screening
per il cervico carcinoma nella popolazione femminile: nei paesi sviluppati, ove si è cercato di educare
le donne ad aderire a programmi di
screening mediante pap-test, si è
osservata una diminuzione della
mortalità per cancro della cervice
del 60-80% [7].
Grazie ai nuovi mezzi diagnostici
sono stati effettuati diversi studi atti a stimare la prevalenza del virus:
secondo alcuni la prevalenza di
HPV a livello cervicale in donne
con citologia normale ed a livello
penile o uretrale in uomini asintomatici si aggira intorno al 15-20%
[9]. Lo stesso IARC ha promosso diversi studi su donne della popolazione generale al fine di studiare la
diffusione dell’HPV-DNA e i risultati dimostrano una variabilità geografica della prevalenza che oscilla
dall’1% al 25% [10].
Generalmente la prevalenza di
HPV raggiunge il massimo attorno
ai 20-24 anni poi diminuisce progressivamente nelle successive fasce di età, mentre l’incidenza del
carcinoma della cervice aumenta
con l’età. Questo è legato probabilmente al fatto che in giovane età si
ha un maggior numero di partners
sessuali, uno dei principali fattori
di rischio per l’infezione da HPV,
che diminuisce con gli anni [11].
I fattori associati ad un maggior rischio di infezione sono: un alto numero di partners, un’elevata promiscuità sessuale del partner,
un’alta frequenza di rapporti vaginali, la presenza di altre infezione
sessualmente trasmesse e uno stato di immunodepressione. Mentre
i fattori che possono favorire la persistenza del virus e l’eventuale evo-
luzione neoplastica sono: la presenza di HPV ad alto rischio, l’integrazione del genoma dell’HPV nel
DNA della cellula ospite, un’elevata carica virale dell’HPV, la presenza contemporanea di vari tipi di
HPV, il grado di lesione presente a
livello cervicale, il fumo di sigaretta, l’uso di contraccettivi orali (specie se per più di 5 anni), un elevato
numero di gravidanze a termine, la
presenza contemporanea di un’infezione da virus herpes simplex tipo 2, una precedente infezione da
Chlamydia trachomatis [4, 12].
Da quanto detto emerge la necessità di conoscere meglio la storia
naturale di questo virus, nonché la
sua diffusione nella popolazione
generale, per comprendere tanto i
fattori che favoriscono l’acquisizione del virus, quanto le variabili che
ne determinano la persistenza.
I dati disponibili in italia
Fino a poco tempo fa, in Italia non
erano disponibili dati relativi alla
diffusione dell’infezione da HPV
nelle donne della popolazione generale. Negli ultimi anni, invece,
sono stati condotti due studi sulla
prevalenza di questa infezione nelle donne della popolazione generale, uno svolto a Torino fra l’aprile e
il giugno 2002 [13] e uno ad Asti fra
l’aprile e l’ottobre 2003 [14]. Sono
state arruolate rispettivamente,
1.013 donne e 500 donne tra i 25 e i
70 anni, che partecipavano ad uno
screening organizzato per la prevenzione del cervico carcinoma.
Nel primo studio, la prevalenza del
virus è stata dell’8,8%, con una percentuale di HPV ad alto rischio
(HR) del 7,1% e dell’HPV a basso rischio (LR) del 1,7%. I tipi HR rappresentavano l’80,9% di tutti gli
HPV identificati. Le donne di età
compresa tra i 30 e i 39 anni mostravano la percentuale più elevata
di HPV positività (13,8%); che diminuiva nelle successive fasce di
età fino ad un 3,7% nelle ultrasessantenni.
L’HPV 16 è stato il tipo più comune,
presente in un terzo delle donne
HPV positive. Gli altri tipi più frequenti sono stati il 45, il 66, il 31 e il
39. La prevalenza dell’infezione da
HPV è risultata significativamente
più elevata nelle nubili rispetto alle sposate (OR 2,23%; IC 95% 1,283,89). La percentuale di HPV positività è stata superiore, anche se non
statisticamente significativa, nelle
donne con bassa scolarità e nelle
donne con laurea, rispetto alle donne con diploma elementare, nelle
donne i cui partners avevano una
bassa scolarità e nelle donne pluripare rispetto alle nullipare. Allo
scopo ulteriore di spiegare l’effetto
combinato dell’età, dello stato civile e della nulliparità che, in questo
studio, hanno avuto la maggior
correlazione con l’infezione da
HPV, si è valutata la prevalenza dell’HPV per età, separatamente in
donne nubili, in donne nullipare
sposate e in donne pluripare sposate. Nella fascia 25-44 anni, le donne
nubili hanno avuto un’alta prevalenza di HPV rispetto alle pluripare
sposate (OR 3,24; IC 95% 1,616,51), mentre la prevalenza di HPV
tra le nullipare sposate è stata intermedia. La prevalenza di HPV è
stata simile in tutte le categorie a
partire dai 45 anni.
Tra le 89 donne HPV positive, solo il
12,4% presentava un pap-test
anormale.
Nello studio condotto ad Asti, la
prevalenza del virus è stata del
10,6%, con una frequenza dell’HPV
HR del 7,0% e dell’HPV LR del
3,6%. I tipi HR costituivano il 66,0%
di tutti i tipi identificati. Anche in
questo studio la fascia di età maggiormente colpita dall’infezione
7
Tabella 1 Positività per l’HPV in base all’esame citologico
fattori
pap-test effettuato
precedentemente
Si
No
Non so
pap-test attuale
normale
anormale
ASCUS
H-SIL
L-SIL
non adeguato
n. totale
(% di riga)
1.WHO.World Health Report 2001. Sito internet:htpp://www.who.int/whr2001/2001.
2.W.C.Phelps et al.,Ann Intern Med, 1995.
440
52
8
452
9
4
1
4
39
era quella tra i 30 e i 39 anni
(18,9%). Gli HPV 18 e 16 sono stati
i tipi più frequenti, rispettivamente
22,6% e 17,0% delle donne HPV positive, seguiti dai tipi 31, 51 e 61. La
positività per HPV è risultata significativamente associata con il fumo
di sigaretta (OR 2,50 IC 95% 1,414,45) e con l’assunzione di contraccettivi orali (OR 2,34 IC 95% 1,294,23). La percentuale di donne HPV
positive è stata superiore, anche se
non statisticamente significativa,
nelle nubili e divorziate rispetto alle coniugate e vedove (15,5% vs
9,1%) (come rilevato anche nello
studio di Torino), in coloro che riferivano il mancato uso del profilattico rispetto a chi lo usava occasionalmente o sempre (12,1% vs
7,5%), nelle donne che non avevano mai fatto un pap-test rispetto a
chi lo aveva fatto (13,5% vs 10,2%)
e nelle donne con citologia anormale rispetto a quelle con citologia
normale (66,7% vs 9,5%). In particolare analizzando la relazione tra
i risultati del pap-test e la positività
per l’HPV (tabella 1), si è osservato
tra le 52 donne che non avevano
mai fatto un pap-test in precedenza
una prevalenza di infezione maggiore rispetto a chi lo aveva fatto.
Inoltre analizzando i risultati del
pap-test attuale, si è osservato che
su 53 donne infette con HPV, solo 6
(11,3%) avevano un pap-test anormale.
Dall’analisi dei risultati ottenuti nei
due studi, si rileva che:
• la percentuale di donne infette è
8
positivi hpv
Bibliografia
45
7
1
43
6
1
1
4
4
10,2
13,5
12,5
9,5
66,7
25,0
100,0
100,0
10,2
risultata attorno al 9,0-10,0%, prevalendo i tipi HR;
• la prevalenza più elevata di infezione si è riscontra nella fascia di
età più giovane (30-39 anni);
• nello studio condotto a Torino i tipi 16, 45 e 66 sono risultati i più frequenti, mentre nello studio condotto ad Asti, i tipi più frequenti erano
il 16, il 18 e il 51;
• i fattori associati ad un maggior
rischio di infezione in entrambi gli
studi sono risultati: l’essere “single” e l’assunzione di contraccettivi orali;
• il fumo di sigaretta è risultato significativamente associato all’acquisizione dell’infezione nello studio di Asti, mentre la nulliparità è
risultata associata nello studio di
Torino.
Conclusioni
Dai risultati di questi due studi,
emerge che, nel nostro paese, c’è
un’elevata prevalenza di HPV in
donne giovani, con una maggiore
frequenza di infezione nelle nubili e
divorziate rispetto alle coniugate e
vedove. La probabilità di acquisire
l’infezione è più alta in chi fuma e
in chi fa uso della pillola anticoncezionale. Inoltre, la presenza dell’HPV rimane non rilevabile citologicamente nel 90,0% dei casi circa.
Questi dati sottolineano la necessità
di migliorare le conoscenze sull’epidemiologia dell’HPV in Italia al fine di poter programmare interventi di prevenzione mirati alle fasce di
popolazione maggiormente colpite.
3.“La diagnosi delle infezioni genitali da papillomavirus umano”; M. Fimiani, C. Mazzatenta.Argomenti di dermatologia 1993, 2:105-128.
4.“Epidemiologia dell’infezione da Human Papilloma virus (HPV) nel tratto genitale”; B.Suligoi.
EsaDia, rivista di attualità diagnostiche, anno 7 –
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6.“Human papillomavirus types in invasive cervical cancer worldwide: a meta-analysis”; G.M.
Clifford,J:S.Smith,M.Plummer,N.Munoz,S.Franceschi. Br J Cancer. 2003 Jan 13;88(1):63-73.
7.“Screening in Italia e peculiarità rispetto ai Paesi anglosassoni”; G.R. Montanari. La colposcopia
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study”; J.O Thomas, R. Herrero, A.A. Omigbodun, K. Ojemakinde, IO Ajayi,A. Fawole, O. Oladepo, J.S. Smith,A.Arslan, N. Munoz, P.J. Snijders,
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cervical cancer in Chennai, India: a case-control
study”; S. Franceschi,T. Rajkumar, S.Vaccarella,V.
Gajalakshmi,A. Sharmila, P.J. Snijders, N. Munoz,
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14.“Epidemiologia dell’infezione cervico-vaginale da Human Papilloma virus (HPV) in donne afferenti ad un programma organizzato per la prevenzione del cervico carcinoma”; M.C.Salfa,
C.Bocci,F.Lillo,S.M.Brunini de Souza,M.Barbero,
C.Stayton,Barbara Suligoi.Abstract accettato alla IX Conferenza Nazionale di Sanità Pubblica,
Parma 13-15 ottobre 2005.
R
E P O RT
DA
C O N G R E S S I
SIMAST presente a
Roma in un Workshop
sulle Infezioni
Sessualmente Trasmesse
Il 28 settembre scorso si è tenuto a
Roma presso l’Istituto Superiore di
Sanità un Workshop dedicato al tema
“Infezioni sessualmente trasmesse
(IST): problema passato o presente?”.
L’appuntamento, organizzato in
collaborazione con la SIMAST, ha
riunito un vasto pubblico di medici
specialistici e una squadra
pluridisciplinare di relatori. Un gruppo
compatto quest’ultimo, che ha saputo
concentrare in una sola giornata
quanto di nuovo oggi emerge dal
panorama clinico ed epidemiologico di
queste infezioni.
Il Workshop è stato organizzato sulla
scia dell’attuale dibattito scientifico
che attribuisce un ruolo sempre
maggiore ai comportamenti sessuali
quali determinanti di emergenza e
riemergenza di malattie infettive.
Peraltro lo stesso recente aumento
dell’incidenza della sifilide nel nostro
paese e quello dell’infezione da HIV in
alcuni gruppi a più alto rischio hanno
indotto alcune istituzioni a riavviare
l’aggiornamento del personale
sanitario in quest’area specialistica.
L’appuntamento si è svolto in due
sessioni. Quella della mattinata
dedicata agli aspetti più propriamente
clinico-epidemiologici delle IST, mentre
la pomeridiana più centrata su aspetti
di intervento e prevenzione.
La giornata si è aperta con una lettura
sulle novità nell’epidemiologia delle
IST in Europa (Matteelli, Brescia) che
ha consentito di fare il punto sul
recente aumento dell’incidenza di
alcune infezioni batteriche (per es.
sifilide) e sulla crescente diffusione di
quelle virali (HIV, HPV e HSV2). A
seguire, è stato fatto il punto sulle
moderne tecniche diagnostiche delle
infezioni batteriche e protozoarie
(Pozzoli, Ospedale Niguarda) e
presentati utili suggerimenti nella
organizzazione del moderno
laboratorio di riferimento per le IST.
Una relazione a parte è stata dedicata
alle sequele (Mangione, Palermo) sulla
salute riproduttiva con ampio
riferimento ai problemi di ipofertilità in
ambo i sessi e ai protocolli oggi
disponibili per ovviare o limitare i
danni funzionali e anatomici arrecabili
dagli agenti ST.
Alla sifilide è stata dedicata una
relazione monotematica fortemente
orientata sulla clinica. Utilizzando
un’ampia iconografia di casi di sifilide
precoce, sono state presentate (Di
Carlo, Roma) alcune delle peculiarità
cliniche che sembrano sempre più
caratterizzare le attuali casistiche,
come i sifilomi multipli ed extragenitali,
la sovrapposizione di lesioni di diverso
stadio o le papule del cavo orale. Sul
linfogranuloma venereo, quasi
scomparso fino al 2003 in Europa, il
programma si è soffermato con una
relazione (Del Monte,Torino) che ha
permesso di fare il punto sui focolai
della malattia descritti recentemente a
macchia di leopardo in buona parte
dell’Europa, anche allo scopo di
indicare i punti salienti per una
prevenzione e controllo dell’infezione
anche nel nostro paese.
La sessione pomeridiana si è aperta
con una lettura sulle novità in tema di
vaccini contro l’infezione da HPV
(Franceschi, Lione) e sui promettenti
risultati di alcuni vasti trial di fase II e
III che già alimentano l’ottimismo per
una disponibilità a breve di un vaccino
efficace.
Uno spazio è stato poi dedicato alle
Linee Guida per il trattamento delle
IST (Cusini, Milano) e alla
presentazione dei criteri per il loro
uso appropriato. Le ultime tre
relazioni hanno poi completato i temi
più importanti che oggi riguardanoi le
IST, nell’ordine; le relazioni tra IST e
le popolazioni migranti (D’Antuono,
Bologna), l’opportunità di uno
screening per la gonorrea in
popolazioni ad alto rischio (Moise,
Gorizia) e i rapporti sinergici tra IST
e l’infezione da HIV (Zuccati,
Firenze).
Il Workshop si è chiuso con una
Tavola Rotonda su “Comportamento
sessuale e infezioni: come controllare
e cosa prevenire” alla quale hanno
partecipato oltre che esperti
istituzionali (Greco e Rezza, Roma)
anche ospiti esterni. L’insieme degli
argomenti sollevati durante la tavola
rotonda ha contribuito a raccogliere
utili suggerimenti e iniziative per la
promozione della prevenzione delle
infezioni sessualmente trasmesse
anche nel nostro paese.
9
R
E P O RT
DA
C O N G R E S S I
XIX Congresso Anlaids
Vibo Valentia 21-23 ottobre 2005
Aids in Italia: le cifre
Alla Conferenza stampa di
presentazione del XIX Congresso
Nazionale dell’Anlaids aperto il 21
ottobre a Vibo Valentia il presidente
Anlaids Fernando Aiuti commenta:
“Aids malattia dimenticata. Non se ne
parla più. Ma il virus HIV non si
dimentica di colpire. Ogni due ore in
Italia una persona si infetta. E va ad
aggiungersi ai 120mila sieropositivi
attualmente presenti nel nostro Paese.
Si infetta e non lo sa. Lo scoprirà solo
quando ormai è troppo tardi, quando
il virus è nella forma conclamata.
Perché anche il test è dimenticato:
nella metà dei casi i malati dichiarano
di non essersi mai sottoposti prima ad
un test. Hanno vissuto da sieropositivi
senza saperlo. E senza evitare di
diffondere il virus: sono i nuovi
“inconsapevoli untori”.
Le cifre sono del Centro Operativo
Aids dell’Istituto Superiore di Sanità:
Sono 21mila i malati di Aids nella
forma conclamata oggi in vita in Italia.
Nei primi sei mesi del 2005 sono stati
notificati 789 nuovi casi di Aids. Di
questi 443 si riferiscono a diagnosi
effettuate nel primo semestre, gli altri
a periodi precedenti. “ C’è la chiara
sensazione- dice Gianni Rezza,
Direttore del Reparto di
Epidemiologia, Dipartimento Malattia
Infettive dell’Istituto Superiore di
Sanità - che c’è un ritardo notevole
nelle notifiche, quindi il dato che si
riferisce alle diagnosi di questo primo
semestre è certamente sottostimato.
Indubbiamente c’è un abbassamento
della guardia anche fra chi dovrebbe
per primo tenere alta l’attenzione”.
Dal 1982, anno della prima diagnosi di
Aids in Italia, al 30 giugno 2005 nel
nostro Paese, secondo i dati del COA
(Centro Operativo Aids) dell’Istituto
10
Superiore di Sanità si sono avuti
55.286 casi di malattia nella forma
conclamata. Di questi, il 77,6 per cento
(42.904) erano di sesso maschile, l’1,3
(742) erano bambini al di sotto dei
tredici anni e il 6,6 (3.629) erano
stranieri. Dall’inizio dell’epidemia al 30
giugno 2005 risultano deceduti 34.532
pazienti (62,5 per cento). Quest’ultimo
dato è sottostimato – anche se più
accurato rispetto agli anni passati – a
causa della non obbligatorietà della
notifica di decesso per Aids. Si stima
che nel nostro Paese i sieropositivi
siano 110-130 mila.
Secondo Vincenzo Guadagnino, copresidente del Congresso, “la parte
scientifica del XIX Congresso Anlaids
a Vibo Valentia vuole andare di pari
passo con l’attualità, accendendo i
riflettori sui nuovi scenari disegnati
dall’epidemiologia in Italia e nel
mondo. Scenari che si correlano alla
trasmissione sessuale che è stata
sempre messa in relazione ai
comportamenti a rischio nei giovani
ma che adesso riguarda in maniera
preoccupante anche gli adulti e gli
anziani.
È arrivato “Lady Condom”
il preservativo femminile
È arrivato in Italia il preservativo per
la donna. È stato sperimentato nella
ASL RM E di Roma in collaborazione
con l’Istituto Superiore di Sanità.
Qualcuno lo ha già battezzato “Lady
Condom”. Si tratta di un metodo di
barriera protettivo e contraccettivo in
poliuretano, molto sottile ma più
resistente del lattice con cui è
confezionato il profilattico maschile.
Tra i lavori congressuali è stato
presentato uno studio, coordinato da
Laura Spizzichino dell’Unità Operativa
Aids della ASL RM E in collaborazione
con gli operatori del Telefono Verde
Aids dell’Istituto Superiore di Sanità,
che ha coinvolto 162 persone (tutte
negative al test HIV, tutti italiani e tutti
eterosessuali, nessuno dei quali dedito
alla prostituzione), il 66.7 per cento
donne. L’età media di queste ultime
era di 29.3 anni, degli uomini 31.5 anni.
La quasi totalità delle donne cui il
preservativo è stato proposto ha
accettato di provarlo mostrando
curiosità, interesse, sottolineando la
disponibilità ad utilizzarlo se fosse in
vendita in Italia. Ad ogni donna che ha
accettato di provare il preservativo
femminile, sono stati consegnati tre
profilattici con le istruzioni per
l’inserimento e l’uso. Prima dell’uso è
stato effettuato un sondaggio fra le
donne e gli uomini arruolati. Ebbene,
quasi tutti gli intervistati non avevano
avuto mai notizia di un profilattico
femminile.
Come funziona. Il profilattico
femminile ha due anelli, uno per ogni
estremità di un tubo di poliuretano
che è chiuso ermeticamente ad una
estremità. L’anello chiuso viene
inserito nella vagina sopra la cervice
mentre l’anello aperto rimane fuori
del corpo. Il contraccettivo femminile
si dispone lungo le pareti della vagina.
Il profilattico femminile, come il
profilattico maschile, deve essere
inserito prima della penetrazione e
deve essere usato correttamente ogni
volta che si ha un rapporto sessuale.
Nello studio si afferma che il
profilattico femminile sperimentato è
un conduttore di calore e quindi non
limita la sensibilità e non nuoce alla
naturalezza del rapporto. Non si
deteriora, non dà effetti collaterali, non
altera la flora vaginale. E non provoca
reazioni allergiche, al punto che può
essere utilizzato anche da coloro che
hanno sviluppato un’allergia al lattice.
Secondo il professor Fernando Aiuti “il
preservativo femminile è molto
importante perché rompe un tabù.
Quando sarà introdotto in Italia,
consentirà alla donna di liberarsi dalla
condizione di sudditanza nei confronti
dell’uomo. Si libera dalla volontà
egoistica del partner che spesso non
vuol usare il preservativo”.
Bambini in provetta:
discriminate le donne
sieropositive
Rapporto sulla prostituzione a
Roma: realtà e cifre
La dottoressa Laura Spizzichino,
psicologa alla ASL RM E di Roma ha
presentato il “Rapporto Prostituzione a
Roma” con numerosi spunti
interessanti.
La prostituta in strada. Su dieci, solo
una è italiana. E sempre su dieci, almeno
otto sono schiave, con un protettore
violento. Il numero più alto è delle
ragazze dell’Est, seguono quelle
dell’Africa centrale e del Sud America.
Otto clienti su dieci chiedono di avere
un rapporto senza preservativo.
Naturalmente la prostituta che accetta
fa salire il prezzo che raggiunge anche i
cento euro. Ci sono poi clienti – sono
due su dieci – che chiedono alla donna
di assumere cocaina insieme a loro e
questo perché il rapporto, sotto
l’effetto della droga, tende a durare di
più. C’è un altro elemento angosciante:
è la violenza. Non violenza nel senso di
maltrattamenti ma violenza nel
rapporto sessuale.
Prostituzione maschile. È
soprattutto straniero.Arriva a
prostituirsi fino a oltre 50 anni. Gli viene
richiesto di vestirsi da donna anche se
lui non ha assolutamente atteggiamenti
femminili. Si presta solo al
travestimento. Si fa pagare dai dieci ai
cinquanta euro.
Viados. In stragrande maggioranza è
sud americano e non si è sottoposto ad
un intervento chirurgico, moltissimi
clienti vogliono andare con lui a
condizione che abbia conservato il
pene. E questo perché nella
maggioranza dei casi il cliente chiede di
essere considerato soggetto passivo nel
rapporto sessuale. I prezzi vanno da
dieci a cinquanta euro ma, se c’è di
mezzo la cocaina, sale notevolmente.
Anche il viados è sempre più costretto
ad avere un rapporto sessuale violento.
Il cliente. In maggioranza va da 25 a 35
anni. Molti i professionisti. Sei su dieci
hanno una famiglia o comunque un
partner fisso. Quando vanno con una
prostituta o un uomo che si prostituisce
dicono che sono costretti a farlo perché
in casa non hanno rapporti o li hanno in
modo per loro non soddisfacente. Si
scopre però, talvolta, per confessione
delle mogli, che questo non è vero.“Il
cliente, in pratica, - dice Laura
Spizzichino - pagando si mette al sicuro:
evita qualunque giudizio sulla sua
prestazione e soprattutto non deve dare
spiegazioni se la sua prestazione non è
all’altezza. Il dato più grave è che otto
clienti su dieci chiedono di fare all’amore
senza preservativo. Sono disposti a
pagare molto di più. Chi chiede di avere
un rapporto senza preservativo non si
preoccupa minimamente del rischio di
una malattia, ha da tempo rimosso il
pericolo Aids o Sifilide. Chi ha un
rapporto con il preservativo, spesso
finisce nel tunnel dell’angoscia perché si
domanda in continuazione se, per
qualche suo maldestro comportamento,
si è infettato.Vive con l’angoscia il
rapporto ma questo non gli impedisce di
tornare con la prostituita. E nemmeno lo
spinge a sottoporsi al test HIV.Tre clienti
su dieci si innamorano della prostituta e
cercano di redimerla, qualcuno la sposa.
Sesso “insospettabile”. Studentesse,
madri di famiglia, professioniste,
impiegate, casalinghe. Cresce il numero
delle protagoniste del sesso a
pagamento. Ma non mancano giovani
studenti che così si possono mantenere,
permettere le vacanze all’estero o l’auto.
Poiché i rapporti si svolgono in
grandissima maggioranza in
appartamenti, le misure igieniche sono
almeno in parte assicurate. Le donne
affittano singolarmente un appartamento
o si consorziano. L’importante è non
creare sospetti nel condominio. Ma non
mancano casi, soprattutto fra gli
studenti, di sesso a domicilio del cliente.
Le tariffe, a differenza della prostituzione
per strada, sono alte. Dipendono
dall’avvenenza della donna o del ragazzo
e anche dall’ambiente dove la
prostituzione avviene. Non mancano casi
di mariti o fidanzati o comunque partner
consenzienti.
Il 28 ottobre, alla Commissione
Nazionale Aids, si discuterà
dell’accesso delle donne
sieropositive alle tecniche di
maternità assistita. In quella sede
ci sarà un’audizione dei professori
Fernando Aiuti, Mauro Moroni,
Roberto Cauda ed Enrico
Ferrazzi.Attualmente, non è
previsto l’accesso alle tecniche
della provetta alle donne
sieropositive. Su questo tema ha
svolto una relazione al Congresso
Anlaids a Vibo Valentia il
professore Enrico Ferrazzi,
Direttore del Dipartimento
Materno Infantile dell’Ospedale
Sacco, Polo Universitario di
Milano.“I recenti successi della
cura farmacologica dell’infezione
da HIV e le moderne tecniche
acquisite negli ultimi anni
nell’ambito della procreazione
assistita – ha detto Ferrazzi –
rendono oggi possibile alle coppie
sierodiscordanti per infezione da
HIV, di poter soddisfare uno dei
desideri fondamentali dell’essere
umano: il bisogno di genitorialità,
annullando il rischio di contagio
sessuale e di conseguenza
verticale”. È discriminatorio,
secondo Ferrazzi, negare ad una
donna sieropositiva che vive
all’interno di una coppia stabile il
diritto ad avere un figlio con le
tecniche della maternità assistita
evitando così di trasmettere
l’infezione al partner. Il professor
Ferrazzi, nel suo intervento, ha
auspicato la promozione da parte
della Commissione Nazionale
Aids, di uno studio controllato che
coinvolga i Centri specializzati
nella maternità assistita.
Su contributo di:
Luciano Ragno, Capo Ufficio Stampa Anlaids
Argon Media, Ufficio stampa Anlaids
11
S
I M A S T
I
N T E R N AT I O N A L
The New England Journal of Medicine 2005:353;1236-1244
AZITROMICINA IN SINGOLA DOSE VERSUS BENZILPENICILLINA NELLA TERAPIA
DELLA SIFILIDE PRECOCE
Riedner G, Rusizoka M,Todd J, Maboko L, Hoelscher M, Mmbando D, Samky E, Lyamuya E, Mabey D, Grosskurth H, Hayes R.
Introduzione: alcuni studi pilota suggeriscono che una singola dose di azitromicina 2 gr per via orale potrebbe essere un’alternativa alla terapia classica con benzilpenicillina G 2.4 milioni U/I IM, sia nella prevenzione che nel trattamento della sifilide. È stata valutata l’efficacia di azitromicina in un Paese in Via di Sviluppo (PVS).
Metodi: mediante uno screening effettuato in una popolazione ad elevato rischio a Mbeya,Tanzania, sono stati arruolati 328 soggetti, di
cui 25 con sifilide I e 303 con sifilide latente ad elevato titolo anticorpale (RPR > 1:8); tale popolazione è stata randomizzata in due gruppi: 163 soggetti assumevano azitromicina 2 gr per os (gruppo A) e 165 soggetti venivano trattati con benzilpenicillina G 2.4 milioni U/I IM
(gruppo B). L’obiettivo primario riguardava l’efficacia terapeutica, definendo la cura mediante la sierologia (riduzione del titolo RPR di > 2
diluizioni entro 9 mesi dal trattamento) e, nella sifilide I mediante la guarigione delle ulcere entro 1-2 settimane.
Risultati: la popolazione arruolata aveva un’età media di 27 anni, 235 (71.6%) erano donne e 171 (52.1%) avevano una infezione da HIV.
Il tasso di cura risultava 97.7% (IC 95%, 94% - 99.4%) nel gruppo A e 95% (IC 95%, 90.6% - 97.8%) nel gruppo B (IC per la differenza 95%,
-1.7 a 7.1%), permettendo il raggiungimento dei criteri di equivalenza. I tassi di cura erano simili nei 2 gruppi ed in tutti i sottogruppi anche al 3° e 6° mese dal termine del trattamento. Il tasso di cura a 3 mesi era 59.4% (IC 95%, 51.8 - 67.1) nel gruppo A e 59.5% (IC 95%,
51.8 - 67.3) nel gruppo B; a 6 mesi era 85.5% (IC 95%, 79.4 - 90.6) e 81.5% (IC 95%, 74.8 - 87.4), rispettivamente.
Conclusioni: una singola dose di azitromicina è efficace nel trattamento della sifilide e può essere particolarmente utile nei PVS in cui
l’utilizzo IM della benzilpenicellina G risulta problematico.Tuttavia, recenti segnalazioni negli Stati Uniti di resistenza all’azitromicina del T.
pallidum sottolineano l’importanza di un continuo monitoraggio microbiologico.
Commento
(a cura di Anna Beltrame, Clinica di Malattie Infettive - Udine, e Susanna Capone, Istituto Malattie Infettive - Brescia)
Nonostante 50 anni di utilizzo costante della penicillina per il trattamento della sifilide, il T. pallidum risulta completamente suscettibile a questo economico farmaco. In effetti, le linee guida internazionali (sia europee sia americane) sono concordi nel prevedere l’utilizzo della penicillina G benzatina come primo farmaco di scelta nel trattamento della sifilide indipendentemente dallo stadio dell’infezione.Tuttavia, la modalità
di somministrazione con rischio di trasmissione di infezioni a trasmissione parenterale, la necessità di disponibilità di personale sanitario formato, l’esistenza di casi con ipersensibilità alla penicillina rendono il suo utilizzo problematico.Attualmente le linee guida considerano doxicilina ed eritromicina quali farmaci alternativi maggiori, entrambi somministrati per lunghi periodi di tempo.
Lo studio di equivalenza di Riedner et al. evidenzia come l’utilizzo di azitromicina 2g in singola dose possa rappresentare un’alternativa altrettanto efficace per il trattamento della sifilide precoce, anche nei soggetti con infezione da HIV.Tale suggerimento risulterebbe utile soprattutto nei paesi a risorse limitate, facilitando il trattamento sindromico delle ulcere genitali (T. pallidum, H. ducreyi), estendendo lo spettro di azione
ad altre infezioni (C. trachomatis, N. gonorrhoeae) frequentemente coesistenti in soggetti a rischio e facilitando la gestione del partner sessuale.
Lo studio porta alla ribalta un’altra problematica specifica dei paesi a risorse limitate, nei quali le strutture sanitarie sono spesso sub-ottimali:
la terapia parenterale continua a comportare un rischio in termini di trasmissione di infezione da HIV, HBV ed HCV.Tra i farmaci alternativi
somministrabili per via orale l’impiego di un farmaco efficace in dose singola ha vantaggi incalcolabili in termini di aderenza rispetto a quelli che
richiedono settimane di somministrazione. L’impiego prospettato della azitromicina in paesi a basse risorse solleva problematiche di costi.Tuttavia, oltre i costi del farmaco, certamente superiori rispetto a quelli della penicillina, è importante considerare i costi del personale e delle siringhe.
Alcune problematiche rimangono aperte.Una di queste è relativa agli effetti collaterali dell’azitromicina alla dose di 2 g,in passato utilizzata per
il trattamento della gonorrea,e trovata gravata da un elevato tasso di eventi avversi.Lo studio segnala che circa l’11,4% dei pazienti trattati con
questo farmaco, ha presentato una sintomatologia gastrointestinale da lieve-moderata, nel complesso quindi senz’altro accettabile. È possibile
che la sede dello studio, la Tanzania, possa giustificare le differenze in termini di tollerabilità rispetto a studi condotti negli Stati Uniti ed Europa.
Un secondo e forse più importante dubbio concerne l’efficacia. Il concetto di guarigione sierologia (diminuizione del titolo RPR di almeno due
diluizioni nell’arco dei nove mesi) rimane non esente da critiche in termini sia di sottostima che sovrastima d’efficacia. Il follow-up, limitato in
questo studio a nove mesi, non è certo sufficiente per la valutazione di eventuali fallimenti clinici del trattamento. Questo appare di particolare rilievo a fronte delle segnalazioni di Lukehart sull’emergenza di resistenze delT.pallidum all’azitromicina (vedi STDNEWS 23):non è stato ancora chiarito se ceppi resistenti siano limitati a comunità con comportamento sessuale a rischio in USA e Irlanda (conseguente ad abuso terapeutico) o se siano diffusi a livello mondiale.
In attesa di ulteriori studi le linee guida dei CDC del 2006 (prossima uscita) non consigliano l’utilizzo dell’azitromicina come prima scelta per
il trattamento della sifilide precoce.
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J Paediatr Child Health. 2005;41:260-264
ADOLESCENTI E INFEZIONI SESSUALMENTE TRASMESSE: INFORMAZIONE E COMPORTAMENTO SESSUALE IN ITALIA
Trani F, Gnisci F, Nobile CG,Angelillo IF.
Obiettivi: le Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) negli adolescenti continuano a rappresentare un importante problema di sanità pubblica, sia nei Paesi Industrializzati (PI) sia nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Questo studio ha valutato l’informazione ed il comportamento sessuale di un campione di adolescenti in relazione alla prevenzione delle IST
Metodi: le informazioni sono state rilevate mediante un questionario autosomministrato ad una popolazione di 644 studenti dell’Università e delle scuole pubbliche medie superiori di età compresa tra 14 e 20 anni di Catanzaro (Italia)
Risultati: solo il 14.2% del campione era a conoscenza delle principali IST oltre al dato della possibilità di trasmissione durante rapporti
sessuali con partner affetto da HIV; tale consapevolezza era significativamente maggiore tra gli adolescenti che riferivano un maggior numero di partners sessuali durante la vita e che avevano ricevuto informazioni sulle IST da personale sanitario. Il 33.8% riportava di avere
avuto almeno un rapporto sessuale e 16 anni era l’età media del primo rapporto sessuale. I soggetti maschi di età maggiore o con madre
lavoratrice, riportavano in maggior misura di aver avuto rapporti sessuali. La prevalenza dell’utilizzo costante del preservativo durante i
rapporti sessuali era uguale a 51.8%, abitudine riportata soprattutto dai soggetti maschi più giovani. La prevalenza dell’uso del preservativo durante il più recente rapporto sessuale era uguale a 71.9%. L’età inferiore, la maggiore consapevolezza del rischio di contrarre IST e
la minore informazione su di esse, erano indipendenti fattori predittivi per l’utilizzo del preservativo. Il tasso medio dello score per valutare la percezione del rischio di contrarre un IST era uguale a 5.8%.
Conclusioni: è necessario creare ed implementare le strategie di informazione sulle IST con la speranza di aumentare il livello di conoscenza di queste infezioni tra gli adolescenti e di ridurre i comportamenti sessuali a rischio.
Commento (a cura di Giada Rorato, Clinica di Malattie Infettive – Policlinico Universitario a Gestione Diretta – Udine)
Rispetto agli altri PI i nostri adolescenti dimostrano una minore attività sessuale (33.8% almeno 1 rapporto sessuale) ed un maggiore utilizzo del preservativo (costante 51.8%, spesso 25.3%).Tuttavia, il disegno di studio (questionario auto-compilato) potrebbe comportare una
sottostima del reale comportamento sessuale dei giovani. Inoltre, sebbene la popolazione analizzata fosse quasi completamente consapevole della trasmissione sessuale dell’HIV (99.4%), molti risultati presentati in questo studio dimostrano come gli adolescenti di una parte
del nostro paese abbiano una disarmante scarsa conoscenza sulle IST, sulle gravi conseguenze e delle modalità per prevenirle. L’infezione
cervicale da chlamydia,ad esempio,responsabile di MIP,gravidanze ectopiche,infertilità,rappresentava il patogeno meno conosciuto (16.5%);
il bacio era una modalità considerata a rischio di IST (19.9%).Pertanto,considerando che le abitudini sessuali degli adulti si formano durante
l’adolescenza, si rende necessario il potenziamento degli interventi di informazione ed educazione sulle IST a livello nazionale.
BMC Infect Dis. 2005;5:77
PREVALENZA DELL’ INFEZIONE CERVICALE DA HPV IN UNA POPOLAZIONE ITALIANA ASINTOMATICA
Centurioni MG, Puppo A, Merlo DF, Pasciucco G, Cusimano ER, Sirito R, Gustavino CA.
Introduzione: nell’ultima decade molti studi hanno definitivamente dimostrato che i papillomavirus umani (HPVs) sono gli agenti prevalentemente responsabili di carcinogenesi cervicale e, recentemente, tests diagnostici sull’HPV sono stati proposti come nuovi e più efficienti mezzi di screening per il tumore della cervice uterina. Questo aspetto sta ricevendo notevole attenzione della stampa scientifica
e non. Il test per l’HPV potrebbe essere considerato il più importante punto di svolta in questo campo da quando è stata introdotta la citologia cervicale. Questo articolo rileva la prevalenza dell’HPV negli anni ’90, sebbene lo studio sia ancora in corso.
Metodi: è stata utilizzata la PCR per identificare le sequenze di HPV-DNA nello scraping cervicale di 503 donne asintomatiche che si sono sottoposte ad un programma di screening regolare del tumore cervicale a Genova, in Italia.A tutte le pazienti, inoltre, veniva proposto un questionario auto-compilato standardizzato riguardo il proprio stile di vita e l’attività sessuale. Sulla base della presenza delle sequenze di HPV-DNA le donne sono state suddivise in 2 gruppi:“infette” e “non infette” ed è stata condotta un’analisi statistica sui fattori di rischio associati all’infezione.
Risultati: il tasso d’infezione era uguale a 15.9% ed il genotipo virale più frequente era l’HPV 16.
Conclusioni: la prevalenza (15.9%) era simile a quella riportata in altri studi sulla popolazione generale europea.
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S
I M A S T
I
N T E R N AT I O N A L
Commento (a cura di Giada Rorato, Clinica di Malattie Infettive – Policlinico Universitario a Gestione Diretta – Udine)
Tra le 503 donne asintomatiche arruolate nello screening, con età media di 51 anni, 80 sono risultate positive all’infezione da HPV (15.9%);
57.5% delle infezioni erano causate da HPV-16, un genotipo definito ad elevato rischio oncogeno (HPV-HR).Attualmente è stato dimostrato in modo pressoché inequivocabile la marcata associazione tra presenza di HPV-HR e tumore della cervice uterina. Sebbene i tests
diagnostici virali (PCR) risultino più sensibili dei test citologici (Paptest) per la diagnosi precoce di lesioni displastiche ad elevato grado,
soprattutto in donne di età > 30 anni, la loro ridotta specificità e l’elevato costo ne rendono discutibile l’applicazione nello screening di
donne asintomatiche.Tuttavia, l’utilizzo della biologia molecolare risulta importante per definire l’epidemiologia mondiale degli HPV-HR,
essendo disponibile un vaccino diretto a prevenire la loro acquisizione e di conseguenza il tumore della cervice.
Clinical Infectious Diseases 2004; 39:996-1003
RIEMERGENZA DEL LINFOGRANULOMA VENEREO NELL’EUROPA OCCIDENTALE:
COMPARSA DI PROCTITI DA CHLAMYDIA TRACHOMATIS (SIEROVARIANTE L2) IN OLANDA
TRA UOMINI OMOSESSUALI
Nieuwenhuis R.F., Ossewaarde J. M. et al.
Introduzione: il linfogranuloma venereo (LGV) è una malattia sessualmente trasmessa (MST) ed è rara in Europa Occidentale. Recentemente 3 uomini omosessuali hanno presentato proctiti da LGV all’ Erasmus Medical Center di Rotterdam (Olanda).Abbiamo investigato un possibile cluster epidemico in un gruppo di uomini omosessuali (MSM).
Metodi: sono stati individuati ed investigati un totale di 15 uomini. In questi sono stati determinati i titoli anticorpali per C.trachomatis.
Sono stati raccolti campioni di urine e tamponi rettali per la ricerca di C. trachomatis tramite PCR. I campioni risultati positivi sono stati
poi tipizzati geneticamente per individuare le varianti sierologiche.Tutti i soggetti sono stati sottoposti a screening routinario per MST.
Sono inoltre state valutate le caratteristiche sociodemografiche, cliniche ed endoscopiche.
Risultati: 13 soggetti avevano alto titolo di IgG ed IgA per C. trachomatis, suggerendo, quindi, un’infezione invasiva. I tamponi rettali di 12
soggetti sono risultati positivi alla PCR per C.trachomatis.Tutti i campioni di urine sono risultati negativi. La tipizzazione genotipica ha rilevato i sierotpi L1 (8 casi) ed L2 (1 caso). In tutti i soggetti sottoposti a retto-sigmoscopia si è evidenziata una proctite ulcerativa.11 dei
13 pazienti con diagnosi di LGV erano HIV positivi; 6 avevano un’altra concomitante MST ed 1 aveva recentemente acquisito l’epatite da
HCV. Contatti sessuali sono stati riportati in Olanda, Germania, Belgio, Inghilterra e Francia.
Conclusioni: abbiamo rilevato la comparsa di proctiti da LGV tra MSM in Olanda. Il carattere ulcerativo della malattia favorisce la trasmissione dell’HIV, di altre MST e malattie trasmesse per via parenterale. Da un punto di vista sanitario, diviene dunque importante aumentare il grado di consapevolezza di possibili casi di LGV in MSM con proctite sintomatica.
Commento (a cura di Susanna Capone)
In era preantibiotica il linfogranuloma venereo (LGV) era diffuso sia negli Stati Uniti sia in Europa.
Con l’avvento degli antibiotici e lo sviluppo dei sistemi sanitari l’incidenza di questa malattia si è drammaticamente ridotta in queste aree
fino ad essere considerata praticamente scomparsa. Negli ultimi 20 anni sono stati descritti solamente due clusters (uno a Parigi ed uno
a Washington). Questo studio che descrive un cluster di LGV tra uomini omosessuali supporta l’ipotesi che casi di LGV si stiano nuovamente diffondendo in Europa. Lo studio è partito da 3 uomini HIV positivi con LGV (sierovariante L2) che hanno avuto accesso all’Erasmus Medical Center.
L’interesse dello studio risiede in almeno quattro elementi: il primo è l’elevatissima incidenza di malattia tra i soggetti in cui è stata eseguita la ricerca attiva dell’infezione: ben 13 di 15 soggetti erano effettivamente affetti da LGV. In assenza di strumenti attivi di ricerca i casi sarebbe passati inosservati. Il secondo è la definizione degli strumenti diagnostici: l’esame delle urine si è mostrato di scarsa utilità, mentre al contrario è apparsa estremamente affidabile l’analisi mediante PCR di tamponi rettali (positiva per C. trachomatis in 12 casi). Il terzo è l’elevato tasso di co-infezione con il virus HIV e con altre MST. Questa osservazione conferma una perdurante trasmissione di MST
tra soggetti omosessuali maschi con infezione da HIV. Il quarto, di natura epidemiologica, è la bassissima sensibilizzazione del personale
sanitario nei confronti della malattia: l’analisi dell’iter diagnostico dei pazienti con successiva diagnosi di LGV riporta ipotesi, tra le altre,
di morbo di Chron, sifilide, proctite erpetica. Si auspica dunque una rinnovata educazione e formazione su questa patologia dimenticata;
va in questo senso la recensione di Massimo Giuliani in questo numero di STDNEWS. Poichè i contatti dei casi di LGV segnalati in questo outbreak appartenevano ad aree geografiche differenti, oltre all’Olanda, quali Belgio, Germania, Francia ed Inghilterra, è senz’altro prevedibile l’esistenza di altri casi misconosciuti dell’infezione.
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Congressi MST
9th International Union against
Sexually Transmitted Infectious:
World Congress
Bangkok, 15-18 November 2005,Thailand
Contact: Dr. Chavalit Mankalaviraj, Segretariat World
IUSTI 2005-10-06 c/o bangrak Hospital, 189 Sathorn
Road, Bangkok 10120,Thailand
Tel: +66 26 765 383
Fax: +66 22 863 013
E-mail: [email protected]
Website: http://www.cottisa.org
Deadline: closed
8th Congress European Society for
Sexual Medicine
Copenhagen, Danimarca,
4-7 December 2005
…S
I T I
W
E B
…
CDC National Prevention Information Network (NPIN): a service of the CDC
National Center for HIV, STD and TB prevention (NCHSTP)
http://www.cdcnpin.org/scripts/std/index.asp
Eurosurveillance
http://www.eurosurveillance.org
Website: http://www.essm2005.org
Preventing Cervical Cancer in Low
Resource Settings: from Research to
Practice
Bangkok,Thailand, 4th-7th December 2005
Website:
http://www.jhpiego.org/media/cecapconf1205.htm
14th International Conference on
HIV/AIDS and Sexually Transmitted
Infections in Africo (ICASA)
Abuja, Nigeria, dal 5 al 9 Dicembre 2005
Website: I.C.A.S.A.2005
16th European Congress of Clinical
Microbiology and Infectious Diseases
Nice, 1-4 January 2006, France
Contact: Scientific Secretariat 16th ECCMID c/o
ESCMID Executive Office, PO Box CH-4005 Basel,
Switzerland
Tel: +41 61 686 77 99
Fax: +41 61 686 77 98
Website: http://www.akm.ch/eccmid2006/
Deadline: 17 November 2005
Eurogin 2006 6th International
Multidisciplinary Congres
Paris, Palais des Congrès, 23-26 April 2006
Registration Office: Colloquium, 12, rue de la Croix
Faubin 75557 Paris Cedex 11, France
Tel: +33 144641515
Fax: +33 144641516
Email: [email protected]
Website: http://www.eurogin.com/2006/
14th IUSTI-AP 2006
Kuala Lumpur, Malaysia, 27-30 July 2006
WHO.World Health Organization
http://www.who.int
Mother risk
http://www.motherisk.org/
XVI International AIDS Conference
Toronto, Canada, dal 13 al 19 Agosto 2006
Website: Aids2006
22nd Conference on Sexually
Transmitted Infections
Versailles, Palais des Congès, 19-21
October 2006, France
Contact: IUSTI 2006 c/o MCI France 11, rue de
Solferino 75077 Paris - France
Tel: +33(1)53858253
Fax: +33(1)53858283
Email: [email protected]
Website: http://www.iusti2006.com
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SCHEDA DI ISCRIZIONE
SIMAST
SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO
DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI
Prof./Dott. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Istituto di appartenenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiedo di essere iscritto alla SIMAST in qualità di Socio Ordinario
La quota di iscrizione è di € 30,00 (già iscritti ESIDOG), oppure
€ 40,00,da versare con:
A. bonifico bancario c/o Banca Popolare di Brescia,ag. 9 di via Galilei n. 112, c/c 212 intestato a SIMAST - Cod. ABI 5437 - Cod. CAB
11209
oppure con
.............................................................................................
Indirizzo
................................................................................
B. assegno bancario non trasferibile intestato a SIMAST e indirizzato a SIMAST, c/o Clinica di Malattie Infettive di Brescia
.............................................................................................
Tel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fax . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
DATA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FIRMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
INVIARE A: SIMAST - Clinica di Malattie Infettive e Tropicali - P.le Spedali Civili, 1 - 25125 Brescia
A proposito di MST…
How to Interpret Syphilis
Results
Penny Miller, Steven Skov and Janet Knox
Un manuale per personale medico
ed infermieristico in strutture
sanitarie periferiche
Seconda edizione
Il manuale è stato preparato da autori
australiani per il personale sanitario che deve
cimentarsi con l’interpretazione dei tests
sierologici per la lue. Il testo si riferisce quindi
alle linee guida per la diagnosi di lue del
CARPA (Central Australian Rural Practitioners
Association) e fornisce in modo estremamente
pratico risposte ai dilemmi di più frequente
riscontro, sottolineando le più frequenti cause di
misinterpretazione dei tests. Il testo è diviso in
due sezioni: la prima consiste in un riesame degli
esami sierologici disponibili per la diagnosi di lue;
la seconda consiste in trentadue esercizi pratici
che includono storia clinica, risultati dei tests
sierologici, domande e discussione.
Il manuale può essere ordinato al seguente
indirizzo:
Nganampa Health Council, PO Box 2232, Alice
Springs 0871
Ph (08) 89 525 300, fax (08) 89 522 299
Prezzo: $18 + $10 di spese postali
STD
STD NEWS ORGANO UFFICIALE DELLA SIMAST,
SOCIETÀ INTERDISCIPLINARE PER LO STUDIO DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI
Anno 9, N. 24, ottobre 2005
Reg.Trib. di Brescia N. 15/1996
del 17/4/96
Direttore responsabile:
Sabrina Smerrieri
Coordinatore scientifico:
Giampiero Carosi
16
Comitato scientifico:
Giampiero Carosi, Elvio Alessi,
Giuliano Zuccati, Enrico Magliano,
Sergio Cosciani-Cunico, Marco Cusini,Aldo
Di Carlo, Massimo Giuliani,Vincenzo
Gentile, Brunella Guerra, Giorgio Palù,
Francesco Starace, Mario Peroni, Eligio
Pizzigallo, Mario Soscia, Barbara Suligoi,
Antonio Volpi
Redazione:
Alberto Matteelli, Mauro Boldrini,
Anna Beltrame, Gino Tomasini
Editore:
Intermedia,
via Malta 12B, 25124 Brescia
Tel. 030.226105;
Tel/Fax 030.2420472
Impaginazione:
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Stampa:
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San Zeno Naviglio (BS)
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possibile da un educational grant
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