la crisi finanziaria e il differenziale libor

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la crisi finanziaria e il differenziale libor
U N I V E RS I T À C O M M E R C I AL E “L U I G I B O C C O N I ”
F AC O L T À D I E C O N O M I A
C O R S O D I L AU R E A S P E CI AL I S T I C A I N E C O N O M I A E M AN AG E M E N T
D E L L E I S T I T U Z I O NI E D E I M E R C AT I F I N AN Z I AR I ( C L E F I N - L S )
L A C R I SI F I N A N ZI A RI A E I L DI FF E R E N ZI A L E
L I B O R -O I S NE L L ’A R E A E U R O E N E G LI ST AT I U N I TI.
U N ’A N A L I SI EM PI R I CA
Relatore
prof. Carlo Ambrogio FAVERO
Controrelatore
prof. Francesco CORIELLI
Tesi di laurea specialistica di
Stefano COLONNELLO (matr.: 1276484)
Anno accademico 2008/2009
III
Abstract
Nel corso della recente crisi si sono osservate notevoli tensioni sul mercato monetario, che
hanno condotto alla formazione di un cospicuo differenziale tra tassi su depositi interbancari privi
di garanzia a medio-breve termine (LIBOR) e tassi su Overnight Indexed Swaps, interferendo così
con il regolare funzionamento della politica monetaria. Nel presente lavoro si sviluppa un’analisi
empirica volta ad individuare quali fattori abbiano maggiormente inciso su tale differenziale sia
nel mercato europeo sia nel mercato americano, utilizzando modelli VAR cointegrati ed in differenze prime. Si mostra come lo spread LIBOR-OIS sia in larga parte spiegato dal rischio di liquidità in entrambi i mercati; inoltre emerge che le tensioni del mercato interbancario statunitense
sono state trasmesse al mercato europeo. Infine, si presenta un modello in grado di incorporare i
comportamenti di accumulazione di liquidità messi in atto dalle banche nella fase più intensa della
crisi.
Indice
1. Introduzione ............................................................................................................................. 1
2. Inquadramento economico del fenomeno.................................................................................. 1
2.1 Sviluppi sul mercato monetario ed interventi delle banche centrali...................................... 1
2.2 Le ragioni alla base della crisi del mercato monetario ......................................................... 9
2.3 Diffusione della crisi all’interno del mercato monetario .................................................... 11
2.4 Il mercato dei depositi interbancari privi di garanzia ......................................................... 13
2.5 Un riepilogo della letteratura sullo spread LIBOR-OIS ..................................................... 18
3. Fonti e costruzione dei dati utilizzati ...................................................................................... 20
4. Metodologia econometrica ..................................................................................................... 24
4.1 Modelli VAR.................................................................................................................... 24
4.1.1 Analisi di causalità..................................................................................................... 25
4.1.2 Funzioni di risposta di impulso e scomposizione della varianza ................................. 26
4.2 Analisi di cointegrazione .................................................................................................. 27
4.2.1 Modelli VEC condizionali ......................................................................................... 29
5. Analisi empirica ..................................................................................................................... 30
5.1 Statistiche descrittive ........................................................................................................ 30
5.2 Un modello VAR per l’area Euro...................................................................................... 31
5.2.1 Analisi di Granger-causalità, funzioni di risposta di impulso, scomposizione della
varianza .............................................................................................................................. 35
5.2.2 Analisi di robustezza.................................................................................................. 38
5.3 Un modello VAR per gli Stati Uniti.................................................................................. 43
IV
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
5.3.1 Analisi di Granger-causalità, funzioni di risposta di impulso, scomposizione della
varianza .............................................................................................................................. 45
5.3.2 Analisi di robustezza.................................................................................................. 47
5.4 Analisi di cointegrazione e modello VEC ......................................................................... 51
5.4.1 Analisi di robustezza.................................................................................................. 59
5.5 Capacità previsiva dei modelli .......................................................................................... 62
5.5.1 Previsioni one-step-ahead .......................................................................................... 62
5.5.2 Simulazione storica dei modelli ................................................................................. 64
5.5.3 Previsioni ex post ....................................................................................................... 68
5.5.4 Previsioni ex ante....................................................................................................... 71
5.6 Un modello a tre regimi .................................................................................................... 72
6. Conclusioni ............................................................................................................................ 77
7. Bibliografia ............................................................................................................................ 80
1. Introduzione
Nel presente lavoro si va ad analizzare il differenziale tra tassi su depositi interbancari privi di
garanzia a medio-breve termine e tassi su Overnight Indexed Swaps, nell’ambito della recente crisi finanziaria che ha colpito l’intero mercato monetario. In particolare, si propongono alcune specificazioni econometriche alternative a quelle proposte sinora in letteratura, svolgendo uno studio
comparato dello spread europeo ed americano.
Sotto il profilo delle cause del fenomeno ci si concentra su rischio di liquidità e di controparte,
non trascurando l’effetto degli interventi delle banche centrali mirati a ristabilire il normale funzionamento del mercato interbancario. Per quanto riguarda le relazioni intercorrenti fra i due mercati, l’obiettivo è quello di comprendere se vi sia stata trasmissione degli shock fra di essi, anche
tramite modelli per la cointegrazione. Si propone poi una specificazione econometrica per il solo
mercato europeo, sviluppata nell’intento di cogliere i comportamenti di accumulazione della liquidità attuati dalle banche operanti sul mercato interbancario nel periodo successivo al fallimento
di Lehman Brothers.
Il lavoro si articola nel modo seguente: nella Sezione 2 si fornisce un riepilogo dei fatti e delle
dinamiche rilevanti per il fenomeno in oggetto; nella Sezione 3 si presentano i dati utilizzati; nella
Sezione 4 si illustrano alcuni elementi teorici in merito ai metodi econometrici impiegati; nella
Sezione 5 sono raccolti i risultati delle analisi empiriche condotte; infine, nella Sezione 6 si traggono le conclusioni dello studio svolto.
2. Inquadramento economico del fenomeno
2.1 Sviluppi sul mercato monetario ed interventi delle banche centrali
Si propone ora una succinta cronologia degli eventi rilevanti per il mercato monetario succedutisi nel corso degli ultimi tre anni (si vedano, ad esempio, Acharia e Merrouche, 2009; Brunnermeier, 2008; Cecchetti, 2008; Covitz, Liang e Suarez, 2009; Board of Governors of the Federal
Reserve, 2009a). Inoltre si espongono brevemente gli interventi effettuati dalle banche centrali per
promuovere il ritorno alla normalità dei mercati; in particolare, il profilo della politica monetaria
che interessa più da vicino il presente lavoro è quello relativo alle politiche di gestione della liquidità volte a mantenere i tassi di mercato in linea con i tassi di riferimento, vale a dire le procedure
sottostanti le operazioni di mercato aperto, le forme in cui le banche possono ottenere liquidità
dalle banche centrali, ed i vari strumenti introdotti nel corso della crisi per favorire il reperimento
e la redistribuzione della liquidità da parte del sistema bancario.
A partire dall’ultimo trimestre 2006 si registrò una diminuzione del prezzo degli immobili in
diverse regioni degli Stati Uniti; di conseguenza i mutuatari sui segmenti subprime ed Alt-A1 in1
I mutui ipotecari sono informalmente suddivisi in quattro categorie: prime, jumbo, Alt-A e subprime. I mutui prime sono gli unici
idonei ad essere trasferiti alle agenzie governative (Fannie Mae e Freddie Mac); i mutui jumbo sono quelli concessi a soggetti con
elevato merito creditizio, ma di dimensioni eccessive per essere ceduti alle agenzie governative; infine i mutui Alt-A e subprime
sono caratterizzati da un rischio di credito molto elevato – basso punteggio FICO –. Per permettere anche ai prenditori di fondi più
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LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
contrarono crescenti difficoltà nel rifinanziamento delle loro posizioni debitorie, essendo sottesa a
questo tipo di contratti un’ipotesi implicita di continuo apprezzamento degli immobili (Gorton,
2008). Dopo le prime avvisaglie avutesi nel febbraio 2007, con un aumento del tasso di morosità
su questi segmenti, le condizioni si deteriorarono ulteriormente il 3 maggio, quando UBS decise
di chiudere il suo hedge fund, Dillon Read – fortemente esposto al mercato subprime –, per le ingenti perdite sofferte. La conseguenza fu un aggravamento delle tensioni sul mercato dei mutui
residenziali e delle mortgage-backed securities (MBS). Il 22 giugno Bear Sterns, banca
d’investimento e primary dealer2 della Federal Reserve, annunciò ingenti perdite da parte di due
dei suoi fondi operanti sul mercato dei titoli strutturati, non più in grado di effettuare le consuete
operazioni di roll over del debito, a fronte di attivi fortemente esposti alle dinamiche del mercato
subprime; Bear Sterns, per limitare il rischio di reputazione, comunicò poi l’intenzione di procedere al salvataggio dei suddetti fondi con l’immissione $3,2 miliardi, nonostante non vi fosse tenuta contrattualmente. Da quel momento si susseguirono notizie di downgrading di titoli strutturati creditizi da parte delle principali agenzie di rating, accompagnate da annunci di perdite da parte
di veicoli di investimento (o special investment vehicles, SIVs) con attivi esposti al mercato subprime e finanziati tramite asset-backed commercial paper (ABCP) 3, e da parte di società specializzate nella concessione di mutui. Di conseguenza, nel corso dell’estate 2007 si produsse un sostanziale blocco dei programmi di ABCP, in particolare di quelli sprovvisti di garanzie da parte
della banca sponsor, trovatisi a fronteggiare degli investitori non più disposti a rifinanziarli, il che
condusse ad un tracollo dell’outstanding volume e ad un repentino rialzo degli spread su questo
mercato; le crescenti difficoltà dei programmi di ABCP – sempre più spesso vittime di quelle che
possono essere viste come “corse agli sportelli” (bank runs) sui generis (Covitz et al., 2009) – ingenerarono una brusca diminuzione della domanda di MBS4, ostacolando così lo svolgimento di
nuove operazioni di cartolarizzazione (securitization) e, in ultima istanza, la concessione di mutui5. Fortunatamente, in questa prima fase della crisi, il volume della commercial paper priva di
garanzia mantenne un andamento positivo, permettendo così alle banche di supplire almeno in
parte alla carenza di liquidità scaturita dal tracollo dei programmi di ABCP (Figura 1).
rischiosi di accedere ad un finanziamento, i mutui Alt-A e subprime sono strutturati in modo peculiare; infatti, sia il prestatore che
il mutuatario beneficiano della rivalutazione dell’immobile nel breve periodo. In sostanza viene concesso un prestito a scadenza
ravvicinata, il quale poi, condizionatamente all’apprezzamento dell’immobile, potrà essere rifinanziato; lo stesso procedimento si
ripete circa ogni tre anni sull’intero orizzonte temporale necessario per estinguere la posizione (Gorton, 2008; Cecchetti, 2008).
2
Si tratta delle istituzioni finanziarie autorizzate a partecipare alle operazioni di mercato aperto eseguite dall’Open Market
Operations Desk presso la Federal Reserve Bank di New York; si tratta in genere di banche d’investimento.
3
I programmi di ABCP (Covitz et al., 2009) – spesso costituiti sotto forma di entità giuridicamente separate dalla banca (veicoli
finanziari) – emettono debito a breve scadenza – asset-backed commercial paper per l’appunto – a fronte di attivi illiquidi, quali
prestiti, titoli strutturati a lunga scadenza (ABS e collateralized debt obligations, CDO) e cambiali. Tutte le caratteristiche
dell’operazione sono determinate dagli sponsors – che possono essere banche commerciali o d’investimento –, i quali, per ottenere
un buon livello liquidità per le ABCP, in genere inseriscono nel portafoglio del veicolo finanziario solo attivi di alta qualità, ed in
alcuni casi possono prestare delle vere e proprie garanzie sotto forma di linee di credito – in questo caso si hanno dei programmi di
ABCP fully supported –. Si rimanda a Covitz et al. (2009) per una classificazione esaustiva dei programmi di ABCP.
4
I veicoli di investimento emittenti ABCP erano tra i più attivi sottoscrittori delle tranches senior di ABCP.
5
Un esempio è quello di un programma tedesco di ABCP che dovette attingere alla linea di credito messa a disposizione dalla
banca sponsor, IKB, la quale, a sua volta incapace di far fronte a tale richiesta di liquidità, fu oggetto di un salvataggio.
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
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Figura 1. Outstanding volume non destagionalizzato di ABCP e di financial commercial paper (FCP) in milioni di dollari (dati
settimanali). Fonte: Federal Reserve.
A scatenare il fenomeno ad oggetto del presente studio, ossia l’ampio spread tra tassi a breve
scadenza (LIBOR o EURIBOR6 oltre i trenta giorni) e tassi overnight attesi sul mercato dei depositi interbancari privi di garanzia (EONIA e tasso effettivo su federal funds7) – che nel prosieguo
del lavoro sarà approssimato dal differenziale tra tassi LIBOR a tre mesi e tassi fissi su Overnight
Indexed Swaps (OIS)8 –, fu la risoluzione del 9 agosto da parte di BNP Paribas di sospendere
temporaneamente i rimborsi su tre dei suoi fondi detenenti titoli legati ai mutui subprime americani, per l’impossibilità di stabilirne il fair value secondo parametri oggettivi. Ciò compromise il regolare funzionamento dei mercati interbancari, sui quali si verifico un notevole rialzo dei tassi
(LIBOR, EURIBOR, EONIA, tasso effettivo su federal funds), anche su base overnight, sia sul
mercato dell’euro sia sul mercato del dollaro, il che indusse il giorno stesso la BCE e la Federal
Reserve ad immettere liquidità sotto forma di contratti repo overnight9 per €94,8 miliardi e $24
miliardi rispettivamente, rinnovati in larga parte il giorno successivo.
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Il London Interbank Offered Rate (LIBOR), pubblicato quotidianamente alle 11.00 (GMT) dalla British Bankers Association
(BBA), è il tasso al quale alcune banche (reference banks) dichiarano di essere disposte ad offrire fondi ad altre banche sul mercato
monetario all’ingrosso di Londra, senza la corresponsione di alcun collaterale (www.bba.org). L’Euro Interbank Offered Rate
(EURIBOR) è invece pubblicato ogni giorno alle 11.00 (GMT+1) dalla European Banking Federation sulla base di un panel di
banche di primario standing (www.euribor.org). Entrambi i tassi sono quotati sulla base della convenzione ACT/360.
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Il tasso effettivo su federal funds è il tasso di interesse overnight al quale vengono scambiate le riserve detenute dalle banche
presso la Fed; esso è calcolato dalla Federal Reserve di New York e pubblicato quotidianamente su Reuters alle 10.00 (GMT-5).
L’Eonia (Euro Overnight Index Average) è l’omologo per l’area Euro; esso è calcolato dalla BCE e pubblicato quotidianamente su
Reuters dalla European Banking Federation alle 19.00 (GMT+1).
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Come verrà evidenziato di seguito, il tasso fisso su questi contratti swap rappresenta un’approssimazione delle aspettative del
mercato rispetto alla politica monetaria nei successivi tre mesi; dunque lo spread LIBOR-OIS può essere visto come la differenza
tra tassi interbancari non garantiti e tassi di politica monetaria.
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I repurchase agreements (repos) sono dei contratti di pronti contro termine, consistenti, come spiega Zanotti (2003, p.163), “nella
contemporanea stipulazione di due contratti di compravendita, di segno opposto, aventi per oggetto una stessa quantità e tipologia
di titoli. In particolare, il primo contratto viene eseguito immediatamente e prevede che un soggetto (venditore a pronti) ceda un
dato ammontare di una certa tipologia di titoli ad un altro soggetto (acquirente a pronti). […] Il secondo contratto ha invece luogo
alla scadenza dell’operazione: il venditore originario dei titoli riceve dall’acquirente titoli della stessa specie e di eguale
ammontare rispetto a quelli oggetto della prima transazione a un prezzo specificato e contemporaneamente restituisce il denaro
ottenuto a pronti”. Si tratta in sostanza di prestiti garantiti, e vanno a costituire il comparto garantito del mercato interbancario
(Abbassi e Schnabel, 2009). In genere sono stipulati nella forma di general collateral repos (GC repos); in questo caso “i titoli […
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LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Le prime risposte alla crisi insorgente, fornite tramite operazioni di mercato aperto e finestra di
sconto nel caso del Federal Reserve System, si rivelarono efficaci per la stabilizzazione del mercato interbancario overnight – almeno fino al settembre 2008 –, ma non sulle transazioni a più
lungo termine (McAndrews, Sarkar e Wang, 2008). In particolare, la finestra di sconto (Primary
Credit Program), nonostante la decisione di ridurre il differenziale tra tasso di sconto e tasso
target da 100 a 50 punti base – poi portato a 25 punti base nel marzo 2008 –, e di allungare la scadenza massima dei prestiti fino a 90 giorni, non fu sfruttata adeguatamente dalle cd. depository institutions10, per via del rischio di reputazione ad essa in genere associato (si veda, ad esempio,
Cecchetti, 2008; Board of Governors of the Federal Reserve, 2009a). Anche se in misura lievemente minore, le stesse dinamiche si osservarono sul mercato europeo. In generale, non si ottenne
l’effetto sperato sui tassi interbancari a più lunga scadenza, il cui comportamento, con l’avanzare
della crisi, divenne vieppiù erratico rispetto ai tassi di politica monetaria (Figura 2), presumibilmente anche per via di un progressivo abbandono di tale segmento da parte delle banche; purtroppo però per i mercati LIBOR ed EURIBOR i dati riguardanti la liquidità – come il numero di transazioni e i volumi di scambio – non sono agevolmente reperibili.
Figura 2. LIBOR a tre mesi, tasso overnight e tasso di politica monetaria per l’area Euro (a sinistra) e gli Stati Uniti (a destra) sul
periodo 2/1/2006-1/4/2009 (dati giornalieri). Fonte: Bloomberg.
In seguito, nel corso dell’autunno 2007 si susseguirono notizie di svalutazioni di portafogli di
istituzioni finanziarie, e di downgrading di programmi di ABCP e di compagnie di assicurazione
monoline11, oltre al protrarsi della discesa dei prezzi degli immobili, con le ovvie ripercussioni sul
mercato subprime, e ad un arresto pressoché totale delle operazioni di cartolarizzazione. Un even-
del Tesoro o investment grade] hanno pura funzione di garanzia, venditore e compratore non individuano uno specifico titolo ma
si limitano a definire una tipologia di titoli idonea ad essere ceduta” (Zanotti, 2003; p.168). Non solo gli interventi dell’agosto
2007, ma anche le operazioni di mercato aperto ordinarie di Fed e BCE sono condotte tramite repos; per le operazioni con le
autorità monetaria è accettata una gamma più ampia di collateral rispetto alle transazioni tra privati.
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Le depository institutions sono istituzioni finanziarie statunitensi autorizzate a svolgere attività di raccolta del risparmio sotto
forma di depositi.
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Le assicurazioni monoline sono società che garantiscono emissioni di strumenti finanziari di imprese appartenenti ad un unico
settore.
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
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to particolarmente indicativo si verificò il 18 settembre, quando la banca inglese Northern Rock,
un’istituzione perfettamente solvibile, ma non in grado di far fronte alle sue esigenze di rifinanziamento a breve termine, subì una “corsa agli sportelli” in piena regola per ragioni di illiquidità,
per poi venire soccorsa dalla Bank of England (Brunnermeier, 2008).
Dopo un ulteriore aumento delle tensioni di liquidità, testimoniato da un incremento dello
spread LIBOR-OIS12 in dicembre (Figura 4), la Federal Reserve, di concerto con la BCE e la
Swiss National Bank, con cui furono stipulati degli swap su valuta, decise di favorire la redistribuzione della liquidità all’interno del sistema finanziario per mezzo dell’introduzione della prima
delle misure straordinarie – e temporanee – adottate nel corso della crisi: la Term Auction Facility
(TAF). Essa, tramite delle aste periodiche, mette a disposizione delle depository institutions in
buone condizioni di solvibilità dei fondi a 28 o 35 giorni – e ad 84 giorni dall’agosto 2008 –, a
fronte degli stessi collateral accettati dalla Federal Reserve in caso di finanziamento sulla finestra
di sconto. Il tasso minimo è stato inizialmente pari al tasso OIS13 a pari scadenza, ma dal gennaio
2009 è stato eguagliato al tasso pagato sulle riserve in eccesso14. Il tasso applicato a tali fondi
(stop-out rate) viene fissato tramite un’asta competitiva, strutturata in modo tale da favorire un efficiente allocazione della liquidità – visto il più ampio numero di controparti rispetto alle tradizionali operazioni di mercato aperto –, contenendo al tempo stesso il rischio di reputazione caratteristico delle operazioni di risconto, stante il massimo riserbo garantito riguardo all’identità degli offerenti (Armantier, Krieger, McAndrews, 2008). In aggiunta, sin dal 2007 la BCE ha utilizzato le
linee di swap su valuta messe a disposizione dalla Federal Reserve per favorire
l’approvvigionamento di dollari – a fronte di collateral idonei – alle banche europee, prendendo
così parte alle aste della TAF.
Sempre per sostenere il ristabilimento di normali condizioni di liquidità, la Federal Reserve
l’11 ed il 16 marzo creò rispettivamente la Term Securities Lending Facility (TSLF) e la Primary
Dealer Credit Facility (PDCF)15. Con la TSLF ogni settimana, tramite asta, la Fed estende la pos12
Per semplicità nel resto del lavoro si parlerà di spread LIBOR-OIS su euro per intendere lo spread tra LIBOR a tre mesi su euro
e tasso fisso a tre mesi su swap su EONIA.
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In generale, se una banca entra in un contratto OIS (receiver), essa riceverà interessi calcolati a un tasso fisso (tasso OIS) sul capitale nozionale, ed in cambio alla scadenza pagherà interessi calcolati a capitalizzazione composta sullo stesso nozionale sulla
base di un tasso variabile di mercato – il tasso effettivo su federal funds negli Stati Uniti, il tasso EONIA nell’area Euro – (Sengupta e Man Tam, 2008). Nel caso del mercato europeo si è preso a riferimento l’EONIA Swap Index pubblicato quotidianamente alle
11.00 (GMT+1) dalla European Banking Federation, il quale rappresenta il tasso medio al quale l’EONIA viene scambiato
all’interno di un panel di banche di standing primario con convenzione ACT/360 (www.eoniaswap.org).
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Come già avveniva nell’Eurosistema, anche nel Federal Reserve System dal 6 ottobre 2008 le riserve e le riserve in eccesso sono
remunerate, per favorire l’allineamento del tasso effettivo su fed funds e del tasso target (Board of Governors of the Federal
Reserve, 2009b).
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TAF, TSLF e PDCF sono caratterizzate dal fatto che non aumentano le riserve totali, dato che, come nel caso delle operazioni di
risconto, la Federal Reserve “sterilizza” le riserve prestate alle banche carenti di liquidità tramite delle operazioni di assorbimento
della liquidità in eccesso degli altri intermediari. Dunque il sistema finanziario, in seguito all’utilizzo di questi strumenti, mantiene
invariato l’ammontare complessivo di riserve; tuttavia ne cambia la composizione, con una maggior incidenza dei titoli governativi
detenuti delle banche, a cui corrisponderà un aumento dei prestiti alle banche nello stato patrimoniale della Fed (Armantier et al.,
2008; Wu, 2008). Gli altri programmi di liquidità introdotti a partire dal settembre 2008, però, non sono stati perfettamente sterilizzati, cagionando così un aumento degli attivi del Federal Reserve System.
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LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
sibilità già concessa ai primary dealers di prendere a prestito titoli del Tesoro su base overnight,
allungando la scadenza dei prestiti a 28 giorni, ed ampliando la lista di collateral accettati – inizialmente ABS con rating AAA/Aaa, e, a partire dal settembre 2008, qualsiasi titolo di livello
investment-grade –, al fine di ridurre il numero di mancate consegne (Cecchetti, 2008). La PDCF,
invece, consiste in prestiti overnight ai primary dealers al tasso di sconto, con gli stessi collateral
ammessi sulla discount window; in sostanza così la Federal Reserve ha consentito l’accesso a quest'ultima anche ai primary dealers, con l’obiettivo di evitare il ripetersi di casi come quello di Bear Sterns e di accrescere la loro capacità di finanziamento nelle operazioni di cartolarizzazione
(Board of Governors of the Federal Reserve, 2009a).
Come già accennato, nell’area Euro i tassi interbancari si mantennero più in linea con il tasso
di riferimento rispetto al caso statunitense (Figura 4), grazie all’azione di una serie di “stabilizzatori automatici” – illustrati esaurientemente da Cassola, Holthausen e Würtz (2008) –, che permisero di limitare la portata degli aggiustamenti all’impostazione convenzionale della politica monetaria. Cassola et al. (2008) descrivono le misure adottate nella prima fase della crisi. In particolare, le operazioni di fine-tuning furono condotte con maggiore frequenza, ed in speciali occasioni,
come il 9 agosto 2007, si seguì una procedura di asta a tasso fisso con piena aggiudicazione
dell’importo, mirata specificamente alla riduzione del funding liquidity risk. In più, la BCE intraprese una politica di frontloading – che dura tuttora –, consistente nella creazione di un surplus
temporaneo di liquidità all’inizio del periodo di mantenimento, poi eventualmente assorbito tramite operazioni di fine-tuning. Inoltre la BCE variò la composizione delle operazioni di mercato aperto, dando maggiore spazio alle operazioni di rifinanziamento a lungo termine rispetto alle operazioni di rifinanziamento principale – anche tramite l’introduzione di operazioni speciali a tre e
sei mesi, per favorire la ripresa del segmento a più lungo termine dell’interbancario –, mantenendo invariato il volume rifinanziato complessivo; l’efficacia di questa strategia sullo spread LIBOR-repo è stata valutata in Abbassi e Schnabel (2009).
Nonostante i suddetti interventi, la crisi non si placò ed il 14 marzo 2008, dopo un brusco calo
del prezzo dei titoli emessi da Fannie Mae e Freddie Mac16, Bear Sterns, avente notevoli esposizioni su questo mercato, si ritrovò priva dell’accesso ai finanziamenti a breve termine. In caso di
fallimento, i creditori privilegiati di Bear Sterns si sarebbero visti costretti a liquidare sul mercato
i loro collateral, subendo con elevata probabilità ingenti perdite a causa dell’illiquidità imperante,
con il rischio di scatenare così una contrazione generalizzata del mercato del debito garantito a
breve termine; per queste ragioni la Federal Reserve concesse dei finanziamenti speciali per favorire l’acquisizione di Bear Sterns da parte di JP Morgan Chase, poi completata il 26 giugno
(Board of Governors of the Federal Reserve, 2009a).
Nel secondo semestre 2008 le condizioni dei mercati seguitarono a peggiorare. Nonostante il
supporto garantito dal Tesoro americano, le preoccupazioni del mercato riguardo a Fannie Mae e
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Fannie Mae (Federal National Mortgage Association) e Freddie Mac (Federal National Mortgage Association), secondo
l’ordinamento giuridico statunitense, sono Government-Sponsored Enterprises (GSE); il loro compito è quello di assicurare pools
di mutui residenziali – con determinate caratteristiche –, e a fronte di questi emettere MBS (Cecchetti, 2008).
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
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Freddie Mac si intensificarono vieppiù (con un incremento considerevole dei relativi tassi CDS),
al punto che il 7 settembre vennero acquistate dal governo federale (European Central Bank,
2008a).
Nel frattempo, anche a causa della bancarotta di IndyMac Federal Bank, le tensioni sul mercato del debito a breve termine si erano acuite sia sul segmento non garantito, con uno spread LIBOR-OIS ancora su valori elevati (Figure 2 e 4), sia sul segmento garantito, in cui, visto il calo
dei prezzi e l’intrinseca opacità di molti collateral, i margini richiesti erano cresciuti sensibilmente, conducendo ad una contrazione del mercato dei GC repo ed alla quasi totale scomparsa del
mercato delle ABCP.
La seconda fase della crisi si inaugurò quando in un breve lasso di tempo si assistette alla cessione di Merril Lynch ed al default di Lehman Brothers (15 settembre), a cagione dell’incapacità
di finanziarsi sul mercato a breve e dell’assenza di banche disposte ad acquistarla. Ciò a sua volta
determinò la forte svalutazione di un importante fondo di mercato monetario, con il conseguente
disinvestimento da parte di numerosi investitori su tutto il comparto. I fondi di mercato monetario,
per fronteggiare l’ondata di rimborsi, ridussero i loro acquisti di titoli a breve termine, ingenerando una netta contrazione del mercato. Per ragioni simili a quelle di Lehman Brothers, la compagnia assicurativa American International Group vide la propria situazione deteriorarsi, al punto
che il 16 settembre le fu concesso un prestito di $85 miliardi dalla Federal Reserve; essa venne
successivamente posta in amministrazione straordinaria, per evitare un fallimento che avrebbe avuto conseguenze nefaste, data la forte interconnessione di questa società con l’intero sistema finanziario, in particolare nel ruolo di venditrice di protezione su derivati creditizi. Anche nel mese
a seguire svariate istituzioni finanziarie vissero un deterioramento delle loro condizioni, con, in
particolare, il fallimento di Washington Mutual e Wachovia, la nazionalizzazione in Europa di
Bradford, Fortis, Dexia, ed il salvataggio della tedesca Hypo Real Estate Holding AG (Board of
Governors of the Federal Reserve, 2009a; European Central Bank, 2008a).
Per la prima volta nel settembre 2008 si riscontrò una contrazione non solo dell’outstanding
volume di ABCP, bensì anche di quello di commercial paper (Figura 1), fino a quel momento in
crescita. Venuta a mancare un’ulteriore fonte di liquidità a breve, la domanda si riversò sul mercato interbancario, provocando sulle scadenze overnight un ragguardevole aumento della volatilità,
e sulle scadenze oltre il mese un quasi completo arresto delle transazioni. In quel periodo si osservò un vertiginoso ampliamento dello spread LIBOR-OIS sia su euro sia su dollaro, a causa del notevole rialzo del LIBOR accompagnato dalla discesa dei tassi OIS, dettata dalle attese di politiche
monetarie espansive (Figura 2) (Board of Governors of the Federal Reserve, 2009a).
Le banche centrali adottarono numerose misure per arginare gli effetti negativi dei suddetti
avvenimenti, tra cui il taglio dei tassi di riferimento; infatti, anche la BCE, vista la grave situazione, decise di imboccare questa via, laddove la Fed aveva iniziato ad abbassare il tasso target già a
partire dall’ultimo trimestre 2007. Particolarmente significativa fu la decisione congiunta di Fed,
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LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
BCE, Bank of Canada, Bank of England, Sveriges Riksbank e Swiss National Bank di tagliare i
tassi di 50 punti base l’8 ottobre.
Sul fronte delle politiche di gestione della liquidità, tra il settembre ed il novembre 2008, alla
luce dei preoccupanti sviluppi sul mercato monetario, e con particolare attenzione allo spread LIBOR-OIS, la Federal Reserve mise a punto altre misure volte a contrastare la crisi; infatti, dopo i
tre strumenti descritti sopra, che si rivolgono a primary dealers e depository institutions, la Federal Reserve decise di salvaguardare anche gli altri operatori del mercato monetario (Board of Governors of the Federal Reserve, 2009a). Il 19 settembre 2008 venne creata l’Asset-Backed
Commercial Paper Money Market Mutual Fund Liquidity Facility (AMLF), con la quale sono
concessi prestiti a depository institutions e holding bancarie da destinare all’acquisto di ABCP dai
fondi di mercato monetario, in modo da aiutarli a far fronte alle domande di rimborso da parte
degli investitori. Il 7 ottobre fu introdotta la Commercial Paper Funding Facility (CPFF) mirata a
sostenere gli emittenti di commercial paper, tramite la concessione a veicoli finanziari di
finanziamenti da utilizzare per l’acquisto di carta commerciale. La Money Market Investor
Funding Facility (MMIF) è stata creata il 21 ottobre; con essa la Fed concede dei prestiti provvisti
di garanzia ad alcuni veicoli finanziari, per favorire l’acquisto da parte di questi ultimi di titoli a
breve scadenza denominati in dollari (quali certificati di deposito e carta commerciale) da
investitori del mercato monetario – principalmente fondi comuni –, al fine di migliorare le loro
condizioni di liquidità ed incentivare l’investimento in strumenti di mercato monetario. Infine, il
25 novembre la Federal Reserve annunciò la creazione della Term Asset-Backed Securities Loan
Facility (TALF), una misura volta a sostenere il mercato dei titoli da cartolarizzazione di crediti al
consumo. A margine di queste iniziative, a settembre, in un’ottica di quantitative easing
(Blanchard, 2008), la Federal Reserve notificò l’avvio di un piano di acquisto di titoli emessi da
agenzie governative – quali Fannie Mae e Freddie Mac – sul mercato secondario.
Nell’Eurosistema, come spiegato in European Central Bank (2008b), dall’ottobre 2008 anche
le operazioni di rifinanziamento principale sono condotte per mezzo di aste a tasso fisso con piena
assegnazione. In aggiunta, il corridoio dei tassi è stato temporaneamente ridotto a 100 punti base17, è stata ulteriormente aumentata la quota delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine,
ed è stata ampliata la gamma di attività accettate come collateral nelle operazioni con
l’Eurosistema.
Questi interventi, assieme ad altre misure a supporto di istituzioni in crisi, quali Citigroup e
Bank of America, contribuirono a normalizzare almeno in parte le condizioni di mercato, contenendo l’avversione al rischio degli operatori e facendo segnare una ripresa del comparto a breve,
dove si è osservato, in primo luogo, un restringimento dello spread LIBOR-OIS (Figure 2 e 4),
dovuto all’accentuata diminuzione dei tassi sui depositi interbancari connessa ed alla riduzione
meno marcata dei tassi OIS (European Central Bank, 2009b), e, in secondo luogo, una tendenziale
stabilizzazione del segmento della commercial paper non asset-backed (Figura 1).
17
È stato poi riportato a 200 punti base nel primo periodo di mantenimento del 2009.
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
9
Questo lavoro si concentra su un campione di dati che spazia dal 2 gennaio 2006 al 1 aprile
2009, in modo da comprendere nell’analisi sia la fase di incubazione della crisi sia il periodo di
massima intensità delle turbolenze, seguito da una tendenziale distensione già a partire dal dicembre 2008, momento in cui lo spread LIBOR-OIS si riattestò su valori analoghi a quelli osservati
prima degli eventi di settembre. Il differenziale ha proseguito la sua discesa nel corso del 2009,
fino ad attestarsi su valori non distanti da quelli osservabili nella prime fasi della crisi.
2.2 Le ragioni alla base della crisi del mercato monetario
Negli ultimi anni è possibile individuare diversi processi in atto, i quali sono poi sfociati nella
recente crisi; dati gli obiettivi della presente ricerca, ci si limita ad un breve richiamo dei fenomeni rilevanti per il mercato monetario, senza estendere l’analisi all’economia nel suo complesso.
Fondamentalmente, sulla base della letteratura in materia, si possono identificare tre meccanismi operanti negli anni precedenti le turbolenze del 2007/09. Innanzitutto, si è avuta una forte diffusione delle operazioni di cartolarizzazione combinata con una grande facilità nella concessione
del credito; infatti, in particolare nel segmento subprime ed Alt-A, le banche hanno concesso credito confidando, primo, in una continua crescita del valore degli immobili – che avrebbe poi dovuto consentire il funzionamento del meccanismo di rifinanziamento di tali esposizioni –, secondo, nella possibilità di smobilizzare i rischi così assunti tramite operazioni di cartolarizzazione. Inizialmente i mutui oggetto di securitization, secondo la “tassonomia” statunitense, erano principalmente quelli primari (prime mortgages), gli unici idonei ad essere trasferiti alle GSE, mentre
dal 2001 sono stati i contratti jumbo, subprime ed Alt-A i più coinvolti in questo processo, tramite
veicoli finanziari di natura privata (Cecchetti, 2008). Le cartolarizzazioni, che ovviamente possono riguardare qualsiasi cespite e che nel caso dei programmi di ABCP vedono la cessione di attivi
di alta qualità al SIV, consentono, almeno in via teorica, una più efficiente redistribuzione del rischio all’interno del sistema finanziario18; tuttavia le banche sponsor – lo stesso originator nei
programmi single-seller19 –, per favorire la sottoscrizione dei titoli emessi dai veicoli finanziari,
sono solite fornire supporto sotto forma di garanzie – in cui lo sponsor è formalmente obbligato a
far fronte ad eventuali carenze di liquidità – o sotto forma di impegni non contrattuali, concessi al
solo fine di tutelare la reputazione (le vicende di Bear Sterns ne sono un esempio), come nel caso
dei cd.. liquidity backstops20. In generale, nel corso degli ultimi anni si è avuta una sottovalutazio18
In primo luogo, aggregando gli attivi bancari in cd. pools si sfruttano i vantaggi della diversificazione; in secondo luogo i titoli
asset-backed (mortgage-backed nel caso siano stati ceduti dei mutui) emessi dai veicoli finanziari cui vengono trasferiti questi attivi vengono ripartiti in tranches, ognuna con un differente rating, in modo da realizzare una razionale allocazione presso gruppi di
investitori con differente grado di propensione al rischio. Tali titoli sono in genere caratterizzati da scadenze brevi, pertanto sono
rilevanti per il mercato monetario. In sostanza, è avvenuta la transizione dal modello classico, in cui le banche concedevano mutui
e prestiti e li mantenevano in bilancio, ad un modello originate and distribute, in cui gli attivi bancari o vengono raggruppati in
portafogli e poi smobilizzati o vengono assicurati per mezzo di credit default swaps (i quali possono a loro volta essere oggetto di
securitisation), riducendo così l’interesse della banca ad eseguire oculate analisi del rischio di credito gravante sulle controparti
affidate (Brunnermeier, 2008).
19
Si veda Covitz (2009).
20
Si veda, ad esempio, http://www2.bmo.com/ar2005/notes/note6.html.
10
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
ne del rischio connesso ai titoli asset-backed, determinata da un lato dall’atteggiamento spesso
compiacente delle agenzie di rating, dall’altro dall’elevata complessità di molti dei titoli assetbacked (si pensi, ad esempio, al caso in cui ad essere ceduto non sia un portafoglio di mutui, bensì
un pool di titoli strutturati), che si è tradotta in opacità per una larga maggioranza degli operatori.
Una scarsa comprensione di questi valori mobiliari ha fatto sì che ai primi sentori del declino del
mercato dei mutui residenziali americani, gli investitori fossero dominati dall’incertezza riguardo
al loro valore (Blanchard, 2008), la qual cosa si è rivelata particolarmente allarmante, visto che
una parte consistente di questi titoli era in realtà stata sottoscritta da banche, minando così la fiducia del mercato nella loro solidità.
In secondo luogo, le istituzioni finanziarie, in particolare le banche d’investimento, sono state
caratterizzate da un crescente rapporto di indebitamento accompagnato dall’accorciamento delle
scadenze della struttura finanziaria, resa così meno onerosa, ma molto più sensibile all’andamento
del mercato monetario, e di conseguenza al rischio di liquidità. Allo stesso rischio si sono esposte
le banche commerciali utilizzando le operazioni cartolarizzazione in un’ottica di “arbitraggio regolamentare”21, al fine di ridurre il capitale proprio rispetto al debito e sfruttare il differenziale tra
rendimento degli investimenti e costo del debito, massimizzando il ROE. Fondamentalmente, gli
strumenti adottati dalle banche per aumentare il leverage sono stati i contratti di repurchase agreement – GC repo contro titoli del Tesoro e repo in operazioni di mercato aperto –, le operazioni di
securitization con emissione di ABCP, e le transazioni sul mercato non garantito – LIBOR, EURIBOR, commercial paper e certificati di deposito –; dunque, le banche, per aumentare la leva,
hanno acquistato titoli, poi usati come collateral per ottenere finanziamenti, a loro volta impiegati
nell’acquisto di altri titoli (Pellizzon, Sartore e Vendramin, 2009). Come osservano Adrian e Shin
(2008), se le banche commerciali in un periodo di aumento dei prezzi hanno mantenuto un uso costante della leva finanziaria – che invece con una strategia passiva sarebbe naturalmente scesa –,
le investment banks hanno addirittura seguito una politica prociclica. Si intuisce dunque l’elevata
sensibilità alle dinamiche del mercato monetario che caratterizzava i bilanci delle banche
d’investimento, le cui passività erano costituite principalmente da contratti repo, specie con scadenza overnight, favorendo così l’insorgere di fenomeni di contagio. Lo stesso rilievo si può
muovere nel caso dei veicoli finanziari costituiti nelle operazioni di securitization; infatti essi presentano degli attivi illiquidi con scadenze lontane nel tempo – è il caso dei mutui o dei portafogli
di titoli strutturati a lunga scadenza – finanziati con titoli liquidi a breve (ABCP)22 e media scadenza (medium-term notes, MTN), e sono perciò connotati da un fisiologico maturity and liquidity
21
Si tratta dei programmi di securities arbitrage (Covitz et al., 2009). In pratica, essi sfruttano una delle falle dell’Accordo sul
capitale di Basilea del 1988, il quale prevedeva requisiti di capitale ridotti per i crediti di firma – quali le linee di credito a supporto
dei programmi di ABCP, contabilizzate “sotto la riga” –, ed addirittura nessun requisito nel caso di veicoli finanziari cui la banca è
legata per mere ragioni di reputazione. La normativa Basilea II, in vigore solo dal 2007, è stata invece aggirata sfruttando un cd..
rating arbitrage (Brunnermeier, 2008).
22
Più della metà delle ABCP emesse ha una scadenza inferiore ai 4 giorni, e la scadenza media è di 30 giorni. I principali
sottoscrittori di ABCP sono i fondi di mercato monetario, molto sensibili ad eventuali ritardi nei pagamenti, il che fa capire quanto
questi titoli siano liquidi in condizioni di mercato regolari (Covitz, 2009).
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
11
mismatch, che ne determina l’esposizione al cd. funding risk23 (Brunnermeier, 2008, e Covitz et
al., 2009). A partire da questa osservazione, Covitz et al. (2009) tratteggiano un paragone tra la
struttura dei programmi di ABCP e quella delle banche commerciali, traendo la conclusione che
anch’essi sono possono subire vere e proprie “corse agli sportelli”, che è proprio ciò che è accaduto fin dall’inizio della crisi, essendo stato il comparto delle ABCP il primo a vedere compromessa
la propria funzionalità all’interno del mercato monetario. Nonostante l’obiettivo delle cartolarizzazioni sia quello di distribuire il rischio ad un ampio pubblico di investitori, buona parte dei titoli
emessi dai veicoli finanziari è rimasta all’interno del sistema bancario, esponendo anche le banche
al funding risk sopportato da questi ultimi sia in qualità di investitori sia in quanto sponsors o originators, e dunque obbligate – o semplicemente interessate per ragioni di reputazione – ad assicurare il regolare funzionamento di tali programmi; si è venuto così a configurare quello che Brunnermeier (2008) definisce pipeline risk.
Infine Blanchard (2008) rimarca il ruolo giocato dalla crescente integrazione internazionale tra
istituzioni finanziarie nel favorire l’autoalimentarsi dei meccanismi di amplificazione della crisi
descritti di seguito.
2.3 Diffusione della crisi all’interno del mercato monetario
Nel calo del valore degli immobili sul mercato statunitense iniziato a fine 2006 si può individuare l’evento scatenante di questa crisi; esso, combinandosi con i processi appena descritti ha
condotto alla fase di turbolenza vissuta dai mercati nell’ultimo triennio. Infatti, gli squilibri sopra
descritti hanno innescato alcuni meccanismi di amplificazione della crisi, che poi, col procedere
degli eventi, sono andati rinforzandosi a vicenda.
In primo luogo, Adrian e Shin (2008), Blanchard (2008) e Brunnermeier (2008) sottolineano
come, a partire dal secondo semestre 2007, l’incapacità da parte dei veicoli finanziari con attivi
esposti al mercato subprime di svolgere il roll over del loro debito – ossia di collocare nuove emissioni di ABCP –, dovuta alle crescenti preoccupazioni degli investitori riguardo al valore effettivo dei titoli mortgage-backed – scatenate a loro volta dal rialzo del tasso di morosità dei prenditori di fondi subprime –, abbia costretto tali veicoli a fare ricorso alle linee di credito messe a loro
disposizione dalle banche. Come documentato da Covitz et al. (2009), nel 2007 numerosi programmi di ABCP sono stati abbandonati dagli investitori unicamente per via del panico scatenatosi sul mercato, e non sulla base dei fondamentali economici caratterizzanti ciascuno di essi. Ciò ha
fatto sì che ad essere abbandonati non fossero unicamente quei programmi di ABCP con attivi esposti al mercato subprime, bensì tutti quelli sprovvisti di garanzie di liquidità, alle quali appunto i
veicoli finanziari sono dovuti ricorrere – costringendo le banche a reintegrare in bilancio gli assets
loro ceduti –. In seguito, al crescere dei timori riguardo alle condizioni di liquidità delle banche
23
Secondo Resti e Sironi (2008, p.115), per funding risk si intende “il rischio che [… un intermediario finanziario] non sia in
grado di far fronte in modo efficiente, senza mettere a repentaglio la propria ordinaria operatività e il proprio equilibrio
finanziario, a deflussi di cassa attesi e inattesi (legati al rimborso di passività, al rispetto di impegni a erogare fondi o alla
richiesta, da parte dei suoi creditori, di accrescere le garanzie reali fornite a fronte dei finanziamenti ricevuti)”.
12
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
garanti stesse, anche una parte dei programmi con garanzie è stata oggetto di bank runs. In questo
modo le banche, a fronte di un’involontaria crescita dei propri attivi (Adrian e Shin, 2008), si sono
viste obbligate a ridurre quella parte di credito che era discrezionale, generando così una contrazione del mercato interbancario, che ha contribuito all’allargamento dello spread LIBOR-OIS; in
aggiunta, la carenza di liquidità delle banche commerciali è stata esacerbata dall’impossibilità di
ricorrere alle operazioni di cartolarizzazione per finanziare i loro impieghi, essendo i programmi
di ABCP – in passato tra i principali acquirenti dei titoli delle tranches AAA nell’ambito delle
securitizations – ormai non più in grado di sottoscrivere le nuove emissioni di MBS (Covitz et al.,
2009). Come anticipato, se nella prima fase della crisi – fino agli eventi del settembre 2008 –,
seppur in presenza di un consistente aumento della volatilità e degli spread – come il LIBOR-OIS
–, le istituzioni finanziarie sono state in grado di coprire la quota di domanda di liquidità prima
soddisfatta tramite ABCP sul mercato non garantito – in particolare per mezzo di commercial paper –, nella seconda fase anche il mercato non garantito si è “prosciugato”, facendo in modo che i
casi di bank run sul mercato monetario non si limitassero ai programmi di ABCP, bensì coinvolgessero direttamente le banche, la cui solvibilità non era più data per scontata dagli operatori. In
generale, come spiega Blanchard (2008), sul mercato monetario si è assistito ad un fenomeno di
bank run del tutto analogo a quello che nelle crisi del passato interessava gli intermediari creditizi.
Alla base di questa spirale vi è stato il succitato elevato ricorso allo strumento della leva finanziaria, in particolare sulle brevi scadenze – ossia sul mercato monetario – da parte delle banche, le
quali, costrette a soddisfare un accresciuto fabbisogno di cassa, hanno liquidato un ingente quantitativo di attivi, deprimendone di conseguenza il prezzo, complice anche l’opacità di molti strumenti strutturati. Questi ultimi, infatti, sono sensibili alla correlazione tra default, il che li rende
difficilmente valutabili, se non da esperti, gettando così le basi per una situazione di asimmetria
informativa nei confronti del resto del mercato (Brunnermeier, 2008). È stato proprio il calo generalizzato dei prezzi osservato nella seconda fase della crisi ad innescare un perverso meccanismo
di amplificazione. Infatti, le banche finanziavano una parte consistente dei loro attivi per mezzo di
repo e ABCP, dunque la diminuzione dei prezzi dei titoli usati come garanzie ed il connesso aumento della volatilità ha condotto ad un aumento dei margini (haircuts24) richiesti dai datori di
fondi, ossia della quota di ciascun prestito che la banca deve coprire con capitale proprio. In questo modo, da un lato le banche hanno dovuto subire una diminuzione dei prezzi degli attivi, che ha
provocato perdite e in ultima analisi un maggior fabbisogno di cassa, dall’altro l’aumento dei
margini applicati sui prestiti garantiti, ovvero la necessità di una maggiore capitalizzazione delle
banche, ha portato a sua volta ad un incremento della domanda di liquidità. Nel complesso si evince come tale circolo vizioso possa essere sfociato in casi di bank run sul mercato monetario. In
questo contesto le banche, su cui incombevano ormai forti inquietudini in merito alla loro solvibilità, sono diventate vieppiù riluttanti a prestarsi denaro l’un l’altra, preferendo invece accumulare
24
Il margine – o haircut – è l’eccesso di valore dei titoli forniti in garanzia rispetto al prestito concesso che il datore di fondi
richiede per tutelarsi.
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
13
cassa (liquidity hoarding) per far fronte ad eventuali carenze di liquidità improvvise, anche rinunciando a lucrare sui tassi sempre più elevati quotati sul mercato e provocando così il blocco quasi
totale del mercato monetario.
Un secondo meccanismo di amplificazione si ricollega a quanto appena illustrato; infatti le
banche, sia per vincoli regolamentari25 sia per rassicurare gli investitori, devono mantenere un
certo livello di patrimonializzazione (Blanchard, 2008). Chiaramente in un contesto di discesa dei
prezzi, con le annesse perdite, il rapporto di patrimonializzazione delle banche tende a deteriorarsi, dunque per riportarlo su valori congrui, vista la difficoltà di reperire capitali privati nell’ambito
operazioni di ricapitalizzazione, le banche hanno diminuito la leva finanziaria, vendendo ulteriori
attivi o riducendo i crediti concessi – ad altre banche o all’economia –, acuendo la spirale di riduzione dei prezzi e le difficoltà nel reperimento di liquidità sul mercato.
2.4 Il mercato dei depositi interbancari privi di garanzia
Si affronta ora l’evoluzione – ed i comportamenti economici ad essa sottesi – del comparto del
mercato monetario che più da vicino riguarda il presente lavoro: il mercato dei depositi interbancari privi di garanzia, nella fattispecie il LIBOR – i medesimi ragionamenti sono validi nel caso
dell’EURIBOR –.
È ora opportuno precisare il ruolo ricoperto da questo comparto all’interno del mercato monetario. Pellizzon et al. (2009) fanno notare che la quasi totalità delle transazioni su LIBOR ed EURIBOR avviene su scadenze inferiori al mese, mentre i contratti a più lungo termine (term market)
rappresentano una parte esigua del mercato. Lo spread LIBOR-OIS qui analizzato è calcolato sui
tassi a tre mesi, in linea con la letteratura in materia, in quanto si ritiene che il differenziale su tale
orizzonte temporale rappresenti la misura più accurata delle tensioni esistenti sul mercato interbancario non garantito a medio-breve scadenza; sotto il profilo economico esso non è altro che la
differenza tra il tasso non garantito a tre mesi al quale le banche con elevato merito creditizio possono finanziarsi ed il costo del debito sullo stesso orizzonte sul mercato overnight, svolgendo ogni
giorno il roll over del prestito.
Come già anticipato, l'inizio di questo fenomeno si è avuto in occasione degli eventi del 9 agosto 2007, quando si è verificato un considerevole disallineamento tra tassi interbancari overnight e
tassi di politica monetaria – tasso target su federal funds e tasso minimo su operazioni di rifinanziamento principale (minimum bid rate) –; tuttavia, come sottolineato da Taylor e Williams
(2008a) e da Cassola et al. (2008), grazie alle tempestive immissioni di liquidità della BCE e della
Federal Reserve di New York, si è riusciti a ricondurre i tassi overnight su livelli coerenti con i
tassi di politica monetaria (Figura 3). Infatti, dopo l’inizio della crisi, fatta eccezione per il periodo
immediatamente successivo al tracollo di Lehman, la media del differenziale tra tassi overnight e
tassi di politica monetaria si è mantenuta molto vicina allo zero; solo la volatilità dello stesso differenziale ha subito un netto rialzo, passando da 5 a 26 punti base sull’euro, e da 4 a 28 punti base
25
A questo proposito si è appunto parlato di “prociclicità” del nuovo “Accordo sul capitale” di Basilea (Resti e Sironi, 2008).
14
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
sul dollaro. È interessante poi notare come, grazie alle ingenti immissioni di liquidità da parte delle banche centrali, il differenziale si sia attestato su valori negativi per periodi relativamente lunghi in seguito agli shock dell’agosto 2007 e del settembre 2008; ciò è anche sintomo degli aumentati volumi di scambio sul segmento overnight del mercato interbancario, controbilanciati da una
formidabile riduzione delle transazioni sul segmento a medio-breve termine. Ad ogni modo,
l’analisi di questo fenomeno eccede la portata del presente lavoro.
Figura 3. Differenziale tra EONIA e tasso minimo su operazioni di rifinanziamento principale, e tra tasso effettivo su federal funds
e tasso target sul periodo 2/1/2006-1/4/2009 (dati giornalieri). Fonte: Bloomberg.
In modo più preoccupante, invece, per l'impatto che possono avere sull'onerosità di mutui e
prestiti bancari, i tassi interbancari a più lunga scadenza – come LIBOR a uno e tre mesi sia su
dollaro sia su euro – hanno esibito una tendenza al rialzo rispetto ai tassi di politica monetaria (Figura 4), nonostante gli interventi delle banche centrali volti al ristabilimento di normali condizioni
di liquidità sul mercato; il differenziale si è poi ulteriormente ampliato in corrispondenza degli eventi di settembre ed ottobre 2008, quando ad un aumento dei tassi LIBOR si è contrapposta una
brusca diminuzione del tasso OIS, per via delle aspettative di abbamento dei tassi di riferimento.
Al di là della sua funzione di indicatore delle tensioni di liquidità sul mercato, lo spread LIBOR-OIS è strettamente legato al meccanismo di trasmissione dei tassi; nei periodi di normalità
uno spread pressoché costante – espressione di un certo premio al rischio – separa tali tassi dal
tasso atteso di politica monetaria – approssimato dal tasso OIS26 –, mentre durante l'attuale crisi
26
In generale, se una banca entra in un contratto OIS (receiver), essa riceverà interessi calcolati a un tasso fisso (tasso OIS) sul capitale nozionale, ed in cambio alla scadenza pagherà interessi calcolati a capitalizzazione composta sullo stesso nozionale sulla
base di un tasso variabile di mercato – il tasso effettivo su federal funds negli Stati Uniti, il tasso EONIA nell’area Euro – (Sengupta e Man Tam, 2008). Nel caso del mercato europeo si è preso a riferimento l’EONIA Swap Index pubblicato quotidianamente alle
11.00 (GMT+1) dalla European Banking Federation, il quale rappresenta il tasso medio al quale l’EONIA viene scambiato
all’interno di un panel di banche di standing primario con convenzione ACT/360 (www.eoniaswap.org).
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
15
finanziaria la dinamica del LIBOR è stata caratterizzata da una marcata volatilità. Tale comportamento va chiaramente ad inficiare l'efficacia della politica monetaria, nella misura in cui una modificazione del tasso di riferimento non si traduce in un'equivalente variazione dei tassi interbancari a scadenza medio-breve e, di conseguenza, dei tassi applicati a mutui e prestiti bancari.
Figura 4. Spread LIBOR-OIS su euro (a sinistra) e su dollaro (a destra) con dati giornalieri. Fonte: Bloomberg.
Nota: nel corso del lavoro SPREAD3M_EU e SPREAD3M_US indicheranno rispettivamente lo spread LIBOR-OIS sul mercato
europeo ed americano.
Un elevato e persistente spread LIBOR-OIS rappresenta evidentemente una patologia del mercato, trattandosi di una chiara opportunità di arbitraggio, che, in quanto tale, dovrebbe sparire in
breve tempo. Infatti, alle banche basterebbe indebitarsi sul mercato overnight – al tasso effettivo
su federal funds o al tasso EONIA –, rifinanziare tale prestito ogni giorno per tre mesi (roll over)
– operazione il cui costo è approssimato dal tasso fisso OIS –, ed usare i fondi così ottenuti per
concedere finanziamenti a tre mesi ad altre banche al tasso LIBOR. Normalmente la differenza
tra LIBOR e tasso fisso OIS dovrebbe quindi essere pressoché costante e pari al costo della protezione contro eventuali fluttuazioni dei tassi overnight; tuttavia una serie di fattori peculiari di questa crisi, hanno impedito lo sfruttamento di tale opportunità di arbitraggio.
Al fine di cogliere appieno le potenziali ragioni sottostanti un persistente aumento del suddetto
spread, è opportuno riportare la scomposizione indicativa dei tassi interbancari a media scadenza
segnalata da Michaud e Upper (2008)27, segnatamente: i) aspettative di politica monetaria a tre
mesi; ii) premio per il rischio di credito; iii) premio per il rischio di liquidità; iv) premio per la
scadenza – costante ed in genere trascurabile –. Ricordando che il tasso su OIS rappresenta un'ottima approssimazione delle aspettative degli investitori sui tassi interbancari overnight – e dunque
anche del tasso di politica monetaria28, visto che le banche centrali si prefiggono di mantenere il
tasso overnight effettivo il più possibile vicino al tasso target –, e che tali strumenti, in primo luogo, sono scevri dal rischio di controparte, non essendoci scambio del capitale nozionale, e, in secondo luogo, sono caratterizzati da un ridotto rischio di liquidità, non prevedendo flussi di cassa
27
La scomposizione qui illustrata rappresenta in realtà una semplificazione di quella originariamente delineata da Michaud e
Upper (2008).
28
Per una chiara spiegazione della procedura da seguire per estrarre i tassi attesi di politica monetaria dai tassi fissi su contratti OIS
si veda Bank of England (2005).
16
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
sino alla scadenza del contratto, lo spread LIBOR-OIS risulta essere governato fondamentalmente
dal rischio di controparte – essendo il LIBOR un mercato non garantito –, e dal rischio di liquidità. Su tali fattori vanno poi ad agire le misure di politica monetaria intraprese.
Il rischio di controparte, complici i crescenti timori riguardo al possibile default di numerose
banche a causa delle loro esposizioni su mercato subprime e derivati creditizi, e delle garanzie
prestate ai SIV, ha favorito da un lato l’incremento dei tassi applicati sul mercato interbancario e
dall’altro una riduzione dei fondi prestati, dato che la possibilità di non vedersi restituire il capitale costituiva un’evenienza particolarmente infausta in un momento caratterizzato da formidabili
tensioni di liquidità, in cui la capacità di reperire fondi rapidamente risultava assai ridotta. È però
doveroso sottolineare che durante la recente crisi lo spread non è stato governato meramente dal
rischio di controparte effettivo – in genere piuttosto stabile nel breve periodo –, ma specie da
quello percepito – ovviamente di difficile misurazione –, da cui l’importanza delle asimmetrie informative tra banche, analizzate compiutamente da Heider, Hoerova e Holthausen (2009).
Si precisa poi che il rischio di liquidità può essere scomposto in funding liquidity risk, specifico di ciascuna banca e legato all’incertezza relativa al valore degli attivi in bilancio – in particolare dei titoli strutturati in questa crisi –, e market liquidity risk29. In particolare il funding liquidity
risk ha fatto sì che le banche, non conoscendo esattamente la loro consistenza patrimoniale, e temendo dunque che inaspettate perdite sul portafoglio titoli provocassero improvvise situazioni di
illiquidità, abbiano ridotto l’ammontare di fondi che erano disposte a prestare sull’interbancario,
al fine di assicurarsi un “cuscinetto” di cassa per far fronte a tali eventualità, il che ha irrimediabilmente generato un rialzo dei tassi LIBOR. Si discerne quindi l’esistenza di un’intima connessione tra rischio di controparte percepito e funding risk in periodi di crisi.
Gli effetti del rischio di liquidità e di controparte, anche per via della loro complessa misurazione, sono difficilmente distinguibili e spesso presentano notevoli interazioni, essendosi entrambi
tradotti in un aumento dei tassi interbancari su scadenze oltre il mese ed in comportamenti di accumulazione di riserve di cassa da parte delle banche; ad esempio il default di Bear Sterns è stato
occasionato da una condizione di illiquidità e non da un effettivo stato di insolvenza.
Come già accennato, Heider et al. (2009) analizzano la rilevanza del rischio di controparte nella spiegazione del malfunzionamento del mercato interbancario a breve termine; in particolare si
soffermano sull’impatto delle asimmetrie informative riguardo al rischio di controparte – che nella
crisi 2007/09 sono state originate dalla complessità del processo di allocazione del rischio nelle
operazioni di securitization –, e su come, al variare di queste, l’interbancario subisca dei cambiamenti di regime. Gli autori propongono un modello incorporante tre diversi regimi, i quali possiedono delle palesi affinità con le fasi dell’evoluzione del mercato interbancario degli ultimi tre anni, ed in cui la transizione da un regime all’altro è determinata da una variazione nel livello e nella
29
Secondo Resti e Sironi (2008, p.115), per market liquidity risk si intende “il rischio che [… un intermediario finanziario], al fine
di monetizzare un consistente posizione in attività finanziarie, finisca per influenzarne in misura significativa (e sfavorevole) il
prezzo, a causa dell’insufficiente profondità del mercato finanziario in cui tali attività sono scambiate, o di un suo temporaneo
malfunzionamento”.
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
17
distribuzione del rischio di controparte. Nel primo regime, simile a quello osservabile prima
dell’agosto 2007, vi è piena partecipazione di prenditori e datori di fondi, ed i tassi sono bassi;
nonostante anche in queste condizioni esistano delle asimmetrie informative, il mercato funziona
regolarmente, grazie alle esternalità positive generate dalle banche più solide a favore di quelle
più rischiose. Nel secondo regime la liquidità continua ad essere scambiata, ma si manifestano dei
problemi di selezione avversa, con le banche meno rischiose che abbandonano il mercato, determinando un sostanzioso aumento dei tassi; il mercato è entrato in questo regime nell’agosto 2007,
quando gli operatori hanno realizzato il rischio incombente sui bilanci delle banche per via delle
esposizioni sul mercato subprime. Infine, nel terzo regime il mercato interbancario praticamente
cessa di funzionare o perché le banche preferiscono accumulare liquidità invece che prestarla a dei
prenditori di fondi rischiosi (mancanza di offerta) o perché anche le controparti più rischiose non
sono disposte a pagare gli elevati tassi quotati sul mercato (mancanza di domanda). Il periodo settembre-dicembre 2008 può essere ricondotto a questo regime; in tale periodo, sebbene le banche
centrali abbiano riversato sui mercati un’enorme quantità di liquidità, il mercato interbancario è
rimasto bloccato, per via delle asimmetrie informative relative al rischio di controparte, che fanno
sì che le banche preferiscano costituire delle riserve di cassa al fine di limitare il funding risk, rinunciando così a lucrare su tali fondi, anziché prestarli e rischiare di trovarsi sprovviste di liquidità. Un’analisi empirica del fenomeno del liquidity hoarding e del suo impatto sul mercato interbancario si può trovare in Acharya e Merrouche (2009), i quali mostrano come durante la crisi, sul
mercato della sterlina, aumenti permanenti della liquidità aggregata overnight abbiano determinato corrispondenti rialzi del LIBOR a tre mesi.
Nel prosieguo del lavoro verrà presentato un modello econometrico per lo spread LIBOR-OIS
europeo volto a cogliere la transizione del mercato LIBOR attraverso i regimi appena descritti, in
cui tra le variabili esplicative è inserito anche il ricorso al deposito marginale nell’area Euro, come
indice del comportamento di accumulazione di liquidità da parte delle banche.
Nelle Tabelle 1.a ed 1.b sono riportati i risultati dell’Euro Money Market Study30 sul funzionamento del mercato non garantito dell’euro – costituito sostanzialmente da LIBOR, EURIBOR
ed e-MID – (European Central Bank, 2007, 2008b, 2009a). Essi evidenziano come la percezione
sia dell’efficienza sia della liquidità del comparto sia andata deteriorandosi all’interno del panel di
banche analizzato. Il quadro emergente sembra essere coerente con l’idea di una transizione del
mercato attraverso i tre regimi testé descritti; solo nel 2009 le banche hanno rilevato un miglioramento delle condizioni di liquidità, sulla base del quale nel prosieguo del lavoro si è optato per
modellizzare il periodo dicembre 2008 – aprile 2009 come appartenente al secondo regime, visti
anche i numerosi interventi di politica monetaria avutisi tra il settembre ed il novembre 2008, che
sembrano aver riportato, almeno in parte, la situazione nell’alveo della normalità.
30
Tutti le statistiche dell’Euro Money Market Study fanno riferimento al secondo semestre di ciascun anno.
18
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Tabella 1.a Efficienza del mercato dei depositi interbancari privi di garanzia percepita dalle venti maggiori banche dell’area Euro. Fonte: Banca Centrale Europea.
Efficienza
% Limitata
% Sufficiente
% Normale
% Elevata
2007
3.82
25.37
65.1
5.7
2008
37.52
18.59
43.89
0
2009
46.44
23.6
29.96
0
Tabella 1.b Liquidità del mercato dei depositi interbancari privi di garanzia percepita dalle venti maggiori banche dell’area Euro.
Fonte: Banca Centrale Europea.
Liquidità
% Peggioramento
% Invariata
% Lieve miglioramento
% Significativo aumento
2007
6.97
55.95
22.45
14.63
2008
91.71
4.84
3.46
0
2009
51.68
0
29.11
19.21
2.5 Un riepilogo della letteratura sullo spread LIBOR-OIS
Si procede ora ad una ricapitolazione dei risultati ottenuti nei principali studi sull’evoluzione
dello spread LIBOR-OIS nel corso della crisi 2007/09.
Il primo lavoro è quello di Taylor e Williams (2008a), nel quale gli autori si prefiggono di vagliare l'efficacia della Term Auction Facility (TAF). Dopo aver valutato per mezzo di alcune regressioni l'effetto della TAF (rappresentata da una variabile dummy pari a uno in occasione delle
date di presentazione delle offerte) sullo spread LIBOR-OIS su dollaro, controllando per il rischio
di controparte (misurando così l'impatto della TAF sulla componente dello spread teoricamente
legata alla liquidità), giungono alla conclusione che essa sembrerebbe essere non efficace. Inoltre,
a riprova di questa affermazione, ricordano che la TAF non aumenta le riserve totali del sistema,
dato che, dopo ogni asta, le banche centrali conducono un'operazione di mercato aperto di segno
opposto, al fine di mantenere il tasso overnight effettivo in linea con il tasso target. In un secondo
lavoro (Taylor e Williams, 2008b) gli stessi autori riprendono alcuni punti del primo articolo alla
luce delle critiche mossegli sia in ambito accademico che professionale, e producono una serie di
risultati che vanno a confermare la validità delle loro tesi .
Un altro articolo che si concentra sugli effetti delle azioni della Federal Reserve e di altre banche centrali è quello di Wu (2008), il quale raggiunge dei risultati che contraddicono quelli di Taylor e Williams. Wu, invece di limitarsi alla sola TAF, prende in considerazione tutti i vari strumenti adottati dalla Federal Reserve, vale a dire la TSLF, la PDCF e la TAF stessa. Non aumentando le riserve totali del sistema, secondo Wu, la loro funzione non consiste nell'iniettare liquidità, bensì nel favorire un corretto processo di allocazione della liquidità sul mercato. Coerentemente, Wu tratta l'introduzione di tali strumenti come veri e propri cambi di regime, definendo due variabili dummy, una per la TAF, ed una per la PDCF e la TSLF, le quali assumono valore uno in
tutto il periodo successivo all'introduzione del corrispondente strumento e zero prima – si tratta
cioè di step functions –. Nella sua analisi empirica Wu valuta separatamente l'impatto delle misure della Federal Reserve su premi di liquidità, premi per rischio di controparte e mercato monetario nel suo complesso. Per quanto riguarda l'impatto sul premio di liquidità, la procedura seguita è
simile a quella di Taylor e Williams (2008a), fatta eccezione per la dummy TAF, definita nel mo-
INQUADRAMENTO ECONOMICO DEL FENOMENO
19
do sopra descritto; il risultato è che la TAF ha avuto un effetto significativo nel ridurre lo spread
dovuto alla carenza di liquidità. Al contrario, l'effetto dei summenzionati strumenti sul premio per
il rischio di controparte è ambiguo. Infine, passando all'effetto complessivo sul mercato monetario, Wu trova una chiara evidenza dell'efficacia della TAF, mentre l'impatto di TSLF e PDCF risulta difficilmente valutabile.
Anche il lavoro di McAndrews et al. (2008) supporta la tesi dell'efficacia della TAF nel ridurre il differenziale LIBOR-OIS su dollaro, pur utilizzando una specificazione econometrica nettamente diversa. In primo luogo gli autori mettono in dubbio la validità dei risultati presentati nei
due precedenti articoli, sostenendo che si basavano su regressioni OLS con variabili non stazionarie e non cointegrate sul periodo preso in considerazione, con il rischio di imbattersi in relazioni
spurie. Per ovviare a questo primo problema, tutte le regressioni svolte da McAndrews sono effettuate sulle differenze prime delle variabili in oggetto. In secondo luogo, gli autori rigettano la
scelta di Wu di rappresentare l'introduzione della TAF per mezzo di una step function, adducendo
come motivo l'incapacità di tale approccio di cogliere gli effetti transitori della stessa; di conseguenza, rimanendo nel solco della ricerca di Taylor e Williams (2008a), perfezionano lo studio
degli effetti della TAF, mettendo a punto un sistema di dummies, tra cui, ad esempio, quelle per le
date di annuncio delle aste, quelle per le date in cui vengono fissate le condizioni, ecc.
Michaud e Upper (2008) effettuano una scomposizione dello spread LIBOR-OIS per il mercato americano, europeo ed inglese, valutando l’effetto del rischio di liquidità e del rischio di credito
sia a livello aggregato sia tramite delle regressioni su dati panel. In questo articolo, il premio per
la liquidità è trattato come una componente residuale, per tale ragione gli autori ritengono che una
parte eccessiva delle variazioni dello spread potrebbe essere attribuita al rischio di controparte, il
quale a sua volta potrebbe essere legato al funding risk delle singole banche, una variabile non osservabile. Anche in Bank of England (2007) è illustrata una possibile scomposizione dello spread,
in cui la componente di liquidità è trattata come parte residuale.
Pellizzon et al. (2009) indagano la relazione esistente tra mercato interbancario non garantito,
come il LIBOR, e mercato del debito a breve termine garantito, ossia certificati di deposito (CD),
commercial paper (CP) e asset-backed commercial paper (ABCP), ed il modo in cui ciò si riflette
sullo spread LIBOR-OIS. A differenza dei precedenti lavori, in cui il premio per la liquidità è trattato come un fattore residuale, gli autori tentano di identificare una variabile in grado di cogliere
le tensioni di liquidità in atto sul mercato. Essa viene individuata nell’outstanding volume dei titoli di debito a breve; infatti, partendo dalla constatazione della marginalità del mercato interbancario non garantito nelle scelte di finanziamento delle istituzioni finanziarie sulle scadenze superiori
al mese, a sua volta originata dall’osservazione che la domanda di liquidità su tali scadenze viene
principalmente soddisfatta sul mercato dei titoli a breve termine (CD, CP e ABCP) e tramite repurchase agreements, arguiscono che un blocco pressoché totale di quest’ultimo segmento, quale
quello verificatosi nel corso dell’attuale crisi, non può che sfociare nel tentativo di far fronte al
proprio fabbisogno di liquidità sul mercato non garantito. Come conseguenza, si sono avute note-
20
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
voli tensioni sul mercato LIBOR, le quali si sono riflesse nell’improvviso allargamento degli
spread. Seguendo la procedura a due stadi di Engle-Granger gli autori arrivano a definire una relazione di cointegrazione tra spread, indice CDS, outstanding volume, VIX – inserito nel modello
come un’altra misura di liquidità – ed alcune dummies rappresentative degli interventi di politica
monetaria, sia per l’area Euro sia per gli Stati Uniti. Analogamente a quanto proposto da Heider et
al. (2009), gli autori suddividono poi il campione preso in considerazione in tre periodi – pre-crisi,
prima fase della crisi, post-Lehman Brothers –, trattati come tre diversi regimi, grazie all’uso di
step functions; i modelli a correzione dell’errore così specificati dimostrano di avere un’ottima
capacità esplicativa, nonché previsionale.
3. Fonti e costruzione dei dati utilizzati
Sullo spread LIBOR-OIS su dollaro – calcolato su dati giornalieri – si è effettuato l'aggiustamento suggerito da McAndrews et al. (2008), per tenere conto del fatto che il LIBOR è pubblicato
ogni giorno alle 11.00 (GMT) dalla BBA, il che equivale alle 6.00 (GMT-5); dunque lo spread
LIBOR-OIS è calcolato come LIBOR(t+1)-OIS(t) (l'OIS su dollaro, invece, è pubblicato a fine
giornata – GMT-5). Ad ogni modo nel prosieguo del presente studio ci si baserà quasi esclusivamente su dati settimanali, per i quali il suddetto aggiustamento diventa irrilevante.
Prima di esporre i risultati dell’analisi empirica svolta, pare appropriato descrivere sinteticamente le variabili utilizzate oltre ai tassi LIBOR ed OIS, già presentati. Si premette però che, essendo i dati sull’outstanding volume di commercial paper pubblicati con cadenza settimanale dalla Federal Reserve, per stimare i modelli econometrici illustrati si è reso necessario convertire tutte le serie giornaliere in serie settimanali31, passando così da 848 (campione 2/1/2006-1/4/2009) a
170 osservazioni (campione 4/1/2006-1/4/2009).
Innanzitutto, in linea con l’approccio di Pellizzon et al. (2009), si è scelto di non trattare le
tensioni di liquidità sul mercato monetario come un elemento residuale, preferendo al contrario
adottare proprio la somma degli outstanding volumes di financial commercial paper e assetbacked commercial paper non destagionalizzati espressi in milioni di dollari (Figura 5) come
proxy del fenomeno. Nonostante i tassi applicati della commercial paper siano indicizzati a quelli
del mercato non garantito, nella recente crisi l’outstanding volume di commercial paper può essere visto come un segnale delle carenze di liquidità vissute dalle banche su scadenze medio-brevi,
e, pertanto, delle turbolenze riversatisi sul segmento unsecured. Nella misura in cui tale variabile
coglie i fenomeni di corsa agli sportelli e con essi la domanda di liquidità così generata, è possibile arguire che essa rappresenta più che altro un’approssimazione del funding risk sistemico. Non è
stata invece inserita una misura diretta della liquidità del mercato LIBOR, per via dell’ardua reperibilità di tali dati.
31
Dato che la Federal Riserve pubblica tali dati ogni mercoledì, per ottenere le serie giornaliere delle altre variabili è stata calcolata
la media dei quattro giorni precedenti mercoledì e di mercoledì stesso (Pellizzon et al., 2009).
FONTI E COSTRUZIONE DEI DATI UTILIZZATI
21
Figura 5. Serie settimanali non destagionalizzate dell’outstanding volume di ABCP e FCP sul campione 2/1/2006-31/3/2009. Fonti: Federal Reserve.
Nota: nel corso del lavoro CP_OUTST starà ad indicare l’outstanding volume di ABCP e FCP.
Similmente a Wu (2008) ed a Pellizzon et al. (2009) è stata poi inserita una misura di volatilità
implicita del mercato – ossia non anticipata –: il VIX32 (Chicago Board Options Exchange Volatility Index), espressivo della volatilità prospettica del mercato azionario americano. Nell’ambito
dell’analisi di robustezza dei modelli si sono poi impiegati degl’indici di volatilità implicita specifici per i tassi di interesse: il MOVE33, relativo al mercato dei titoli del Tesoro americano, e gli indici LBOX e LBPX34, relativi alla volatilità delle swaptions. Queste variabili (Figura 6) possono
essere interpretate o come una seconda misura – indiretta – delle tensioni di liquidità – sia di funding sia di market liquidity –, in rapporto al fatto che un loro rialzo conduce ad una tendenziale
diminuzione dei prezzi e ad un aumento dei margini richiesti, oppure, più semplicemente, come
indicatori della rischiosità generale dei mercati.
Figura 6. Serie settimanali di alcuni indici di volatilità: VIX, MOVE, LBOX e LBPX. Fonte: Bloomberg.
32
Esso costituisce un indice della volatilità implicita a trenta giorni delle opzioni sull’S&P 500 ed è calcolato e diffuso dal Chicago
Board Options Exchange.
33
Il MOVE (Merril Option Volatility Estimate), calcolato da Merril Lynch, è un “yield curve weighted index of the normalized
implied volatility on 1-month Treasury options. It is the weighted average of volatilities on the CT2, CT5, CT10, and CT30” (tratto
da Bloomberg). Esso è quotato in punti base; per maggiori informazioni, si veda www.mlx.ml.com.
34
Il LBOX ed il LBPX sono due differenti indici di volatilità del mercato delle swaptions calcolati da Lehamn Brothers Indexes; il
primo è basato sulla volatilità dei rendimenti, mentre il secondo su quella dei prezzi. Si precisa che Lehman Brothers Indexes, dopo gli avvenimenti del settembre 2008, è stata rilevata da Barclays.
22
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Come misura del rischio di controparte si è scelto di costruire un indice pari alla mediana del
tasso su CDS di un gruppo di banche35 coinvolte nella rilevazione del LIBOR (Figura 7), così come suggerito da Taylor e Williams (2008b). Tale decisione è stata dettata dal fatto che i tassi
CDS, nonostante la lunga scadenza rispetto allo spread LIBOR-OIS a tre mesi, sono una misura
più pura del rischio di controparte rispetto allo spread unsecured-secured (come il LIBOR-repo),
il quale risente in modo sostanziale dei premi per la liquidità (Michaud e Upper, 2008). Sempre in
Figura 7a sono riportate delle misure alternative del rischio di controparte, a partire dalle quali si
sono svolte delle analisi di robustezza dei modelli stimati. In particolare si tratta di due indici CDS
relativi al settore bancario europeo e statunitense pubblicati da Thomson su Datastream, e degli
spread LIBOR-repo per le due aree. Per l’area Euro si è utilizzato il tasso EUREPO36 a tre mesi
pubblicato dalla European Banking Federation, mentre per gli Stati Uniti si optato per un indice
repo a tre mesi disponibile su Datastream37. Come accennato sopra, lo spread secured-unsecured
è una misura impura del rischio di controparte (Michaud e Upper, 2008), contenente anche una
parte legata alla liquidità, tanto che Taylor e Williams (2008a) ed Abbassi e Schnabel (2009) lo
trattano alla stregua di una proxy dello spread LIBOR-OIS.
Figura 7a. Misure del rischio di controparte (dati settimanali).Fonti: Datastream e Bloomberg.
Nota: CDSMEDIAN, CDSEU, CDSUS, SPREADREPOEU e SPREADREPOUS indicano rispettivamente l’indice CDS utilizzato
nel modello base, l’indice CDS bancario europeo, l’indice CDS bancario statunitense, lo spread LIBOR-repo per l’area Euro e lo
spread LIBOR-repo per il mercato americano.
In questo lavoro ci si limita a tenere in considerazione i seguenti interventi delle banche centrali: l’introduzione della TAF, della TSLF e della PDCF, e le misure messe in atto nell’ultimo
trimestre 2008. A tal fine sono state create diverse dummies, anche nelle forma di step functions.
In particolare sono state inserite due step functions: una per la TAF, ed una per la PDCF e la
TSLF, con valore uno a partire dal 26 dicembre 2007 e dal 19 marzo 2008 rispettivamente; nel ca35
Si tratta della media di mercato dei par spreads dei CDS senior a 5 anni – la scadenza più liquida – delle seguenti banche – sia
americane sia europee –: Barclays, Bank of America, Citibank, Credit Suisse, Deutsche Bank, Rabobank e UBS. Il par spread è
quel tasso che consente al CDS di quotare alla pari; in questo caso è espresso in punti base.
36
Si tratta del tratta del tasso al quale vengono offerti fondi sul mercato dei pronti contro termine europeo rilevato presso un panel
di banche di elevato merito creditizio; per ulteriori dettagli, si veda www.eurepo.org.
37
È un indice relativo ai government general collateral repos.
FONTI E COSTRUZIONE DEI DATI UTILIZZATI
23
so della PDCF e della TSLF si è preferito creare un’unica dummy, coerentemente con
l’impostazione di Wu (2008). Per quanto riguarda gli interventi straordinari di settembre ed ottobre 2008 – come AMLF, CPFF e MMIF da parte della Fed, e la conduzione di operazioni di rifinanziamento principale per mezzo di aste a tasso fisso con piena assegnazione nell’Eurosistema –,
essi sono stati tenuti in conto tramite una dummy pari a uno il 22 ottobre38, la quale tempera anche
gli effetti dell’osservazione eccezionale registrata in corrispondenza di tale data –, in linea con
Pellizzon et al. (2009). Nell’ambito dell’analisi di robustezza dei modelli VAR sono state poi sviluppate delle variabili di comodo alternative, le quali verrano descritte in quella sede.
Va sottolineato che si è deciso di utilizzare le medesime variabili esplicative per i due mercati,
alla luce della maggior disponibilità di dati per gli Stati Uniti e del fatto che si tratta di fenomeni
comuni ad entrambi i mercati (Pellizzon et al., 2009); ad ogni modo, i dati relativi all’outstanding
volume di commercial paper pubblicati dalla Federal Reserve comprendono anche le emissioni di
istituzioni finanziarie non statunitensi39, e, come già evidenziato, il gruppo di banche utilizzato per
i calcolo dell’indice CDS riunisce soggetti sia europei sia americani. L’unica variabile utilizzata
solo per l’America è la dummy PDCF-TSLF, trattandosi di programmi non adottati dalla BCE.
Nell’ultimo modello presentato, relativo al solo spread europeo, anche il ricorso al deposito
marginale dell’Eurosistema è stato inserito tra i regressori; i dati relativi ad esso sono pubblicati
dalla BCE quotidianamente e sono espressi in milioni di euro. Lo stesso vale per il ricorso al finanziamento marginale, utilizzato al fine di stimare una specificazione alternativa del detto modello. In entrambe le serie si nota un repentino incremento in corrispondenza del settembre 2008
(Figura 7b), che, come si vedrà, può essere considerato indice di fenomeni di accumulazione di
liquidità sul mercato interbancario. I dati relativi alle operazioni di fine tuning finalizzate
all’assorbimento di liquidità, impiegate nell’ambito della politica di frontloading, sono invece diffusi dalla BCE il venerdì su base settimanale; questi verranno a loro volta usati per una versione
alternativa del modello.
Figura 7b. Serie settimanali del ricorso al deposito marginale ed al finanziamento marginale della BCE. Fonte: Bloomberg.
38
In primis si consente così agli spread di incorporarne appieno gli effetti; in secondo luogo, la scelta di utilizzare un’unica dummy
per tali interventi è stata dettata dal breve lasso di tempo che li separa, il che renderebbe superflua la costruzione di un sistema di
dummies più articolato, dal momento che si analizzano dati settimanali.
39
Si veda www.federalreserve.gov.
24
METODOLOGIA ECONOMETRICA
4. Metodologia econometrica
Nel presente paragrafo vengono descritte brevemente le tecniche econometriche impiegate
nell’analisi empirica sviluppata di seguito; per i concetti presentati si vedano, ad esempio, Brooks
(2008), Cochrane (2005), Favero (1995), Harris (1995), Johansen (1995), Juselius (2006), e Lucchetti (2008).
4.1 Modelli VAR
Innanzitutto, per modellizzare separatamente i due mercati in oggetto, sono stati impiegati dei
modelli autoregressivi vettoriali (VAR).
Fondamentalmente, tali modelli costituiscono una generalizzazione dei modelli AR univariati,
in cui ciascuna variabile è regredita su p ritardi di se stessa e delle altre variabili, e su
un’eventuale componente deterministica. In generale, dato un vettore di n variabili X t , il modello
può essere rappresentato nel modo seguente:
X  A  A X t 1  ...  A p X t  p  vt
t 0 1 
 
n1
n1
nn n1
nn
n1
n1

X  L X  v
t  t t
n1
nn n1
,
(1)
n1
dove vt è un processo white noise multivariato ed il polinomio matriciale L   A1 L  ...  Ap Lp ,
con L indicante l’operatore ritardo. Si può vedere che a partire dalla (1) è possibile giungere ad
una rappresentazione a media mobile (VMA); affinché ciò sia possibile è necessario che il polinomio   L  sia invertibile, ossia che il VAR sia stazionario.
I modelli VAR si inseriscono all’interno della teoria dei sistemi di equazioni simultanee, tuttavia, a differenze di questi ultimi, basati su relazioni strutturali, si contraddistinguono per il loro carattere di “a-teoricità”, essendo la loro specificazione econometrica dettata solo in parte da ragionamenti di tipo economico; infatti, possono essere visti come la forma ridotta di un modello strutturale. Le conseguenze sono molteplici. In primo luogo, trattandosi di modelli in forma ridotta,
non è possibile assegnare ai parametri stimati una chiara interpretazione economica. In secondo
luogo, visto che tutte le variabili sono considerate endogene, non è richiesto individuare le variabili esogene ai fini dell’identificazione del modello; ciò discende dal fatto che i VAR si propongono unicamente di descrivere un certo fenomeno, non di inquadrarlo all’interno di una teoria economica. Infine, non essendovi regressori contemporanei, si ha che questi al tempo t sono noti,
consentendo così di utilizzare gli stimatori OLS, i quali forniranno stime consistenti. In sostanza,
si tratta di stimare separatamente con gli OLS ogni equazione del modello, ossia di svolgere n regressioni dinamiche.
La suddetta a-teoricità dei VAR li rende particolarmente indicati ai fini dello studio del fenomeno affrontato in questo lavoro, un fenomeno ancora lungi dall’essere compreso affondo, in cui
numerosi fattori, spesso non direttamente osservabili – come il rischio di liquidità –, interagiscono, ostacolando la comprensione delle relazioni economiche sottostanti.
25
METODOLOGIA ECONOMETRICA
Come si vedrà nei prossimi paragrafi, si è scelto di lavorare con VAR specificati sulle differenze prime delle serie. La rappresentazione in differenze prime, se da un lato, dando luogo ad un
VAR stazionario, permette di svolgere i consueti test di ipotesi sui parametri del modello,
dall’altro elimina ogni informazione sulle relazioni di lungo periodo intercorrenti tra le variabili,
pregiudicando de facto il raggiungimento di una soluzione di lungo periodo (Brooks, 2008).
Va poi segnalato che, essendo dei modelli a-teorici, il numero di ritardi p da inserire non è noto a priori, bensì viene stabilito sulla base dei responsi delle versioni multivariate dei consueti criteri informativi, quali quelli di Schwarz, Akaike ed Hannan-Quinn (Brooks, 2008). Nel prosieguo
del lavoro vengono adottati in particolare i criteri Schwarz e Hannan-Quinn; infatti il criterio di
Akaike tende a sovrastimare l’ordine del modello con probabilità maggiore di zero, mentre le due
statistiche a cui ci si attiene generano delle stime consistenti a condizione che il processo generatore dei dati sia un VAR di ordine finito40.
Gli stessi criteri saranno seguiti per specificare il numero di ritardi da inserire nel modello
VEC descritto nei prossimi paragrafi.
4.1.1 Analisi di causalità
Una prima interessante applicazione dei VAR è la cd. analisi di Granger-causalità; essa si basa
sul seguente postulato, enunciato in modo chiaro da Lucchetti (2008, p. 91): “se X causa Y, il nesso causale richiede per prodursi un tempo minimo, durante il quale osserviamo lo spostamento di
X, e solo dopo il suo effetto, cioè lo spostamento di Y”. In altri termini, dire che X Granger-causa
Y equivale alla seguente espressione (Lucchetti, 2008):



.
(2)
E yt yt 1 , y t  2 ,..., xt 1 , x t  2 ,...  E y t y t 1 , y t  2 ,...
Si evince quindi che la Granger-causalità non va interpretata come un rapporto di causa-effetto
tra le variabili, bensì solo come un criterio per stabilire se una certa variabile sia utile a prevederne
un’altra – ossia se la anticipa –. All’atto pratico si tratta di svolgere dei test F di significatività
congiunta sui coefficienti stimati per i ritardi di X all’interno dell’equazione del VAR corrispondente a Y; se l’ipotesi nulla non è rifiutata, si può concludere che X Granger-causa Y. Nondimeno
si desume che il responso di tali test può variare a seconda delle varibili incluse nel VAR (Lucchetti, 2008).
Sono qui riportate le espressioni dei tre criteri descritti, in cui ̂m  , ovvero il modulo della matrice di covarianza dei residui
del modello , rappresenta una misura della bontà esplicativa del modello, che diminuisce al crescere di p.
40
ˆ m  
AIC  p   ln 
2 2
pn
T
ˆ m  
HQ p   ln 
2 ln ln T  2
pn
T
ˆ m  
SC  p   ln 
2 ln T  2
pn
T
26
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
4.1.2 Funzioni di risposta di impulso e scomposizione della varianza
I precedenti test, tuttavia, non sono in grado di chiarire i tempi necessari affinché una variabile
dispieghi i suoi effetti su un’altra e tantomeno il segno della variazione che si produrrà; per fare
ciò, è necessario ricorrere alle funzioni di risposta di impulso (si vedano, ad esempio, Favero,
1995; Lucchetti, 2008), le quali consentono di impostare dei ragionamenti di tipo strutturale a partire dal VAR in forma ridotta. Come visto sopra, per giungere alla rappresentazione VMA dalla
(1) è necessario che esista il polinomio matriciale L     L 1 ; si ottiene così il modello VMA:
X t  L vt  vt  1vt 1  ...   p vt  p
.
(3)
La funzione di risposta di impulso è data dalla seguente derivata parziale:
if i, j , k    k ij  X it v jt  k
;
(4)
si tratta, in pratica, della reazione della i-esima variabile ad uno shock temporaneo della j-esima
variabile dopo k periodi – per k che va da zero ad h periodi –, lasciando immutate tutte le altre variabili tra t-k e t. Dato che in questo lavoro si utilizzano VAR in differenze prime, nel prosieguo si
analizzeranno unicamente le funzioni di risposta di impulso cumulate, le quali restituiscono le
funzioni di risposta di impulso per le serie in livelli. Chiaramente la (4) si presta ad interpretazioni
strutturali solo qualora sia ragionevole ipotizzare assenza di correlazione tra le innovazioni delle
variabili del modello VAR. Purtroppo, trattandosi di modelli in forma ridotta, non è quasi mai il
caso; si procede dunque a calcolare la cd. funzione di risposta di impulso strutturale. Infatti, nel
caso in cui il VAR ammetta rappresentazione in media mobile, è possibile passare dai residui della forma ridotta agli shock ut della forma strutturale – caratterizzati da matrice di varianzacovarianza diagonale – attraverso una trasformazione lineare racchiusa nella matrice C:
X t  L X t  Cu t  L Cu t  vt  1Cu t 1  ...   p Cu t  p , vt  Cu t .
(5)
Pertanto la funzione di risposta di impulso strutturale è data da:
sif i, j , k    k C ij  X it u jt  k
.
(6)
Di seguito per identificare la matrice C si adotta l’approccio della triangolarizzazione – basato
sulla scomposizione di Cholesky –, dal momento che, in assenza di ulteriori vincoli, infinite matrici potrebbero soddisfare la seguente uguaglianza, dove E vt vt'  rappresenta la varianza dei residui
della forma ridotta – si ricordi che hanno media nulla –:
 
 
E vt vt'  CE u t u t' C ' .
(7)
27
METODOLOGIA ECONOMETRICA
Secondo questo approccio C è una matrice triangolare, alta o bassa, il che implica una visione
ricorsiva delle relazioni esistenti tra le variabili del VAR. L’ordine delle variabili all’interno della
matrice viene così ad assumere un ruolo determinante; infatti, si assume che la prima variabile
non subisca gli effetti contemporanei degli shock sulle altre variabili, che la seconda risponda agli
shock della prima e seconda variabile, e così via. In questo lavoro si privilegia l’identificazione
del VAR tramite triangolarizzazione, poiché altri approcci presuppongono l’imposizione di restrizioni basate su consolidate teorie economiche, al momento ancora mancanti per il fenomeno in
esame.
L’ordine delle variabili risulta fondamentale anche nel caso della scomposizione della varianza
(si vedano Brooks, 1995; Favero, 1995), visto che anch’essa richiede l’ortogonalità degli shock
per avere senso. Tale tecnica consiste nel calcolo della proporzione di movimenti di una certa variabile dovuta ai suoi stessi shock ed ai movimenti delle altre variabili; in altre parole, si determina quale parte della varianza dell’errore di previsione a k periodi su una variabile è spiegata da
ciascuna delle variabili del VAR.
4.2 Analisi di cointegrazione
Nel corso del presente lavoro si utilizzano due diverse metodologie per lo studio della cointegrazione: per l’analisi congiunta dei due spread si ricorre ad un modello vettoriale a correzione
d’errore (VEC) – ossia di un modello VAR per variabili cointegrate –; per la stima dell’ultimo
modello, inerente al fenomeno del liquidity hoarding, si impiega invece la procedura a due stadi
di Engle e Granger (1991). In questa sede si è ritenuto opportuno soffermarsi brevemente solo sulla prima di esse; in entrambi i casi si rimanda alla vasta ed esaustiva letteratura in materia (si vedano, ad esempio, Johansen, 1995; Juselius, 2006; Harris, 1995).
In particolare, dato un processo multivariato integrato, come X t , esso costituirà un sistema
cointegrato, se esiste almeno un vettore  tale per cui la combinazione lineare  X t è stazionaria.
Se esistono più vettori di cointegrazione, si avrà una matrice di cointegrazione  , il cui numero di
vettori linearmente indipendenti, r, sarà detto rango di cointegrazione (pari anche al rango di  ).
Il modello VAR non stazionario nella (1) può essere riformulato in forma VEC con errori white noise, ottenendo:
X t  d t  1 X t 1  ...   p X t  p   X t 1  v t ,
(8)
dove d t è la componente deterministica del modello, mentre i e  sono ricavati a partire dalle matrici  i viste nella (1); si rimanda ad Harris (1995) per una spiegazione dettagliata. La matrice  può essere scomposta come     , in cui  rappresenta la matrice di cointegrazione, ed
 la matrice contenente le velocità di aggiustamento del modello in caso di disequilibrio. In particolare, si possono delineare tre casi per il rango di cointegrazione r : i) r=0, le serie sono non
stazionarie e non cointegrate, dunque è necessario ricorrere ad un VAR sulle differenze prime; ii)
28
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
r=n, la matrice  è invertibile, quindi X t è stazionario e non è possibile usare il modello VEC ;
iii) 0<r<n, X t dà luogo ad un sistema cointegrato.
È possibile stimare il modello VEC tramite gli stimatori di massima verosimiglianza suggeriti
da Johansen – si vedano, ad esempio, Johansen, 1995; Harris, 1995 –. Sapendo che in una matrice
semidefinita positiva il numero di autovalori positivi è pari al suo rango, si stimano delle matrici
Sij a partire dalle quali si computa una matrice semidefinita positiva con lo stesso rango di  , ma
con autovalori tutti reali non negativi. Per eliminare la dinamica di breve periodo dal processo in
livelli ed in differenze, si svolgono due regressioni ( X t  P1X t 1  ...  Pp X t  p  R0t e X t 1  T1X t 1  ...
 T p X t  p  R1t ), ottenendo i vettori dei residui R0t ed R1t , usati poi per calcolare le seguenti matrici
semidefinite positive:
T
S ij 
R R
it
'
jt
T
i , j  0,1 .
(9)
t 1
Per inciso, a partire da queste matrici si perviene alla stima di massima verosimiglianza di  ,
definita come gli autovettori corrispondenti agli r autovalori maggiori di zero
( ˆ1  ˆ2  ...  ˆr  0  ˆr 1  ...  ˆn ) ottenuti dall’equazione S11  S10 S 001 S 01  0 ; pertanto ˆ  Vˆ1 ,...,Vˆr  , dove
Vˆh è l’h-esimo autovettore stimato; si evince poi che il rango di cointegrazione stimato è pari ad r.
In pratica, sfruttando la proprietà che fa sì che gli autovalori siano le più elevate correlazioni al
quadrato tra i R0t e R1t – residui per le serie in differenze ed in livelli rispettivamente –, si trovano
le combinazioni ˆi X t con la più alta correlazione con il processo stazionario X t , visto che esse
devono essere a loro volta stazionarie per costituire delle relazioni di cointegrazione.
Una volta ottenuti i parametri di lungo periodo, si inseriscono all’interno del modello e si stimano gli altri coefficienti semplicemente tramite i minimi quadrati (Johansen, 1995).
Passando ai test per il rango ridotto – il processo di stima appena descritto ipotizza che il rango
di cointegrazione r sia noto –, si tratta di discernere gli autovalori corrispondenti a relazioni stazionarie da quelli che non soddisfano questa condizione. Johansen (1995), a cui si rimanda, illustra due test a questo proposito: il test della traccia ed il test del massimo autovalore41. Sempre lo
stesso autore tratteggia le procedure di verifica di ipotesi inerenti ai coefficienti di lungo periodo
del modello.
41
Il primo test, detto del massimo autovalore, verifica separatamente per ogni autovalore l’ipotesi nulla che vi siano al più r vettori
di cointegrazione contro l’alternativa che ve ne siano r+1 ; per verificare tale ipotesi, si utilizza un consueto rapporto di verosimiglianza, , seppur con distribuzione non standard:

 T ln 1  ˆ .

max
i

Altrimenti, tramite il test della traccia, si verifica l’ipotesi nulla congiunta H 0 : i  0 con i  1, 2, ...r – ossia rango r-1 - contro
un’alternativa H1 : i  0 con i  1, 2, ...r  1,..., n  1 :
n
traccia  T
 ln1  ˆ  .
i
i  r 1
29
METODOLOGIA ECONOMETRICA
4.2.1 Modelli VEC condizionali
Boswijk (1994), Banerjee, Dolado, Galbraith e Hendry (1993), e Johansen (1995) forniscono
un’analisi esauriente dei modelli VEC condizionali. In particolare è possibile “partizionare” il
'
processo nella (8) considerato come X t  X1t ' X 2 t '  ; per i due sottoinsiemi di variabili si ottengono le
due seguenti equazioni:
p 1
X 1t  1d t 
  X
1i
t 1
 1  ' X t 1  v1t
t 1
  2  ' X t 1  v 2t .
i 1
p 1
X 2 t   2 d t 
  X
2i
i 1
Johansen (1995) mostra come, a partire da queste equazioni, si trovi il modello condizionale
per X 1t , dati i suoi valori passati e X 2t :
X 1t
~
 1d t  X 2t 
p 1
~
  X
1i
t 1
~
 ~1  ' X t 1  v1t
(10)
i 1
Sarà conveniente ricorrere al modello condizionale quando le variabili in X 2t sono esogene in
senso debole42 rispetto ai parametri di 1 e  , condizione che Johansen (1995) dimostra essere
equivalente ad  2  0 . In questo caso il modello condizionale diventa
~
X 1t  1d t  X 2t 
p 1
~
~
1i X t 1   1  ' X t 1  v1t ;

(11)
i 1
mentre il modello marginale per
gressori esogeni:
X 2t
sarà semplicemente un VAR in differenze prime con re-
p 1
X 2 t   2 d t 

2i X t 1
 v 2t .
(12)
i 1
Boswijk (1994) evidenzia come i modelli condizionali e marginali siano semplicemente delle
riformulazioni del modello completo, dunque lo stimatore di massima verosimiglianza di β può
essere ottenuto equivalentemente dalla (8) o dalla stima congiunta della (11) e della (12); però,
42
Si rimanda a Favero (1995) per la definizione di esogeneità in senso debole e le differenze rispetto alla nozione di non-causalità
secondo Granger; quando entrambe queste condizioni sono verificate si ha esogeneità in senso forte.
30
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
quando è verificata l’ipotesi di esogeneità in senso debole, i parametri della relazione di cointegrazione possono essere ricavati anche dal solo modello condizionale (11).
5. Analisi empirica
5.1 Statistiche descrittive
Nella Figura 4 è rappresentato l'andamento del differenziale LIBOR-OIS sia su euro sia su
dollaro nel periodo 2/1/2006 – 1/4/2009 con dati giornalieri. Dall’osservazione del grafico si evince come il legame tra i due spread sia andato stringendosi durante la crisi; infatti, tale intuizione è
corroborata anche dalle statistiche descrittive delle serie giornaliere dei due spread riassunte nella
Tabella 3; passando dal periodo pre-crisi alla crisi tutte le misure, sia di posizione sia di dispersione, aumentano nettamente, con lo spread americano caratterizzato da una volatilità leggermente
superiore rispetto all’omologo europeo.
Tabella 2. Statistiche descrittive dello spread su euro e su dollaro (dati giornalieri).
Spread euro
Media
Dev. std
Mediana
Massimo
Media
2/1/2006 - 1/8/2007
0.05745
0.00896
0.05665
0.1295
0.08135
4/08/07 - 1/4/2009
0.82212
0.37455
0.72319
2.05425
0.95968
Spread dollaro
Dev. std
Mediana
0.00943
0.08
0.59373
0.7675
Massimo
0.13475
3.61075
Nella Tabella 3 sono riportati i valori delle correlazioni storiche tra le serie in differenze prime
degli spread sui due periodi presi in considerazione. È interessante notare come la correlazione, da
un valore praticamente nullo (0,01893), passi a valori positivi piuttosto elevati nel corso della crisi
(0,31157), un fenomeno tipico dei periodi di crisi, e che potrebbe essere indice di fenomeni di
contagio tra i due mercati; tale profilo verrà indagato nell’ambito dei modelli VEC, dando luogo a
dei risultati in parte contrastanti con quelli di Abbassi e Schnabel (2009).
Tabella 3. Correlazione tra le differenze prime dello spread americano ed europeo(dati giornalieri).
2/1/2006 - 1/8/2007
4/08/07 – 1/4/2009
Correlazione
0.01893
0.31157
Nelle Tabelle 4a e 4b sono infine riportate le statistiche descrittive delle altre variabili utilizzate: tutte sono caratterizzate da un significativo aumento della media e della deviazione standard
nel passaggio dal periodo pre-crisi a quello di crisi.
Tabella 4a. Statistiche descrittive delle proxies del rischio di liquidità (dati settimanali).
CP_OUTST
VIX
MOVE
4/1/2006-1/8/2007
Media
1751135
13.12924
65.0182
Mediana
1745885
12.418
65
Massimo
1983218
22.594
94.94
Dev. Std.
133708.6
2.348403
6.480064
8/8/2007-1/4/2009
Media
1557200
31.96648
143.3035
Mediana
1620572
25.294
136.662
Massimo
1982289
72.782
246.04
Dev. Std.
167054
14.33406
34.91099
LBOX
LBPX
15.62745
15.588
18.91
1.394039
84.23474
85.822
94.17333
5.767547
23.53018
21.268
39.716
6.20813
103.6017
102.142
132.142
9.79198
31
ANALISI EMPIRICA
Tabella 4b. Statistiche descrittive delle misure del rischio di controparte (dati settimanali).
CDSMEDIAN
CDSEU
CDSUS
SPREADREPOEU
4/1/2006-1/8/2007
Media
11.10314
9.852879
16.1784
0.07145
Mediana
11.4966
9.34381
15.34333
0.071054
Massimo
31.4182
27.88136
53.51333
0.084102
Dev. Std.
3.306738
2.574731
5.619818
0.005183
8/8/2007-1/4/2009
Media
107.4993
113.981
177.1135
0.801132
Mediana
105.129
107.2733
161.81
0.718002
Massimo
269.1464
313.8423
442.2213
1.7861
Dev. Std.
57.41361
67.03385
89.98962
0.35721
SPREADREPOUS
0.248993
0.232
0.56455
0.124331
1.075364
0.833752
4.57525
0.807187
5.2 Un modello VAR per l’area Euro
Prima di andare a vagliare le interazioni esistenti tra spread americano ed europeo, si è deciso
di concentrarsi su dei VAR separati per i due mercati – modelli di per sé a-teorici –, al fine di valutare approfonditamente le relazioni intercorrenti tra le variabili per mezzo dell’analisi delle funzioni di risposta di impulso e della scomposizione della varianza. Tutte le serie43 appaiono piuttosto persistenti – come si vede nelle Tabelle 5a e 5b, dove il test ADF non rifiuta mai al 5% di significatività l’ipotesi nulla di presenza di radice unitaria, ed il test KPSS rifiuta sempre al 5%
l’ipotesi nulla di stazionarietà –. A riprova della presenza di una radice unitaria e per tener conto
degli avvenimenti dell’agosto 2007 – i quali hanno dato il via alle turbolenze sul mercato interbancario, e che dunque possono essere visti come un break strutturale –, per ciascuna delle serie
considerate si sono svolti dei test ADF separati sul periodo pre-crisi (4/1/2006-1/8/2007) e sul periodo di crisi (8/8/2007-1/4/2009); in Tabella 5c si vede come l’ipotesi di non stazionarietà non sia
mai rifiutata al 5% di significatività. Infine, nel paragrafo dedicato ai modelli VEC, si vedrà che
anche nell’ambito della procedura di Johansen l’ipotesi nulla di stazionarietà viene rifiutata per
ciascuna serie.
Chiaramente, sotto il profilo economico, appare piuttosto ardito affermare che si tratta di serie
I(1), in particolar modo per quelle variabili che esprimono tassi di interesse o differenze tra tassi,
come i due spread e l’indice CDS, che dunque dovrebbero mantenersi all’interno di un certo intervallo di valori; tuttavia, sul campione a disposizione, esse sono meglio rappresentate da dei
processi integrati. Pertanto, coerentemente con l’approccio di McAndrews et al. (2008) e di Pellizzon et al. (2009), anziché i livelli, si è deciso di modellizzare le differenze prime delle variabili
considerate nel corso di tutto il presente lavoro.
In aggiunta, nonostante in presenza di variabili endogene persistenti – e di una dinamica che
produca innovazioni white noise – gli stimatori OLS nell’ambito dei modelli VAR siano comunque consistenti, la statistica di Wald, su cui si basa la verifica di ipotesi congiunte e l’analisi di
Granger-causalità, presenta distribuzione asintotica non standard (Sims, Stock, e Watson, 1990).
In questo caso i modelli VAR specificati sulle serie in livelli sia per l’area Euro sia per gli Stati
43
Tutte le analisi svolte nel prosieguo del lavoro sono basate su dati settimanali.
32
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Uniti – non riportati, per ragioni di spazio – si rivelano non stazionari, con gli autovalori della matrice companion pari o molto vicini all’unità, il che, come detto, pregiudica l’utilizzo delle classiche procedure per la verifica di ipotesi; inoltre, il test di Johansen – non riportato – esclude la presenza di cointegrazione, se si valutano separatemente l’area Euro e gli Stati Uniti.
Per queste ragioni, si è ritenuto opportuno procedere alla stima di modelli VAR specificati sulle differenze prime, nonostante questa scelta pregiudichi la possibilità di trovare una soluzione di
lungo periodo per il modello.
Tabella 5a. Test Augmented Dickey-Fuller con scelta del numero di ritardi nella regressione ausiliaria secondo il criterio di
Schwarz.
Spread EU
Spread US
Commercial paper
Tasso CDS
VIX
-11,591
-1,7762*
-28,099
-0,7224
-2,0519**
[0,6915]
[0,3914]
[0,0590]
[0,8371]
[0,5683]
* Sono riportati i valori della statistica t ed in parentesi i relativi p-value secondo la distribuzione tabulata da McKinnon, dove
l’ipotesi nulla è di presenza di radice unitaria.
** Nella regressione ausiliaria per il tasso CDS è stato inserito anche un trend deterministico.
Tabella 5b. Test KPSS.
Spread EU
Spread US
Commercial paper
Tasso CDS
1,3039*
11,628
0,7579
0,3690**
[0,4630]
[0,4630]
[0,4630]
[0,1460]
* Sono riportati i valori della statistica test ed in parentesi i valori critici asintotici al 5% di significatività.
** Nella regressione ausiliaria per il tasso CDS è stato inserito anche un trend deterministico, oltre l’intercetta.
VIX
11,320
[0,4630]
Tabella 5c. Test Augmented Dickey-Fuller con scelta del numero di ritardi nella regressione ausiliaria secondo il criterio di
Schwarz prima e dopo l’inizio della crisi.
Periodo
Spread EU
Spread US
Commercial paper
Tasso CDS
VIX
4/1/2006-1/8/2007
0.3786*
0.3694
0.9898
0.4646
0.9055
8/8/2007-1/4/2009
0.0907
0.0583
0.8204
0.6435
0.3284
* Sono riportati i p-value del test ADF.
Cominciando con l’area Euro, si è stimato un VAR in forma ridotta, in cui tutte le suddette variabili sono considerate endogene, fatta eccezione, chiaramente, per le dummies; pertanto tale modello, non essendovi restrizione alcuna sui coefficienti – ogni variabile endogena ha come regressori tutti i ritardi di tutte le altre variabili endogene e di se stessa –, si può stimare equazione per
equazione con OLS. In Tabella 6 sono riportati i risultati dei test per la scelta del numero di ritardi
ottimale; i criteri di informazione di Schwarz e Hannan-Quinn selezionano uno e tre ritardi rispettivamente, dunque, con una soluzione di compromesso, si è optato per l’inserimento di due ritardi.
Tabella 6. Test per la scelta del numero di ritardi per il modello VAR relativo all’area Euro presentato nella (10).
Ritardo
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Schwarz
33.04
32.69*
32.85
33.01
33.36
33.7
33.77
33.97
34.24
34.61
Hannan-Quinn
32.95
32.41
32.39
32.36*
32.54
32.7
32.58
32.59
32.68
32.87
* Indica il numero di ritardi scelto secondo un certo criterio informativo.
10
34.86
32.93
In Tabella 7a si riportano i risultati della stima del modello VAR sottostante, dove EU t , CPt ,
VIX t , CDSt , TAF e OTT08 corrispondono rispettivamente a spread europeo, outstanding volume
ANALISI EMPIRICA
33
di commercial paper, VIX, indice CDS, dummy per la Term Auction Facility e dummy per gli
interventi dell’ottobre 2008:
EU t  a EU 0   a EU EU1 a EU CP1 a EU VIX1 a EU CDS1  EU t 1 


 
 

CPt   aCP0    aCP EU1 aCP CP1 aCPVIX1 aCP CDS1  CPt 1  
VIX t  aVIX 0   aVIX EU1 aVIX CP1 aVIX VIX1 aVIX CDS1  VIX t 1 


 
 

CDSt  aCDS 0  aCDS EU1 aCDS CP1 aCDSVIX1 aCDS CDS1  CDSt 1 
 a EU EU 2

aCP EU 2

 aVIX EU 2

aCDS EU 2
a EU CP2
aCP CP 2
aVIX CP2
a EU VIX 2
aCPVIX 2
aVIX VIX 2
aCDS CP2
aCDS VIX 2
a EU CDS 2  EU t 2  d EU1 
d EU 2 
v EUt  (13)








aCP CDS2  CPt 2  d CP1 
d CP2 
vCPt 



TAF 
OTT08 
dVIX 2 
vVIXt 
aVIX CDS2  VIX t 2  dVIX1 

 





aCDS CDS 2  CDSt 2  d CDS1 
d CDS2 
vCDSt 
Osservando i valori delle statistiche test F per le varie equazioni (Tabella 6a), si arguisce che
solo nel caso del tasso CDS l’ipotesi nulla di non significatività non viene rifiutata. Il coefficiente
di determinazione aggiustato si attesta al 53,42% nel caso dello spread, il che testimonia una spiccata capacità esplicativa da parte delle variabili selezionate, particolarmente rilevante se si considera che si sono utilizzate le serie in differenze prime. Per quanto riguarda l’interpretazione dei
coefficienti, va sottolineato che, essendo presenti due ritardi, è difficile valutare quali variabili abbiano un effetto significativo, se non attraverso test di significatività congiunta; a questo proposito, il test per l’esclusione dei ritardi (Tabella 7b) conferma invece la significatività congiunta di
ciascun ordine di ritardo in ciascuna delle equazioni del modello – fatta eccezione per quella relativa all’indice CDS –, e la significatività di entrambi i ritardi all’interno del modello VAR nel suo
complesso. Nella Tabella 7c si vede poi che all’interno dell’equazione per lo spread europeo tutte
le variabili presentano ritardi congiuntamente significativi.
Per un’interpretazione economica compiuta dei risultati ottenuti, si rimanda all’analisi di
Granger-causalità e delle funzioni di risposta di impulso svolta di seguito. Ad ogni modo, è interessante notare come, mentre i ritardi dell’outstanding volume di commercial paper ed il VIX entrano col segno corretto all’interno dell’equazione dello spread, entrambi i ritardi del’indice CDS
assumano coefficiente negativo. In aggiunta, la step function per la TAF risulta significativa solo
nel caso del tasso CDS e con un coefficiente positivo; invece, la dummy per gli interventi
dell’ottobre 2008 è statisticamente significativa sia nella regressione per lo spread sia in quella
per il VIX, ed in entrambi i casi presenta un coefficiente nettamente negativo, il che sembrerebbe
deporre a favore dell’efficacia di tali misure; tuttavia questo risultato potrebbe scaturire unicamente dalla presenza di un’osservazione eccezionale in corrispondenza del 22 ottobre. Ad ogni modo
la non significatività della dummy TAF potrebbe essere dovuta al fatto che inserendo nel modello
il tasso CDS, l’outstanding volume di commercial paper ed il VIX ed ipotizzando, per semplicità,
che essi siano non correlati, si controlla, almeno parzialmente, per il rischio di controparte e di liquidità, dunque si va in realtà a valutare l’effetto di tale provvedimento sulla componente residua-
34
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
le dello spread, la cui natura è indefinibile. Sapendo che la TAF è indirizzata in particolare alla riduzione del rischio di liquidità, si evince come il coefficiente ad essa assegnato nel modello VAR
in oggetto non sia di agevole interpretazione.
Tabella 7a. Risultati della stima del VAR per l’area Euro sul periodo 4/1/2006-1/4/2009.
EU t
CPt
EU t 1
EU t  2
CPt 1
CPt  2
VIX t 1
VIX t  2
CDSt 1
CDSt  2
C
TAF
OTT08
0.436233
[ 6.19119]*
0.047345
[ 0.63093]
-4.18E-07
[-2.30423]
-3.48E-07
[-1.93264]
0.00678
[ 4.45954]
0.003986
[ 2.76835]
-0.00129
[-3.10522]
-0.0002
[-0.49210]
0.004529
[ 0.92692]
-0.00119
[-0.14738]
-0.53765
[-8.54203]
0.532409
19.90113
275.7033
-2.96472
R2 aggiustato
F-statistic
Log-verosimiglianza
Schwarz SC
Log-verosimiglianza
Schwarz SC
* Sono riportati in parentesi i valori della statistica t .
-99501.4
[-3.27036]
8016.117
[ 0.24739]
0.165771
[ 2.11541]
0.11615
[ 1.49240]
-776.6
[-1.18288]
895.9592
[ 1.44107]
24.81041
[ 0.13817]
-654.037
[-3.73040]
1468.564
[ 0.69602]
-3509.58
[-1.00715]
22065.88
[ 0.81188]
0.226957
5.873572
-1891.24
22.98674
-2618.92
32.71277
Tabella 7b. Test di Wald per la significatività congiunta dei ritardi.
EU
CP
VIX
100.7942
26.31628
7.973915
Ritardo 1
[ 0.000000]
[ 2.73e-05] *
[ 0.092538]
15.30743
18.07968
16.91165
Ritardo 2
[ 0.004104]
[ 0.001191]
[ 0.002011]
* Sono riportati i valori della statistica test in parentesi il relativo p-value .
VIX t
CDS t
-4.70798
[-1.11793]
16.40579
[ 3.65787]
-1.96E-05
[-1.81113]
1.46E-05
[ 1.35733]
0.160792
[ 1.76939]
0.072717
[ 0.84498]
-0.04301
[-1.73051]
0.002858
[ 0.11777]
0.018525
[ 0.06343]
0.402157
[ 0.83377]
-10.0155
[-2.66229]
0.112168
3.097235
-407.408
5.216245
-39.667
[-2.60157]
-4.9259
[-0.30335]
1.50E-06
[ 0.03813]
3.33E-05
[ 0.85348]
0.3986
[ 1.21149]
0.5056
[ 1.62271]
-0.03428
[-0.38094]
-0.09408
[-1.07077]
0.562906
[ 0.53235]
2.509069
[ 1.43678]
-9.72309
[-0.71386]
0.042153
1.730526
-622.274
7.789501
CDS
7.212060
[ 0.125097]
3.780157
[ 0.436575]
Test congiunto
138.5121
[ 0.000000]
60.76026
[ 3.90e-07]
Tabella 7c. Test di Wald per la significatività congiunta dei ritardi di ciascuna variabile all’interno dell’equazione dello spread
europeo.
Variabile dipendente
EU
CP
45.64962
10.12834
[0.0000]*
[0.0063]
* Sono riportati i valori della statistica test in parentesi il relativo p-value .
EU
VIX
CDS
25.64337
[0.0000]
10.00596
[0.0067]
35
ANALISI EMPIRICA
5.2.1 Analisi di Granger-causalità, funzioni di risposta di impulso, scomposizione della varianza
In Tabella 8 si trova la batteria di test F per la Granger-causalità; sembra sussistere Grangercausalità biunivoca al 5% di significatività tra lo spread LIBOR-OIS ed il VIX, e tra il detto spread e l’outstanding volume di CP. Nel caso del tasso CDS, esso Granger-causa le variazioni dello
spread, ma l’inverso è vero solo al 10% di significatività, quindi vi potrebbe essere una tendenza
da parte del tasso CDS ad anticipare i movimenti del differenziale LIBOR-OIS. In generale, dunque, l'analisi di Granger-causalità pare evidenziare che le variazioni delle variabili inserite nel
VAR siano in grado di spiegare buona parte delle variazioni dello spread europeo.
Tabella 8. Test di Granger-causalità tra le variabili del VAR per l’area Euro.
Variabile dipendente: EU
Variabile dipendente: VIX
Variabile esclusa
Prob.
Variabile esclusa
CP
EU
0.0084
VIX
CP
0.0000
CDS

CDS
0.0053
Variabile dipendente: CP
Variabile dipendente: CDS
Variabile esclusa
Prob.
Variabile esclusa
EU
EU
0.0022
VIX
CP
0.2451
CDS
VIX
0.0014
* L’ipotesi nulla è quella di assenza di Granger-causalità.
Prob.
0.0007
0.1214
0.3725
Prob.
0.0629
0.7547
0.2678
Dato che i test di Granger-causalità non danno informazioni riguardo ai segni delle relazioni,
si passa all'analisi delle funzioni di risposta di impulso; per ottenere dei residui ortogonali a partire
dal VAR in forma ridotta, è stata adottata l’identificazione tramite triangolarizzazione, non esistendo alcuna teoria economica consolidata che leghi tra loro le variabili inserite. Tuttavia, sulla
base dei test F per la Granger-causalità precedentemente svolti, si può arguire che: i) il tasso CDS
non è anticipato da alcuna variabile; ii) il VIX è Granger-causato dal solo spread; iii)
l’outstanding volume di CP è Granger-causato dal tasso CDS e dallo spread; iv) lo spread è Granger-causato da tutte e tre le variabili. Si è perciò optato per il seguente ordinamento (in differenze
prime): tasso CDS, VIX, outstanding volume di CP e spread; esso sembrerebbe essere coerente
con la natura delle variabili a disposizione. Infatti, i tassi CDS sono misure pure del rischio di credito relativi a scadenze piuttosto lontane nel tempo, dunque solo latamente influenzati dalle dinamiche di breve periodo del mercato monetario; il VIX a sua volta è una grandezza che interessa
l’intero mercato e dunque sembra azzardato sostenere che le sue innovazioni dipendano dallo
spread LIBOR-OIS; infine, coerentemente con il ragionamento condotto nella Sezione 2, si ipotizza che nel corso della crisi le tensioni si siano trasmesse dal mercato dei titoli di debito a breve
al mercato dei depositi interbancari non garantiti.
Dato il vettore , nella (14) si riportano la relazioni ricorsive tra residui della forma ridotta e
shock strutturali, , delineate dall’ordinamento selezionato, equivalente ad una struttura triangolare
superiore.
36
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
 v EUt   EU , EU

 
 vCPt    0
 vVIXt   0

 
v CDSt   0
 EU ,CP
 CP ,CP
0
0
 EU ,VIX
 CP ,VIX
 VIX ,VIX
0
 EU ,CDS 

 CP ,CDS 
 VIX ,CDS 

 CDS ,CDS 
 u EUt 


 u CPt 
 uVIXt 


u CDSt 
(14)
In Figura 844 per lo spread europeo sono riportate le funzioni di risposta di impulso cumulate,
visto che si lavora con serie in differenze prime. Le risposte dello spread ai vari impulsi – pari alla
deviazione standard dei residui di ciascuna equazione – sono tutte inizialmente statisticamente significative rispetto agli standard errors calcolati secondo il metodo Monte Carlo, fatta eccezione
per il caso degli shock del tasso CDS. Una risposta intensa e positiva si ha in seguito ad un'innovazione dello spread stesso. Una reazione di simile entità si osserva in corrispondenza di uno
shock del VIX, in linea con l’idea che un aumento generale della rischiosità dei mercati si ripercuota sul differenziale LIBOR-OIS. Prevedibilmente, in seguito ad un aumento dell’outstanding
volume di commercial paper – che dovrebbe coincidere con un aumento della liquidità sul mercato garantito a breve –, si verifica una diminuzione dello spread. La risposta ad un’innovazione del
tasso CDS, anche se praticamente nulla, è inizialmente negativa, per poi diventare positiva dopo
quattro periodi. Ciò che colpisce è la persistenza delle risposte dello spread europeo, le quali, anziché scemare dopo un certo periodo, continuano a crescere fino alla quattordicesima settimana,
momento dal quale si stabilizzano e diventano statisticamente non significative.
Figura 8. Funzioni di risposta di impulso cumulate su venti settimane per VAR Euro con ordinamento: tasso CDS, VIX, CP e
spread.
44
Utilizzando il metodo dei generalized impulses si ottengono risultati del tutto analoghi (non riportati per ragioni di spazio).
ANALISI EMPIRICA
37
Per concludere l'analisi del VAR in differenze prime per l'area Euro, nella Tabella 9 si riporta
la scomposizione della varianza per lo spread con il precedente ordinamento: tasso CDS, VIX, outstanding volume di CP e spread. È interessante notare come, dopo dieci periodi, i movimenti dello spread spieghino solo il 40,39% delle variazioni delle differenze prime dello spread stesso,
mentre, se si considerano sia l’outstanding volume di CP sia il VIX come misure della liquidità, si
può concludere che il fattore liquidità spiega ben il 58% (12%+45%) della varianza dell’errore di
previsione per lo spread. Si tratta di un risultato non inaspettato – alla luce della piuttosto elevata
capacità esplicativa del VAR per lo spread –, e che nasce dalla marcata interdipendenza sussistente tra le variabili utilizzate. Si tratta di una prova di come le tensioni di liquidità sul mercato monetario garantito siano alla base del malfunzionamento del mercato a medio-breve termine non garantito.
Solo il rischio di controparte, approssimato dal tasso CDS, sembra comportarsi in modo abbastanza indipendente dalle altre variabili, spiegando solo l’1,23% della varianza dello spread. Questa osservazione, unita alla non significatività della risposta dello spread europeo ad uno shock
dell’indice CDS, sembra indicare la marginalità del rischio di controparte nella spiegazione del
fenomeno. Eppure non va dimenticato che, mentre il CDS rappresenta una misura pura del rischio
di credito, altrettanto non si può dire delle proxies delle tensioni di liquidità utilizzate, le quali
presumibilmente incorporano i timori del mercato relativi al default delle istituzioni finanziarie,
causando così una sottostima di tale tipologia di rischio. Infatti, se è vero che l’oustanding volume
di CP è legato al funding risk delle banche partecipanti al mercato interbancario, esso sarà inevitabilmente connesso al rischio di default delle stesse, che può avvenire per ragioni di mera illiquidità, anziché di insolvenza. Nel caso del VIX, i suoi rialzi da un lato generano un aumento dei margini richiesti, con le ovvie ripercussioni in termini di carenza di liquidità, dall’altro riducono il valore del capitale azionario delle società, il che si traduce in un maggior rischio di default. In più,
un elemento che la specificazione utilizzata senz’altro trascura è il grado di asimmetria informativa relativa al rischio di credito tra banche operanti sul mercato interbancario non garantito – il rischio di controparte percepito, in altri termini –, che, secondo il modello di Heider et al. (2009), è
essenziale per la spiegazione della recente crisi.
Tabella 9 Scomposizione della varianza dello spread LIBOR-OIS nell'area Euro con ordinamento: tasso CDS, VIX, CP e spread.
EU
CP
VIX
CDS
Periodo
S.E.
1
0.04811
83.16479
2.109276
14.66304
0.062892
2
0.060426
62.54121
5.026575
31.01271
1.419503
3
0.070284
49.73006
9.28386
39.9344
1.051687
4
0.076017
46.53964
10.8313
41.54994
1.079123
5
0.080556
44.91037
11.39097
42.44245
1.256207
6
0.084054
43.23218
11.85495
43.66612
1.246754
7
0.086679
42.01268
12.20388
44.55451
1.228928
8
0.088641
41.29656
12.42468
45.04261
1.236154
9
0.090167
40.79583
12.56743
45.3951
1.241645
10
0.09136
40.39123
12.67935
45.68962
1.239802
38
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
5.2.2 Analisi di robustezza
Innanzitutto, per verificare la robustezza dei risultati ottenuti, si sono ripetute l’analisi delle
funzioni di risposta di impulso e la scomposizione della varianza invertendo l’ordine delle variabili.
Nel caso delle funzioni di risposta di impulso, perlomeno dal punto di vista qualitativo, anche
l’ordinamento inverso conduce a risultati del tutto analoghi, come si arguisce dai grafici in Figura
9. Solo nel caso della reazione ad un’innovazione dell’indice CDS vi è uno scostamento; essa, infatti, è ora significativa e negativa per i primi tre periodi, senza tornare nella regione positiva nei
seguenti. Pellizzon et al. (2009) avanzano l’ipotesi che un’eventuale relazione inversa tra spread e
tassi CDS possa essere dovuta alla natura di tasso fittizio del LIBOR, ragion per cui le reference
banks potrebbero essere incentivate a fornire quotazioni più basse in occasione dei rialzi dei tassi
CDS per ridurre l’inquietudine del mercato riguardo alla loro solvibilità.
Per quanto riguarda la scomposizione della varianza, invece, i risultati ottenuti (Tabella 9) si
discostano in modo abbastanza marcato dai precedenti, dato che in questo caso, dopo dieci periodi, sono le innovazioni dello spread a spiegare la maggior parte della varianza, e non la liquidità
del mercato; ciò denota la presenza di correlazione piuttosto elevata tra i residui delle diverse equazioni (Brooks, 2008). Ad ogni buon conto si nota che il fattore liquidità possiede ancora una
capacità esplicativa nettamente superiore al tasso CDS.
Figura 9. Funzioni di risposta di impulso cumulate su venti settimane per VAR Euro con ordinamento: spread, CP, VIX e tasso
CDS.
39
ANALISI EMPIRICA
Tabella 10. Scomposizione della varianza dello spread LIBOR-OIS nell'area Euro con ordinamento: spread, CP, VIX e tasso CDS.
EU
CP
VIX
CDS
Periodo
S.E.
1
0.04811
100
0
0
0
2
0.060426
87.32391
1.823948
6.009022
4.843117
3
0.070284
77.70499
6.168719
11.11507
5.011218
4
0.076017
76.22613
7.624302
11.77403
4.375539
5
0.080556
75.70173
8.210011
12.18923
3.89903
6
0.084054
74.78291
8.712013
12.85537
3.649702
7
0.086679
74.06303
9.089416
13.34986
3.497687
8
0.088641
73.69996
9.323195
13.60621
3.370637
9
0.090167
73.46134
9.474424
13.78789
3.276345
10
0.09136
73.2519
9.593442
13.94324
3.211422
Si verifica ora la robustezza dei risultati ottenuti sinora rispetto a delle specificazioni alternative del modello VAR per l’euro.
Innanzitutto si sono stimati dei modelli VAR con diverse misure dell’incertezza generale dei
mercati; in particolare, si è proceduto a sostituire il VIX con delle variabili caratteristiche dei tassi
di interesse, vale a dire MOVE, LBOX e LBPX .
I risultati ottenuti sono del tutto analoghi a quelli visti per il VIX, pertanto in Tabella 11 sono
riportate soltanto alcune misure sintetiche relative a tali modelli VAR, le quali evidenziano la
superiorità del VIX a livello di singola equazione per lo spread europeo, ma una leggera
superiorità del LBOX a livello di modello generale; ad ogni modo si tratta di differenze minime.
Tabella 11. Confronto tra modelli VAR per l’area Euro con diverse misure della rischiosità generale del mercato.
VIX
MOVE
LBOX
Equazione di EU
R2 aggiustato
0.532409
0.473738
0.460111
Log-verosimiglianza
275.7033
265.8331
263.6986
Schwarz SC
-2.96472
-2.84652
-2.82095
Modello complessivo
Log-verosimiglianza
-2618.92
-2822.8
-2456.26
Schwarz SC
32.71277
35.15441
30.76479
LBPX
0.496689
269.5566
-2.89111
-2628.21
32.82401
Sono poi state calcolate le funzioni di risposta di impulso su venti periodi, usando lo stesso ordinamento delle variabili visto in precedenza – si è semplicemente sostituito il VIX con una diversa misura di rischiosità –.
Osservando la Figura 10 si nota che le funzioni di risposta di impulso nelle varie specificazioni
alternative sono in linea con i risultati del modello base, permettendo di giungere alle medesime
conclusioni economiche. Infatti, si vede che le funzioni di risposta di impulso si mantengono
sempre all’interno delle bande di errore tracciate nelle Figure 8 e 9.
40
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 10. Funzioni di risposta di impulso su venti periodi all’interno di modelli per l’area Euro con diverse misure della rischiosità generale del mercato.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dell’outstanding volume di commercial paper, delle diverse misure di volatilità e
dell’indice CDS sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo e quarto quadrante.
Si è poi proseguito nella verifica della robustezza del modello con delle specificazioni alternative rispetto alla misura del rischio di controparte: degli indici CDS per il settore bancario europeo
ed americano e lo spread unsecured-secured, ossia il differenziale tra tassi repo a tre mesi e tassi
LIBOR sulla medesima scadenza.
In Tabella 12, si nota la superiorità dell’indice CDS usato nell’equazione per lo spread europeo, compensata dal risultato a livello di modello complessivo, dove è lo spread LIBOR-repo a
prevalere. Tuttavia, quest’ultimo è ben lungi dall’essere una misura pura del rischio di controparte, incorporando anche elementi di rischio di liquidità (Michaud e Upper, 2008), che complicano
l’interpretazione economica dei risultati forniti dal modello.Va poi sottolineato che il mercato interbancario garantito ha sofferto la crisi in modo ancora più accentuato rispetto al LIBOR, pertanto i tassi repo nel periodo seguente il collasso di Lehman Brothers non possono essere considerati
significativi (Abbassi e Schnabel, 2009).
41
ANALISI EMPIRICA
Tabella 12. Confronto tra modelli VAR per l’area Euro con diverse misure della rischiosità generale del mercato.
Mediana CDS
Indice CDS bancario
Spread LIBOR-Repo
R2 aggiustato
0.532409
0.506848
0.517632
Log-verosimiglianza
275.7033
271.2592
273.1053
Schwarz SC
-2.96472
-2.9115
-2.93361
Log-verosimiglianza
-2618.92
-2594.1
-1458.67
Schwarz SC
32.71277
32.41547
18.81755
Equazione di EU
Modello complessivo
Confrontando la Figura 11 con le bande di errore tracciate in Figura 8, si nota come le funzioni
di risposta di impulso ottenute con gli indici CDS settoriali siano in linea con quelle del modello
base, mentre nel caso del modello con spread LIBOR-repo, la risposta ad uno shock di
quest’ultimo si discosta sensibilmente dalla risposta ad uno skock temporaneo del tasso CDS nel
modello base, collocandosi al di fuori delle dette bande di errore; ciò potrebbe essere attribuito alla suddetta impurità dello spread unsecured-secured come misura di rischio di credito.
Figura 11. Funzioni di risposta di impulso all’interno di modelli per l’area Euro con diverse misure del rischio di controparte.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dell’outstanding volume di commercial paper, del VIX e delle diverse misure di
rischio di controparte sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo e quarto quadrante.
42
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Nonostante l’EURIBOR rappresenti il principale tasso interbancario per l’euro, in questo lavoro per omogeneità si è scelto di utilizzare il tasso LIBOR anche per l’area Euro. Comunque i due
tassi sono sostanzialmente uguali (Figura 12), e, chiaramente, con essi si ottengono dei modelli
VAR e delle funzioni di risposta di impulso praticamente identiche - non riportati per non appesantire la trattazione –.
Figura 12. LIBOR su euro ed EURIBOR a 3mesi.
Infine, la robustezza dei risultati relativi al modello VAR in differenze prime è stata testata
tramite il ricorso ad un diverso sistema di dummies per gli interventi delle banche centrali.
In primo luogo, utilizzando la dummy TAF precedentemente definita, si va in pratica a verificare se tale strumento abbia ridotto permanentemente le variazioni dello spread (McAndrews et
al., 2008); si tratta chiaramente di un’ipotesi molto forte. Per questo, la dummy TAF è stata sostituita con una dummy pari a uno solo nelle settimane successive allo svolgimento di un’asta da parte della BCE (TAF_BCE), per consentire alle osservazioni di incorporare gli effetti di tali azioni,
dal momento che si tratta di dati settimanali calcolati sulla media di quelli giornalieri. Più precisamente, le date che si prendono a riferimento sono quelle di invio delle offerte da parte delle
banche (bid submission dates), e le aste prese in considerazione sono solo quelle con scadenza pari o superiore a 28 giorni; la dummy assume valore due quando nella settimana precedente si sono
svolte due aste, e questo avviene il 20 agosto, il 17 settembre ed il 29 ottobre, quando, di concerto
con la Federal Reserve, la BCE ha introdotto anche operazioni ad 84 giorni. Anche gli interventi
messi in atto tra settembre e novembre 2008 sono incorporati in modo diverso; in questo caso sono essi ad essere trattati come un cambiamento di regime – ossia una step function pari a uno dal
17 settembre (SET_NOV) –. Allo stesso tempo viene lasciata la dummy OTT08, la quale tiene conto anche dell’osservazione eccezionale del 22 ottobre, e non solo degli interventi di politica monetaria. Viene poi introdotta una dummy (ECB_RATE) che assume valore pari uno nelle settimane
successive a variazioni del tasso di riferimento della BCE.
43
ANALISI EMPIRICA
I risultati della stima dei due modelli VAR (Tabella 13), ne confermano la sostanziale equivalenza, con tutte le nuove dummies introdotte non significative al 5% di confidenza, risultato da interpretare sempre con la dovuta cautela, per il ragionamento svolto a margine della stima del modello VAR base. Anche le funzioni di risposta di impulso – non riportate – sono praticamente invarianti rispetto a queste due specificazioni alternative delle dummies.
Tabella 13. Confronto tra modelli VAR per l’area Euro con diversi sistemi di dummies per gli interventi di politica monetaria.
Modello base
Specificazione alternativa dummies
EU t
CPt
VIX t
CDS t
EU t
CPt
VIX t
CDS t
EU t 1
0.436233*
[ 6.19119]
-99501.4
[-3.27036]
-4.70798
[-1.11793]
-39.667
[-2.60157]
0.444243
[ 6.21847]
-109248
[-3.49703]
-4.85389
[-1.13029]
-36.5789
[-2.35103]
EU t  2
0.047345
[ 0.63093]
8016.117
[ 0.24739]
16.40579
[ 3.65787]
-4.9259
[-0.30335]
0.075348
[ 1.00969]
10285.36
[ 0.31518]
15.19386
[ 3.38701]
-10.5023
[-0.64619]
CPt 1
-4.18E-07
[-2.30423]
0.165771
[ 2.11541]
-1.96E-05
[-1.81113]
1.50E-06
[ 0.03813]
-3.78E-07
[-2.11456]
0.162864
[ 2.08615]
-2.06E-05
[-1.91595]
-2.66E-06
[-0.06830]
CPt  2
-3.48E-07
[-1.93264]
1.16E-01
[ 1.49240]
1.46E-05
[ 1.35733]
3.33E-05
[ 0.85348]
-2.74E-07
[-1.51318]
0.098099
[ 1.23898]
1.26E-05
[ 1.16142]
3.09E-05
[ 0.78272]
VIX t 1
0.00678
[ 4.45954]
-776.6
[-1.18288]
0.160792
[ 1.76939]
0.3986
[ 1.21149]
0.006897
[ 4.59574]
-724.514
[-1.10400]
0.154653
[ 1.71433]
0.354347
[ 1.08415]
VIX t  2
0.003986
[ 2.76835]
895.9592
[ 1.44107]
0.072717
[ 0.84498]
0.5056
[ 1.62271]
0.004476
[ 3.07300]
1064.942
[ 1.67198]
0.051729
[ 0.59081]
0.354428
[ 1.11731]
CDSt 1
-0.00129
[-3.10522]
24.81041
[ 0.13817]
-0.04301
[-1.73051]
-0.03428
[-0.38094]
-0.00148
[-3.49990]
-21.9582
[-0.11913]
-0.03926
[-1.54947]
0.008034
[ 0.08752]
-0.0002
-654.037
0.002858
[-0.49210] [-3.73040] [ 0.11777]
C
0.004529
1468.564
0.018525
[ 0.92692]
[ 0.69602]
[ 0.06343]
OTT08
-0.53765
22065.88
-10.0155
[-8.54203] [ 0.81188] [-2.66229]
TAF
-0.00119
-3509.58
0.402157
[-0.14738] [-1.00715] [ 0.83377]
TAF_ECB
ECB_RATE
SET_NOV
R2 aggiustato
0.532409
0.226957
0.112168
F-statistic
19.90113
5.873572
3.097235
Log-verosim.
275.7033
-1891.24
-407.408
Schwarz SC
-2.96472
22.98674
5.216245
Log-verosim.
-2618.92
Schwarz SC
32.71277
* Sono riportati in parentesi i valori della statistica t .
-0.09408
[-1.07077]
0.562906
[ 0.53235]
-9.72309
[-0.71386]
2.509069
[ 1.43678]
0.042153
1.730526
-622.274
7.789501
-0.0002
[-0.48671]
0.005456
[ 1.25850]
-0.58232
[-9.05801]
-0.01037
[-1.05773]
-0.02816
[-1.94962]
0.018977
[ 1.64708]
0.544346
17.52593
278.94
-2.94219
-2608.92
32.83813
-669.237
[-3.78321]
1373.639
[ 0.72463]
18148
[ 0.64554]
-5384.58
[-1.25573]
4367.167
[ 0.69153]
-2823.37
[-0.56038]
0.227414
5.071912
-1890.12
23.03454
-0.00201
[-0.08271]
-0.07529
[-0.28894]
-8.95253
[-2.31660]
0.419925
[ 0.71241]
1.433064
[ 1.65079]
0.354334
[ 0.51161]
0.124861
2.973688
-405.128
5.250235
-0.09656
[-1.09598]
0.404961
[ 0.42894]
-2.36347
[-0.16880]
3.903686
[ 1.82793]
3.071675
[ 0.97662]
0.432221
[ 0.17225]
0.054554
1.798209
-620.109
7.82486
CDSt  2
5.3 Un modello VAR per gli Stati Uniti
Passando al mercato americano, si è stimato un VAR del tutto analogo a quello visto per l’area
Euro, con l’unica differenza che vi è stata inserita anche la dummy PDCF-TSLF. Si sono svolti gli
stessi test visti in Tabella 6 – in questo caso omessi per ragioni di spazio –, e, riferendosi ai criteri
di Schwarz e Hannan-Quinn, si è scelto di inserire un unico ritardo nel modello.
44
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
US t   aUS 0   aUS US1 aUS CP1 aUS VIX1 aUS CDS1  US t 1 
CP   a
 a
aCP CP1 aCP VIX 1 aCP CDS1  CPt 1 
t

   CP 0    CP US1


VIX t   aVIX 0   aVIX US1 aVIX CP1 aVIX VIX1 aVIX CDS1  VIX t 1 


 
 

CDS t   aCDS 0   aCDS US 1 a CDS CP1 a CDS VIX1 a CDS CDS1  CDS t 1 
d US 1 
d US 2 
 d US 3 
vUSt 
d

d

d

v 
CP1 
CP 2 
CP 3 
CPt 

TAF  
OTT 08  
TSLF _ PDCF  
d VIX 1 
d VIX 2 
 d VIX 3 
vVIXt 








d CDS1 
d CDS 2 
 d CDS 3 
vCDSt 
(15)
In Tabella 14 si riportano i risultati della stima del modello VAR; sulla base dei valori delle
statistica test F per le varie equazioni l’ipotesi nulla di non significatività viene sempre rifiutata. Il
coefficiente di determinazione aggiustato si attesta al 60,48% nel caso dello spread, un valore superiore a quello visto per l’area Euro; ciò potrebbe essere spiegato dall’utilizzo di VIX e outstanding commercial paper come variabili esplicative, due variabili che, pur misurando fenomeni oramai globali, conservano una maggiore rilevanza per il mercato statunitense. Sia la dummy TAF
sia la dummy PDCF-TSLF non sono statisticamente significative nell’equazione dello spread americano, laddove la dummy per gli interventi dell’ottobre 2008 è statisticamente significativa con
coefficiente negativo. Anche in questo caso poi le variazioni dell’outstanding volume di commercial paper e del VIX risultano significative sia statisticamente sia economicamente, mentre il coefficiente per la variazione del tasso CDS è statisticamente significativo e negativo. I test di Wald
per l’esclusione dei ritardi – non riportati – hanno esito identico a quelli del VAR per il mercato
europeo.
Tabella 14. Risultati della stima del VAR per il dollaro.
USt
CPt
VIX t
CDS t
USt 1
0.605795
[ 10.1729]
-55164.9
[-3.85975]
4.856961
[ 2.49145]
-16.1684
[-2.34917]
CPt 1
-1.06E-06
[-3.19831]
0.126026
[ 1.58733]
-1.93E-05
[-1.78387]
-2.37E-06
[-0.06212]
VIX t 1
0.009205
[ 3.45225]
-699.309
[-1.09273]
0.028195
[ 0.32300]
0.280264
[ 0.90942]
CDSt 1
-0.00218
[-2.89253]
0.003381
[ 0.37790]
0.011713
[ 0.42298]
0.001325
[ 0.04613]
-1.17065
[-10.8144]
0.601703
37.04080
171.2111
-1.79423
58.71823
[ 0.32444]
1043.382
[ 0.48587]
138.6530
[ 0.02086]
-7557.05
[-1.09599]
28073.02
[ 1.08054]
0.167406
5.796851
-1910.04
22.98260
-2757.37
33.80188
-0.04946
[-2.00354]
0.115737
[ 0.39513]
0.673021
[ 0.74245]
-0.47741
[-0.50761]
-6.42189
[-1.81220]
0.070190
2.800929
-414.854
5.182740
-0.00448
[-0.05142]
0.421403
[ 0.40749]
7.714142
[ 2.41039]
-6.73703
[-2.02896]
-7.22501
[-0.57749]
0.046114
2.153345
-626.778
7.705635
C
TAF
TSLF_PDCF
OTT08
R2 aggiustato
F-statistic
Log-simiglianza
Schwarz SC
Log-simiglianza
Schwarz SC
* Sono riportati in parentesi i valori della statistica t .
45
ANALISI EMPIRICA
5.3.1 Analisi di Granger-causalità, funzioni di risposta di impulso, scomposizione della varianza
Osservando l’output dei test F per la Granger-causalità in Tabella 15, si deduce che esiste una
relazione biunivoca al 5% di significatività tra spread LIBOR-OIS e VIX, tra spread e tasso CDS
e tra spread e CP; dunque lo spread è anticipato dalle altre tre variabili, mentre ciascuna di esse è
Granger-causata solo dal differenziale LIBOR-OIS. Ad ogni modo, si nota che passando dal VAR
europeo al VAR americano le indicazioni del test di Granger-causalità variano anche riguardo ai
rapporti tra le variabili diverse dagli spread.
Tabella 15. Analisi di Granger-causalità per dollaro.
Variabile dipendente: US
Variabile esclusa
Prob.
CP
0.0010
VIX
0.0009
CDS
0.0039
Variabile dipendente: CP
Variabile esclusa
Prob.
US
0.0002
VIX
0.3017
CDS
0.9392
* L’ipotesi nulla è quella di assenza di Granger-causalità.
Variabile dipendente: VIX
Variabile esclusa
US
CP
CDS
Variabile dipendente: CDS
Variabile esclusa
US
CP
VIX
Prob.
0.0142
0.0749
0.1392
Prob.
0.0397
0.7204
0.3062
Per quanto riguarda l’analisi delle funzioni di risposta di impulso, si è adottato lo stesso approccio à la Cholesky visto in precedenza; per via della sensibilità dei test di Granger-causalità
alla specificazione del modello, si è semplicemente optato per il medesimo ordinamento utilizzato
nel caso europeo (tasso CDS, VIX, outstanding volume di CP e spread), il quale comunque è coerente con l’intuizione economica. In Figura 13 si possono osservare le funzioni di risposta di impulso cumulate per lo spread americano, insieme alle bande di errore stimate con simulazioni
Monte Carlo, dai quali si deduce che le risposte dello spread sono tutte statisticamente significative per l’intero orizzonte temporale, tranne nel caso degli shock al tasso CDS. Uno shock dello
spread produce una forte e persistente reazione positiva da parte dello spread stesso. Allo stesso
modo si registra una variazione positiva e persistente dello spread a seguito di un’innovazione del
VIX, mentre in caso di shock dell’outstanding volume di CP avviene il contrario. Similmente
all’area Euro, l’elemento più interessante è la forte persistenza delle risposte dello spread.
46
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 13. Funzioni di risposta di impulso cumulate su venti settimane per VAR USA con ordinamento: tasso CDS, VIX, CP e
spread.
Per ultimare lo studio del VAR in differenze prime per il dollaro, è stata effettuata la scomposizione della varianza per lo spread (Tabella 16) con l’ordinamento descritto sopra. A differenza
del caso europeo, dopo dieci periodi la varianza dello spread è ancora spiegata per la maggior parte dai movimenti dello spread stesso (60,02%), mentre il fattore liquidità si ferma al 39%
(21%+18%). È confermata invece la marginalità del tasso CDS nello spiegare la varianza dello
spread (0,86%).
Nel complesso, pertanto, si possono trarre le medesime conclusioni viste nel caso del VAR per
il mercato europeo riguardo al ruolo svolto da rischio di liquidità e di controparte.
Tabella 16. Scomposizione della varianza dello spread LIBOR-OIS su dollaro con ordinamento: tasso CDS, VIX, CP e spread.
US
CP
VIX
CDS
Periodo
S.E.
1
0.089669
85.39843
6.31227
6.260613
2.028684
2
0.116341
69.34144
13.77913
15.54912
1.330312
3
0.130815
64.83646
17.2027
16.84078
1.120061
4
0.13963
62.75332
18.71488
17.52434
1.007453
5
0.145196
61.62079
19.53284
17.89902
0.947347
6
0.148779
60.95834
20.01235
18.11712
0.912193
7
0.151113
60.5519
20.30648
18.251
0.890614
8
0.152645
60.2953
20.49218
18.33553
0.876991
9
0.153654
60.13036
20.61154
18.38986
0.868234
10
0.154321
60.02312
20.68915
18.42519
0.86254
ANALISI EMPIRICA
47
5.3.2 Analisi di robustezza
Si sono ripetuti per il VAR in differenze prime per gli Stati Uniti gli stessi esercizi di robustness visti per l’area Euro.
Anche in questo caso l’uso dell’ordinamento inverso nell’analisi delle funzioni di risposta di
impulso non stravolge i risultati ottenuti (Figura 14), fatta eccezione per la reazione ad uno shock
del tasso CDS, che ora risulta negativa in modo statisticamente significativo, e per la non significatività delle risposte a VIX e commercial paper dopo dodici periodi. Invertendo l’ordinamento
nella scomposizione della varianza (Tabella 17), lo spread acquista ancora più importanza, riducendo la quota di varianza spiegata dal fattore liquidità (outstanding volume di commercial paper
e VIX), mentre il tasso CDS raggiunge il 5,15%. Nel complesso dunque, anche nel VAR per il
mercato americano sembrerebbe essere presente una non trascurabile correlazione tra i residui delle diverse equazioni.
Figura 14. Funzioni di risposta di impulso cumulate su venti settimane per VAR USA con ordinamento: spread, CP, VIX e tasso
CDS.
48
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Tabella 17. Scomposizione della varianza dello spread LIBOR-OIS su dollaro con ordinamento: spread, CP, VIX e tasso CDS.
US
CP
VIX
CDS
Periodo
S.E.
1
0.089669
100.0000
0.000000
0.000000
0.000000
2
0.116341
90.68085
2.932415
3.022118
3.364614
3
0.130815
88.10988
4.399853
3.185529
4.304734
4
0.139630
86.97118
5.051828
3.310394
4.666599
5
0.145196
86.34840
5.404999
3.380057
4.866547
6
0.148779
85.98405
5.612058
3.420264
4.983630
7
0.151113
85.76055
5.739068
3.444969
5.055410
8
0.152645
85.61945
5.819255
3.460568
5.100731
9
0.153654
85.52875
5.870797
3.470594
5.129862
10
0.154321
85.46977
5.904310
3.477113
5.148803
Per quanto riguarda le specificazioni alternative del modello rispetto alle misure di rischiosità
generale dei mercati (Tabella 18), anche in questo caso, ragionando comunque su differenze minime, si osserva la superiorità del VIX all’interno dell’equazione dello spread, affiancata dalla
superiorità del LBOX a livello di modello generale.
Tabella 18. Confronto tra modelli VAR per gli Stati Uniti con diverse misure della rischiosità generale del mercato.
VIX
MOVE
LBOX
LBPX
Equazione di US
R2 aggiustato
0.601703
0.598333
0.587457
0.580065
171.2111
Log-verosimiglianza
166.9063
168.2591
166.7672
Schwarz SC
-1.79423
-1.74298
-1.75909
-1.74072
Modello complessivo
Log-verosimiglianza
-2757.37
-2942.75
-2576.14
-2768.69
33.93661
Schwarz SC
33.68463
36.0087
31.64434
Passando alle funzioni di risposta di impulso, l’unica anomalia rispetto al modello base è quella della reazione dello spread ad uno shock del tasso CDS all’interno del modello con il MOVE
(Figura 15), dal momento che si osserva una variazione positiva dopo venti periodi contro quelle
praticamente nulle degli altri modelli; in ogni caso, anch’essa si colloca all’interno degli intervalli
di confidenza numerici tracciati in Figura 13. Per quanto riguarda le risposte a variazioni temporanee delle altre variabili, non si notano scostamenti degni di rilievo rispetto al modello base.
49
ANALISI EMPIRICA
Figura 15. Funzioni di risposta di impulso su venti periodi all’interno di modelli per gli Stati Uniti con diverse misure della rischiosità generale del mercato.
Nota: le risposte agli shock dello spread americano, dell’outstanding volume di commercial paper, delle diverse misure di volatilità
e dell’indice CDS sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo e quarto quadrante.
Nel caso di modelli contenenti proxies alternative del rischio di controparte (indice CDS del
settore bancario statunitense e spread LIBOR-repo su dollaro a tre mesi), si ravvisa la sostanziale
equivalenza tra i modelli contenenti il tasso CDS usato finora e l’indice settoriale (Tabella 19); il
risultato relativo allo spread unsecured-secured, sebbene piuttosto incoraggiante, è ancora di dubbia interpretabilità.
Tabella 19. Confronto tra modelli VAR per gli Stati Uniti con diverse misure del rischio di controparte.
Mediana CDS
Indice CDS bancario
Equazione di D(SPREAD3M _US)
R2 aggiustato
0.601703
0.621739
Log-verosimiglianza
171.2111
175.5466
Schwarz SC
-1.79423
-1.84584
Modello complessivo
Log-verosimiglianza
-2757.37
-2895.46
Schwarz SC
33.80188
35.44573
Spread LIBOR-Repo
0.581051
166.9647
-1.74368
-1894.101
23.5248
Per le ragioni appena esposte, anche l’analisi delle funzioni di risposta di impulso all’interno
del modello contenente lo spread LIBOR-repo fornisce risultati controversi; gli altri due modelli
invece forniscono risultati del tutto analoghi (Figura 16).
50
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 16. Funzioni di risposta di impulso all’interno di modelli per gli Stati Uniti con diverse misure del rischio di controparte.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dell’outstanding volume di commercial paper, del VIX e delle diverse misure di
rischio di controparte sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo e quarto quadrante.
Si è infine svolta la medesima analisi di un sistema di dummies alternativo vista per l’area Euro, dove semplicemente al posto delle dummies per le aste TAF e le variazioni dei tassi della BCE
sono stati inseriti gli omologhi per il Federal Reserve System. La capacità esplicativa del modello
rimane pressoché invariata (Tabella 20), e la dummy TAF_FED, benché statisticamente significativa, presenta un coefficiente positivo, mentre la dummy FED_RATE è non significativa.
51
ANALISI EMPIRICA
Tabella 20. Confronto tra modelli VAR per gli Stati Uniti con diversi sistemi di dummies per gli interventi di politica monetaria.
USt
Modello base
CPt
VIX t
CDSt
USt
0.605795
[ 10.1729]
-55164.9
[-3.85975]
4.856961
[ 2.49145]
-16.1684
[-2.34917]
0.62983
[ 10.7750]
-59736.9
[-4.21716]
5.50798
[ 2.85734]
-14.1195
[-2.07534]
CPt 1
-1.06E-06
[-3.19831]
0.126026
[ 1.58733]
-1.93E-05
[-1.78387]
-2.37E-06
[-0.06212]
-9.63E-07
[-2.95400]
0.121534
[ 1.53792]
-1.68E-05
[-1.56359]
8.90E-06
[ 0.23461]
VIX t 1
0.009205
[ 3.45225]
-699.309
[-1.09273]
0.028195
[ 0.32300]
0.280264
[ 0.90942]
0.009484
[ 3.62144]
-661.2
[-1.04190]
0.034672
[ 0.40148]
0.324432
[ 1.06441]
CDSt 1
-0.00218
[-2.89253]
0.003381
[ 0.37790]
0.001325
[ 0.04613]
-1.17065
[-10.8144]
0.011713
[ 0.42298]
-
58.71823
[ 0.32444]
1043.382
[ 0.48587]
-7557.05
[-1.09599]
28073.02
[ 1.08054]
138.653
[ 0.02086]
-
-0.04946
[-2.00354]
0.115737
[ 0.39513]
-0.47741
[-0.50761]
-6.42189
[-1.81220]
0.673021
[ 0.74245]
-
-0.00448
[-0.05142]
0.421403
[ 0.40749]
-6.73703
[-2.02896]
-7.22501
[-0.57749]
7.714142
[ 2.41039]
-
-0.00192
[-2.58694]
0.003905
[ 0.45836]
-0.02909
[-1.37872]
-1.16417
[-10.8445]
0.049912
[ 2.68257]
-0.03091
[-1.23623]
0.032333
25.09439
[ 0.13928]
1869.574
[ 0.90565]
473.3636
[ 0.09259]
24708.1
[ 0.94976]
-10885.5
[-2.41424]
-2204.26
[-0.36384]
-4695.34
-0.04101
[-1.67261]
0.157448
[ 0.56047]
-1.11601
[-1.60407]
-6.15531
[-1.73867]
1.478886
[ 2.41023]
-0.80749
[-0.97943]
1.001903
0.059452
[ 0.68701]
1.194061
[ 1.20431]
-4.9352
[-2.00983]
-3.97613
[-0.31822]
6.780451
[ 3.13100]
-5.0765
[-1.74462]
3.369371
-
-
[ 1.34315]
[-0.80488]
[ 1.26207]
[ 1.20256]
US t
1
C
TSLF_PDCF
OTT08
TAF
TAF_FED
FED_RATE
SET_NOV
R2 aggiustato
F-statistic
Log-verosim.
Schwarz SC
0.601703
37.0408
171.2111
-1.79423
0.167406
5.796851
-1910.04
22.9826
0.07019
2.800929
-414.854
5.18274
Log-verosim.
-2757.37
Schwarz SC
33.80188
* Sono riportati in parentesi i valori della statistica t .
0.046114
2.153345
-626.778
7.705635
0.621014
31.40556
176.4424
-1.79551
Specificazione alternativa
CPt
VIX t
0.192316
5.418217
-1906.44
23.00065
0.102156
3.111233
-410.859
5.196176
CDSt
0.079504
2.602666
-622.728
7.718425
-2746.75
33.91939
5.4 Analisi di cointegrazione e modello VEC
Si passa ora all’analisi di cointegrazione tra le variabili in oggetto, che, come già evidenziato,
sono connotate da livelli di persistenza tipici di variabili non stazionarie sul campione a disposizione (Tabelle 5a, 5b e 5c). A differenza di Pellizzon et al. (2009), che si attengono al metodo a
due stadi di Engle-Granger per fornire una rappresentazione EC dei due mercati, si è deciso di seguire la procedura di Johansen per tenere conto di eventuali relazioni di cointegrazione multiple.
Infatti, si è scelto di considerare un unico modello comprendente lo spread americano, lo spread
europeo, l’outstanding volume di commercial paper, il VIX ed il tasso CDS. Per condurre i test
necessari per l’individuazione del plausibile numero di relazioni di cointegrazione, sono state omesse le dummies per gli interventi delle banche centrali, dal momento che la loro presenza potrebbe alterare i valori critici utili ai fini della verifica d’ipotesi; prima di effettuare il test, si è ipotizzato che la parte deterministica45 consista unicamente di un’intercetta nella relazioni di cointegrazione, dal momento che in nessuna delle serie sembra essere presente un trend.
45
Si vedano Harris (1995) e Johansen (1995) per una trattazione approfondita delle possibili specificazioni della componente
52
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Sia il test della traccia che quello del massimo autovalore individuano la presenza di un’unica
relazione di cointegrazione al 5% di significatività (Tabella 21); ripetendo i medesimi test per
diverse specificazioni della componente deterministica – qui non riportati – si è ossevato che
l’esito non varia.
Tabella 21. Test per la quantificazione del rango di cointegrazione.
Hypothesized No. of CE(s)
Eigenvalue
Trace Statistic
None *
0.307723
106.1418
At most 1
0.118988
45.45987
At most 2
0.067080
24.55696
At most 3
0.056595
13.10012
At most 4
0.020913
3.487269
Trace test indicates 1 cointegrating eqn(s) at the 0.05 level
Hypothesized No. of CE(s)
Eigenvalue
Max-Eigen Statistic
None *
0.307723
60.68196
At most 1
0.118988
20.90291
At most 2
0.067080
11.45684
At most 3
0.056595
9.612846
At most 4
0.020913
3.487269
Max-eigenvalue test indicates 1 cointegrating eqn(s) at the 0.05 level
* denotes rejection of the hypothesis at the 0.05 level
**MacKinnon-Haug-Michelis (1999) p-values
Critical Value 5%
76.97277
54.07904
35.19275
20.26184
9.164546
Prob.**
0.0001
0.2332
0.4274
0.3559
0.4938
Critical Value 5%
34.80587
28.58808
22.29962
15.89210
9.164546
Prob.**
0.0000
0.3462
0.7073
0.3709
0.4938
Si è dunque stimato un modello VEC (16)46 con un’unica relazione di cointegrazione – rango
di cointegrazione r pari a uno –, in cui sono state inserite anche le dummies per la politica monetaria (Tabella 22); basandosi sui consueti criteri di Schwarz e Hannan-Quinn, si è optato per
l’inserimento di due ritardi per le variabili in differenze prime.
 EU t   EU 

 

 US t   US 
 CPt    CP  c

 

 VIX t   VIX 
 CDS  

t

 CDS 
 EU
 US
 CP
 VIX
 1 


 EU t  3 
 US t 3 
 CDS  

 CPt 3 
 VIX 
t 3


CDS t 3 
EU t 1 
EU t 2  d EU1 
d EU 2 
d EU 3 
v EUt 



 







US t 1 
US t 2  dUS1 
dUS 2 
dUS 3 
vUSt 



 








1 CPt 1   
2 CPt 2   d CP1  TAF  d CP2  OTT 08  d CP3  TSLF _ PDCF  vCPt  (16)
55 VIX
55 VIX


dVIX 1 
dVIX 2 
dVIX 3 
vVIXt 
t 1 
t 2 
CDS 
CDS  d

d

d

v

t 1 
t 2 


 CDS1 
 CDS 2 
 CDS 3 
 CDSt 
Il modello nella (16) è sempre identificato senza imporre alcun vincolo, dal momento che per
avere identificazione è necessario porre r-1 restrizioni su ogni relazione di cointegrazione; ci si
limita a porre pari a uno un coefficiente nella relazione di cointegrazione, il che è semplicemente
una normalizzazione, ma non un vincolo. La scelta del coefficiente non è tuttavia irrilevante sotto
deterministica.
46
Stimando lo stesso modello con intercetta anche nel modello di breve periodo si ottengono dei risultati praticamente identici (qui
non riprodotti per ragioni di spazio).
ANALISI EMPIRICA
53
il profilo dell’interpretazione economica del modello, dato che, pur essendo le proporzioni tra coefficienti stimati invarianti rispetto alla normalizzazione svolta, è consigliabile normalizzare rispetto alla variabile di maggior interesse nel modello (Juselius, 2006), nella fattispecie lo spread
europeo. Come si vede, la capacità esplicativa del modello è piuttosto buona, in particolare nelle
equazioni per le differenze prime dello spread europeo ed americano, con coefficienti di determinazione aggiustati pari al 68% ed al 62% rispettivamente. A ben vedere, il termine EC è statisticamente significativo al 5% nell’equazione per lo spread europeo, ma non in quella per lo spread
americano, il quale, come evidenziato di seguito, possiede caratteristiche di esogeneità debole;
d’altronde nel primo caso il passaggio al VECM comporta un deciso aumento della capacità esplicativa – era al 53% nel VAR in differenze prime –, mentre nel secondo rimane pressoché invariata, passando dal 60% al 62%. Lo stesso ragionamento si può desumere dai valori del criterio di
Schwarz, minimizzato dal VECM nel caso dello spread europeo (-3,25 contro il -2,98 del VAR) e
dal VAR nel caso dello spread su dollaro (-1,81 contro il -1,67 del VECM)
Dalla relazione di equilibrio stimata (Tabella 22) emerge il legame positivo esistente tra spread
europeo ed americano, a sostegno della tesi di presenza di effetti di spill-over tra i due mercati
formulata da Abbassi e Schnabel (2009). I segni dei coefficienti del VIX e della commercial paper si rivelano contrari all’intuizione economica, che li vorrebbe rispettivamente positivi e negativi; i valori vicini allo zero sono invece da imputarsi alla disparità di dimensioni tra grandezze quali gli spread, che difficilmente superano l’unità, e variabili come VIX, CDS ed outstanding volume di commercial paper. Ad ogni modo, si avrà modo di vedere che solo nel caso dei due spread
l’ipotesi di azzeramento dei coefficienti è rifiutata, il che permette di concentrarsi sulla sola relazione tra i due spread. All’interno dell’equazioni dei due spread i coefficienti attribuiti alle variazioni di VIX e commercial paper outstanding sono invece coerenti con l’intuizione economica,
laddove le stime riferibili alle variazioni del’indice CDS sono ancora una volta controverse.
54
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Tabella 22. Modello VEC per spread EU, spread US, VIX, tasso CDS, CP e dummies.
Relazione di cointegrazione
EU t 1
US t  1
VIX t  1
CPt  1
1
-0.884712
CPt
CDSt
Coint.
-0.213599
[-7.09500]*
-0.030785
[-0.46517]
-4.829768
[-2.35979]
-41051.05
[-2.67916]
15.43429
[ 1.99030]
EU t 1
0.277353
[ 3.98319]
0.175352
[ 1.14559]
-12.83123
[-2.71056]
-80539.95
[-2.27263]
-12.79605
[-0.71343]
EU t  2
-0.086592
[-1.20431]
-0.078054
[-0.49383]
12.27459
[ 2.51109]
-13603.45
[-0.37173]
-4.436643
[-0.23955]
USt 1
0.026997
[ 0.75794]
0.518600
[ 6.62320]
5.046497
[ 2.08400]
-40248.19
[-2.22015]
-3.060494
[-0.33357]
USt  2
-0.022167
[-0.56695]
-0.039639
[-0.46119]
1.669600
[ 0.62812]
-14055.97
[-0.70634]
6.563865
[ 0.65174]
VIX t 1
0.004199
[ 3.27395]
0.008654
[ 3.06925]
0.056515
[ 0.64809]
-915.2420
[-1.40197]
0.497171
[ 1.50475]
VIX t  2
0.001869
[ 1.52239]
-0.000444
[-0.16458]
0.014528
[ 0.17405]
342.7276
[ 0.54846]
0.500339
[ 1.58204]
CPt 1
-5.54E-07
[-3.39058]
-1.14E-06
[-3.16982]
-1.53E-05
[-1.37924]
0.073252
[ 0.88012]
2.78E-05
[ 0.66097]
CPt  2
-2.41E-07
[-1.53398]
-4.07E-07
[-1.17572]
2.19E-05
[ 2.04769]
0.074204
[ 0.92642]
2.43E-05
[ 0.59823]
CDSt 1
-0.001205
[-3.43444]
-0.002217
[-2.87564]
-0.033116
[-1.38883]
6.060290
[ 0.03395]
-0.008437
[-0.09338]
CDSt  2
0.000147
[ 0.43118]
-0.020722
[-1.69344]
0.018673
[ 1.42490]
-0.611765
[-11.4248]
0.677153
27.62135
305.9651
-3.255195
0.002251
[ 3.00432]
0.005540
[ 0.20597]
-0.000389
[-0.01350]
-1.175155
[-9.98346]
0.619387
21.65468
175.2125
-1.679863
-2351.828
30.67570
0.003886
[ 0.16768]
0.552232
[ 0.66384]
-0.277208
[-0.31114]
-12.26906
[-3.37031]
0.205729
4.287514
-394.4340
5.183348
-527.0464
[-3.03791]
-1006.529
[-0.16162]
-4613.139
[-0.69164]
16056.36
[ 0.58916]
0.257219
5.395246
-1875.294
23.02503
-0.096621
[-1.10040]
8.798925
[ 2.79161]
-6.249977
[-1.85147]
-2.833327
[-0.20542]
0.051432
1.688181
-615.5597
7.847513
TAF
TSLF_PDCF
OTT08
R2 aggiustato
F-statistic
Log-verosimiglianza
Schwarz SC
Log-verosimiglianza
Schwarz SC
* In parentesi ono riportati i valori della statistica t.
-0.001019
C
0.109683
1.000000
EU t
0.005432
-1.12E-07
Modello di breve periodo
USt
VIX t
CDS t
Si analizza ora il processo di aggiustamento verso la situazione di steady state descritto dal
modello stimato. Affinché all’interno dell’equazione di breve periodo di una variabile sia presente
un meccanismo di aggiustamento dell’errore, è necessario che i coefficienti α e β abbiano segni
opposti e che α sia statisticamente significativo (Juselius, 2006). Queste condizioni (Tabella 22)
sono verificate nel caso dell’equazione dello spread europeo, del VIX e dell’indice CDS, mentre
per quanto riguarda lo spread americano il termine ECM risulta non significativo. Solo
nell’equazione della commercial paper si segnala un caso di overshooting, ossia di amplificazione
dell’errore, a cui però non è possibile attribuire alcun significato economico, essendo il VECM in
oggetto un modello volto precipuamente a spiegare i movimenti degli spread LIBOR-OIS.
ANALISI EMPIRICA
55
In Figura 17 è tracciato il grafico dell’errore (  X t ) rispetto all’unica relazione di cointegrazione individuata, da cui si evince che esso è stazionario; in particolare emerge il forte disequilibrio
dell’ottobre 2008, periodo nel quale i due spread fecero segnare la massima distanza, con il differenziale americano che arrivò a toccare i 352 punti base contro un massimo di 181 punti base
dell’omologo europeo. A questo notevole errore negativo è seguito un errore di segno opposto per
poi tornare ad una situazione di equilibrio. Nel tentativo di mitigare tale dinamica si sono stimati
dei modelli – qui non riportati – contenenti delle dummies per le osservazioni eccezionali di settembre e ottobre 2008, ma neppure questi si sono rivelati atti a ridurre il suddetto disequilibrio.
Figura 17. Relazione di cointegrazione.
In Figura 18a sono tracciate le funzioni di risposta di impulso su venti periodi per lo spread
europeo, in questo caso non cumulate; per omogeneità, l’ordinamento è il medesimo visto per i
VAR, con lo spread americano che precede quello europeo – scelta questa dettata dal test di esogeneità debole presentato di seguito –. I risultati, dal punto di vista qualitativo, sono piuttosto
simili a quelli ottenuti con i VAR in differenze prime. Due osservazioni sono però d’obbligo: primo, in questo caso è possibile analizzare la risposta dello spread europeo ad uno shock
dell’omologo americano, la quale sembra essere decisamente positiva, e più elevata rispetto a
quella ad un’innovazione dello spread europeo stesso – che tende a zero dopo pochi periodi –,
seppur meno immediata; secondo, ora la reazione ad uno shock del tasso CDS è positiva, e non
praticamente nulla come nel VAR in differenze prime.
In Figura 18b sono tracciati i grafici delle funzioni di risposta di impulso per lo spread americano; i risultati sono del tutto analoghi a quelli raggiunti per lo spread europeo, fatta eccezione per
il fatto che lo spread americano è maggiormente sensibile ai suoi stessi shock che a quelli dello
spread europeo, rispetto ai quali vi è una pronta reazione, che tende a zero col passare del tempo.
I risultati appena commentati si ottengono anche invertendo ipotizzando che lo spread europeo
preceda quello americano nell’ordinamento delle variabili.
In generale, sembrerebbe dunque possibile concludere a favore della presenza di un effetto di
contagio tra il mercato interbancario europeo ed americano, in linea con lo studio di Abbassi e
Schnabel (2009) relativo agli spread secured-unsecured. Tuttavia, mentre nel detto articolo si ar-
56
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
gomenta a favore della presenza di una relazione biunivoca tra mercati, nelle Figure 18a e 18b si
riscontra una maggiore intensità e persistenza delle reazioni di entrambi gli spread agli shock del
differenziale americano; da questa considerazione, unita al risultato di esogeneità in senso debole
dello spread su dollaro presentato fra poco, si può argomentare a favore di un’origine americana
delle turbolenze del mercato LIBOR a medio-breve termine.
Figura 18a. Funzioni di risposta di impulso dello spread europeo su venti settimane per il modello VEC con ordinamento: tasso
CDS, VIX, outstanding volume di commercial paper, spread americano e spread europeo.
Figura 18b. Funzioni di risposta di impulso dello spread americano su venti settimane per il modello VEC con ordinamento: tasso
CDS, VIX, outstanding volume di commercial paper, spread americano e spread europeo.
57
ANALISI EMPIRICA
Un ulteriore vantaggio della procedura di Johansen rispetto all’approccio di Engle-Granger risiede nella possibilità di svolgere dei test di ipotesi sui parametri della matrice     .
In precedenza è stata trovata evidenza di un unico vettore di cointegrazione; risulta quindi interessante verificare che tutte le variabili del modello siano necessarie all’interno della relazione
d’equilibrio per ottenere una combinazione lineare stazionaria. Nelle prime cinque colonne della
Tabella 23a sono riportati i risultati dei test per l’azzeramento di ciascuno dei coefficienti del vettore  , mentre l’ultima contiene il responso di un test congiunto di azzeramento dei parametri
corrispondenti all’outstanding volume di commercial paper, al VIX ed al tasso CDS. L’ipotesi
nulla è rifiutata per i due spread, mentre negl’altri casi non è mai rifiutata al 5% di significatività;
solo per il VIX vi è rifiuto al 10% di significatività. Per quanto riguarda il test di azzeramento
congiunto, la nulla non è rifiutata; si ottiene così un VECM con un termine EC contenente semplicemente una relazione di equilibrio tra i due spread. Tale modello presenta grossomodo le medesime caratteristiche del VECM visto sopra, con un coefficiente di determinazione praticamente
invariato per tutte le equazioni – non si riporta l’output della stima per ragioni di spazio –; sembrerebbe quindi sussistere durante questi anni di turbolenze uno stretto legame tra lo spread europeo e lo spread americano.
La stessa procedura si può seguire per verificare la stazionarietà delle variabili sul campione
analizzato (Johansen, 1995); in sostanza si tratta di svolgere dei test di azzeramento su tutti i coefficienti delle relazione di cointegrazione, fatta eccezione per quello corrispondente alla variabile
di interesse. L’ipotesi nulla di stazionarietà è rifiutata per ciascuna serie per qualsiasi livello di significatività (Tabella 23b), dunque la relazione di cointegrazione individuata dal test per il rango
di cointegrazione di Johansen (Tabella 22) non può essere attribuita alla presenza di variabili stazionarie all’interno del modello.
Tabella 23a. Test di ipotesi sulla relazione di cointegrazione.
H 0 :  EU  0 *
H 0 : US  0
H 0 :  CP  0
H0 : VIX  0
H 0 : CDS  0
H 0 : CP  VIX  CDS  0
54,83997
(0,00000)**
64,19873
(0,00000)
1,05406
(0,30457)
3,19010
(0,07409)
2,43733
(0,11848)
4,30652
(0,23021)
*  EU , US  CP VIX  CDS rappresentano i coefficienti assunti all’interno della relazione di cointegrazione rispettivamente
dallo spread europeo, dallo spread americano, dalla commercial paper, dal VIX e dall’indice CDS.
** Sono riportati i valori della statistica test – distribuita secondo una chi-quadrato –, ed in parentesi i relativi p-value.
Tabella 23b. Test di stazionarietà nell’ambito della procedura di Johansen.
EU
US
CP
VIX
CDS
78,43026
(0,00000)
69,62715
(0,00000)
77,76593
(0,00000)
73,85838
(0,00000)
77,36634
(0,00000)
* Sono riportati i valori della statistica test – distribuita secondo una chi-quadrato –, ed in parentesi i relativi p-value.
In Tabella 24 si possono poi osservare i risultati di alcuni test di azzeramento dei coefficienti
del vettore  , contenente le velocità di aggiustamento di ciascuna variabile alla relazione di equilibrio. Solo nel caso dell’equazione per lo spread americano l’ipotesi nulla non è rifiutata al 5% di
58
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
significatività, il che implica che questa variabile potrebbe essere considerata esogena in senso
debole rispetto al sistema ed entrare solo nel lato destro del VECM. Si tratta di un risultato che
corrobora la tesi che l’origine delle tensioni di liquidità e del conseguente disallineamento tra LIBOR ed OIS nell’area Euro sia da far risalire al mercato americano, e che suffraga l’idea di una
sostanziale irrilevanza dello spread europeo nel determinare l’andamento dell’omologo americano. Lo spread americano può quindi essere più semplicemente modellizzato secondo il modello
VAR marginale presentato in precedenza.
Tabella 24. Test di ipotesi sulla relazione di cointegrazione.
H 0 : EU  0 *
H 0 :US  0
H 0 : CP  0
H 0 :VIX  0
H 0 : CDS  0
42,87493
(0,00000)*
0,22509
(0,63519)
7,11221
(0,00766)
5,55460
(0,01843)
4,10467
(0,04277)
*  EU , US  CP VIX  CDS rappresentano i coefficienti di aggiustamento alla relazione di cointegrazione rispettivamente dello
spread europeo, dello spread americano, della commercial paper, del VIX e dell’indice CDS.
** Sono riportati i valori della statistica test – distribuita secondo una chi-quadrato –, ed in parentesi i relativi p-value.
Partendo dal risultato testé illustrato, si è stimato un modello VEC condizionale rispetto allo
spread americano (17); infatti, come visto in precedenza, l’esogeneità in senso debole di una delle
variabili permette di stimare le relazioni di cointegrazione tratteggiate da β affidandosi unicamente alle equazioni delle altre variabili del sistema, senza una rilevante perdita di informazione come
conseguenza dell’omissione della variabile esogena. In questo caso si è perciò stimato il sistema
in quattro variabili (spread europeo, outstanding volume di commercial paper, VIX e tasso CDS)
illustrato nella Tabella 25. A conferma dell’efficienza del modello condizionale (Johansen, 1995),
i coefficienti stimati risultano molto simili a quelli del modello non condizionale ed il coefficiente
di determinazione aggiustato dell’equazione dello spread raggiunge ora il 73,42%. Si vedrà che
esso è in grado di produrre delle previsioni piuttosto attendibili per lo spread europeo, a riprova
del co-movimento dei mercati interbancari europeo ed americano durante le recenti turbolenze finanziarie.
 EU t   EU 

 

 CPt    CP  c
 VIX t  VIX 

 

 CDSt   CDS 
 EU
US
 CP
VIX
 1 


 EU t  3 
 USt  3 
 CDS  

 CPt  3 
 VIX 
t 3


CDS t  3 
EUt 1 
EUt  2 
d EU 1 
d EU 2 
d EU 3 
vEUt 



 cEU 








USt 1 
USt  2  c 


 CP  US  d
dCP 2  OTT 08dCP 3  TSLF _ PDCF  vCPt 







CP



CP

TAF

t 1
t 2
t
1 
dVIX 2 
dVIX 3 
vVIXt 
 2 
 cVIX 
 CP1 
45 VIX
4 5 VIX












dVIX 1 
t 1
t 2
dCDS 2 
dCDS 3 
vCDSt 
CDS 
CDS  cCDS 
d

t 1 
t 2 


 CDS1 
(17)
59
ANALISI EMPIRICA
Tabella 25. Modello VEC condizionale per spread EU, VIX, tasso CDS, CP con spread US esogeno.
Relazione di cointegrazione
EU t 1
US t  1
CPt  1
VIX t  1
CDS t
1
-0.887923
1
EU t
-1.126782
0.005421
Modello di breve periodo
CPt
VIX t
CDSt
Coint.
0.207024
-42512.69
-4.463432
15.95307
EU t 1
0.243061
[3.85921]
-71139.63
[-2.071383]
-14.85718
[-3.389307]
-16.3955
[-0.931542]
EU t  2
-0.072457
[-1.119304]
-17988.7
[-0.509604]
13.15151
[2.919004]
-2.776587
[-0.153488]
USt 1
-0.071718
[-1.985022]
-11934.36
[-0.605765]
-0.886163
[-0.352407]
-13.87406
[-1.37416]
USt  2
-0.014241
[-0.451381]
-16098.13
[-0.935746]
2.130528
[0.970276]
7.319877
[0.830261]
CPt 1
-3.36E-07
[-2.284777]
0.011543
[0.144016]
-2.26E-06
[-0.22124]
5.13E-05
[1.249611]
CPt  2
-1.62E-07
[-1.132832]
0.052533
[0.675206]
2.66E-05
[2.6798]
3.25E-05
[0.815171]
VIX t 1
0.002542
[2.150211]
-444.5822
[-0.689652]
-0.042711
[-0.519087]
0.317265
[0.960348]
VIX t  2
0.001952
[1.783927]
318.7634
[0.534118]
0.019571
[0.256932]
0.509178
[1.664821]
CDSt 1
-0.000782
[-2.393282]
-114.8047
[-0.644319]
-0.007742
[-0.34042]
0.037683
[0.412681]
CDSt  2
-0.000283
[-0.896979]
-404.6139
[-2.35203]
-0.021896
[-0.997206]
-0.14328
[-1.625231]
-54311.68
[-2.977369]
-754.2326
[-0.127047]
-4698.118
[-0.726422]
-47942.88
[-1.416332]
0.298152
11.46537
[4.924401]
0.48291
[0.63731]
-0.279185
[-0.338207]
1.184322
[0.274118]
0.314756
20.72456
[2.216937]
8.699115
[2.859322]
-6.21672
[-1.875665]
21.57807
[1.243891]
0.081018
USt
0.191565
[5.726504]
TAF
-0.022047
[-2.02512]
TSLF_PDCF
0.018448
[1.555393]
OTT08
-0.387572
[-6.24349]
R2 aggiustato
0.734252
* Sono riportati in parentesi i valori della statistica t .
-0.001019
C
0.112435
5.4.1 Analisi di robustezza
Si ripetono ora gli stessi esercizi di robustness visti per i modelli VAR; per brevità non si riportano gli output di ciascun modello stimato – in ogni caso molto simili a quelli del modello base
–, bensì unicamente i grafici delle funzioni di risposta di impulso.
Iniziando con le misure alternative di rischiosità del mercato – vale a dire MOVE, LBOX e
LBPX – si riscontra una tendenziale coincidenza con i risultati del modello base e delle risposte
dello europeo e di quelle dello spread americano (Figure 19a e 19b); solo nel caso del LBOX, si
ha uno scostamento sensibibile nella reazione a shock del LBOX stesso - praticamente nulla – ed
a shock dello spread europeo, con una risposta inizialmente positiva, ma che si attesta su valori
negativi dopo pochi periodi.
60
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 19a. Funzioni di risposta di impulso dello spread europeo su venti periodi all’interno di modelli VEC con diverse misure
della rischiosità generale del mercato.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dello spread americano, dell’outstanding volume di commercial paper, delle diverse misure di volatilità e dell’indice CDS sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo, quarto e quinto quadrante.
Figura 19b. Funzioni di risposta di impulso dello spread americano su venti periodi all’interno di modelli VEC con diverse misure dellar rischiosità generale del mercato.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dello spread americano, dell’outstanding volume di commercial paper, delle diverse misure di volatilità e dell’indice CDS sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo, quarto e quinto quadrante.
Riguardo alle misure alternative di rischio di controparte, essendo esse distinte per l’area Euro
e per il mercato americano, al fine di non aumentare i regressori del modello VEC, si è scelto di
utilizzare la prima componente principale degli indici CDS del settore bancario e la prima compo-
ANALISI EMPIRICA
61
nente principale degli spread LIBOR-repo. Ancora una volta è confermata la robustezza del modello base nel caso di utilizzo degli indici settoriali CDS, laddove il ricorso agli spread LIBORrepo cambia sostanzialmente la situazione per quanto riguarda le risposte agli shock dello spread
europeo, che in entrambi i casi diventano decisamente più corpose (Figure 20a e 20b).
Figura 20a. Funzioni di risposta di impulso dello spread europeo su venti periodi all’interno di modelli VEC con diverse misure
del rischio di controparte.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dello spread americano, dell’outstanding volume di commercial paper, del VIX e
delle diverse misure del rischio di controparte sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo, quarto e quinto quadrante.
Figura 20a. Funzioni di risposta di impulso dello spread americano su venti periodi all’interno di modelli VEC con diverse misure del rischio di controparte.
Nota: le risposte agli shock dello spread europeo, dello spread americano, dell’outstanding volume di commercial paper, del VIX e
delle diverse misure del rischio di controparte sono rispettivamente nel primo, secondo, terzo, quarto e quinto quadrante.
62
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
In aggiunta il risultato di esogeneità in senso debole dello spread americano risulta confermato
dagli appositi test in tutte le specificazioni alternative testé illustrate.
Si è infine ristimato il consueto modello VEC inserendo al posto dello spread effettivo americano, la serie del differenziale LIBOR-OIS su dollaro depurata dagli effetti delle fluttuazioni del
tasso cambio $/€. Per la precisione, si è costruito un fattore “tasso di cambio” basandosi sulla parità coperta dei tassi di interesse47 su cui è stato regredito lo spread americano; come spread americano al netto del tasso di cambio si sono perciò utilizzati i residui di tale regressione. Il VEC stimato con questa serie – qui non riportato – è caratterizzato da un basso potere esplicativo, presumibilmente a causa della forte volatilità del mercato valutario introdotta nel modello tramite questo aggiustamento.
5.5 Capacità previsiva dei modelli
In questa sezione sono riportati i risultati di alcune simulazioni svolte a partire dai vari modelli
stimati; in particolare si sono svolte delle previsioni statiche in sample, delle simulazioni ex post,
delle previsioni ex post, e, solo nel caso del VEC condizionale48, delle previsioni ex ante per diversi scenari della dinamica dello spread su dollaro. Si precisa che in tutte le simulazioni ci sofferma unicamente sulle variabili di interesse ai fini della presente ricerca, ossia i due spread, e non
sulla capacità previsionale dei modelli nel loro complesso. Va da sé che con il VECM condizionale si sono prodotte unicamente previsioni per lo spread europeo, essendo l’omologo americano
trattato come una variabile esogena.
5.5.1 Previsioni one-step-ahead
Si sono svolte delle previsioni one-step ahead sul periodo di stima (4/1/2006-1/4/2009), utilizzando dunque di periodo in periodo i valori effettivi delle variabili per effettuare la previsione e
simulando stocasticamente (1000 ripetizioni) modelli aventi parametri stimati sul summenzionato
periodo.
Si ottengono delle previsioni molto vicine ai valori effettivi delle serie, come testimoniato dal
coefficiente di Theil, sempre prossimo allo zero; inoltre, viste le covarianze percentuali rasentanti
l’unità, si può a ragion veduta concludere che gli errori di previsioni sono eminentemente non sistematici (Tabella 26).
47
Il fattore tasso di cambio è stato calcolato secondo la seguente formula:
1/T
 cambio a ter min e 
 1 .
FX  

 cambio spot 
48
Lo spread americano risulta anche esogeno in senso forte rispetto a quello europeo, permettendo l’utilizzo del modello a fini
previsionali; infatti, conducendo dei test di Granger-causalità tra le serie dei due spread in differenze prime – con cinque ritardi
nella regressione ausiliaria –, l’ipotesi nulla che il differenziale americano non sia anticipato dall’omologo europeo non è mai
rifiutata al 5% di significatività. In particolare, sui periodi 4/1/2006-1/8/2007, 8/8/2007-1/4/2009 e 4/1/2006-1/4/2009 il p-value è
rispettivamente pari a 0,17150, 0,43713 e 0,09305. I test svolti per la relazione di Granger-causalità inversa, invece, conducono
sempre al rifiuto dell’ipotesi nulla, salvo nel primo dei periodi, con p-values pari a 0,34883, 0,03443 e 0,09305. Esiti del tutto
simili sono stati raggiunti con le serie in livelli.
63
ANALISI EMPIRICA
Partendo dalle previsioni dello spread europeo, si nota come la miglior previsione secondo tutti gli indicatori sia quella prodotta per mezzo del VEC condizionale; a sua volta il VEC non condizionale dà luogo a previsioni più accurate rispetto al VAR in differenze prime.
Anche nel caso dello spread americano è il modello VEC a contraddistinguersi per una migliore capacità previsionale. Ad ogni modo, il coefficiente di Theil segnala che tutte le previsioni sullo spread europeo sono superiori a quelle sullo spread americano, a riprova della scarsa rilevanza
del termine EC per quest’ultimo all’interno del modello VEC.
Le Figure 21a, 21b e 21c non fanno che confermare l’affidabilità di tutti i modelli per quanto
riguarda le previsioni statiche.
Tabella 26. Confronto delle previsioni statiche dei modelli VAR, VEC e VEC condizionale.
Errore asErrore %
Coefficiente
Distorsione
Modello
RMSE49
soluto meassoluto
di Theil
(%)
dio
medio
VAR
0.046489
0.029396
13.34527
0.035511
6.04E-15
VEC
0.038308
0.024982
11.91504
0.029283
0.000131
Spread EU
Cond.
0.034756
0.022679
10.40615
0.026582
3.25E-05
VEC
VAR
0.087722
0.052705
17.0607
0.053092
3.19E-14
Spread US
VEC
0.08421
0.05342
17.86964
0.050962
0.000259
Varianza
(%)
Covarianza
(%)
0.000201
4.63E-05
0.999799
0.999822
0.001752
0.998216
0.00013
0.000801
0.99987
0.99894
49
Si ricordano le espressioni delle misure della bontà previsionale di un modello (si veda, ad esempio, Pindyck e Rubinfeld, 1998).
La radice quadrata dell’errore quadratico medio di previsione (RMSE, root mean square error), l’errore assoluto medio (EAM) e
l’errore assoluto medio percentuale (EAM%) sono tutte misure della deviazione dei valori simulati ( Y S ) dai valori effettivi della
serie ( Y A ), con la sola differenza che l’ultima delle tre fornisce un valore che consente di apprezzare la grandezza dell’errore di
previsione rispetto ai valori osservati.
T
 Y
RMSE 
t
S
 Yt A
T

2
EAM 
T
T

Yt S  Yt A
T
EAM % 
t 1
t 1
 Y
S
 Yt A Yt A
t
T
t 1
Il coefficiente di Theil assume sempre valori compresi tra zero (previsione perfetta) e uno (previsione pessima); esso può essere
scomposto in: i) distorsione%, che misura l’errore sistematico in termini di differenza tra medie campionarie ; ii) varianza%, che
misura la capacità delle previsioni di riprodurre la variabilità della serie effettiva (un valore alto segnala che la serie effettiva è
caratterizzata da una variabilità molto più elevata rispetto alla serie effettiva e viceversa); iii) covarianza%, che misura l’errore non
sistematico, e che dunque tende ad assumere valori alti in presenza di previsioni accurate.


THEIL  


T
 Y
t
t 1
S
 Yt A

2


T



VAR%   S   A 2 







T

Yt S
T 
t 1
T
 Y
t
t 1
T
2
S
 Yt A

t 1

2

T


Yt A
2


T



DIST %  Y S  Y A

COV %  21    S A  



T
   Y
2
t

t
t 1
S
 Yt A
t 1
T
 Y
S
 Yt A

2

T



2

T


64
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 21a. Previsioni statiche dello spread europeo fornite dal modello VAR (a sinistra) e dal modello VEC (a destra).
Figura 21a. Previsioni statiche dello spread europeo fornite dal modello VAR (a sinistra) e dal modello VEC (a destra).
Figura 21a. Previsioni statiche dello spread europeo fornite dal modello VEC condizionale.
5.5.2 Simulazione storica dei modelli
I modelli, una volta inizializzati con le prime tre osservazioni del campione, sono stati simulati
in modo dinamico sul periodo 1/2/2006-1/4/2009, adottando una soluzione stocastica; la distribuzione simulata delle variabili endogene, necessaria ai fini del calcolo degli intervalli di confidenza, è stata ottenuta secondo il metodo Monte-Carlo con 1000 ripetizioni.
ANALISI EMPIRICA
65
In questo contesto si è ritenuto sensato fondare l’analisi anche sulle previsioni delle serie in
differenze prime, oltre che in livelli, a causa della persistenza dei due spread sul campione a disposizione, la quale determina un’enorme varianza delle previsioni delle serie in livelli; va peraltro segnalato che, nell’ambito del modello VEC, anche se le previsioni delle singole serie in livelli
divergono all’infinito, la relazione di cointegrazione continua ad essere rispettata (Engle e Yoo,
1991).
Osservando la Figure 22a e 22b, si constata l’elevata imprecisione dei modelli VAR e VEC
nel riprodurre la dinamica delle differenze prime di entrambi gli spread, con le previsioni che tendono dopo pochi periodi ad un valore costante; solo nell’ottobre 2008, grazie alla presenza della
dummy OTT08, i modelli prevedono una forte diminuzione degli spread, rivelandosi però incapaci
di incorporare il formidabile rialzo osservato poche settimane prima. Inoltre, nei modelli in cui è
presente la dummy TSLF_PDCF – VAR per il mercato americano e VEC – è possibile una correzione delle previsioni a partire dal marzo 2008 . Trattandosi di previsioni di variabili stazionarie,
la varianza delle previsioni converge dopo pochi periodi ad un valore costante, dando luogo ad intervalli di confidenza (al 95% di significatività) pari all’incirca al range delle variazioni degli
spread osservate sul campione; le serie effettive si mantengono sempre all’interno di tali intervalli,
fatta eccezione per le osservazioni di agosto 2007 e settembre 2008.
Per quanto riguarda le serie in livelli (Figure 23a e 23b), se nella prima fase delle crisi si riscontra l’incapacità dei modelli di cogliere il repentino aumento degli spread, dall’inizio del 2008
si osserva un’esplosione degli spread simulati, seguita da una brusca caduta dei differenziali LIBOR-OIS simulati, che giungono addirittura a valori negativi per via dell’azione delle intervention dummies inserite, il tutto accompagnato da una crescita lineare delle varianze degli errori di
previsione.
Il modello VEC condizionale, sia per le previsioni in differenze prime sia per quelle in livelli,
si dimostra nettamente superiore, grazie all’inserimento dello spread americano come variabile
esogena. Questo è vero in particolare nel periodo successivo all’agosto 2007; infatti, come si può
apprezzare nella Figura 22c, la capacità previsiva nel periodo pre-crisi è piuttosto limitata, mentre
nella seconda fase le previsioni riproducono piuttosto fedelmente l’andamento delle differenze
dello spread europeo. Questo risultato può essere interpretato come un ulteriore elemento a sostegno della visione del fenomeno di Abbassi e Schnabel (2009), vale a dire delle presenza di un effetto di contagio tra mercati interbancari durante la crisi.
Nella Tabella 27 si ha conferma di quanto finora rilevato analizzando il grafico delle simulazioni in livelli50. Lo spread europeo è simulato con un livello di accuratezza soddisfacente dal
VEC condizionale, il quale presenta un coefficiente di Theil prossimo allo zero, in cui però le
componenti legate alla varianza ed alla distorsione – negativa nella fattispecie –, svolgono un ruolo non secondario. Sempre riguardo allo spread europeo, il VEC pare essere più accurato del
50
Si segnala che l’esame dei medesimi indicatori per le previsioni delle differenze prime può dar luogo ad un ordinamento inverso
dei modelli (Banerjee et al., 1993).
66
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
VAR, il cui errore è in misura maggiore legato alla componente non sistematica (81% di proporzione della covarianza contro il 49% del VAR). Passando allo spread americano, i valori simulati
dal VAR esibiscono un andamento più stabile rispetto al VEC, e ciò è confermato da tutte le misure in Tabella 27.
Tabella 27. Confronto delle simulazioni storiche per le serie in livelli dei modelli VAR, VEC e VEC condizionale.
Errore asErrore %
Coefficiente
Distorsione
Varianza
Modello
RMSE
soluto meassoluto
di Theil
(%)
(%)
dio
medio
VAR
0.73326
0.630735
444.101
0.407251
0.454614
0.053903
Spread
VEC
0.662712
0.427252
78.83286
0.468551
0.059049
0.123054
EU
Cond.
0.120044
0.077489
24.57463
0.096615
0.18000
0.127012
VEC
VAR
0.65375
0.435467
161.6325
0.364944
0.01682
0.029163
Spread
US
VEC
0.87034
0.552276
91.24943
0.467164
0.03993
0.161031
Covarianza
(%)
0.491483
0.817898
0.693049
0.954017
0.799039
Figura 22a. Simulazioni storiche dello spread europeo in differenze fornite dal modello VAR.(a sinistra) e dal modello VEC (a
destra).
Figura 22b. Simulazioni storiche dello spread americano in differenze fornite dal modello VAR.(a sinistra) e dal modello VEC (a
destra).
ANALISI EMPIRICA
67
Figura 22c. Simulazione storica dello spread europeo in differenze secondo il modello VEC condizionale sui periodi “pre-crisi” e
“crisi”(in alto) e sull’intero campione (in basso).
Figura 23a. Simulazioni storiche dello spread europeo in livelli fornite dal modello VAR.(a sinistra) e dal modello VEC (a destra).
Figura 23b. Simulazioni storiche dello spread americano in livelli fornite dal modello VAR.(a sinistra) e dal modello VEC (a destra).
68
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 23c. Simulazione storica dello spread europeo in livelli secondo il modello VEC condizionale.
5.5.3 Previsioni ex post
Le previsioni ex post sono state ottenute a partire dai modelli ristimati sul campione 4/1/200619/11/2008 e poi simulati dinamicamente secondo l’approccio Monte-Carlo con 5000 ripetizioni
sul periodo 26/11/2008-1/4/2009. In questo modo si sono calcolate le previsioni sugli ultimi venti
periodi in cui si dispone dei dati. Quest’ultima condizione è necessaria nel caso del VEC condizionale, in cui le previsioni per lo spread americano, essendo esogeno, non sono generate internamente dal modello, e dunque devono essere sostituite o dai valori effettivi della serie o per
mezzo di un’analisi di scenario (Pindick e Rubinfeld, 1998), la quale viene sviluppata di seguito.
Le Figure 24a e 24b mostrano come per le differenze prime la capacità previsiva dei modelli
VAR e VEC svanisca rispettivamente dopo cinque e dieci periodi, con un ritorno alla media non
condizionale osservata sul campione di stima, e le serie effettive che si collocano sovente al di
fuori dell’intervallo di confidenza al 95%.
Dalle Figure 25a e 25b si vede che le previsioni in livelli esibiscono un andamento esplosivo,
conseguenza del fatto che le serie effettive sul campione a disposizione sono caratterizzate da livelli di persistenza tipici di processi non stazionari. Nel caso dello spread su euro le previsioni del
VAR sembrano seguire un trend sin dal primo periodo, con degli intervalli di confidenza via via
più elevati; il VEC, invece, prima di seguire a sua volta un trend, nei primi tre periodi genera delle
previsioni coerenti con i valori osservati.
Nelle Figure 24c e 25c, al contrario, si rileva come il VEC condizionale, grazie alle informazioni contenute nello spread americano, dia luogo a dei valori simulati che, seppur caratterizzati
da distorsione negativa – ben il 39% del suo errore di previsione è dovuto ad essa (Tabella 28) –,
riproduce correttamente la dinamica effettiva dello spread europeo sull’intero periodo di previsione, mantenendo la varianza dell’errore di previsione costante. Le conclusioni tratte dai grafici sono supportate dalle misure in Tabella 20, dove si vede che e il RMSE e il coefficiente di Theil sono minimizzati dal VEC condizionale, ed in ogni caso inferiori nel VEC rispetto al VAR;
negl’ultimi due, comunque, a differenza del VEC condizionale, l’errore di previsione è da impu-
69
ANALISI EMPIRICA
tarsi per la maggior parte alla distorsione ed in misura sensibilmente minore alla componente non
sistematica.
Tabella 28. Confronto delle previsioni ex post in livelli dei modelli VAR, VEC e VEC condizionale.
Errore asErrore %
Coefficiente
Distorsione
Modello
RMSE
soluto meassoluto
di Theil
(%)
dio
medio
VAR
1.434678
1.260501
130.9154
0.404426
0.771929
VEC
1.310213
1.147638
119.4476
0.38292
0.759734
Spread EU
Cond.
0.112062
0.095097
8.945408
0.050698
0.394000
VEC
VAR
1.826122
1.561915
153.0175
0.449213
0.716066
Spread US
VEC
1.695755
1.489164
145.5607
0.428051
0.76057
Varianza
(%)
Covarianza
(%)
0.020197
0.013639
0.207874
0.226627
0.063448
0.542624
0.049088
0.018832
0.234846
0.220598
Figura 24a. Previsioni ex post dello spread europeo in differenze prime fornite dal modello VAR (a sinistra) e dal modello VEC (a
destra).
Figura 24b. Previsioni ex post dello spread americano in differenze prime fornite dal modello VAR (a sinistra) e dal modello VEC
(a destra).
70
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 24c. Previsioni ex post dello spread americano in differenze prime fornite dal modello VEC condizionale.
Figura 25a. Previsioni ex post dello spread europeo in livelli fornite dal modello VAR (a sinistra) e dal modello VEC (a destra).
Figura 25b. Previsioni ex post dello spread americano in livelli fornite dal modello VAR (a sinistra) e dal modello VEC (a destra).
ANALISI EMPIRICA
71
Figura 25c. Previsioni ex post dello spread americano in livelli fornite dal modello VEC condizionale.
5.5.4 Previsioni ex ante
Per il solo modello VEC condizionale si sono calcolate le previsioni ex ante dello spread europeo su quindici periodi, dall’8/4/2009 al 22/7/2009. Trattandosi di una variabile esogena, le previsioni dello spread americano non sono generate internamente dal modello; inoltre non è possibile
utilizzare il modello marginale illustrato in precedenza, dal momento che è dipendente dalle stesse
variabili che si intende prevedere. Al fine di ottenere dei risultati interpretabili, si è perciò optato
per un’analisi di scenario.
Il primo caso considerato è quello di spread americano costante e pari all’ultimo valore osservato (98 punti base); si nota come questa ipotesi dia luogo ad un andamento inizialmente crescente e poi pressoché costante delle previsioni sullo spread europeo (Figura 26). Il secondo caso è
quello di un ritorno del differenziale americano ad un valore di 35 punti base51 al termine del periodo di previsione, il valore minimo dall’inizio della crisi, registrato nel gennaio 2008; tale scenario produce una diminuzione dello spread europeo che è coerente con i valori assunti da esso nel
gennaio 2008, ed anche con la dinamica effettivamente seguita dai due spread nei mesi successivi
al termine del campione analizzato. Infine, si è considerata una crescita dello spread americano fino a 352 punti base52, l’osservazione più elevata, avvenuta il 15 ottobre 2008; tale scenario dà
luogo ad un formidabile aumento dello spread europeo, decisamente superiore a quello effettivamente registrato nell’ottobre 2008.
51
52
Ciò equivale ad un tasso di crescita dello spread del -6,23% su ogni singolo periodo nell’intervallo di previsione.
Ciò equivale ad un tasso di crescita dello spread dell’8,32% su ogni singolo periodo nell’intervallo di previsione.
72
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
Figura 26. Previsioni in livelli ex ante dello spread europeo in tre diversi scenari per lo spread americano.
5.6 Un modello a tre regimi
Estendendo il modello proposto da Pellizzon et al. (2009), è stata adottata infine una specificazione econometrica che tenesse conto sia degli eventuali cambiamenti di regime dello spread
lungo il campione analizzato sia dei comportamenti di accumulazione di liquidità da parte delle
banche. Si è tentato così di verificare la validità del modello teorico a tre regimi per il mercato interbancario di Heider et al. (2009), in modo da vagliare indirettamente il ruolo delle variazioni del
livello e della distribuzione del rischio di controparte. Il modello è stato stimato unicamente per lo
spread europeo, in cui il ricorso allo strumento del deposito marginale messo a disposizione
dall’Eurosistema costituisce un valido segnale dei comportamenti di accumulazione di liquidità da
parte delle banche; infatti, in condizioni normali per esse è più conveniente prestare la liquidità in
eccesso sul mercato interbancario, dunque un forte aumento dei fondi destinati a tale strumento
potrebbe essere dovuto alla transizione del mercato al terzo regime sopra descritto. Si precisa che
il modello presentato ha fini eminentemente descrittivi e non previsionali.
Per gli Stati Uniti potrebbe essere possibile condurre la medesima analisi sostituendo il ricorso
al deposito marginale, strumento inesistente nel Federal Reserve System, con le riserve in eccesso
presso la Fed. Tuttavia solo nell’ottobre 2008 si è avuta l’introduzione della remunerazione di tali
73
ANALISI EMPIRICA
riserve negli Stati Uniti, il che fa sì che si tratti di una variabile soggetta ad un evidente break
strutturale; di conseguenza i risultati che si otterrebbero per lo spread americano non potrebbero
essere considerati attendibili.
Tornando allo spread europeo, la procedura econometrica seguita è quella a due stadi di EngleGranger con l’inclusione di tre dummies – ognuna corrispondente ad un regime –, in modo da incorporare le variazioni sia dell’intercetta sia dei coefficienti assegnati a ciascun regressore. Il
campione è stato suddiviso in quattro periodi: 4/1/2006-1/8/2007, 8/8/2007-10/9/2008, 17/9/20083/12/2008, e 3/12/2008-1/4/2009.
Visto il progressivo allentamento delle tensioni sui mercati osservato da dicembre 2008 – con
un ritorno dello spread su valori analoghi a quelli pre-Lehman, accompagnato da una progressiva
riduzione del ricorso al deposito marginale53 –, poi proseguito anche nei mesi successivi al campione considerato, si è ipotizzata una transizione al secondo regime nel quarto periodo segnalato,
il che equivale ad una ripresa almeno parziale degli scambi.
In Tabella 29 sono riportate le regressioni di lungo periodo secondo il modello (18), in cui D1,
D2, D3 e DEP rappresentano rispettivamente le tre dummies per i regimi descritti ed il ricorso al
deposito marginale. Per tali regressioni si sono usati gli stimatori OLS, i quali, in presenza di
cointegrazione, godono della proprietà di superconsistenza, scongiurando così il pericolo di imbattersi in relazioni spurie.
3
EU t 

i 1
3
 0i D i 

i 1
3
1i D i  CP  
t

i 1
3
 2 i D i  VIX t  

3i
D i  DEPt   vt
(18)
i 1
Nessuno dei regressori relativi al primo regime è significativo, mentre tra quelli del secondo
regime solo il tasso CDS, l’outstanding volume di commercial paper ed il ricorso al deposito marginale lo sono, con il primo caratterizzato da coefficiente negativo – dunque ancora una volta piuttosto ambiguo –, e gli ultimi due che si connotano per dei coefficienti sensati anche economicamente, essendo rispettivamente negativo e positivo; infine nel terzo regime tutti i regressori tranne
l’indice CDS sono significativi sia statisticamente sia economicamente. Si precisa che nel passaggio da modello generale a modello specifico non sono state rimosse le dummies, sebbene non significative, perché in tal modo si sarebbe stimato un modello senza intercetta, il che può compromettere la validità dei risultati. In generale, emerge ancora una volta la forte rilevanza del fattore
liquidità così come misurato da commercial paper e VIX, affiancata in quest’occasione dalla significatività del ricorso al deposito marginale, che può essere letta come una conferma
dell’importanza delle variazioni nel livello e nella distribuzione del rischio di controparte, ed in
ultima analisi dell’esistenza di asimmetrie informative tra banche. Al solito, il coefficiente negati-
53
Il ricorso al deposito marginale ha poi proseguito la sua discesa fino a giugno, quando, a seguito del forte surplus di liquidità
ingenerato dallo svolgimento della prima operazione di rifinanziamento a lungo termine a un anno , esso ha toccato analoghi a
quelli di fine 2008 (European Central Bank ,2009c).
74
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
vo dell’indice CDS potrebbe trovare spiegazione nella natura non vincolante dei tassi LIBOR
quotati.
Inoltre, svolgendo il test ADF di radice unitaria sui residui del modello specifico (Tabella 29),
si ottiene una statistica test pari a -5.440949, che va confrontata con il valore critico calcolato da
MacKinnon (1991) pari a -4,7048, il che consente di rifiutare l’ipotesi nulla di non stazionarietà al
5% di significatività e di concludere che vi è presenza di cointegrazione.
Tabella 29. Regressioni di lungo periodo.
Modello generale
EU
Coefficiente
t-Statistic
0.085911
0.594871
2.602871
7.448793
2.110296
2.599715
-0.00046
-0.12689
-0.00184
-3.52782
0.003166
1.205205
0.000421
0.082643
0.00099
0.384395
0.012867
2.983566
-1.71E-08
-0.21245
-1.12E-06
-5.78777
-1.55E-06
-2.42313
2.69E-06
0.101188
1.63E-06
5.975677
2.18E-06
3.188882
0.962375
-1.60452
Var. dipendente
D1
D2
D3
CDS*D1
CDS*D2
CDS*D3
VIX*D1
VIX*D2
VIX*D3
CP*D1
CP*D2
CP*D3
DEP*D1
DEP*D2
DEP*D3
2
R aggiustato
Schwarz SC
Prob.
0.5528
0
0.0102
0.8992
0.0006
0.23
0.9342
0.7012
0.0033
0.832
0
0.0165
0.9195
0
0.0017
Coefficiente
0.057431
2.607527
1.906536
Modello specifico
EU
t-Statistic
5.856374
7.569448
2.434435
-0.00174
0.014309
-1.11E-06
-1.07E-06
1.70E-06
1.67E-06
0.96339
-1.77517
-3.88877
3.50094
-5.85612
-2.16388
9.057186
3.155124
Prob.
0
0
0.016
0.0001
0.0006
0
0.0319
0
0.0019
Data la stazionarietà dei residui, si è proceduto allo svolgimento della regressione di breve periodo qui riportata, in cui i residui della regressione di lungo periodo vanno a costituire il termine
EC del modello.
3
EU t 

i 1
3
0i D i

3
 D i  CP  
1i
i 1
t
i 1
3
2i
3
3
D i  VIXt   3i D i  DEPt    4i D i  EUt 1   5i 
D i  vt    t (19)


i 1
i 1
i 1
EC
In questo caso, per semplicità, si è ipotizzato che tutti i regressori siano esogeni in senso debole, dunque sono stati inseriti anche le corrispondenti differenze prime contemporanee. In Tabella
30 si nota che i termini EC relativi al secondo e terzo regime sono statisticamente significativi con
coefficiente negativo, a confermare la presenza di un meccanismo di correzione dell’errore durante il periodo di crisi. L’interpretazione dei coefficienti relativi a commercial paper e deposito
marginale si rivela piuttosto controversa, assumendo essi valori negativi o positivi a seconda del
regime e dell’ordine di ritardo considerati. La dummy TAF si conferma non significativa, mentre
la dummy OTT08 è significativa ma con coefficiente positivo. Il coefficiente di determinazione
aggiustato, pari all’80,89%, testimonia la buona capacità esplicativa del modello (Figura 27).
75
ANALISI EMPIRICA
Nel complesso sembra confermata l’intuizione della presenza di un blocco pressoché totale del
mercato interbancario da settembre a novembre 2008, confermata dalla significatività del ricorso
al deposito marginale in quel lasso di tempo, seguito da un graduale ritorno alla normalità nel periodo successivo, qui modellizzato tramite una transizione al secondo regime descritto da Heider
et al. (2009) a partire da dicembre.
Tabella 30. Regressioni di breve periodo.
Modello generale
EU t
Var. dipendente
D1
D2
D3
EU t 1 *D1
Modello specifico
EU t
Coefficiente
0.000628
0.01107
0.02149
t-Statistic
0.144816
1.250485
0.802267
Prob.
0.8851
0.2135
0.4239
Coefficiente
0.000178
-0.000566
-0.01189
t-Statistic
0.049069
-0.13298
-0.86783
Prob.
0.9609
0.8944
0.3869
0.561174
0.621182
0.5356
-
-
-
EU t  2 *D1
0.663827
0.859621
0.3916
-
-
-
EU t  3 *D1
0.363023
0.530865
0.5965
-
-
-
EU t 1 *D2
0.614251
7.471027
0.0000
0.565324
8.848166
0.0000
EU t  2 *D2
-0.112
-1.26387
0.2086
-
-
-
EU t  3 *D2
0.186976
2.519121
0.013
1.71E-01
2.869918
0.0047
2.65E+00
6.450332
0.0000
EU t 1 *D3
2.604097
4.914282
0.0000
EU t  2 *D3
0.174069
0.574571
0.5666
EU t  3 *D3
-1.64016
-3.48119
0.0007
-1.53E+00
-4.38638
0.0000
CDSt *D1
-0.00028
-0.14261
0.8868
-
-
-
CDSt 1 *D1
0.001122
0.572638
0.5679
-
-
-
CDSt *D2
-0.00032
-0.88091
0.3801
-
-
-
CDSt 1 *D2
0.000188
0.56497
0.5731
-
-
-
CDSt *D3
-0.00101
-0.7519
0.4535
-
-
-
CDSt 1 *D3
-0.00165
-1.28648
0.2007
-
-
-
CPt *D1
-9.41E-08
-0.33076
0.7414
-
-
-
CPt 1 *D1
1.38E-08
0.049168
0.9609
-
-
-
CPt *D2
-6.70E-07
-3.1676
0.0019
-7.98E-07
-4.4725
0.0000
CPt 1 *D2
5.36E-07
2.45203
0.0156
4.81E-07
2.469533
0.0147
CPt *D3
3.10E-06
3.228458
0.0016
3.15E-06
3.805448
0.0002
CPt 1 *D3
5.99E-06
3.085235
0.0025
5.99E-06
4.772605
0.0000
VIX t *D1
4.85E-05
0.016925
0.9865
-
-
-
VIX t 1 *D1
-0.00031
-0.1069
0.915
-
-
-
VIX t *D2
0.000893
0.506582
0.6133
-
-
-
VIX t 1 *D2
0.000199
0.112232
0.9108
-
-
-
VIX t *D3
0.052104
3.897641
0.0002
5.59E-02
6.075762
0.0000
VIX t 1 *D3
0.006014
0.96013
0.3388
-
-
-
DEPt *D1
5.33E-06
0.64999
0.5169
-
-
-
DEPt 1 *D1
5.10E-06
0.62089
0.5358
-
-
-
DEPt *D2
9.57E-07
3.538625
0.0006
1.07E-06
4.445594
0.0000
DEPt 1 *D2
-1.87E-07
-0.69799
0.4865
-7.08E-07
-1.66344
0.0983
DEPt *D3
-1.49E-06
-2.47156
0.0148
-
-
-
DEPt 1 *D3
-6.66E-06
-0.94025
-0.17576
-4.37349
-3.53678
-1.13958
-4.28004
-4.5089
0.0006
0.2566
0
0
-6.58E-06
-0.191487
-4.386289
-4.98507
-5.70994
-6.12391
0.0000
0.0000
0.0000
EC1(-1)
EC2(-1)
EC3(-1)
76
TAF
OTT08
R2 aggiustato
Schwarz SC
DW
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
-0.01372
0.84388
0.78057
-3.00544
1.7609
-1.36027
2.288803
0.1762
0.0238
0.980074
0.791657
-3.596674
1.7789
3.539865
0.0005
Figura 27. Grafico dei residui e dei valori spiegati ed effettivi dello spread europeo secondo il modello specifico di lungo (a sinistra) e di breve periodo (a destra).
Infine, si è verificata l’attendibilità di questo modello inserendo due diverse grandezze in grado di cogliere il fenomeno del liquidity hoarding; si tratta del ricorso al deposito marginale al netto dell’impiego del finanziamento marginale, e della somma di ricorso al deposito marginale e operazioni di fine tuning volte all’assorbimento della liquidità condotte dalla BCE. Sebbene esse
possano sembrare delle misure più accurate, presentano dei difetti, per via dei quali si è optato per
l’impiego del solo ricorso al deposito marginale nel modello sopra illustrato. Infatti, nel caso del
ricorso netto alle standing facilities si è ritenuto che non si trattasse di una misura pura
dell’accumulazione di cassa, poiché le banche sono solite ricorrere al marginal lending anche in
condizioni di normalità del mercato, seppur in misura minore, a differenza di quanto avviene nel
Federal Reserve System, in cui l’utilizzo della discount window comporta un notevole rischio di
reputazione, come evidenziano Cassola et al. (2008). Nel secondo caso il problema è legato unicamente alla significatività dei dati pubblicati dalla BCE, la quale diffonde le statistiche relative
alle operazioni di fine tuning il venerdì e con un ritardo di una settimana; di conseguenza vi è un
problema di omogeneità temporale con l’altra serie settimanale – e non convertita –, ossia
l’outstanding volume di commercial paper, il quale è pubblicato dalla Federal Reserve ogni mercoledì; per porre rimedio a questo inconveniente, la serie delle operazioni di fine tuning è stata anticipata di un periodo.
In entrambi i casi i risultati sono analoghi a quelli forniti dal modello base; per brevità si riportano unicamente gli output delle regressioni specifiche di breve periodo di queste specificazioni
alternative (Tabella 31).
77
ANALISI EMPIRICA
Tabella 31. Regressioni di breve periodo (modello specifico) per le specificazioni alternative.
Modello con ricorso netto a standing facilities
Modello con operazioni di fine tuning
Variable
Coefficient
Prob.
Variable
Coefficient
D1
0.000178
0.9605
D1
0.000178
D2
-0.00084
0.8430
D2
-0.00217
D3
0.00926
0.5232
D3
-0.01359
EU t 1 *D2

EU
*D2
t 1
0.569915
0.0000
0.550001
EU t  3 *D2
0.17525
Prob.
0.9635
0.6350
0.3578
0.0000
0.0035
EU t  3 *D2
0.192242
0.0030
EU t 1 *D3
2.8459
0.0000
EU t 1 *D3
3.488375
0.0000
EU t  3 *D3
-1.71685
0.0000
EU t  3 *D3
-2.06663
0.0000
CDSt *D3
-0.00237
0.0140
CPt *D2
-7.63E-07
0.0001
CPt *D2
-8.14E-07
0.0000
CPt 1 *D2
5.91E-07
0.0051
4.46E-06
0.0000
7.44E-06
0.0000
CPt 1 *D2
5.17E-07
0.0085
CPt *D3
CPt *D3
3.39E-06
0.0001
CPt 1 *D3
CPt 1 *D3
8.11E-06
0.0000
VIX t *D3
0.069137
0.0000
VIX t *D3
0.064944
0.0000
DEP _ LIQt *D3
-6.56E-07
0.2191
DEP _ NETt *D2
1.04E-06
0.0000
DEP _ LIQt 1 *D3
-9.19E-06
0.0000
DEP _ NETt *D3
-1.71E-06
0.0014
EC2_LIQ(-1)
-0.1646
0.0000
DEP _ NETt 1 *D3
-7.54E-06
-0.19322
-4.92457
1.256343
0.795908
-3.59328
0.0000
0.0000
0.0000
0.0001
EC3_LIQ(-1)
OTT08
-5.81194
1.247058
0.0000
0.0000
Adjusted R-squared
Schwarz criterion
0.760947
-3.48324
EC_NET2(-1)
EC_NET3(-1)
OTT08
Adjusted R-squared
Schwarz criterion
6. Conclusioni
A partire dall’agosto del 2007 si è osservato un allargamento del differenziale tra tassi LIBOR
a medio-breve termine e tassi su Overnight Indexed Swaps sul mercato interbancario sia europeo
sia americano; in seguito agli eventi del settembre 2008 tali spread si sono ulteriormente ampliati,
per poi ridursi già da dicembre. Nel presente lavoro si sono analizzate le cause alla base di questo
fenomeno, espressivo delle tensioni sul mercato dei depositi interbancari privi di garanzia, soffermandosi in particolare su rischio di liquidità, rischio di controparte ed effetti della politiche di
gestione della liquidità delle banche centrali, ed analizzando al tempo stesso le interazioni tra
mercato europeo e statunitense.
Nella prima parte della ricerca, preso atto della notevole persistenza delle variabili utilizzate, si
è condotta un’analisi separata dei due mercati per mezzo di modelli VAR specificati sulle differenze prime. Per entrambi i mercati, ciò che è emerso dallo studio delle funzioni di risposta di impulso e della scomposizione della varianza è stata la notevole rilevanza della liquidità, misurata da
outstanding volume di asset-backed commercial paper e financial commercial paper, e dall’indice
VIX, che si contrappone all’incertezza dei risultati relativi al rischio di controparte – espresso da
un indice CDS –, i quali, in particolare nell’analisi delle funzioni di risposta di impulso, variano a
seconda dell’ordinamento scelto e sono generalmente non statisticamente significativi. È confermata dunque l’intima connessione tra comparti del mercato monetario, vale a dire tra comparto
dei titoli a medio-breve termine – quali la commercial paper – e mercato dei depositi interbancari
78
LA CRISI FINANZIARIA E IL DIFFERENZIALE LIBOR-OIS
privi di garanzia su analoghe scadenze. Si sottolinea nondimeno che le stime potrebbero essere viziate dall’omissione di variabili difficilmente misurabili, eppure non marginali, quali le asimmetrie informative riguardo al rischio di controparte; queste ultime, infatti, sono un indice del rischio
di controparte percepito, un elemento determinante nelle transazioni tra banche nel corso della crisi. In più, le proxies della liquidità impiegate incorporano solo indirettamente il market liquidity
risk, laddove si incentrano sul cd. funding risk, il quale è intrinsecamente legato al rischio di controparte nelle fasi di tensione del mercato, conducendo così ad una potenziale sovrastima del ruolo
giocato dalla liquidità. Un’altra possibile origine dell’incerto risultato relativo al rischio di controparte è la non vincolatività delle quotazioni LIBOR per le reference banks, le quali ad aumenti dei
tassi CDS potrebbero reagire abbassando i tassi dichiarati per dissipare i dubbi riguardo alla loro
solvibilità. Questi risultati si sono rivelati robusti rispetto a diverse specificazioni dei modelli.
In secondo luogo, partendo dall’osservazione di un forte aumento della correlazione tra i due
spread, tramite un modello VEC si è visto come essi siano avvinti da una stretta relazione; in particolare, inserendo anche le altre variabili esplicative, si è notato come come tutte queste nel corso
della crisi abbiano teso a co-muoversi, dando luogo a degli errori stazionari. L’esito delle stime
rispetto al ruolo dei fattori di liquidità si è rivelata in linea con quanto emerso dai modelli VAR,
mentre le funzioni di risposta di impluso hanno delineato una chiara relazione positiva tra gli
spread e l’indice CDS. Sempre dall’analisi delle funzioni di risposta di impulso, si è trovata evidenza di effetti di contagio fra i due differenziali, ma con una maggiore sensibilità di entrambi ad
innovazioni dello spread americano. Questo risultato è stato poi corroborato dal test di azzeramento dei coefficienti di aggiustamento nell’ambito della procedura di Johansen, che hanno evidenziato l’esogeneità debole dello spread americano, il che conferma l’idea comune che le turbolenze
del mercato monetario siano provenute dagli Stati Uniti; è stato quindi possibile stimare un modello VEC condizionale rispetto al differenziale americano. Tornando al VEC non condizionale, i
risultati si sono rivelati robusti rispetto a diverse specificazioni delle misure della rischiosità generale del mercato e del rischio di controparte.
Sono stati poi condotti degli esercizi di previsione con i modelli delineati, dai quali è emersa
una tendenziale superiorità del VEC per la previsione del differenziale europeo, laddove per lo
spread americano le performance del VAR e del VEC si sono rivelate del tutto comparabili. Ad
ogni modo, entrambi sono stati superati dal modello VEC condizionale, il quale si è contraddistinto per la notevole accuratezza delle sue previsioni dello spread europeo; questo è avvenuto in particolare nel periodo successivo all’agosto del 2007, a conferma di come la relazione tra i due mercati si sia fatta più stretta durante la crisi.
Infine, ispirandosi al modello teorico per il mercato interbancario proposto da Heider et. al.
(2009), si è costruito un modello a tre regimi per lo spread europeo. Esso, per cogliere i comportamenti di accumulazione della liquidità messi in atto dalle banche, include tra le variabili esplicative il ricorso al deposito marginale dell’Eurosistema, particolarmente cospicuo nel periodo postLehman; inoltre, osservando il tendenziale restringimento degli spread a partire dal dicembre
CONCLUSIONI
79
2008, si è incorporato nel modello un progressivo ritorno alla normalità nell’ultima parte del campione. Seguendo la procedura a due stadi di Engle-Granger si è quindi appurata la presenza di una
relazione di cointegrazione, in cui tutte le variabili presentano coefficienti coerenti con
l’intuizione economica, dando luogo ad un modello caratterizzato da una soddisfacente capacità
esplicativa.
Per concludere, in tutti i summenzionati modelli si sono incluse delle dummies per valutare
l’efficacia di alcuni interventi delle banche centrali nell’ambito della gestione della liquidità, segnatamente: Term Auction Facility, Term Securities Lending Facility, Primary Dealer Credit Facility e, in un’unica variabile, le misure intraprese successivamente al tracollo di Lehman; solo
queste ultime sono risultate significative. Per verificare la robustezza di queste conclusioni si sono
messi a punto dei sistemi di variabili di comodo alternativi, che hanno dato luogo a risultati in parte diversi. In ogni caso queste indicazioni vanno esaminate con cautela, dal momento che in tutti i
casi si è controllato per il rischio di liquidità ed il rischio di credito.
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