Necessità e urgenza” del decreto-legge: alcune

Transcript

Necessità e urgenza” del decreto-legge: alcune
1
“NECESSITÀ E URGENZA” DEL DECRETO-LEGGE: ALCUNE PRECISAZIONI DELLA
CORTE DOPO LA “STORICA” SENTENZA N. 171/2007
GIUSEPPE MONACO
1. UNA PRIMA IMPORTANTE CONFERMA DOPO LA “SVOLTA” DEL 2007.
Il rapporto tra sindacato di costituzionalità e decreto-legge è un rapporto complesso, che
si fatica a ricostruire offrendone una lettura coerente. In passato la Corte si è dovuta
confrontare dapprima con le difficoltà di un controllo avente per oggetto un atto con forza di
legge la cui efficacia è limitata a sessanta giorni1 e successivamente, una volta aggirato
l’ostacolo della breve durata del decreto-legge,2 con la problematica della reiterazione del
decreto-legge. In tempi più recenti i nodi che la Corte è chiamata a risolvere attengono
principalmente alla verifica della sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza e alle
connesse questioni del rapporto tra decreto-legge e legge di conversione, ma anche
all’omogeneità del contenuto del d.l., soprattutto nel caso di emendamenti approvati in sede di
conversione. Quest’ultimo problema si è particolarmente accentuato nella presente legislatura,
per la prassi consolidatasi di inserire il testo di un d.l. ormai prossimo alla decadenza nel
disegno di legge di conversione di altro d.l., eventualmente anche del tutto estraneo al
contenuto del primo.3 Rimangono per ora sullo sfondo le questioni altrettanto delicate della
relazione tra decreto-legge non convertito e “sanatoria” degli effetti da questo prodotti.
In questa sede si intendono svolgere alcune brevi considerazioni in merito alla
giurisprudenza costituzionale che si è sviluppata successivamente alla sentenza “storica” del
2007.4
La Corte, come è noto, è arrivata dopo quarant’anni di attività a riconoscere la possibilità
teorica di verificare l’esistenza dei presupposti di necessità e urgenza. Ci sono voluti, poi, altri
1
Soltanto in via del tutto eccezionale la Corte è riuscita, in passato, a pronunciarsi in merito ad una
questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto un decreto-legge prima della scadenza dei sessanta
giorni. Così, ad esempio, con la sent. 19 giugno 1974, n. 184 relativa al d.l. 20 aprile 1974, n. 104. In dottrina
Mortati aveva sostenuto che la Corte potesse decidere prima della conversione in legge del decreto-legge, grazie
alla facoltà di riduzione alla metà dei termini dei procedimenti riconosciuta al Presidente della Corte dall’art. 9
della l. cost. 1/1953. Così C. MORTATI, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalità, Milano, 1964, 26.
2
Si vedano le argomentazioni svolte nella nota sent. 21 marzo 1996, n. 84, in Giur. Cost., 1996, pp. 769 ss.,
nella quale la Corte afferma chiaramente di giudicare su norme, pur pronunciandosi su disposizioni; la
disposizione, cioè, costituisce soltanto “il necessario veicolo di accesso della norma al giudizio della Corte”. In
tal modo si rendeva possibile “trasferire” la questione di costituzionalità dalla disposizione contenuta nel
decreto-legge decaduto alla disposizione che successivamente la riproduceva “nella sua identità precettiva
essenziale”.
3
Sull’argomento si veda soprattutto R. ZACCARIA – E. ALBANESI, Il decreto-legge tra teoria e prassi (22
giugno 2009), in www.forumcostituzionale.it., 10 ss., che evidenziano le anomalie legate a due fenomeni, quello
costituito dalle c.d. “catene” di decreti e quello dei c.d. decreti “a perdere”.
4
Si tratta della nota sent. 23 maggio 2007, n. 171, in Giur. cost., 2007, 1662 ss., con nota di F.
SORRENTINO, Ancora sui rapporti tra decreto-legge e legge di conversione: sino a che punto i vizi del primo
possono essere sanati dalla seconda?, ivi, 1676 ss. Tra i tanti commenti, cfr. anche R. ROMBOLI, Una sentenza
“storica”: la dichiarazione di incostituzionalità di un decreto-legge per evidente mancanza dei presupposti di
necessità e di urgenza, in Foro It., 2007, I, 1986 ss.; P. CARNEVALE, Il vizio di “evidente mancanza” dei
presupposti al debutto quale causa di declaratoria di incostituzionalità di un decreto-legge. Il caso della
sentenza n. 171 del 2007, in Giur. it., 2007, 2677 ss. e, se si vuole, G. MONACO, Decreto-legge, legge di
conversione e legge di sanatoria di fronte al sindacato della Corte costituzionale, in Dir. Pubbl., 2007, 581 ss.
2
dodici anni prima che mettesse in pratica quanto affermato nella nota sent. 29/19955. Ancora
oggi, però, le incertezze sono tante e la Corte continua a porre diversi paletti al proprio
sindacato sui presupposti di cui all’art. 77 Cost.
Il problema, peraltro, non si è posto con l’entrata in vigore della Costituzione. Ancora
sotto lo Statuto albertino, pur essendo riconosciuta in astratto la possibilità di un controllo
formale6 sulla legittimità di leggi e atti con forza di legge, la giurisprudenza si mostrava
piuttosto restia a intervenire rispetto a valutazioni sulla necessità e sull’urgenza di un decretolegge, perché ritenute riservate al potere politico.7 Questa posizione, che risale alla fine
dell’Ottocento, venne temporaneamente superata grazie alla nota pronuncia delle sezioni unite
della Cassazione del 16/11/1922, redatta da Mortara, nella quale si affermava l’obbligo di
disapplicazione in capo all’autorità giudiziaria del decreto-legge emanato dal governo in
assenza delle ragioni di urgenza e nel caso il governo non avesse chiesto la deliberazione del
Parlamento rispetto al decreto medesimo. È noto che, con l’avvento del regime fascista,
queste aperture vennero immediatamente abbandonate, Mortara fu posto a riposo e,
nonostante vi fosse autorevole dottrina contraria8, la Cassazione riprese il precedente
orientamento che escludeva una valutazione in sede giudiziaria sul potere dell’esecutivo di
emanare decreti d’urgenza, tanto più che pochi anni dopo intervenne il legislatore a dettare,
con l’art. 3 della l. 100/1926, un’espressa disciplina del decreto-legge.
Quest’orientamento è rimasto immutato anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione,
fino proprio alla pronuncia della Corte costituzionale del 1995 e alla successiva del 2007, la n.
171, che ha dichiarato per la prima volta l’illegittimità costituzionale di un decreto-legge per
evidente carenza dei presupposti di necessità e urgenza.
Con la sentenza n. 128/20089, relativa all’esproprio del teatro Petruzzelli di Bari, la Corte
ha poi fatto un ulteriore passo avanti10. Con la sent. n. 171/2007 la Corte aveva, innanzi tutto,
confermato che, per una pronuncia di incostituzionalità occorreva una “evidente” mancanza
dei presupposti di necessità e urgenza; una “semplice” mancanza di questi avrebbe, infatti,
comportato il rischio di un’indebita interferenza in valutazioni politiche spettanti al governo
in prima battuta e quindi al Parlamento in sede di conversione del decreto-legge11. Detta
premessa è stata richiamata e fatta propria nella successiva sent. n. 128/2008. Nella sent. n.
171/2007, però, l’illegittimità era stata dichiarata partendo dalla constatazione dell’assenza di
omogeneità delle disposizioni oggetto della questione di costituzionalità rispetto al resto del
5
Cfr. la sent. 27 gennaio 1995, n. 29, in Giur. cost., 1995, 278 ss, con commento di C. NASI, La Corte
costituzionale fra vizi della legge di conversione e vizi della legge di sanatoria ex art. 77 ultimo comma Cost.,
ivi, 3677 ss.
6
Cfr. V.E. ORLANDO, Principii di diritto costituzionale, Firenze, 1928, 270; si veda altresì, per un controllo
di tipo materiale, C. ESPOSITO, La validità delle leggi, Milano, 1964 (ristampa dell’ed. del 1934).
7
Sul tema si rinvia a M. BIGNAMI, Costituzione flessibile, Costituzione rigida e controllo di costituzionalità
in Italia (1848-1956), Milano, 1997, 50 ss.
8
Cfr. V.E. ORLANDO, Ancora dei decreti-legge per fatto personale, in Riv. dir. pubbl., 1925, 209 ss. e I.
BRUNELLI, I decreti-legge ed il potere giudiziario, ivi, 1925, 219 ss. Entrambi gli Autori, in realtà, non
contestano il fatto che necessità e urgenza siano criteri politici, in quanto tali sindacabili solo dal Parlamento, ma
ritengono che il giudice, per altro verso, non possa applicare un provvedimento governativo comunque
illegittimo, perché fondato sul fatto e non sul diritto, in contrasto con l’art. 6 dello Statuto, in virtù del quale
decreti e regolamenti necessari per l’esecuzione delle leggi non possono “sospenderne l’osservanza o
dispensarne”.
9
Cfr. sent. 30 aprile 2008, n. 128, in Giur. cost., 2008, 1486 ss.
10
Cfr. A. CELOTTO, Carlo Esposito, le “condiscendenti elaborazioni dei costituzionalisti” e il sindacato sui
presupposti del decreto-legge, ivi, 1502 ss.. Diversamente A. RUGGERI, “Evidente mancanza” dei presupposti
fattuali e disomogeneità dei decreti legge, in Foro It., I, 2008, 3048.
11
Si vedano le considerazioni di F. PIERANDREI, Corte costituzionale, in Enc. dir., X, Milano, 1962, 901902, il quale definiva la valutazione sulla sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza come avente
“carattere politico-discrezionale”, in quanto tale riservata alle Camere in sede di conversione, salvo che la
mancanza dei presupposti stessi risultasse “da elementi intrinseci ed oggettivi dei medesimi decreti”.
3
decreto-legge e ciò aveva indotto la Corte ad un esame più attento della motivazione sulla
necessità e urgenza, nel caso di specie ritenuta del tutto assente.12 La Corte aveva poi
concluso con una sorta di monito rivolto a governo e legislatore, invitandoli ad evitare il
ricorso a semplici clausole di stile o a motivazioni concernenti soltanto la ragionevolezza
della normativa introdotta.
Diversamente dalla pronuncia del 2007, con la sent. n. 128/2008 la Corte non si è limitata
a riconoscere l’assenza di motivazione, con riguardo alla necessità e urgenza della norma
“intrusa”13 oggetto della questione di costituzionalità.14 Nel dichiarare l’illegittimità
costituzionale della disposizione del d.l. come sostituita in sede di conversione, la Corte ha
infatti svolto una verifica sulla sussistenza in concreto dei requisiti di necessità e urgenza, alla
luce della finalità indicata dalla norma nella sua stessa premessa, arrivando a concludere per
l’assenza di ogni carattere di indispensabilità ed urgenza.15 Ha quindi misurato la necessità e
l’urgenza della specifica disposizione con riferimento alle ragioni che hanno giustificato
l’adozione del decreto-legge, in virtù di quanto esposto nel preambolo del d.l., nella relazione
di accompagnamento del disegno di legge di conversione e nei lavori preparatori di
quest’ultima.
La sentenza si segnala, peraltro, per un ulteriore aspetto non meno rilevante. La Corte,
infatti, è tornata ad affrontare la questione del rapporto tra decreto-legge e legge di
conversione. Già con la sent. n. 171/2007 la Corte, dopo avere ribadito il collegamento
sussistente tra la produzione delle fonti primarie e la forma di governo, aveva riconosciuto la
peculiarità della legge di conversione rispetto alle altre leggi ordinarie del Parlamento, tale da
12
Le argomentazioni della Corte erano state anticipate, ancora molti anni prima, da autorevole dottrina. Cfr.
F. SORRENTINO, Spunti sul controllo della Corte costituzionale sui decreti-legge e sulle leggi di conversione, in
AA.VV., Scritti in onore di Costantino Mortati. Aspetti e tendenze del diritto costituzionale, IV, Milano, 1977,
758 ss. L’Autore riconosceva alla Corte la possibilità di sindacare la legge di conversione anche sotto il profilo
della ricorrenza dei presupposti di necessità e urgenza. Al tempo stesso riteneva che tale sindacato dovesse
incontrare il limite dell’eccesso di potere legislativo e, dunque, la Corte avrebbe potuto dichiarare
l’incostituzionalità della legge di conversione nell’ipotesi in cui non fosse proprio stata compiuta la valutazione
su necessità e urgenza, o nel caso in cui quei presupposti si fossero rivelati manifestamente insussistenti , o
ancora nell’ipotesi in cui si verificasse un evidente contrasto tra la situazione di necessità e urgenza e il
contenuto dei provvedimenti adottati. Sul tema cfr. anche M. RAVERAIRA, Il problema del sindacato di
costituzionalità sui presupposti della “necessità ed urgenza” dei decreti-legge, in Giur. cost., 1982, 1433 ss. (e
in particolare 1441), che pure concordava sul trasferimento alla legge di conversione del vizio derivante
dall’assenza dei presupposti di necessità e urgenza del d.l.
13
Quanto al carattere “intruso”, nell’ord. 18 luglio 2008, n. 294, in Giur. cost., 2008, 3247 ss., la Corte, nel
richiamare la precedente sent. 171/2007, sembra individuare due motivazioni che avrebbero condotto alla
dichiarazione di incostituzionalità della norma del decreto-legge oggetto della questione a suo tempo esaminata.
L’illegittimità della disposizione sarebbe derivata dalla “sua evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata
dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita”, nonché dalla “evidente carenza del requisito della
straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere”. L’evidente estraneità appare, in tale
ricostruzione, come motivo autonomo di illegittimità, piuttosto che come sintomo dell’evidente mancanza dei
presupposti di necessità e urgenza. Cfr. S. BOCCALATTE, La Corte manipola se stessa: la disomogeneità
(evidente?) come motivo di illegittimità dei decreti-legge?, in Giur. cost., 2008, 3978 ss.
14
Nel senso che la Corte, nella sent. 128/2008, svolge una valutazione sull’assenza dei presupposti del
decreto-legge più penetrante rispetto alla sent. 171/2007, cfr. A. SPERTI, Il decreto-legge tra Corte costituzionale
e Presidente della Repubblica dopo la “seconda svolta”, relazione al Convegno annuale del Gruppo di Pisa,
Milano 10-11 giugno 2011, in questo volume.
15
Secondo la Corte, infatti, rispetto alla finalità “di garantire la celere ripresa delle attività culturali di
pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari, la riorganizzazione dell’attività di una fondazione lirica,
che intervenga anche sul regime della titolarità degli immobili adibiti a teatro, non presenta di per sé il carattere
della straordinaria necessità ed urgenza”. E poco più avanti la Corte aggiunge che “quando si è tentato di
giustificare in modo specifico la norma che dispone l’esproprio del teatro, si è dovuto riconoscere che la stessa è
stata introdotta per risolvere una annosa vicenda … così ammettendo non solo il difetto di collegamento con la
manovra di bilancio, ma anche l’assenza di ogni carattere di indispensabilità ed urgenza con riguardo alla finalità
pubblica dichiarata” (punto 8.2 del considerato in diritto).
4
giustificare il trasferimento del vizio formale del decreto-legge alla legge di conversione
stessa. Nel caso esaminato con la sent. n. 128/2008 vi è una qualche differenza. Il Parlamento,
infatti, in sede di conversione, aveva disposto l’abrogazione del decreto, ma al contempo
aveva inserito in allegato, con piccole modifiche, la norma del d.l. contestata, lasciando per di
più che gli effetti dell’esproprio – disposto dal d.l. impugnato – operassero dal momento
dell’entrata in vigore del decreto. Alla luce di queste considerazioni e tenendo conto, altresì,
che il nuovo testo della disposizione faceva comunque parte delle modificazioni apportate in
sede di conversione al decreto-legge, la Corte ha rigettato un’apposita eccezione, sollevata
dall’Avvocatura dello Stato, diretta ad evidenziare l’asserita sopravvenuta carenza di
interesse, che sarebbe derivata dall’avvenuta abrogazione del decreto-legge. In definitiva,
secondo la Corte, assume rilievo non solo la sostanziale riproduzione del testo della
disposizione del d.l. nella legge di conversione, ma proprio il fatto che il nuovo testo,
nonostante l’avvenuta abrogazione del d.l., sia comunque parte delle modificazioni apportate
in sede di conversione. Viene, quindi, confermato che la pronuncia di incostituzionalità non
riguarda soltanto la legge di conversione nella parte in cui fa salvi gli effetti già prodotti dal
d.l., ma anche nella parte in cui dispone per l’avvenire,16 e ciò anche se si tratta di conversione
c.d. “mascherata”.
2. “NECESSITÀ E URGENZA” DEL DECRETO-LEGGE ED ETEROGENEITÀ DEGLI EMENDAMENTI
IN SEDE DI CONVERSIONE: ALCUNI PALETTI INDIVIDUATI DALLA CORTE.
Il rapporto tra d.l. e legge di conversione è stato ulteriormente sviluppato dalla recente
giurisprudenza della Corte sotto un altro profilo, quello degli emendamenti inseriti dalle
Camere in sede di conversione. In particolare, sempre con riferimento al tema dell’assenza dei
presupposti di necessità e urgenza, la Corte effettua, nella sent. n. 355/2010, una precisazione
di non poco conto. Muovendo dai principi e dalle argomentazioni della sent. n. 171/2007, si
ricollega, in particolare, alla precedente affermazione che la valutazione delle disposizioni
della legge di conversione non può svolgersi autonomamente da quelle del decreto-legge,
quando si tratti di disposizioni propriamente di conversione, “nei limiti, cioè, in cui non
incidano in modo sostanziale sul contenuto normativo del decreto”. La Corte aggiunge ora
che “la valutazione in termini di necessità e di urgenza deve essere indirettamente effettuata
per quelle norme, aggiunte dalla legge di conversione del decreto-legge, che non siano del
tutto estranee rispetto al contenuto della decretazione d’urgenza; mentre tale valutazione non
è richiesta quando la norma aggiunta sia eterogenea rispetto a tale contenuto”. In sostanza,
l’assenza dei presupposti di necessità e urgenza determina l’illegittimità costituzionale anche
della legge di conversione e degli eventuali emendamenti omogenei rispetto al testo del d.l.,
mentre non può comportare un’autonoma dichiarazione di incostituzionalità della legge per
quegli emendamenti che siano del tutto estranei rispetto al testo originario del d.l., restando
peraltro in capo alla Corte il difficile compito di distinguere tra emendamenti omogenei ed
emendamenti eterogenei.17
In quest’ottica, quindi, non vi sarebbe un vizio dell’attività normativa del governo,
illegittimamente sanato dal Parlamento, che si riversa sulla legge di conversione. Il problema
di costituzionalità potrebbe essere un altro e riguardare, cioè, la stessa possibilità che le
16
Cfr., in tal senso, R. ROMBOLI, Ancora una dichiarazione di incostituzionalità di un decreto legge (e della
legge di conversione) per evidente mancanza de presupposti: qualche interrogativo sul significato e gli effetti di
alcune affermazioni della corte, in Foro It., 2008, I, 3047.
17
Si veda sul punto la critica di A. RUGGERI, Ancora in tema di decreti-legge e leggi di conversione,
ovverosia di taluni usi impropri (e non sanzionati) degli strumenti di formazione (a margine di Corte cost. nn.
355 e 367 del 2010), in www.forumcostituzionale.it.
5
Camere inseriscano in sede di conversione alcune disposizioni il cui contenuto normativo sia
del tutto estraneo – con le parole della Corte – rispetto al decreto-legge. Se, infatti, la legge di
conversione si distingue dalle altre leggi ordinarie per la peculiarità del suo procedimento e
per il fatto di essere così strettamente intrecciata con il decreto-legge, al punto che proprio per
questa sua caratteristica la Corte ha potuto dichiararne l’illegittimità per difetto dei
presupposti di necessità e urgenza del d.l., si può ragionevolmente dubitare che le Camere
possano aggiungere in sede di conversione di un d.l. alcune norme che non abbiano nulla a
che vedere con il d.l. medesimo. La Corte, però, non sembra preoccuparsi particolarmente di
questo aspetto, probabilmente perché non ritiene che si ponga un problema per la forma di
governo, sotto il profilo del rapporto tra governo e Camere. È come se si trattasse di una
questione interna al Parlamento, dovendo esso scegliere se dettare una determinata disciplina
utilizzando un procedimento legislativo ordinario, oppure se approfittare della presenza di un
d.l. da convertire per inserire quella stessa disciplina nella legge di conversione, pur non
essendo omogenea al contenuto del decreto-legge. In quest’ultimo caso, però, è stato
osservato18, sono in prima battuta le Commissioni parlamentari a vedersi sottratta la
possibilità di un esame accurato del testo in sede referente, il che peraltro incide sul
procedimento di formazione di una legge previsto dalla Costituzione. In secondo luogo, anche
il Presidente della Repubblica si viene a trovare in difficoltà nell’esercitare pienamente i
poteri di garanzia ad esso attribuiti dalla Costituzione. Il Capo dello Stato ha, infatti,
ripetutamente sollecitato, negli ultimi anni, governo e Camere, affinché evitino di apportare
modificazioni sostanziali del contenuto dei decreti-legge in sede di conversione, in ragione
della natura straordinaria della fonte di cui all’art. 77 Cost. e delle conseguenze negative che
tali modificazioni avrebbero sull’esercizio dei suoi poteri.19
Resta, in definitiva, il dubbio che la legge di conversione, proprio per la sua peculiarità,
possa essere utilizzata per inserirvi contenuti del tutto slegati dal decreto che è diretta a
convertire e che, così facendo, alteri comunque i rapporti tra governo e Parlamento in tema di
fonti del diritto (oltre ad incidere sui poteri propri del Presidente della Repubblica), che la
sent. n. 171/2007 aveva inteso, invece, salvaguardare. Questa preoccupazione appare
accentuata quando con la medesima legge non solo si provvede alla conversione di un
determinato decreto-legge, non solo si recepisce con appositi emendamenti il contenuto di
altro decreto-legge lasciato decadere, ma per di più si dispone la sanatoria degli effetti
prodotti da quest’ultimo.20 Della tipicità delle legge di conversione e dello stretto legame che
deve intercorrere tra la stessa ed il decreto-legge che si vuole convertire rimane, a questo
punto, ben poco.
SULLA “SANATORIA” DEI RAPPORTI SORTI NELLA VIGENZA DEL DECRETOLEGGE DECADUTO.
3. ANCORA
Il problema non coinvolge, quindi, soltanto la legge di conversione, ma anche l’eventuale
sanatoria degli effetti già prodotti da un d.l. che il Parlamento ha lasciato decadere.21 Si tratta
di un tema che, almeno negli ultimi dieci anni, non è stato preso in particolare considerazione
18
Cfr. A. SPERTI, Il decreto-legge, cit.
Quanto alla posizione del Presidente della Repubblica e ai suoi sempre più insistesti rilievi si rinvia a R.
ZACCARIA – E. ALBANESI, Il decreto-legge, cit., 9 e ad A. SPERTI, Il decreto-legge, cit.
20
Si veda in proposito il caso del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4 sulle quote latte e del d.l. 10 febbraio
2009, n. 5 sugli incentivi ai settori industriali in crisi, riportato da R. ZACCARIA – E. ALBANESI, Il decreto-legge,
cit., 19. Solo il secondo è stato convertito con la legge 9 aprile 2009, n. 33, nel cui testo sono stati inseriti gli
articoli del d.l. sulle quote latte e la sanatoria degli effetti prodotti da quest’ultimo.
21
Sia consentito rinviare sull’argomento a G. MONACO, Decreto-legge, cit., 599 ss.
19
6
da giurisprudenza e dottrina, probabilmente perché si è ormai pervenuti a conclusioni per lo
più condivise.
In passato, nella seconda metà degli anni Novanta, la Corte aveva distinto chiaramente gli
effetti della legge di cui all’ultimo comma dell’art. 77 Cost. da quelli propri di una legge di
conversione e, con specifico riferimento alla questione del trasferimento della questione di
costituzionalità dal decreto-legge alla legge c.d. di sanatoria, aveva affermato che non si
produceva un effetto di trasferimento in relazione al vizio derivante dall’assenza dei
presupposti di necessità e urgenza. Detto requisito, con le parole della Corte, doveva essere
verificato “con riferimento al singolo decreto-legge e la censura relativa – a differenza della
conversione, di cui la sanatoria non costituisce idoneo equipollente – non è riferibile alla
disposizione di sanatoria, che si limita a fare salvi gli effetti del decreto-legge stesso” 22.
Aveva poi precisato che il potere attribuito al legislatore ex art. 77, comma 3, Cost. è
“ontologicamente diverso” da quello di conversione in legge del decreto-legge, “in quanto
riguarda i rapporti giuridici sorti nel periodo di vigenza del decreto, la cui provvisoria
efficacia è venuta meno ex tunc”23. La legge di regolazione di cui all’art. 77, comma 3, si
limiterebbe, dunque, “a «cristallizzare», una volta per tutte, gli effetti prodotti a suo tempo dai
decreti decaduti”24 mentre non potrebbe disporre anche in ordine ai rapporti futuri. Questa
impostazione riprende la tesi tradizionale e prevalente in dottrina, che vede appunto nella
legge di cui all’ultima parte dell’art. 77, comma 3, Cost., una legge retroattiva, equivalente
nella sostanza ad una “conversione tardiva e circoscritta al passato”25.
Detta posizione sembra ormai essersi consolidata e ha trovato conferma nella successiva
giurisprudenza costituzionale. Si può ricordare il caso recente in cui la Corte è stata chiamata
a pronunciarsi, sia pure nell’ambito di un giudizio in via principale, sulla legittimità del d.l. n.
29/2010 in tema di procedimento per le elezioni dei Consigli regionali, impugnato, tra l’altro,
anche per difetto dei presupposti di necessità e urgenza. Dopo avere rigettato la richiesta di
sospensiva del decreto-legge26, la Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile la
questione,27 perché nel frattempo il d.l. era decaduto ed era intervenuta la l. n. 60/2010 di
salvaguardia degli effetti prodotti dal d.l. non convertito in legge. La Corte ha argomentato la
sua pronuncia richiamando i propri precedenti – e in particolare la sentenza n. 244 del 1997 –
in tema di legge di sanatoria, quale legge diretta soltanto a disciplinare i rapporti giuridici
sorti durante la vigenza del decreto-legge, che ha perso di efficacia ex tunc. Sulla base di
22
Così la sent. 21 marzo 1996, n. 84, in Giur. Cost., 1996, 774.
In tal senso cfr. la sent. 18 luglio 1997, n. 244, in Giur. Cost., 1997, 2318, con nota di A. SIMONCINI, La
regolazione dei rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge non convertiti (in margine alla sentenza n.
244 del 1997 della Corte costituzionale), ivi, 2777 ss.
24
Così sent. 23 dicembre 1997, n. 430, in Le Regioni, 1998, 432.
25
Così V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, 1984, p. 87. Nello stesso senso L.
PALADIN, Art. 77, in G. BRANCA (a cura di), Comm. Cost., Bologna – Roma, 1979, 93, secondo il quale, in
assenza dell’ultima parte dell’art. 77, comma 3, Cost., il legislatore ordinario, di fronte ad un decreto-legge non
convertito, non avrebbe potuto convalidarne integralmente gli effetti. Più di recente cfr. anche F. DAL CANTO, La
sanatoria degli effetti dei decreti-legge non convertiti ex art. 77, u.c., Cost., nella più recente giurisprudenza
costituzionale, in V. COCOZZA e S. STAIANO (a cura di), I rapporti tra Parlamento e Governo attraverso le fonti
del diritto. La prospettiva della giurisprudenza costituzionale, Atti del convegno di Napoli svoltosi nei giorni 12
e 13 maggio 2000, Torino, 2001, 450 ss. In senso contrario cfr. V. ANGIOLINI, Attività legislativa del Governo e
giustizia costituzionale, in Riv. dir. cost., 1996, 207 ss. e, in particolare, 240 ss. L’Autore ha colto in questa
lettura dell’art. 77, co. 3, Cost., la possibilità per il Parlamento di eludere il divieto di convertire un decreto-legge
dopo i sessanta giorni stabiliti dalla Costituzione. Per evitare ciò il legislatore dovrebbe, piuttosto, poter regolare
i rapporti già sorti mediante una disciplina necessariamente diversa rispetto a quella contenuta nel decreto-legge
non convertito.
26
Con l’ord. 18 marzo 2010, n. 107, in Giur. cost., 2010, 1189 ss.
27
Si tratta dell’ord. 7 giugno 2010, n. 204, in Giur. cost., 2010, 2386 ss.
23
7
questa premessa la Corte ha ritenuto, in conformità al proprio precedente orientamento28, che
nel giudizio in via principale il ricorrente, in caso di permanenza dell’interesse a ricorrere,
avrebbe dovuto riproporre l’impugnazione contro la nuova disposizione nel termine di
decadenza, essendo “precluso il trasferimento della questione di costituzionalità sulla norma
di sanatoria”.29
Queste argomentazioni meriterebbero, forse, ancora qualche approfondimento. Anche per
la legge di cui all’art. 77, co. 3, Cost., evidentemente differente dalla legge di conversione, ci
si potrebbe domandare se non si tratti comunque di una legge dotata di una sua tipicità, se non
sia cioè inserita ugualmente nell’ambito di un’unica sequenza procedimentale avviata con
l’emanazione del decreto-legge. Del resto già nella sent. 84/1996 la Corte aveva ritenuto che,
nel caso di un vizio sia pure sostanziale del decreto-legge decaduto e poi sanato, avrebbe
potuto formarsi un continuum normativo tra decreto-legge e legge di cui all’art. 77, comma 3,
Cost., in quanto la clausola di salvezza faceva “risalire nel tempo la nuova disciplina alla
originaria disposizione decaduta”, “consolidandola negli effetti, così da assicurare la
permanenza dei medesimi senza soluzione di continuità” 30. La stessa Corte aveva, dunque, in
precedenza evidenziato l’esistenza di un collegamento tra decreto-legge ed eventuale
sanatoria e tale connessione potrebbe essere ulteriormente valorizzata alla luce dei principi
enunciati nelle due sentenze del 2007 e del 2008. L’indisponibilità da parte del Parlamento
del riparto di competenze tra Camere e governo quanto alla produzione delle fonti primarie,
affermata chiaramente nelle due pronunce da ultimo citate e riconosciuta peraltro, in modo
esplicito, come funzionale alla tutela dei diritti, potrebbe condurre a diverse conclusioni.
Anche una semplice e integrale sanatoria degli effetti prodotti nella vigenza di un decretolegge poi decaduto potrebbe, cioè, essere preclusa, laddove la Corte abbia rilevato
l’illegittimità costituzionale del decreto medesimo per evidente mancanza dei presupposti di
necessità e urgenza. Il fatto che gli effetti siano circoscritti al passato potrebbe, quindi, non
essere argomento decisivo per escludere quel nesso che è stato invece ammesso tra d.l. e legge
di conversione e che ha consentito di sindacare quest’ultima per un vizio sui presupposti
relativo all’adozione del primo.
In realtà la giurisprudenza costituzionale sembra, come detto, essersi ormai consolidata,
ma non si può escludere che un’eventuale questione di legittimità costituzionale, incentrata
proprio sui limiti del Parlamento rispetto al riparto delle competenze per la produzione di
fonti primarie, possa determinare in futuro un qualche ripensamento della Corte sui limiti alla
sanatoria degli effetti di un d.l. decaduto ed incostituzionale.
28
In tal senso si veda già la sent. 23 dicembre 1997, n. 429, in Le Regioni, 1998, 417 ss., annotata
criticamente, insieme alla già citata sent. 430/1997, da V. ANGIOLINI, Decreto-legge, conversione e «sanatoria»
nel giudizio in via principale, ivi, 423 ss.
29
In senso contrario alla trasferibilità della questione alla legge di sanatoria cfr. P. CARNEVALE – A.
CELOTTO, La regolazione dei «rapporti sorti sulla base dei decreti legge non convertiti» nella giurisprudenza
costituzionale. Prime considerazioni, in Dir. Soc., 2000, 560 ss. Nel caso di giudizio in via incidentale la
preclusione del trasferimento della questione comporta la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova
valutazione della rilevanza, a seguito della modifica della situazione normativa. Così l’ord. 22 ottobre 1997, n.
317, in Giur. Cost., 1997, 2948 e l’ord. 28 novembre 1997, n. 371, ivi, 1997, 3562.
30
Così ancora la sent. n. 84/1996, cit., 770.