Autore: Michela Pisu Titolo: Il segreto del Bosco di pietra Il
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Autore: Michela Pisu Titolo: Il segreto del Bosco di pietra Il
Autore: Michela Pisu Titolo: Il segreto del Bosco di pietra Il grammofono suonava ininterrottamente una musica graffiante. Di tanto in tanto la puntina saltava da una nota all’altra, ma nessuno sembrava accorgersene. I bambini, attorno al burattinaio, applaudivano le storie che le marionette raccontavano loro. O forse, l’unica cosa che gli attraeva veramente era la voce di quei pupazzi manovrabili: rauca e squillante al tempo stesso. Tutto sembrava irreale. E probabilmente lo era. Beltane restava immobile ad osservare quel paesaggio nuovo attraverso i finestrini dell’autobus. “Ultima fermata. Signorina siamo arrivati al primo capolinea, deve scendere”, l’autista non sembrava un tipo paziente. “Dove siamo?”, chiese la ragazza confusa. “Dove vorrebbe essere?” – domandò di rimando l’uomo – Perché non è detto che per me questo posto sia lo stesso che è per lei. Ad ogni modo ho un’altra corsa da fare e sono già in ritardo. Del resto il mio ruolo non è accompagnare le anime perse”. Virgilio o Caronte? Beltane non potè fare a meno di porsi questa domanda. In fondo però sapeva cosa stava cercando e dove il suo viaggio l’avrebbe condotta. Le carte della preveggenza glielo avevano già preannunciato qualche tempo fa. “Trova il tuo Arcano – avevano detto – , e ogni domanda avrà la riposta che cerca”. E così Beltane aveva intrapreso quello strano viaggio, sicura del suo passato, incerta del suo futuro. Ma quanti autobus avrebbe dovuto prendere prima di trovare la sua carta? Non poteva che percorrere il sentiero fino alla fine. Anche se quell’avventura non era semplice da comprendere. Si spostava troppo velocemente o troppo lentamente. Alcune volte le trame erano scure, altre volte invece immediate. Solo qualche notte prima Beltane si era ritrovata in un locale mezzo vuoto. Al suo fianco un amico, in realtà mai visto prima, che chiedeva il suo aiuto. “Sono un mostro – diceva – figlio di due diavoli. O mi uccidi o liberi la mia anima”. Per Beltane le due soluzioni si equivalevano, ma preferì non dirlo al ragazzo. L’ambiente era interamente rosso: poltrone rosse, tavoli rossi e persino la proprietaria era vestita di rosso. Beltane sentiva di essere dentro un sogno premonitore e lo disse all’amico. “Sta per accadere qualcosa, sono già stata qui. Forse in un’altra vita”. Ma l’amico si limitò a guardarla: sembrava in trance. “Cosa prendete?”, la signora in rosso aveva occhi solo per il giovane, e fu lui a ordinare per entrambi. “Abbiamo la gola secca: per me un bitter e per la mia amica un chinotto”. Due bevande amare… Quel viaggio onirico era terminato. Ma l’amico restò lì, con la Torre in mano. Ad aspettare Beltane, ancora una volta, c’era un autobus. Il grammofono si era incantato sempre sulla stessa nota, questa volta però un anziano signore si avvicinò allo strumento musicale. “E l’ora del valzer”, disse a voce abbastanza alta perché tutti i presenti potessero sentirlo. A quel punto dame e cavalieri si alzarono per formare le coppie da ballo. Gli unici a non mostrare interesse per il cambiamento di scenario erano i bambini, sempre intenti ad applaudire alle storie delle marionette. Tutto era irreale e statico. “Il tuo Arcano non si trova qui – una donna vestita di bianco e riparata dal sole con un ombrellino si avvicinò a Beltane – non è lontano, ma di certo non lo troverai nel Bosco di pietra dove l’unica cosa che si celebra da secoli è la festa del 31 del mese”. “Di quale mese?”, chiese Beltane curiosa. “Di tutti i mesi dell’anno – spiegò la donna – E se è 30 è comunque 31. Perché noi festeggiamo solo la fine della fine del mese. Prendi”. E dal polsino del vestito estrasse un foglio di carta spiegazzato. “E’ una mappa – spiegò – ti condurrà verso ciò che cerchi”. Detto questo prese sottobraccio un cavaliere in frac e si diresse verso la pista da ballo. A Beltane non restava che continuare il viaggio nella conoscenza. Un altro autobus l’attendeva. “Dove si è diretti?”, chiese. “Verso l’ultima salita”, rispose l’autista. L’arrampicata era irta e più volte i fili che sorreggevano la vettura si staccarono dai cavi elettrici, il conducente era così costretto a fermarsi in diverse occasioni per riagganciare le ‘bretelle’. Tutti i passeggeri viaggiano seduti, solo un signore aveva preferito tenersi ad un palo. Parlava all’autista come se lo conoscesse. Che però rispondeva come se, invece, fosse la prima volta che lo vedeva. Beltane pensò che la seconda illusione fosse la più reale: quello era un viaggio senza ritorno, che si poteva fare una volta sola nella vita. Meglio concentrarsi sulla strada, doveva stare attenta a non perdere la fermata giusta. Ogni chilometro era contrassegnato da un seme: si stavano percorrendo le spade, poi sarebbe stato il momento dei bastoni, dei denari e infine dei cuori. A dire il vero Beltane non era sicura che la sequenza da lei pensata fosse quella esatta, la mappa non era poi così chiara. Tuttavia, intuiva che il suo viaggio sarebbe terminato solo con la fine del mazzo di carte. Quando la strada segnava il 78 esimo chilometro, Beltane riconobbe la sua meta. Chiamò la fermata, scese dall’autobus e corse verso un prato disseminato di croci. Si sedette sicura su l’unica lapida senza numero. Il Matto la guardava sorridente. O era un ghigno il suo? Smarrimento e caos, questo il nostro più vero destino. Solo allora Beltane, placida, chiuse gli occhi.