COMO Il Tennis Club Lecco battezza domani (sabato) il “Grand Prix

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COMO Il Tennis Club Lecco battezza domani (sabato) il “Grand Prix
SI FA PRESTO A DIRE LOTTA!
Giovedì 11 novembre 2010
Relatore Maurizio Casarola
COMO - Pochi ma buoni. Poveri ma belli (vincenti). Per lo più stranieri…
La lotta, a Como, si può sintetizzare in queste tre lapidarie affermazioni.
Pochi perché sono appena una dozzina gli atleti che si cimentano con la nobile
disciplina. Buoni, e belli (vincenti), perché spesso salgono sul gradino più alto del
podio e conquistano titoli tricolori in ambito giovanile. Poveri perché sono altri gli
sport ricchi. Stranieri perché quattro quinti del Club Atletica Pesante (Cap), che da
cinquant’anni esatti è anche sinonimo di lotta a Como, non sono nati in Italia.
I motivi della marcata presenza straniera, soprattutto dall’Est europeo (Ucraina e
Moldavia, in primis), li spiega Maurizio Casarola, tecnico del Cap e da tre mandati
presidente provinciale della Fijlkam (Federazione italiana judo lotta karate e arti
marziali).
<La lotta si adatta bene ai fisici dei ragazzi dell’Est. E poi sono abituati al sacrificio e
a “mordere” la vita. La lotta è uno sport impegnativo, non è per tutti e non mi
interessa che sia per tutti… In pratica sei solo con l’avversario a fare “a botte” e i
ragazzi italiani del giorno d’oggi, educati alla nostra maniera, non hanno voglia di
soffrire. E i loro genitori non sono di grande aiuto… Non ultimo, la lotta nei paesi
dell’Est è comunque uno sport di tradizione>.
In Italia, invece…
Ci sono città, come Genova e Faenza, che possono vantare una lunga e consolidata
tradizione nel campo della lotta. All’ombra della Lanterna e in provincia di Ravenna,
si sono formati diversi atleti di rilievo, alcuni dei quali avrebbero poi spiccato il volo
anche in ambito internazionale.
A Como, invece, l’antica disciplina non ha mai avuto particolare vocazione e
riscontro, vuoi per la radicata presenza degli sport nautici, vuoi per l’agiata
condizione dei suoi abitanti, che mal si concilia con uno sport “fisico” come la lotta.
Venne sì organizzato un Campionato italiano, all’Arena del Teatro Sociale e vinto,
tra l’altro, dal campione del remo Giuseppe Sinigaglia, ma che si svolse nel 1905…
E si formò, agli inizi degli anni sessanta, un club di lottatori, il Club Atletica Pesante,
che prese “spunto” dal quel sodalizio cittadino d’inizio secolo chiamato Club Atletico
Como.
Ma se il 24 luglio del 1980, durante le Olimpiadi di Mosca, Maurizio Casarola non
fosse rimasto “folgorato” dall’esito inaspettato della finale tra il favorito atleta russo e
il sorprendente rivale ungherese, molto probabilmente non avreste mai letto queste
righe…
Il 46enne scrittore comasco, allora sedicenne, scoprì in televisione l’amore per la
lotta. Una scintilla che non ha smesso di brillare e che lo identifica, in tutto e per
tutto, nello sport al quale si è dedicato con passione e pervicacia.
<Lottare, sul tappeto e nel corso della vita - afferma Casarola -, può sembrare una
condanna ma in definitiva è una scelta, libera ed affascinante>.
Trent’anni dopo quella torrida estate dell’80, con alle spalle centinaia di incontri
vissuti sulla materassina - dapprima come atleta di media bravura - e, in seguito, a
bordo tappeto come tecnico dalle indubbie qualità, Casarola ha dato alle stampe “Si
fa presto a dire lotta”. Non un trattato tecnico, che interesserebbe una ristretta
cerchia di appassionati, ma un libro di storie di lotta e di lottatori.
Storie personali, e che a volte intrecciano il loro percorso con la Storia con la “esse”
maiuscola, l’altra grande passione, incentrata soprattutto sulla Grande Guerra, di
Casarola.