Scarica il testo in formsto PDF - Portale di Archeologia Medievale
Transcript
Scarica il testo in formsto PDF - Portale di Archeologia Medievale
Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio. Alle origini della maiolica arcaica senese? Il caso di Miranduolo Alessandra Pepi Questo articolo prende in esame alcune forme chiuse di maiolica arcaica, restaurate1, che sono state rinvenute nello scavo del Castello di Miranduolo nei pressi di Chiusdino (SI), già pubblicate da Arianna Luna e dalla sottoscritta nell’approfondito volume del 2008, edito a cura di Marco Valenti2. L’esigenza di modificare in parte, e completare con una nuova proposta di studio quanto già reso noto nella precedente pubblicazione, nasce da una riflessione di taglio diverso, anche alla luce di nuovi dati di confronto acquisiti sui materiali, affrontati questa volta essenzialmente e volutamente solo sotto il profilo tipologico e iconografico/ decorativo. Rimando ad altre sedi approfondimenti e considerazioni ulteriori e complementari (auspicabili soprattutto dal punto di vista archeometrico), nell’attesa dei risultati finali dello scavo. Solo allora sarà possibile avere una visione generale quantitativamente e qualitativamente più dettagliata e significativa della maiolica rinvenuta3. QueIl restauro dei materiali è stato effettuato presso il Laboratorio di Ceramologia del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena, dalla sottoscritta, responsabile della struttura. 2 A. Luna, A. Pepi, Ceramica rivestita da mensa, in Miranduolo in alta Val di Merse (Chiusdino-Si): archeologia su un sito di potere del Medioevo toscano, a cura di M. Valenti, Firenze 2008, pp. 398-402. Rimando a questa pubblicazione per la bibliografia e le schede degli oggetti qui esaminati, e per ogni informazione relativa ai dati stratigrafici e storici del contesto di rinvenimento. In questa sede si propone una descrizione dei manufatti funzionale alla proposta interpretativa formulata. Lo scavo del castello, cominciato nel 2000, è diretto dal professor Marco Valenti dell’area di Archeologia Medievale dell’Università di Siena. 3 Lo studio sugli altri frammenti di maiolica arcaica è in corso, anche se al momento non sembrano esservi sostanziali differenze rispetto ai boccali restaurati, gli unici che è stato 1 bisao, lxv - lxvi, 2009 - 2010, pp. 7-18 Alessandra Pepi sta nuova lettura dei dati è quindi una proposta aperta, suscettibile di arricchimenti e modifiche per l’evoluzione che avranno gli scavi e conseguentemente gli studi. La prima considerazione fatta nella rivalutazione di questi materiali è stata che evidentemente non si era in presenza della consueta produzione di maiolica arcaica senese ascrivibile al periodo di maggiore sviluppo (XIV secolo). Partendo dal dato acquisito che la produzione di questi oggetti è da ricercarsi in area senese (come è stato messo in evidenza dalle analisi degli impasti, effettuati al microscopio binoculare)4, dovevamo essere davanti a manufatti di un periodo diverso da quello inizialmente proposto: la maiolica di Miranduolo non presenta infatti i caratteri distintivi della produzione senese trecentesca, discostandosene non tanto nelle forme, ma soprattutto negli schemi decorativi e nella qualità degli ossidi utilizzati. Il colore del fondo smaltato è infatti molto diverso da quello bianco-latte delle maioliche trecentesche; lo smalto stesso, anche quando steso in spesso strato e indipendentemente dallo stato di conservazione, è meno brillante; l’ossido di rame è di un verde bottiglia più simile a quello in uso a Orvieto e in area laziale che al verde-azzurro delle maioliche arcaiche senesi della produzione conosciuta. Alla luce di queste macroscopiche differenze si è tentato quindi di capire la genesi di questi manufatti, di singolare eleganza formale, analizzandoli in alcuni dettagli a partire dal primo, un prodotto probabilmente di area meridionale come già ipotizzato nello studio del 2008, che presenta per questo caratteri di difformità rispetto agli altri. Foto 1 1. Orciolo Si tratta di un orciolo del quale ci è giunta solo la parte superiore. La forma è nota ma non molto comune nella produzione di XIII/ XIV secolo. La decorazione, che si estende su tutta la superficie del corpo del vaso senza soluzione di continuità, richiama i caratteri della proto-maiolica di tipo gelese, ascrivibile alla fine del XIII secolo. È indubbiamente il pezzo che più si discosta dagli altri insieme rinvenuti, anche nel tipo di impasto. Il decoro è costituito da trecce verticali tracpossibile per ora ricomporre. 4 Luna, Pepi, Ceramica rivestita da mensa cit., p. 398. 8 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio ciate in manganese con punti di verde ramina negli spazi, intervallate da righe, sempre verticali, in ramina e manganese, tratti obliqui, trecce cuoriformi che si ripetono e si alternano su tutta la superficie, inclusa quella del collo, sul quale la decorazione del corpo continua senza mutamento. Il colore del fondo ha una forte sfumatura grigio/verde, così come completamente verde è la vetrina dell’interno del vaso, elemento questo che ci ricorda le produzioni alto laziali ancora del XIII secolo. Potrebbe trattarsi di un manufatto ipercotto, nel quale è possibile che i colori, sia dell’impasto, tendente al grigio e piuttosto duro, che dei rivestimenti, siano anche solo leggermente virati. Confronti reperiti per la decorazione, e soprattutto per alcuni dettagli della stessa come ad esempio le trecce puntinate e una certa approssimazione nei tratti, ci portano, come già detto, in ambito siciliano o più genericamente meridionale, anche se il nostro pezzo non presenta traccia del giallo ferraccia, tipico della protomaiolica. Quest’ultima, diffusasi nel centro Italia dalle zone di produzione meridionali, rimase qui in un certo senso un prodotto limitato, e non è facile stabilire per il nostro manufatto se si tratti effettivamente di una produzione siciliana o di un prodotto laziale con forti suggestioni derivate dalle produzioni meridionali conosciute5. Si propone comunque una datazione ai decenni finali del XIII secolo, sulla scorta anche delle osservazioni di Stella Patitucci Uggeri6 che data all’età angioina e aragonese la protomaiolica in verde e bruno, dai caratteri popolari e più tarda rispetto a quella con tavolozza più ricca. I boccali di seguito descritti, caratterizzati da una certa omogeneità “stilistica”, sono quelli per i quali si è accertata la provenienza dell’argilla dall’area senese. Sono stati rinvenuti tutti relativamente vicini tra loro (forse erano conservati in uno stipo?) nell’area signorile del castello. 5 Dall’analisi del rivestimento potrebbero derivare utili informazioni sul tipo di produzione. Non è chiaro infatti, alla semplice osservazione, considerando la probabile ipercottura, se la superficie dell’orciolo sia ricoperta da ingobbio sotto vetrina o da uno smalto piuttosto povero. Sul rapporto tra proto maiolica e maiolica arcaica vedi D. Whitehouse, Introduzione allo studio della ceramica medievale italiana, in A. Satolli La ceramica orvietana nel Medioevo, Firenze 1983, pp. 10-11. 6 La protomaiolica. Bilancio e aggiornamenti, a cura di S. Patitucci Uggeri, Firenze 1997 (Quaderni di Archeologia Medievale, 2). 9 Alessandra Pepi 2. Boccale a corpo ovoidale foto 2-3 Si tratta di un boccale su piede a corpo ovoidale, alto collo cilindrico, bocca rotonda, ansa a bastoncello. Sul corpo decoro a foglie di quercia verticali contrapposte, in manganese e ramina, con campiture a graticcio. Elementi verticali triangolari a riempimento degli spazi. Sul collo, in basso, motivo a “treccia” con spigoli vivi, e, in prossimità dell’orlo, teoria di cerchietti in ramina con croci in manganese all’interno. Sull’ansa tratti orizzontali in ramina e manganese alternati. L’oggetto è di fattura accurata; il profilo ha andamento elegante e la forma non è molto comune. Poco consueto è il motivo decorativo che si ripete sul corpo, e decisamente originale la decorazione del collo che può fornirci spunti di riflessione. In essa infatti è forse possibile ravvisare una “pseudo scrittura” a caratteri di tipo cufico (foto 3), del tutto svuotata, evidentemente, del significato originale. La tradizione di abbellire manufatti ceramici con scritte, che trova anche in altri campi, per esempio nell’arte dei tappeti o delle stoffe, applicazioni diffuse, è nota sin dall’inizio delle produzioni islamiche e si diffonde nella penisola arabica particolarmente nel XII e XIII secolo (foto 4 e 5) 7. Scritte decorative sono frequenti anche nei manufatti della Spagna musulmana, ad esempio nelle produzioni di Malaga e Valenza, e compaiono solitamente sulle tese delle forme aperte o più raramente sui colli delle forme chiuse, fino al XV secolo. Sono le cosiddette “alafias”, (da “al-afiya”, “la felicità”), scritte islamiche mutuate dalle produzioni iberiche e applicate poi soprattutto in ambito cristiano nella maiolica domestica. È proprio in questo ambito che le scritte perdono il loro significato originario e compaiono nelle forme della scrittura cufica degenerata, come puri decori. Nel caso del nostro boccale, se da un lato è ancora intuibile il prototipo di derivazione (come in alcuni prodotti orvietani, dove la decorazione a nastro intrecciato e spezzato può derivare dagli stessi modelli)8, dall’altro si lascia intravedere forse la successiva modifica che interverrà a trasformare, nel corso del XIV secolo, queste forme di pseudo-scrittura nella consueta treccia così diffusa sui colli dei boccali in maiolica arcaica Cfr. Farzaneh-Qàeeni, Ceramik of Jorjan. Glassware and ceramics Museum of Iran, 2000, p. 33; O. Watson, Ceramics from islamic lands, London 2004, p. 264. 8 Cfr. A. Imbert, Ceramiche Orvietane dei secoli XIII e XlV. Note su documenti, Roma 1909, (ed. anastatica a cura di L. Riccetti, Foligno 2005), tav. VII n. 36 7 10 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio di produzione centro-italica, con passaggi intermedi a mio personalissimo avviso rinvenibili, ad esempio, su alcuni boccali di produzione pisana del XIII secolo9. Di derivazione meridionale, nell’esemplare di Miranduolo, anche il motivo, sul collo, dei cerchietti con la croce, noto nelle ceramiche d’età sveva-angioina, e che ci pone ancora nell’ambito del XIII secolo. 3. Boccale “a palla” foto 6 Si tratta di un piccolo boccale su piede, a corpo globulare, con alto collo cilindrico e ansa a bastoncello. L’orlo è di restauro, ma esemplari analoghi sono attestati con bocca rotonda. La decorazione sul corpo consiste in motivi a girali di elementi vegetali, con boccioli centrali a graticcio, campiti alternativamente in ramina o manganese. Motivo a squame negli spazi triangolari di risulta, in verde ramina. Il collo è a campiture verticali ottenute con righe in manganese e ramina, riempite da tratti obliqui in ramina. Sull’ansa i consueti segmenti orizzontali in ramina e manganese. La decorazione del piccolo ed elegante boccale a palla trova numerosissimi confronti sia in ambito orvietano, (è presente ad esempio su un “vascello” del Museo di Palazzo Venezia, più raffinato nella resa dei dettagli ma in sostanza derivante dallo stesso modello. Foto 7), sia in esemplari senesi (come nei boccali dal convento del Carmine, della prima metà del XIV secolo), sia in ambito pisano, dove il motivo, assolutamente impoverito e semplificato, si ritrova ad esempio su un boccale da Piombino del XIII secolo10 ascrivibile alla prima fase della maiolica arcaica pisana (foto 8). Ma il motivo è anche presente in un boccale proveniente dal castrum di Castel Fiorentino di Puglia (foto 9), di età sveva o protoangioina, che sembra esserne il prototipo, anch’esso con decoro a girali di bocci (o foglie?) sul corpo e righe verticali sul collo, confronto più puntuale per il nostro esemplare, ma con bocca trilobata11. In sostanza il boccale di Miranduolo, simile per forma e proporzioni a quello di Orvieto (tranne che nel tipo di versatoio), potrebbe Cfr. G. Berti, G. Bianchi, Piombino. La chiesa di Sant’Antimo sopra i canali, Firenze 2007, n. 24, inv. 670 e n. 81, inv. 417. 10 Cfr. Berti, Bianchi, Piombino. La chiesa di Sant’Antimo cit., n. 52 inv. 460. 11 C. Laganara Fabiano, La ceramica medievale di Castel Fiorentino, Bari 2004. 9 11 Alessandra Pepi derivare, come quello, da un prototipo meridionale recepito e poi modificato anche a Pisa e a Siena. 4. Boccale frammentario con figure antropomorfe Foto 10 Il manufatto, purtroppo in condizioni di estrema lacunosità e restaurato in tre insiemi di frammenti non congruenti tra loro, è del tipo a corpo piriforme allungato. È un pezzo interessante per la rarità della scena rappresentata ( anche se solo parzialmente ricostruibile), di estrema raffinatezza formale ed esecutiva. Sul corpo del boccale sono raffigurate due donne, riccamente vestite, con abito fasciante reso a tratteggio in verde ramina, e soprastante tunica o mantello bianco a risparmio, con pieghe tracciate in manganese, che lascia scoperta solo una delle braccia. Le due donne, sedute l’una di fronte all’altra su sedili con insegne araldiche, sono rappresentate con un braccio abbassato e l’altro sollevato, probabilmente con la mano alta a mostrare qualche oggetto. Il volto è rivolto allo spettatore e gli spazi vuoti sembrano, per quel poco che si conserva, riempiti con elementi vegetali alcuni dei quali campiti a graticcio. La figura umana è poco rappresentata nella maiolica arcaica, ma vi sono alcune eccezioni, ancora una volta soprattutto in ambito orvietano, dove compaiono figure e scene riferibili all’ambiente idealizzato della curtis12. Dalla collezione Del Pelo Pardi di Orvieto proviene un frammento di boccale con una dama del tutto simile alla nostra, datato al XIII secolo, per il quale si ipotizza una derivazione da un prototipo egiziano, o più genericamente nord africano (foto 11) 13. Potrebbe trattarsi di un’allegoria della vanità poiché forse, come probabilmente anche nel nostro caso, la figura teneva in mano uno specchio. Rispetto al frammento orvietano si ravvisano, nei tratti sicuri del boccale di Miranduolo, maggior eleganza e precisione nell’esecuzione. L’angolatura del braccio sollevato della dama, estremamente rigido, ricorda poi da vicino la postura del guerriero raffigurato su un piatto in protomaiolica da Lucera, anch’esso di XIII secolo (foto 12). Cfr. Imbert, Ceramiche orvietane dei secoli XIII e XIV cit., Tav. IX n. 40-41. M. S. Sconci, Oltre il frammento. Forme e decori della maiolica medievale orvietana. Il recupero della collezione del Pelo-Pardi, Orvieto 1999, p. 128. 12 13 12 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio È suggestivo infine rintracciare in un bacino da Sabra, in Tunisia, un precedente per quel che riguarda la resa della veste a tratteggio. Si tratta di un manufatto risalente al X/XI secolo (foto 13) 14. 5. Boccale, frammentario, a corpo piriforme foto 14 La decorazione del corpo è scandita entro due spazi metopali, delimitati dalle linee verticali in manganese prossime all’ansa, e una fascia centrale, sotto il versatoio, con campitura a graticcio obliquo ancora in bruno. Lo stesso schema di suddivisione dello spazio, per niente consueto nella produzione successiva del XIV secolo15, lo troviamo anche in secondo boccale descritto più avanti. Il ramo tracciato in bruno con foglie campite a graticcio verde, esile ed elegante, non trova molti confronti, e forse deriva dalla rappresentazione dell’”albero della vita”( il cosiddetto “hom”), riscontrabile in alcuni manufatti spagnoli del XIII e XIV secolo (foto 15), dove però la figura dell’albero fa da sfondo o è compresente ad altri soggetti, spesso animali16. La rappresentazione dell’albero è nota anche in alcuni boccali di produzione faentina del XIV secolo. In uno di essi (foto 16)17, l’albero, meno calligrafico rispetto al nostro, è inquadrato tra motivi araldici ed è centrato sotto il versatoio. Ancora la figura di un albero, accostato ad un uccello, compare in un boccale proveniente della stanza del Provveditore dello Spedale di Santa Maria della Scala in Siena (foto 17)18. Come nel caso dell’esemplare faentino si tratta di un manufatto più tardo e meno accurato di quello da Miranduolo. 14 A. Daoulatli, La production vert et brun en Tunisie du IXe au XIIe siecle. Étude historique et stylistique, in Le vert et le brun. De Kairouan a Avignon. Céramiques du Xe au XVe siècle, Catalogo della mostra, Marseille 17.11.1995-29.2.1996, Paris 1995, pp. 68-89. 15 La divisione centrale dello spazio decorativo si ritrova anche in alcuni boccali della prima fase della maiolica arcaica pisana (XIII sec.: cfr. Berti, Bianchi, Piombino. La chiesa di Sant’Antimo cit., n. 140 inv. 630). 16 A. Telese Compte, Cataluña, in Mediterraneum. Cerámica medieval en España e Italia, Viterbo 1992, pp. 91-119. 17 G. C. Bojani, Italia settentrionale, in Mediterraneum. Cerámica medieval cit., pp. 257289. 18 Lo Spedale di Santa Maria della Scala in Siena. Vicenda di una committenza artistica, a cura di D. Gallavotti Cavallero, Pisa 1985. Esposto alla mostra dell’antica arte senese del 1904, fu dato per produzione faentina del XVI secolo, ma si tratta evidentemente di un prodotto senese di pieno XIV secolo. 13 Alessandra Pepi 6. Boccale a decorazione zoomorfa foto 18 Il boccale, del tipo a corpo piriforme allungato, presenta una fascia centrale tracciata in manganese con motivi a “V” entro due doppie linee. Nelle specchiature laterali sono rappresentati due volatili, rivolti verso l’ansa, dei quali rimangono visibili solo le zampe, parte della coda e le punte delle ali spiegate, in composizione di chiara derivazione araldica. La rappresentazione di uccelli, nel caso nostro probabilmente rapaci, è attestata sin dall’inizio della produzione di maiolica (vale la pena di ricordare la passione di Federico II per la falconeria), e diventa comune nel XIV secolo in tutte le produzioni toscane e centro italiche. Ma come nel caso del boccale precedente (foto 14 ) è soprattutto la partitura dello spazio decorato, con fascia centrale sotto il versatoio, a farci pensare a un prodotto di XIII secolo. 7. Boccale a palla con decoro geometrico. Foto 19 Si tratta di un frammento di boccale a palla con ansa a bastoncello. La forma è nota ma la decorazione non è affatto consueta, almeno per quei tratti individuabili nella porzione conservata. Ai lati dell’ansa, decorata con segmenti obliqui in ramina e manganese, tre sottili linee brune inquadrano una sequenza verticale di triangoli in manganese con tre stelle (o punti) in ramina, poste nei tre vertici. Al di là della sequenza dei triangoli, uno spazio con campitura a reticolo con crocette in manganese entro le maglie. Se il motivo del reticolo è attestato in ambito toscano soprattutto a Pisa (dove però è recepito quasi sempre in forma più elaborata, con doppie linee di contorno e orientamento obliquo), il motivo dei triangoli è tra gli elementi decorativi accessori come rombi, trecce “a un capo” ed altro, che ben si adattano al clima culturale di età sveva e protoangioina nelle maioliche di produzione pugliese19, e che non ha ad oggi praticamente raffronti nelle produzioni centro italiche. 8. Boccale a corpo ovoidale foto 20 Boccale su piede, con corpo ovoidale e collo cilindrico. Ansa a bastoncello. Privo della parte anteriore dell’orlo, e dunque di versatoio. 19 Laganara Fabiano, La ceramica medievale di Castel Fiorentino cit. 14 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Sul corpo decorazione a reticolo obliquo tracciato in ramina, con alcuni rombi campiti in manganese disposti a file alternate rispetto a quelli vuoti. Ai lati dell’ansa, decorata a tratti orizzontali in ramina e manganese, fascia con decoro a “V” rovesciata. Sul collo decoro a treccia cuoriforme in ramina, e sopra, in manganese, motivo ad “esse” rovesciata. Si tratta di una decorazione comune in ambito pisano nel XIII e XIV secolo, anche se non esattamente riscontrata in questa sequenza. È percepibile, rispetto agli altri boccali di questo nucleo, un tratto meno elegante soprattutto nelle linee dei decori del collo. Più che a una datazione diversa, questa incertezza nell’ esecuzione potrebbe essere riconducibile alla mano di un apprendista, intervenuto almeno in qualche fase del processo produttivo. 9. Frammento di boccale foto 21 Questo boccale, frammentario, presenta sul corpo una decorazione ad embricazioni in ramina con tratti verticali in manganese, diffusissima a Pisa dal XIII secolo, ma anche in molti centri di produzione come Siena e Orvieto, e attestata per tutto il XIV secolo. Si tratta ancora una volta di schemi e motivi decorativi che non si discostano dalla koinè culturale del bacino mediterraneo. In conclusione si riscontrano, negli esemplari presi in analisi, alcune caratteristiche formali della decorazione (principale elemento sul quale abbiamo basato queste nostre osservazioni), che richiamano motivi propri della prima produzione di maiolica in ambito italico. Molti elementi tendono a suggerire, se non una diretta provenienza delle ceramiche dall’area del Lazio o della Sicilia (come nel caso dell’orciolo), o più in generale dal meridione svevo-angioino (a sua volta debitore nei moduli decorativi dal mondo arabo-normanno), probabilmente una derivazione iconografica che in quegli ambiti culturali affonda le sue radici. Sappiamo infatti che dopo la deduzione della colonia araba a Lucera, ad opera di Federico II, ebbe un buon incremento la conoscenza delle tecniche della maiolica e la diffusione dei prodotti almeno nell’area meridionale, tanto che lo stesso imperatore istituì ben sei fiere mercantili, nel 1236, in molti centri del sud Italia. Ma l’avvenimento decisivo per lo sviluppo del commercio con il centro Italia fu l’istituzione della settima fiera, nel 1240, a Viterbo, 15 Alessandra Pepi città ghibellina legata all’imperatore, da dove probabilmente all’inizio i prodotti, poi forse le tecniche (e gli artigiani) si diffusero nelle città limitrofe, prima tra tutte Orvieto, ma anche probabilmente la meno nota Acquapendente (la cui produzione di ottimo livello qualitativo non è ancora sufficientemente conosciuta) 20 e la stessa Siena: «Con ciò una parte dell’attività mercantile del regno svevo potè giungere fino alla Tuscia, passando per il Lazio e penetrando nella stessa Roma. Viterbo ghibellina accolse con interesse questa fiera che durava per ben 15 giorni (...) La manifestazione di riflesso interessò anche il mercato di Orvieto, ubicato poco lontano.(...). In sintesi la diffusione di questi prodotti può spiegare perchè tutta la regione laziale deve essere compresa, per le tecniche e le tipologie ceramiche, nell’area di influenza della cultura meridionale»21 . « (...) Affermatosi dapprima in Sicilia e quindi diffusosi nell’Italia meridionale, questo patrimonio culturale ebbe modo di evolversi in un contesto geografico che dall’alto Lazio (Viterbo, Tuscania, Tarquinia) saliva verso Orvieto, per comprendere altri centri umbri di Todi, Deruta, Assisi, Perugia e quelli toscani di Arezzo, Siena, Firenze, fino a Pisa»22. Possiamo in definitiva ipotizzare che queste maioliche, duecentesche, costituiscano gli esordi della produzione senese, forse collocabile tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo23. O forse, con più esattezza, che testimonino una produzione in terra senese attivata da maestranze inizialmente non senesi, che attinsero da modelli “mediterranei” giunti a Siena con loro dal sud della peniso- 20 Ringrazio Giovanni Maccherini per la segnalazione di un consistente e interessante lotto di ceramiche ad Acquapendente. Si tratta di maioliche arcaiche provenienti dall’ex convento di S. Agostino, attualmente conservate presso il museo della città, nella Torre Julia de Jacopo (cfr. A. Satolli, Le origini e la tardiva scoperta della ceramica orvietana medievale: coordinate storico-critiche, in Sconci, Oltre il frammento. Forme e decori cit., pp. 29-38, in part. p. 31). Sulla ceramica di Acquapendente vedi anche R. Chiovelli, Una fornace di ceramiche sulla via Francigena ad Acquapendente, in Le ceramiche di Roma e del Lazio in età medievale e moderna, a cura di E. De Minicis, Roma 1994. 21 O. Mazzucato, Italia centro meridionale, in Mediterraneum. Cerámica medieval cit., pp. 156-171. Vedi anche M. Ricci, L. Vendittelli, Museo Nazionale Romano-Crypta Balbi: ceramiche medievali e moderne, I: Ceramiche medievali e del primo Rinascimento (1000-1530), Milano 2010. 22 R. Luzi, M. Romagnoli, Italia centrale, in Mediterraneum. Cerámica medieval cit., pp. 196-256; Satolli, Le origini e la tardiva scoperta della ceramica orvietana medievale cit., p. 30. 23 Cfr. Whitehouse Introduzione allo studio della ceramica medievale italiana cit., p. 21. 16 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio la, grazie ai mercati come quello di Viterbo, più che dal nord attraverso i contatti pisani con la Spagna (Maiorca). Può essere significativa in proposito la presenza, tra questa maiolica arcaica, dell’orciolo meridionale, testimone di commerci sviluppatisi, per Siena, prevalentemente verso il sud, sull’asse viario in qualche maniera sovrapponibile al percorso della Francigena24. Moduli decorativi comuni dunque, arrivati al centro Italia per vie diverse, fatti propri e qualche anno dopo rielaborati, arricchiti o semplificati anche nelle produzioni correnti, a quel punto ben riconoscibili e differenziate, non solo di Siena ma anche di Pisa, Orvieto e Viterbo. L’abbandono pressochè totale del castello di Miranduolo, in seguito a diversi episodi di distruzione di molte delle sue principali strutture tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, fornisce nel nostro caso un prezioso terminus ante quem e può giustificare il ritrovamento, nell’area signorile, di queste maioliche decisamente rare25, mai rinvenute ad oggi in contesti che hanno avuto, a differenza di questo, continuità di vita. La speranza è che dagli approfondimenti dello studio di queste ceramiche, soprattutto dalle analisi archeometriche, si possano trarre definitive conclusioni in particolare sui materiali utilizzati per la decorazione e il rivestimento, e sulle tecniche di produzione. Potrebbe infatti essere interessante capire se le maestranze non locali, che si insediarono sul territorio con le loro attività produttive, abbiano portato con loro, oltre al sapere tecnico che trasmisero localmente, anche gli “ingredienti” trasportabili, per un ceramista, cioè i pigmenti e gli ossidi necessari per realizzare il decoro e il rivestimento dei manufatti, materiali in seguito sostituiti o integrati con altri di diversa provenienza. Ciò potrebbe spiegare perchè la maiolica arcaica senese di XIV secolo, così immediatamente riconoscibile e individuabile grazie soprattutto ai peculiari colori dello smalto e della ramina, differisca tanto da questa prima produzione. 24 Per le affinità tipologiche e iconografiche tra manufatti ceramici senesi e umbro-laziali, vedi anche R. Francovich, La ceramica medievale a Siena e nella Toscana meridionale (secc. XIVXV). Materiali per una tipologia, Firenze 1982, pp. 121/150, e G. Berti, Pisa. Le “maioliche arcaiche”. Secc. XIII-XV, Firenze 1997, p. 272. 25 Siamo in presenza di manufatti destinati ad un mercato d’élite; la grande diffusione della maiolica arcaica nei mercati allargati alle classi popolari è un fenomeno cui assistiamo, progressivamente, solo a partire dal XIV secolo, in concomitanza con l’aumento delle officine locali, ben percepibile nelle decorazioni semplificate e “seriali” di gran parte della produzione corrente dalla metà circa del secolo in poi. 17 ALESSANDRA PEPI Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Maioliche arcaiche provenienti dallo scavo del Castello di Miranduolo nei pressi di Chiusdino (SI). Alessandra Pepi Foto 1 Foto 2 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Foto 3 Foto 4 Foto 5 Alessandra Pepi Foto 6 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Foto 7 Foto 8 Foto 9 Alessandra Pepi Foto 10 Foto 11 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Foto 12 Foto 13 Alessandra Pepi Foto 14 Foto 15 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Foto 17 Foto 16 Alessandra Pepi Foto 18 Foto 19 Le vie della ceramica attraverso l’Umbria e il Lazio Foto 20 Alessandra Pepi Foto 21