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Notizie testimonianze proposte per gli amici dei missionari Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore responsabile: Marcello Storgato Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Fruisce di contributi statali (legge 270/1990) In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2012 OTTOBRE n. 8 Messaggio per ottobre “Far risplendere la Parola di verità” I l messaggio del Papa per la giornata missionaria mondiale richiama alcuni fatti importanti. Quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II; siamo alla vigilia dell’apertura dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Tutto questo concorre a riaffermare “la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore” nella missione, affinché il vangelo giunga fino agli estre- mi confini della terra. Concilio dell’universalità Il concilio è stato un segno luminoso dell’universalità della chiesa. Per la prima volta i vescovi provenivano dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina e dall’Oceania, e non solo dall’Europa e dal Nord America. Vescovi missionari e autoctoni, pastori di comunità sparse tra popolazioni non cristiane, animati dalla passione per la diffusione del regno di Dio, hanno contribuito a riaffermare la necessità e l’urgenza dell’evangelizzazione dei non cristiani e a rimettere in luce la natura missionaria della chiesa. Questa urgenza non è venuta meno, anzi oggi si ripropone in La fede “missionaria” Benedetto XVI, indicendo l’anno della fede, scrive che Cristo “oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo vangelo a tutti i popoli della terra”. Per la chiesa, infatti, la missione non è “un contributo facoltativo, ma il dovere che le incombe per comando del Signore Gesù. Sì, questo LA VILTà E IL CORAGGIO A proposito di recenti eventi, aldiquà e aldilà p. MARCELLO STORGATO, sx S ono stato invitato a un dibattito sul giornalismo missionario nel contesto della IV edizione dell’iniziativa “La buona notizia”. Nel tendone di Montecavolo (RE), affollato da oltre 300 partecipanti - in maggioranza giovani - mi è stata posta la domanda: “Hai mai avuto paura a scrivere?”. “Sì, ho avuto e ho tuttora paura”. E ho dovuto spiegare. La mia paura non è per me stesso, ma per gli altri. Paura che quello che io scrivo e pubblico possa implicare altre persone che non c’entrano niente, persone innocenti e inermi, contro cui potrebbe scatenarsi la rabbia dei violenti. Non posso né voglio offrire un pretesto alla pazzia di chi non ragiona, per attaccare e fare del male ai missionari che spendono la loro vita per il bene dell’umanità. C’è modo e modo, infatti, di dare le notizie, pur senza rinunciare alla denuncia e al dovere della giustizia. Ma sarebbe una viltà da parte mia - che vivo al sicuro in una nazione democratica - ferire la tigre che ha sete di sangue umano, e che si sfogherà su persone innocenti a migliaia di chilometri da me. La violenza è una viltà. Non è mai giustificabile, né dal punto di vista religioso né umano. Non c’è ragione né pretesto valido per ammetterla. Non è mai una soluzione; anzi, genera altra violenza in un corto-circuito mortifero a catena. La violenza cieca, poi, che si scatena su persone che non c’entrano niente, è una viltà diabolica, un attacco alle spalle inammissibile. Viltà diabolica è anche quella di certe persone che - da lontano - colpiscono i sentimenti di altri, sapendo già che questi reagiranno. Girare filmati dozzinali o di pregio, disegnare vignette offensive per la fede altrui..., non appartiene alla vera libertà di stampa. Offendere non può rientrare tra i diritti ...democratici. Il coraggio di reagire è sacrosanto. C’è voluto un bel coraggio - proprio nel mezzo di quei Donne musulmane ascoltano il Papa in Libano samaritana che ha chiamato da Gesù i suoi concittadini. p. GABRIELE FERRARI, sx modo nuovo perché gli uomini che attendono Cristo “sono ancora in numero immenso e noi non possiamo restarcene tranquilli, pensando ai milioni di nostri fratelli e sorelle, anch’essi redenti dal sangue di Cristo, che vivono ignari dell’amore di Dio” (Giovanni Paolo II). giorni roventi - salire sull’aereo e atterrare in Libano, nel cuore del Medioriente. È stato come affacciarsi alla gabbia dei leoni, entrare nella fornace ardente. Benedetto XVI l’ha fatto con alto senso di coraggio, umano e cristiano, civile e diplomatico. Qualunque altro “capo” avrebbe rimandato il viaggio in attesa di giorni migliori... Invece, c’era proprio bisogno di gettare acqua sul fuoco della vile violenza e di ravvivare la fiaccola della coraggiosa speranza nella convivenza fraterna tra popoli e religioni, a servizio della pace e della giustizia. Voglia Dio rendere sincera e forte la mente dei responsabili governativi e dei rappresentanti religiosi, che hanno raccolto l’invito di papa Benedetto, sconfessando le manifestazioni di violenza e riaffermando i valori più autentici della fraternità universale. “Ti amiamo!” - questo slogan, gridato insieme dai giovani cristiani e musulmani del Libano, Benedetto XVI se l’è meritato tutto! Ma tocca anche a noi rispondere e darci da fare. Infatti, “l’inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio!”. Come ■ non dargli ragione? Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia Contributo annuo € 10,00 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 2, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue messaggio è necessario. È unico. È insostituibile”. Così affermava già Paolo VI. Abbiamo bisogno quindi di riprendere lo stesso slancio apostolico delle prime comunità cristiane che, anche se piccole e indifese, furono capaci con la testimonianza e l’annuncio di diffondere il vangelo in tutto il mondo allora conosciuto. Anche oggi la missione ad gentes deve essere “il costante orizzonte e il paradigma di ogni attività ecclesiale”, scrive Benedetto XVI nel messaggio. Egli ci invita a “essere attenti verso i lontani, quelli che non conoscono ancora Cristo e non hanno sperimentato la paternità di Dio”. Incontrare e conoscere Gesù Questo esige, anzitutto, una rinnovata adesione di fede personale e comunitaria al vangelo, in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo oggi. Uno degli ostacoli allo slancio dell’evangelizzazione, infatti, è la crisi di fede del mondo occidentale, che pure ha fame e sete di Dio e deve essere invitato e condotto al Pane di vita e all’Acqua viva, come la samaritana che si reca al pozzo di Giacobbe e dialoga con Cristo. L’incontro con Lui, Persona viva che colma la sete del cuore, non può che portare al desiderio di condividere con altri la gioia di questa presenza e di farla conoscere, affinché tutti la possano sperimentare. Così ha fatto la Tornare a evangelizzare Occorre rinnovare l’entusiasmo di testimoniare la nostra fede per promuovere una nuova evangelizzazione di coloro che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo che riscoprano la gioia di credere. La preoccupazione di evangelizzare non deve mai rimanere ai margini dell’attività ecclesiale e della vita personale del cristiano, ma caratterizzarla fortemente, nella consapevolezza di essere destinatari e, al tempo stesso, missionari del vangelo. “Guai a me se non annuncio il vangelo!”, diceva san Paolo. Questa parola risuona per ogni cristiano e per ogni comunità cristiana in tutti i continenti. Anche per le chiese nei territori di missione - chiese per lo più giovani, spesso di recente fondazione - la missionarietà è diventata una dimensione connaturale, anche se esse stesse hanno ancora bisogno di missionari. Per una chiesa giovane Grazie a Dio ci sono ancora missionari, ma anche sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche, e anche intere famiglie che lasciano le proprie comunità locali e si recano presso altre chiese per testimoniare e annunciare il Nome di Gesù, nel quale l’umanità trova la salvezza. È un’espressione di profonda comunione e un segno di vitalità ecclesiale. Evangelizzare è il segno della giovinezza della chiesa. ■ Nella foto in alto, una saveriana, danzando, porta la Parola di Dio in assemblea, per essere proclamata. 2012 ottobre n. ANNO 65° 8 2 Missionari “diversamente vivi” 3 Il vero stile della missione 4/5 Un mondo più umano 6 Il cuore non vorrebbe mai partire Se Dio è ... fuori orizzonte Carlo Salvadori è sacerdote saveriano Vi racconto il bel Dio di Gesù Cristo Le religioni aprano all’amore 2012 OTTOBRE m is sion e e spirito missione FAMIGLIA Il cuore non vorrebbe mai partire I frutti più belli si raccolgono solo alla fine siamo tornati in Italia! O rmai Il 21 agosto, preparate le valigie, siamo saliti in macchina e ci siamo avviati verso Curitiba, la prima tappa del viaggio di ritorno. Quanti saluti, abbracci e pianti! Tutto questo affetto ci ha “travolto”, ma ci siamo talmente affezionati a questo popolo! un raccolto fatto di affetto, di amicizia, di rapporti e di ricordi… Siamo diventati ancora più consapevoli di ciò che abbiamo vissuto e seminato, di ciò che il Signore ha operato grazie anche alla nostra piccola presenza nella vita di coloro che abbiamo incontrato. Fare breccia nei cuori Alessandra - Siamo andati in Brasile con l’intenzione di dire: “Siamo qui per dirvi che vi vogliamo bene. Se ci accogliete, sarà bello camminare insieme”. E loro ci hanno accolto, con affetto, pazienza ed entusiasmo. Noi abbiamo fatto breccia nei loro cuori e loro nei nostri. E ora la partenza: un evento imposto dalle circostanze, e non voluto dai cuori, perché le persone che si amano non si vorrebbero mai lasciare! Gli ultimi giorni, oltre che faticosi per le tante cose da fare, sono stati emotivamente impegnativi e belli. È stato come raccogliere i frutti di questi mesi: “È stato bello...!” Alessandro - Camminando a volte si ha l’impressione di essere fermi, di non combinare nulla. Ma è solo alla fine che uno coglie tutto il bello di ciò che ha ricevuto, costruito e lasciato. In fondo, la missione è anche questo: partire, lasciare, accogliere il nuovo, lasciarsi stupire, incontrare, condividere, ricevere e... ripartire. Prima di partire abbiamo partecipato alla celebrazione domenicale nella comunità dei “sem terra”. Ci hanno regalato una bandiera del movimento firmata da tutta la comunità. Uno di loro ci ha detto: “È stato bello avervi con noi. Non avremmo mai immaginato che qualcuno MISSIONE BAMBINI PADRE ALFEO EMALDI Oggetti e foto, simboli dell’esperienza missionaria in Brasile della famiglia Andreoli, che in questo modo ha voluto salutare tutti gli amici di Laranjeiras do sul ALE & ALE ANDREOLI potesse venire dall’Italia e scegliere di camminare con noi e con la nostra comunità. È stata una testimonianza importante per tutti noi e ci ha dato fiducia in noi stessi…”. Il rischio di incontrarsi Alessandra - L’ultima domenica abbiamo voluto riunire la maggior parte dei nostri amici per un saluto. Eravamo una cinquantina. Infatti, ci sarebbe stato impossibile visitarli uno a uno; e poi volevamo che si incontrassero e si conoscessero tra loro. Abbiamo rischiato un po’ a mettere insieme gente così diversa. All’inizio qualcuno si sentiva un po’ a disagio, ma alla fine è stato molto bello. Abbiamo messo alcuni simboli e foto al centro della stanza, che rappresentassero ognuno, anche chi non era potuto venire. Abbiamo raccontato il significato di ogni oggetto esposto, legandolo alla nostra esperienza di vita con le persone presenti e assenti. E abbiamo ringraziato tutti. Anche Miriam ha contribuito, collocando in mezzo agli oggetti i suoi giochi! Ci ha fatto sorridere, ma ci ha ricordato l’importanza di tutti i bambini che abbiamo co- nosciuto, e anche dei nostri figli dentro questa nostra esperienza! Il grande valore dei figli Alessandro - A proposito dei figli, aggiungo un’altra cosa. Per noi che avevamo “scelto” di partire, quest’esperienza è stata senza dubbio molto ricca. I nostri figli invece non avevano scelta: ci hanno seguito. Ma credo di poter dire che anche per loro sia stata un’esperienza vera e ricca, non sempre facile. Anche la frequenza scolastica è stata importante. Hanno entrambi iniziato a frequentare l’asilo a febbraio. Francesco aveva imparato solo alcune parole di portoghese; Miriam era a livello zero. Eppure, se uno chiede a Francesco quale cosa gli sia piaciuta di più del Brasile, spes- so dice: “la scuola”. Ci sono state anche tante altre cose, ma la scuola è stata per entrambi un momento importante. Ci sono andati fino al giorno prima di partire. Quando il pomeriggio siamo andati a prenderli, le maestre ci hanno consegnato i quaderni con i lavoretti fatti durante l’anno e anche le loro “pagelle”, con i loro commenti personali. È stato commovente leggerli, e abbiamo capito che anche Francesco e Miriam sono stati una piccola presenza missionaria che ha lasciato un segno nelle persone incontrate. Questo “frutto” è stato possibile proprio grazie al fatto di essere partiti e di aver vissuto questa presenza in missione come famiglia. Anche questa è una grazia preziosa! ■ Il saveriano che si tagliò la lingua POF, sx E 2 ra nato in Romagna, a Lugo, nel 1902. Già da piccolo soffriva di miopia. A 17 anni entra tra i saveriani a Parma, accolto da san Guido Conforti, e comincia la sua avventura missionaria. Dopo gli studi diventa prete e nel febbraio 1926 p. Alfeo parte per la Cina. Si mette a studiare il cinese, una lingua difficile, ma lui gioca con i bambini… e così la impara più in fretta. Tutti lo chiamano “padre Gen mantè”, che vuol dire “padre buono”. Va a visitare le comunità cristiane sul suo “cavallo di ferro” (così i cinesi chiamavano la bicicletta). A volte perdeva gli occhiali, che recuperava palpando per terra. Una volta, attraversando un villaggio, le galline spaventate gli si aggrovigliano fra le ruote. Lui si ravvoltola nella polvere e si sbuccia le ginocchia. Ma ciò che più lo fa soffrire è l’aver ucciso una gallina: ha voluto pagargliela alla padrona, spaventata dalla caduta del missionario. In un angolo della casa del vescovo aveva visto una statua della Madonna. Chiede al vescovo di poterla portare in un villaggio per il mese di maggio. Padre Alfeo suda su per la collina. I cristiani lo vedono spingere la bicicletta, con un fagotto arrotolato in una tela bianca. I bambini corPadre Alfeo Emaldi, rono a incontrarlo; gli prendono la bici e nato a Lugo (RA) il 15.3.1902 arrivano presto in paese. Tutti accolgono morto a Como il 14.8.1976 la statua di legno, molto bella e ancora con il naso rotto; le fanno festa e pregano la Madre Celeste con gioia. Un giorno, invece, mentre padre Alfeo spiega il vangelo di Gesù, diversi uomini si addormentano. Allora esce fuori nel cortile, va dietro una catasta di legna e comincia a miagolare come i gatti; corre poi da un’altra parte e fa lo squittio del topolino spaventato. Tutti escono per aiutare il missionario a uccidere i due animali insolenti. Ma un bambino s’accorge e rivela il trucco. Tutti scoppiano a ridere e padre Alfeo ne approfitta per continuare la lezione. Purtroppo, nel 1951, Mao Zedong vuole cacciare tutti i missionari dalla Cina. Anche padre Alfeo viene accusato di tante cose false. Vogliono sapere da lui i nomi dei capi della Legione di Maria. Una notte, dopo le minacce del capo, pensa alle parole del vangelo: ”Se il tuo occhio ti scandalizza, strappalo!”. Gesù non parla della lingua... Ma lui prende una lametta, con due dita tira fuori la lingua e fa un taglio: la bocca si riempie di sangue. Con la speranza che muoia dissanguato, viene messo su una nave. Era il 16 novembre 1951. Ma in Italia la lingua guarisce e lui comincia a parlare più di prima. Non aveva avuto paura di perdere la parola pur di salvare la vita dei suoi fratelli cinesi. ■ missione GIOVANI Se Dio è... fuori orizzonte P arlando con i giovani, spesso emerge un disagio per tutto ciò che è chiesa… Qualcuno insinua: “Andare a Messa è una cosa da vecchi”. Qualcun altro rincara: “Non vedo a cosa possa servirmi”. Ultimamente la risposta diffusa è: “Non vado in chiesa, ma ho una mia spiritualità”. Altri ancora se la prendono con la chiesa come istituzione, con il prete che predica bene e razzola male, e così via… Il rito cristiano è considerato ripetitivo e lontano dalla vita; mentre l’appartenenza alla chiesa è vista come una limitazione alla propria libertà. Tutte le opinioni e le scelte vanno rispettate, così come ogni sensibilità religiosa merita attenzione. Il cammino di fede non è semplice. Spesso siamo messi alla prova e la tentazione di cambiare strada quando la vita ci gira le spalle, prima o poi la subiamo tutti. I giovani chiedono alla chiesa - mi par di capire - di portare soprattutto un messaggio vero, di usare il linguaggio dell’amore e della speranza, per provare l’adesione al vangelo. In questo senso sono importanti le testimonianze di sacerdoti, missionari e religiose. Molti “predicatori laici” e tuttologi dell’informazione, infatti, fanno passare il tempo presente come una notte buia! Interessano DIEGO PIOVANI - [email protected] solo i presunti scandali vaticani. In realtà, di questa notte è solo più faticoso vedere le luci che indicano il cammino… Non è mio compito fare l’avvocato difensore o l’accusatore. Mi limito a riportare le testimonianze, diverse, di due giovani come tanti. Giorgia: Non ci penso... “Catechismo l’ho fatto come tutti, ma non so dire che segno abbia lasciato dentro di me. Avevo tanti interessi, sport e internet fra tutti, oltre alla scuola; e pian piano ho perso di vista il gruppo. Lentamente, quasi naturalmente, non sono più andata a Messa la domenica, se non a Natale e Pasqua. Non ne sento l’esigenza. Gli anni dell’università? Belli e spensierati: studio, amicizie e l’Erasmus in Danimarca. Non so se Dio ci sia stato o meno; ero troppo occupata a fare altro per rendermene conto. Non sono polemica se dico che a Dio per un sacco di tempo non ho pensato. Semplicemente, lui è fuori orizzonte… Io di segni suoi non ne vedo. Ma mi dispiace che mi etichettino come ‘indifferente’. INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE Il mese missionario di ottobre sia l’occasione per tutti di un rinnovato impegno di evangelizzazione. Nei paesi di antica cristianità si sviluppi e progredisca la nuova evangelizzazione. Uccelli: “La nostra carità deve manifestarsi nelle opere”. Sono in armonia con me stessa e con gli altri, voglio bene a Carlo e ci piace convivere, almeno finora. Se Dio c’è, chissà che mi benedica, anche se a lui non è che ci pensi”. Francesco: Sono tornato... - “Avevo visto la morte in faccia ed è cominciata la paura. Ho iniziato a guardarmi indietro e ho visto tanti errori. Dovevo ricominciare tutto da capo. Per la prima volta in 19 anni sono andato in cerca di aiuto. Una domenica mattina mi sono trovato in una chiesa poco distante da casa, a Messa. Ascoltavo e guardavo quell’Uomo appeso alla croce. Mi sentivo un estraneo mentre tutti recitavano le preghiere; io a malapena sapevo il Padre nostro. Ma provavo una sensazione di pace interiore, mi sentivo protetto e rassicurato. Sono tornato anche la domenica seguente e poi ancora quella dopo… Nel frattempo avevo lasciato i miei amici: niente più serate al bar, a fare gli stupidi; basta con le giornate buttate via in cerca di divertimento a tutti i costi. Poi mi hanno chiesto di andare a suonare la chitarra nel gruppo della parrocchia… Così ho conosciuto la mia chiesa, quella che non avevo mai frequentato se non per ricevere Comunione e Cresima. Ho imparato ad ascoltare il vangelo… e cerco di viverlo!”. ■ 2012 OTTOBRE V ITA S AV ERIA NA Missionari diversamente vivi La missione non finisce con la vita terrena I n un mese e mezzo, dal 1° agosto al 15 settembre, il Signore ha chiamato alla vita celeste ben quattro missionari saveriani. Dall’inizio dell’anno, sono stati nove i saveriani chiamati all’altra vita. Alcuni si sono spenti dopo una lunga esperienza terrena; altri sono stati chiamati anzitempo - per così dire - a missione incompiuta, quando avrebbero potuto consumarsi ancora in tanti anni di utile lavoro nella vigna del Signore. La malattia e la morte rimangono sempre un mistero profondo. Una convinzione ci rimane nell’animo: la chiamata alla missione non cessa con la fine della vita terrena; continua, diversamente, anche nell’altra. “La vita non è tolta, ma trasformata”; così anche la missione: non è revocata, ma trasformata. Siamo infatti “missionari a vita”: vita terrena o celeste che sia! Anche i defunti nel corpo sono “diversamente missionari”: forse i migliori. Li sentiamo perciò ancora viventi e operanti nell’interminabile opera dell’annuncio del vangelo a tutte le genti, finché il Signore verrà per stabilire il mondo nuovo. Vi presentiamo, in questa pagina di “vita saveriana”, i nostri ultimi quattro missionari “diversamente vivi” e li raccomandiamo alla vostra fraterna preghiera. Ottorino Monaci, novarese A Pekanbaru, in Indonesia, il 1° agosto è morto improvvisamente p. Ottorino Monaci. Si stava preparando per andare a celebrare Messa, quando si è sentito male. Nato a Ornavasso (NO) il 7 marzo 1940, aveva 72 anni. Padre Ottorino diventa sacerdote diocesano nel 1964, ma il suo progetto era un altro: desiderava la missione. Il 2 ottobre 1965 entra nel noviziato saveriano di Nizza Monferrato. Giunge in Indonesia nel 1968 e qui rimane per quasi 45 anni, impegnato in numerose attività pastorali. “Del missionario aveva il fisico e la lunga barba - dice di lui p. Corvini - sembrava uno dei profeti; lo chiamavano pastor gemuk, il pastore grosso. Ma era un gigante buono, amato da tutti”. ■ Vittorino Mosele, veronese Da tre anni lottava contro la Sla e il 23 agosto p. Vittorino Mosele è salito al cielo. Aveva a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx quasi 77 anni, era nato a San Bonifacio (VR) il 6 novembre 1935. Dopo il liceo a Desio, studia teologia negli Usa, dove è ordinato sacerdote nel 1960. S’impegna con tutte le forze nell’animazione missionaria degli studenti universitari perché, diceva, “sono i leader della nostra società futura e desidero siano aperti al mondo, con spirito missionario”. Nel 1976 p. Vittorino raggiunge la Sierra Leone, dove rimane per 25 anni. È rettore e insegnante del seminario di Makeni e parroco della cattedrale. Nel 2000 per quattro lunghi mesi è ostaggio dei ribelli, un’esperienza che racconta nel libro: “Ho salvato la pelle, ho lasciato il cuore”. ■ CARLO SALVADORI DI PARMA LAICATO SAVERIANO Una settimana d’estate nella casa di Ancona Il vociare dei bambini e il sorriso degli anziani ROBERTA BRECCIA Le famiglie del laicato saveriano ogni anno si ritrovano durante l’estate a vivere una settimana di preghiera e di formazione. Quest’anno abbiamo avuto il privilegio di trascorrere la nostra convivenza nella casa dei saveriani di Ancona, che ci ha generosamente accolto nella settimana dal 19 al 25 agosto. Eravamo una cinquantina di persone tra adulti e bambini. La convivenza estiva è un’occasione unica per ritrovarci e passare un po’ di tempo insieme. Infatti, il laicato saveriano conta gruppi sparsi in varie parti d’Italia (Salerno, Desio, Parma, Macomer, Ancona). La settimana ha perciò l’obiettivo di “fare famiglia”, di gustare la gioia di stare insieme accompagnati dalla Parola di Dio. Padre Ulisse Zanoletti ci ha guidato nella meditazione del “Padre nostro”, donandoci molte riflessioni preziose che ci accompagneranno anche nel corso dell’anno. Abbiamo anche avuto occasione di approfondire diverse tematiche legate ai temi della missione, degli stili di vita improntati alla sobrietà e alla ricerca della giustizia sociale. Abbiamo riflettuto sulla vita di comunione, aiutati da p. Silvio Turazzi che è venuto appositamente da Parma per passare una giornata con noi. Importanti sono stati anche i momenti di svago e le gite: abbiamo... invaso le spiagge del Conero e visitato i paesi limitrofi. È stato bello per noi poter vivere una settimana insieme ai saveriani di Ancona e sentiamo il desiderio di ringraziare tutti i padri, specialmente i più avanti negli anni, per la pazienza con cui hanno accolto la nostra presenza, a volte un po’ ingombrante, il vociare dei nostri bambini, i piccoli scombussolamenti nelle abitudini giornaliere… Trascorrere questo tempo insieme ci ha aiutato a sentirci ancora più parte della grande famiglia saveriana. Alcuni partecipanti alla convivenza estiva nella casa saveriana di Ancona, con p. Ulisse (in piedi a sinistra) La sera di sabato 22 settembre, nel santuario San Conforti a Parma, è stato ordinato sacerdote il saveriano Carlo Salvadori. Giovane parmense, ha studiato nel seminario della diocesi, finché ha risposto alla chiamata di Cristo a lasciare tutto per dedicarsi all’annuncio del vangelo ai lontani. È saveriano dal luglio del 2007. Ha poi continuato la formazione nelle comunità saveriane in Camerun, collaborando con il compianto p. Sergio Favarin nell’animazione dei giovani africani. Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta per mano del vescovo di Parma mons. Solmi, p. Carlo ha celebrato l’Eucaristia nella sua parrocchia di origine ed è ripartito per il Camerun, per occuparsi della pastorale giovanile. Lo accompagniamo con la preghiera costante. ■ J. Carlos Loroño, spagnolo Il 26 agosto a Galdacano, in Spagna, è morto p. José Carlos Loroño. Non a v e v a ancora 55 anni (10 settembre 1957). È stato investito dalla sua auto che s’è mossa mentre stava aprendo il garage sulla stradina in discesa. Era sacerdote dal 1983. Dopo un periodo di animazione missionaria in Spagna, viene destinato alla Sierra Leone, dove rimane fino al 1998. Dopo altri sette anni nel Paese natale, torna in Africa. Vive alla periferia della capitale Freetown, impegnato nella formazione degli aspiranti missionari sierraleonesi e nell’attività pastorale con la gente. Era anche incaricato dell’economia per tutti i saveriani in Sierra Leone. I confratelli lo attendevano di ritorno: “Padre Carlos ci manca per il suo ordine, la sua cura, la sua pazienza e lo stile sobrio. ■ Lino Ballarin, veronese A Parma il 15 settembre si è spento a 92 anni p. Lino Ballarin. Era nato ad Arcole (VR) il 4 dicembre 1920. Ordinato sacerdote nel 1945, studia storia ecclesiastica alla Gregoriana e poi insegna ai teologi saveriani fino al 1961. Partito per il Congo, s’impegna nelle scuole e nelle missioni della diocesi di Bukavu. È anche superiore dei saveriani dal ’69 al ’72.Diceva: “In Africa provavo un senso di grande distensione. Ero impegnato in una missione che dà alla vita la massima pienezza. Ogni gesto, ogni parola possono costruire e comunicare tesori a chi non ha nulla”. Rientrato in Italia per ragioni di salute, si dedica alle ricerche storiche sull’istituto saveriano e compone un grosso volume - Storia di un progetto - sulle Costituzioni saveriane. È direttore del museo cinese a Parma, dove cura specialmente la sezione Africana. Scrive anche due apprezzati volumi di Favole dell’Africa. ■ SAVERIANI A SARAJEVO rale del santo nella sua prima diocesi dove ha fatto esperienza episcopale (1903-1904)”, informa l’arcivescovo di Ravenna mons. Verucchi. Un devoto pellegrinaggio a due direzioni: il santo pastore torna a visitare il suo gregge; la chiesa diocesana si reca a venerare le sue spoglie e a ricevere la sua benedizione. Da Parma l’urna del santo è accolta a Ravenna il 12 ottobre nella basilica di Sant’Apollinare in Classe; poi visita i sei vicariati dell’arcidiocesi, con la celebrazione dell’Eucarestia e la visita dei vari gruppi di fedeli dalle parrocchie. Dal 18 al 20 ottobre l’urna è in venerazione nella cattedrale di Forlì, nella casa dei saveriani e nelle chiese parrocchiali di San Pietro in Vincoli e di Cava. Il pellegrinaggio si chiude nella cattedrale di Ravenna, domenica 21 ottobre, con la partecipazione degli studenti saveriani di Parma e del superiore generale p. Rino Benzoni. Accompagna l’urna in tutte le tappe p. Guglielmo Camera, che ha pubblicato il libro, “San Guido Conforti, Maestro e modello di vita per i suoi figli e fi■ glie di Ravenna”. L’incontro “Uomini e religioni”, che si tiene annualmente in diverse città d’Europa per diffondere lo spirito dell’evento di Assisi del 1986, si è tenuto quest’anno a Sarajevo dall’8 all’11 settembre. L’incontro raccoglie i rappresentanti delle maggiori tradizioni religiose mondiali, insieme a persone con ruoli importanti nel mondo della politica. È un grande sforzo di dialogo per promuovere il cammino dell’umanità verso la pace. Fin dall’inizio (1989), all’incontro è invitato anche il centro di dialogo Shinmeizan, in Giappone. Quest’anno la saveriana Maria De Giorgi ha svolto il tema, “Le religioni in Giappone sulla via del dialogo”; p. Franco Sottocornola ha contribuito sul tema, “Religioni in Asia. Dare un’anima allo sviluppo”. ■ SAN GUIDO TORNA A RAVENNA E FORLì “Dal 12 al 21 ottobre viviamo il pellegrinaggio dell’urna con le reliquie del Conforti nella diocesi di Ravenna: una visita pasto- L’urna del Conforti nella casa dei saveriani a Ravenna, in visita alla sua prima diocesi 3 2012 OTTOBRE DAL VANGELO IL VERO STILE DELLA MISSIONE IL DIALOGO LA BELLEZZA DEL NOSTRO DIO è fatto così: vuole tanto bene a tutti don BRUNO MAGGIONI H o predicato la Bibbia ai missionari, l’ho predicata alle suore, l’ho predicata in clausura. Stranamente, le mie prediche erano uguali. Perché c’è una spiritualità di fondo, che è il vangelo, e che è per tutti e che sorregge tutti. Questa spiritualità - che viene dal vangelo e che è comune a tutti - in pratica si deve poi esprimere nei vari impegni che ognuno si trova a fare, nei vari ambienti in cui ognuno vive e deve intervenire. Questa è l’unica cosa che posso e che so fare. Io non conosco la tecnica missionaria né la tecnica della preghiera in clausura. Dovunque e a tutti io parlo della preghiera di Gesù Cristo. E vedo che va bene. Si sente dire che le monache di clausura hanno una loro spiritualità, i missionari ne hanno un’altra e così via. Io ho sempre trovato che, se gratti in fondo, la spiritualità è uguale. Nel mio libretto, “Alle radici della sequela”, descrivo la sequela come una struttura spirituale che è di tutti i cristiani. È chiaro che poi questa si manifesta in forme diverse. Ma il messaggio di Gesù Cristo è uguale. Non può essere diversamente. C’è un rischio missionario Sembra che oggi i missionari più giovani sentano una maggiore esigenza di spiritualità: è giusto che la sentano. Perché c’è un “rischio missionario”, che d’altra parte è necessario correre, perché l’attività missionaria non mira solo all’evangelizzazione e alla conversione, ma anche ad aiutare le persone a diventare libere. È chiaro che all’interno di questa scelta, complessa e giusta, si può esagerare. C’è infatti il rischio di concentrarsi troppo sulle attività; c’è il rischio di legare troppo la spiritualità all’attività. Si può fare solo promozione umana, costruire scuole e ambulatori eccetera, e non parlare di Gesù Cristo, di conversione, di fede cristiana. Ma è anche vero che non esiste una vera spiritualità che non si impegni anche in queste cose. Comunque, il missionario è colui che annuncia come può - con la testimonianza e con le parole - Gesù Cristo e il suo vangelo, senza prevaricare su nessuno. E dicendo sempre: “il mio Dio vuole bene a tutti gli uomini e le donne: ha dato la vita per tutti noi”. Un “sì” libero per amore Gesù Cristo voleva bene, tanto bene all’uomo in nome del Padre Celeste. Ma proprio perché gli voleva bene, voleva che fosse libero. Intendo dire che, dentro all’idea religiosa che tu annunci e testimoni, c’è sempre anche un’idea di uomo: che non è l’uomo schiavo, ma l’uomo libero; un uomo che se dice “sì”, lo dice liberamente; non è costretto. Gesù ci rivela e ci testimonia un Dio diverso; ed è una diversità bellissima! Un Dio che, proprio perché è Amore, ci dà il comandamento dell’amore, ma non ci costringe. Puoi anche rifiutarlo; ma se lo rifiuti, la colpa sarà solo tua. E comunque, non è mai una costrizione, come farebbe un dittatore o un despota. L’attività missionaria non mira solo alla conversione e all’evangelizzazione, ma anche ad aiutare le persone a diventare libere; nella foto, p. Luigi Brioni, Sierra Leone SEMPLICE, RADICALE, UNIVERSALE Dio non ha bisogno di schiavi C’è un racconto della Genesi che mi piace molto, anche perché c’è una cosa strana a cui non avevo mai badato prima. Quando il serpente chiede a Eva, “perché vi ha proibito di mangiare i frutti del giardino?”, Eva risponde: “Non è vero; possiamo mangiarne, eccetto quelli di un albero”. “E perché?”, continua il serpente. “Per non morire!”, Eva risponde. Ma il diavolo corregge: “Perché non vuole che diventiate come lui!”. In questo modo il serpente vuole affermare l’idea di un «Dio padrone», un padrone per il quale devi lavorare come uno schiavo! Invece, se Dio ti dà un comandamento è un bene per te: è per essere più uomo. Sempre. Perciò - forse esagerando - io dico sempre ai miei ascoltatori: “Se ricevete un comandamento che vi umilia come persone, guardate che viene dagli uomini, non da Dio!”. È una cosa così evidente leggendo il vangelo, che mi meraviglio come non ci si accorga. Che idea hai tu di Dio? Un padrone? Allora è un disastro! Dio non ha bisogno di schiavi. Siccome ci vuole bene, vuole che viviamo nel modo più dignitoso per noi. ENZO BIANCHI L’evangelizzazione è sempre annuncio di una novità: la novità di Gesù Cristo. La semplicità emerge a ogni passo della riflessione di don Bruno Maggioni; ne costituisce la vera spiritualità, la tela di fondo. È una semplicità che fa rima con radicalità. Non potrebbe essere diversamente, perché tutto l’argomentare di don Maggioni è inerente al vangelo e al servizio del vangelo. Una semplicità che non ha nulla a che fare con la facilità, perché è frutto di ascesi, di lavoro interiore e di studio, e si manifesta come equilibrio tra conoscenza biblica e capacità di dire il vangelo oggi nella storia agli uomini, in modo comprensibile a tutti, colti e ignoranti. La semplicità è universale: raggiunge tutti, parla la lingua dello spirito, annuncia a tutti senza distinzione l’opera di Dio, proprio come avvenne nel giorno della Pentecoste. La semplicità è universale come è universale la Bibbia. Universale è la Buona Notizia destinata a Enzo Bianchi, biblista e amico ogni uomo, come universale è l’Amore di Dio e la midi mons. Bruno Maggioni sericordia di Gesù. L’universalità è uno dei fili che rivelano la sua qualità di uomo, non solo innamorato del vangelo, ma anche mosso dalla compassione per l’uomo e dall’anelito per la comunità riconciliata. Don Maggioni situa la nuova evangelizzazione nell’orizzonte dell’essenzialità evangelica, fuori dalla quale essa rischia di vedersi impoverita in prospettive prevalentemente sociologiche o culturali o pastorali. Anche in chiesa, la domenica, un prete deve fare una spiegazione del vangelo che serva alla conversione di quella gente; ma nella conversione di quella gente c’è che appena uscita di chiesa deve fare un servizio agli altri. Se no, è inutile. Perché la gente che va in chiesa è tanta, non è poca, anche se se ne infischia degli altri. La semplicità del Maggioni è anche quella con cui egli pone l’oggi della chiesa e della storia davanti alla Parola di Dio. E riesce a farlo senza cadere in attualizzazioni banalizzanti. Ma sempre facendo seguito alla Parola che ha la sua forza nella mitezza. 4 2012 OTTOBRE “Il mio Dio vuole bene a tutti” Secondo me questo messaggio aiuta molto anche il dialogo religioso, almeno come lo intendo io. In certi momenti, ci può essere anche una discussione su Gesù Cristo, supponiamo, fra te e un musulmano. Ma il dialogo non consiste nel discutere. Il dialogo è invece questo: che io credo nel mio Dio, e lui nel suo; io però gli dico che credo in un Dio che ha questa idea dell’uomo. Il dialogo religioso, infatti, ha sempre una forte caratteristica antropologica, che si riflette su Dio. Anche nel mio libretto citato sopra tocco questo aspetto facendo il seguente ragionamento. Se uno mi dice, “il mio Dio è arrabbiato con te, perché tu non lo onori come faccio io”, io rispondo che “il mio Dio vuole bene anche a te”. Questa è la novità del nostro Dio, che sta alla base del dialogo religioso. Io do un piatto di minestra anche a chi è musulmano: perché? Perché il mio Dio vuole bene anche a lui. Lui non sarà d’accordo, ma si accorgerà - spero! che il mio Dio è più bello del suo. Altrimenti pazienza: si tenga il suo Dio. Però io cristiano ho qualcosa che è mio, a cui tengo molto: il mio libero rapporto con Dio che ama tutti! ■ L’ANNUNCIO VI RACCONTO IL BEL DIO DI GESù CRISTO a cura di p. LINO MAGGIONI, sx saveriani siamo molto riconoscenti a don Bruno N oiMaggioni e ci sentiamo onorati di celebrare i suoi ottanta anni di vita, ringraziandolo per l’aiuto che lui - grande biblista - continua ad offrirci da oltre quarant’anni. È sempre stato disponibile a ogni nostro invito, in Italia e dall’estero. Così don Bruno ha avuto l’opportunità di visitare molte nostre missioni, specialmente dopo il concilio Vaticano II, per predicare gli esercizi spirituali biblici ai missionari e alle missionarie. Ancora adesso, ogni anno, egli offre un corso di esercizi spirituali su un tema biblico nella nostra casa di spiritualità di Tavernerio (Como). Don Bruno è conosciuto e letto anche nei paesi di missione. In Burundi, dove non è ancora terminato il lavoro di traduzione della Bibbia in lingua locale, ho trovato nell’unica libreria di Bujumbura “Il racconto di Marco” di don Maggioni, tradotto in lingua kirundi. In Giappone ho incontrato un missionario che stava meditando il suo commento all’Apocalisse; un confratello in Brasile mi ha parlato con entusiasmo del suo commento al Qoèlet; in Bangladesh tra i libri nella biblioteca saveriana ho trovato “I racconti evangelici della Passione”... Molti di noi abbiamo imparato da lui la spiritualità evangelica nella nostra vita missionaria. Una spiritualità che ci spinge a contemplare le opere di Dio nel nostro animo e a raccontarle a tutti coloro che egli ama con amore infinito e liberatorio. In queste due pagine offriamo il testo di una lunga intervista che don Bruno Maggioni mi ha concesso. Sono certo che i nostri lettori si lasceranno entusiasmare e convincere dalle sue parole semplici, che manifestano le sue profonde convinzioni missionarie. ■ tempo fa c’è stato un incontro a Como, cui hanQ ualche no partecipato in tanti (ma io non c’ero). Una persona mi ha riferito: “Don Bruno, stiamo andando indietro a vista d’occhio. Perché c’è ancora l’idea: «Con questi sì, con quelli no! Se si costruisce una scuola in Africa, è per aiutare i bambini che si convertono; non per aiutare i bambini dei musulmani eccetera...». Questa idea ci fa andare mille anni indietro! Qualcuno ha fatto presente che don Bruno invece sostiene che «Dio vuol bene anche ai musulmani»; ma hanno subito reagito...”. Ne sono convinto e lo ripeto. Sì, Dio vuole bene anche a loro. E tu che sei un cristiano devi dimostrarlo e devi voler bene anche a loro! Don Bruno Maggioni, al centro, con due sposi da lui battezzati quando erano in fasce che gli presentano il loro bimbo; a destra p. Lino Maggioni LA TESTIMONIANZA Quando per strada ti sorridono... p. GIOVANNI GARGANO, sx Padre Gargano - noto come “padre Giuà” - è un saveriano originario di Salerno. Da vari anni è missionario in Bangladesh, incaricato dell’animazione missionaria tra i giovani. Vive a Dhaka, l’immensa capitale con numerosi quartieri di baraccati, che spesso visita. È il suo modo per annunciare il vangelo. S La vera differenza sta nel servizio don BRUNO MAGGIONI Foto archivio MS IL VANGELO SOLIDALE DEI POVERI ABBIAMO QUALCOSA DA DIRE Andando avanti, continuiamo a offrire il tè. Un ragazzo ci chiede di ascoltare una preghiera. Inizia con l’invocazione a Dio Onnipotente. Gli chiedo di quale religione è. Mi dice che è musulmano. Al termine, chiede di dire un’altra preghiera: è un’invocazione per la pace nel mondo, ai nostri giorni... Poi ci confida che lui si drogava; da quattro mesi ha finito il programma di riabilitazione e adesso lavora in un negozio. Andiamo avanti. Incontriamo di nuovo la coppia con un bambino nel mezzo: come Maria, Giuseppe e il Bambino. Oggi il papà ci ha rallegrato con il suo flauto: una melodia che penetra nelle ossa e commuove. Verso la fine, incontriamo la banda dei bambini: appena abbiamo chiesto loro se volevano il tè, si sono lanciati a capofitto. Poi mi hanno detto i loro nomi: Sumon, Sahin, Ridoe... E mi hanno chiesto se conoscevo “Brother Lucio”, un fratello del Pime che con alcuni volontari organizza la scuola per strada. ono convinto di una cosa: “quando per strada la gente semplice e povera ti saluta e ti sorride, allora la città in cui vivi inizia a diventare la tua famiglia”. Da alcuni mesi ho lanciato ai giovani di Dhaka la proposta di portare del tè a coloro che dormono per strada in questo periodo di freddo. I giovani, entusiasti della proposta, si sono “La mia città è la mia famiglia” resi disponibili. Insieme, con i nostri thermos in mano, iniziaIl nostro gruppo, formato da giovani del Bangladesh, contimo il nostro pellegrinare. È una giornata speciale. nua il suo impegno accanto a questi nostri fratelli e sorelle. Ci Partiamo sempre dalla grande rotonda: lì incontriamo le siamo dati una sorte di slogan: “amar shohor amar poribar prime persone. Ci invitano a la mia città è la mia famiglia”. Padre Giuà Gargano tra i poveri che vivono sederci e iniziamo il dialogo Usciamo due volte la settimain una delle bidonville di Dhaka, in Bangladesh della vita: come stanno, cosa na. Attraverso il tè, stiamo rifanno, e altre domande semuscendo a capire anche la vita plici. Ci muoviamo più avanti: delle persone, i loro bisogni e altre quattro persone che lavole loro difficoltà. Scendiamo rano tutto il giorno spostando veramente per strada e andiaterra con rudimentali carretti mo incontro agli altri con tutta tirati a mano. Mi stendono a la nostra naturalezza di esseri terra la loro coperta per sederumani, nella gioia di quel Crimi e iniziamo a parlare. sto che è venuto a piantare la sua tenda in mezzo a noi. Ascoltiamo le loro storie Credetemi: sono senza paroIl nostro vero obiettivo non le; è un’esperienza unica. Anè solo offrire una tazza di tè che questa sera - come le tante caldo, ma incontrare la gente, altre sere - mi porto dentro gli ascoltare le loro storie. sguardi profondi e belli della Il pellegrinare continua. tanta gente che ho incontrato. Mentre diamo il tè, un giovaVi lascio con un altro racne mi dice che anche lui deconto: un giovane, che chiasidera unirsi al nostro gruppo. mo “il guru”, mi ha domandaGli chiedo se è cristiano, visto to: “Perché tu mi ami così tanche mi aveva chiamato “father to?”. Gli ho risposto: “Perché - padre”. Risponde: “No, sono gli altri non ti amano”. Lui mi hindu; vedendovi, mi è venuguarda ed esclama: “Manush ta voglia di seguirvi”. L’ho manushe - gli uomini sono chiamato: “il miracolo della uomini”. Che altro dire? Una testimonianza, del vangelo grande lezione di vita! Pace a vivente”. tutti. ■ “Tu da che parte stai?” Ricordo due medici missionari di Milano, giovani e simpatici, che tornati in Italia, la prima domanda che hanno loro fatto è stata: “Quanta gente avete convertito?”. Hanno risposto: “Nessuno”. E la gente: ”Ma allora cosa siete stati lì a fare?”. “Siamo medici e cerchiamo di guarire i malati; vedono l’esempio e la gente ci vuole bene”, rispondono i due giovani medici. “Non capite che c’è una differenza fra noi e loro? Se ci mandate delle medicine per i bambini, noi le usiamo per i bambini malati cattolici e per i bambini malati musulmani. Cosa che loro non faranno mai. Questa è la vera differenza tra cristianesimo e islam; e non perché uno fa il segno della croce e l’altro no”. Ricordo anche un altro episodio avvenuto durante un convegno di religiose in un paese di missione. Mi dicevano alcune suore che, quando tornavano in Italia, la gente voleva sapere: “da che parte stai, da che parte non stai...”. Anche ai missionari rivolgevano la domanda: “ma tu sei di destra o di sinistra?”. I missionari rispondevano come potevano... Anche a me hanno chiesto: “lei, cosa ne dice, di che parere è?”. La via per migliorare il mondo Ma Gesù Cristo perché è venuto al mondo? È o non è venuto per tutti? È o non è morto per tutti? O solo per i cattolici? Che poi, uno vada in paradiso o no, non sta a me dirlo. Il nostro Dio ci lascia liberi; non ci costringe con la forza. Abbiamo la libertà di fare il bene; e se c’è il male nel mondo, lo facciamo noi. Io aggiungo che l’amore lascia sempre liberi. Se non lascia liberi non è amore. È un grande mistero! C’è da meravigliarsi come Dio, pur essendoci al mondo tanto male, lo lasci così. Però ci ha indicato la strada per farlo andare bene. La croce di Cristo ha lo scopo di farci vedere come vivere nel mondo, se vogliamo farlo andar bene, se vogliamo vincere il male. Ci diranno che così non faremo mai carriera! Anche Gesù non ha fatto carriera: l’hanno messo in croce, ma ha fatto vedere che si risorge! Uno che vuole far carriera e dominare sugli altri a tutti i costi, non so se risorgerà: io spero di no; e comunque sono affari suoi... Sono cose ovvie, ma si dimentica di dirle, perché abbiamo una concezione un po’ sbagliata. Il nucleo del nostro annuncio Al di fuori del mondo cosiddetto “occidentale” - in Africa, Asia e America latina - c’è un senso religioso naturale: vedono le cose in rapporto a Dio e hanno un forte senso di spiritualità, che noi non abbiamo più. In questo contesto, che senso ha per i missionari “andare a predicare il vangelo”? La risposta è semplice e importante: loro avranno una loro spiritualità; ma il nostro compito è di dire come è fatto il Dio in cui crediamo. Punto e basta! I musulmani difficilmente diranno, “il nostro Dio vuole bene a tutti gli uomini in modo uguale”. Non lo diranno, perché credono che Allah vuole bene a loro, e sono disposti a tutto per farlo trionfare. Fino a poco tempo fa, anche noi ragionavamo così... La verità è che il nostro Dio è Amore. Quindi il nostro compito è dire: ”Noi crediamo in Gesù Cristo, che è vissuto così, che ha fatto questo e ha detto quest’altro. Ecco il punto principale del nostro “annuncio”. Quello che Dio fa per noi... La prima notizia del vangelo non riguarda ciò che noi dobbiamo fare per Dio, ma ciò che Dio fa per noi; e da lì noi capiamo chi egli è. Gesù ci rivela il vero Dio: è diventato uomo per farci vedere come un uomo deve guardare Dio. Nel vangelo ci sono dei testi formidabili. Ad esempio, il pastore in cerca della pecora smarrita. La parabola non dice niente di ciò che la pecora deve fare per farsi trovare. Racconta, invece, ciò che Amare servendo gli altri è anche il modo che noi abbiamo per far vedere Gesù Cristo; nella foto, padre Marcello Zurlo, Amazzonia fa il pastore per trovarla. Per convertire la gente, io devo annunciare ciò che Dio fa per loro; devo spiegare cosa vuol dire essere uomini secondo Gesù Cristo. Io sono qui ad annunciarti il mio Dio, perché io sono contento di lui (e forse sei contento anche tu!). Ed è un Dio liberante: non è venuto a farti soffrire per andare in paradiso. Credendo nel vangelo, tu vivi meglio anche nel mondo. Un Dio... “capovolto” Amore è che volendo bene all’altro, lo servi. Gesù dice questo: “Non sono venuto per farmi servire, ma per servire”. Non è un Dio capovolto? Se viene Dio, noi dobbiamo metterci a servirlo. Invece, no. Dio è venuto per servire noi. (Spero che lo capiscano anche certi vescovi e cardinali... e si rendano più accessibili!). Quando il vangelo parla di “servizio”, intende il rapporto vicendevole fra di noi: se uno ha fame, Dio lo aiuta; ma tocca a me aiutarlo, se voglio testimoniare Gesù Cristo. Altrimenti come fa l’affamato a vedere Gesù Cristo? Dobbiamo capire - ed esserne convinti - che amare gli altri, servirli nei loro bisogni, è il massimo della nostra gloria. Non è una gloria “trionfale”, che non permette di vedere Dio. Amare servendo gli altri è anche il modo che noi abbiamo per far vedere Gesù Cristo. Come lui ci ha fatto vedere Dio amando, così anche noi: questa è la nostra potenza e la nostra spiritualità. Ognuno può ragionare a modo suo. Ma se voglio dare testimonianza a Dio - come cristiano e come missionario - devo fare cose normali che fanno vedere il servizio, senza preoccuparmi di far vedere lo splendore di Dio. Lo splendore di Dio è l’Amore! ■ VE LI RACCOMANDIAMO ! Due bei libri di don Bruno Maggioni Vale la pena conoscere più in profondità l’amico biblista, “innamorato del vangelo e dell’umanità”. Perciò raccomandiamo due suoi ultimi libri: il primo è più adatto ai consacrati e ai sacerdoti; il secondo è per i fedeli laici e per tutti. Bruno Maggioni, “ Alle radici della sequela”, Ancora 2010, pp. 112 - € 13,00 L’identità di troppi cristiani è “liquida “. La vita consacrata, considerata per secoli la roccaforte della Chiesa, è in affanno. Don Maggioni propone come principale rimedio a questo stato di crisi generale il ritorno alle radici della sequela. L’identità di Gesù è alla base dell’identità del discepolo che, a sua volta, si riflette nell’identità del consacrato. Bruno Maggioni, “La pazienza del contadino. Note di cristianesimo per questo tempo”, Vita e Pensiero, 2006, pp. 285, € 14,00 L’immagine del contadino esprime la fiducia insista nel gesto di chi semina: dalla piccolezza del seme verrà in futuro la copiosità del raccolto. Così è la Parola di Dio. Ma questo prodigio avviene nel segreto della terra, durante il tempo invernale, quando al contadino è chiesta la confidente pazienza dell’attesa: il seme del regno cresce nella storia grazie alla potenza di Dio, che resta nascosta. Questa consapevolezza libera il cristiano dalla presunzione di far dipendere il destino del vangelo dalle proprie capacità. Queste “note di cristianesimo” sono offerte ai cristiani del nostro tempo, frettolosi e ansiosi di vedere, ma poco capaci di attesa. Il discepolo invece si fida di Dio. 5 2012 OTTOBRE il m on do in casa SUD/NORD NOTIZIE Mosse di pace ● Congo Rd: un milione di firme. Una petizione firmata da un milione di congolesi per dire “no” alla guerra nell’est del Paese è stata consegnata all’Onu da una delegazione di capi religiosi e civili. Hanno auspicato che la pressione nei confronti del Ruanda non si fermi fin quando “non saranno adottate sanzioni esemplari” dal Consiglio di sicurezza. L’iniziativa interreligiosa è stata ideata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla strategia di destabilizzazione messa in atto dai ribelli, come il “Movimento del 23 marzo”, sostenuti da potenti interessi esterni per sfruttare illegalmente le risorse minerarie. Esistono prove a carico di Kigali, accusata di fornire aiuti ai nuovi ribelli. Congo Rd / 2: marcia della speranza. Si è svolta il 1° agosto nelle 47 diocesi congolesi la “marcia della speranza”, nell’ambito delle iniziative per ● Un mondo più umano pagina a cura di DIEGO PIOVANI Alla marcia della speranza i partecipanti hanno affidato il Congo Rd all’intercessione della Vergine Maria ne del Ruanda e dei suoi dirigenti affinché “riscoprano fratelli da amare e non da aggredire”. ■ Battaglie mai vane! ● Bombe opporsi alla cosiddetta “balcanizzazione” del Congo. Ogni delegazione parrocchiale portava uno striscione con lo stesso messaggio: “No al saccheggio delle nostre risorse”. I partecipanti hanno affidato il Paese, e in particolare la sua parte orientale, all’intercessione della Vergine Maria e hanno lanciato “un caloroso appello” alla conversio- cluster: fine vicina? Sono stati compiuti progressi significativi per un mondo più libero dalle bombe cluster (a grappolo). Lo sottolinea il rapporto 2012 pubblicato da cinque organizzazioni internazionali impegnate nel disarmo. Nel 2011 anche l’Italia ha ratificato la Convenzione di Oslo contro le cluster, ma da due anni è ferma la proposta di legge che proibisce il supporto finanziario a banche e aziende estere coinvolte nella produzione. ● Caccia F35 nel mirino. I rap- presentanti di varie associazioni, tra cui “Tavola della Pace”, hanno simbolicamente consegnato al governo 75mila firme di cittadini che vorrebbero la cancellazione del programma di acquisto MISSIONI NOTIZIE Iniziative e novità ● Il Congresso africano dei laici. È stato un successo il Congresso africano del laicato, che si è svolto a Yaoundè in Camerun. Sono stati analizzati gli attuali scenari sociali, economici, politici e culturali del continente insieme alle priorità, ai problemi e alle sfide della chiesa. Il laicato africano ha bisogno di essere risvegliato. La grande sfida è quella di offrire un contributo concreto alla costruzione di una società più rispettosa della dignità e dei diritti della persona, e più solidale con i deboli e i poveri. Brasile: giubileo dei giovani. Si è tenuto a metà agosto ad Acará il giubileo per i 50 anni di evangelizzazione della diocesi di Abaetetuba. L’obiettivo era riunire i giovani delle 16 parrocchie della diocesi per studiare, discutere e rinnovare il piano di evangelizzazione giovanile. Il tema del giubileo era: “Ben radicati e fondati nel Signore, saldi nella fede”. Più di duemila giovani hanno attraversato le strade della città cantando, pregando e ringraziando il Signore. Poi, nel centro sportivo mons. Flavio Giovenale ha presieduto la celebrazione Eucaristica insieme ai sacerdoti diocesani e ai saveriani. L’evento è stato un successo, ma più grandi potranno essere i frutti spirituali. Tra i promotori più impegnati, c’era il saveriano p. Piero Colombara, missionário ad Acará. ● Nigrizia: nuovo direttore. Padre Efrem Tresoldi è il nuovo ● 6 direttore del mensile dei comboniani, dopo una fase di “rodaggio” durante la quale ha affiancato il direttore uscente p. Franco Moretti. “Riprendo in mano Nigrizia ma questa volta mi servirà una marcia in più”, ha dichiarato p. Efrem che aveva già guidato “Nigrizia” negli anni ’90, prima di una lunga esperienza missionaria in Sudafrica. Al nuovo-vecchio direttore auguriamo buon lavoro al servizio ■ della missione! Segni di speranza Libano: la visita del Papa. Un messaggio di incoraggiamento e speranza in un momento difficile per l’intero Medio Oriente. Così mons. Maroun Lahham riassume il significato della visita apostolica di Benedetto XVI in Libano. Muhammad Sammak, consigliere politico del gran Mufti del Libano, ha spiegato che: “Il viaggio del Papa ha mostrato al mondo che il popolo libanese, cristiani e musulmani, è tutto dalla stessa parte, mentre i partiti si dividono e generano conflitti; le reti televisive per qualche giorno si sono concentrate sulla visita papale, e i politici con le loro contrapposizioni sono spariti dagli schermi. Tutti erano felici di ciò, e si auguravano anche per questo che il viaggio papale in Libano durasse più a lungo”. ● Kazakistan: nuova cattedrale. La diocesi kazaka di Karaganda ha inaugurato la nuova cattedrale dedicata alla Madonna di Fatima, “Maria, Madre di ● Invitiamo i lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org Visitate anche il nostro sito www.saverianibrescia.com per leggere tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali e la versione in formato pdf. Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com tutti i popoli”. Il rito è stato presieduto dal cardinale Angelo Sodano, alla presenza di oltre 1.500 fedeli. Il vescovo, mons. Janusz Kaleta, ha detto: “Crediamo che questi siano i frutti dei martiri e della sofferenza che i fedeli cristiani hanno vissuto in passato in queste terre”. Nell’era sovietica il Kazakistan divenne luogo di deportazioni per eccellenza, fra cui migliaia di cattolici. A Karaganda oggi sorgono una grande moschea, una chiesa ortodossa e una nuova cattedrale cattolica, per celebrare la fede e ricordare i martiri. ■ Una storia speciale ● Premio “Cuore Amico” 2012. A Brescia, sabato 13 ottobre, nella 21ª edizione del premio missionario “Cuore Amico”, l’importante riconoscimento sarà consegnato alla bresciana Lucia Robba e alla milanese Mariuccia Gorla per la sezione laici. Impegnate da 40 anni in Congo, lavorano in collaborazione con i saveriani nell’assistenza sanitaria. In particolare, hanno contribuito alla ristrutturazione dell’ospedale di Kampene nel 1982 insieme ai volontari marchigiani. Dopo la parten- Erano più di duemila i giovani che hanno partecipato ad Acará, in Brasile, al giubileo per i 50 anni di evangelizzazione della diocesi di Abaetetuba e gestione di 90 cacciabombardieri F35, che costa diversi miliardi di euro. ● Belo Monte:ripresi i lavori. Il presidente del Supremo tribunale federale del Brasile, Carlos Ayres Britto, ha autorizzato la ripresa dei lavori della controversa centrale idroelettrica di Belo Monte, nel Pará, in Amazzonia. Secondo le motivazioni della sentenza, cancellare il progetto comporterebbe un “danno irreparabile” alla politica energetica nazionale. Il rischio per la sopravvivenza delle comunità native, invece, non è stato preso in considerazione... ● Ciad: senza pioggia. La stagione delle piogge si fa sempre più corta e irregolare; i cambiamenti climatici stanno accelerando il processo di desertificazione e moltiplicano le tensioni sociali. Il Ciad si è “ristretto” e la competizione per lo spazio utile è diventata dura. Su una popolazione complessiva di 11 milioni di persone, i bambini che rischiano di morire di fame sono 127 mila. Gli aiuti alimentari servono a ridurre i danni dell’emergenza, ma non possono compensare la domanda di acqua, cibo, suolo fertile. Servono interventi strutturali dei governi e azioni di riequilibrio ambientale. ■ MESSAGGIO ALLE CHIESE LE RELIGIONI APRANO ALL’ AMORE Dall’appello per la pace diffuso al termine dell’incontro di Sarajevo, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, a cui hanno partecipato anche p. Franco Sottocornola e la saveriana Maria De Giorgi del centro Shinmeizan (Giappone). Tutti a Sarajevo ci ricordano come la guerra sia un grande male e lasci un’eredità avvelenata. Bisogna evitare con tutte le forze di scivolare nella spirale terribile dell’odio, della violenza e della guerra. Il vicino non deve trovarsi a lottare con il vicino perché appartiene a un’altra religione o a un’altra etnia. Mai più in questa terra! Mai più in nessuna parte del mondo! Siamo in un tempo in cui sempre più gente diversa si avvicina geograficamente. Ma non basta. Occorre avvicinarsi nel profondo. Bisogna farlo spiritualmente pur nella differenza delle religioni. Siamo diversi. Ma la nostra unanime convinzione è questa: vivere insieme tra gente diversa è possibile in ogni parte del mondo, è molto fecondo. E grande è la responsabilità delle religioni in questo. Oggi, in un tempo di crisi economica, è forte la tentazione di ripiegarsi, anzi di incolpare gli altri popoli dei propri problemi. Così un popolo diventa per l’altro straniero o nemico. Ma nessun popolo è nemico: tutti hanno sofferto, tutti hanno un’anima buona, tutti possono vivere insieme! Le religioni hanno un grande compito: parlano di Dio al cuore dell’uomo e lo liberano dall’odio, dai pregiudizi, dalla paura, e lo aprono all’amore. Le religioni possono insegnare ai popoli l’arte di vivere insieme attraverso il dialogo, la stima reciproca, il rispetto della libertà e della differenza. Possono, così, creare un mondo più umano. Si deve creare nel dialogo una lingua fatta di simpatia, di amicizia, di compassione. Questa lingua comune consente di parlarci, vedendo la bellezza delle differenze e il valore dell’uguaglianza. Vivere insieme in pace è volontà di Dio. za dei volontari, loro sono rimaste a Kampene, un villaggio di foresta difficile da raggiungere per tutti, ma non per i ribelli Mai-Mai. Nel 1999, Lucia e Mariuccia sono vittime di un sequestro durato sei mesi, insieme a p. Sciamanna e p. Campagno- lo. Questo episodio, però, non le ha allontanate dal loro impegno che hanno ripreso con caparbietà e fede. Nel 2003 sbarcano di nuovo a Kampene in elicottero, con i guerriglieri ad attenderle a fucili spianati e la gente ad accorrere loro incontro festante, lasciando nell’imbarazzo ribelli e responsabili Onu. Il premio “Cuore Amico” verrà assegnato anche alla suora orsolina Maria Giovanna Alberoni, missionaria in India, e a p. Aldino Amato, missionario domenicano in Pakistan. ■ Da sinistra, p. Campagnolo, Mariuccia Gorla e Lucia Robba, nel 1999 dopo il sequestro 2012 OTTOBRE D I A L O G O E SO LID A RIETÀ lettere al direttore p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale “COSA PUOI FARE TU, PER LA CHIESA?” Caro direttore, sono l’ufficiale che nel 1995 riportò a casa le sette suore saveriane rapite in Sierra Leone. Ero molto amico di padre Vittorino Mosele. La notizia della sua morte è per me molto dolorosa. Ho passato 53 giorni con lui: ci vedevamo tutti i giorni a Pamelap, nei pressi della sua missione. Era sempre una gioia incontrarlo e lui era felice di vedermi, anche perché gli consentivo di telefonare con il mio satellitare ad amici e benefattori. Quando, qualche anno dopo (settembre 2000), è stato lui a essere catturato, ci siamo rivisti al suo rientro in Italia ed è stato a cena a casa mia. La moglie e i figli sono rimasti impressionati dalla sua bontà e dolcezza. È stato un uomo e un sacerdote verso il quale ho sempre avuto la massima stima, ammirazione e affetto. Lo porterò sempre nel cuore. Riccardo Fantozzi, via E-mail Caro direttore, come ufficiale della Marina, ho visitato i luoghi in cui voi operate nelle vostre missioni. Scrivo riferendomi al titolo dell’editoriale in prima pagina di agosto/settembre: “Una chiesa povera e libera”. E penso al vostro operato inerme e semplice, come agnelli tra i lupi, in terre martoriate, dove Dio si è dimenticato della loro esistenza. Sono ateo; mi sono discostato dalla fede cristiana non per partito preso, ma per una ragione scientifica oltre che naturale. Per duemila anni la chiesa ha predicato opere di misericordia, ma in realtà ha fatto l’opposto: dalle guerre sante alle azioni punitive contro gli eretici, fino ai giorni nostri con lo scandalo della banca Ambrosiana... Sbagliare è umano, ma ripetere gli stessi errori, per nascondere l’avidità del potere, è da sciocchi. E la chiesa sembra perseguire, come tutti, gli stessi errori... Allora mi chiedo: se abbiamo bisogno di una guida, questa non possiamo trovarla nella chiesa. Un saluto, con affetto e profonda sincerità, vostro, Enzo, Massa Lubrense (NA) - via E-mail Cari amici, le due lettere di Riccardo ed Enzo sono molto diverse - nei toni e nei contenuti - anche se le accomuna la stima e l’affetto per i missionari, che cercano di servire l’umanità nello spirito del vangelo di Gesù. Evidentemente, ognuno di noi porta dentro un’esperienza di vita che orienta anche il nostro pensare e operare, e anche le nostre scelte di ragione e di fede. Sbagliamo tutti, è vero; ma nel mondo c’è anche tanto bene: dobbiamo saperlo vedere e riconoscere! Così pure la chiesa, comunità di peccatori e di santi: ha sempre bisogno di misericordia e di conversione, confrontandosi con Cristo e il suo vangelo. Vorrei qui ripetere la domanda del compianto card. Martini, al termine della sua ultima intervista: “Ho una domanda per te: Che cosa puoi fare tu per la chiesa?”. È una domanda importante, anche perché - è il caso di ricordarcelo - la chiesa (e l’umanità) migliora o peggiora con noi! Con affetto sincero, vostro, p. Marcello, sx STRUMENTI D’ANIMAZIONE è ora di pensare al 2013 Per vivere meglio il 2013 quasi alle porte, vi segnaliamo due strumenti utili per annotare impegni, attività, impressioni… Agenda Biblica e Missionaria 2013 dove poter trovare le letture quotidiane della Messa, commentate in chiave missionaria e tanto altro... L’agenda è in commercio in tre formati e con tre prezzi. • Cartonata rigida (cm. 14,5x21) € 15 • Plastificata (cm 14,5x21) € 12 • Plastificata tascabile (cm 10,5x15,2) € 10 Per i lettori, sconto speciale del 30% per acquisti di almeno tre copie di uguale o diverso tipo. Agenda della pace 2013, frutto del lavoro di Cem Mondialità che la confeziona da oltre vent’anni. Una copia (cm 10x14,8) € 4,50. Sconto del 30% per acquisti superiori alle tre copie. I MISSIONARI SCRIVONO Dal Congo arrivano i rallegramenti per Ale & Ale Sul mio tavolo ho tante altre cose in sospeso, forse anche più importanti. Ma è un po’ che ho qui davanti a me una cosa che mi dà fastidio: “Missionari Saveriani” di giugno-luglio 2012 che, oltre agli altri articoli interessanti, contiene anche il paginone dei due Ale & Ale, sposi marchigiani in Brasile. Voglio congratularmi con loro per la bellissima testimonianza che ci hanno offerto. Del resto, leggo sempre anche il loro intervento a pagina 2 nella rubrica “Missione famiglia”; come leggo sempre con gusto anche tutto il resto di “Missionari Saveriani”, comprese le lettere al direttore e dei missionari e le riflessioni di Diego nella rubrica “Giovani”. Quindi, bravissimi loro e bravissimi voi! Una sola parola: continuate! p. Antonio Trettel, sx - Bukavu, RD Congo Fino in Brasile, per conoscere... “Missionari Saveriani” Cari amici, è un bel po’ che non scrivo e ho una gran voglia di salutarvi. Qui tutto come sempre: tanto lavoro e i soliti problemi di chi è impegnato nella formazione. Grazie a Dio la salute tiene e posso lavorare a pieno ritmo. Potrei fare meno? Ma come si fa a dire “no” alle richieste della gente? Padre Vittorino Mosele Ora sto sognando una casa più decente e definitiva per con Riccardo Fantozzi il noviziato saveriano qui in Brasile, dopo cinquant’anni nel 1995, a Pamelap, di provvisorietà. Speriamo di farcela. Sierra Leone Ora una richiesta. In estate sono venuti in visita due giovani mandati dal centro missionario di Bergamo. Hanno visto sul mio tavolo “Missionari Saveriani”, che non conoscevano, e mi hanno chiesto come abbonarsi e riceverlo a domicilio. Ecco i loro indirizzi... È sempre bene seminare! Io “Misionari Saveriani” lo leggo sempre da cima a fondo e credo aiuti molto quando entra nelle nostre famiglie. Auguro ogni bene a tutti, p. Alfiero Ceresoli, sx - Hortolandia, Brasile Dalla Thailandia un buon sistema per i ladri di biciclette! Carissimi amici, la settimana scorsa abbiamo avuto un ospite inaspettato ma gradito, almeno da parte mia. Padre Thierry, invece, non l’ha gradito molto. Si tratta di un “cucciolo” di pitone che abbiamo trovato appollaiato sul manubrio della bicicletta, legata al palo nella veranda dietro casa. Così piccolo, ma già appassionato di ciclismo! Evidentemente è un esemplare di... pitone viaggiatore! Appena l’ho visto sono corso a prendere la macchina fotografica e gli ho scattato alcune foto. Lui è rimasto tranquillamente in posizione fino a quando non ho finito; poi se n’è andato, sempre tranquillamente, con la sua tipica calma. Eccovi la foto che mi piace di più. Un abbraccio (anche da parte del pitoncino), p. Giovanni Matteazzi, sx ([email protected]) PS - Potrebbe essere un buon sistema per assicurarsi contro i... ladri di biciclette? solidarietÀ CAMERUN: ADOTTA UNO STUDENTE SAVERIANO La comunità “San Guido Conforti” di Bafoussam (nella foto) è composta da 15 giovani di Camerun e Ciad che hanno iniziato il percorso di formazione saveriana, per consacrarsi al Signore e alla missione. Stanno compiendo gli studi di filosofia presso il seminario diocesano. Ogni studente in un anno paga 600 euro di tasse scolastiche. A ciò si aggiunge il trasporto (40 chilometri andata e ritorno tutti i giorni), i libri, il materiale didattico, computer e stampante..., per un totale di 900 euro in media per persona. La comunità “San Guido Conforti” ha iniziato l’attività formativa nel 1999. Da allora, molti giovani stanno già lavorando come missionari saveriani in Colombia, Burundi, Messico, Filippine, Italia, Ciad, Camerun e Thailandia. Questo è un grande segno di speranza. Chiediamo agli amici lettori di aiutare questi giovani nelle spese scolastiche, perché possano diventare bravi missionari. Sono tutti giovani pieni di buona volontà ma poveri di mezzi. Proponiamo di “adottare uno studente”. Si può contribuire con un’offerta libera, annuale o mensile. Grazie, per la vostra generosità. p. Fernando e p. Pierre, sx piccoli progetti 8/2012 - CAMERUN Adotta uno studente saveriano Quindici studenti saveriani di Camerun e Ciad studiano filosofia al seminario di Bafoussam. Tra tasse scolastiche, trasporto e materiali, le spese annue per ognuno ammontano a 900 euro. I saveriani chiedono di adottare uno studente con un’offerta libera annuale o mensile. • Responsabili del progetto sono p. Fernando e p. Pierre. 7/2012 - FILIPPINE Micro prestiti per lo sviluppo I missionari saveriani che lavorano al “Sitio Militar”, uno dei quartieri più poveri di Manila, chiedono un contributo per consolidare e rafforzare il fondo per micro prestiti alle famiglie e per l’istruzione scolastica dei bambini, per un futuro più dignitoso, per 15.000 euro. • Responsabili del progetto sono p. Euge- nio Pulcini, p. Giacomo Rigali e p. Yoanes Purnomo. Richiedere a: Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta su C/c.p. o bonifico direttamente a: • Libreria dei popoli, Brescia “Associazione Missionari Saveriani Onlus” tel. 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781; e-mail: [email protected] Viale S. Martino 8 - 43123 PARMA C/c 1004361281 (Cod. fiscale 92166010345) IBAN IT77 A076 0112 7000 0100 4361 281 Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto. Grazie. 2012 OTTOBRE ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 Serafino: pastore, muratore e montanaro Genitori: i più grandi benefattori Cesarina, vera mamma missionaria è deceduta il 20 luglio a Venegono Inferiore (VA) Cesarina Besozzi De Giorgi, mamma della saveriana Maria. Una vera “mamma missionaria”. Casa De Giorgi, vicina al grande e vivace studentato teo- logico dei missionari comboniani di Venegono Superiore, fu fin dagli anni ‘60 luogo d’incontro, una piccola succursale, per i tanti giovani studenti missionari amici dei cinque figli di mamma Cesarina e papà Luigi. Quando una di questi, Maria, entrò tra le missionarie saveriane di Maria agli inizi degli anni ‘70, casa De Giorgi diventò luogo di incontro anche per saveriani e saveriane, con i loro sogni e i loro progetti missionari. Tanto che Luigi e Cesarina De Giorgi, genitori della saveriana papà LuiMaria De Giorgi; Cesarina è salita al cielo il 20 luglio 2012 p. FRANCO SOTTOCORNOLA, sx gi, geometra e direttore di lavori nel settore edile, per ben tre volte si recò in Burundi, per collaborare con il saveriano p. Luigi Vitella in varie iniziative. Quando Maria, destinata al Giappone, iniziò la sua attività missionaria al centro di spiritualità e di dialogo interreligioso “Shinmeizan”, mamma Cesarina e papà Luigi vi si recarono per “dare una mano” per alcuni mesi, durante i quali papà Luigi costruì i due “eremitaggi” e la grande scalinata che collega la casa “sopra la collina” con quella “sotto la collina”. Ma mamma Cesarina fu attiva specialmente nel “gruppo missionario” della parrocchia di Venegono Inferiore, gruppo che si riuniva ogni settimana a “La Benedetta” come era chiamato l’allora oratorio femminile parrocchiale, dove, oltre a pregare e a progettare iniziative per le missioni, si confezionavano i tanti “pacchi-dono” che partivano per tutte le direzioni del globo. ■ La festa dei famigliari 2012 Una giornata di incontro, festa e preghiera domenica di maggio L’ ultima abbiamo celebrato la festa dei parenti dei missionari bergamaschi. È stata una bellissima giornata, illuminata da un sole luminoso e colorata dai tanti fiori che adornano il nostro parco. I famigliari dei saveriani e delle saveriane sono arrivati verso le 10. Il momento meno formale è quello dei saluti tra famiglie, quasi fossimo tutti una sola famiglia, amici di lunga data. Un semplice aperitivo ha scaldato meglio l’ambiente di amicizia e di incontro gioioso. La Messa nella parrocchiale Poi, tutti insieme siamo saliti verso la chiesa parrocchiale per la celebrazione della Messa: la nostra cappella, infatti, era troppo piccola per contenere tutti i convenuti. Ho rivolto all’assemblea due parole di benvenuto, mentre p. Mario Curione ha intonato e animato i canti con voce calda e potente. La Messa è stata presieduta da p. Chui (si pronuncia Ciùi e sta per Jesús - Gesù); è messicano, membro della direzione generale, che ci ha fatto dono di una bella omelia missionaria sulla festa di Pentecoste. Dieci i concelebranti: oltre ai saveriani della comunità di Alzano, c’erano anche p. Giuseppe Pulcini dal Camerun, p. Giovanni Carrara dal Burundi, p. Ulisse Zanoletti da Parma e p. Giosuè dei dehoniani che è venuto tra noi per portare un po’ di allegria durante il pranzo. Stare insieme è già festa Alle 13 siamo scesi di nuovo verso la nostra casa, dove ci aspettava il pranzo in fraternità. Si sono alternati momenti di p. MARIO GIAVARINI, sx conversazione familiare, sorteggi dell’estrazione a premi e interventi umoristici del clown p. Giosuè Torquati: barzellette, giochetti, indovinelli… insomma una sorpresa dietro l’altra. Abbiamo notato che gli invitati, oltre che trovarsi tra parenti, hanno il piacere di ritrovarsi con i parenti di altri missionari, con i quali hanno stretto da anni forti legami di amicizia. Per cui stare insieme è già festa! Anni fa, quando i missionari erano più giovani - e più giovani erano anche i genitori - in queste giornate si viveva un’intensa atmosfera missionaria. Oggi, forse, la conoscenza della missione è più reale e così anche la famiglia partecipa in maniera più concreta alla missione del proprio caro. Speriamo, in ogni caso, che lo spirito missionario non si spen■ ga, ma cresca sempre più. Domenica 27 maggio la chiesa di Alzano era davvero piena per la celebrazione Eucaristica in occasione della festa dei famigliari dei missionari bergamaschi 8 p. ULISSE ZANOLETTI, sx P apà Serafino ha avuto una vita travagliata… Apparteneva a una famiglia di piccoli agricoltori che aveva casa sulle pendici del Monte Secco, nella località Cacciamali di Ardesio. Vi era nato il 17 aprile del 1927, sesto di nove fratelli e sorelle. A nove anni rimane orfano di madre e a tredici è già sulle strade della bassa Milanese ad accompagnare greggi di pecore. Durante la guerra si unisce a un gruppo di boscaioli della zona di Ardesio che lavorano sulle pendici dei monti che circondano il san- Serafino Zanoletti, papà di p. Ulisse: Ardesio, 17 aprile 1927 - 4 agosto 2012 tuario di Oropa; la Provvidenza misteriosamente lo protegge da un rastrellamento nazista che lo avrebbe condannato ai lavori forzati in Germania. Dopo la guerra, due anni di militare e poi la vita da migrante in Svizzera come muratore. Nel frattempo si sposa con mamma Agnese e mette al mondo sei figli. A prezzo di grandi sacrifici riesce a costruirci una casa bella e confortevole... Era bello aspettarlo il sabato sera di ritorno dal cantiere e cantare insieme o mettersi a disegnare o dipingere, e la domenica andare insieme a Messa. L’incontro con i saveriani gli ha sempre dato gioia; con alcuni di loro ha stretto amicizie profonde… Ricordo che “per fare spazio ai saveriani”, che erano sempre tanti quando arrivavano a casa con me, ha demolito una parete dell’appartamento per ingrandire la sala dove celebravamo l’Eucaristia seguita dalla condivisione della cena... Amava in modo particolare salire le montagne, camminare a lungo sui sentieri di alta quota dove si sentiva libero e a suo agio in quelle solitudini piene di fascino e di bellezza. Nella foto è a Molveno (Trento), sotto la ca■ tena alpina del Brenta. Prossimi appuntamenti dai saveriani di Alzano, in via Ponchielli 4 Adorazione missionaria: giovedì 18 ottobre ore 20,30 Messa missionaria: sabato 10 novembre ore 20,45 (in ricordo dei saveriani defunti). Siete “benvenuti”, e tutti invitati a unirvi, almeno spiritualmente. FESTA DEI FAMIGLIARI IN FOTOGRAFIA La Messa è stata celebrata dal saveriano messicano p. José de Jesús Romero, rappresentante della direzione generale dei saveriani; accanto a lui p. Mario Giavarini. Angelo (cognato di p. Gotti) e Stefania, segretaria tuttofare dei saveriani di Alzano, lettori durante la Messa; Stefania si è prodigata molto per la buona riuscita della festa. 2012 OTTOBRE BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Messico, nuvole e... tequila Dal 10 novembre in mostra a San Cristo il comune di Brescia M entre non ha ancora sciolto le riserve se allestire la mostra su atzechi e maya, una cosa è certa: i missionari saveriani quest’anno porteranno i loro visitatori in Messico! Non si tratta di un viaggio organizzato, ma della tradizionale mostra annuale, giunta all’11ª edizione. Essendo un lavoro impegnativo e complesso, un sentito ringraziamento va rivolto a tutti i volontari che si dedicano all’allestimento della mostra e alla preparazione dei laboratori. Grandi risorse e problemi Il Messico è bagnato dall’Atlantico e dal Pacifico. Al nord troviamo steppe e deserti, mentre verso sud le pianure e i rilievi più bassi ospitano foreste tropicali. Gran parte del suo territorio è costituito da altipiani oltre i 1500 metri di altitudine, fra cui la Meseta (altopiano) centrale, dove vive la maggior parte della popolazione ed è il cuore economico del paese. Qui sorge Città del Messico, la capitale, costruita sul territorio che fu dominio dell’impero azteco, la cui capitale Tenochtitlan è stata distrutta da Cortez nel 1521 ed è ora sommersa dall’immensa città moderna. Il Messico vive una grande crescita demografica e urbana, dovuta alla forte migrazione di popolazioni contadine nelle città. Sovraffollamento delle periferie, continui tentativi di emigrazione clandestina verso gli Stati Uniti e lotta ai cartelli della droga sono tra i principali problemi del Paese. Mentre una fiorente agri- DIEGO PIOVANI coltura, grandi depositi minerari d’argento, petrolio e gas naturale sono le sue ricchezze. Folklore, arte e devozione I visitatori potranno ammirare paesaggi mozzafiato, pannelli che ritraggono momenti di vita, oggetti che mostrano le grandi capacità artistiche dei messicani. Risuoneranno le classiche musiche dei “mariachi” che accompagnano le numerose feste popolari, mentre i bambini conosceranno i giochi messicani e i giocattoli fatti a mano. Non mancheranno esemplari di abiti folkloristici, i codici antichi, i manufatti delle antiche culture maya e azteche, la celebrazione festosa della Vergine di Guadalupe. All’interno del salone, oltre agli oggetti provenienti anche dal Da 25 anni sacerdote missionario La celebrazione nella chiesa di Casaglia 9 settembre nella D omenica gremita chiesa di Casaglia 8 avete sempre accompagnato. Dio, che mi ha donato la vita e mi ha chiamato a lavorare nella sua vigna, è sempre stato presente. Lo ringrazio per tutto ciò che mi ha donato e anche per ciò che mi ha tolto. Ho imparato a essere figlio, amico, padre; soprattutto, ho imparato a essere “figlio di Dio”. In Africa ho imparato ad amare ancora di più la famiglia: non solo quella naturale, ma la grande famiglia allargata che abbraccia tutta la comunità, qui a Casaglia - che è il mio paese e in Camerun - dove ho vissuto la missione - con tante mamme che pregano per me e tanti giovani che ho accompagnato nella formazione. Grazie a don Edoardo per questa giornata di festa, a don Lorenzo, ora parroco di ben sette parrocchie, a don Angelo, che mi ha battezzato e abbracciato come sacerdote missionario e ogni tanto mi faceva avere in p. OLIVIERO VERZELETTI, sx Africa qualche bottiglia con il biglietto: “Vino da Messa, buono anche per i vespri cantati”! p. Oliviero Verzeletti ha celebraGrazie, perché questa vita non è to la santa Messa del 25° di sasolo mia, ma anche vostra. cerdozio (20.9.1987), attorniato Vogliamo continuare con giodai famigliari, da cinque saveia, guidati dall’esempio di Gesù, riani e da cinque sacerdoti. Erache abbiamo letto nel vangelo no presenti anche i famigliari di (Marco 7, 31-37). Gesù viaggia p. Sergio Targa (Castrezzato) e molto, anche dentro il territorio del compianto p. Vittorio Falsi“pagano” - luogo della missiona (Castegnato), che ha celebrane - per avvicinare chi è lontano, to il suo 25° dal cielo. Ecco una per incontrare chi è sordo-muto sintesi della sua bella omelia. e isolato, impedito a comunicare con gli altri. Anche noi viviamo Per ricordare, l’esperienza del sordo e del muto: ringraziare, continuare quante volte nelle famiglie si parDopo 25 anni di prediche, dola tra sordi e tanti giovani si pervrei essere abituato a parlare in dono perché non sono ascoltati. pubblico. Lo ero fino a qualche Gesù ci porta in disparte e ci minuto fa... (pausa di emozione, tocca con le gioie e le prove delinterrotta da un forte applauso di la vita. Ci tocca per risanarci. Ci incoraggiamento!). Sono felice fa ascoltare la parola pronunciata di trovarci insieme per celebrare i su di noi il giorno del battesimo: miei 25 anni di sacerdozio missio“Effatà! Apriti!”. Apriti alla luce, nario. Un’occasione per fare meall’aria, all’amore, alla compasmoria di un dono che ho ricevuto, sione. Apriti e accogli la vita, tua con il proposito di viverlo pienae di tutti. Apriti a Cristo, senza mente insieme a voi tutti, che mi avere paura. Prima apri gli orecchi e poi parla. Invito tutti ad ascoltare con mente aperta e a parlare con il cuore sulle labbra. Infatti, sa parlare correttamente solo chi sa ascoltare. Continuate a pregare per me, perché io possa iniziare ogni giorno ascoltando la parola del Signore: Padre Oliviero Verzeletti, al centro, domenica 9 settembre ha celebrato il suo 25° di ordinazione sacerdotale nella chiesa di Casaglia, insieme a famigliari, amici e confratelli ■ “Apriti!”. La piramide Uxmai, in Messico, e il saveriano bresciano, p. Mario Gallia, missionario ad Acoyotla Museo etnografico dei saveriani di Parma, ci sarà un’esposizione di dipinti dell’artista messicana Maria Puga Jimenez, in cui si vivranno i colori dei fiori, i profumi del mare e la forza dei vulcani. Laboratori e solidarietà Accanto alla mostra sono allestiti laboratori di artigianato e arte messicana differenziati per percorsi e gradi di difficoltà: pennacchio di Montezuma, sombreri, mosaici, maschere. I laboratori si svolgono durante la mattina e sono aperti solo per le scuole. Le classi che visitano la mostra possono, inoltre, preparare degli elaborati seguendo uno schema fornito all’ingresso. I lavori saranno oggetto di premiazioni alla fine della mostra. Ma, come sempre, mostra significa anche solidarietà. Quest’anno il ricavato verrà donato al saveriano bresciano p. Mario Gallia, rettore e formatore della comunità degli studenti di teologia a Città del Messico. Saranno finanziate alcune “borse di studio” per i ragazzi delle missioni di Santa Cruz e Acoyotla, perché possano frequentare la scuola. Orari e informazioni La mostra sarà aperta dal 10 novembre al 24 febbraio 2013 (orari feriali: 9 - 12,30 e 14,30 - 17; domenica e festivi: 14,30 - 18,30). La visita alla mostra è gratuita, mentre la partecipazione ai laboratori prevede un contributo di € 2,50 per partecipante. È necessario che i gruppi prenotino per tempo sia la visita che i laboratori. Per informazioni e prenotazioni: tel. 349 3624217; fax 030 3774965; e-mail: mexico@save■ riani.bs.it INAUGURAZIONE ED EVENTI CULTURALI D. PIOVANI L’inaugurazione della mostra 2012 “Messico, un Paese moderno erede di antiche e affascinanti civiltà” è sabato 10 novembre, alle ore 15.30, con una conversazione sul tema “Mexico lindo y querido”, tenuta dal saveriano messicano p. Ernesto Moriel e dalla prof.ssa Anna Casella Paltrinieri, docente di antropologia culturale. Alle 18 in San Cristo il taglio del nastro per la mostra Per tutto il periodo della mostra sono previsti diversi e interessanti appuntamenti collaterali. Sabato 24 novembre - 20,30: spettacolo di musica e danze tradizio- nali, con la partecipazione della scuola di danza “Arte e Vita” di Breno e del gruppo di suonatori Mariachi “La Plaza” di Milano. Ingresso libero. Mercoledì 12 dicembre - 20,30: in occasione delle festività per la Vergine di Guadalupe, conferenza di p. Ernesto Moriel sulla storia e il significato dell’importante ricorrenza religiosa. Ingresso libero. Domenica 22 dicembre - 20,30: concerto di Natale, con la parteci- pazione della Banda Musicale di Collebeato, diretta dal maestro Emanuele Sartorelli. Ingresso libero. Venerdì 18 gennaio 2013 - 20,30: conferenza su “Il sacrificio umano precolombiano tra cosmologia e propaganda politica”, tenuta da Erika Valseriati, esperta in archeologia e scienze preistoriche. Ingresso libero. Sabato 2 marzo 2013 - 19,30: serata gastronomica con un ricco menù di specialità tradizionali messicane. Il prezzo è di € 24 a persona. Occorre prenotare entro e non oltre il 15 febbraio (tel. 349 3624217; e-mail: [email protected]). 2012 OTTOBRE CAGLIARI 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 340 0840200 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Cristo della Strada e degli emigrati Al chilometro 56 della 131, fermati e scendi... P er dieci anni ho percorso in auto la superstrada 131 Cagliari - Sassari e viceversa… Durante i miei spostamenti ho sempre visto con la coda dell’occhio la statua bianca del “Cristo della Strada” che guarda i passanti in marcia, nei pressi del bivio di Sardara al chilometro 56. Un giorno, mi sono fermato a osservare da vicino la statua che raffigura Cristo con le braccia tese in avanti per accogliere i viaggiatori e tutti coloro che si fermano, come dice la scritta. Accoglie con le mani protese La statua del Cristo Redentore è stata fatta costruire una decina d’anni fa da due famiglie di un paesino della diocesi Ales-Terralba, emigrate in America del sud, in omaggio alla loro natia Sardegna, e in ringraziamento della fortuna trovata in Ameri- ca. Molto probabilmente fu fatta costruire sull’idea del Cristo Redentore di Nuoro. Il vescovo Orrù e il cardinale Pompedda, che benedirono la statua, durante la cerimonia vedendo le mani di Gesù protese ad accogliere i viaggiatori la battezzarono statua del “Cristo della Strada”. Il Signore ci accolga davvero alla fine del nostro correre sulle strade del mondo, e continui a proteggerci perché non andiamo fuori strada su qualche arbusto di fichi d’India o di moreschi, come dicono in Sardegna. Il dono di due famiglie Su una targhetta posta sul cancello del monumento del Cristo Redentore si legge testualmente: “Il monumento al Cristo Redentore fu eretto in occasione del Giubileo dell’anno 2000. È un dono di due famiglie emigrate in sud America. Opera scultorea del p. DINO MARCONI, sx cagliaritano Barbarino Ianucci, è messa a protezione degli autisti e dei mezzi della strada che transitano nella SS 131 e in tutte le strade. I terreni sono dono della ditta sardarese Roberto e Mario Marras. L’inaugurazione avvenne il 30 giugno 2002. La benedizione fu impartita dal cardinale Mario Francesco Pompedda, dal vescovo diocesano mons. Antonino Orrù , dall’arcivescovo di Oristano mons. Piergiuliano Tiddia e dal vescovo di Nuoro mons. Pietro Meloni, al clero, ai religiosi e ai seimila pellegrini presenti”. La preghiera del viaggiatore Da alcuni anni si celebra la festa dell’emigrato proprio in ricordo dei benefattori emigrati, e contemporaneamente si svolge anche il raduno degli autisti dei mezzi pesanti. Sull’altra targhetta della colonna del cancello si Dalla Sardegna al Friuli Vi ringrazio e saluto con grande affetto U n anno dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1990, i superiori mi hanno mandato a Taranto per lavorare nel campo dell’animazione missionaria e vocazionale. Sono stati otto anni bellissimi che porterò sempre nel cuore, per aver ricevuto tanto da caricarmi per spiccare il volo verso il Bangladesh, all’inizio del 2001. La missione in Bangladesh ha coronato quel sogno tanto desiderato sin dagli inizi del mio cammino; spero di tornarvi presto. L’animazione in Sardegna Nel 2009, in dialogo con i superiori, mi sono reso disponibile per un periodo di servizio in Italia come animatore missionario. Mi è stato chiesto - e ho 8 accettato con gioia - di lavorare in Sardegna. In questi ultimi tre anni, pochi ma intensi di lavoro, ho spesso raccontato la missione svolta tra la gente del Bangladesh. Ho macinato chilometri e chilometri per suscitare l’amore per la missione, oggi non tanto facile. Ringrazio tantissimo la comunità saveriana di Macomer, nella quale ho vissuto questi anni. Permettete che ricordi i loro nomi con un senso di gratitudine profonda: fr. Gino Masseroni, p. Giuseppe Marzarotto, fr. Vincenzo Asolan, p. Dino Marconi, p. Virginio Simoncelli, p. Tore Marongiu e p. Roby Salvadori. Con loro ho cercato di essere un fratello e compagno di viaggio. Come non ricordare (ma non P. Daniele Targa celebra la Messa con i giovani durante un campo estivo a Macomer p. DANIELE TARGA, sx faccio nomi perché sono proprio tanti) tutti i gruppi di giovani e adulti, sparsi per l’intera Sardegna, dove ho potuto gustare la cultura e il folklore sardo, che per metà mi appartiene (mia madre Emanuela Porcu è sarda!), e soprattutto l’affetto profondo dei sardi verso la famiglia saveriana. Grazie di cuore a tutte e a tutti. In Friuli, vicino a papà... Dal mese di agosto sono in Friuli. Dai superiori ho ricevuto il permesso per stare un po’ più vicino ai miei, soprattutto a mio padre che non gode ottima salute. Nella comunità saveriana di Udine altri confratelli mi hanno accolto con affetto: p. Mario Cruder, p. Carlo Treppo, p. Lorenzo Mattiussi, p. Romeo Brotto e il nuovo superiore p. Antonio Guiotto. Anche qui mi impegnerò per l’animazione missionaria dei giovani e degli adulti. A ottobre inizia l’anno della fede, voluto da papa Benedetto. Noi missionari crediamo fortemente a ciò che papa Giovanni Paolo II affermava: “La fede si rafforza donandola”. Crediamo anche che la fede “ci spinge ad essere missionari”. Rimaniamo uniti nella preghiera, perché l’amore per Cristo ci spinga a creare nel mondo ■ una sola famiglia. Il Cristo della Strada che protegge automobilisti ed emigranti sulla statale 131 Cagliari - Sassari, nei pressi del bivio di Sardara; a destra, p. Dino Marconi che ha lasciato la Sardegna può leggere la preghiera a Cristo Signore: “Signore, che domini il tempo e la vita, e ci guidi verso la salvezza, rivolgi il tuo sguardo sul nostro cammino. Proteggi il continuo frenetico andare di chi, per lavoro e per diletto, percorre le strade di questa nostra terra e posa sul capo di noi tutti, la tua mano provvidente”. Simbolo di tutti i senza terra I donatori della statua ci ricordano l’emigrazione sarda in America del sud e in altri continenti, dovuta alla questione occupazionale italiana del secolo scorso. L’emigrazione era una scelta quasi obbligata per i giovani sardi in cerca di una prospettiva lavorativa e di vita migliore. L’emigrazione nel secondo dopoguerra, invece, è stata la risposta alla crisi sociale ed economica, di cui la Sardegna e l’Italia erano vittime. La storia dei sardi emigrati è diventata simbolo della storia di tutti i senza terra, costretti dalla vita ad abbandonare il proprio luogo d’origine per costruirsi un futuro oltremare o oltreoceano. Il duro lavoro e i sacrifici per uscire dalla povertà non hanno minato l’identità culturale e religiosa dei singoli individui e dei gruppi, permettendo la nascita di circoli sardi e la conservazione dei legami religiosi con la pro■ pria tradizione. Dalla Romagna saluto la Sardegna Con questo articolo, chiudo la mia esperienza missionaria in Sardegna. Ora riprendo a correre sulle strade della Romagna, partendo da Sant’Apollinare in Classe, Ravenna. Nel catino dell’abside risplende la croce gemmata di Gesù Salvatore del mondo, come dice la scritta latina sottostante, e Signore della storia con le lettere greche alfa e omega: Cristo è inizio e fine di ogni cosa. A tutti gli amici e conoscenti della Sardegna dico: “A si biri cum salude”; in lingua shawili si direbbe: “Arrivederci in cielo o in terra”. p. Dino Marconi, sx LA DEVOZIONE DEI SARDI Una famiglia di emigrati di Dorgali p. D. MARCONI, sx A Dorgali, nella settecentesca chiesa di santa Caterina d’Alessandria dove è stata battezzata la santa Gabriella Sagheddu, possiamo vedere due ancone lignee con ornamenti dorati, una del sec. XVIII e l’altra del sec. XX. L’altare ligneo con nicchie per statue e un quadro, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, del 1770, in stile barocco spagnolo fatto costruire da don Giovanni Battista Sagheddu, è stato fatto restaurare dal dottor Giovanni Ticca nel 1942. Dalla parte opposta possiamo vedere l’ancona lignea dell’Immacolata, più recente, fatta restaurare da dorgalesi, in ringraziamento per la provvidenziale fortuna trovata in Venezuela dove erano emigrati. Sul pavimento marmoreo dell’altare ligneo dell’Immacolata possiamo leggere “Ad memoriam Dei gloriam, Fabio e Rosina Fancello Ungredda con animo devoto e grato, 1957”. L’ancona lignea è stata restaurata con bravura da Eugenio Obletter di Ortisei (BZ) sul modello dei retabli sardi del Settecento. Le nicchie superiori, di fianco al quadro della Madonna con il Bambino, accolgono le statue di san Cornelio Papa e san Cipriano vescovo; le nicchie inferiori, di fianco alla statua dell’Immacolata, san Giuseppe e san Fabio, secondo il volere del donatore del restauro, che portava il nome di Fabio. Quest’ultima ancona lignea dell’altare dell’Immacolata può essere considerata una significativa opera lignea moderna a carattere religioso nell’Isola. Ringrazio la nostra abbonata, l’insegnante Margherita Fancello, che mi ha confermato la storia di questa famiglia di emigrati di Dorgali, e al parroco che mi ha dato i nomi dei santi dell’ancona lignea. 2012 OTTOBRE CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Il cardinale grande missionario “Servitevi a vicenda, siate prossimi a tutti” I l titolo di “missionario” gli spetta di diritto, anche se ha vissuto prevalentemente a Roma fino a 53 anni. Qui il giovane gesuita è stato studente in filosofia, teologia e soprattut- to in Sacra Scrittura, insegnante nell’istituto Biblicum e poi rettore, prima di passare alla direzione della pontificia università Gregoriana fino al 29 dicembre 1979, quando Giovanni Paolo II p. SANDRO PARMIGGIANI, sx lo ha nominato e consacrato vescovo di Milano. Un curriculum imponente Nel novembre 1980 avvia subito a Milano l’esperienza del- Il cardinal Martini in visita ai detenuti di San Vittore, a Milano, nel dicembre 2011 Fede, fiducia e coraggio Il testamento spirituale del cardinale I l “testamento spirituale” del cardinal Martini emerge anche dalla sua ultima intervista rilasciata poco tempo prima della sua morte (8 agosto 2012) e pubblicata sul “Corriere della sera” (1° settembre). Lui, padre della chiesa, l’uomo dell’ascolto e del dialogo, il discepolo e l’annunciatore instancabile della Parola di Dio, ha detto parole che in qualcuno forse hanno suscitato “scandalo”, ma che in realtà aiutano a far riflettere tutti i credenti. 8 L’amore vince la stanchezza “La chiesa - dichiara Martini - è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque, la fede è il fondamento della chiesa: la fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e ho bisogno dell’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore”. “La chiesa è stanca, nell’Occidente del benessere. La nostra cultura è invecchiata, le nostre chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Il benessere pesa”. Tre strumenti per vincere Come combattere questa stanchezza? Il cardinal Martini individua e consiglia tre strumenti molto forti. “Il primo è la conversione: la chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, Carlo Maria Martini: Torino, 15 febbraio 1927 - Gallarate, 31 agosto 2012 a cura di p. S. PARMIGGIANI, sx cominciando dal papa e dai vescovi... Il secondo è la Parola di Dio. Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della chiesa... La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti... Il terzo strumento di guarigione sono i sacramenti, che non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che hanno bisogno di nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale!... Se i genitori si sentono esterni alla chiesa o non ne sentono il sostegno, la chiesa perderà la generazione futura... Come può la chiesa arrivare in aiuto, con la forza dei sacramenti, a chi ha situazioni famigliari complesse?”. la “Scuola della Parola”; sei anni dopo, nel novembre 1986, durante il convegno diocesano sul tema “Farsi prossimo”, lancia l’iniziativa delle scuole di formazione per un impegno sociale e politico. Nello stesso anno, è eletto presidente delle conferenze episcopali europee, un incarico che mantiene fino al 1993. Nel 1989 riceve la laurea “honoris causa” dalla università pontificia Salesiana di Roma per il suo programma pastorale sull’educazione. Nell’ottobre 1999 partecipa al sinodo dei vescovi europei, quando già sentiva i primi sintomi della stessa malattia del Papa: il morbo di Parkinson. Nel 2000 riceve un premio in Spagna in scienze sociali ed è poi nominato da papa Wojtyla accademico onorario della pontificia accademia delle Scienze. Il 28 giugno 2002 riceve dal comune di Milano “la grande medaglia d’oro”. Parole dal valore eterno L’11 luglio 2002 il Papa accetta le sue dimissioni per raggiunti limiti di età. Prima di lasciare, il cardinal Martini saluta i milanesi con un messaggio che è un vero testamento per tutti i cittadini della grande diocesi. “Vi porto tutti nel cuore… A tutti dico: amatevi gli uni gli altri, così vivrete nella giustizia, nel perdono e nella pace. Il nostro maggior contributo alla pace in un mondo gravido di conflitti e di minacce di nuovi assur- di scontri, nascerà da un cuore che anzitutto vive in se stesso il perdono e la pace. Servitevi con amore a vicenda facendovi prossimi a tutti, perché chi rende il più piccolo servizio al minimo di tutti i fratelli lo rende non solo al mistero della dignità umana, ma a ciò che la fonda, cioè al mistero di Gesù”. “Un uomo di Dio” Oltre 200mila pellegrini sono arrivati in piazza Duomo a Milano, formando due lunghe file ordinate e silenziose per visitare la venerata salma del cardinale, sulla cui bara c’era un grande vangelo aperto sul capitolo della Resurrezione di Cristo, nella quale egli aveva sempre creduto, sperato fermamente e che aveva annunciato ai sofferenti. Al funerale c’era una folla infinita, tra cui il cardinal Comaschi che ha letto il messaggio fatto pervenire dal Papa. “Era un uomo di Dio; non solo ha studiato la Sacra Scrittura, ma l’ha amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita. Non ha mai rifiutato l’incontro o il dialogo con tutti”. Tra i presenti c’erano 12 cardinali, 38 vescovi, centinaia di preti e religiose, seimila fedeli in cattedrale e ventimila in piazza. Il cardinale Scola, attuale pastore di Milano, di lui ha detto: “Ha sempre cercato di abbracciare tutto l’uomo e tutti gli uomini; siamo certi che egli è vivo e continuerà ad accompagnarci!”. ■ PAROLA D’ UOMO E PAROLA DI DIO card. CARLO M. MARTINI “Nella parola il nostro essere profondo si manifesta; la nostra libertà sprigiona le sue capacità operative; la nostra umanità va in cerca dell’umanità degli altri, cerca un contatto con loro, genera consensi, costruisce comunità umane, interviene sulle cose del mondo. Vita, speranza, gioia, impegno, operosità, amore, luce di verità sono misteriosamente depositati nel fragile involucro della parola. Ma la parola umana è anche povera. Quante volte balbetta impotente dinanzi ai misteri che non riesce a penetrare. Quante volte non sa comunicare il senso che essa racchiude. Quante volte, anziché rivelare amore di vita, luce di verità e comunione interpersonale, produce odio, menzogna, discordia. Nella povertà della nostra parola si rivela la povertà del nostro essere. Noi non siamo totalmente identici con la vita, la gioia, l’amore, la luce della verità. Questi beni sono presenti in noi, ma sono anche lontani da noi... L’intelligenza umana arriva a comprendere che la pienezza della vita, della verità e dell’amore stanno in Dio. L’uomo allora si scopre come presenza del Dio assente, come segno di Lui, come espressione in cui Egli si manifesta, pur essendo l’inesprimibile. L’uomo in questo senso è parola di Dio”. (citazione da “In principio la Parola”, del 1981) Una domanda anche per te Infine, il cardinale rivolge a ciascuno di noi un domanda che esige una degna risposta: “Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la chiesa?”. ■ Cosa rispondiamo? Il vangelo aperto sulla bara del cardinal Martini, in Duomo, a Milano 2012 OTTOBRE DESIO 20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Cresciuto alla scuola dei giovani Come nasce e matura la vocazione missionaria I l desiderio di diventare missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla mondialità. Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari Tutu, anche lui saveriano, ma di origine congolese. Non ero più alle elementari, ma ero ancora “a scuola”: studiavo teologia nel seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste. Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo popolo. Ho portato nel cuore quelle storie, mi sono documentato e alla fine ho colto la chiamata del Signore alla vita missionaria in favore del Congo. La grande eredità di padre Favarin La Provvidenza ha voluto che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla missione. Ci sono rimasto fino a ora e ho imparato molte cose. Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la capitale economica che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata “Jésus le Bon Pasteur”. Sono assieme a p. Paulino Ramírez e a p. Francesco Zampese. Il mio formatore era p. Sergio Favarin che, prima di morire per tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i giovani. Ora lo sostituisco e devo dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte distrazioni. Infatti, come diceva un prete di Parma, “con i giovani bisogna perderci tempo”. La mia formazione alla vi- p. CARLO SALVADORI, sx ta missionaria e all’ordinazione presbiterale è passata per la scuola dello “stare in mezzo ai giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell’ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati, alle prigioni... La vocazione è un dono In questi anni di formazione, il Signore ha messo al mio fianco tante persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro… Da ciascuno ho imparato qualcosa. Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato da san Guido Conforti: propagare ovunque l’amore di Cristo. Dopo l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai con■ fratelli e ai giovani. Fede, fiducia e coraggio Il testamento spirituale del cardinale I l “testamento spirituale” del cardinal Martini emerge anche dalla sua ultima intervista rilasciata poco tempo prima della sua morte (8 agosto 2012) e pubblicata sul “Corriere della sera” (1° settembre). Lui, padre della chiesa, l’uomo dell’ascolto e del dialogo, il discepolo e l’annunciatore instancabile della Parola di Dio, ha detto parole che in qualcuno forse hanno suscitato “scandalo”, ma che in realtà aiutano a far riflettere tutti i credenti. 8 L’amore vince la stanchezza “La chiesa - dichiara Martini - è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque, la fede è il fondamento della chiesa: la fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e ho bisogno dell’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore”. “La chiesa è stanca, nell’Occidente del benessere. La nostra cultura è invecchiata, le nostre chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Il benessere pesa”. Tre strumenti per vincere Come combattere questa stanchezza? Il cardinal Martini individua e consiglia tre strumenti molto forti. “Il primo è la conversione: la chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, Carlo Maria Martini: Torino, 15 febbraio 1927 - Gallarate, 31 agosto 2012 a cura di p. SANDRO PARMIGGIANI, sx cominciando dal papa e dai vescovi... Il secondo è la Parola di Dio. Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della chiesa... La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti... Il terzo strumento di guarigione sono i sacramenti, che non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che hanno bisogno di nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale!... Se i genitori si sentono esterni alla chiesa o non ne sentono il sostegno, la chiesa perderà la generazione futura... Come può la chiesa arrivare in aiuto, con la forza dei sacramenti, a chi ha situazioni famigliari complesse?”. Una domanda anche per te Infine, il cardinale rivolge a ciascuno di noi un domanda che esige una degna risposta: “Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la chiesa?”. ■ Cosa rispondiamo? Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato sacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito per il Camerun dov’è missionario Chi è Carlo Salvadori Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato alla fede fin dalla tenera età. Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti. Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun, dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi. Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia diciamo «pauroso come un coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena ti vede scappa”. Comunque sia, auguriamo a p. Carlo il coraggio di donare la vita intera alla missione. “SONO SBARCATO A DESIO!” Il saluto del nuovo rettore dei saveriani Cari amici, vi scrivo solo qualche riga per comunicarvi che da alcune settimane, dall’inizio di settembre, sono qui nella comunità saveriana di Desio, alla periferia di Milano, avendo lasciato in maniera definitiva quella di Udine. Potete quindi scrivermi o telefonarmi al mio nuovo indirizzo e telefono: “Missionari Saveriani, via don Milani, 2 - 20832 Desio (MB); tel. 0362 625035. Ovviamente, in questo periodo ho avuto a che fare con valigie e pacchi, per trasferire tutte le mie... masserizie da una casa all’altra e accomodarmi nella nuova comunità. Mi sono sistemato quasi del tutto, anche se mi sento un po’... spaesato. Ma con calma mi sto inserendo nella nuova comunità e nelle sue molteplici attività. Persone nuove e un ambiente completamente sconosciuto mi fanno sentire un po’ come un principiante. Comunque, con l’aiuto del Signore, che certamente non mi mancherà mai, e con la bontà, la comprensione e l’aiuto dei miei confratelli e dei tanti amici e collaboratori che sostengono la nostra attività, spero di potermi inserire con serenità e gioia anche qui a Desio. Per ora è tutto, ma mi farò vivo più avanti, sperando di avere più tempo disponibile e più tranquillità, perché il mese di settembre è stato per me pieno di impegni e di viaggi! Un saluto a tutti con affetto, uniti sempre in Gesù Eucaristia, al quale vi ricordo ogni giorno nella mia celebrazione. p. Carmelo Boesso, sx 2012 OTTOBRE FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 è arrivato l’ottobre missionario Un mese che bussa alle nostre porte... P otrebbe sembrare strano che un mese venga a bussare alle nostre porte! Eppure ottobre lo fa, se siamo e ci sentiamo cristiani autentici. Già, perché è il mese “missionario”, nel quale la chiesa ci dona il tempo e l’occasione per riflettere sui grandi doni che abbiamo ricevuto da Dio e sulla capacità di donarli a nostra volta a chiunque ne abbia bisogno. Un’occasione molteplice Bussa alla porta quel Dio che ci ha creati, perché ci ricordiamo che Lui è nostro Padre e non ci fa mancare il necessario essenziale per la nostra vita. Bussa alle porte della nostra fede, per domandarci quanto essa conti nel nostro cammino. Bussa alle porte delle nostre labbra e della nostra voce per domandarci quanto siamo capaci di raccontare - senza paura, pudore o vergogna - le opere che Dio ha compiuto. Bussa alla porta del nostro cuore per chiederci di aprirlo a Lui che si nasconde nel povero e nel bisognoso, in colui che ha fame di pane e in colui che ha fame di salvezza. Insomma ottobre bussa e a noi tocca la scelta se aprirgli o di lasciarlo fuori ad aspettare l’inverno. Così, anche quest’anno abbiamo l’occasione di riflettere sul tema della testimonianza cristiana e della fede: quest’anno, proprio in ottobre è prevista l’apertura ufficiale dell’anno dedicato al tema della fede. Convegno e veglia missionaria Il tema dell’ottobre missionario 2012 è: “Ho creduto, perciò ho parlato”! La frase è di Paolo; la testimonianza di fede è di ogni cristiano. Anche nella diocesi udinese non mancheranno le proposte per aiutarci a riflettere, a pregare e magari a cambiare un po’ il nostro stile di vita. Mi presento agli amici Il nuovo rettore dei saveriani di Udine L’estate 2012, oltre al caldo, ha portato anche diverse novità nelle comunità saveriane d’Italia. A Udine, sono arrivati p. Antonio Guiotto, nuovo rettore al posto di p. Carmelo Boesso che si è trasferito a Desio (MB), e p. Daniele Targa, la cui presentazione per motivi di spazio è rimandata al prossimo numero. R ientrato dalla missione tre anni fa per problemi di salute, stavo per ripartire quando una casuale caduta scendendo le scale mi ha provocato la rottura del tendine al ginocchio sinistro. Dopo due interventi chirurgici e mesi di fisioterapia, la guarigione è apparsa più lunga del previsto per cui i superiori mi hanno chiesto di rimanere in Italia per qualche anno, per svolgere un servizio di ministero e animazione missionaria, prima nella casa saveriana di San Pietro in Vincoli e ora qui in terra Friulana. 8 Quei safari in Sierra Leone Sono arrivato nella comunità saveriana di Udine all’inizio di settembre. La mia esperienza missionaria si è svolta in Sierra Leone nella diocesi di Makeni, dove ho lavorato per 33 anni con diversi incarichi e in varie missioni. All’inizio pensavo che restare in Italia volesse dire... perdere la missione. Poi ho cercato di vedere tutto con gli occhi della fede e con grande fiducia nel Signore. Ma il mio animo corre sempre ai bei ricordi di tante attività pastorali svolte in Sierra Leone, dove Dio mi ha chiamato a svolgere il ministero di missionario, specialmente nei villaggi più lontani nella zona settentrionale del Paese. P. Antonio Guiotto, “radioamatore” e nuovo rettore dei saveriani di Udine, davanti al suo nuovo strumento di lavoro p. GIUSEPPE MARANO, sx Si partirà il 6 ottobre pomeriggio (ore 15), con il convegno missionario diocesano che si terrà in città presso la parrocchia Gesù Buon Pastore, in via Riccardo Di Giusto. L’argomento del convegno è interessante: “Immigrazione e catecumenato nel contesto della chiesa udinese”. Non può mancare la veglia missionaria che si svolgerà in tre luoghi diversi in tutto il Friuli. In città l’appuntamento è per giovedì 18 ottobre (ore 20,30) presso la chiesa di San Giorgio Maggiore, in via Grazzano, con la presenza dell’arcivescovo Andrea Bruno. Gli altri due appuntamenti sono previsti il 29 ottobre a S. Giorgio di Nogaro e a Cividale. Domenica 21 ottobre, con i saveriani e san Guido Domenica 21 ottobre celebriamo la giornata missionaria mondiale. Noi saveriani quest’anno vorremmo viverla proprio in maniera speciale, nel ricordo p. ANTONIO GUIOTTO, sx La prima volta del missionario “Dove andiamo questa domenica?”, chiedevo un giorno a Francis, il mio catechista. “Andiamo a Kasankori - rispondeva - un villaggio dove il missionario non è mai arrivato e la gente non ha mai visto l’uomo bianco”. La domenica partiamo presto e dopo sforzi sovrumani per superare tanti ostacoli, arriviamo al primo villaggio di Makamaya. Appena sbuchiamo fuori dalla foresta, vediamo tanta gente correrci incontro dai campi attorno fino alle prime capanne del villaggio. Era la prima volta che vedevano un’automobile arrivare fin là e un missionario bianco al volante. Il villaggio era composto da abitanti di tribù mandingo, tutti musulmani e illetterati perché nella zona non c’è scuola. Da quel villaggio non si poteva più continuare in auto. Bisognava fare la strada a piedi tra paludi e ripide salite su per le montagne. Sono circa quattro ore di marcia per arrivare a Kasankori. Ogni tanto ci fermiamo, ci sediamo sull’erba e domando ai miei compagni: “Cosa andiamo a fare in questo villaggio? Cosa portiamo a questa gente per farli felici? Non abbiamo niente con noi, nessun sacco di riso o di sale, nessuna medicina, ■ pochissimo denaro...”. (continua nel riquadro) Nell’ottobre missionario 2012 non mancherà l’occasione per ricordare e tornare con il pensiero alla canonizzazione del fondatore dei saveriani mons. Guido Conforti, avvenuta un anno fa della canonizzazione del nostro fondatore san Guido Conforti, avvenuta un anno fa a Roma. Per questo motivo abbiamo pensato di far festa presso la parrocchia di Gesù Buon Pastore, dove io collaboro. Questo è il programma previsto: ore 10,30 - Santa Messa in stile missionario; ore 12,30 pranzo comunitario condividendo quello che ognuno di voi porterà. Ore 14 circa, un momento di fraternità con qualche bel canto, la visione delle fotografie scattate a Roma durante il pellegrinaggio e il racconto / testimonianza di qualche amico missionario. Vi aspettiamo numerosi! Ci sembra importante ricordare che oltre alle iniziative dell’ottobre missionario, resta sempre valido l’impegno che ognuno di noi potrà mettere per raccontare a più persone possibili la bellezza di seguire Gesù e il suo vangelo, nonché di trasformare tutte le occasioni dell’anno per fare del mondo una sola famiglia. ■ P. Carmelo Boesso ha lasciato Udine e si è trasferito nella comunità saveriana di Desio, alle porte di Milano. Ringraziamo p. Carmelo per la sua presenza in questi anni come rettore, circondato dai parenti e amici dei missionari friulani. Gli auguriamo un buon servizio nella nuova comunità, di cui comunichiamo l’indirizzo: Missionari Saveriani, via don Milani 2 - 20832 Desio (MB) tel. 0362 625035; e-mail: [email protected] è GESù IL TESORO PIù BELLO p. A. GUIOTTO, sx Nel vedere i miei compagni stupiti e dispiaciuti, dico loro che “andiamo a portare Gesù e il suo vangelo, il tesoro più bello che abbiamo ricevuto”. Ma per portare Gesù, dobbiamo averlo con noi e tra noi come Lui ci ha promesso, quando siamo uniti nel suo nome, cioè quando ci amiamo l’un l’altro come Lui ci ha amato. Dev’essere una presenza visibile sui nostri volti gioiosi e nei modi di comportarci, di salutare, di fare festa... Arriviamo al villaggio dove la gente ci aspetta con grande gioia. Segue un’accoglienza esplosiva, con danze, suoni dei tamburi, tante strette di mano e parole di stima e affetto. Memori delle riflessioni fatte lungo il cammino, ci facciamo in quattro per salutare tutti con grandi effusioni di gesti e parole di amicizia e d’amore cristiano. Dopo la Messa e il pranzo, l’addio non finiva più e per noi è stato molto commovente: un segno che quel Gesù che abbiamo portato con il nostro amore scambievole è stato in qualche modo recepito e ha toccato i cuori di molti. “Vieni ancora a trovarci, padre; ti aspettiamo e tante grazie a Kanu Massala”, cioè a Dio, come loro lo chiamano nelle loro preghiere. Ora a Udine, nel cuore del Friuli, voglio continuare la bella tradizione missionaria di tanti giovani friulani che hanno abbracciato la vita saveriana per portare Cristo nel mondo e così condividere con tanti fratelli e sorelle il dono meraviglioso della fede, che il Signore ha fatto alla nostra gente per donarlo ai popoli di tutta la terra. 2012 OTTOBRE MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Cristo della Strada e degli emigrati Al chilometro 56 della 131, fermati e scendi... P er dieci anni ho percorso in auto la superstrada 131 Cagliari - Sassari e viceversa… Durante i miei spostamenti ho sempre visto con la coda dell’occhio la statua bianca del “Cristo della Strada” che guarda i passanti in marcia, nei pressi del bivio di Sardara al chilometro 56. Un giorno, mi sono fermato a osservare da vicino la statua che raffigura Cristo con le braccia tese in avanti per accogliere i viaggiatori e tutti coloro che si fermano, come dice la scritta. Accoglie con le mani protese La statua del Cristo Redentore è stata fatta costruire una decina d’anni fa da due famiglie di un paesino della diocesi Ales-Terralba, emigrate in America del sud, in omaggio alla loro natia Sardegna, e in ringraziamento della fortuna trovata in Ameri- ca. Molto probabilmente fu fatta costruire sull’idea del Cristo Redentore di Nuoro. Il vescovo Orrù e il cardinale Pompedda, che benedirono la statua, durante la cerimonia vedendo le mani di Gesù protese ad accogliere i viaggiatori la battezzarono statua del “Cristo della Strada”. Il Signore ci accolga davvero alla fine del nostro correre sulle strade del mondo, e continui a proteggerci perché non andiamo fuori strada su qualche arbusto di fichi d’India o di moreschi, come dicono in Sardegna. Il dono di due famiglie Su una targhetta posta sul cancello del monumento del Cristo Redentore si legge testualmente: “Il monumento al Cristo Redentore fu eretto in occasione del Giubileo dell’anno 2000. È un dono di due famiglie emigrate in sud America. Opera scultorea del p. DINO MARCONI, sx cagliaritano Barbarino Ianucci, è messa a protezione degli autisti e dei mezzi della strada che transitano nella SS 131 e in tutte le strade. I terreni sono dono della ditta sardarese Roberto e Mario Marras. L’inaugurazione avvenne il 30 giugno 2002. La benedizione fu impartita dal cardinale Mario Francesco Pompedda, dal vescovo diocesano mons. Antonino Orrù , dall’arcivescovo di Oristano mons. Piergiuliano Tiddia e dal vescovo di Nuoro mons. Pietro Meloni, al clero, ai religiosi e ai seimila pellegrini presenti”. La preghiera del viaggiatore Da alcuni anni si celebra la festa dell’emigrato proprio in ricordo dei benefattori emigrati, e contemporaneamente si svolge anche il raduno degli autisti dei mezzi pesanti. Sull’altra targhetta della colonna del cancello si Dalla Sardegna al Friuli Vi ringrazio e saluto con grande affetto U n anno dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1990, i superiori mi hanno mandato a Taranto per lavorare nel campo dell’animazione missionaria e vocazionale. Sono stati otto anni bellissimi che porterò sempre nel cuore, per aver ricevuto tanto da caricarmi per spiccare il volo verso il Bangladesh, all’inizio del 2001. La missione in Bangladesh ha coronato quel sogno tanto desiderato sin dagli inizi del mio cammino; spero di tornarvi presto. L’animazione in Sardegna Nel 2009, in dialogo con i superiori, mi sono reso disponibile per un periodo di servizio in Italia come animatore missionario. Mi è stato chiesto - e ho 8 accettato con gioia - di lavorare in Sardegna. In questi ultimi tre anni, pochi ma intensi di lavoro, ho spesso raccontato la missione svolta tra la gente del Bangladesh. Ho macinato chilometri e chilometri per suscitare l’amore per la missione, oggi non tanto facile. Ringrazio tantissimo la comunità saveriana di Macomer, nella quale ho vissuto questi anni. Permettete che ricordi i loro nomi con un senso di gratitudine profonda: fr. Gino Masseroni, p. Giuseppe Marzarotto, fr. Vincenzo Asolan, p. Dino Marconi, p. Virginio Simoncelli, p. Tore Marongiu e p. Roby Salvadori. Con loro ho cercato di essere un fratello e compagno di viaggio. Come non ricordare (ma non P. Daniele Targa celebra la Messa con i giovani durante un campo estivo a Macomer p. DANIELE TARGA, sx faccio nomi perché sono proprio tanti) tutti i gruppi di giovani e adulti, sparsi per l’intera Sardegna, dove ho potuto gustare la cultura e il folklore sardo, che per metà mi appartiene (mia madre Emanuela Porcu è sarda!), e soprattutto l’affetto profondo dei sardi verso la famiglia saveriana. Grazie di cuore a tutte e a tutti. In Friuli, vicino a papà... Dal mese di agosto sono in Friuli. Dai superiori ho ricevuto il permesso per stare un po’ più vicino ai miei, soprattutto a mio padre che non gode ottima salute. Nella comunità saveriana di Udine altri confratelli mi hanno accolto con affetto: p. Mario Cruder, p. Carlo Treppo, p. Lorenzo Mattiussi, p. Romeo Brotto e il nuovo superiore p. Antonio Guiotto. Anche qui mi impegnerò per l’animazione missionaria dei giovani e degli adulti. A ottobre inizia l’anno della fede, voluto da papa Benedetto. Noi missionari crediamo fortemente a ciò che papa Giovanni Paolo II affermava: “La fede si rafforza donandola”. Crediamo anche che la fede “ci spinge ad essere missionari”. Rimaniamo uniti nella preghiera, perché l’amore per Cristo ci spinga a creare nel mondo ■ una sola famiglia. Il Cristo della Strada che protegge automobilisti ed emigranti sulla statale 131 Cagliari - Sassari, nei pressi del bivio di Sardara; a destra, p. Dino Marconi che ha lasciato la Sardegna può leggere la preghiera a Cristo Signore: “Signore, che domini il tempo e la vita, e ci guidi verso la salvezza, rivolgi il tuo sguardo sul nostro cammino. Proteggi il continuo frenetico andare di chi, per lavoro e per diletto, percorre le strade di questa nostra terra e posa sul capo di noi tutti, la tua mano provvidente”. Simbolo di tutti i senza terra I donatori della statua ci ricordano l’emigrazione sarda in America del sud e in altri continenti, dovuta alla questione occupazionale italiana del secolo scorso. L’emigrazione era una scelta quasi obbligata per i giovani sardi in cerca di una prospettiva lavorativa e di vita migliore. L’emigrazione nel secondo dopoguerra, invece, è stata la risposta alla crisi sociale ed economica, di cui la Sardegna e l’Italia erano vittime. La storia dei sardi emigrati è diventata simbolo della storia di tutti i senza terra, costretti dalla vita ad abbandonare il proprio luogo d’origine per costruirsi un futuro oltremare o oltreoceano. Il duro lavoro e i sacrifici per uscire dalla povertà non hanno minato l’identità culturale e religiosa dei singoli individui e dei gruppi, permettendo la nascita di circoli sardi e la conservazione dei legami religiosi con la pro■ pria tradizione. Dalla Romagna saluto la Sardegna Con questo articolo, chiudo la mia esperienza missionaria in Sardegna. Ora riprendo a correre sulle strade della Romagna, partendo da Sant’Apollinare in Classe, Ravenna. Nel catino dell’abside risplende la croce gemmata di Gesù Salvatore del mondo, come dice la scritta latina sottostante, e Signore della storia con le lettere greche alfa e omega: Cristo è inizio e fine di ogni cosa. A tutti gli amici e conoscenti della Sardegna dico: “A si biri cum salude”; in lingua shawili si direbbe: “Arrivederci in cielo o in terra”. p. Dino Marconi, sx LA DEVOZIONE DEI SARDI Una famiglia di emigrati di Dorgali p. D. MARCONI, sx A Dorgali, nella settecentesca chiesa di santa Caterina d’Alessandria dove è stata battezzata la santa Gabriella Sagheddu, possiamo vedere due ancone lignee con ornamenti dorati, una del sec. XVIII e l’altra del sec. XX. L’altare ligneo con nicchie per statue e un quadro, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, del 1770, in stile barocco spagnolo fatto costruire da don Giovanni Battista Sagheddu, è stato fatto restaurare dal dottor Giovanni Ticca nel 1942. Dalla parte opposta possiamo vedere l’ancona lignea dell’Immacolata, più recente, fatta restaurare da dorgalesi, in ringraziamento per la provvidenziale fortuna trovata in Venezuela dove erano emigrati. Sul pavimento marmoreo dell’altare ligneo dell’Immacolata possiamo leggere “Ad memoriam Dei gloriam, Fabio e Rosina Fancello Ungredda con animo devoto e grato, 1957”. L’ancona lignea è stata restaurata con bravura da Eugenio Obletter di Ortisei (BZ) sul modello dei retabli sardi del Settecento. Le nicchie superiori, di fianco al quadro della Madonna con il Bambino, accolgono le statue di san Cornelio Papa e san Cipriano vescovo; le nicchie inferiori, di fianco alla statua dell’Immacolata, san Giuseppe e san Fabio, secondo il volere del donatore del restauro, che portava il nome di Fabio. Quest’ultima ancona lignea dell’altare dell’Immacolata può essere considerata una significativa opera lignea moderna a carattere religioso nell’Isola. Ringrazio la nostra abbonata, l’insegnante Margherita Fancello, che mi ha confermato la storia di questa famiglia di emigrati di Dorgali, e al parroco che mi ha dato i nomi dei santi dell’ancona lignea. 2012 OTTOBRE MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 Cresciuto alla scuola dei giovani Come nasce e matura la vocazione missionaria I l desiderio di diventare missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla mondialità. Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari Tutu, anche lui saveriano, ma di origine congolese. Non ero più alle elementari, ma ero ancora “a scuola”: studiavo teologia nel seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste. Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo popolo. Ho portato nel cuore quelle storie, mi sono documentato e alla fine ho colto la chiamata del Signore alla vita missionaria in favore del Congo. La grande eredità di padre Favarin La Provvidenza ha voluto che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla missione. Ci sono rimasto fino a ora e ho imparato molte cose. Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la capitale economica che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata “Jésus le Bon Pasteur”. Sono assieme a p. Paulino Ramírez e a p. Francesco Zampese. Il mio formatore era p. Sergio Favarin che, prima di morire per tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i giovani. Ora lo sostituisco e devo dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte distrazioni. Infatti, come diceva un prete di Parma, “con i giovani bisogna perderci tempo”. La mia formazione alla vi- p. CARLO SALVADORI, sx ta missionaria e all’ordinazione presbiterale è passata per la scuola dello “stare in mezzo ai giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell’ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati, alle prigioni... La vocazione è un dono In questi anni di formazione, il Signore ha messo al mio fianco tante persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro… Da ciascuno ho imparato qualcosa. Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato da san Guido Conforti: propagare ovunque l’amore di Cristo. Dopo l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai con■ fratelli e ai giovani. Fede, fiducia e coraggio Il testamento spirituale del cardinale I l “testamento spirituale” del cardinal Martini emerge anche dalla sua ultima intervista rilasciata poco tempo prima della sua morte (8 agosto 2012) e pubblicata sul “Corriere della sera” (1° settembre). Lui, padre della chiesa, l’uomo dell’ascolto e del dialogo, il discepolo e l’annunciatore instancabile della Parola di Dio, ha detto parole che in qualcuno forse hanno suscitato “scandalo”, ma che in realtà aiutano a far riflettere tutti i credenti. 8 L’amore vince la stanchezza “La chiesa - dichiara Martini - è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque, la fede è il fondamento della chiesa: la fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e ho bisogno dell’aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l’amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della chiesa in Europa. Solo l’amore vince la stanchezza. Dio è Amore”. “La chiesa è stanca, nell’Occidente del benessere. La nostra cultura è invecchiata, le nostre chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Il benessere pesa”. Tre strumenti per vincere Come combattere questa stanchezza? Il cardinal Martini individua e consiglia tre strumenti molto forti. “Il primo è la conversione: la chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, Carlo Maria Martini: Torino, 15 febbraio 1927 - Gallarate, 31 agosto 2012 a cura di p. SANDRO PARMIGGIANI, sx cominciando dal papa e dai vescovi... Il secondo è la Parola di Dio. Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della chiesa... La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti... Il terzo strumento di guarigione sono i sacramenti, che non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che hanno bisogno di nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale!... Se i genitori si sentono esterni alla chiesa o non ne sentono il sostegno, la chiesa perderà la generazione futura... Come può la chiesa arrivare in aiuto, con la forza dei sacramenti, a chi ha situazioni famigliari complesse?”. Una domanda anche per te Infine, il cardinale rivolge a ciascuno di noi un domanda che esige una degna risposta: “Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la chiesa?”. ■ Cosa rispondiamo? Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato sacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito per il Camerun dov’è missionario Chi è Carlo Salvadori Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato alla fede fin dalla tenera età. Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti. Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun, dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi. Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia diciamo «pauroso come un coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena ti vede scappa”. Comunque sia, auguriamo a p. Carlo il coraggio di donare la vita intera alla missione. OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione. “Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e dell’attenzione di tutti i cristiani. Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma: “Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori… Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte costante di ogni attività ecclesiale... La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”. La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”. 2012 OTTOBRE PARMA 43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 Conforti, il medico dei poveri Addio a Ismaele, pronipote di san Guido Ringraziamo il sig. Luigi Vignoli, comune amico, per averci segnalato la testimonianza apparsa sul quotidiano Parmense il 9 luglio 2012, e che volentieri mettiamo a disposizione dei nostri lettori e lettrici di “Missionari Saveriani”. P ortava il nome del nonno Ismaele, fratello di san Guido Conforti, ed era figlio del suo primogenito Rinaldo. Fu cresimato dallo zio vescovo che incontrò in più occasioni durante la sua infanzia. Nato nell’agosto del 1919, Ismaele Conforti è morto a inizio luglio a quasi 93 anni. Nelle sue testimonianze ricordava quando, a soli 11 anni, visitò mons. Conforti pochi istanti prima che morisse, ma non gli parlò per non affaticarlo. “Quando tornò dalla Cina - raccontava - andai a fargli visita in vescovado con la mamma. Ebbi l’impressione che fosse molto stanco. Mi regalò un rosario, raccomandandomi di recitarlo spesso. Lo conservo tuttora. Nel 1927, dopo la mia prima comunione, andai a trovarlo e mi regalò un cofanetto con dentro un cuore di madreperla”. La protezione nei momenti difficili Amava dire che la protezione dello zio santo lo aveva seguito nei momenti difficili. Ricordava soprattutto un inedito episodio quando, sul finire dell’estate del 1944, venne fermato da due militi delle brigate nere e portato al comando in via Cavestro dove lo GAZZETTA DI PARMA perquisirono. Racconta lui stesso: “Nel portafogli l’ufficiale trovò la foto di monsignor Conforti. Dopo un attimo di riflessione, mi chiese se, chiamandomi Conforti, ero per caso un parente del vescovo, morto già da 13 anni. Gli risposi che era il fratello del nonno Ismaele. Lui alzò lo sguardo e mi disse testualmente: «Quello era un santo. Penso che lei sia in regola». Chiamò il capoposto ordinandogli di mettermi in libertà”. Nel 1996 fu chiamato a rappresentare la famiglia nella basilica di san Pietro, alla cerimonia di beatificazione di Guido Conforti. Ma il suo stato di salute non gli consentì di essere presente a Roma, il 23 ottobre scorso, quando papa Benedetto XVI lo proclamò santo. Cresciuto alla scuola dei giovani Come nasce e matura la vocazione missionaria I l desiderio di diventare missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla mondialità. Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari Tutu, anche lui saveriano, ma di origine congolese. Non ero più alle elementari, ma ero ancora 8 “a scuola”: studiavo teologia nel seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste. Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo popolo. Ho portato nel cuore quelle storie, mi sono documentato e alla fine ho colto la chiamata del Signore alla vita missionaria in favore del Congo. La grande eredità di padre Favarin La Provvidenza ha voluto che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla missione. Ci sono rimasto fino a ora e ho imparato molte cose. Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la capitale economica che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata “Jésus le Bon Pasteur”. Sono assieme a Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato p. Paulino Ramísacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito per il Camerun dov’è missionario rez e a p. France- p. CARLO SALVADORI, sx sco Zampese. Il mio formatore era p. Sergio Favarin che, prima di morire per tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i giovani. Ora lo sostituisco e devo dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte distrazioni. Infatti, come diceva un prete di Parma, “con i giovani bisogna perderci tempo”. La mia formazione alla vita missionaria e all’ordinazione presbiterale è passata per la scuola dello “stare in mezzo ai giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell’ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati, alle prigioni... La vocazione è un dono In questi anni di formazione, il Signore ha messo al mio fianco una lunga fila di persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro… Da ciascuno ho imparato qualcosa. Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato da san Guido Conforti: propagare ovunque l’amore di Cristo. Dopo l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai ■ confratelli e ai giovani. Il servizio prezioso all’Enpi Alunno dei salesiani e del Romagnosi, si laureò in medicina nel 1944, con una tesi sull’elettroencefalogramma. Ufficiale medico nel corpo della Sanità militare, prestò servizio dal 1949 al 1956, ad Ancona, nel Polesine, a Piacenza, nella legione carabinieri di Parma come dirigente del servizio militare di presidio, a Palozza con il corpo degli alpini, dove girò i campi militari della Carnia a bordo della sua Vespa, di cui era appassionato. Nel 1952 sposò Lia Porta, da cui ebbe due figli, Paolo e Giovanni. Congedato, aprì l’ambulatorio medico in città fino al 1965, quando entrò nell’Enpi (Ente nazionale prevenzione infortuni), dopo essersi specializzato fra i primi in Italia in medicina del lavoro. Affrontò i gravi problemi che dagli anni ’60 iniziarono a emergere nel mondo del lavoro industriale, approfondendo i temi delle malattie professionali, delle esposizioni agli inquinanti e alle polveri, del ruolo del medico di fabbrica, dell’igiene sul luogo di lavoro. Sempre vicino ai più bisognosi Chi ha conosciuto il dottor Ismaele ne ricorda la sua profonda spiritualità e il suo grande spessore umano. Era definito il “medico dei poveri” perché il suo studio e la sua casa erano un continuo via vai di chi non aveva alcun mezzo e che lui curava Il dottor Ismaele Conforti, pronipote di san Guido, deceduto a inizio luglio a Parma all’età di 92 anni gratuitamente. Vicino da sempre ai saveriani, fra i libri lasciati sul suo tavolo c’era la biografia di fratel Marcello Gemo, un missionario che ha speso la vita vicino ai malati e alle famiglie in difficoltà. Pur uomo di profonda cultura, Ismaele aveva superato la differenza tra la sapienza e l’ignoranza, tra il bello e il brutto, tra le differenze o le fazioni. Aveva colto l’essenza dell’insegnamento cristiano nella carità e nell’amore, in “unità” con gli altri. E il suo viaggio, oggi, continua nella rinnovata dimensione testimoniata dalla sua fede. ■ CHI è CARLO SALVADORI Qualche notizia per conoscerlo meglio Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato alla fede fin dalla tenera età nella comunità parrocchiale di Santa Maria del Rosario di via Isola. Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti. Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun (Africa centrale), dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi. Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia diciamo «pauroso come un coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena Padre Salvadori ti vede scappa”. Comuna Boko, in Cameque sia, auguriamo a p. run, con Adolphe, Carlo il coraggio di donare responsabile della la vita intera alla missione. pastorale giovanile 2012 OTTOBRE PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Non chiamatela... nostalgia Passeggiando e riflettendo tra i monti d’estate, come U ntantigiovedì altri, parto per andare in mezzo alla natura. Sono le sei e mezzo del mattino e comincio a salire verso le colline attorno al mio paese, Plello di Borgosesia, in provincia di Vercelli, dove ho trascorso qualche giorno di riposo estivo. All’inizio è faticoso, avendo perso l’abitudine. Poi, pian piano passando in mezzo al bosco, tutto diventa più semplice. Le vecchie mulattiere lasciano vedere i ciottoli calpestati da tante persone prima di me, che utilizzavano quel sentiero per andare a lavorare. Ora non si sente più niente, tranne qualche canto di uccello che si sta sgranchendo le penne per iniziare a volare nel cielo. Ma basta un po’ di attenzione e si possono ancora sentire le voci e i profumi di un tempo. Sappiamo ancora ascoltare? Provo a immaginarmi le donne con le gerle, che portavano a casa il fieno o i prodotti della terra, gli uomini che andavano a lavorare per tagliare la legna o i bambini che andavano a scuola in città. Ora rimangono le chiesette, testimoni di questi passaggi. Non tutti i sentieri sono stati ripuliti. Si fa un po’ fatica a passare, a causa delle piante cadute per l’ultimo temporale. Ma c’è qualcosa che parla ancora, quando passo sui ponticelli di pietra e mi fermo ad ascoltare le cascatelle d’acqua che scendono dall’alto. Verrebbe voglia di fermarsi, di bere a garganella e di interrogare quell’acqua per farsi raccontare le storie di tanti anni fa. Forse non sappiamo più ascoltare; forse non conosciamo più p. OLIVIERO FERRO, sx quella lingua, dimenticata dal tempo che passa. È un peccato. Là ci sono le nostre radici, le nostre origini. Da lì siamo nati, da lì abbiamo preso la forza per crescere, per andare in giro per il mondo. Non possiamo dimenticare. È come morire un po’ per volta. Non tradire l’eredità preziosa Quando poi incontro una cappella con le scritte in francese, allora mi viene da riflettere su chi ha pensato di costruirla. E mi vengono in mente persone che hanno lasciato la loro terra, da giovani, per andare a cercare lavoro all’estero. E mi viene spontaneo pensare a quelli che oggi faticano ad accettare chi è diverso, lo straniero, che viene da noi in cerca di fortuna. Cresciuto alla scuola dei giovani Come nasce e matura la vocazione missionaria I l desiderio di diventare missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla mondialità. Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari Tutu, anche lui saveriano, ma di origine congolese. Non ero più alle elementari, ma ero ancora 8 “a scuola”: studiavo teologia nel seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste. Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo popolo. Ho portato nel cuore quelle storie, mi sono documentato e alla fine ho colto la chiamata del Signore alla vita missionaria in favore del Congo. La grande eredità di padre Favarin La Provvidenza ha voluto che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla missione. Ci sono rimasto fino a ora e ho imparato molte cose. Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la capitale economica che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata “Jésus le Bon Pasteur”. Sono assieme a Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato p. Paulino Ramísacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito per il Camerun dov’è missionario rez e a p. France- p. CARLO SALVADORI, sx sco Zampese. Il mio formatore era p. Sergio Favarin che, prima di morire per tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i giovani. Ora lo sostituisco e devo dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte distrazioni. Infatti, come diceva un prete di Parma, “con i giovani bisogna perderci tempo”. La mia formazione alla vita missionaria e all’ordinazione presbiterale è passata per la scuola dello “stare in mezzo ai giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell’ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati, alle prigioni... La vocazione è un dono In questi anni di formazione, il Signore ha messo al mio fianco una lunga fila di persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro… Da ciascuno ho imparato qualcosa. Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato da san Guido Conforti: propagare ovunque l’amore di Cristo. Dopo l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai ■ confratelli e ai giovani. Basta una passeggiata tra i boschi per tornare a riscoprire valori ancora presenti, ma che sembrano sopiti I nostri antenati sono andati a soffrire e a gioire in tanti paesi e ci hanno lasciato un’eredità di apertura al mondo. E noi come la stiamo utilizzando? Sentendo diversi discorsi in questi ultimi anni, viene solo da pensare che la loro è stata fatica sprecata, che i loro pronipoti hanno dimenticato tutto, presi come sono dall’interesse immediato. I grandi valori di allora La strada continua in mezzo al verde. Qualche casa in rovina ricorda chi l’ha costruita e ora non c’è più. Un’altra cappella e una croce ci ricordano ancora che per loro - la nostra gente! - era importante mettere Dio nella propria vita. Era una cosa normale. E quando si incontravano, salendo e scendendo verso il paese più grande, si salutavano con il saluto tipico della valle: “Legru! Allegro!”. Cioè sta’ contento, fatti coraggio, non sei solo. Siamo in tanti e insieme ce la faremo a uscire dalle difficoltà. La solidarietà concreta, vissuta nella fatica di ogni giorno, diventava gioia semplice e profonda nei momenti di festa, in cui ognuno portava qualcosa per rendere felice la comunità. Qualcuno potrebbe dire che è nostalgia di un tempo passato e che non torna più. Non credo proprio. I valori importanti non sono spariti, sono incisi nel nostro dna, nella nostra vita. Anche se non ci pensiamo, anche se non ce ne accorgiamo, essi sono ancora presenti in noi. Basta una passeggiata sulle antiche strade e subito tornano a galla. Non ci vuole molto: basta un pizzico di attenzione e tutto, se lo vogliamo, può cam■ biare. Ne sono sicuro. CHI è CARLO SALVADORI Qualche notizia per conoscerlo meglio Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato alla fede fin dalla tenera età nella comunità parrocchiale di Santa Maria del Rosario di via Isola. Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti. Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun (Africa centrale), dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi. Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia diciamo «pauroso come un coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena ti vede scappa”. Padre Salvadori Comunque sia, auguriaa Boko, in Camemo a p. Carlo il coraggio run, con Adolphe, di donare la vita intera alresponsabile della la missione. pastorale giovanile 2012 OTTOBRE PIEMONTE e liguria 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 Non chiamatela... nostalgia Passeggiando e riflettendo tra i monti d’estate, come U ntantigiovedì altri, parto per anda- re in mezzo alla natura. Sono le sei e mezzo del mattino e comincio a salire verso le colline attorno al mio paese, Plello di Borgosesia, in provincia di Vercelli, dove ho trascorso qualche giorno di riposo estivo. All’inizio è faticoso, avendo perso l’abitudine. Poi, pian piano passando in mezzo al bosco, tutto diventa più semplice. Le vecchie mulattiere lasciano vedere i ciottoli calpestati da tante persone prima di me, che utilizzavano quel sentiero per andare a lavorare. Ora non si sente più niente, tranne qualche canto di uccello che si sta sgranchendo le penne per iniziare a volare nel cielo. Ma basta un po’ di attenzione e si possono ancora sentire le voci e i profumi di un tempo. Sappiamo ancora ascoltare? Provo a immaginarmi le don- ne con le gerle, che portavano a casa il fieno o i prodotti della terra, gli uomini che andavano a lavorare per tagliare la legna o i bambini che andavano a scuola in città. Ora rimangono le chiesette, testimoni di questi passaggi. Non tutti i sentieri sono stati ripuliti. Si fa un po’ fatica a passare, a causa delle piante cadute per l’ultimo temporale. Ma c’è qualcosa che parla ancora, quando passo sui ponticelli di pietra e mi fermo ad ascoltare le cascatelle d’acqua che scendono dall’alto. Verrebbe voglia di fermarsi, di bere a garganella e di interrogare quell’acqua per farsi raccontare le storie di tanti anni fa. Forse non sappiamo più ascoltare; forse non conosciamo più quella lingua, dimenticata dal tempo che passa. È un peccato. Là ci sono le nostre radici, le nostre origini. Da lì siamo nati, da lì abbiamo preso la forza per p. OLIVIERO FERRO, sx crescere, per andare in giro per il mondo. Non possiamo dimenticare. È come morire un po’ per volta. Non tradire l’eredità preziosa Quando poi incontro una cappella con le scritte in francese, allora mi viene da riflettere su chi ha pensato di costruirla. E mi vengono in mente persone che hanno lasciato la loro terra, da giovani, per andare a cercare lavoro all’estero. E mi viene spontaneo pensare a quelli che oggi faticano ad accettare chi è diverso, lo straniero, che viene da noi in cerca di fortuna. I nostri antenati sono andati a soffrire e a gioire in tanti paesi e ci hanno lasciato un’eredità di apertura al mondo. E noi come la stiamo utilizzando? Sentendo diversi discorsi in questi ultimi anni, viene solo da pensare che la loro è stata fatica sprecata, che i loro pronipoti hanno di- MISSIONE E PREGHIERA / 28 Un’anima cristiana per l’umanità Vivere con responsabilità l’anno della fede P er commemorare il 50° dell’inizio del concilio Vaticano II e insieme il 20° della pubblicazione del Catechismo della chiesa cattolica, il Papa ha indetto un anno della fede. Suo scopo è “richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla, in prospettiva… della nuova evangelizzazione”, nella consapevolezza che un rinnovamento della società e della stessa chiesa passa attraverso la testimonianza di vita dei singoli credenti. 8 Mettiamoci in… ascolto Per trarre profitto spirituale da questo tempo di grazia che ci è offerto e dare slancio di fede e di speranza alla nostra esistenza, dobbiamo innanzitutto viverlo con un forte senso di responsabilità, ossia viverlo non solo per noi, per la nostra crescita spirituale, ma anche per gli altri, in vista di una nuova cultura della vita. Considerando la situazione attuale del mondo intero, emerge infatti l’urgenza di ridare un’anima cristiana all’umanità. Tale rinnovamento deve partire dal nostro cuore: in- fatti, l’anno della fede “è un invito a un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo”. Alla base della conversione ci deve essere un atteggiamento di ascolto. Il cristiano è essenzialmente un uomo “in ascolto di Dio”, della sua Parola, della voce dello Spirito che in lui prega, gli rivela la volontà di Dio, lo guida alla verità tutta intera e lo sospinge a scelte di autentico amore. L’ascolto fa del cristiano un uomo di fede obbediente, un uomo di silenzio accogliente, un uomo in continua ricerca di Dio, per servirlo, amarlo, adorarlo, mettendolo al dalla porta del Paradiso, Firenze - creazione di Adamo ed Eva M. ANNA MARIA CàNOPI, osb [email protected] primo posto nella propria vita. Non c’è fede senza carità Il cristiano, intenzionato a vivere il suo battesimo nella società, non può aspettarsi un cammino facile. Talvolta accade che un cammino spirituale iniziato con impegno ed entusiasmo si rallenti nella palude della mediocrità o addirittura cada negli anfratti della contro-testimonianza. Le cause possono essere varie e non facilmente individuabili, essendo ogni uomo un mistero. Ma è indispensabile fare una diagnosi sul rapporto tra la fede e la carità. La più insidiosa eresia della vita cristiana è sempre stata e rimane proprio la separazione tra la fede e la carità, vale a dire tra le idee e la vita. Anche l’apostolo Paolo ha proclamato con forza che nulla vale senza la carità. Infatti, tutto il resto l’uomo lo può fare in vista di se stesso, ma se ama veramente, deve uscire da se stesso; deve dare se stesso in offerta a Dio e ai fratelli. È una scelta di fede che accetta la morte per la vita: una vita sovrabbondante; una vita risorta e irradian■ te luce e pace. Basta una passeggiata tra i boschi per tornare a riscoprire valori ancora presenti, ma che sembrano sopiti menticato tutto, presi come sono dall’interesse immediato. I grandi valori di allora La strada continua in mezzo al verde. Qualche casa in rovina ricorda chi l’ha costruita e ora non c’è più. Un’altra cappella e una croce ci ricordano ancora che per loro - la nostra gente! - era importante mettere Dio nella propria vita. Era una cosa normale. E quando si incontravano, salendo e scendendo verso il paese più grande, si salutavano con il saluto tipico della valle: “Legru! Allegro!”. Cioè sta’ contento, fatti coraggio, non sei solo. Siamo in tanti e insieme ce la faremo a uscire dalle difficoltà. La solidarietà concreta, vissuta nella fatica di ogni giorno, diventava gioia semplice e profonda nei momenti di festa, in cui ognuno portava qualcosa per rendere felice la comunità. Qualcuno potrebbe dire che è nostalgia di un tempo passato e che non torna più. Non credo proprio. I valori importanti non sono spariti, sono incisi nel nostro dna, nella nostra vita. Anche se non ci pensiamo, anche se non ce ne accorgiamo, essi sono ancora presenti in noi. Basta una passeggiata sulle antiche strade e subito tornano a galla. Non ci vuole molto: basta un pizzico di attenzione e tutto, se lo vogliamo, può cambiare. Ne sono sicuro. ■ OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione. “Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e dell’attenzione di tutti i cristiani. Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma: “Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori… Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte costante di ogni attività ecclesiale... La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”. La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”. 2012 OTTOBRE PUGLIA 74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 Ottobre missionario per tutti Indicazione utili per la riflessione e l’azione mese missionario, O ttobre, trova il suo culmine nella celebrazione della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione. “Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e dell’attenzione di tutti i cristiani. L’orizzonte di ogni attività Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma: “Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori… Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte costante di ogni attività ecclesiale…”. La gioia di credere Il papa insiste affermando che “la celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio della cooperazione mis p. PIERO PIEROBON, sx sionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”. La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”. discepoli e che deve essere impegno dell’intero popolo di Dio, cioè di tutti i battezzati”. 2. D’altra parte è cambiata la direzione della missione: una volta la missione partiva principalmente dalle chiese del nord verso il sud del mondo; ora da tutte le chiese ci si dirige verso le altre chiese e verso quei territori dove non è ancora stato annunciato il vangelo di Gesù. “Da ogni parte del mondo, tanti sacerdoti, religiosi e laici, e addirittura intere famiglie lasciano i propri paesi, le proprie comunità locali e si recano presso altre chiese per testimoniare e annunciare il nome di Cristo”. 3. La missione richiede alle chiese, alle comunità cristiane e ai credenti nuovi stili di vita: un nuovo modo di vivere la fede. L’anno della fede ci aiuterà anche in questo. E se Giovanni Paolo II diceva che “la fede si accresce donandola”, l’anno della fede sarà certamente un’occasione favorevole per il rilancio della missione. ■ Alla festa dei famigliari di maggio, p. Vitus Rubianto ha raccontato la sua esperienza missionaria partendo proprio dal mappamondo. Non è un optional! Tutto questo ci aiuta a comprendere in quale misura e in che direzione è maturata la comprensione della missione della chiesa in questi ultimi 50 anni. 1. Da una parte si è allargato il numero degli attori e protagonisti della missione: “non meraviglia che il concilio Vaticano II insista sul mandato missionario che Cristo ha affidato ai suoi P. Piero Pierobon con il saveriano indonesiano p. Vitus Rubianto, ospite della festa dei famigliari 2012, e Teodoro Frattasio, ingegnere 80enne amico dei saveriani che ha girato il mondo. Nuovi orizzonti della missione Con i famigliari dei missionari pugliesi L a fede e la missione ci rendono tutti protagonisti, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle parrocchie e nelle chiese locali. Con noi missionari, i primi a essere coinvolti nella missione, sono i nostri famigliari che, con la loro testimonianza, costitui- scono una rete di fraternità e di sostegno. La famiglia dei missionari saveriani è composta di confratelli originari dei quattro continenti, tutti impegnati nella stessa missione che, per noi saveriani, consiste nel “primo annuncio”. Ospite della festa dei p. P. PIEROBON, sx famigliari a Taranto, lo scorso maggio, è stato il saveriano indonesiano p. Vitus Rubianto, che ha concluso con il dottorato la sua specializzazione biblica a Roma. Ci ha aiutato a riflettere “sui nuovi orizzonti della missione, vista dal sud del mondo”. ■ Padre Vitus, “incoronato” d’alloro, durante la Messa per la festa dei famigliari 2012. Il professor Rubianto “sale in cattedra” e i famigliari dei saveriani pugliesi lo ascoltano attentamente. 8 SAVERIANO VA, SAVERIANO VIENE La missione, concretamente, è anche partenza e arrivo, disponibilità ad assumere servizi diversi secondo i tempi e le necessità. In questo mese salutiamo p. Carlo Primosig che si trasferisce al nord, nella comunità saveriana di Vicenza, in aiuto ai confratelli anziani e malati. Diamo il benvenuto a p. Claudio Mantovani, emiliano di origine e missionario in Bangladesh, che ha raggiunto la nostra comunità agli inizi di settembre. Nei prossimi mesi avremo modo di conoscerlo meglio. Anche perché è un grande “giocoliere” e sa intrattenere grandi e piccini con le sue... magie! Nella foto, al suo arrivo alla stazione di Taranto. 2012 OTTOBRE REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 Missionari saveriani a Gallico E il recital sulla vita di p. Aurelio Cannizzaro S an Guido Conforti pensò i suoi missionari come persone tanto innamorate di Dio da essere pronte a lasciare tutto famiglia, paese, tradizioni - per andare nel mondo ad annunciare il vangelo ai popoli che non lo conoscono. Egli aveva preso dal vangelo un ideale: “fare del mondo una sola famiglia”. I missionari devono dire a tutti che Dio è Padre e ama tutti i suoi figli. Perché i saveriani a Gallico? Padre Aurelio Cannizzaro, missionario saveriano originario di Reggio Calabria, dopo essere stato missionario in Cina e in Indonesia, tornò in Italia malato, ma sempre entusiasta della missione. Dopo le cure mediche, scrisse “Con i primitivi delle Mentawai”, libro di memorie della sua attività missionaria nelle isole Mentawai dell’Indonesia. Nella sua attività di animazione missionaria visitò molte scuole e tutti i seminari dioce- sani d’Italia e il libro divenne un bestseller. Approdò a Reggio Calabria nel 1967 e dal vescovo ebbe l’incarico di curare il santuario Madonna della Grazia. Ma p. Aurelio non era un sedentario, aveva sempre a cuore le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo, predicate il mio vangelo a tutte le nazioni”. Pensava: io fisicamente non sto bene, non posso andare in tutto il mondo; allora bisogna che il mondo venga a me perché io possa annunciare il vangelo. Il “Parco della mondialità” Nacque così il progetto “Parco della mondialità”. Nel giro di poco più che vent’anni, dal greto del torrente che fiancheggia il santuario è nata una realtà che ancora oggi tutti ammirano. L’idea base è chiara: “fare del mondo una sola famiglia”. Occorre un luogo ideale dove popoli, civiltà e religioni possano sedersi insieme, dialogare e go- p. ERCOLE MARCELLI, sx dere dei tesori che Dio ha dato all’umanità. In concreto, il teatro greco con i bei gradoni. Qui, idealmente seduti, ci sono l’islam, l’Africa, il popolo ebreo; ci sono le antiche civiltà simboleggiate dalla piramide egiziana, c’è la muraglia cinese e la grande pagoda, simbolo di tutte le civiltà e religioni orientali. Al centro di tutto c’è la nascita del Messia, con il nucleo del suo vangelo: la via crucis, la morte, la risurrezione, l’ascensione al cielo e l’invio delle Spirito Santo nella Pentecoste. L’ideale è grande e p. Aurelio lo ha saputo trasmettere con entusiasmo al popolo di Gallico e della Calabria. Uno spettacolo da applausi Bene ha fatto il signor Oreste Arconte a sintetizzare in un riuscito recital l’intensa vita di p. Aurelio. Usando le testimonianze scritte dei saveriani che sono vissuti con p. Aurelio, Arconte ha percorso i brevi anni del- Immagini di una bella serata... Il recital su p. Cannizzaro al Parco della Mondialità Un bel primo piano di Nino Pavone e Catya Crocè del gruppo “Edipos”, durante il recital dedicato a p. Aurelio Cannizzaro che ha impreziosito l’estate del Parco della mondialità. Sopra, i lettori protagonisti dello spettacolo (Claudia Femia, Pina Sofia, Carmelo Polito, Ernesto Branca, Loredana Brianti e Mimma Fiumanò) allestito dal regista Oreste Arconte. 8 A sinistra, il gruppo “Edipos” e uno scorcio di pubblico sulle tribune dell’anfiteatro. Un momento del recital sulla vita di p. Aurelio Cannizzaro messo in scena da Oreste Arconte in collaborazione con il gruppo Edipos, al “teatro” nel parco della mondialità di Gallico la missione in Cina sottolineandone l’entusiasmo apostolico, la sofferenza nei giorni delle provocazioni e poi la cacciata dalla Cina da parte del regime comunista. Padre Aurelio approda poi in Indonesia, nella grande isola di Sumatra. Nella città di Padang c’è il centro della missione dei saveriani; al largo di Sumatra ci sono le isole Mentaway. Nessun missionario cattolico era mai sbarcato su quelle isole. Il vescovo chiede a p. Aurelio di provare ad aprire là una missione cattolica. Egli non solo accetta, ma ne è entusiasta. Arconte nel suo recital ha drammatizzato bene questa straordinaria avventura missionaria. Lo sbarco avventuroso sulle isole Mentaway, il primo impatto con gli abitanti, il lavoro di evangelizzazione sono proclamati da lettrici e lettori che creano vere emozioni. Il gruppo Edipos, con canti originali, colora perfettamente la scena. Il tutto fa risaltare la figura autenticamente missionaria di p. Aurelio Cannizzaro, sempre felice per avere una missione da compiere. A conclusione del recital, un documentario audiovisivo trasmette il discorso che p. Aurelio ha pronunciato in occasione del ventesimo anniversario della sua presenza a Gallico: un autentico pezzo da archivio. Le parole vibranti di p. Aurelio strappano l’applauso della platea. ■ “VINSI PERCHé SENZ’ARMI” Il recital su p. Cannizzaro è piaciuto così tanto che ci sembra doveroso riportare qui un altro commento. È un nuovo successo di pubblico lo spettacolo “Vinsi perIl recital di Oreché senz’armi”, già presentaste Arconte su p. Aurelio Canto al parco della mondialità. nizzaro, è stato L’opera è stata riproposta al riproposto a San chiostro di San Giorgio al CorGiorgio al Corso: so per iniziativa dell’Anassiun successo! laos e di Nuovo Giangurgolo. “È significativo ricordare la figura del sacerdote e missionario saveriano, la vocazione, i viaggi in Cina e nelle isole Mentaway, la realizzazione del parco a Gallico, un’oasi di bellezza e di forte spiritualità tra le religioni”. Ha introdotto Stefano Iorfida, presidente dell’Anassilaos. Per questo il tema della serata è “Vinsi perché senz’armi”. Cina, Mentaway, Gallico: la vita e l’opera di p. Aurelio Cannizzaro, uomo di carità e di pace, uomo di Dio. Il sacerdote è deceduto il 26 marzo 1992 a Gallico e la sua salma riposa nel santuario della Madonna della Grazia. Ha spiegato Oreste Arconte, che ha sceneggiato il recital in occasione dei vent’anni dalla morte. “La sua aspirazione era diffondere la Parola di Dio, fare di tutto il mondo una sola famiglia. Io voglio ricordare così questo grande uomo che deve essere riscoperto e valorizzato. Il mio testo si suddivide in tre parti: per le Mentaway mi sono ispirato all’autobiografia di p. Cannizzaro Con i primitivi delle Mentaway; per la Cina invece ho considerato il libro dei saveriani La vita di p. Aurelio”; per Gallico ho portato la mia testimonianza diretta”. Più che uno spettacolo si è trattato di una lettura a più voci, intercalata da canzoni e musiche di Nino Pavone. Il montaggio video era a cura di Pino Villa. 2012 OTTOBRE ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Dalla Colombia al Congo, in missione Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 1 è a cura di p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx passato nella nostra comunità di Roma il saveriano afro-colombiano p. Gerardo Pretel Ortíz. Questa intervista ci permette di sapere qualcosa di lui e della sua vita missionaria nel cuore dell’Africa. È molto interessante! zione per aspiranti missionari. Perciò ho passato alcuni primi anni nel seminario diocesano di Bonaventura. Nella città di Cali avevo anche frequentato un corso per essere giornalista. Ho continuato in seminario fino al 1995, quando sono diventato diacono. di Shabunda, Kitutu e Ngenhe... L’estensione territoriale di ciascuna di queste parrocchie è enorme. Shabunda, ad esempio, è una parrocchia con almeno 100 comunità, in altrettanti villaggi distanti tra i 5 e i 15 chilometri l’uno dall’altro. Parlaci di te... Sono nato nel 1965 a Bonaventura, in Colombia. Ringrazio Dio per essere nato in una famiglia cristiana. Dai genitori sono stato educato in un ambiente di fede. La nostra casa è a soli 100 metri dalla chiesa del “Sagrado Coraçon de Jesus”. I saveriani, appena arrivati in Colombia nel 1975, sono venuti proprio nella mia parrocchia. Da piccolo li frequentavo spesso; ero anche chierichetto. Questo contatto è certamente stato all’origine della mia vocazione missionaria, che si è manifestata dopo la cresima. Poi con i saveriani… Sono entrato con gioia tra i saveriani, vivendo con loro per due anni a Cali e a Bogotà; poi ho fatto il noviziato in Messico, dove ho conseguito anche una licenza in teologia biblica. Mi sono trovato subito molto bene, accolto come fratello fra fratelli. Nel 2002, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, sono andato a Parigi per prepararmi alla missione in Congo, dove mi trovo da nove anni. Visitate le comunità? Noi missionari visitiamo tutte le comunità ecclesiali, rimanendoci almeno due giorni: lavoriamo, preghiamo, mangiamo e dormiamo con la gente del posto. Insieme ai responsabili stiliamo il programma delle varie attività e i vari compiti come, per esempio, la costruzione delle chiesette, che sono ancora di paglia, e la preparazione ai sacramenti. Rimanendo parecchio tempo con loro, possiamo “tastare il polso” della situazione di ogni comunità. Cosa facevi allora? I saveriani non avevano ancora aperto una comunità di forma- Come vivi la missione? La missione è stata ed è per me un momento di grazia: mi ha permesso di condividere il vangelo con la gente e con i giovani in particolare. L’ho sperimentato in tanti safari, nelle tre missioni Ci sono strade percorribili? Non ci sono strade che collegano i paesi; ci sono solo sentieri che la gente percorre a piedi. Dal centro della missione Il forte desiderio di vivere la fede Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 2 C ontinuiamo con l’intervista a p. Gerardo Pretel, missionario in Congo. Come sono i rapporti con i musulmani? La maggior parte della popolazione della zona è musulmana. I cristiani sono solo il 10%, e noi cerchiamo di appoggiare il loro cammino di fede. Oltre a questo, li invitiamo a praticare con i musulmani il dialogo di vita: quello che avviene tutti i giorni, in ogni realtà della vita quotidiana. C’è un buon rapporto, sono rispettosi e si collabora bene con loro. Spesso invitano noi missionari e i cristiani a partecipare alle loro feste. Abbiamo un buon rapporto anche con i pastori delle chiese protestanti. 8 I cristiani come vivono la fede? I laici delle nostre comunità, animati dal vangelo, si impegnano non solo nella chiesa, nella catechesi, nella liturgia, ma anche nel campo sociale, affinché ci sia più vita e dignità per tutti. Per esempio, riparano strade e ponti, tagliano l’erba nei luoghi pubblici, fanno la manutenzione delle scuole. In qualche missione c’è anche un centro che soccorre i più poveri che non sanno come vivere. Aiutiamo bambini e giovani a studiare, pagando le loro rette mensili, affinché frequentino la scuola primaria e le medie. Possiamo offrire questo aiuto, così prezioso per il futuro di queste persone, grazie alla generosità di tanti benefattori, soprat- Un bel primo piano di p. Pretel, missionario tra la gente del Kivu, in Congo Il saveriano colombiano p. Gerardo Pretel, in basso a destra, con una famiglia nella missione congolese di Shabunda alle singole comunità anche noi missionari andiamo a piedi, o in bici, in moto o, dove si può con la jeep. Non essendoci strade, il materiale di costruzione deve essere trasportato con l’aereo. Da Bukavu alla nostra missione ci vuole un’ora e mezzo di aereo. Si pagano 2 dollari ogni chilo di materiale trasportato... Quante volte visitate le comunità? Quattro o cinque volte l’anno. È un’attività impegnativa, ma mi piace tanto. C’è anche un altro motivo: i cristiani vivono in mezzo ai musulmani e vogliamo evitare che vengano “assorbiti” da loro o dalle sette protestanti. Cerchiamo di sostenerli offrendo loro una solida formazione, e questo avviene nelle piccole comunità. Due volte l’anno, invece, riuniamo al centro tutti i responsabili delle comunità, i catechisti e gli animatori dei giovani, offrendo loro un corso di almeno una settimana. Siamo convinti che, oltre alla spiritualità, la formazione e la catechesi (biblica, liturgica, teologica eccetera) è ciò che più motiva i laici a continuare nella difficile missione dell’evangelizzazione. ■ (continua a lato) GLI AMICI CI FANNO VISITA p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx a cura di p. F. ROTA MARTIR, sx tutto italiani, che ci sostengono e che ringraziamo di cuore. Ma lo Stato non vi aiuta? In Congo lo Stato è ancora assente. Perciò spetta alle missioni aiutare la popolazione in situazione di difficoltà. Il governo purtroppo si fa sentire solo per sfruttare, attraverso le tasse, senza offrire in cambio servizi di base come strade, ospedali, scuole, energia elettrica, igiene, acqua... Questo accade sia nei villaggi sia nelle città. La gente deve proprio arrangiarsi. Spesso la gente deve fare anche centinaia di chilometri a piedi o in bici per spostarsi da una località all’altra. Cosa hai apprezzato di più della missione? Ciò che più mi è rimasto nel cuore è l’accoglienza della gente e il forte desiderio di vivere la fede. Hanno in loro un grande senso di Dio e del sacro. Si tratta di una religiosità naturale, che affonda le sue radici nelle religioni ancestrali, e che il cristianesimo cerca di purificare e migliorare. In tal modo, noi missionari troviamo un fertile terreno ■ umano e religioso. A fine agosto abbiamo ricevuto la gradita visita dei famigliari (la nipote Stefania con il marito Silvano e i tre figli) del nostro caro p. Battista Mondin. Sono arrivati da Monte di Malo, Vicenza. Hanno affrontato la distanza per passare qualche giorno insieme al parente missionario. La loro presenza ha portato una ventata di allegria e di vivacità anche nella comunità di via Aurelia, “prostrata” dall’afa dell’estate Romana... A settembre ci hanno fatto visita anche alcuni confratelli saveriani, che vediamo nella foto: p. Antonio Germano dal Bangladesh (a sinistra) e due studenti indonesiani: Fernandus e Petrus, che studieranno teologia a Parma e a Yaoundé (Camerun). C’è anche p. Nattye, anche lui indonesiano, che partecipa a un corso di aggiornamento missionario a Tavernerio (Como). Da sinistra: Fernandus, p. Germano, p. Nattye e Petrus 2012 OTTOBRE ROMAGNA 48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Pregare danzando: che bello! Dialogo con padre Carluccio Mongardi P adre Carluccio Mongardi è un saveriano di Sassoleone, in provincia di Bologna e diocesi di Imola. Divenuto saveriano nel 1959, a 21 anni di età, è missionario in Messico dal 1977. Vive a Guadalahara e insegna filosofia, ma si dedica molto all’attività pastorale ed è praticante appassionato della “danza religiosa”. Di questa attività ci parla in un’interessante ed esclusiva intervista. A quando il tuo incontro con la danza religiosa? Fin dagli anni del concilio Vaticano II (1962-1965) - che furono anche gli anni della mia ordinazione sacerdotale - cominciai a sentir parlare della danza religiosa di molti popoli e culture non cristiani. In quegli anni erano cominciate anche le danze religiose durante la celebrazio- ne della Messa in alcuni paesi dell’Africa come il Congo, il Kenya, l’Uganda. Ma il mio primo incontro diretto con la danza religiosa è avvenuto nel 1978 in Messico, precisamente in una zona indigena chiamata Huasteca. Le donne facevano danze durante le processioni e nelle feste della Madonna di Guadalupe. Mentre i giovani e gli adulti facevano danze durante la Messa; in particolare, facevano danze nel cimitero la notte tra l’1 e il 2 novembre, nella celebrazione dei defunti, ed anche dentro la chiesa la notte tra il 2 e il 3 di maggio, festa della santa Croce. Che significato ha la danza religiosa? La danza religiosa è un tipo di danza con un fine sacro: cerca un vincolo con Dio, con gli altri e con l’universo. È una forma di a cura di p. LINO SGARBOSSA, sx liturgia, e non uno spettacolo né una forma di divertimento. Nella danza religiosa non ci sono attori e spettatori, ma solo gente in atteggiamento di preghiera, perché la vera danza religiosa si fa con il cuore pieno di fede. È tanto che pratichi la danza? Io ho cominciato tardi l’esperienza della danza religiosa nella mia vita, quando avevo già 55 anni. E la continuo ancora adesso a 73 anni, nel 2012, anno in cui celebro i miei 50 anni di ordinazione sacerdotale, avvenuta il 28 ottobre del 1962 a Parma. Vorrei continuare fino alla morte. Non ho alcuna intenzione di morire quest’anno, perché solo il Signore sa il momento in cui ci chiamerà. Io credo che i maya non hanno mai definito una data per la fine del mondo Sulle strade della missione Dopo dieci anni in Sardegna torno in Romagna P er dieci anni ho percorso in auto la superstrada 131 Cagliari - Sassari e viceversa… Durante i miei spostamenti ho sempre visto, al chilometro 56, la statua bianca del “Cristo della strada” che guarda i passanti in marcia. Un giorno, mi sono fermato a osservare da vicino la statua che raffigura Cristo con le braccia tese in avanti per accogliere i viaggiatori e tutti coloro che si fermano. Accoglie con le mani protese La statua del Cristo Redentore è stata fatta costruire una decina d’anni fa da due famiglie di un paesino della diocesi AlesTerralba, emigrate in America del sud, in ringraziamento. Da alcuni anni si celebra la festa dell’emigrato proprio in ricordo 8 dei benefattori emigrati; contemporaneamente si svolge anche il raduno degli autisti dei mezzi pesanti. Il vescovo Orrù e il cardinale Pompedda, alla cerimonia di inaugurazione (30 giugno 2002), vedendo le mani di Gesù protese ad accogliere i viaggiatori, la battezzarono statua del “Cristo della strada”. Infatti, su una targhetta si legge testualmente: “Il monumento al Cristo Redentore fu eretto in occasione del Giubileo dell’anno 2000... a protezione degli autisti e dei mezzi della strada che transitano nella SS 131 e in tutte le strade”. La preghiera del viaggiatore Su un’altra targhetta si può leggere la preghiera a Cristo Signore: “Signore, che domini il Il Cristo della Strada che protegge i viandanti sulla statale 131 Cagliari - Sassari p. DINO MARCONI, sx tempo e la vita, e ci guidi verso la salvezza, rivolgi il tuo sguardo sul nostro cammino. Proteggi il continuo frenetico andare di chi, per lavoro e per diletto, percorre le strade di questa nostra terra e posa sul capo di noi tutti la tua mano provvidente”. Il Signore ci accolga davvero alla fine del nostro correre sulle strade del mondo, e continui a proteggerci perché non andiamo fuori strada, ma viaggiamo vigili e sereni fino alla meta dei nostri viaggi. Di nuovo in Romagna, con voi Dopo dieci anni di intensa attività in Sardegna, ora sono nella comunità saveriana di San Pietro in Vincoli, più vicino alla mia famiglia (Savignano sul Rubicone). Mi dedicherò volentieri all’animazione missionaria nelle parrocchie che la richiedono. Così riprendo a correre sulle strade della Romagna partendo da Sant’Apollinare in Classe dove, nel catino dell’abside, risplende la Croce gemmata di Gesù Salvatore del mondo, come dice la scritta latina sottostante, e Signore della storia con le lettere greche alfa e omega: Cristo è inizio ■ e fine di ogni cosa. Padre Dino Marconi ora è in Romagna - come qualcuno invece afferma -, perché loro avevano una concezione circolare del tempo e delle epoche storiche; non avevano un concetto lineare, con una fine del tempo e del mondo. Qual è il tuo obiettivo? Prego la Madonna che mi faccia realizzare un sogno, che mi è sbocciato nel cuore proprio nella danza in suo onore: poter danzare durante la celebrazione dell’Eucaristia. Danzare anche i canti liturgici: Signore pietà, il Gloria, il Santo, il Padre nostro eccetera. E anche poter fare danze senza il canto. Il mio desiderio è riscattare i salmi, che certamente sono tutti danze di vario tipo: di nozze, di funerali, di guarigione... nelle feste, nei pelP. Carlo Mongardi celebra i 50 anni di ordinazione legrinaggi, nel tempio... sacerdotale il 28 ottobre e spera di farlo... danzando Gesù, la sua famiglia, i frutti di conversione e di inculsuoi seguaci hanno anch’essi turazione cristiana autentica. fatto questa esperienza meravigliosa: fin da bambini, portavaDove vorresti celebrare i no la danza in piazza anche nei 50 anni di Messa? loro giochi. Naturalmente nel grande pelHo anche la speranza di porlegrinaggio alla Madonna di Zatare un valido contributo nel popan, a Guadalajara in Messiprogetto diocesano della chiesa co, insieme ai 170 gruppi di fedi Guadalajara nella “pastorale deli danzanti. E anche vicino al della danza”, per avvicinare la cuore delle popolazioni indie, nei chiesa ai tanti gruppi di fedeli loro villaggi, danzando e preganche praticano la danza religiosa: ■ do con loro. un dialogo che possa produrre OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione. “Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e dell’attenzione di tutti i cristiani. Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma: “Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori… Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte costante di ogni attività ecclesiale... La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”. La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”. 2012 OTTOBRE SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 Non chiamatela nostalgia Passeggiando e riflettendo tra i monti d’estate, come U ntantigiovedì altri, parto per andare in mezzo alla natura. Sono le sei e mezzo del mattino e comincio a salire verso le colline attorno al mio paese, Plello di Borgosesia, in provincia di Vercelli, dove ho trascorso qualche giorno di riposo estivo. All’inizio è faticoso, avendo perso l’abitudine. Poi, pian piano passando in mezzo al bosco, tutto diventa più semplice. Le vecchie mulattiere lasciano vedere i ciottoli calpestati da tante persone prima di me, che utilizzavano quel sentiero per andare a lavorare. Ora non si sente più niente, tranne qualche canto di uccello che si sta sgranchendo le penne per iniziare a volare nel cielo. Ma basta un po’ di attenzione e si possono ancora sentire le voci e i profumi di un tempo. Sappiamo ancora ascoltare? Provo a immaginarmi le don- ne con le gerle, che portavano a casa il fieno o i prodotti della terra, gli uomini che andavano a lavorare per tagliare la legna o i bambini che andavano a scuola in città. Ora rimangono le chiesette, testimoni di questi passaggi. Non tutti i sentieri sono stati ripuliti. Si fa un po’ fatica a passare, a causa delle piante cadute per l’ultimo temporale. Ma c’è qualcosa che parla ancora, quando passo sui ponticelli di pietra e mi fermo ad ascoltare le cascatelle d’acqua che scendono dall’alto. Verrebbe voglia di fermarsi, di bere a garganella e di interrogare quell’acqua per farsi raccontare le storie di tanti anni fa. Forse non sappiamo più ascoltare; forse non conosciamo più quella lingua, dimenticata dal tempo che passa. È un peccato. Là ci sono le nostre radici, le nostre origini. Da lì siamo nati, da lì ab- p. OLIVIERO FERRO, sx biamo preso la forza per crescere, per andare in giro per il mondo. Non possiamo dimenticare. È come morire un po’ per volta. Non tradire l’eredità preziosa Quando poi incontro una cappella con le scritte in francese, allora mi viene da riflettere su chi ha pensato di costruirla. E mi vengono in mente persone che hanno lasciato la loro terra, da giovani, per andare a cercare lavoro all’estero. E mi viene spontaneo pensare a quelli che oggi faticano ad accettare chi è diverso, lo straniero, che viene da noi in cerca di fortuna. I nostri antenati sono andati a soffrire e a gioire in tanti paesi e ci hanno lasciato un’eredità di apertura al mondo. E noi come la stiamo utilizzando? Sentendo diversi discorsi in questi ultimi anni, viene solo da pensare che Tre giorni... giovanissmi! Campo di formazione con i saveriani 27 al 29 luglio tanti raD algazzi e ragazze tra i 12 e i 17 anni hanno partecipato a un campo di formazione presso la casa saveriana di Salerno, per portare a termine l’impegno preso lo scorso settembre insieme ai saveriani. “Partire per annunciare Cristo, vera vita e verità” è la frase che riassume bene la tregiorni dei giovanissimi. 8 Una gioia esplosiva Con la musica abbiamo approfondito le emozioni che un testo può suscitare, la fede interpretata dalle parole, portatrici del messaggio di Cristo, e l’annuncio come massima espressione della gioia di aver ricevuto un messaggio da condividere con il prossimo. Per i giovani è difficile condividere questi aspetti importanti della vita, perché la società in cui viviamo non sempre è disposta ad ascoltare. Ma sono stati tre giorni di canti, balli e gioia… Una gioia esplosiva che ha invaso i cuori, in un clima di famiglia. Tutti siamo indispensabili! Ci siamo organizzati in modo da renderci utili. A colazione, a pranzo e a cena, divisi in gruppi, abbiamo rimesso tutto in ordine, prima dello svago, prima dei giochi e del divertimento che non mancano mai. La musica per riflettere I momenti di formazione sono stati altrettanto interessanti. Gli animatori e i saveriani ci hanno trasmesso l’importanza della musica nel dialogo tra l’uomo e Dio, perché non è semplice collegare un testo musicale a un messaggio più profondo. Invece, con la musica possiamo espri- Il gruppo giovanissimi di Salerno con i saveriani hanno utilizzato la musica per meditare e annunciare il messaggio di Cristo ROBERTA mere le nostre emozioni, portare un messaggio di fede agli altri e far comprendere meglio la parola di Dio. I giovani vanno continuamente spronati e i saveriani lo sanno bene… Per questo, preparano dinamiche, video e canzoni per attirare la loro attenzione, in modo da offrire gli strumenti utili per apprendere e riflettere sui temi fondamentali del cammino di fede. La musica per annunciare Particolarmente stimolante questa volta è stato l’approccio verso altre culture come quella congolese, burundese e messicana, che gli studenti e i missionari dai loro paesi d’origine portano a Salerno. Proprio loro hanno dato ai ragazzi l’opportunità di vedere come nelle loro nazioni la musica e la danza siano parte integrante della vita quotidiana e delle celebrazioni religiose. I giovani spesso ascoltano musica. Attraverso le emozioni che trasmette, essa aiuta a superare gli ostacoli che ogni giorno incontriamo sul nostro cammino. Se l’uomo è stato creato per lodare Dio, anche la musica è stata creata per essere usata dagli uomini affinché venga annunciato il messaggio d’amore di Cri■ sto. Basta una passeggiata tra i boschi per tornare a riscoprire valori ancora presenti, ma che sembrano sopiti la loro è stata fatica sprecata, che i loro pronipoti hanno dimenticato tutto, presi come sono dall’interesse immediato. I grandi valori di allora La strada continua in mezzo al verde. Qualche casa in rovina ricorda chi l’ha costruita e ora non c’è più. Un’altra cappella e una croce ci ricordano ancora che per loro - la nostra gente! - era importante mettere Dio nella propria vita. Era una cosa normale. E quando si incontravano, salendo e scendendo verso il paese più grande, si salutavano con il saluto tipico della valle: “Legru! Allegro!”. Cioè sta’ contento, fatti coraggio, non sei solo. Siamo in tanti e insieme ce la faremo a uscire dalle difficoltà. La solidarietà concreta, vissuta nella fatica di ogni giorno, diventava gioia semplice e profonda nei momenti di festa, in cui ognuno portava qualcosa per rendere felice la comunità. Qualcuno potrebbe dire che è nostalgia di un tempo passato e che non torna più. Non credo proprio. I valori importanti non sono spariti, sono incisi nel nostro dna, nella nostra vita. Anche se non ci pensiamo, anche se non ce ne accorgiamo, essi sono ancora presenti in noi. Basta una passeggiata sulle antiche strade e subito tornano a galla. Non ci vuole molto: basta un pizzico di attenzione e tutto, se lo vogliamo, può cambiare. Ne sono sicuro. ■ GIRA LA RUOTA DELLA VITA... Novità d’autunno nella casa di Salerno p. OLIVIERO FERRO, sx “Settembre, è tempo di migrare”, diceva il poeta. E così succede anche nella casa dei saveriani di Salerno. C’è chi arriva e c’è chi parte. I missionari devono essere pronti per andare dove Dio - e i superiori! - mandano. Questo, naturalmente, è un buon segno anche per gli altri che rimangono, perché un giorno toccherà anche a loro partire, o meglio, ripartire per la missione. Dopo tanti anni vissuti in Italia, padre Benigno Franceschetti riprende la strada del Camerun per dedicare altri anni della sua vita alla gente che ha già conosciuto nella precedente esperienza missionaria. Gli diciamo “grazie” per tutto quello che egli ha fatto in questi anni vissuti a Salerno. Il Signore lo accompagni nella nuova avventura missionaria in Camerun. Accogliamo con gioia padre Carlo Pozzobon che, dopo aver lavorato tra noi come superiore dei saveriani in Italia, viene ora a darci una mano. La sua esperienza e saggezza troveranno terreno fertile nel Salernitano. Un benvenuto caloroso, con l’augurio di buon lavoro in questa comunità che lui conosce bene. A proposito: Perché “la ruota”? Cosa c’entra? Semplice. Noi missionari giriamo sempre e ci fermeremo chissà quando. Una volta di qua e una volta di là, ma siamo sempre in movimento. 2012 OTTOBRE 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO I cedri alti della missione Un nuovo stile di vita anche per i saveriani giorno, un pensionato ha U npassato il pomeriggio nel parco del nostro centro di spiritualità missionaria. Erano giorni ardenti, in cui la calura inaridiva l’erba. Si è addentrato insieme con la nipotina lungo i viali ombreggiati. Mi stupì la competenza con cui egli elencava alla nipote il nome degli alberi. Giunto presso i famosi cedri, fece schioccare la voce: “Questi cedri sono l’immagine della missione. Stanno qui da 500 anni; dal tempo in cui Cristoforo Colombo scoperse l’America, dal tempo in cui san Francesco Saverio fece il giro del mondo per portare il vangelo fino in Giappone. All’epoca della rivoluzione francese, quando i parigini rimpiazzavano la statua di “Notre Dame” con l’effige della “dea ragione”, questi cedri avevano già radici profon- de. Rovesci e bufere, gelo e calura, nulla ha impedito a questi giganti del tempo di estendere i loro rami maestosi, sempre vogliosi di generare nuovi germogli di vita”. Così si espresse il nostro ospite pensionato! La gioia di fare il bene Cari amici, è proprio vero! La missione opera nell’orizzonte della nostra conoscenza. E, allora, intercettiamo segni e appelli per le scelte del nuovo anno pastorale. In comunità siamo dieci saveriani, impegnati a servire le comunità parrocchiali, a seguire gruppi e famiglie. Anche noi ci sentiamo solidali con il destino della gente, che vede venir meno tanti legittimi desideri. La situazione economica produce cambiamenti anche per noi missionari. Per decenni, la sensibilità di p. LUIGI ANZALONE, sx molte persone ci ha aiutato a fare la missione, senza essere condizionati da preoccupazioni economiche. La generosità di tanti amici ha dato vita a progetti e campagne di solidarietà nelle giovani chiese di missione. Ora sentiamo dispiacere per le persone che si vedono costrette a privarsi della gioia di fare del bene per le missioni. Lo sguardo oltre i bilanci… Alla fine dell’estate ci siamo incontrati per programmare la nostra vita comunitaria e le nostre attività pastorali. Abbiamo deciso, anche noi missionari, di misurarci con un nuovo stile di vita, più austero. Sarebbe comunque una iettatura se ci fermassimo a guardare soltanto i bilanci, se ci privassimo di uno sguardo circolare, a 360 gradi. La crisi economica condizio- Una visita molto interessante Padre Luigi Paggi e le ragazze munda sera di giugno abbiamo U naascoltato, a Tavernerio, la testimonianza di due giovani del Bangladesh. Si sono opposte alle leggi tribali che le volevano spose e madri in giovanissima età. Si chiamano Nilima e Minoti e appartengono al gruppo etnico dei “munda”, una tribù di cacciatori. Il loro ambiente naturale è la giungla. Un viaggio “premio” In passato la loro tribù fu costretta a migrare dall’India al Bangladesh, per disboscare la foresta del Sunderban, alle foci del Gange. Oggi i munda si dibattono tra due forze contrapposte: sono attratti dalla modernità, ma non vogliono privarsi della loro cultura e tradizioni. Nilima e Minoti, sono venute in Italia assieme alla signora Dipali Dash, che svolge un ruolo 8 importante con le ragazze nella loro stessa situazione. Le tre erano accompagnate da p. Luigi Paggi, missionario saveriano di Sorico, che da decenni è impegnato in Bangladesh in esperienze estreme e significative. Padre Luigi aveva offerto loro il viaggio: un modo per riconoscere il coraggio dimostrato da Nilima e Minoti. Ma aveva anche un secondo obiettivo: quello di rendere più consapevoli le altre ragazze della tribù. Una disubbidienza positiva Vivendo tra i munda, p. Luigi si è reso conto che il vangelo ha la forza per sovvertire gli aspetti bui della loro cultura e religione animista. Visto che molte sposebambine morivano di parto, p. Paggi cominciò a sensibilizzare le famiglie. Poi costruì un ostello per accogliere le bambine e Le ragazze munda Nilima e Minoti con la signora Dipali Dash (al centro), accompagnate dal saveriano p. Luigi Paggi (a destra); con loro, p. Filippo Rondi p. FILIPPO RONDI, sx alla signora Dipali Dash affidò la scuola, oggi frequentata da più di cento ragazze. Padre Luigi, dal canto suo, non mancava di invitare le ragazze alla disubbidienza. Nilima e Minoti furono le prime due a ribellarsi ai genitori. All’ostello hanno conseguito il diploma di scuola superiore e oggi Nilima fa il doposcuola alle bambine munda, mentre Minoti lavora con la signora Dipali nell’associazione che si batte contro i matrimoni in tenera età. Finalmente anche le famiglie hanno compreso il significato della loro ribellione. “Abbiamo scoperto la gratuità” Nel loro viaggio in Italia, Nilima e Minoti hanno avuto il primo impatto con la religione cristiana. “Noi sappiamo ben poco della religione cristiana. Ci avevano spiegato che la sua caratteristica principale è la gratuità. Questa gratuità abbiamo potuto vederla in tante occasioni, specialmente nei gruppi che in vari paesi aiutano le attività missionarie sparse nel mondo intero”. La serata di Tavernerio è stata organizzata dal club Soroptimist di Lugano Lago. Il nostro grazie va soprattutto alla coordinatrice, la signora Monica Ruggeri, impegnata in progetti di ricerca medica, dal 2007 sostenitrice delle attività di p. Luigi tra i munda ■ del Bangladesh. na pesantemente la vita di molti concittadini. Ma è altrettanto vero che non basta da sola a esaurire la spinta della missione che Gesù Risorto ha affidato alla chiesa. La missione è fuoco, è acqua viva; s’identifica con il desiderio di generare, presente in ogni battezzato. “Là c’è la Provvidenza!” In questi giorni abbiamo rivolto il nostro sguardo anche al passato e abbiamo ricordato che la nostra congregazione è nata nella povertà. Basta pensare che per sfamare i giovani missionari l’economo della casa madre di Parma era costretto a vendere oggetti che i saveriani inviavano dalla Cina I maestosi cedri della missione che svettano nel parco del centro di spiritualità dei saveriani a Tavernerio per allestire il museo etnografico della conmissionaria. Scriveva: “Quando gregazione. avete il necessario per vestirvi e Abbiamo ricordato soprattutper il cibo, non preoccupatevi… to la saggezza con cui san Guido La provvidenza di Dio assicureConforti, in tempi ancora più difrà il resto. Inoltre, ogni missioficili, sapeva tenere aperti gli ocnario è testimone della dignità chi dei suoi missionari sui concon cui la gente dei paesi povetenuti fondamentali e sull’orizri gestisce situazioni estreme di zonte della missione, sul compi■ miseria…”. to che i missionari hanno di edu(continua nel riquadro) care gli altri cristiani a una fede I prossimi appuntamenti Presso i saveriani di Tavernerio 7 ottobre: incontro con gli amici svizzeri 14 ottobre: incontro con gli amici italiani 5 novembre: festa di san Guido Conforti incontro con i religiosi 3 dicembre: festa di san Francesco Saverio incontro con presbiteri e laici collaboratori I TRE “PATTI” DEI SAVERIANI DI TAVERNERIO p. L. ANZALONE, sx Per tornare allo stile di vita che ci proponiamo di varare quest’anno, presento anche a voi, cari amici, tre patti che noi saveriani abbiamo fatto. Primo patto: Non trascurare nulla di ciò che ci porta a contagiare tutti gli uomini con la buona notizia che Dio è Amore, Dio è misericordia, Dio è la casa di tutti, Dio è la famiglia di tutti. Secondo patto: Nulla ci può impedire di fare un passo avanti sulla strada della santità che san Guido Conforti ha inaugurato, contemplando il costato trafitto di Gesù in croce. Terzo patto: Dare spazio alle persone che incontriamo, imparare da loro la gioia che gustano quando tentano di rendere missionaria la propria fede. Quanto sono luminosi gli occhi di chi esprime la forza dei piccoli gesti di attenzione verso il prossimo: una forza che salva il mondo! E poi ci è venuto in mente… quanto sarebbe bello se l’accoglienza che offriamo ai gruppi nel parco del nostro centro di spiritualità, desse vita a un “forum” dove la missione cresce nell’ascolto vicendevole, “da cuore a cuore”. Cari amici, diamoci una mano. La crisi economica diverrà opportunità per scoprire i punti indiscutibili della missione. Anche il vescovo san Guido Conforti, insieme ai primi missionari, aveva trovato garanzie ricordando un principio che piaceva tanto ai primi cristiani: “il fratello aiutato dal fratello è come una torre fortificata”. 2012 OTTOBRE VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 Viaggio in terra di missione Tre vicentini con i saveriani in Amazzonia B elém è la prima tappa del nostro viaggio in terra di missione. Atterriamo nella capitale del Parà, nel nord del Brasile, sulla foce del Rio delle Amazzoni. È la porta dell’Amazzonia, terra di grandi ricchezze ma riservate a pochi. Ci aspettano p. Paolo Andreolli e p. Renato Trevisan. Nel tragitto verso la città si scorgono le case popolari. L’odore delle fogne a cielo aperto è ripugnante. Il porto, il mercato e la dogana sono il simbolo dello sfruttamento dell’Amazzonia: da qui partivano il legname, il caucciù e i minerali verso l’Occidente. Il forte e l’arsenale sono i resti del dominio coloniale portoghese durato fino al 1822. Nella casa saveriana ci accolgono p. Marcello Zurlo e p. Pino Leoni, come fossimo di famiglia. Ciò di cui abbiamo bisogno Il giorno dopo partiamo presto per São Félix do Xingu, più di mille chilometri su strade impervie, rovinate da camion pesanti che trasportano legname, minerali e bestiame, in mezzo a ciò che resta della foresta equatoriale. I grandi proprietari terrieri preferiscono l’allevamento dei bovini, meno dispendioso, rispetto all’agricoltura. La foresta viene tagliata per lasciare posto a sterpaglie e pascoli. La commissione pastorale della terra, attraverso la costante azione di p. Danilo Lago e p. Primo Battistini, offre un’alternativa possibile: la casa famigliare rurale, una scuola in cui si insegna ai figli dei contadini come coltivare la terra, migliorando le tecniche agricole… Con p. Paolo visitiamo le comunità ecclesiali di base. Ci troviamo di fronte a una chiesa giovane, “di frontiera”, che porta il vangelo non solo a parole ma ALBERTO, ANDREA, DENIS anche “sporcandosi le mani”. Ed è di questo che abbiamo voglia e bisogno noi giovani d’oggi. Un’esperienza indimenticabile Nella seconda parte del nostro viaggio ci spostiamo a Redenção, dove p. Renato ci offre l’opportunità di conoscere le piccole tribù di indio kayapò. La modernità ormai è arrivata anche qui. Serve qualcuno che capisca gli indio e che faccia da “ponte” tra la loro cultura e le regole della nuova società. La pastorale indigenista fa proprio questo. Poi, in una notte di agosto, la cena è allietata dalla calorosa accoglienza della gente brasiliana. La meraviglia si staglia sopra le nostre teste: un cielo spettacolare, una moltitudine di stelle mai vista prima, un’emozione che si esprime in un pensiero di bellezza. Famiglie “insieme per la missione” S’è svolta ad Asiago la convivenza estiva 2012 Davide Perin, autore dell’articolo, fa parte del gruppo adolescenti, emanazione delle “Famiglie per la missione”. un periodo di interroD opo gativi su dove e quando svolgere la convivenza estiva con le varie famiglie del gruppo “Famiglie per la missione”, siamo sbarcati anche quest’anno nella casa “Padre Pietro Uccelli” ad Asiago. Una settimana in cui abbiamo potuto respirare non solo l’aria pura della montagna, ma soprattutto un clima di “famiglia”. Infatti, l’ingrediente fondamentale di questo gruppo è proprio “essere famiglia”. Tutti cercano di aiutare, sbrigando le 8 solite piccole faccende di casa: pulire, lavare, tenere a bada i più piccoli, accogliere con un saluto caloroso i nuovi arrivati, anche chi era solo di passaggio. Testimonianze preziose Come tutte le grandi famiglie anche il nostro gruppo ha avuto, nell’arco della settimana, alcuni incontri. Sono state sviluppate tematiche diverse, arricchite da preziose testimonianze. Il saveriano bresciano p. Riccardo Tobanelli ci ha raccontato la sua missione in Bangladesh, dove aiuta i bambini di strada, accogliendoli in case dove offre loro un’istruzione. È venuto a trovarci anche p. Walter Parisi, missionario prima in Sierra Stare insieme ai figli e investire il tempo partecipando alle loro attività è alla base del rapporto educativo DAVIDE PERIN Leone e poi in Amazzonia, dove aiuta gli abitanti delle favelas e alcuni seminaristi. Sono situazioni di grande povertà. Forse molti di noi pensano solo a qualche paese lontano, tipo l’Africa o il Brasile; ma più passa il tempo, più abbiamo la consapevolezza che questi segnali stanno entrando anche nella nostra Italia. Un video problematico Abbiamo anche avuto l’occasione di vedere un video dal titolo “18 ius soli”, che illustra la difficoltà per gli extracomunitari nati in Italia di venire riconosciuti come cittadini italiani. È davvero strano che si debba definire “extracomunitario” chi non può godere della cittadinanza italiana. L’Italia, infatti, è uno dei pochi Paesi nell’Unione Europea in cui non vige lo “ius soIi”, che fa riferimento alla nascita sul “suolo” di uno Stato, e si contrappone allo “ius sanguinis”, basato invece sulla discendenza o filiazione. La settimana si è conclusa abbastanza velocemente e adesso stiamo cercando nuove prospettive per l’anno prossimo. Nel frattempo a noi tocca seminare i doni che il Signore ci ha dato e creare quella rete sana di informazioni che ci renda tutti più idonei al regno dei cieli. ■ Alberto, Andrea e Denis con p. Renato Trevisan a Kapran Krere, dove vivono gli indio kayapò Ora siamo di nuovo a casa. Spetta a ognuno di noi impreziosire la vita che ci è stata donata. Noi tre giovani vicentini abbiamo speso il mese di agosto per visitare una missione. Non è stata una “spesa”; è stato un investimento, una semina che speriamo arricchisca il nostro spirito, giacché l’esperienza è stata davvero indimenticabile. La vita trova compimento Ringraziamo i saveriani che abbiamo incontrato e conosciuto. Ammiriamo la forza e l’entusiasmo che animano il loro agire. Abbiamo incontrato persone speciali; abbiamo fatto scoperte quotidiane di un mondo che davvero si differenzia dalla nostra sonnolenta Europa. In Amazzonia, la fede è un col- lante per la comunità, non una scelta di comodo. La preghiera è un’esigenza intima, che però acquista tono quando è condivisa e vissuta nella festa. Anche noi, superando barriere linguistiche e culturali, abbiamo pregato con la gente e per la gente. Le motivazioni razionali e gli stimoli impulsivi che ci hanno suggerito di partire - e dunque di “comprometterci” per la missione - stanno trovando pieno riscontro e soddisfazione. Consci di aver ricevuto più di quanto abbiamo dato, ci rimane nel cuore l’accoglienza festosa, l’adrenalinica avventura e una certezza: dedicarsi agli altri, ognuno per la propria parte, esige impegno e coerenza, ma riempie il cuore di gioia, e la vita trova compimen■ to! IMMAGINI DI UNA VACANZA Ecco altre immagini scattate durante la settimana di convivenza estiva che il gruppo “Famiglie per la missione” di Vicenza ha trascorso in agosto, nella casa “Padre Pietro Uccelli ad Asiago. Matteo e Riccardo tra i boschi di Asiago alla ricerca di funghi…; alla convivenza estiva abbiamo respirato il clima di famiglia. Leonardo insegna alcuni accordi di chitarra a Riccardo: offrire ciò che so aiuta la familiarità. 2012 OTTOBRE ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Dalla Colombia al Congo, in missione Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 1 è a cura di p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx passato nella nostra comunità il saveriano afrocolombiano p. Gerardo Pretel Ortíz. Questa intervista ci permette di sapere qualcosa di lui e della sua vita missionaria nel cuore dell’Africa. È molto interessante! zione per aspiranti missionari. Perciò ho passato alcuni primi anni nel seminario diocesano di Bonaventura. Nella città di Cali avevo anche frequentato un corso per essere giornalista. Ho continuato in seminario fino al 1995, quando sono diventato diacono. di Shabunda, Kitutu e Ngenhe... L’estensione territoriale di ciascuna di queste parrocchie è enorme. Shabunda, ad esempio, è una parrocchia con almeno 100 comunità, in altrettanti villaggi distanti tra i 5 e i 15 chilometri l’uno dall’altro. Parlaci di te... Sono nato nel 1965 a Bonaventura, in Colombia. Ringrazio Dio per essere nato in una famiglia cristiana. Dai genitori sono stato educato in un ambiente di fede. La nostra casa è a soli 100 metri dalla chiesa del “Sagrado Coraçon de Jesus”. I saveriani, appena arrivati in Colombia nel 1975, sono venuti proprio nella mia parrocchia. Da piccolo li frequentavo spesso; ero anche chierichetto. Questo contatto è certamente stato all’origine della mia vocazione missionaria, che si è manifestata dopo la cresima. Poi con i saveriani… Sono entrato con gioia tra i saveriani, vivendo con loro per due anni a Cali e a Bogotà; poi ho fatto il noviziato in Messico, dove ho conseguito anche una licenza in teologia biblica. Mi sono trovato subito molto bene, accolto come fratello fra fratelli. Nel 2002, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, sono andato a Parigi per prepararmi alla missione in Congo, dove mi trovo da nove anni. Visitate le comunità? Noi missionari visitiamo tutte le comunità ecclesiali, rimanendoci almeno due giorni: lavoriamo, preghiamo, mangiamo e dormiamo con la gente del posto. Insieme ai responsabili stiliamo il programma delle varie attività e i vari compiti come, per esempio, la costruzione delle chiesette, che sono ancora di paglia, e la preparazione ai sacramenti. Rimanendo parecchio tempo con loro, possiamo “tastare il polso” della situazione di ogni comunità. Cosa facevi allora? I saveriani non avevano ancora aperto una comunità di forma- Come vivi la missione? La missione è stata ed è per me un momento di grazia: mi ha permesso di condividere il vangelo con la gente e con i giovani in particolare. L’ho sperimentato in tanti safari, nelle tre missioni Ci sono strade percorribili? Non ci sono strade che collegano i paesi; ci sono solo sentieri che la gente percorre a piedi. Dal centro della missione Il forte desiderio di vivere la fede Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 2 C ontinuiamo con l’intervista a p. Gerardo Pretel, missionario in Congo. Come sono i rapporti con i musulmani? La maggior parte della popolazione della zona è musulmana. I cristiani sono solo il 10%, e noi cerchiamo di appoggiare il loro cammino di fede. Oltre a questo, li invitiamo a praticare con i musulmani il dialogo di vita: quello che avviene tutti i giorni, in ogni realtà della vita quotidiana. C’è un buon rapporto, sono rispettosi e si collabora bene con loro. Spesso invitano noi missionari e i cristiani a partecipare alle loro feste. Abbiamo un buon rapporto anche con i pastori delle chiese protestanti. 8 I cristiani come vivono la fede? I laici delle nostre comunità, animati dal vangelo, si impegnano non solo nella chiesa, nella catechesi, nella liturgia, ma anche nel campo sociale, affinché ci sia più vita e dignità per tutti. Per esempio, riparano strade e ponti, tagliano l’erba nei luoghi pubblici, fanno la manutenzione delle scuole. In qualche missione c’è anche un centro che soccorre i più poveri che non sanno come vivere. Aiutiamo bambini e giovani a studiare, pagando le loro rette mensili, affinché frequentino la scuola primaria e le medie. Possiamo offrire questo aiuto, così prezioso per il futuro di queste persone, grazie alla generosità di tanti benefattori, soprat- Un bel primo piano di p. Pretel, missionario tra la gente del Kivu, in Congo a cura di p. F. ROTA MARTIR, sx tutto italiani, che ci sostengono e che ringraziamo di cuore. Ma lo Stato non vi aiuta? In Congo lo Stato è ancora assente. Perciò spetta alle missioni aiutare la popolazione in situazione di difficoltà. Il governo purtroppo si fa sentire solo per sfruttare, attraverso le tasse, senza offrire in cambio servizi di base come strade, ospedali, scuole, energia elettrica, igiene, acqua... Questo accade sia nei villaggi sia nelle città. La gente deve proprio arrangiarsi. Spesso la gente deve fare anche centinaia di chilometri a piedi o in bici per spostarsi da una località all’altra. Cosa hai apprezzato di più della missione? Ciò che più mi è rimasto nel cuore è l’accoglienza della gente e il forte desiderio di vivere la fede. Hanno in loro un grande senso di Dio e del sacro. Si tratta di una religiosità naturale, che affonda le sue radici nelle religioni ancestrali, e che il cristianesimo cerca di purificare e migliorare. In tal modo, noi missionari troviamo un fertile terreno ■ umano e religioso. Il saveriano colombiano p. Gerardo Pretel, in basso a destra, con una famiglia nella missione congolese di Shabunda alle singole comunità anche noi missionari andiamo a piedi, o in bici, in moto o, dove si può con la jeep. Non essendoci strade, il materiale di costruzione deve essere trasportato con l’aereo. Da Bukavu alla nostra missione ci vuole un’ora e mezzo di aereo. Si pagano 2 dollari ogni chilo di materiale trasportato... Quante volte visitate le comunità? Quattro o cinque volte l’anno. È un’attività impegnativa, ma mi piace tanto. C’è anche un altro motivo: i cristiani vivono in mezzo ai musulmani e vogliamo evitare che vengano “assorbiti” da loro o dalle sette protestanti. Cerchiamo di sostenerli offrendo loro una solida formazione, e questo avviene nelle piccole comunità. Due volte l’anno, invece, riuniamo al centro tutti i responsabili delle comunità, i catechisti e gli animatori dei giovani, offrendo loro un corso di almeno una settimana. Siamo convinti che, oltre alla spiritualità, la formazione e la catechesi (biblica, liturgica, teologica eccetera) è ciò che più motiva i laici a continuare nella difficile missione ■ dell’evangelizzazione. (continua a lato) OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione. “Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e dell’attenzione di tutti i cristiani. Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma: “Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum. Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori… Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte costante di ogni attività ecclesiale... La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio della cooperazione missionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”. La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”.