La paralisi facciale è sempre “a frigore”?
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La paralisi facciale è sempre “a frigore”?
riabilitazione a cura di Rino Monetta - Fisioterapista Esperto in Riabilitazione dell’Ictus e Paralisi Facciale - www.riabilitazioneictus.it La paralisi facciale è sempre “a frigore”? È incerta anche la riabilitazione. Orazio è un ragazzo di 20 anni simpatico, intelligente, alla costante ricerca della sua identità. Quando, a settembre, gli venne la paralisi in faccia lavorava di notte in un bar. Cosicché in ospedale i medici non esitarono a definire la paresi “a frigore”, da freddo appunto, tanto che non gli prescrissero neanche il cortisone. Anche se è prassi consolidata somministrarlo in questi casi. In quello stesso periodo il ragazzo era in attesa di una visita medica giacché la sua passione è la carriera militare. Al fine di essere dichiarato idoneo, essendo in sovrappeso, aveva sostenuto una dieta rigorosa e probabilmente non era in condizioni fisiche ottimali. A questo va aggiunto la concomitanza di una delusione d’amore: la sua ragazza lo aveva tristemente lasciato. Il contesto dell’evento, quindi, ad un’analisi più attenta, faceva propendere per una causa virale in soggetto con difese immunitarie basse. Lo stesso specialista di fiducia, consultato alla dimissione ospedaliera, confermò questa ipotesi diagnostica spiegando che la definizione “a frigore” è in realtà aspecifica e si utilizza in mancanza di una causa certa. D’altronde anche clinicamente gli esiti motori erano importanti: metà fronte si presentava liscia, l’occhio rimaneva aperto a metà e lacrimava continuamente, il solco di fianco al naso inesistente, la ruga sotto l’occhio scomparsa, metà bocca deviata e ruotata dall’altra parte, la pelle sotto la mandibola e il collo visibilmente lassa. La faccia era globalmente atonica e senza alcuna espressività. Era come Orazio fosse diviso a metà e solo con una delle due parti mangiava, sorrideva, vedeva, masticava. Eppure Orazio era sempre lui, un unico Orazio, con i suoi sentimenti, le sue esigenze, il suo continuo bisogno di comunicare. Il decorso Il ragazzo cominciò a deprimersi: non sopportava più la sua faccia storta. Un senso di frustrante impotenza lo attanagliava. Insieme a lui, e in silenzio, soffrivano anche i genitori. I medici avevano informato la famiglia che il recupero non sarebbe avvenuto in tempi brevi ma il ragazzo non poteva immaginare che dopo 3 mesi di fisioterapia la situazione fosse praticamente uguale a quella di partenza. Nella paresi facciale oltre alla diagnosi spesso è incerta anche la riabilitazione, nel senso che anche il programma terapeutico è aspecifico. Mi spiego: la paresi facciale comporta l’assenza temporanea di contrazione muscolare per cui si prescrive “Kabat” che, per definizione, è una tecnica di rinforzo muscolare. Rinforzo sottolineo. Quindi, affinché essa possa essere utiliz- zabile, c’è bisogno di una forza di base che proprio per la paresi qui non c’è. Eppure ancora oggi molti fisioterapisti sono convinti dell’utilità di questa tecnica tanto da adottarla sin dalla fase acuta. Così come non di rado alcuni medici (anche specialisti) continuano a prescrivere l’Elettrostimolazione. Questa terapia non solo non è indicata ma è addirittura dannosa in quanto va a stimolare anche altri muscoli non interessati dalla paresi provocando spasmi spesso irreversibili. Lo sa bene Orazio che un bel giorno, confidando nel suo istinto, decise di non farsi più somministrare più le correnti perché ogni volta “la faccia si gonfiava come un pallone”. Allora abbiamo provato con i “Vincoli muscolo-cutanei”, la tecnica dei cerotti derivata dalla riabilitazione dell’ictus. Il vantaggio è di stimolare selettivamente e in modo intensivo i muscoli colpiti che così si rimuovono meglio e in minor tempo rispetto alle tecniche convenzionali. Infatti dopo 15 terapie Orazio ha avuto la sensazione della ripresa funzionale, dopo 30 terapie ha percepito chiaramente la contrazione muscolare e alla sessantesima ha recuperato la piena funzionalità. Non male per una paresi facciale i cui tempi di guarigione previsti erano di 67 mesi. alutare 31