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Redazione: Diego Piovani
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2012 OTTOBRE n. 8
Messaggio per ottobre
“Far risplendere la Parola di verità”
I
l messaggio
del Papa per la
giornata missionaria mondiale richiama alcuni fatti importanti. Quest’anno
ricorre il 50° anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II; siamo
alla vigilia dell’apertura dell’anno della
fede e del sinodo dei
vescovi sulla nuova
evangelizzazione.
Tutto questo concorre a riaffermare
“la volontà della
chiesa di impegnarsi
con maggiore coraggio e
ardore” nella missione, affinché
il vangelo giunga fino agli estre-
mi confini della terra.
Concilio dell’universalità
Il concilio è stato un segno
luminoso dell’universalità della chiesa. Per la prima volta i
vescovi provenivano dall’Asia,
dall’Africa, dall’America Latina e
dall’Oceania, e non solo dall’Europa e dal Nord America. Vescovi
missionari e autoctoni, pastori di
comunità sparse tra popolazioni
non cristiane, animati dalla passione per la diffusione del regno
di Dio, hanno contribuito a riaffermare la necessità e l’urgenza
dell’evangelizzazione dei non
cristiani e a rimettere in luce la
natura missionaria della chiesa.
Questa urgenza non è venuta
meno, anzi oggi si ripropone in
La fede “missionaria”
Benedetto XVI, indicendo
l’anno della fede, scrive che
Cristo “oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per
proclamare il suo vangelo a tutti
i popoli della terra”. Per la chiesa, infatti, la missione non è “un
contributo facoltativo, ma il dovere che le incombe per comando del Signore Gesù. Sì, questo
LA VILTà E IL CORAGGIO
A proposito di recenti eventi, aldiquà e aldilà
p. MARCELLO STORGATO, sx
S
ono stato invitato a un
dibattito sul giornalismo
missionario nel contesto della
IV edizione dell’iniziativa “La
buona notizia”. Nel tendone
di Montecavolo (RE), affollato
da oltre 300 partecipanti - in
maggioranza giovani - mi è
stata posta la domanda: “Hai
mai avuto paura a scrivere?”.
“Sì, ho avuto e ho tuttora paura”. E ho dovuto spiegare.
La mia paura non è per me
stesso, ma per gli altri. Paura
che quello che io scrivo e pubblico possa implicare altre persone che non c’entrano niente,
persone innocenti e inermi,
contro cui potrebbe scatenarsi
la rabbia dei violenti. Non posso né voglio offrire un pretesto
alla pazzia di chi non ragiona,
per attaccare e fare del male ai
missionari che spendono la loro
vita per il bene dell’umanità.
C’è modo e modo, infatti, di
dare le notizie, pur senza rinunciare alla denuncia e al dovere
della giustizia. Ma sarebbe una
viltà da parte mia - che vivo al
sicuro in una nazione democratica - ferire la tigre che ha sete
di sangue umano, e che si sfogherà su persone innocenti a
migliaia di chilometri da me.
La violenza è una viltà. Non
è mai giustificabile, né dal punto di vista religioso né umano.
Non c’è ragione né pretesto valido per ammetterla. Non è mai
una soluzione; anzi, genera altra violenza in un corto-circuito
mortifero a catena. La violenza
cieca, poi, che si scatena su persone che non c’entrano niente,
è una viltà diabolica, un attacco alle spalle inammissibile.
Viltà diabolica è anche quella di certe persone che - da lontano - colpiscono i sentimenti
di altri, sapendo già che questi
reagiranno. Girare filmati dozzinali o di pregio, disegnare
vignette offensive per la fede
altrui..., non appartiene alla
vera libertà di stampa. Offendere non può rientrare tra i
diritti ...democratici.
Il coraggio di reagire è sacrosanto. C’è voluto un bel coraggio - proprio nel mezzo di quei
Donne musulmane ascoltano
il Papa in Libano
samaritana che ha chiamato da
Gesù i suoi concittadini.
p. GABRIELE FERRARI, sx
modo nuovo perché gli uomini
che attendono Cristo “sono ancora in numero immenso e noi
non possiamo restarcene tranquilli, pensando ai milioni di
nostri fratelli e sorelle, anch’essi
redenti dal sangue di Cristo, che
vivono ignari dell’amore di Dio”
(Giovanni Paolo II).
giorni roventi - salire sull’aereo
e atterrare in Libano, nel cuore
del Medioriente. È stato come
affacciarsi alla gabbia dei leoni,
entrare nella fornace ardente.
Benedetto XVI l’ha fatto con
alto senso di coraggio, umano
e cristiano, civile e diplomatico.
Qualunque altro “capo” avrebbe rimandato il viaggio in attesa di giorni migliori...
Invece, c’era proprio bisogno
di gettare acqua sul fuoco della vile violenza e di ravvivare la
fiaccola della coraggiosa speranza nella convivenza fraterna
tra popoli e religioni, a servizio
della pace e della giustizia. Voglia Dio rendere sincera e forte
la mente dei responsabili governativi e dei rappresentanti
religiosi, che hanno raccolto
l’invito di papa Benedetto,
sconfessando le manifestazioni di violenza e riaffermando i
valori più autentici della fraternità universale.
“Ti amiamo!” - questo slogan,
gridato insieme dai giovani cristiani e musulmani del Libano,
Benedetto XVI se l’è meritato
tutto! Ma tocca anche a noi rispondere e darci da fare. Infatti, “l’inoperosità degli uomini
dabbene non deve permettere
al male di trionfare. E il non far
nulla è ancora peggio!”. Come
■
non dargli ragione?
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messaggio è necessario. È unico.
È insostituibile”. Così affermava
già Paolo VI.
Abbiamo bisogno quindi di
riprendere lo stesso slancio apostolico delle prime comunità
cristiane che, anche se piccole
e indifese, furono capaci con la
testimonianza e l’annuncio di
diffondere il vangelo in tutto il
mondo allora conosciuto. Anche
oggi la missione ad gentes deve
essere “il costante orizzonte e il
paradigma di ogni attività ecclesiale”, scrive Benedetto XVI nel
messaggio. Egli ci invita a “essere attenti verso i lontani, quelli
che non conoscono ancora Cristo e non hanno sperimentato la
paternità di Dio”.
Incontrare e conoscere Gesù
Questo esige, anzitutto, una
rinnovata adesione di fede personale e comunitaria al vangelo, in un momento di profondo
cambiamento come quello che
l’umanità sta vivendo oggi.
Uno degli ostacoli allo slancio
dell’evangelizzazione, infatti, è
la crisi di fede del mondo occidentale, che pure ha fame e sete
di Dio e deve essere invitato e
condotto al Pane di vita e all’Acqua viva, come la samaritana
che si reca al pozzo di Giacobbe
e dialoga con Cristo.
L’incontro con Lui, Persona
viva che colma la sete del cuore,
non può che portare al desiderio
di condividere con altri la gioia
di questa presenza e di farla conoscere, affinché tutti la possano sperimentare. Così ha fatto la
Tornare a evangelizzare
Occorre rinnovare l’entusiasmo di testimoniare la nostra fede
per promuovere una nuova evangelizzazione di coloro che stanno
perdendo il riferimento a Dio, in
modo che riscoprano la gioia di
credere. La preoccupazione di
evangelizzare non deve mai rimanere ai margini dell’attività
ecclesiale e della vita personale
del cristiano, ma caratterizzarla
fortemente, nella consapevolezza
di essere destinatari e, al tempo
stesso, missionari del vangelo.
“Guai a me se non annuncio
il vangelo!”, diceva san Paolo.
Questa parola risuona per ogni
cristiano e per ogni comunità
cristiana in tutti i continenti. Anche per le chiese nei territori di
missione - chiese per lo più giovani, spesso di recente fondazione - la missionarietà è diventata
una dimensione connaturale, anche se esse stesse hanno ancora
bisogno di missionari.
Per una chiesa giovane
Grazie a Dio ci sono ancora
missionari, ma anche sacerdoti, religiosi e religiose, laici e
laiche, e anche intere famiglie
che lasciano le proprie comunità locali e si recano presso altre
chiese per testimoniare e annunciare il Nome di Gesù, nel quale
l’umanità trova la salvezza.
È un’espressione di profonda
comunione e un segno di vitalità ecclesiale. Evangelizzare è
il segno della giovinezza della
chiesa.
■
Nella foto in alto, una saveriana, danzando, porta la Parola
di Dio in assemblea, per essere
proclamata.
2012 ottobre n.
ANNO 65°
8
2
Missionari “diversamente vivi”
3
Il vero stile della missione
4/5
Un mondo più umano
6
Il cuore non vorrebbe mai partire
Se Dio è ... fuori orizzonte
Carlo Salvadori è sacerdote saveriano
Vi racconto il bel Dio di Gesù Cristo
Le religioni aprano all’amore
2012 OTTOBRE
m is sion e e spirito
missione FAMIGLIA
Il cuore non vorrebbe mai partire
I frutti più belli si raccolgono solo alla fine
siamo tornati in Italia!
O rmai
Il 21 agosto, preparate le
valigie, siamo saliti in macchina
e ci siamo avviati verso Curitiba, la prima tappa del viaggio di
ritorno. Quanti saluti, abbracci e
pianti! Tutto questo affetto ci ha
“travolto”, ma ci siamo talmente
affezionati a questo popolo!
un raccolto fatto di affetto, di
amicizia, di rapporti e di ricordi… Siamo diventati ancora più
consapevoli di ciò che abbiamo
vissuto e seminato, di ciò che il
Signore ha operato grazie anche alla nostra piccola presenza
nella vita di coloro che abbiamo
incontrato.
Fare breccia nei cuori
Alessandra - Siamo andati in
Brasile con l’intenzione di dire:
“Siamo qui per dirvi che vi vogliamo bene. Se ci accogliete,
sarà bello camminare insieme”.
E loro ci hanno accolto, con affetto, pazienza ed entusiasmo.
Noi abbiamo fatto breccia nei
loro cuori e loro nei nostri. E ora
la partenza: un evento imposto
dalle circostanze, e non voluto
dai cuori, perché le persone che
si amano non si vorrebbero mai
lasciare!
Gli ultimi giorni, oltre che faticosi per le tante cose da fare,
sono stati emotivamente impegnativi e belli. È stato come raccogliere i frutti di questi mesi:
“È stato bello...!”
Alessandro - Camminando a
volte si ha l’impressione di essere fermi, di non combinare nulla.
Ma è solo alla fine che uno coglie
tutto il bello di ciò che ha ricevuto, costruito e lasciato. In fondo,
la missione è anche questo: partire, lasciare, accogliere il nuovo,
lasciarsi stupire, incontrare, condividere, ricevere e... ripartire.
Prima di partire abbiamo partecipato alla celebrazione domenicale nella comunità dei “sem
terra”. Ci hanno regalato una
bandiera del movimento firmata da tutta la comunità. Uno di
loro ci ha detto: “È stato bello
avervi con noi. Non avremmo
mai immaginato che qualcuno
MISSIONE BAMBINI
PADRE ALFEO EMALDI
Oggetti e foto, simboli dell’esperienza
missionaria in Brasile della famiglia Andreoli,
che in questo modo ha voluto salutare
tutti gli amici di Laranjeiras do sul
ALE & ALE ANDREOLI
potesse venire dall’Italia e scegliere di camminare con noi e
con la nostra comunità. È stata
una testimonianza importante
per tutti noi e ci ha dato fiducia
in noi stessi…”.
Il rischio di incontrarsi
Alessandra - L’ultima domenica abbiamo voluto riunire la maggior parte dei nostri amici per un
saluto. Eravamo una cinquantina.
Infatti, ci sarebbe stato impossibile visitarli uno a uno; e poi
volevamo che si incontrassero e
si conoscessero tra loro. Abbiamo
rischiato un po’ a mettere insieme
gente così diversa. All’inizio qualcuno si sentiva un po’ a disagio,
ma alla fine è stato molto bello.
Abbiamo messo alcuni simboli
e foto al centro della stanza, che
rappresentassero ognuno, anche
chi non era potuto venire. Abbiamo raccontato il significato di
ogni oggetto esposto, legandolo
alla nostra esperienza di vita con
le persone presenti e assenti. E
abbiamo ringraziato tutti.
Anche Miriam ha contribuito,
collocando in mezzo agli oggetti
i suoi giochi! Ci ha fatto sorridere,
ma ci ha ricordato l’importanza di
tutti i bambini che abbiamo co-
nosciuto, e anche dei nostri figli
dentro questa nostra esperienza!
Il grande valore dei figli
Alessandro - A proposito dei
figli, aggiungo un’altra cosa. Per
noi che avevamo “scelto” di partire, quest’esperienza è stata senza dubbio molto ricca. I nostri figli invece non avevano scelta: ci
hanno seguito. Ma credo di poter
dire che anche per loro sia stata
un’esperienza vera e ricca, non
sempre facile.
Anche la frequenza scolastica è stata importante. Hanno
entrambi iniziato a frequentare
l’asilo a febbraio. Francesco
aveva imparato solo alcune parole di portoghese; Miriam era a
livello zero. Eppure, se uno chiede a Francesco quale cosa gli sia
piaciuta di più del Brasile, spes-
so dice: “la scuola”.
Ci sono state anche tante altre
cose, ma la scuola è stata per entrambi un momento importante.
Ci sono andati fino al giorno prima di partire. Quando il pomeriggio siamo andati a prenderli,
le maestre ci hanno consegnato
i quaderni con i lavoretti fatti
durante l’anno e anche le loro
“pagelle”, con i loro commenti
personali. È stato commovente
leggerli, e abbiamo capito che
anche Francesco e Miriam sono
stati una piccola presenza missionaria che ha lasciato un segno
nelle persone incontrate.
Questo “frutto” è stato possibile proprio grazie al fatto di essere partiti e di aver vissuto questa presenza in missione come
famiglia. Anche questa è una
grazia preziosa!
■
Il saveriano che si tagliò la lingua
POF, sx
E
2
ra nato in Romagna, a Lugo, nel 1902. Già da piccolo soffriva
di miopia. A 17 anni entra tra i saveriani a Parma, accolto da
san Guido Conforti, e comincia la sua avventura missionaria.
Dopo gli studi diventa prete e nel febbraio 1926 p. Alfeo parte
per la Cina. Si mette a studiare il cinese, una lingua difficile, ma lui
gioca con i bambini… e così la impara più in fretta. Tutti lo chiamano “padre Gen mantè”, che vuol dire “padre buono”.
Va a visitare le comunità cristiane sul suo “cavallo di ferro” (così
i cinesi chiamavano la bicicletta). A volte perdeva gli occhiali, che recuperava
palpando per terra. Una volta, attraversando un villaggio, le galline spaventate gli si aggrovigliano fra le ruote. Lui
si ravvoltola nella polvere e si sbuccia le
ginocchia. Ma ciò che più lo fa soffrire è
l’aver ucciso una gallina: ha voluto pagargliela alla padrona, spaventata dalla
caduta del missionario.
In un angolo della casa del vescovo aveva visto una statua della Madonna. Chiede al vescovo di poterla portare in un villaggio per il mese di maggio. Padre Alfeo
suda su per la collina. I cristiani lo vedono
spingere la bicicletta, con un fagotto arrotolato in una tela bianca. I bambini corPadre Alfeo Emaldi,
rono a incontrarlo; gli prendono la bici e
nato a Lugo (RA) il 15.3.1902 arrivano presto in paese. Tutti accolgono
morto a Como il 14.8.1976
la statua di legno, molto bella e ancora
con il naso rotto; le fanno festa e pregano
la Madre Celeste con gioia.
Un giorno, invece, mentre padre Alfeo spiega il vangelo di Gesù,
diversi uomini si addormentano. Allora esce fuori nel cortile, va dietro una catasta di legna e comincia a miagolare come i gatti; corre
poi da un’altra parte e fa lo squittio del topolino spaventato. Tutti
escono per aiutare il missionario a uccidere i due animali insolenti.
Ma un bambino s’accorge e rivela il trucco. Tutti scoppiano a ridere
e padre Alfeo ne approfitta per continuare la lezione.
Purtroppo, nel 1951, Mao Zedong vuole cacciare tutti i missionari
dalla Cina. Anche padre Alfeo viene accusato di tante cose false.
Vogliono sapere da lui i nomi dei capi della Legione di Maria. Una
notte, dopo le minacce del capo, pensa alle parole del vangelo: ”Se
il tuo occhio ti scandalizza, strappalo!”. Gesù non parla della lingua... Ma lui prende una lametta, con due dita tira fuori la lingua
e fa un taglio: la bocca si riempie di sangue.
Con la speranza che muoia dissanguato, viene messo su una nave. Era il 16 novembre 1951. Ma in Italia la lingua guarisce e lui comincia a parlare più di prima. Non aveva avuto paura di perdere la
parola pur di salvare la vita dei suoi fratelli cinesi.
■
missione GIOVANI
Se Dio è... fuori orizzonte
P
arlando con i giovani, spesso emerge un disagio per
tutto ciò che è chiesa… Qualcuno insinua: “Andare a Messa è
una cosa da vecchi”. Qualcun
altro rincara: “Non vedo a cosa
possa servirmi”. Ultimamente la
risposta diffusa è: “Non vado in
chiesa, ma ho una mia spiritualità”. Altri ancora se la prendono
con la chiesa come istituzione,
con il prete che predica bene e
razzola male, e così via… Il rito
cristiano è considerato ripetitivo
e lontano dalla vita; mentre l’appartenenza alla chiesa è vista come una limitazione alla propria
libertà.
Tutte le opinioni e le scelte vanno rispettate, così come
ogni sensibilità religiosa merita
attenzione. Il cammino di fede
non è semplice. Spesso siamo
messi alla prova e la tentazione
di cambiare strada quando la vita ci gira le spalle, prima o poi la
subiamo tutti.
I giovani chiedono alla chiesa - mi par di capire - di portare
soprattutto un messaggio vero,
di usare il linguaggio dell’amore e della speranza, per provare
l’adesione al vangelo. In questo
senso sono importanti le testimonianze di sacerdoti, missionari e
religiose.
Molti “predicatori laici” e tuttologi dell’informazione, infatti,
fanno passare il tempo presente
come una notte buia! Interessano
DIEGO PIOVANI - [email protected]
solo i presunti scandali vaticani.
In realtà, di questa notte è solo
più faticoso vedere le luci che indicano il cammino… Non è mio
compito fare l’avvocato difensore o l’accusatore. Mi limito a riportare le testimonianze, diverse,
di due giovani come tanti.
Giorgia: Non ci penso... “Catechismo l’ho fatto come
tutti, ma non so dire che segno
abbia lasciato dentro di me. Avevo tanti interessi, sport e internet
fra tutti, oltre alla scuola; e pian
piano ho perso di vista il gruppo.
Lentamente, quasi naturalmente,
non sono più andata a Messa la
domenica, se non a Natale e Pasqua. Non ne sento l’esigenza.
Gli anni dell’università? Belli
e spensierati: studio, amicizie e
l’Erasmus in Danimarca. Non
so se Dio ci sia stato o meno;
ero troppo occupata a fare altro
per rendermene conto. Non sono
polemica se dico che a Dio per
un sacco di tempo non ho pensato. Semplicemente, lui è fuori
orizzonte… Io di segni suoi non
ne vedo. Ma mi dispiace che mi
etichettino come ‘indifferente’.
INTENZIONE MISSIONARIA
E PREGHIERA DEL MESE
Il mese missionario di ottobre sia l’occasione per tutti
di un rinnovato impegno di
evangelizzazione.
Nei paesi di antica cristianità si sviluppi e progredisca la
nuova evangelizzazione.
Uccelli: “La nostra carità deve manifestarsi nelle
opere”.
Sono in armonia con me stessa e
con gli altri, voglio bene a Carlo
e ci piace convivere, almeno finora. Se Dio c’è, chissà che mi
benedica, anche se a lui non è
che ci pensi”.
Francesco: Sono tornato...
- “Avevo visto la morte in faccia ed è cominciata la paura. Ho
iniziato a guardarmi indietro
e ho visto tanti errori. Dovevo
ricominciare tutto da capo. Per
la prima volta in 19 anni sono
andato in cerca di aiuto. Una
domenica mattina mi sono trovato in una chiesa poco distante
da casa, a Messa. Ascoltavo e
guardavo quell’Uomo appeso
alla croce. Mi sentivo un estraneo mentre tutti recitavano le
preghiere; io a malapena sapevo
il Padre nostro. Ma provavo una
sensazione di pace interiore, mi
sentivo protetto e rassicurato.
Sono tornato anche la domenica seguente e poi ancora quella dopo… Nel frattempo avevo lasciato i miei amici: niente
più serate al bar, a fare gli stupidi; basta con le giornate buttate via in cerca di divertimento a
tutti i costi. Poi mi hanno chiesto di andare a suonare la chitarra nel gruppo della parrocchia…
Così ho conosciuto la mia chiesa, quella che non avevo mai frequentato se non per ricevere Comunione e Cresima. Ho imparato ad ascoltare il vangelo… e
cerco di viverlo!”.
■
2012 OTTOBRE
V ITA S AV ERIA NA
Missionari diversamente vivi
La missione non finisce con la vita terrena
I
n un mese e mezzo, dal 1°
agosto al 15 settembre, il
Signore ha chiamato alla vita
celeste ben quattro missionari
saveriani. Dall’inizio dell’anno,
sono stati nove i saveriani chiamati all’altra vita. Alcuni si sono
spenti dopo una lunga esperienza
terrena; altri sono stati chiamati
anzitempo - per così dire - a missione incompiuta, quando avrebbero potuto consumarsi ancora
in tanti anni di utile lavoro nella
vigna del Signore.
La malattia e la morte rimangono sempre un mistero profondo. Una convinzione ci rimane
nell’animo: la chiamata alla missione non cessa con la fine della
vita terrena; continua, diversamente, anche nell’altra. “La vita non è tolta, ma trasformata”;
così anche la missione: non è
revocata, ma trasformata. Siamo
infatti “missionari a vita”: vita
terrena o celeste che sia!
Anche i defunti nel corpo sono
“diversamente missionari”: forse i migliori. Li sentiamo perciò
ancora viventi e operanti nell’interminabile opera dell’annuncio
del vangelo a tutte le genti, finché il Signore verrà per stabilire
il mondo nuovo.
Vi presentiamo, in questa pagina di “vita saveriana”, i nostri ultimi quattro missionari “diversamente vivi” e li raccomandiamo
alla vostra fraterna preghiera.
Ottorino Monaci, novarese
A Pekanbaru, in Indonesia,
il 1° agosto è morto improvvisamente p. Ottorino Monaci. Si
stava preparando per
andare a celebrare Messa, quando
si è sentito
male. Nato
a Ornavasso (NO)
il 7 marzo
1940, aveva 72 anni.
Padre Ottorino diventa
sacerdote
diocesano nel 1964, ma il suo
progetto era un altro: desiderava la missione. Il 2 ottobre 1965
entra nel noviziato saveriano di
Nizza Monferrato.
Giunge in Indonesia nel 1968
e qui rimane per quasi 45 anni,
impegnato in numerose attività
pastorali. “Del missionario aveva il fisico e la lunga barba - dice di lui p. Corvini - sembrava
uno dei profeti; lo chiamavano
pastor gemuk, il pastore grosso.
Ma era un gigante buono, amato
da tutti”.
■
Vittorino Mosele, veronese
Da tre anni lottava contro la
Sla e il 23 agosto p. Vittorino
Mosele è salito al cielo. Aveva
a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx
quasi 77 anni, era nato a San
Bonifacio (VR) il 6 novembre
1935. Dopo il liceo a Desio,
studia teologia negli Usa, dove
è ordinato sacerdote nel 1960.
S’impegna con tutte le forze
nell’animazione missionaria
degli studenti universitari perché, diceva, “sono i leader della
nostra società futura e desidero
siano aperti al mondo, con spirito missionario”.
Nel 1976 p. Vittorino raggiunge la Sierra Leone, dove rimane
per 25 anni. È rettore e insegnante del seminario di Makeni e parroco della cattedrale. Nel 2000
per quattro lunghi
mesi è
ostaggio
dei ribelli,
un’esperienza che
racconta
nel libro:
“Ho salvato la
pelle, ho
lasciato il
cuore”. ■
CARLO SALVADORI
DI PARMA
LAICATO SAVERIANO
Una settimana d’estate nella casa di Ancona
Il vociare dei bambini e il sorriso degli anziani
ROBERTA BRECCIA
Le famiglie del laicato saveriano ogni anno si ritrovano durante l’estate a vivere una settimana di preghiera e di formazione. Quest’anno abbiamo avuto il privilegio di trascorrere
la nostra convivenza nella casa dei saveriani di Ancona, che ci
ha generosamente accolto nella settimana dal 19 al 25 agosto.
Eravamo una cinquantina di persone tra adulti e bambini.
La convivenza estiva è un’occasione unica per ritrovarci e
passare un po’ di tempo insieme. Infatti, il laicato saveriano
conta gruppi sparsi in varie parti d’Italia (Salerno, Desio, Parma, Macomer, Ancona). La settimana ha perciò l’obiettivo di
“fare famiglia”, di gustare la gioia di stare insieme accompagnati dalla Parola di Dio.
Padre Ulisse Zanoletti ci ha guidato nella meditazione del
“Padre nostro”, donandoci molte riflessioni preziose che ci
accompagneranno anche nel corso dell’anno. Abbiamo anche
avuto occasione di approfondire diverse tematiche legate ai
temi della missione, degli stili di vita improntati alla sobrietà e alla ricerca della giustizia sociale. Abbiamo riflettuto sulla vita di comunione, aiutati da p. Silvio Turazzi che è venuto
appositamente da Parma per passare una giornata con noi.
Importanti sono stati anche i momenti di svago e le gite: abbiamo... invaso le spiagge del Conero e visitato i paesi limitrofi. È stato bello per noi poter vivere una settimana insieme
ai saveriani di Ancona e sentiamo il desiderio di ringraziare
tutti i padri, specialmente i più avanti negli anni, per la pazienza con cui hanno accolto la nostra presenza, a volte un
po’ ingombrante, il vociare dei nostri bambini, i piccoli scombussolamenti nelle abitudini giornaliere… Trascorrere questo
tempo insieme ci ha aiutato a sentirci ancora più parte della
grande famiglia saveriana.
Alcuni partecipanti alla
convivenza estiva nella casa
saveriana di Ancona, con p.
Ulisse (in piedi a sinistra)
La sera di sabato 22 settembre, nel santuario San Conforti a Parma, è stato ordinato sacerdote il saveriano Carlo Salvadori. Giovane parmense, ha
studiato nel seminario della
diocesi, finché ha risposto alla chiamata di Cristo a lasciare
tutto per dedicarsi all’annuncio
del vangelo ai lontani. È saveriano dal luglio del 2007.
Ha poi continuato la formazione nelle comunità saveriane
in Camerun, collaborando con
il compianto p. Sergio Favarin
nell’animazione dei giovani
africani. Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta per mano
del vescovo di Parma mons. Solmi, p. Carlo ha celebrato l’Eucaristia nella sua parrocchia di
origine ed è ripartito per il Camerun, per occuparsi della pastorale giovanile. Lo accompagniamo con la preghiera costante.
■
J. Carlos Loroño, spagnolo
Il 26 agosto a Galdacano, in
Spagna, è
morto p.
José Carlos Loroño. Non
a v e v a
ancora 55
anni (10
settembre
1957). È
stato investito
dalla sua
auto che
s’è mossa
mentre stava aprendo il garage
sulla stradina in discesa. Era sacerdote dal 1983.
Dopo un periodo di animazione missionaria in Spagna, viene
destinato alla Sierra Leone, dove rimane fino al 1998. Dopo
altri sette anni nel Paese natale,
torna in Africa. Vive alla periferia della capitale Freetown, impegnato nella formazione degli
aspiranti missionari sierraleonesi e nell’attività pastorale con
la gente. Era anche incaricato
dell’economia per tutti i saveriani in Sierra Leone.
I confratelli lo attendevano di
ritorno: “Padre Carlos ci manca
per il suo ordine, la sua cura, la
sua pazienza e lo stile sobrio. ■
Lino Ballarin, veronese
A Parma il 15 settembre si è
spento a 92 anni p. Lino Ballarin.
Era nato ad Arcole (VR) il 4 dicembre 1920. Ordinato sacerdote
nel 1945, studia storia ecclesiastica alla Gregoriana e poi insegna
ai teologi saveriani fino al 1961.
Partito per il Congo, s’impegna nelle scuole e nelle missioni
della diocesi di Bukavu. È anche
superiore dei
saveriani dal
’69 al ’72.Diceva: “In Africa provavo un
senso di grande distensione.
Ero impegnato
in una missione che dà alla
vita la massima
pienezza. Ogni
gesto, ogni parola possono
costruire e comunicare tesori a
chi non ha nulla”.
Rientrato in Italia per ragioni
di salute, si dedica alle ricerche
storiche sull’istituto saveriano e
compone un grosso volume - Storia di un progetto - sulle Costituzioni saveriane. È direttore del
museo cinese a Parma, dove cura
specialmente la sezione Africana.
Scrive anche due apprezzati volumi di Favole dell’Africa.
■
SAVERIANI A SARAJEVO
rale del santo nella sua prima
diocesi dove ha fatto esperienza episcopale (1903-1904)”, informa l’arcivescovo di Ravenna
mons. Verucchi. Un devoto pellegrinaggio a due direzioni: il
santo pastore torna a visitare il
suo gregge; la chiesa diocesana
si reca a venerare le sue spoglie
e a ricevere la sua benedizione.
Da Parma l’urna del santo è
accolta a Ravenna il 12 ottobre
nella basilica di Sant’Apollinare
in Classe; poi visita i sei vicariati
dell’arcidiocesi, con la celebrazione dell’Eucarestia e la visita dei
vari gruppi di fedeli dalle parrocchie. Dal 18 al 20 ottobre l’urna
è in venerazione nella cattedrale
di Forlì, nella casa dei saveriani
e nelle chiese parrocchiali di San
Pietro in Vincoli e di Cava.
Il pellegrinaggio si chiude
nella cattedrale di Ravenna,
domenica 21 ottobre, con la
partecipazione degli studenti
saveriani di Parma e del superiore generale p. Rino Benzoni. Accompagna l’urna in tutte
le tappe p. Guglielmo Camera,
che ha pubblicato il libro, “San
Guido Conforti, Maestro e modello di vita per i suoi figli e fi■
glie di Ravenna”.
L’incontro “Uomini e religioni”, che si tiene annualmente in
diverse città d’Europa per diffondere lo spirito dell’evento di Assisi del 1986, si è tenuto quest’anno a Sarajevo dall’8 all’11 settembre. L’incontro raccoglie i
rappresentanti delle maggiori
tradizioni religiose mondiali,
insieme a persone con ruoli importanti nel mondo della politica. È un grande sforzo di dialogo per promuovere il cammino
dell’umanità verso la pace.
Fin dall’inizio (1989), all’incontro è invitato anche il centro
di dialogo Shinmeizan, in Giappone. Quest’anno la saveriana
Maria De Giorgi ha svolto il tema, “Le religioni in Giappone
sulla via del dialogo”; p. Franco
Sottocornola ha contribuito sul
tema, “Religioni in Asia. Dare
un’anima allo sviluppo”.
■
SAN GUIDO TORNA
A RAVENNA E FORLì
“Dal 12 al 21 ottobre viviamo
il pellegrinaggio dell’urna con le
reliquie del Conforti nella diocesi di Ravenna: una visita pasto-
L’urna del Conforti nella casa dei saveriani a Ravenna, in visita alla sua prima diocesi
3
2012 OTTOBRE
DAL VANGELO IL VERO STILE DELLA MISSIONE
IL DIALOGO
LA BELLEZZA DEL NOSTRO DIO
è fatto così: vuole tanto bene a tutti
don BRUNO MAGGIONI
H
o predicato la Bibbia ai missionari, l’ho predicata alle
suore, l’ho predicata in clausura. Stranamente, le mie
prediche erano uguali. Perché c’è una spiritualità di fondo,
che è il vangelo, e che è per tutti e che sorregge tutti. Questa
spiritualità - che viene dal vangelo e che è comune a tutti - in
pratica si deve poi esprimere nei vari impegni che ognuno
si trova a fare, nei vari ambienti in cui ognuno vive e deve
intervenire.
Questa è l’unica cosa che posso e che so fare. Io non conosco la tecnica missionaria né la tecnica della preghiera in
clausura. Dovunque e a tutti io parlo della preghiera di Gesù
Cristo. E vedo che va bene. Si sente dire che le monache di
clausura hanno una loro spiritualità, i missionari ne hanno
un’altra e così via.
Io ho sempre trovato che, se gratti in fondo, la spiritualità è
uguale. Nel mio libretto, “Alle radici della sequela”, descrivo la
sequela come una struttura spirituale che è di tutti i cristiani. È
chiaro che poi questa si manifesta in forme diverse. Ma il messaggio di Gesù Cristo è uguale. Non può essere diversamente.
C’è un rischio missionario
Sembra che oggi i missionari più giovani sentano una maggiore esigenza di spiritualità: è giusto che la sentano. Perché
c’è un “rischio missionario”, che d’altra parte è necessario
correre, perché l’attività missionaria non mira solo all’evangelizzazione e alla conversione, ma anche ad aiutare le persone
a diventare libere.
È chiaro che all’interno di questa scelta, complessa e giusta,
si può esagerare. C’è infatti il rischio di concentrarsi troppo
sulle attività; c’è il rischio di legare troppo la spiritualità all’attività. Si può fare solo promozione umana, costruire scuole e
ambulatori eccetera, e non parlare di Gesù Cristo, di conversione, di fede cristiana. Ma è anche vero che non esiste una
vera spiritualità che non si impegni anche in queste cose.
Comunque, il missionario è colui che annuncia come può
- con la testimonianza e con le parole - Gesù Cristo e il suo
vangelo, senza prevaricare su nessuno. E dicendo sempre: “il
mio Dio vuole bene a tutti gli uomini e le donne: ha dato la
vita per tutti noi”.
Un “sì” libero per amore
Gesù Cristo voleva bene, tanto bene all’uomo in nome del
Padre Celeste. Ma proprio perché gli voleva bene, voleva che
fosse libero. Intendo dire che, dentro all’idea religiosa che tu
annunci e testimoni, c’è sempre anche un’idea di uomo: che
non è l’uomo schiavo, ma l’uomo libero; un uomo che se dice
“sì”, lo dice liberamente; non è costretto.
Gesù ci rivela e ci testimonia un Dio diverso; ed è una
diversità bellissima! Un Dio che, proprio perché è Amore,
ci dà il comandamento dell’amore, ma non ci costringe. Puoi
anche rifiutarlo; ma se lo rifiuti, la colpa sarà solo tua. E
comunque, non è mai una costrizione, come farebbe un dittatore o un despota.
L’attività missionaria non mira solo alla conversione
e all’evangelizzazione, ma anche ad aiutare
le persone a diventare libere; nella foto,
p. Luigi Brioni, Sierra Leone
SEMPLICE, RADICALE, UNIVERSALE
Dio non ha bisogno di schiavi
C’è un racconto della Genesi che mi piace
molto, anche perché c’è una cosa strana a cui
non avevo mai badato prima. Quando il serpente
chiede a Eva, “perché vi ha proibito di mangiare i
frutti del giardino?”, Eva risponde: “Non è vero;
possiamo mangiarne, eccetto quelli di un albero”. “E perché?”, continua il serpente. “Per non
morire!”, Eva risponde. Ma il diavolo corregge:
“Perché non vuole che diventiate come lui!”. In
questo modo il serpente vuole affermare l’idea di
un «Dio padrone», un padrone per il quale devi
lavorare come uno schiavo! Invece, se Dio ti dà
un comandamento è un bene per te: è per essere
più uomo. Sempre.
Perciò - forse esagerando - io dico sempre ai
miei ascoltatori: “Se ricevete un comandamento
che vi umilia come persone, guardate che viene
dagli uomini, non da Dio!”. È una cosa così evidente leggendo il vangelo, che mi meraviglio come non ci si accorga. Che idea hai tu di
Dio? Un padrone? Allora è un disastro!
Dio non ha bisogno di schiavi. Siccome ci vuole bene, vuole che viviamo
nel modo più dignitoso per noi.
ENZO BIANCHI
L’evangelizzazione è sempre annuncio di una novità:
la novità di Gesù Cristo. La semplicità emerge a ogni
passo della riflessione di don Bruno Maggioni; ne costituisce la vera spiritualità, la tela di fondo. È una semplicità che fa rima con radicalità. Non potrebbe essere
diversamente, perché tutto l’argomentare di don Maggioni è inerente al vangelo e al servizio del vangelo.
Una semplicità che non ha nulla a che fare con la
facilità, perché è frutto di ascesi, di lavoro interiore e
di studio, e si manifesta come equilibrio tra conoscenza biblica e capacità di dire il vangelo oggi nella storia agli uomini, in modo comprensibile a tutti, colti e
ignoranti.
La semplicità è universale: raggiunge tutti, parla la
lingua dello spirito, annuncia a tutti senza distinzione
l’opera di Dio, proprio come avvenne nel giorno della
Pentecoste. La semplicità è universale come è universale la Bibbia. Universale è la Buona Notizia destinata a
Enzo Bianchi, biblista e amico
ogni uomo, come universale è l’Amore di Dio e la midi mons. Bruno Maggioni
sericordia di Gesù. L’universalità è uno dei fili che rivelano la sua qualità di uomo, non solo innamorato del
vangelo, ma anche mosso dalla compassione per l’uomo e dall’anelito per la comunità
riconciliata.
Don Maggioni situa la nuova evangelizzazione nell’orizzonte dell’essenzialità evangelica, fuori dalla quale essa rischia di vedersi impoverita in prospettive prevalentemente sociologiche o culturali o pastorali.
Anche in chiesa, la domenica, un prete deve fare una spiegazione del vangelo che serva alla conversione di quella gente; ma nella conversione di quella gente c’è che appena
uscita di chiesa deve fare un servizio agli altri. Se no, è inutile. Perché la gente che va in
chiesa è tanta, non è poca, anche se se ne infischia degli altri.
La semplicità del Maggioni è anche quella con cui egli pone l’oggi della chiesa e della
storia davanti alla Parola di Dio. E riesce a farlo senza cadere in attualizzazioni banalizzanti. Ma sempre facendo seguito alla Parola che ha la sua forza nella mitezza.
4
2012 OTTOBRE
“Il mio Dio vuole bene a tutti”
Secondo me questo messaggio aiuta
molto anche il dialogo religioso, almeno come lo intendo io. In certi momenti, ci può essere anche una discussione
su Gesù Cristo, supponiamo, fra te e
un musulmano. Ma il dialogo non consiste nel discutere. Il dialogo è invece
questo: che io credo nel mio Dio, e lui
nel suo; io però gli dico che credo in
un Dio che ha questa idea dell’uomo.
Il dialogo religioso, infatti, ha sempre
una forte caratteristica antropologica,
che si riflette su Dio.
Anche nel mio libretto citato sopra
tocco questo aspetto facendo il seguente ragionamento. Se uno mi dice, “il
mio Dio è arrabbiato con te, perché tu
non lo onori come faccio io”, io rispondo che “il mio Dio vuole bene anche a
te”. Questa è la novità del nostro Dio,
che sta alla base del dialogo religioso.
Io do un piatto di minestra anche a chi
è musulmano: perché? Perché il mio
Dio vuole bene anche a lui. Lui non sarà d’accordo, ma si accorgerà - spero! che il mio Dio è più bello del suo. Altrimenti pazienza: si tenga il suo Dio. Però io cristiano ho qualcosa che è mio, a
cui tengo molto: il mio libero rapporto
con Dio che ama tutti!
■
L’ANNUNCIO
VI RACCONTO IL BEL DIO DI GESù CRISTO
a cura di p. LINO MAGGIONI, sx
saveriani siamo molto riconoscenti a don Bruno
N oiMaggioni
e ci sentiamo onorati di celebrare i suoi ottanta anni di vita, ringraziandolo per l’aiuto che lui - grande
biblista - continua ad offrirci da oltre quarant’anni. È sempre
stato disponibile a ogni nostro invito, in Italia e dall’estero.
Così don Bruno ha avuto l’opportunità di visitare molte nostre missioni, specialmente dopo il concilio Vaticano
II, per predicare gli esercizi spirituali biblici ai missionari e
alle missionarie. Ancora adesso, ogni anno, egli offre un
corso di esercizi spirituali su un tema biblico nella nostra
casa di spiritualità di Tavernerio (Como).
Don Bruno è conosciuto e letto anche nei paesi di missione. In Burundi, dove non è ancora terminato il lavoro di traduzione della Bibbia in lingua locale, ho trovato
nell’unica libreria di Bujumbura “Il racconto di Marco” di
don Maggioni, tradotto in lingua kirundi. In Giappone ho
incontrato un missionario che stava meditando il suo commento all’Apocalisse; un confratello in Brasile mi ha parlato con entusiasmo del suo commento al Qoèlet; in Bangladesh tra i libri nella biblioteca saveriana ho trovato “I
racconti evangelici della Passione”... Molti di noi abbiamo
imparato da lui la spiritualità evangelica nella nostra vita
missionaria. Una spiritualità che ci spinge a contemplare le
opere di Dio nel nostro animo e a raccontarle a tutti coloro che egli ama con amore infinito e liberatorio.
In queste due pagine offriamo il testo di una lunga intervista che don Bruno Maggioni mi ha concesso. Sono certo
che i nostri lettori si lasceranno entusiasmare e convincere
dalle sue parole semplici, che manifestano le sue profonde
convinzioni missionarie.
■
tempo fa c’è stato un incontro a Como, cui hanQ ualche
no partecipato in tanti (ma io non c’ero). Una persona
mi ha riferito: “Don Bruno, stiamo andando indietro a vista
d’occhio. Perché c’è ancora l’idea: «Con questi sì, con quelli
no! Se si costruisce una scuola in Africa, è per aiutare i bambini che si convertono; non per aiutare i bambini dei musulmani eccetera...». Questa idea ci fa andare mille anni indietro! Qualcuno ha fatto presente che don Bruno invece sostiene che «Dio vuol bene anche ai musulmani»; ma hanno subito reagito...”.
Ne sono convinto e lo ripeto. Sì, Dio vuole bene anche a loro. E tu che sei un cristiano devi dimostrarlo e devi voler bene anche a loro!
Don Bruno Maggioni, al centro, con due sposi da lui battezzati quando
erano in fasce che gli presentano il loro bimbo; a destra p. Lino Maggioni
LA TESTIMONIANZA
Quando per strada ti sorridono...
p. GIOVANNI GARGANO, sx
Padre Gargano - noto come “padre Giuà” - è un saveriano
originario di Salerno. Da vari anni è missionario in Bangladesh, incaricato dell’animazione missionaria tra i giovani.
Vive a Dhaka, l’immensa capitale con numerosi quartieri di
baraccati, che spesso visita. È il suo modo per annunciare il
vangelo.
S
La vera differenza sta nel servizio
don BRUNO MAGGIONI
Foto archivio MS
IL VANGELO SOLIDALE DEI POVERI
ABBIAMO QUALCOSA DA DIRE
Andando avanti, continuiamo a offrire il tè. Un ragazzo ci
chiede di ascoltare una preghiera. Inizia con l’invocazione a
Dio Onnipotente. Gli chiedo di quale religione è. Mi dice che
è musulmano. Al termine, chiede di dire un’altra preghiera: è
un’invocazione per la pace nel mondo, ai nostri giorni... Poi
ci confida che lui si drogava; da quattro mesi ha finito il programma di riabilitazione e adesso lavora in un negozio.
Andiamo avanti. Incontriamo di nuovo la coppia con un
bambino nel mezzo: come Maria, Giuseppe e il Bambino. Oggi il papà ci ha rallegrato con il suo flauto: una melodia che
penetra nelle ossa e commuove.
Verso la fine, incontriamo la banda dei bambini: appena
abbiamo chiesto loro se volevano il tè, si sono lanciati a capofitto. Poi mi hanno detto i loro nomi: Sumon, Sahin, Ridoe... E mi hanno chiesto se conoscevo “Brother Lucio”, un
fratello del Pime che con alcuni volontari organizza la scuola
per strada.
ono convinto di una cosa: “quando per strada la gente
semplice e povera ti saluta e ti sorride, allora la città in
cui vivi inizia a diventare la tua famiglia”.
Da alcuni mesi ho lanciato ai giovani di Dhaka la proposta
di portare del tè a coloro che dormono per strada in questo
periodo di freddo. I giovani, entusiasti della proposta, si sono
“La mia città è la mia famiglia”
resi disponibili. Insieme, con i nostri thermos in mano, iniziaIl nostro gruppo, formato da giovani del Bangladesh, contimo il nostro pellegrinare. È una giornata speciale.
nua il suo impegno accanto a questi nostri fratelli e sorelle. Ci
Partiamo sempre dalla grande rotonda: lì incontriamo le
siamo dati una sorte di slogan: “amar shohor amar poribar prime persone. Ci invitano a
la mia città è la mia famiglia”.
Padre Giuà Gargano tra i poveri che vivono
sederci e iniziamo il dialogo
Usciamo due volte la settimain una delle bidonville di Dhaka, in Bangladesh
della vita: come stanno, cosa
na. Attraverso il tè, stiamo rifanno, e altre domande semuscendo a capire anche la vita
plici. Ci muoviamo più avanti:
delle persone, i loro bisogni e
altre quattro persone che lavole loro difficoltà. Scendiamo
rano tutto il giorno spostando
veramente per strada e andiaterra con rudimentali carretti
mo incontro agli altri con tutta
tirati a mano. Mi stendono a
la nostra naturalezza di esseri
terra la loro coperta per sederumani, nella gioia di quel Crimi e iniziamo a parlare.
sto che è venuto a piantare la
sua tenda in mezzo a noi.
Ascoltiamo le loro storie
Credetemi: sono senza paroIl nostro vero obiettivo non
le; è un’esperienza unica. Anè solo offrire una tazza di tè
che questa sera - come le tante
caldo, ma incontrare la gente,
altre sere - mi porto dentro gli
ascoltare le loro storie.
sguardi profondi e belli della
Il pellegrinare continua.
tanta gente che ho incontrato.
Mentre diamo il tè, un giovaVi lascio con un altro racne mi dice che anche lui deconto: un giovane, che chiasidera unirsi al nostro gruppo.
mo “il guru”, mi ha domandaGli chiedo se è cristiano, visto
to: “Perché tu mi ami così tanche mi aveva chiamato “father
to?”. Gli ho risposto: “Perché
- padre”. Risponde: “No, sono
gli altri non ti amano”. Lui mi
hindu; vedendovi, mi è venuguarda ed esclama: “Manush
ta voglia di seguirvi”. L’ho
manushe - gli uomini sono
chiamato: “il miracolo della
uomini”. Che altro dire? Una
testimonianza, del vangelo
grande lezione di vita! Pace a
vivente”.
tutti.
■
“Tu da che parte stai?”
Ricordo due medici missionari di Milano, giovani e simpatici, che tornati in Italia, la prima domanda che hanno loro
fatto è stata: “Quanta gente avete convertito?”. Hanno risposto: “Nessuno”. E la gente: ”Ma allora cosa siete stati lì a fare?”. “Siamo medici e cerchiamo di guarire i malati; vedono
l’esempio e la gente ci vuole bene”, rispondono i due giovani medici. “Non capite che c’è una differenza fra noi e loro?
Se ci mandate delle medicine per i bambini, noi le usiamo per
i bambini malati cattolici e per i bambini malati musulmani.
Cosa che loro non faranno mai. Questa è la vera differenza tra
cristianesimo e islam; e non perché uno fa il segno della croce e l’altro no”.
Ricordo anche un altro episodio avvenuto durante un convegno di religiose in un paese di missione. Mi dicevano alcune suore che, quando tornavano in Italia, la gente voleva sapere: “da che parte stai, da che parte non stai...”. Anche ai missionari rivolgevano la domanda: “ma tu sei di destra o di sinistra?”. I missionari rispondevano come potevano... Anche a
me hanno chiesto: “lei, cosa ne dice, di che parere è?”.
La via per migliorare il mondo
Ma Gesù Cristo perché è venuto al mondo? È o non è venuto per tutti? È o non è morto per tutti? O solo per i cattolici? Che poi, uno vada in paradiso o no, non sta a me dirlo. Il
nostro Dio ci lascia liberi; non ci costringe con la forza. Abbiamo la libertà di fare il bene; e se c’è il male nel mondo, lo
facciamo noi.
Io aggiungo che l’amore lascia sempre liberi. Se non lascia
liberi non è amore. È un grande mistero! C’è da meravigliarsi come Dio, pur essendoci al mondo tanto male, lo lasci così.
Però ci ha indicato la strada per farlo andare bene.
La croce di Cristo ha lo scopo di farci vedere come vivere
nel mondo, se vogliamo farlo andar bene, se vogliamo vincere il male. Ci diranno che così non faremo mai carriera! Anche
Gesù non ha fatto carriera: l’hanno messo in croce, ma ha fatto vedere che si risorge! Uno che vuole far carriera e dominare sugli altri a tutti i costi, non so se risorgerà: io spero di no; e
comunque sono affari suoi... Sono cose ovvie, ma si dimentica
di dirle, perché abbiamo una concezione un po’ sbagliata.
Il nucleo del nostro annuncio
Al di fuori del mondo cosiddetto “occidentale” - in Africa,
Asia e America latina - c’è un senso religioso naturale: vedono le cose in rapporto a Dio e hanno un forte senso di spiritualità, che noi non abbiamo più. In questo contesto, che senso ha
per i missionari “andare a predicare il vangelo”?
La risposta è semplice e importante: loro avranno una loro spiritualità; ma il nostro compito è di dire come è fatto il
Dio in cui crediamo. Punto e basta! I musulmani difficilmente diranno, “il nostro Dio vuole bene a tutti gli uomini in modo uguale”. Non lo diranno, perché credono che Allah vuole bene a loro, e sono disposti a tutto per farlo trionfare. Fino a poco tempo fa, anche noi ragionavamo così... La verità
è che il nostro Dio è Amore. Quindi il nostro compito è dire:
”Noi crediamo in Gesù Cristo, che è vissuto così, che ha fatto questo e ha detto quest’altro. Ecco il punto principale del
nostro “annuncio”.
Quello che Dio fa per noi...
La prima notizia del vangelo non riguarda ciò che noi dobbiamo fare per Dio, ma ciò che Dio fa per noi; e da lì noi capiamo chi egli è. Gesù ci rivela il vero Dio: è diventato uomo
per farci vedere come un uomo deve guardare Dio. Nel vangelo ci sono dei testi formidabili. Ad esempio, il pastore in cerca
della pecora smarrita. La parabola non dice niente di ciò che
la pecora deve fare per farsi trovare. Racconta, invece, ciò che
Amare servendo gli altri è
anche il modo che noi abbiamo per far vedere Gesù
Cristo; nella foto, padre
Marcello Zurlo, Amazzonia
fa il pastore per trovarla.
Per convertire la gente, io devo annunciare ciò che Dio fa
per loro; devo spiegare cosa vuol dire essere uomini secondo
Gesù Cristo. Io sono qui ad annunciarti il mio Dio, perché io
sono contento di lui (e forse sei contento anche tu!). Ed è un
Dio liberante: non è venuto a farti soffrire per andare in paradiso. Credendo nel vangelo, tu vivi meglio anche nel mondo.
Un Dio... “capovolto”
Amore è che volendo bene all’altro, lo servi. Gesù dice questo: “Non sono venuto per farmi servire, ma per servire”. Non
è un Dio capovolto? Se viene Dio, noi dobbiamo metterci a
servirlo. Invece, no. Dio è venuto per servire noi. (Spero che
lo capiscano anche certi vescovi e cardinali... e si rendano più
accessibili!). Quando il vangelo parla di “servizio”, intende il
rapporto vicendevole fra di noi: se uno ha fame, Dio lo aiuta;
ma tocca a me aiutarlo, se voglio testimoniare Gesù Cristo.
Altrimenti come fa l’affamato a vedere Gesù Cristo?
Dobbiamo capire - ed esserne convinti - che amare gli altri, servirli nei loro bisogni, è il massimo della nostra gloria. Non è una gloria “trionfale”, che non permette di vedere Dio. Amare servendo gli altri è anche il modo che noi abbiamo per far vedere Gesù Cristo. Come lui ci ha fatto vedere Dio amando, così anche noi: questa è la nostra potenza e la
nostra spiritualità.
Ognuno può ragionare a modo suo. Ma se voglio dare testimonianza a Dio - come cristiano e come missionario - devo
fare cose normali che fanno vedere il servizio, senza preoccuparmi di far vedere lo splendore di Dio. Lo splendore di Dio è
l’Amore!
■
VE LI RACCOMANDIAMO !
Due bei libri di don Bruno Maggioni
Vale la pena conoscere più in profondità l’amico biblista, “innamorato del vangelo e dell’umanità”. Perciò raccomandiamo due suoi ultimi libri: il primo è più
adatto ai consacrati e ai sacerdoti; il secondo è per i fedeli laici e per tutti.
Bruno Maggioni, “ Alle radici
della sequela”, Ancora 2010,
pp. 112 - € 13,00
L’identità di troppi cristiani è “liquida “. La vita consacrata, considerata per secoli la roccaforte della Chiesa, è in affanno. Don Maggioni propone come principale rimedio a questo stato di crisi generale il ritorno alle radici della sequela. L’identità di Gesù è alla base dell’identità del discepolo che,
a sua volta, si riflette nell’identità
del consacrato.
Bruno Maggioni, “La pazienza del contadino.
Note di cristianesimo per questo tempo”,
Vita e Pensiero, 2006, pp. 285, € 14,00
L’immagine del contadino esprime
la fiducia insista nel gesto di chi semina: dalla piccolezza del seme verrà in futuro la copiosità del raccolto.
Così è la Parola di Dio. Ma questo
prodigio avviene nel segreto della terra, durante il tempo invernale, quando al contadino è chiesta
la confidente pazienza dell’attesa:
il seme del regno cresce nella storia
grazie alla potenza di Dio, che resta nascosta. Questa consapevolezza libera il cristiano dalla presunzione di far dipendere il destino del vangelo dalle proprie capacità. Queste “note di cristianesimo” sono offerte ai cristiani del nostro tempo, frettolosi e ansiosi
di vedere, ma poco capaci di attesa. Il discepolo invece si fida di Dio.
5
2012 OTTOBRE
il m on do in casa
SUD/NORD NOTIZIE
Mosse di pace
● Congo Rd: un milione di firme. Una petizione firmata da
un milione di congolesi per dire
“no” alla guerra nell’est del Paese è stata consegnata all’Onu da
una delegazione di capi religiosi e civili. Hanno auspicato che
la pressione nei confronti del
Ruanda non si fermi fin quando
“non saranno adottate sanzioni
esemplari” dal Consiglio di sicurezza.
L’iniziativa interreligiosa è
stata ideata per sensibilizzare
l’opinione pubblica sulla strategia di destabilizzazione messa
in atto dai ribelli, come il “Movimento del 23 marzo”, sostenuti da potenti interessi esterni per
sfruttare illegalmente le risorse
minerarie. Esistono prove a carico di Kigali, accusata di fornire aiuti ai nuovi ribelli.
Congo Rd / 2: marcia della
speranza. Si è svolta il 1° agosto nelle 47 diocesi congolesi la “marcia della speranza”,
nell’ambito delle iniziative per
●
Un mondo più umano
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
Alla marcia della speranza
i partecipanti hanno affidato
il Congo Rd all’intercessione
della Vergine Maria
ne del Ruanda e dei suoi dirigenti affinché “riscoprano fratelli da
amare e non da aggredire”. ■
Battaglie mai vane!
● Bombe
opporsi alla cosiddetta “balcanizzazione” del Congo. Ogni
delegazione parrocchiale portava uno striscione con lo stesso messaggio: “No al saccheggio delle nostre risorse”. I partecipanti hanno affidato il Paese, e
in particolare la sua parte orientale, all’intercessione della Vergine Maria e hanno lanciato “un
caloroso appello” alla conversio-
cluster: fine vicina?
Sono stati compiuti progressi significativi per un mondo più libero dalle bombe cluster (a grappolo). Lo sottolinea il rapporto
2012 pubblicato da cinque organizzazioni internazionali impegnate nel disarmo. Nel 2011 anche l’Italia ha ratificato la Convenzione di Oslo contro le cluster, ma da due anni è ferma la
proposta di legge che proibisce
il supporto finanziario a banche
e aziende estere coinvolte nella
produzione.
● Caccia F35 nel mirino. I rap-
presentanti di varie associazioni,
tra cui “Tavola della Pace”, hanno simbolicamente consegnato
al governo 75mila firme di cittadini che vorrebbero la cancellazione del programma di acquisto
MISSIONI NOTIZIE
Iniziative e novità
● Il Congresso africano dei laici. È stato un successo il Congresso africano del laicato, che
si è svolto a Yaoundè in Camerun. Sono stati analizzati gli attuali scenari sociali, economici,
politici e culturali del continente
insieme alle priorità, ai problemi
e alle sfide della chiesa.
Il laicato africano ha bisogno
di essere risvegliato. La grande
sfida è quella di offrire un contributo concreto alla costruzione
di una società più rispettosa della dignità e dei diritti della persona, e più solidale con i deboli
e i poveri.
Brasile: giubileo dei giovani.
Si è tenuto a metà agosto ad Acará
il giubileo per i 50 anni di evangelizzazione della diocesi di Abaetetuba. L’obiettivo era riunire i giovani delle 16 parrocchie della diocesi per studiare, discutere e rinnovare il piano di evangelizzazione giovanile. Il tema del giubileo
era: “Ben radicati e fondati nel Signore, saldi nella fede”.
Più di duemila giovani hanno
attraversato le strade della città cantando, pregando e ringraziando il Signore. Poi, nel centro
sportivo mons. Flavio Giovenale
ha presieduto la celebrazione Eucaristica insieme ai sacerdoti diocesani e ai saveriani. L’evento è
stato un successo, ma più grandi
potranno essere i frutti spirituali. Tra i promotori più impegnati, c’era il saveriano p. Piero Colombara, missionário ad Acará.
●
Nigrizia: nuovo direttore.
Padre Efrem Tresoldi è il nuovo
●
6
direttore del mensile dei comboniani, dopo una fase di “rodaggio” durante la quale ha affiancato il direttore uscente p. Franco Moretti. “Riprendo in mano
Nigrizia ma questa volta mi servirà una marcia in più”, ha dichiarato p. Efrem che aveva già
guidato “Nigrizia” negli anni
’90, prima di una lunga esperienza missionaria in Sudafrica.
Al nuovo-vecchio direttore auguriamo buon lavoro al servizio
■
della missione!
Segni di speranza
Libano: la visita del Papa. Un messaggio di incoraggiamento e speranza in un momento difficile per l’intero Medio Oriente. Così mons. Maroun
Lahham riassume il significato
della visita apostolica di Benedetto XVI in Libano. Muhammad Sammak, consigliere politico del gran Mufti del Libano, ha
spiegato che: “Il viaggio del Papa ha mostrato al mondo che il
popolo libanese, cristiani e musulmani, è tutto dalla stessa parte, mentre i partiti si dividono e
generano conflitti; le reti televisive per qualche giorno si sono
concentrate sulla visita papale, e
i politici con le loro contrapposizioni sono spariti dagli schermi.
Tutti erano felici di ciò, e si auguravano anche per questo che il
viaggio papale in Libano durasse più a lungo”.
●
Kazakistan: nuova cattedrale. La diocesi kazaka di Karaganda ha inaugurato la nuova
cattedrale dedicata alla Madonna di Fatima, “Maria, Madre di
●
Invitiamo i lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org
Visitate anche il nostro sito www.saverianibrescia.com per leggere tutte
le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le
edizioni locali e la versione in formato pdf.
Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com
tutti i popoli”. Il rito è stato presieduto dal cardinale Angelo Sodano, alla presenza di oltre 1.500
fedeli. Il vescovo, mons. Janusz
Kaleta, ha detto: “Crediamo che
questi siano i frutti dei martiri e
della sofferenza che i fedeli cristiani hanno vissuto in passato in
queste terre”.
Nell’era sovietica il Kazakistan divenne luogo di deportazioni per eccellenza, fra cui migliaia di cattolici. A Karaganda
oggi sorgono una grande moschea, una chiesa ortodossa e
una nuova cattedrale cattolica,
per celebrare la fede e ricordare
i martiri.
■
Una storia speciale
● Premio “Cuore Amico”
2012. A Brescia, sabato 13 ottobre, nella 21ª edizione del premio missionario “Cuore Amico”, l’importante riconoscimento sarà consegnato alla bresciana Lucia Robba e alla milanese Mariuccia Gorla per la sezione laici. Impegnate da 40 anni
in Congo, lavorano in collaborazione con i saveriani nell’assistenza sanitaria. In particolare,
hanno contribuito alla ristrutturazione dell’ospedale di Kampene nel 1982 insieme ai volontari marchigiani. Dopo la parten-
Erano più di duemila i giovani che hanno partecipato ad Acará, in Brasile, al giubileo
per i 50 anni di evangelizzazione della diocesi di Abaetetuba
e gestione di 90 cacciabombardieri F35, che costa diversi miliardi di euro.
● Belo
Monte:ripresi i lavori.
Il presidente del Supremo tribunale federale del Brasile, Carlos
Ayres Britto, ha autorizzato la ripresa dei lavori della controversa centrale idroelettrica di Belo Monte, nel Pará, in Amazzonia. Secondo le motivazioni della sentenza, cancellare il progetto comporterebbe un “danno irreparabile” alla politica energetica nazionale.
Il rischio per la sopravvivenza delle comunità native, invece, non è stato preso in considerazione...
● Ciad:
senza pioggia. La stagione delle piogge si fa sempre
più corta e irregolare; i cambiamenti climatici stanno accelerando il processo di desertificazione e moltiplicano le tensioni sociali. Il Ciad si è “ristretto”
e la competizione per lo spazio
utile è diventata dura.
Su una popolazione complessiva di 11 milioni di persone, i
bambini che rischiano di morire
di fame sono 127 mila. Gli aiuti alimentari servono a ridurre i
danni dell’emergenza, ma non
possono compensare la domanda
di acqua, cibo, suolo fertile. Servono interventi strutturali dei governi e azioni di riequilibrio ambientale.
■
MESSAGGIO ALLE CHIESE
LE RELIGIONI APRANO ALL’ AMORE
Dall’appello per la pace diffuso al termine dell’incontro di Sarajevo,
promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, a cui hanno partecipato anche
p. Franco Sottocornola e la saveriana Maria De Giorgi del centro Shinmeizan (Giappone).
Tutti a Sarajevo ci ricordano come la guerra sia un grande male e lasci
un’eredità avvelenata. Bisogna evitare con tutte le forze di scivolare
nella spirale terribile dell’odio, della violenza e della guerra. Il vicino
non deve trovarsi a lottare con il vicino perché appartiene a un’altra
religione o a un’altra etnia. Mai più in questa terra! Mai più in nessuna
parte del mondo!
Siamo in un tempo in cui sempre più gente diversa si
avvicina geograficamente. Ma non basta. Occorre avvicinarsi nel profondo. Bisogna farlo spiritualmente pur nella differenza delle religioni.
Siamo diversi. Ma la nostra unanime convinzione è questa: vivere
insieme tra gente diversa è possibile in ogni parte del mondo, è molto
fecondo. E grande è la responsabilità delle religioni in questo. Oggi, in
un tempo di crisi economica, è forte la tentazione di ripiegarsi, anzi di
incolpare gli altri popoli dei propri problemi. Così un popolo diventa
per l’altro straniero o nemico. Ma nessun popolo è nemico: tutti hanno
sofferto, tutti hanno un’anima buona, tutti possono vivere insieme!
Le religioni hanno un grande compito: parlano di Dio al cuore dell’uomo e lo liberano dall’odio, dai pregiudizi, dalla paura, e lo aprono
all’amore. Le religioni possono insegnare ai popoli l’arte di vivere insieme attraverso il dialogo, la stima reciproca, il rispetto della libertà e della
differenza. Possono, così, creare un mondo più umano. Si deve creare nel
dialogo una lingua fatta di simpatia, di amicizia, di compassione. Questa
lingua comune consente di parlarci, vedendo la bellezza delle differenze
e il valore dell’uguaglianza. Vivere insieme in pace è volontà di Dio.
za dei volontari, loro sono rimaste a Kampene, un villaggio
di foresta difficile da raggiungere per tutti,
ma non per i ribelli Mai-Mai.
Nel 1999, Lucia
e Mariuccia sono vittime di un
sequestro durato
sei mesi, insieme
a p. Sciamanna e
p. Campagno-
lo. Questo episodio, però, non le
ha allontanate dal loro impegno
che hanno ripreso con caparbietà e fede. Nel 2003 sbarcano di
nuovo a Kampene in elicottero,
con i guerriglieri ad attenderle a
fucili spianati e la gente ad accorrere loro incontro festante, lasciando nell’imbarazzo ribelli e
responsabili Onu.
Il premio “Cuore Amico” verrà assegnato anche alla suora orsolina Maria Giovanna Alberoni,
missionaria in India, e a p. Aldino Amato, missionario domenicano in Pakistan.
■
Da sinistra, p. Campagnolo, Mariuccia Gorla e Lucia Robba,
nel 1999 dopo il sequestro
2012 OTTOBRE
D I A L O G O E SO LID A RIETÀ
lettere al direttore
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
“COSA PUOI FARE TU, PER LA CHIESA?”
Caro direttore,
sono l’ufficiale che nel 1995 riportò a casa le sette suore saveriane rapite in Sierra Leone. Ero molto amico di padre Vittorino
Mosele. La notizia della sua morte è per me molto dolorosa. Ho
passato 53 giorni con lui: ci vedevamo tutti i giorni a Pamelap,
nei pressi della sua missione. Era sempre una gioia incontrarlo e
lui era felice di vedermi, anche perché gli consentivo di telefonare con il mio satellitare ad amici e benefattori.
Quando, qualche anno dopo (settembre 2000), è stato lui a
essere catturato, ci siamo rivisti al suo rientro in Italia ed è stato a cena a casa mia. La moglie e i figli sono rimasti impressionati dalla sua bontà e dolcezza. È stato un uomo e un sacerdote
verso il quale ho sempre avuto la massima stima, ammirazione
e affetto. Lo porterò sempre nel cuore.
Riccardo Fantozzi, via E-mail
Caro direttore,
come ufficiale della Marina, ho visitato i luoghi in cui voi operate nelle vostre missioni. Scrivo riferendomi al titolo dell’editoriale
in prima pagina di agosto/settembre: “Una chiesa povera e libera”. E
penso al vostro operato inerme e semplice, come agnelli tra i lupi, in
terre martoriate, dove Dio si è dimenticato della loro esistenza.
Sono ateo; mi sono discostato dalla fede cristiana non per partito
preso, ma per una ragione scientifica oltre che naturale. Per duemila
anni la chiesa ha predicato opere di misericordia, ma in realtà ha fatto l’opposto: dalle guerre sante alle azioni punitive contro gli eretici,
fino ai giorni nostri con lo scandalo della banca Ambrosiana...
Sbagliare è umano, ma ripetere gli stessi errori, per nascondere
l’avidità del potere, è da sciocchi. E la chiesa sembra perseguire, come tutti, gli stessi errori... Allora mi chiedo: se abbiamo bisogno di
una guida, questa non possiamo trovarla nella chiesa. Un saluto, con
affetto e profonda sincerità, vostro,
Enzo, Massa Lubrense (NA) - via E-mail
Cari amici,
le due lettere di Riccardo ed Enzo sono molto diverse - nei toni e nei
contenuti - anche se le accomuna la stima e l’affetto per i missionari, che cercano di servire l’umanità nello spirito del vangelo di Gesù.
Evidentemente, ognuno di noi porta dentro un’esperienza di vita che
orienta anche il nostro pensare e operare, e anche le nostre scelte di
ragione e di fede.
Sbagliamo tutti, è vero; ma nel mondo c’è anche tanto bene: dobbiamo saperlo vedere e riconoscere! Così pure la chiesa, comunità di
peccatori e di santi: ha sempre bisogno di misericordia e di conversione, confrontandosi con Cristo e il suo vangelo.
Vorrei qui ripetere la domanda del compianto card. Martini, al termine della sua ultima intervista: “Ho una domanda per te: Che cosa
puoi fare tu per la chiesa?”. È una domanda importante, anche perché
- è il caso di ricordarcelo - la chiesa (e l’umanità) migliora o
peggiora con noi!
Con affetto sincero, vostro,
p. Marcello, sx
STRUMENTI D’ANIMAZIONE
è ora di pensare al 2013
Per vivere meglio il 2013 quasi alle porte, vi
segnaliamo due strumenti utili per annotare
impegni, attività, impressioni…
Agenda Biblica e Missionaria 2013 dove poter trovare le letture quotidiane della
Messa, commentate in chiave missionaria e
tanto altro...
L’agenda è in commercio in tre formati e
con tre prezzi.
• Cartonata rigida (cm. 14,5x21)
€ 15
• Plastificata (cm 14,5x21)
€ 12
• Plastificata tascabile (cm 10,5x15,2) € 10
Per i lettori, sconto speciale del 30% per acquisti di almeno tre
copie di uguale o diverso tipo.
Agenda della pace 2013, frutto del lavoro
di Cem Mondialità che la confeziona da oltre
vent’anni.
Una copia (cm 10x14,8) € 4,50. Sconto del
30% per acquisti superiori alle tre copie.
I MISSIONARI SCRIVONO
Dal Congo arrivano i rallegramenti per Ale & Ale
Sul mio tavolo ho tante altre cose in sospeso, forse anche più importanti. Ma è un po’ che ho qui davanti
a me una cosa che mi dà fastidio: “Missionari Saveriani” di giugno-luglio 2012 che, oltre agli altri articoli
interessanti, contiene anche il paginone dei due Ale & Ale, sposi marchigiani in Brasile. Voglio congratularmi con loro per la bellissima testimonianza che ci hanno offerto.
Del resto, leggo sempre anche il loro intervento a pagina 2 nella rubrica “Missione famiglia”; come leggo
sempre con gusto anche tutto il resto di “Missionari Saveriani”, comprese le lettere al direttore e dei missionari e le riflessioni di Diego nella rubrica “Giovani”.
Quindi, bravissimi loro e bravissimi voi! Una sola parola: continuate!
p. Antonio Trettel, sx - Bukavu, RD Congo
Fino in Brasile, per conoscere...
“Missionari Saveriani”
Cari amici, è un bel po’ che non scrivo e ho una gran
voglia di salutarvi. Qui tutto come sempre: tanto lavoro
e i soliti problemi di chi è impegnato nella formazione.
Grazie a Dio la salute tiene e posso lavorare a pieno ritmo. Potrei fare meno? Ma come si fa a dire “no” alle
richieste della gente?
Padre Vittorino Mosele
Ora sto sognando una casa più decente e definitiva per
con Riccardo Fantozzi
il
noviziato
saveriano qui in Brasile, dopo cinquant’anni
nel 1995, a Pamelap,
di provvisorietà. Speriamo di farcela.
Sierra Leone
Ora una richiesta. In estate sono venuti in visita due
giovani mandati dal centro missionario di Bergamo. Hanno visto sul mio tavolo “Missionari Saveriani”, che
non conoscevano, e mi hanno chiesto come abbonarsi e riceverlo a domicilio. Ecco i loro indirizzi...
È sempre bene seminare! Io “Misionari Saveriani” lo leggo sempre da cima a fondo e credo aiuti molto
quando entra nelle nostre famiglie. Auguro ogni bene a tutti,
p. Alfiero Ceresoli, sx - Hortolandia, Brasile
Dalla Thailandia un buon sistema
per i ladri di biciclette!
Carissimi amici, la settimana scorsa abbiamo avuto
un ospite inaspettato ma gradito, almeno da parte
mia. Padre Thierry, invece, non l’ha gradito molto. Si tratta di un “cucciolo” di pitone che abbiamo trovato appollaiato sul manubrio della
bicicletta, legata al palo nella veranda dietro
casa. Così piccolo, ma già appassionato di ciclismo! Evidentemente è un esemplare di...
pitone viaggiatore!
Appena l’ho visto sono corso a prendere la macchina fotografica e gli ho
scattato alcune foto. Lui è rimasto tranquillamente in posizione fino a quando non ho finito; poi se n’è andato, sempre tranquillamente, con la sua tipica calma. Eccovi la foto
che mi piace di più.
Un abbraccio (anche da parte del pitoncino),
p. Giovanni Matteazzi, sx ([email protected])
PS - Potrebbe essere un buon sistema per assicurarsi contro i... ladri di biciclette?
solidarietÀ
CAMERUN:
ADOTTA UNO STUDENTE SAVERIANO
La comunità “San Guido Conforti” di Bafoussam (nella foto) è composta da 15 giovani di Camerun e Ciad che
hanno iniziato il percorso di formazione saveriana, per
consacrarsi al Signore e alla missione.
Stanno compiendo gli studi di filosofia presso il seminario diocesano. Ogni studente in un anno paga 600 euro di tasse scolastiche. A ciò si aggiunge il trasporto (40
chilometri andata e ritorno tutti i giorni), i libri, il materiale didattico, computer e stampante..., per un totale di
900 euro in media per persona.
La comunità “San Guido Conforti” ha iniziato l’attività
formativa nel 1999. Da allora, molti giovani stanno già
lavorando come missionari saveriani in Colombia, Burundi, Messico, Filippine, Italia, Ciad, Camerun e Thailandia.
Questo è un grande segno di speranza.
Chiediamo agli amici lettori di aiutare questi giovani
nelle spese scolastiche, perché possano diventare bravi
missionari. Sono tutti giovani pieni di buona volontà ma
poveri di mezzi. Proponiamo di “adottare uno studente”. Si può contribuire con un’offerta libera, annuale o
mensile. Grazie, per la vostra generosità.
p. Fernando e p. Pierre, sx
piccoli progetti
8/2012 - CAMERUN
Adotta uno studente saveriano
Quindici studenti saveriani di Camerun e
Ciad studiano filosofia al seminario di Bafoussam. Tra tasse scolastiche, trasporto e materiali, le spese annue per ognuno ammontano
a 900 euro. I saveriani chiedono di adottare
uno studente con un’offerta libera annuale
o mensile.
• Responsabili del progetto sono p. Fernando e p. Pierre.
7/2012 - FILIPPINE
Micro prestiti per lo sviluppo
I missionari saveriani che lavorano al “Sitio
Militar”, uno dei quartieri più poveri di Manila, chiedono un contributo per consolidare e
rafforzare il fondo per micro prestiti alle famiglie e per l’istruzione scolastica dei bambini,
per un futuro più dignitoso, per 15.000 euro.
• Responsabili del progetto sono p. Euge-
nio Pulcini, p. Giacomo Rigali e p. Yoanes Purnomo.
Richiedere a:
Chi desidera partecipare alla realizzazione di
questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta su C/c.p.
o bonifico direttamente a:
• Libreria dei popoli, Brescia
“Associazione Missionari Saveriani Onlus”
tel. 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781;
e-mail: [email protected]
Viale S. Martino 8 - 43123 PARMA
C/c 1004361281 (Cod. fiscale 92166010345)
IBAN IT77 A076 0112 7000 0100 4361 281
Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto. Grazie.
2012 OTTOBRE
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
Serafino: pastore, muratore e montanaro
Genitori: i più grandi benefattori
Cesarina, vera mamma missionaria
è
deceduta il 20 luglio a Venegono Inferiore (VA) Cesarina Besozzi De Giorgi, mamma della saveriana Maria. Una
vera “mamma missionaria”.
Casa De Giorgi, vicina al
grande e vivace studentato teo-
logico dei missionari comboniani di Venegono Superiore, fu fin
dagli anni ‘60 luogo d’incontro,
una piccola succursale, per i
tanti giovani studenti missionari
amici dei cinque figli di mamma
Cesarina e papà Luigi.
Quando
una di questi, Maria,
entrò tra le
missionarie
saveriane di
Maria agli
inizi degli
anni ‘70,
casa De
Giorgi diventò luogo
di incontro
anche per
saveriani e
saveriane,
con i loro
sogni e i loro progetti
missionari. Tanto che
Luigi e Cesarina De Giorgi, genitori della saveriana
papà LuiMaria De Giorgi; Cesarina è salita al cielo il 20 luglio 2012
p. FRANCO SOTTOCORNOLA, sx
gi, geometra e direttore di lavori
nel settore edile, per ben tre volte
si recò in Burundi, per collaborare con il saveriano p. Luigi Vitella in varie iniziative.
Quando Maria, destinata al
Giappone, iniziò la sua attività
missionaria al centro di spiritualità e di dialogo interreligioso “Shinmeizan”, mamma Cesarina e papà Luigi vi si recarono
per “dare una mano” per alcuni
mesi, durante i quali papà Luigi
costruì i due “eremitaggi” e la
grande scalinata che collega la
casa “sopra la collina” con quella “sotto la collina”.
Ma mamma Cesarina fu attiva
specialmente nel “gruppo missionario” della parrocchia di Venegono Inferiore, gruppo che si
riuniva ogni settimana a “La Benedetta” come era chiamato l’allora oratorio femminile parrocchiale, dove, oltre a pregare e a
progettare iniziative per le missioni, si confezionavano i tanti
“pacchi-dono” che partivano per
tutte le direzioni del globo. ■
La festa dei famigliari 2012
Una giornata di incontro, festa e preghiera
domenica di maggio
L’ ultima
abbiamo celebrato la festa
dei parenti dei missionari bergamaschi. È stata una bellissima
giornata, illuminata da un sole
luminoso e colorata dai tanti fiori
che adornano il nostro parco.
I famigliari dei saveriani e delle saveriane sono arrivati verso
le 10. Il momento meno formale
è quello dei saluti tra famiglie,
quasi fossimo tutti una sola famiglia, amici di lunga data. Un
semplice aperitivo ha scaldato
meglio l’ambiente di amicizia e
di incontro gioioso.
La Messa nella parrocchiale
Poi, tutti insieme siamo saliti
verso la chiesa parrocchiale per
la celebrazione della Messa: la
nostra cappella, infatti, era troppo piccola per contenere tutti i
convenuti. Ho rivolto all’assemblea due parole di benvenuto,
mentre p. Mario Curione ha intonato e animato i canti con voce
calda e potente.
La Messa è stata presieduta
da p. Chui (si pronuncia Ciùi e
sta per Jesús - Gesù); è messicano, membro della direzione
generale, che ci ha fatto dono
di una bella omelia missionaria
sulla festa di Pentecoste. Dieci i
concelebranti: oltre ai saveriani
della comunità di Alzano, c’erano anche p. Giuseppe Pulcini dal
Camerun, p. Giovanni Carrara
dal Burundi, p. Ulisse Zanoletti da Parma e p. Giosuè dei dehoniani che è venuto tra noi per
portare un po’ di allegria durante
il pranzo.
Stare insieme è già festa
Alle 13 siamo scesi di nuovo verso la nostra casa, dove ci
aspettava il pranzo in fraternità.
Si sono alternati momenti di
p. MARIO GIAVARINI, sx
conversazione familiare, sorteggi dell’estrazione a premi e
interventi umoristici del clown
p. Giosuè Torquati: barzellette,
giochetti, indovinelli… insomma una sorpresa dietro l’altra.
Abbiamo notato che gli invitati, oltre che trovarsi tra parenti,
hanno il piacere di ritrovarsi con
i parenti di altri missionari, con i
quali hanno stretto da anni forti
legami di amicizia. Per cui stare
insieme è già festa!
Anni fa, quando i missionari
erano più giovani - e più giovani
erano anche i genitori - in queste
giornate si viveva un’intensa atmosfera missionaria. Oggi, forse,
la conoscenza della missione è
più reale e così anche la famiglia
partecipa in maniera più concreta alla missione del proprio caro. Speriamo, in ogni caso, che lo
spirito missionario non si spen■
ga, ma cresca sempre più.
Domenica 27 maggio la chiesa di Alzano era davvero piena per la celebrazione Eucaristica
in occasione della festa dei famigliari dei missionari bergamaschi
8
p. ULISSE ZANOLETTI, sx
P
apà Serafino ha avuto una
vita travagliata… Apparteneva a una famiglia di piccoli
agricoltori che aveva casa sulle
pendici del Monte Secco, nella
località Cacciamali di Ardesio.
Vi era nato il 17 aprile del 1927,
sesto di nove fratelli e sorelle. A
nove anni rimane orfano di madre e a tredici è già sulle strade
della bassa Milanese ad accompagnare greggi di pecore. Durante la guerra si unisce a un gruppo di boscaioli della zona di Ardesio che lavorano sulle pendici
dei monti che circondano il san-
Serafino Zanoletti, papà di p. Ulisse:
Ardesio, 17 aprile 1927 - 4 agosto 2012
tuario di Oropa; la Provvidenza misteriosamente lo protegge
da un rastrellamento nazista che
lo avrebbe condannato ai lavori
forzati in Germania.
Dopo la guerra, due anni di militare e poi la vita da migrante
in Svizzera come muratore. Nel
frattempo si sposa con mamma
Agnese e mette al mondo sei figli.
A prezzo di grandi sacrifici riesce
a costruirci una casa bella e confortevole... Era bello aspettarlo il
sabato sera di ritorno dal cantiere
e cantare insieme o mettersi a disegnare o dipingere, e la domenica andare insieme a Messa.
L’incontro con i saveriani gli
ha sempre dato gioia; con alcuni di loro ha stretto amicizie
profonde… Ricordo che “per fare spazio ai saveriani”, che erano
sempre tanti quando arrivavano
a casa con me, ha demolito una
parete dell’appartamento per ingrandire la sala dove celebravamo l’Eucaristia seguita dalla
condivisione della cena...
Amava in modo particolare
salire le montagne, camminare
a lungo sui sentieri di alta quota dove si sentiva libero e a suo
agio in quelle solitudini piene di
fascino e di bellezza. Nella foto
è a Molveno (Trento), sotto la ca■
tena alpina del Brenta.
Prossimi appuntamenti
dai saveriani di Alzano, in via Ponchielli 4
Adorazione missionaria: giovedì 18 ottobre ore 20,30
Messa missionaria: sabato 10 novembre ore 20,45 (in ricordo
dei saveriani defunti).
Siete “benvenuti”, e tutti invitati a unirvi, almeno spiritualmente.
FESTA DEI FAMIGLIARI IN FOTOGRAFIA
La Messa è stata
celebrata dal saveriano
messicano p. José de
Jesús Romero,
rappresentante della
direzione generale
dei saveriani; accanto
a lui p. Mario Giavarini.
Angelo (cognato di p. Gotti) e Stefania,
segretaria tuttofare dei saveriani di Alzano,
lettori durante
la Messa; Stefania si è prodigata molto per la
buona riuscita
della festa.
2012 OTTOBRE
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Messico, nuvole e... tequila
Dal 10 novembre in mostra a San Cristo
il comune di Brescia
M entre
non ha ancora sciolto le
riserve se allestire la mostra su
atzechi e maya, una cosa è certa:
i missionari saveriani quest’anno porteranno i loro visitatori
in Messico! Non si tratta di un
viaggio organizzato, ma della
tradizionale mostra annuale,
giunta all’11ª edizione.
Essendo un lavoro impegnativo e complesso, un sentito
ringraziamento va rivolto a tutti
i volontari che si dedicano all’allestimento della mostra e alla
preparazione dei laboratori.
Grandi risorse e problemi
Il Messico è bagnato dall’Atlantico e dal Pacifico. Al nord
troviamo steppe e deserti, mentre
verso sud le pianure e i rilievi più
bassi ospitano foreste tropicali.
Gran parte del suo territorio è
costituito da altipiani oltre i 1500
metri di altitudine, fra cui la Meseta (altopiano) centrale, dove vive la maggior parte della popolazione ed è il cuore economico del
paese. Qui sorge Città del Messico, la capitale, costruita sul territorio che fu dominio dell’impero
azteco, la cui capitale Tenochtitlan è stata distrutta da Cortez nel
1521 ed è ora sommersa dall’immensa città moderna.
Il Messico vive una grande
crescita demografica e urbana,
dovuta alla forte migrazione di
popolazioni contadine nelle città.
Sovraffollamento delle periferie,
continui tentativi di emigrazione
clandestina verso gli Stati Uniti
e lotta ai cartelli della droga sono tra i principali problemi del
Paese. Mentre una fiorente agri-
DIEGO PIOVANI
coltura, grandi depositi minerari
d’argento, petrolio e gas naturale
sono le sue ricchezze.
Folklore, arte e devozione
I visitatori potranno ammirare
paesaggi mozzafiato, pannelli
che ritraggono momenti di vita,
oggetti che mostrano le grandi
capacità artistiche dei messicani.
Risuoneranno le classiche musiche dei “mariachi” che accompagnano le numerose feste popolari,
mentre i bambini conosceranno
i giochi messicani e i giocattoli
fatti a mano. Non mancheranno
esemplari di abiti folkloristici, i
codici antichi, i manufatti delle
antiche culture maya e azteche,
la celebrazione festosa della Vergine di Guadalupe.
All’interno del salone, oltre
agli oggetti provenienti anche dal
Da 25 anni sacerdote missionario
La celebrazione nella chiesa di Casaglia
9 settembre nella
D omenica
gremita chiesa di Casaglia
8
avete sempre accompagnato.
Dio, che mi ha donato la vita e mi ha chiamato a lavorare
nella sua vigna, è sempre stato
presente. Lo ringrazio per tutto
ciò che mi ha donato e anche per
ciò che mi ha tolto. Ho imparato a essere figlio, amico, padre;
soprattutto, ho imparato a essere
“figlio di Dio”.
In Africa ho imparato ad amare ancora di più la famiglia:
non solo quella naturale, ma la
grande famiglia allargata che
abbraccia tutta la comunità, qui
a Casaglia - che è il mio paese e in Camerun - dove ho vissuto
la missione - con tante mamme
che pregano per me e tanti giovani che ho accompagnato nella
formazione.
Grazie a don Edoardo per questa giornata di festa, a don Lorenzo, ora parroco di ben sette
parrocchie, a don Angelo, che
mi ha battezzato e abbracciato
come sacerdote missionario e
ogni tanto mi faceva avere in
p. OLIVIERO VERZELETTI, sx
Africa qualche bottiglia con il
biglietto: “Vino da Messa, buono anche per i vespri cantati”!
p. Oliviero Verzeletti ha celebraGrazie, perché questa vita non è
to la santa Messa del 25° di sasolo mia, ma anche vostra.
cerdozio (20.9.1987), attorniato
Vogliamo continuare con giodai famigliari, da cinque saveia, guidati dall’esempio di Gesù,
riani e da cinque sacerdoti. Erache abbiamo letto nel vangelo
no presenti anche i famigliari di
(Marco 7, 31-37). Gesù viaggia
p. Sergio Targa (Castrezzato) e
molto, anche dentro il territorio
del compianto p. Vittorio Falsi“pagano” - luogo della missiona (Castegnato), che ha celebrane - per avvicinare chi è lontano,
to il suo 25° dal cielo. Ecco una
per incontrare chi è sordo-muto
sintesi della sua bella omelia.
e isolato, impedito a comunicare
con gli altri. Anche noi viviamo
Per ricordare,
l’esperienza del sordo e del muto:
ringraziare, continuare
quante volte nelle famiglie si parDopo 25 anni di prediche, dola tra sordi e tanti giovani si pervrei essere abituato a parlare in
dono perché non sono ascoltati.
pubblico. Lo ero fino a qualche
Gesù ci porta in disparte e ci
minuto fa... (pausa di emozione,
tocca con le gioie e le prove delinterrotta da un forte applauso di
la vita. Ci tocca per risanarci. Ci
incoraggiamento!). Sono felice
fa ascoltare la parola pronunciata
di trovarci insieme per celebrare i
su di noi il giorno del battesimo:
miei 25 anni di sacerdozio missio“Effatà! Apriti!”. Apriti alla luce,
nario. Un’occasione per fare meall’aria, all’amore, alla compasmoria di un dono che ho ricevuto,
sione. Apriti e accogli la vita, tua
con il proposito di viverlo pienae di tutti. Apriti a Cristo, senza
mente insieme a voi tutti, che mi
avere paura. Prima
apri gli orecchi e poi
parla. Invito tutti ad
ascoltare con mente
aperta e a parlare con
il cuore sulle labbra.
Infatti, sa parlare correttamente solo chi sa
ascoltare.
Continuate a pregare per me, perché
io possa iniziare ogni
giorno ascoltando la
parola del Signore:
Padre Oliviero Verzeletti, al centro, domenica 9 settembre ha celebrato il suo 25° di ordinazione
sacerdotale nella chiesa di Casaglia, insieme a famigliari, amici e confratelli
■
“Apriti!”.
La piramide Uxmai, in Messico, e il saveriano bresciano, p. Mario Gallia, missionario ad Acoyotla
Museo etnografico dei saveriani
di Parma, ci sarà un’esposizione
di dipinti dell’artista messicana
Maria Puga Jimenez, in cui si vivranno i colori dei fiori, i profumi
del mare e la forza dei vulcani.
Laboratori e solidarietà
Accanto alla mostra sono allestiti laboratori di artigianato
e arte messicana differenziati
per percorsi e gradi di difficoltà: pennacchio di Montezuma,
sombreri, mosaici, maschere. I
laboratori si svolgono durante
la mattina e sono aperti solo per
le scuole. Le classi che visitano
la mostra possono, inoltre, preparare degli elaborati seguendo
uno schema fornito all’ingresso.
I lavori saranno oggetto di premiazioni alla fine della mostra.
Ma, come sempre, mostra
significa anche solidarietà.
Quest’anno il ricavato verrà donato al saveriano bresciano p.
Mario Gallia, rettore e formatore della comunità degli studenti
di teologia a Città del Messico.
Saranno finanziate alcune “borse di studio” per i ragazzi delle
missioni di Santa Cruz e Acoyotla, perché possano frequentare la scuola.
Orari e informazioni
La mostra sarà aperta dal 10
novembre al 24 febbraio 2013
(orari feriali: 9 - 12,30 e 14,30
- 17; domenica e festivi: 14,30
- 18,30). La visita alla mostra
è gratuita, mentre la partecipazione ai laboratori prevede un
contributo di € 2,50 per partecipante. È necessario che i gruppi
prenotino per tempo sia la visita
che i laboratori.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 349 3624217; fax 030
3774965; e-mail: mexico@save■
riani.bs.it
INAUGURAZIONE
ED EVENTI CULTURALI
D. PIOVANI
L’inaugurazione della mostra 2012 “Messico, un Paese moderno
erede di antiche e affascinanti civiltà” è sabato 10 novembre, alle
ore 15.30, con una conversazione sul tema “Mexico lindo y querido”,
tenuta dal saveriano messicano p. Ernesto Moriel e dalla prof.ssa Anna Casella Paltrinieri, docente di antropologia culturale. Alle 18 in San
Cristo il taglio del nastro per la mostra
Per tutto il periodo della mostra sono previsti diversi e interessanti
appuntamenti collaterali.
Sabato 24 novembre - 20,30: spettacolo di musica e danze tradizio-
nali, con la partecipazione della scuola di danza “Arte e Vita” di Breno e del gruppo di suonatori Mariachi “La Plaza” di Milano.
Ingresso libero.
Mercoledì 12 dicembre - 20,30: in occasione delle festività per la
Vergine di Guadalupe, conferenza di p. Ernesto Moriel sulla storia e il
significato dell’importante ricorrenza religiosa.
Ingresso libero.
Domenica 22 dicembre - 20,30: concerto di Natale, con la parteci-
pazione della Banda Musicale di Collebeato, diretta dal maestro Emanuele Sartorelli.
Ingresso libero.
Venerdì 18 gennaio 2013 - 20,30: conferenza su “Il sacrificio umano precolombiano tra cosmologia e propaganda politica”, tenuta da
Erika Valseriati, esperta in archeologia e scienze preistoriche.
Ingresso libero.
Sabato 2 marzo 2013 - 19,30: serata gastronomica con un ricco menù di specialità tradizionali messicane. Il prezzo è di € 24 a persona.
Occorre prenotare entro e non oltre il 15 febbraio (tel. 349 3624217;
e-mail: [email protected]).
2012 OTTOBRE
CAGLIARI
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 340 0840200
E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084
Cristo della Strada e degli emigrati
Al chilometro 56 della 131, fermati e scendi...
P
er dieci anni ho percorso
in auto la superstrada 131
Cagliari - Sassari e viceversa…
Durante i miei spostamenti
ho sempre visto con la coda
dell’occhio la statua bianca del
“Cristo della Strada” che guarda i passanti in marcia, nei pressi del bivio di Sardara al chilometro 56. Un giorno, mi sono
fermato a osservare da vicino la
statua che raffigura Cristo con
le braccia tese in avanti per accogliere i viaggiatori e tutti coloro che si fermano, come dice
la scritta.
Accoglie con le
mani protese
La statua del Cristo Redentore
è stata fatta costruire una decina
d’anni fa da due famiglie di un
paesino della diocesi Ales-Terralba, emigrate in America del
sud, in omaggio alla loro natia
Sardegna, e in ringraziamento
della fortuna trovata in Ameri-
ca. Molto probabilmente fu fatta
costruire sull’idea del Cristo Redentore di Nuoro.
Il vescovo Orrù e il cardinale Pompedda, che benedirono
la statua, durante la cerimonia
vedendo le mani di Gesù protese ad accogliere i viaggiatori
la battezzarono statua del “Cristo della Strada”. Il Signore ci
accolga davvero alla fine del
nostro correre sulle strade del
mondo, e continui a proteggerci
perché non andiamo fuori strada
su qualche arbusto di fichi d’India o di moreschi, come dicono
in Sardegna.
Il dono di due famiglie
Su una targhetta posta sul cancello del monumento del Cristo
Redentore si legge testualmente:
“Il monumento al Cristo Redentore fu eretto in occasione del
Giubileo dell’anno 2000. È un
dono di due famiglie emigrate in
sud America. Opera scultorea del
p. DINO MARCONI, sx
cagliaritano Barbarino Ianucci, è
messa a protezione degli autisti
e dei mezzi della strada che transitano nella SS 131 e in tutte le
strade. I terreni sono dono della
ditta sardarese Roberto e Mario
Marras.
L’inaugurazione avvenne il
30 giugno 2002. La benedizione
fu impartita dal cardinale Mario Francesco Pompedda, dal
vescovo diocesano mons. Antonino Orrù , dall’arcivescovo
di Oristano mons. Piergiuliano
Tiddia e dal vescovo di Nuoro
mons. Pietro Meloni, al clero, ai
religiosi e ai seimila pellegrini
presenti”.
La preghiera del viaggiatore
Da alcuni anni si celebra la
festa dell’emigrato proprio in
ricordo dei benefattori emigrati,
e contemporaneamente si svolge
anche il raduno degli autisti dei
mezzi pesanti. Sull’altra targhetta della colonna del cancello si
Dalla Sardegna al Friuli
Vi ringrazio e saluto con grande affetto
U
n anno dopo l’ordinazione
sacerdotale, avvenuta nel
1990, i superiori mi hanno mandato a Taranto per lavorare nel
campo dell’animazione missionaria e vocazionale. Sono stati
otto anni bellissimi che porterò
sempre nel cuore, per aver ricevuto tanto da caricarmi per spiccare il volo verso il Bangladesh,
all’inizio del 2001. La missione
in Bangladesh ha coronato quel
sogno tanto desiderato sin dagli
inizi del mio cammino; spero di
tornarvi presto.
L’animazione in Sardegna
Nel 2009, in dialogo con i superiori, mi sono reso disponibile per un periodo di servizio in
Italia come animatore missionario. Mi è stato chiesto - e ho
8
accettato con gioia - di lavorare
in Sardegna. In questi ultimi tre
anni, pochi ma intensi di lavoro,
ho spesso raccontato la missione
svolta tra la gente del Bangladesh. Ho macinato chilometri e
chilometri per suscitare l’amore
per la missione, oggi non tanto
facile.
Ringrazio tantissimo la comunità saveriana di Macomer,
nella quale ho vissuto questi anni. Permettete che ricordi i loro
nomi con un senso di gratitudine
profonda: fr. Gino Masseroni, p.
Giuseppe Marzarotto, fr. Vincenzo Asolan, p. Dino Marconi,
p. Virginio Simoncelli, p. Tore
Marongiu e p. Roby Salvadori.
Con loro ho cercato di essere un
fratello e compagno di viaggio.
Come non ricordare (ma non
P. Daniele Targa celebra la Messa con i giovani durante un campo estivo a Macomer
p. DANIELE TARGA, sx
faccio nomi perché sono proprio
tanti) tutti i gruppi di giovani e
adulti, sparsi per l’intera Sardegna, dove ho potuto gustare la
cultura e il folklore sardo, che
per metà mi appartiene (mia madre Emanuela Porcu è sarda!), e
soprattutto l’affetto profondo dei
sardi verso la famiglia saveriana.
Grazie di cuore a tutte e a tutti.
In Friuli, vicino a papà...
Dal mese di agosto sono in
Friuli. Dai superiori ho ricevuto il permesso per stare un po’
più vicino ai miei, soprattutto a
mio padre che non gode ottima
salute. Nella comunità saveriana di Udine altri confratelli mi
hanno accolto con affetto: p.
Mario Cruder, p. Carlo Treppo,
p. Lorenzo Mattiussi, p. Romeo
Brotto e il nuovo superiore p.
Antonio Guiotto. Anche qui mi
impegnerò per l’animazione
missionaria dei giovani e degli
adulti.
A ottobre inizia l’anno della
fede, voluto da papa Benedetto.
Noi missionari crediamo fortemente a ciò che papa Giovanni
Paolo II affermava: “La fede si
rafforza donandola”. Crediamo
anche che la fede “ci spinge ad
essere missionari”.
Rimaniamo uniti nella preghiera, perché l’amore per Cristo ci spinga a creare nel mondo
■
una sola famiglia.
Il Cristo della Strada che protegge automobilisti ed
emigranti sulla statale 131 Cagliari - Sassari, nei pressi
del bivio di Sardara; a destra, p. Dino Marconi che ha lasciato la Sardegna
può leggere la preghiera a Cristo
Signore:
“Signore, che domini il tempo e la vita, e ci guidi verso la
salvezza, rivolgi il tuo sguardo
sul nostro cammino. Proteggi il
continuo frenetico andare di chi,
per lavoro e per diletto, percorre
le strade di questa nostra terra e
posa sul capo di noi tutti, la tua
mano provvidente”.
Simbolo di tutti
i senza terra
I donatori della statua ci ricordano l’emigrazione sarda in
America del sud e in altri continenti, dovuta alla questione
occupazionale italiana del secolo scorso. L’emigrazione era
una scelta quasi obbligata per
i giovani sardi in cerca di una
prospettiva lavorativa e di vita
migliore. L’emigrazione nel secondo dopoguerra, invece, è stata la risposta alla crisi sociale ed
economica, di cui la Sardegna e
l’Italia erano vittime.
La storia dei sardi emigrati è
diventata simbolo della storia di
tutti i senza terra, costretti dalla
vita ad abbandonare il proprio
luogo d’origine per costruirsi un
futuro oltremare o oltreoceano.
Il duro lavoro e i sacrifici per
uscire dalla povertà non hanno
minato l’identità culturale e religiosa dei singoli individui e dei
gruppi, permettendo la nascita di
circoli sardi e la conservazione
dei legami religiosi con la pro■
pria tradizione.
Dalla Romagna saluto la Sardegna
Con questo articolo, chiudo la mia esperienza missionaria
in Sardegna. Ora riprendo a correre sulle strade della Romagna, partendo da Sant’Apollinare in Classe, Ravenna. Nel catino dell’abside risplende la croce gemmata di Gesù Salvatore del
mondo, come dice la scritta latina sottostante, e Signore della
storia con le lettere greche alfa e omega: Cristo è inizio e fine
di ogni cosa.
A tutti gli amici e conoscenti della Sardegna dico: “A si biri
cum salude”; in lingua shawili si direbbe: “Arrivederci in cielo o
in terra”.
p. Dino Marconi, sx
LA DEVOZIONE DEI SARDI
Una famiglia di emigrati di Dorgali
p. D. MARCONI, sx
A Dorgali, nella settecentesca chiesa di santa Caterina d’Alessandria
dove è stata battezzata la santa Gabriella Sagheddu, possiamo vedere
due ancone lignee con ornamenti dorati, una del sec. XVIII e l’altra
del sec. XX. L’altare ligneo con nicchie per statue e un quadro, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, del 1770, in stile barocco spagnolo fatto
costruire da don Giovanni Battista Sagheddu, è stato fatto restaurare
dal dottor Giovanni Ticca nel 1942.
Dalla parte opposta possiamo vedere l’ancona lignea dell’Immacolata, più recente, fatta restaurare da dorgalesi, in ringraziamento per
la provvidenziale fortuna trovata in Venezuela dove erano emigrati.
Sul pavimento marmoreo dell’altare ligneo dell’Immacolata possiamo
leggere “Ad memoriam Dei gloriam, Fabio e Rosina Fancello Ungredda con animo devoto e grato, 1957”.
L’ancona lignea è stata restaurata con bravura da Eugenio Obletter
di Ortisei (BZ) sul modello dei retabli sardi del Settecento. Le nicchie
superiori, di fianco al quadro della Madonna con il Bambino, accolgono le statue di san Cornelio Papa e san Cipriano vescovo; le nicchie
inferiori, di fianco alla statua dell’Immacolata, san Giuseppe e san Fabio, secondo il volere del donatore del restauro, che portava il nome
di Fabio. Quest’ultima ancona lignea dell’altare dell’Immacolata può
essere considerata una significativa opera lignea moderna a carattere
religioso nell’Isola.
Ringrazio la nostra abbonata, l’insegnante Margherita Fancello, che
mi ha confermato la storia di questa famiglia di emigrati di Dorgali, e
al parroco che mi ha dato i nomi dei santi dell’ancona lignea.
2012 OTTOBRE
CREMONA
26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81
Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260
Il cardinale grande missionario
“Servitevi a vicenda, siate prossimi a tutti”
I
l titolo di “missionario”
gli spetta di diritto, anche
se ha vissuto prevalentemente a
Roma fino a 53 anni. Qui il giovane gesuita è stato studente in
filosofia, teologia e soprattut-
to in Sacra Scrittura, insegnante
nell’istituto Biblicum e poi rettore, prima di passare alla direzione della pontificia università
Gregoriana fino al 29 dicembre
1979, quando Giovanni Paolo II
p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
lo ha nominato e consacrato vescovo di Milano.
Un curriculum imponente
Nel novembre 1980 avvia subito a Milano l’esperienza del-
Il cardinal Martini in visita ai detenuti di San Vittore, a Milano, nel dicembre 2011
Fede, fiducia e coraggio
Il testamento spirituale del cardinale
I
l “testamento spirituale”
del cardinal Martini emerge
anche dalla sua ultima intervista
rilasciata poco tempo prima della
sua morte (8 agosto 2012) e pubblicata sul “Corriere della sera”
(1° settembre). Lui, padre della
chiesa, l’uomo dell’ascolto e del
dialogo, il discepolo e l’annunciatore instancabile della Parola di
Dio, ha detto parole che in qualcuno forse hanno suscitato “scandalo”, ma che in realtà aiutano a
far riflettere tutti i credenti.
8
L’amore vince la stanchezza
“La chiesa - dichiara Martini - è rimasta indietro di 200
anni. Come mai non si scuote?
Abbiamo paura? Paura invece
di coraggio? Comunque, la fede
è il fondamen­to della chiesa: la
fede, la fiducia, il coraggio. Io
sono vecchio e malato e ho bisogno dell’aiuto degli altri. Le
persone buone intorno a me mi
fanno sentire l’amore. Questo
amore è più forte del sentimento
di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della chiesa
in Europa. Solo l’amore vince la
stanchezza. Dio è Amore”.
“La chiesa è stanca, nell’Occidente del benessere. La nostra
cultura è invecchiata, le nostre
chiese sono grandi, le nostre case
religiose sono vuote e l’apparato
burocratico della chiesa lievita,
i nostri riti e i nostri abiti sono
pomposi. Il benessere pesa”.
Tre strumenti per vincere
Come combattere questa stanchezza? Il cardinal Martini individua e consiglia tre strumenti
molto forti.
“Il primo è la conversione: la
chiesa deve riconoscere i propri
errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento,
Carlo Maria Martini: Torino, 15 febbraio 1927 - Gallarate, 31 agosto 2012
a cura di p. S. PARMIGGIANI, sx
cominciando dal papa e dai vescovi...
Il secondo è la Parola di Dio.
Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di
coloro che aiuteranno il rinnovamento della chiesa... La Parola di Dio è semplice e cerca
come compagno un cuore che
ascolti...
Il terzo strumento di guarigione sono i sacramenti, che non
sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini
nei momenti del cammino e nelle debo­lezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che
hanno bisogno di nuova forza?
Io penso a tutti i divorziati e alle
coppie risposate, alle famiglie
allargate. Questi hanno bisogno
di una protezione speciale!... Se
i genitori si sentono esterni alla
chiesa o non ne sentono il sostegno, la chiesa perderà la generazione futura... Come può la chiesa arrivare in aiuto, con la forza
dei sacramenti, a chi ha situazioni famigliari complesse?”.
la “Scuola della Parola”; sei anni dopo, nel novembre 1986, durante il convegno diocesano sul
tema “Farsi prossimo”, lancia
l’iniziativa delle scuole di formazione per un impegno sociale e politico. Nello stesso anno,
è eletto presidente delle conferenze episcopali europee, un
incarico che mantiene fino al
1993. Nel 1989 riceve la laurea
“honoris causa” dalla università pontificia Salesiana di Roma
per il suo programma pastorale
sull’educazione.
Nell’ottobre 1999 partecipa
al sinodo dei vescovi europei,
quando già sentiva i primi sintomi della stessa malattia del Papa:
il morbo di Parkinson. Nel 2000
riceve un premio in Spagna in
scienze sociali ed è poi nominato da papa Wojtyla accademico
onorario della pontificia accademia delle Scienze. Il 28 giugno
2002 riceve dal comune di Milano “la grande medaglia d’oro”.
Parole dal valore eterno
L’11 luglio 2002 il Papa accetta le sue dimissioni per raggiunti limiti di età. Prima di lasciare,
il cardinal Martini saluta i milanesi con un messaggio che è un
vero testamento per tutti i cittadini della grande diocesi.
“Vi porto tutti nel cuore… A
tutti dico: amatevi gli uni gli altri, così vivrete nella giustizia,
nel perdono e nella pace. Il nostro maggior contributo alla pace in un mondo gravido di conflitti e di minacce di nuovi assur-
di scontri, nascerà da un cuore
che anzitutto vive in se stesso il
perdono e la pace.
Servitevi con amore a vicenda
facendovi prossimi a tutti, perché chi rende il più piccolo servizio al minimo di tutti i fratelli
lo rende non solo al mistero della dignità umana, ma a ciò che la
fonda, cioè al mistero di Gesù”.
“Un uomo di Dio”
Oltre 200mila pellegrini sono
arrivati in piazza Duomo a Milano, formando due lunghe file
ordinate e silenziose per visitare la venerata salma del cardinale, sulla cui bara c’era un grande
vangelo aperto sul capitolo della Resurrezione di Cristo, nella
quale egli aveva sempre creduto,
sperato fermamente e che aveva
annunciato ai sofferenti.
Al funerale c’era una folla infinita, tra cui il cardinal Comaschi che ha letto il messaggio
fatto pervenire dal Papa. “Era
un uomo di Dio; non solo ha studiato la Sacra Scrittura, ma l’ha
amata intensamente, ne ha fatto la luce della sua vita. Non ha
mai rifiutato l’incontro o il dialogo con tutti”.
Tra i presenti c’erano 12 cardinali, 38 vescovi, centinaia di
preti e religiose, seimila fedeli
in cattedrale e ventimila in piazza. Il cardinale Scola, attuale pastore di Milano, di lui ha detto:
“Ha sempre cercato di abbracciare tutto l’uomo e tutti gli uomini;
siamo certi che egli è vivo e continuerà ad accompagnarci!”. ■
PAROLA D’ UOMO E PAROLA DI DIO
card. CARLO M. MARTINI
“Nella parola il nostro essere profondo si manifesta; la nostra libertà sprigiona le sue capacità operative; la nostra umanità va in cerca
dell’umanità degli altri, cerca un contatto con loro, genera consensi,
costruisce comunità umane, interviene sulle cose del mondo.
Vita, speranza, gioia, impegno, operosità, amore, luce di verità sono misteriosamente depositati nel fragile involucro della parola. Ma
la parola umana è anche povera. Quante volte balbetta impotente
dinanzi ai misteri che non riesce a penetrare. Quante volte non sa
comunicare il senso che essa racchiude. Quante volte, anziché rivelare amore di vita, luce di verità e comunione interpersonale, produce
odio, menzogna, discordia. Nella povertà della nostra parola si rivela
la povertà del nostro essere. Noi non siamo totalmente identici con la
vita, la gioia, l’amore, la luce della verità.
Questi beni sono presenti in noi, ma sono anche lontani da noi...
L’intelligenza umana arriva a comprendere che la pienezza della vita,
della verità e dell’amore stanno in Dio. L’uomo allora si scopre come
presenza del Dio assente, come segno di Lui, come espressione in cui
Egli si manifesta, pur essendo l’inesprimibile. L’uomo in questo senso è parola di Dio”.
(citazione da “In principio la Parola”, del 1981)
Una domanda anche per te
Infine, il cardinale rivolge a
ciascuno di noi un domanda che
esige una degna risposta: “Io ho
ancora una domanda per te: che
cosa puoi fare tu per la chiesa?”.
■
Cosa rispondiamo?
Il vangelo aperto sulla bara del cardinal Martini, in Duomo, a Milano
2012 OTTOBRE
DESIO
20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
Cresciuto alla scuola dei giovani
Come nasce e matura la vocazione missionaria
I
l desiderio di diventare
missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse
occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle
elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla
mondialità.
Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari
Tutu, anche lui saveriano, ma di
origine congolese. Non ero più
alle elementari, ma ero ancora
“a scuola”: studiavo teologia nel
seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste.
Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo
popolo.
Ho portato nel cuore quelle
storie, mi sono documentato e
alla fine ho colto la chiamata del
Signore alla vita missionaria in
favore del Congo.
La grande eredità
di padre Favarin
La Provvidenza ha voluto
che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla
missione. Ci sono rimasto fino
a ora e ho imparato molte cose.
Da quasi quattro anni mi trovo
a Douala, la capitale economica
che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata “Jésus le Bon Pasteur”. Sono assieme a p. Paulino Ramírez
e a p. Francesco Zampese.
Il mio formatore era p. Sergio
Favarin che, prima di morire per
tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i
giovani. Ora lo sostituisco e devo
dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte
distrazioni. Infatti, come diceva
un prete di Parma, “con i giovani
bisogna perderci tempo”.
La mia formazione alla vi-
p. CARLO SALVADORI, sx
ta missionaria e all’ordinazione
presbiterale è passata per la scuola dello “stare in mezzo ai giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta
la porta dell’ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come
la visita ai malati, alle prigioni...
La vocazione è un dono
In questi anni di formazione, il
Signore ha messo al mio fianco
tante persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro… Da
ciascuno ho imparato qualcosa.
Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono
con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà
più gioia è il far parte di questo
grande progetto cominciato da
san Guido Conforti: propagare
ovunque l’amore di Cristo. Dopo
l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno
a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai con■
fratelli e ai giovani.
Fede, fiducia e coraggio
Il testamento spirituale del cardinale
I
l “testamento spirituale”
del cardinal Martini emerge
anche dalla sua ultima intervista
rilasciata poco tempo prima della
sua morte (8 agosto 2012) e pubblicata sul “Corriere della sera”
(1° settembre). Lui, padre della
chiesa, l’uomo dell’ascolto e del
dialogo, il discepolo e l’annunciatore instancabile della Parola di
Dio, ha detto parole che in qualcuno forse hanno suscitato “scandalo”, ma che in realtà aiutano a
far riflettere tutti i credenti.
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L’amore vince la stanchezza
“La chiesa - dichiara Martini - è rimasta indietro di 200
anni. Come mai non si scuote?
Abbiamo paura? Paura invece
di coraggio? Comunque, la fede
è il fondamen­to della chiesa: la
fede, la fiducia, il coraggio. Io
sono vecchio e malato e ho bisogno dell’aiuto degli altri. Le
persone buone intorno a me mi
fanno sentire l’amore. Questo
amore è più forte del sentimento
di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della chiesa
in Europa. Solo l’amore vince la
stanchezza. Dio è Amore”.
“La chiesa è stanca, nell’Occidente del benessere. La nostra
cultura è invecchiata, le nostre
chiese sono grandi, le nostre case
religiose sono vuote e l’apparato
burocratico della chiesa lievita,
i nostri riti e i nostri abiti sono
pomposi. Il benessere pesa”.
Tre strumenti per vincere
Come combattere questa stanchezza? Il cardinal Martini individua e consiglia tre strumenti
molto forti.
“Il primo è la conversione: la
chiesa deve riconoscere i propri
errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento,
Carlo Maria Martini: Torino, 15 febbraio 1927 - Gallarate, 31 agosto 2012
a cura di p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
cominciando dal papa e dai vescovi...
Il secondo è la Parola di Dio.
Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di
coloro che aiuteranno il rinnovamento della chiesa... La Parola di Dio è semplice e cerca
come compagno un cuore che
ascolti...
Il terzo strumento di guarigione sono i sacramenti, che non
sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini
nei momenti del cammino e nelle debo­lezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che
hanno bisogno di nuova forza?
Io penso a tutti i divorziati e alle
coppie risposate, alle famiglie
allargate. Questi hanno bisogno
di una protezione speciale!... Se
i genitori si sentono esterni alla
chiesa o non ne sentono il sostegno, la chiesa perderà la generazione futura... Come può la chiesa arrivare in aiuto, con la forza
dei sacramenti, a chi ha situazioni famigliari complesse?”.
Una domanda anche per te
Infine, il cardinale rivolge a
ciascuno di noi un domanda che
esige una degna risposta: “Io ho
ancora una domanda per te: che
cosa puoi fare tu per la chiesa?”.
■
Cosa rispondiamo?
Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato sacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito per il Camerun dov’è missionario
Chi è Carlo Salvadori
Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella
famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato
alla fede fin dalla tenera età. Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario
a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio
in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha
portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni
estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti.
Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad
Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno
è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun, dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato
come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi.
Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia diciamo «pauroso come un
coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena ti vede scappa”.
Comunque sia, auguriamo a p. Carlo il coraggio di donare la vita intera alla missione.
“SONO SBARCATO A DESIO!”
Il saluto del nuovo rettore dei saveriani
Cari amici, vi scrivo solo qualche
riga per comunicarvi che da alcune settimane, dall’inizio di settembre, sono qui nella comunità saveriana di Desio, alla periferia di Milano, avendo lasciato in maniera definitiva quella di Udine. Potete quindi
scrivermi o telefonarmi al mio nuovo indirizzo e telefono: “Missionari
Saveriani, via don Milani, 2 - 20832
Desio (MB); tel. 0362 625035.
Ovviamente, in questo periodo ho
avuto a che fare con valigie e pacchi, per trasferire tutte le mie... masserizie da una casa all’altra e accomodarmi nella nuova comunità. Mi
sono sistemato quasi del tutto, anche se mi sento un po’... spaesato.
Ma con calma mi sto inserendo nella nuova comunità e nelle sue molteplici attività.
Persone nuove e un ambiente completamente sconosciuto mi fanno sentire un po’ come un principiante. Comunque, con l’aiuto del Signore, che certamente non mi mancherà mai, e con la bontà, la comprensione e l’aiuto dei miei confratelli e dei tanti amici e collaboratori che sostengono la nostra attività, spero di potermi inserire con serenità e gioia anche qui a Desio.
Per ora è tutto, ma mi farò vivo più avanti, sperando di avere più
tempo disponibile e più tranquillità, perché il mese di settembre è stato per me pieno di impegni e di viaggi!
Un saluto a tutti con affetto, uniti sempre in Gesù Eucaristia, al quale vi ricordo ogni giorno nella mia celebrazione.
p. Carmelo Boesso, sx
2012 OTTOBRE
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - E-mail: [email protected]
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è arrivato l’ottobre missionario
Un mese che bussa alle nostre porte...
P
otrebbe sembrare strano
che un mese venga a bussare alle nostre porte! Eppure
ottobre lo fa, se siamo e ci sentiamo cristiani autentici. Già,
perché è il mese “missionario”,
nel quale la chiesa ci dona il
tempo e l’occasione per riflettere
sui grandi doni che abbiamo ricevuto da Dio e sulla capacità di
donarli a nostra volta a chiunque
ne abbia bisogno.
Un’occasione molteplice
Bussa alla porta quel Dio che
ci ha creati, perché ci ricordiamo
che Lui è nostro Padre e non ci
fa mancare il necessario essenziale per la nostra vita. Bussa
alle porte della nostra fede, per
domandarci quanto essa conti
nel nostro cammino. Bussa alle
porte delle nostre labbra e della nostra voce per domandarci
quanto siamo capaci di raccontare - senza paura, pudore o vergogna - le opere che Dio ha compiuto. Bussa alla porta del nostro
cuore per chiederci di aprirlo a
Lui che si nasconde nel povero
e nel bisognoso, in colui che ha
fame di pane e in colui che ha
fame di salvezza.
Insomma ottobre bussa e a
noi tocca la scelta se aprirgli
o di lasciarlo fuori ad aspettare l’inverno. Così, anche
quest’anno abbiamo l’occasione di riflettere sul tema della
testimonianza cristiana e della
fede: quest’anno, proprio in
ottobre è prevista l’apertura
ufficiale dell’anno dedicato al
tema della fede.
Convegno
e veglia missionaria
Il tema dell’ottobre missionario 2012 è: “Ho creduto, perciò
ho parlato”! La frase è di Paolo; la testimonianza di fede è di
ogni cristiano. Anche nella diocesi udinese non mancheranno le
proposte per aiutarci a riflettere,
a pregare e magari a cambiare
un po’ il nostro stile di vita.
Mi presento agli amici
Il nuovo rettore dei saveriani di Udine
L’estate 2012, oltre al caldo,
ha portato anche diverse novità
nelle comunità saveriane d’Italia. A Udine, sono arrivati p.
Antonio Guiotto, nuovo rettore
al posto di p. Carmelo Boesso
che si è trasferito a Desio (MB),
e p. Daniele Targa, la cui presentazione per motivi di spazio è
rimandata al prossimo numero.
R
ientrato dalla missione tre
anni fa per problemi di salute, stavo per ripartire quando
una casuale caduta scendendo le
scale mi ha provocato la rottura
del tendine al ginocchio sinistro.
Dopo due interventi chirurgici e
mesi di fisioterapia, la guarigione è apparsa più lunga del previsto per cui i superiori mi hanno
chiesto di rimanere in Italia per
qualche anno, per svolgere un
servizio di ministero e animazione missionaria, prima nella casa
saveriana di San Pietro in Vincoli e ora qui in terra Friulana.
8
Quei safari in Sierra Leone
Sono arrivato nella comunità
saveriana di Udine all’inizio di
settembre. La mia esperienza
missionaria si è svolta in Sierra
Leone nella diocesi di Makeni,
dove ho lavorato per 33 anni
con diversi incarichi e in varie
missioni.
All’inizio pensavo che restare
in Italia volesse dire... perdere
la missione. Poi ho cercato di
vedere tutto con gli occhi della
fede e con grande fiducia nel
Signore. Ma il mio animo corre sempre ai bei ricordi di tante
attività pastorali svolte in Sierra
Leone, dove Dio mi ha chiamato
a svolgere il ministero di missionario, specialmente nei villaggi
più lontani nella zona settentrionale del Paese.
P. Antonio Guiotto, “radioamatore” e
nuovo rettore dei saveriani di Udine, davanti al suo nuovo strumento di lavoro
p. GIUSEPPE MARANO, sx
Si partirà il 6 ottobre pomeriggio (ore 15), con il convegno
missionario diocesano che si terrà
in città presso la parrocchia Gesù
Buon Pastore, in via Riccardo Di
Giusto. L’argomento del convegno è interessante: “Immigrazione e catecumenato nel contesto
della chiesa udinese”.
Non può mancare la veglia
missionaria che si svolgerà in tre
luoghi diversi in tutto il Friuli. In
città l’appuntamento è per giovedì 18 ottobre (ore 20,30) presso la
chiesa di San Giorgio Maggiore,
in via Grazzano, con la presenza
dell’arcivescovo Andrea Bruno.
Gli altri due appuntamenti sono
previsti il 29 ottobre a S. Giorgio
di Nogaro e a Cividale.
Domenica 21 ottobre,
con i saveriani e san Guido
Domenica 21 ottobre celebriamo la giornata missionaria mondiale. Noi saveriani quest’anno
vorremmo viverla proprio in
maniera speciale, nel ricordo
p. ANTONIO GUIOTTO, sx
La prima volta del missionario
“Dove andiamo questa domenica?”, chiedevo un giorno a
Francis, il mio catechista. “Andiamo a Kasankori - rispondeva
- un villaggio dove il missionario
non è mai arrivato e la gente non
ha mai visto l’uomo bianco”. La
domenica partiamo presto e dopo sforzi sovrumani per superare
tanti ostacoli, arriviamo al primo
villaggio di Makamaya.
Appena sbuchiamo fuori dalla foresta, vediamo tanta gente
correrci incontro dai campi attorno fino alle prime capanne
del villaggio. Era la prima volta che vedevano un’automobile
arrivare fin là e un missionario
bianco al volante. Il villaggio
era composto da abitanti di tribù mandingo, tutti musulmani e
illetterati perché nella zona non
c’è scuola.
Da quel villaggio non si poteva più continuare in auto. Bisognava fare la strada a piedi
tra paludi e ripide salite su per
le montagne. Sono circa quattro
ore di marcia per arrivare a Kasankori. Ogni tanto ci fermiamo,
ci sediamo sull’erba e domando
ai miei compagni: “Cosa andiamo a fare in questo villaggio?
Cosa portiamo a questa gente
per farli felici? Non abbiamo
niente con noi, nessun sacco di
riso o di sale, nessuna medicina,
■
pochissimo denaro...”.
(continua nel riquadro)
Nell’ottobre missionario 2012 non mancherà l’occasione per ricordare e tornare
con il pensiero alla canonizzazione del
fondatore dei saveriani mons. Guido
Conforti, avvenuta un anno fa
della canonizzazione del nostro
fondatore san Guido Conforti,
avvenuta un anno fa a Roma. Per
questo motivo abbiamo pensato
di far festa presso la parrocchia
di Gesù Buon Pastore, dove io
collaboro.
Questo è il programma previsto: ore 10,30 - Santa Messa
in stile missionario; ore 12,30 pranzo comunitario condividendo quello che ognuno di voi porterà. Ore 14 circa, un momento di
fraternità con qualche bel canto,
la visione delle fotografie scattate a Roma durante il pellegrinaggio e il racconto / testimonianza
di qualche amico missionario. Vi
aspettiamo numerosi!
Ci sembra importante ricordare che oltre alle iniziative dell’ottobre missionario, resta sempre
valido l’impegno che ognuno di
noi potrà mettere per raccontare
a più persone possibili la bellezza di seguire Gesù e il suo vangelo, nonché di trasformare tutte le occasioni dell’anno per fare
del mondo una sola famiglia. ■
P. Carmelo Boesso ha lasciato
Udine e si è trasferito nella
comunità saveriana di Desio,
alle porte di Milano.
Ringraziamo p. Carmelo per la
sua presenza in questi anni come
rettore, circondato dai parenti e
amici dei missionari friulani.
Gli auguriamo un buon servizio nella nuova comunità, di cui
comunichiamo l’indirizzo:
Missionari Saveriani,
via don Milani 2 - 20832 Desio (MB)
tel. 0362 625035; e-mail:
[email protected]
è GESù IL TESORO PIù BELLO
p. A. GUIOTTO, sx
Nel vedere i miei compagni stupiti e dispiaciuti, dico loro che “andiamo a portare Gesù e il suo vangelo, il tesoro più bello che abbiamo ricevuto”.
Ma per portare Gesù, dobbiamo averlo con noi e tra noi come Lui ci
ha promesso, quando siamo uniti nel suo nome, cioè quando ci amiamo
l’un l’altro come Lui ci ha amato. Dev’essere una presenza visibile sui nostri volti gioiosi e nei modi di comportarci, di salutare, di fare festa...
Arriviamo al villaggio dove la gente ci aspetta con grande gioia.
Segue un’accoglienza esplosiva, con danze, suoni dei tamburi, tante
strette di mano e parole di stima e affetto. Memori delle riflessioni
fatte lungo il cammino, ci facciamo in quattro per salutare tutti con
grandi effusioni di gesti e parole di amicizia e d’amore cristiano.
Dopo la Messa e il pranzo, l’addio non finiva più e per noi è stato molto commovente: un segno che quel Gesù che abbiamo portato
con il nostro amore scambievole è stato in qualche modo recepito e
ha toccato i cuori di molti. “Vieni ancora a trovarci, padre; ti aspettiamo e tante grazie a Kanu Massala”, cioè a Dio, come loro lo chiamano nelle loro preghiere.
Ora a Udine, nel cuore del Friuli, voglio continuare la bella tradizione missionaria di tanti giovani friulani che hanno abbracciato la vita
saveriana per portare Cristo nel mondo e così condividere con tanti
fratelli e sorelle il dono meraviglioso della fede, che il Signore ha fatto alla nostra gente per donarlo ai popoli di tutta la terra.
2012 OTTOBRE
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
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Cristo della Strada e degli emigrati
Al chilometro 56 della 131, fermati e scendi...
P
er dieci anni ho percorso
in auto la superstrada 131
Cagliari - Sassari e viceversa…
Durante i miei spostamenti
ho sempre visto con la coda
dell’occhio la statua bianca del
“Cristo della Strada” che guarda i passanti in marcia, nei pressi del bivio di Sardara al chilometro 56. Un giorno, mi sono
fermato a osservare da vicino la
statua che raffigura Cristo con
le braccia tese in avanti per accogliere i viaggiatori e tutti coloro che si fermano, come dice
la scritta.
Accoglie con le
mani protese
La statua del Cristo Redentore
è stata fatta costruire una decina
d’anni fa da due famiglie di un
paesino della diocesi Ales-Terralba, emigrate in America del
sud, in omaggio alla loro natia
Sardegna, e in ringraziamento
della fortuna trovata in Ameri-
ca. Molto probabilmente fu fatta
costruire sull’idea del Cristo Redentore di Nuoro.
Il vescovo Orrù e il cardinale Pompedda, che benedirono
la statua, durante la cerimonia
vedendo le mani di Gesù protese ad accogliere i viaggiatori
la battezzarono statua del “Cristo della Strada”. Il Signore ci
accolga davvero alla fine del
nostro correre sulle strade del
mondo, e continui a proteggerci
perché non andiamo fuori strada
su qualche arbusto di fichi d’India o di moreschi, come dicono
in Sardegna.
Il dono di due famiglie
Su una targhetta posta sul cancello del monumento del Cristo
Redentore si legge testualmente:
“Il monumento al Cristo Redentore fu eretto in occasione del
Giubileo dell’anno 2000. È un
dono di due famiglie emigrate in
sud America. Opera scultorea del
p. DINO MARCONI, sx
cagliaritano Barbarino Ianucci, è
messa a protezione degli autisti
e dei mezzi della strada che transitano nella SS 131 e in tutte le
strade. I terreni sono dono della
ditta sardarese Roberto e Mario
Marras.
L’inaugurazione avvenne il
30 giugno 2002. La benedizione
fu impartita dal cardinale Mario Francesco Pompedda, dal
vescovo diocesano mons. Antonino Orrù , dall’arcivescovo
di Oristano mons. Piergiuliano
Tiddia e dal vescovo di Nuoro
mons. Pietro Meloni, al clero, ai
religiosi e ai seimila pellegrini
presenti”.
La preghiera del viaggiatore
Da alcuni anni si celebra la
festa dell’emigrato proprio in
ricordo dei benefattori emigrati,
e contemporaneamente si svolge
anche il raduno degli autisti dei
mezzi pesanti. Sull’altra targhetta della colonna del cancello si
Dalla Sardegna al Friuli
Vi ringrazio e saluto con grande affetto
U
n anno dopo l’ordinazione
sacerdotale, avvenuta nel
1990, i superiori mi hanno mandato a Taranto per lavorare nel
campo dell’animazione missionaria e vocazionale. Sono stati
otto anni bellissimi che porterò
sempre nel cuore, per aver ricevuto tanto da caricarmi per spiccare il volo verso il Bangladesh,
all’inizio del 2001. La missione
in Bangladesh ha coronato quel
sogno tanto desiderato sin dagli
inizi del mio cammino; spero di
tornarvi presto.
L’animazione in Sardegna
Nel 2009, in dialogo con i superiori, mi sono reso disponibile per un periodo di servizio in
Italia come animatore missionario. Mi è stato chiesto - e ho
8
accettato con gioia - di lavorare
in Sardegna. In questi ultimi tre
anni, pochi ma intensi di lavoro,
ho spesso raccontato la missione
svolta tra la gente del Bangladesh. Ho macinato chilometri e
chilometri per suscitare l’amore
per la missione, oggi non tanto
facile.
Ringrazio tantissimo la comunità saveriana di Macomer,
nella quale ho vissuto questi anni. Permettete che ricordi i loro
nomi con un senso di gratitudine
profonda: fr. Gino Masseroni, p.
Giuseppe Marzarotto, fr. Vincenzo Asolan, p. Dino Marconi,
p. Virginio Simoncelli, p. Tore
Marongiu e p. Roby Salvadori.
Con loro ho cercato di essere un
fratello e compagno di viaggio.
Come non ricordare (ma non
P. Daniele Targa celebra la Messa con i giovani durante un campo estivo a Macomer
p. DANIELE TARGA, sx
faccio nomi perché sono proprio
tanti) tutti i gruppi di giovani e
adulti, sparsi per l’intera Sardegna, dove ho potuto gustare la
cultura e il folklore sardo, che
per metà mi appartiene (mia madre Emanuela Porcu è sarda!), e
soprattutto l’affetto profondo dei
sardi verso la famiglia saveriana.
Grazie di cuore a tutte e a tutti.
In Friuli, vicino a papà...
Dal mese di agosto sono in
Friuli. Dai superiori ho ricevuto il permesso per stare un po’
più vicino ai miei, soprattutto a
mio padre che non gode ottima
salute. Nella comunità saveriana di Udine altri confratelli mi
hanno accolto con affetto: p.
Mario Cruder, p. Carlo Treppo,
p. Lorenzo Mattiussi, p. Romeo
Brotto e il nuovo superiore p.
Antonio Guiotto. Anche qui mi
impegnerò per l’animazione
missionaria dei giovani e degli
adulti.
A ottobre inizia l’anno della
fede, voluto da papa Benedetto.
Noi missionari crediamo fortemente a ciò che papa Giovanni
Paolo II affermava: “La fede si
rafforza donandola”. Crediamo
anche che la fede “ci spinge ad
essere missionari”.
Rimaniamo uniti nella preghiera, perché l’amore per Cristo ci spinga a creare nel mondo
■
una sola famiglia.
Il Cristo della Strada che protegge automobilisti ed
emigranti sulla statale 131 Cagliari - Sassari, nei pressi
del bivio di Sardara; a destra, p. Dino Marconi che ha lasciato la Sardegna
può leggere la preghiera a Cristo
Signore:
“Signore, che domini il tempo e la vita, e ci guidi verso la
salvezza, rivolgi il tuo sguardo
sul nostro cammino. Proteggi il
continuo frenetico andare di chi,
per lavoro e per diletto, percorre
le strade di questa nostra terra e
posa sul capo di noi tutti, la tua
mano provvidente”.
Simbolo di tutti
i senza terra
I donatori della statua ci ricordano l’emigrazione sarda in
America del sud e in altri continenti, dovuta alla questione
occupazionale italiana del secolo scorso. L’emigrazione era
una scelta quasi obbligata per
i giovani sardi in cerca di una
prospettiva lavorativa e di vita
migliore. L’emigrazione nel secondo dopoguerra, invece, è stata la risposta alla crisi sociale ed
economica, di cui la Sardegna e
l’Italia erano vittime.
La storia dei sardi emigrati è
diventata simbolo della storia di
tutti i senza terra, costretti dalla
vita ad abbandonare il proprio
luogo d’origine per costruirsi un
futuro oltremare o oltreoceano.
Il duro lavoro e i sacrifici per
uscire dalla povertà non hanno
minato l’identità culturale e religiosa dei singoli individui e dei
gruppi, permettendo la nascita di
circoli sardi e la conservazione
dei legami religiosi con la pro■
pria tradizione.
Dalla Romagna saluto la Sardegna
Con questo articolo, chiudo la mia esperienza missionaria
in Sardegna. Ora riprendo a correre sulle strade della Romagna, partendo da Sant’Apollinare in Classe, Ravenna. Nel catino dell’abside risplende la croce gemmata di Gesù Salvatore del
mondo, come dice la scritta latina sottostante, e Signore della
storia con le lettere greche alfa e omega: Cristo è inizio e fine
di ogni cosa.
A tutti gli amici e conoscenti della Sardegna dico: “A si biri
cum salude”; in lingua shawili si direbbe: “Arrivederci in cielo o
in terra”.
p. Dino Marconi, sx
LA DEVOZIONE DEI SARDI
Una famiglia di emigrati di Dorgali
p. D. MARCONI, sx
A Dorgali, nella settecentesca chiesa di santa Caterina d’Alessandria
dove è stata battezzata la santa Gabriella Sagheddu, possiamo vedere
due ancone lignee con ornamenti dorati, una del sec. XVIII e l’altra
del sec. XX. L’altare ligneo con nicchie per statue e un quadro, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, del 1770, in stile barocco spagnolo fatto
costruire da don Giovanni Battista Sagheddu, è stato fatto restaurare
dal dottor Giovanni Ticca nel 1942.
Dalla parte opposta possiamo vedere l’ancona lignea dell’Immacolata, più recente, fatta restaurare da dorgalesi, in ringraziamento per
la provvidenziale fortuna trovata in Venezuela dove erano emigrati.
Sul pavimento marmoreo dell’altare ligneo dell’Immacolata possiamo
leggere “Ad memoriam Dei gloriam, Fabio e Rosina Fancello Ungredda con animo devoto e grato, 1957”.
L’ancona lignea è stata restaurata con bravura da Eugenio Obletter
di Ortisei (BZ) sul modello dei retabli sardi del Settecento. Le nicchie
superiori, di fianco al quadro della Madonna con il Bambino, accolgono le statue di san Cornelio Papa e san Cipriano vescovo; le nicchie
inferiori, di fianco alla statua dell’Immacolata, san Giuseppe e san Fabio, secondo il volere del donatore del restauro, che portava il nome
di Fabio. Quest’ultima ancona lignea dell’altare dell’Immacolata può
essere considerata una significativa opera lignea moderna a carattere
religioso nell’Isola.
Ringrazio la nostra abbonata, l’insegnante Margherita Fancello, che
mi ha confermato la storia di questa famiglia di emigrati di Dorgali, e
al parroco che mi ha dato i nomi dei santi dell’ancona lignea.
2012 OTTOBRE
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
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Cresciuto alla scuola dei giovani
Come nasce e matura la vocazione missionaria
I
l desiderio di diventare
missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse
occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle
elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla
mondialità.
Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari
Tutu, anche lui saveriano, ma di
origine congolese. Non ero più
alle elementari, ma ero ancora
“a scuola”: studiavo teologia nel
seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste.
Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo
popolo.
Ho portato nel cuore quelle
storie, mi sono documentato e
alla fine ho colto la chiamata del
Signore alla vita missionaria in
favore del Congo.
La grande eredità
di padre Favarin
La Provvidenza ha voluto
che, una volta diventato saveriano il 12 settembre del 2007, fossi mandato in Camerun per continuare la mia formazione alla
missione. Ci sono rimasto fino
a ora e ho imparato molte cose.
Da quasi quattro anni mi trovo
a Douala, la capitale economica
che, con i suoi sei milioni di abitanti, è la più grande città del Paese. Vivo in una parrocchia affidata ai saveriani dal 2004, chiamata “Jésus le Bon Pasteur”. Sono assieme a p. Paulino Ramírez
e a p. Francesco Zampese.
Il mio formatore era p. Sergio
Favarin che, prima di morire per
tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i
giovani. Ora lo sostituisco e devo
dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte
distrazioni. Infatti, come diceva
un prete di Parma, “con i giovani
bisogna perderci tempo”.
La mia formazione alla vi-
p. CARLO SALVADORI, sx
ta missionaria e all’ordinazione
presbiterale è passata per la scuola dello “stare in mezzo ai giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta
la porta dell’ufficio, essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come
la visita ai malati, alle prigioni...
La vocazione è un dono
In questi anni di formazione, il
Signore ha messo al mio fianco
tante persone. È con senso di gratitudine che penso a tutti loro… Da
ciascuno ho imparato qualcosa.
Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono
con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi dà
più gioia è il far parte di questo
grande progetto cominciato da
san Guido Conforti: propagare
ovunque l’amore di Cristo. Dopo
l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne torno
a Douala, in Camerun, per continuare il lavoro assieme ai con■
fratelli e ai giovani.
Fede, fiducia e coraggio
Il testamento spirituale del cardinale
I
l “testamento spirituale”
del cardinal Martini emerge
anche dalla sua ultima intervista
rilasciata poco tempo prima della
sua morte (8 agosto 2012) e pubblicata sul “Corriere della sera”
(1° settembre). Lui, padre della
chiesa, l’uomo dell’ascolto e del
dialogo, il discepolo e l’annunciatore instancabile della Parola di
Dio, ha detto parole che in qualcuno forse hanno suscitato “scandalo”, ma che in realtà aiutano a
far riflettere tutti i credenti.
8
L’amore vince la stanchezza
“La chiesa - dichiara Martini - è rimasta indietro di 200
anni. Come mai non si scuote?
Abbiamo paura? Paura invece
di coraggio? Comunque, la fede
è il fondamen­to della chiesa: la
fede, la fiducia, il coraggio. Io
sono vecchio e malato e ho bisogno dell’aiuto degli altri. Le
persone buone intorno a me mi
fanno sentire l’amore. Questo
amore è più forte del sentimento
di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della chiesa
in Europa. Solo l’amore vince la
stanchezza. Dio è Amore”.
“La chiesa è stanca, nell’Occidente del benessere. La nostra
cultura è invecchiata, le nostre
chiese sono grandi, le nostre case
religiose sono vuote e l’apparato
burocratico della chiesa lievita,
i nostri riti e i nostri abiti sono
pomposi. Il benessere pesa”.
Tre strumenti per vincere
Come combattere questa stanchezza? Il cardinal Martini individua e consiglia tre strumenti
molto forti.
“Il primo è la conversione: la
chiesa deve riconoscere i propri
errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento,
Carlo Maria Martini: Torino, 15 febbraio 1927 - Gallarate, 31 agosto 2012
a cura di p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
cominciando dal papa e dai vescovi...
Il secondo è la Parola di Dio.
Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di
coloro che aiuteranno il rinnovamento della chiesa... La Parola di Dio è semplice e cerca
come compagno un cuore che
ascolti...
Il terzo strumento di guarigione sono i sacramenti, che non
sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini
nei momenti del cammino e nelle debo­lezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che
hanno bisogno di nuova forza?
Io penso a tutti i divorziati e alle
coppie risposate, alle famiglie
allargate. Questi hanno bisogno
di una protezione speciale!... Se
i genitori si sentono esterni alla
chiesa o non ne sentono il sostegno, la chiesa perderà la generazione futura... Come può la chiesa arrivare in aiuto, con la forza
dei sacramenti, a chi ha situazioni famigliari complesse?”.
Una domanda anche per te
Infine, il cardinale rivolge a
ciascuno di noi un domanda che
esige una degna risposta: “Io ho
ancora una domanda per te: che
cosa puoi fare tu per la chiesa?”.
■
Cosa rispondiamo?
Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato sacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito per il Camerun dov’è missionario
Chi è Carlo Salvadori
Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella
famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato
alla fede fin dalla tenera età. Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è entrato in seminario
a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro anni. Proprio
in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria che lo ha
portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni
estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti.
Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad
Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno
è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun, dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato
come sacerdote il 16 ottobre per lavorare con i giovani camerunesi.
Alle elementari, da p. Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia diciamo «pauroso come un
coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo, la volpe è paurosa, perché appena ti vede scappa”.
Comunque sia, auguriamo a p. Carlo il coraggio di donare la vita intera alla missione.
OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI
Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione
della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica
di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario
dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il
sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione.
“Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di
impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e
dell’attenzione di tutti i cristiani.
Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria
della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma:
“Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce
nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue
cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum.
Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori…
Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e
organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte
costante di ogni attività ecclesiale...
La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio
della cooperazione mis­sionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”.
La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli
lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di
comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle
comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”.
2012 OTTOBRE
PARMA
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Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502
E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437
Conforti, il medico dei poveri
Addio a Ismaele, pronipote di san Guido
Ringraziamo il sig. Luigi Vignoli, comune amico, per averci
segnalato la testimonianza apparsa sul quotidiano Parmense
il 9 luglio 2012, e che volentieri
mettiamo a disposizione dei nostri lettori e lettrici di “Missionari Saveriani”.
P
ortava il nome del nonno Ismaele, fratello di san
Guido Conforti, ed era figlio del
suo primogenito Rinaldo. Fu
cresimato dallo zio vescovo che
incontrò in più occasioni durante la sua infanzia. Nato nell’agosto del 1919, Ismaele Conforti è
morto a inizio luglio a quasi 93
anni.
Nelle sue testimonianze ricordava quando, a soli 11 anni, visitò mons. Conforti pochi istanti prima che morisse, ma non gli
parlò per non affaticarlo. “Quando tornò dalla Cina - raccontava
- andai a fargli visita in vescovado con la mamma. Ebbi l’impressione che fosse molto stanco. Mi regalò un rosario, raccomandandomi di recitarlo spesso.
Lo conservo tuttora. Nel 1927,
dopo la mia prima comunione,
andai a trovarlo e mi regalò un
cofanetto con dentro un cuore di
madreperla”.
La protezione
nei momenti difficili
Amava dire che la protezione
dello zio santo lo aveva seguito
nei momenti difficili. Ricordava
soprattutto un inedito episodio
quando, sul finire dell’estate del
1944, venne fermato da due militi delle brigate nere e portato al
comando in via Cavestro dove lo
GAZZETTA DI PARMA
perquisirono.
Racconta lui stesso: “Nel portafogli l’ufficiale trovò la foto di monsignor Conforti. Dopo
un attimo di riflessione, mi chiese se, chiamandomi Conforti, ero
per caso un parente del vescovo,
morto già da 13 anni. Gli risposi
che era il fratello del nonno Ismaele. Lui alzò lo sguardo e mi disse
testualmente: «Quello era un santo. Penso che lei sia in regola».
Chiamò il capoposto ordinandogli di mettermi in libertà”.
Nel 1996 fu chiamato a rappresentare la famiglia nella basilica di san Pietro, alla cerimonia di beatificazione di Guido
Conforti. Ma il suo stato di salute non gli consentì di essere presente a Roma, il 23 ottobre scorso, quando papa Benedetto XVI
lo proclamò santo.
Cresciuto alla scuola dei giovani
Come nasce e matura la vocazione missionaria
I
l desiderio di diventare
missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse
occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle
elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla
mondialità.
Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari
Tutu, anche lui saveriano, ma di
origine congolese. Non ero più
alle elementari, ma ero ancora
8
“a scuola”: studiavo teologia nel
seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste.
Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo
popolo.
Ho portato nel cuore quelle
storie, mi sono documentato e
alla fine ho colto la chiamata del
Signore alla vita missionaria in
favore del Congo.
La grande eredità
di padre Favarin
La Provvidenza ha voluto che,
una volta diventato saveriano il
12 settembre del
2007, fossi mandato in Camerun
per continuare la
mia formazione
alla missione. Ci
sono rimasto fino
a ora e ho imparato molte cose.
Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la
capitale economica che, con i
suoi sei milioni
di abitanti, è la
più grande città
del Paese. Vivo
in una parrocchia
affidata ai saveriani dal 2004,
chiamata “Jésus
le Bon Pasteur”.
Sono assieme a
Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato
p. Paulino Ramísacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito
per il Camerun dov’è missionario
rez e a p. France-
p. CARLO SALVADORI, sx
sco Zampese.
Il mio formatore era p. Sergio
Favarin che, prima di morire per
tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i
giovani. Ora lo sostituisco e devo
dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte
distrazioni. Infatti, come diceva
un prete di Parma, “con i giovani
bisogna perderci tempo”.
La mia formazione alla vita missionaria e all’ordinazione presbiterale è passata per la
scuola dello “stare in mezzo ai
giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell’ufficio,
essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati,
alle prigioni...
La vocazione è un dono
In questi anni di formazione, il
Signore ha messo al mio fianco
una lunga fila di persone. È con
senso di gratitudine che penso a
tutti loro… Da ciascuno ho imparato qualcosa.
Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono
con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi
dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato
da san Guido Conforti: propagare ovunque l’amore di Cristo.
Dopo l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne
torno a Douala, in Camerun, per
continuare il lavoro assieme ai
■
confratelli e ai giovani.
Il servizio prezioso all’Enpi
Alunno dei salesiani e del Romagnosi, si laureò in medicina
nel 1944, con una tesi sull’elettroencefalogramma. Ufficiale
medico nel corpo della Sanità
militare, prestò servizio dal 1949
al 1956, ad Ancona, nel Polesine, a Piacenza, nella legione carabinieri di Parma come dirigente del servizio militare di presidio, a Palozza con il corpo degli alpini, dove girò i campi militari della Carnia a bordo della
sua Vespa, di cui era appassionato. Nel 1952 sposò Lia Porta, da cui ebbe due figli, Paolo
e Giovanni.
Congedato, aprì l’ambulatorio medico in città fino al 1965,
quando entrò nell’Enpi (Ente
nazionale prevenzione infortuni), dopo essersi specializzato
fra i primi in Italia in medicina
del lavoro. Affrontò i gravi problemi che dagli anni ’60 iniziarono a emergere nel mondo del
lavoro industriale, approfondendo i temi delle malattie professionali, delle esposizioni agli inquinanti e alle polveri, del ruolo
del medico di fabbrica, dell’igiene sul luogo di lavoro.
Sempre vicino
ai più bisognosi
Chi ha conosciuto il dottor
Ismaele ne ricorda la sua profonda spiritualità e il suo grande spessore umano. Era definito
il “medico dei poveri” perché il
suo studio e la sua casa erano un
continuo via vai di chi non aveva alcun mezzo e che lui curava
Il dottor Ismaele Conforti, pronipote di
san Guido, deceduto a inizio luglio a
Parma all’età di 92 anni
gratuitamente.
Vicino da sempre ai saveriani,
fra i libri lasciati sul suo tavolo
c’era la biografia di fratel Marcello Gemo, un missionario che
ha speso la vita vicino ai malati
e alle famiglie in difficoltà. Pur
uomo di profonda cultura, Ismaele aveva superato la differenza
tra la sapienza e l’ignoranza, tra
il bello e il brutto, tra le differenze o le fazioni.
Aveva colto l’essenza dell’insegnamento cristiano nella carità e nell’amore, in “unità” con
gli altri. E il suo viaggio, oggi,
continua nella rinnovata dimensione testimoniata dalla sua fede.
■
CHI è CARLO SALVADORI
Qualche notizia per conoscerlo meglio
Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato alla fede fin dalla tenera età nella comunità parrocchiale di Santa Maria del
Rosario di via Isola.
Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità
all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è
entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro
anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria
che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti.
Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad
Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno
è partito per un’esperienza formativa in missione, in Camerun (Africa centrale), dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i
suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia
di Boko, nella città di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e
dove è tornato come sacerdote il 16 ottobre per
lavorare con i giovani camerunesi.
Alle elementari, da p.
Domenico Milani Carletto
aveva sentito un proverbio
africano: “In Italia diciamo
«pauroso come un coniglio e furbo come una volpe»; in Africa il coniglio è
un animale furbo, la volpe
è paurosa, perché appena
Padre Salvadori
ti vede scappa”. Comuna Boko, in Cameque sia, auguriamo a p.
run, con Adolphe,
Carlo il coraggio di donare
responsabile della
la vita intera alla missione.
pastorale giovanile
2012 OTTOBRE
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
Non chiamatela... nostalgia
Passeggiando e riflettendo tra i monti
d’estate, come
U ntantigiovedì
altri, parto per andare
in mezzo alla natura. Sono le sei
e mezzo del mattino e comincio
a salire verso le colline attorno al
mio paese, Plello di Borgosesia,
in provincia di Vercelli, dove ho
trascorso qualche giorno di riposo
estivo. All’inizio è faticoso, avendo perso l’abitudine. Poi, pian
piano passando in mezzo al bosco, tutto diventa più semplice.
Le vecchie mulattiere lasciano
vedere i ciottoli calpestati da tante persone prima di me, che utilizzavano quel sentiero per andare a lavorare. Ora non si sente
più niente, tranne qualche canto
di uccello che si sta sgranchendo
le penne per iniziare a volare nel
cielo. Ma basta un po’ di attenzione e si possono ancora sentire
le voci e i profumi di un tempo.
Sappiamo ancora ascoltare?
Provo a immaginarmi le donne
con le gerle, che portavano a casa
il fieno o i prodotti della terra, gli
uomini che andavano a lavorare
per tagliare la legna o i bambini che andavano a scuola in città.
Ora rimangono le chiesette, testimoni di questi passaggi.
Non tutti i sentieri sono stati ripuliti. Si fa un po’ fatica a passare, a causa delle piante cadute per
l’ultimo temporale. Ma c’è qualcosa che parla ancora, quando
passo sui ponticelli di pietra e mi
fermo ad ascoltare le cascatelle
d’acqua che scendono dall’alto.
Verrebbe voglia di fermarsi, di
bere a garganella e di interrogare
quell’acqua per farsi raccontare
le storie di tanti anni fa.
Forse non sappiamo più ascoltare; forse non conosciamo più
p. OLIVIERO FERRO, sx
quella lingua, dimenticata dal
tempo che passa. È un peccato.
Là ci sono le nostre radici, le nostre origini. Da lì siamo nati, da lì
abbiamo preso la forza per crescere, per andare in giro per il mondo. Non possiamo dimenticare. È
come morire un po’ per volta.
Non tradire
l’eredità preziosa
Quando poi incontro una cappella con le scritte in francese, allora mi viene da riflettere
su chi ha pensato di costruirla.
E mi vengono in mente persone
che hanno lasciato la loro terra,
da giovani, per andare a cercare lavoro all’estero. E mi viene
spontaneo pensare a quelli che
oggi faticano ad accettare chi è
diverso, lo straniero, che viene
da noi in cerca di fortuna.
Cresciuto alla scuola dei giovani
Come nasce e matura la vocazione missionaria
I
l desiderio di diventare
missionario è cominciato alcuni anni fa. Essendo originario di Parma ho avuto diverse
occasioni di incontrare i saveriani fin dall’infanzia. Ricordo alle
elementari una lezione sull’Africa tenuta da p. Domenico Milani, missionario in Congo e direttore del centro educazione alla
mondialità.
Sicuramente l’incontro decisivo per la mia vocazione è stato quello con p. Paulin Shadari
Tutu, anche lui saveriano, ma di
origine congolese. Non ero più
alle elementari, ma ero ancora
8
“a scuola”: studiavo teologia nel
seminario di Parma. Il racconto di p. Paulin era grave e triste.
Mi parlava della guerra nella regione dei Grandi Laghi e in particolare della situazione del suo
popolo.
Ho portato nel cuore quelle
storie, mi sono documentato e
alla fine ho colto la chiamata del
Signore alla vita missionaria in
favore del Congo.
La grande eredità
di padre Favarin
La Provvidenza ha voluto che,
una volta diventato saveriano il
12 settembre del
2007, fossi mandato in Camerun
per continuare la
mia formazione
alla missione. Ci
sono rimasto fino
a ora e ho imparato molte cose.
Da quasi quattro anni mi trovo a Douala, la
capitale economica che, con i
suoi sei milioni
di abitanti, è la
più grande città
del Paese. Vivo
in una parrocchia
affidata ai saveriani dal 2004,
chiamata “Jésus
le Bon Pasteur”.
Sono assieme a
Carlo Maria Salvadori, saveriano di Parma, è stato ordinato
p. Paulino Ramísacerdote il 22 settembre; il 16 ottobre è ripartito
per il Camerun dov’è missionario
rez e a p. France-
p. CARLO SALVADORI, sx
sco Zampese.
Il mio formatore era p. Sergio
Favarin che, prima di morire per
tumore il 12 giugno, mi ha insegnato la devozione assoluta per i
giovani. Ora lo sostituisco e devo
dire che è un lavoro molto impegnativo, che non permette molte
distrazioni. Infatti, come diceva
un prete di Parma, “con i giovani
bisogna perderci tempo”.
La mia formazione alla vita missionaria e all’ordinazione presbiterale è passata per la
scuola dello “stare in mezzo ai
giovani”. Ecco la grande eredità di padre Sergio: tenere sempre aperta la porta dell’ufficio,
essere pronto al dialogo, proporre esperienze nuove e appassionanti, come la visita ai malati,
alle prigioni...
La vocazione è un dono
In questi anni di formazione, il
Signore ha messo al mio fianco
una lunga fila di persone. È con
senso di gratitudine che penso a
tutti loro… Da ciascuno ho imparato qualcosa.
Oggi sono contento. Il Signore non poteva essere più buono
con me, dandomi questa vocazione missionaria. Ciò che mi
dà più gioia è il far parte di questo grande progetto cominciato
da san Guido Conforti: propagare ovunque l’amore di Cristo.
Dopo l’ordinazione sacerdotale (Parma, 22 settembre), me ne
torno a Douala, in Camerun, per
continuare il lavoro assieme ai
■
confratelli e ai giovani.
Basta una passeggiata tra i boschi per tornare a riscoprire valori ancora presenti,
ma che sembrano sopiti
I nostri antenati sono andati a
soffrire e a gioire in tanti paesi
e ci hanno lasciato un’eredità di
apertura al mondo. E noi come
la stiamo utilizzando? Sentendo diversi discorsi in questi ultimi anni, viene solo da pensare
che la loro è stata fatica sprecata, che i loro pronipoti hanno dimenticato tutto, presi come sono
dall’interesse immediato.
I grandi valori di allora
La strada continua in mezzo al verde. Qualche casa in rovina ricorda chi l’ha costruita e
ora non c’è più. Un’altra cappella e una croce ci ricordano ancora che per loro - la nostra gente! - era importante mettere Dio
nella propria vita. Era una cosa
normale.
E quando si incontravano, salendo e scendendo verso il paese più grande, si salutavano con
il saluto tipico della valle: “Legru! Allegro!”. Cioè sta’ contento, fatti coraggio, non sei solo.
Siamo in tanti e insieme ce la faremo a uscire dalle difficoltà. La
solidarietà concreta, vissuta nella fatica di ogni giorno, diventava gioia semplice e profonda nei
momenti di festa, in cui ognuno
portava qualcosa per rendere felice la comunità.
Qualcuno potrebbe dire che è
nostalgia di un tempo passato e
che non torna più. Non credo proprio. I valori importanti non sono
spariti, sono incisi nel nostro dna,
nella nostra vita. Anche se non ci
pensiamo, anche se non ce ne accorgiamo, essi sono ancora presenti in noi. Basta una passeggiata sulle antiche strade e subito tornano a galla. Non ci vuole molto: basta un pizzico di attenzione
e tutto, se lo vogliamo, può cam■
biare. Ne sono sicuro.
CHI è CARLO SALVADORI
Qualche notizia per conoscerlo meglio
Carlo Maria, questo il nome completo, è quinto di sei figli nella famiglia Salvadori. I genitori, Teresa e Claudio, l’hanno educato alla fede fin dalla tenera età nella comunità parrocchiale di Santa Maria del
Rosario di via Isola.
Dopo aver frequentato elementari e medie, ha ottenuto la maturità
all’istituto per geometri “Camillo Rondani” nel 1999. Lo stesso anno è
entrato in seminario a Parma, dove si è formato e ha studiato quattro
anni. Proprio in questo tempo, ha maturato la vocazione missionaria
che lo ha portato nel 2003 ad entrare nell’istituto saveriano per le missioni estere, fondato dal santo vescovo parmense Guido Conforti.
Ha vissuto la formazione religiosa di base prima a Desio, poi ad Ancona per un periodo di quattro anni. Dopo il noviziato ha emesso la professione dei voti religiosi nel luglio del 2007. Lo stesso anno è partito
per un’esperienza formativa in missione, in Camerun (Africa centrale),
dove ha completato il suo ciclo formativo. Ha vissuto i suoi ultimi quattro anni di esperienza missionaria nella parrocchia di Boko, nella città
di Douala, dove ha svolto il servizio di diacono e dove è tornato come
sacerdote il 16 ottobre per
lavorare con i giovani camerunesi.
Alle elementari, da p.
Domenico Milani Carletto aveva sentito un proverbio africano: “In Italia
diciamo «pauroso come
un coniglio e furbo come
una volpe»; in Africa il coniglio è un animale furbo,
la volpe è paurosa, perché
appena ti vede scappa”.
Padre Salvadori
Comunque sia, auguriaa Boko, in Camemo a p. Carlo il coraggio
run, con Adolphe,
di donare la vita intera alresponsabile della
la missione.
pastorale giovanile
2012 OTTOBRE
PIEMONTE
e liguria
20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2
Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200
Non chiamatela... nostalgia
Passeggiando e riflettendo tra i monti
d’estate, come
U ntantigiovedì
altri, parto per anda-
re in mezzo alla natura. Sono le
sei e mezzo del mattino e comincio a salire verso le colline attorno al mio paese, Plello di Borgosesia, in provincia di Vercelli,
dove ho trascorso qualche giorno di riposo estivo. All’inizio è
faticoso, avendo perso l’abitudine. Poi, pian piano passando in
mezzo al bosco, tutto diventa più
semplice.
Le vecchie mulattiere lasciano vedere i ciottoli calpestati
da tante persone prima di me,
che utilizzavano quel sentiero
per andare a lavorare. Ora non
si sente più niente, tranne qualche canto di uccello che si sta
sgranchendo le penne per iniziare a volare nel cielo. Ma basta
un po’ di attenzione e si possono ancora sentire le voci e i profumi di un tempo.
Sappiamo ancora ascoltare?
Provo a immaginarmi le don-
ne con le gerle, che portavano
a casa il fieno o i prodotti della terra, gli uomini che andavano a lavorare per tagliare la legna o i bambini che andavano a
scuola in città. Ora rimangono
le chiesette, testimoni di questi
passaggi.
Non tutti i sentieri sono stati
ripuliti. Si fa un po’ fatica a passare, a causa delle piante cadute
per l’ultimo temporale. Ma c’è
qualcosa che parla ancora, quando passo sui ponticelli di pietra
e mi fermo ad ascoltare le cascatelle d’acqua che scendono
dall’alto. Verrebbe voglia di fermarsi, di bere a garganella e di
interrogare quell’acqua per farsi raccontare le storie di tanti anni fa.
Forse non sappiamo più ascoltare; forse non conosciamo più
quella lingua, dimenticata dal
tempo che passa. È un peccato. Là ci sono le nostre radici, le
nostre origini. Da lì siamo nati,
da lì abbiamo preso la forza per
p. OLIVIERO FERRO, sx
crescere, per andare in giro per
il mondo. Non possiamo dimenticare. È come morire un po’ per
volta.
Non tradire
l’eredità preziosa
Quando poi incontro una cappella con le scritte in francese, allora mi viene da riflettere
su chi ha pensato di costruirla.
E mi vengono in mente persone
che hanno lasciato la loro terra,
da giovani, per andare a cercare lavoro all’estero. E mi viene
spontaneo pensare a quelli che
oggi faticano ad accettare chi è
diverso, lo straniero, che viene
da noi in cerca di fortuna.
I nostri antenati sono andati a
soffrire e a gioire in tanti paesi
e ci hanno lasciato un’eredità di
apertura al mondo. E noi come
la stiamo utilizzando? Sentendo diversi discorsi in questi ultimi anni, viene solo da pensare
che la loro è stata fatica sprecata, che i loro pronipoti hanno di-
MISSIONE E PREGHIERA / 28
Un’anima cristiana per l’umanità
Vivere con responsabilità l’anno della fede
P
er commemorare il 50°
dell’inizio del concilio
Vaticano II e insieme il 20° della pubblicazione del Catechismo
della chiesa cattolica, il Papa ha
indetto un anno della fede. Suo
scopo è “richiamare la bellezza e
la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla, in prospettiva… della nuova
evangelizzazione”, nella consapevolezza che un rinnovamento
della società e della stessa chiesa
passa attraverso la testimonianza
di vita dei singoli credenti.
8
Mettiamoci in… ascolto
Per trarre profitto spirituale da
questo tempo di grazia che ci è
offerto e dare slancio di fede
e di speranza alla nostra esistenza, dobbiamo innanzitutto viverlo con un forte senso
di responsabilità, ossia viverlo non solo per noi, per la
nostra crescita spirituale, ma
anche per gli altri, in vista di
una nuova cultura della vita.
Considerando la situazione
attuale del mondo intero,
emerge infatti l’urgenza di
ridare un’anima cristiana
all’umanità.
Tale rinnovamento deve
partire dal nostro cuore: in-
fatti, l’anno della fede “è un invito a un’autentica e rinnovata
conversione al Signore, unico
Salvatore del mondo”.
Alla base della conversione
ci deve essere un atteggiamento
di ascolto. Il cristiano è essenzialmente un uomo “in ascolto
di Dio”, della sua Parola, della voce dello Spirito che in lui
prega, gli rivela la volontà di
Dio, lo guida alla verità tutta
intera e lo sospinge a scelte di
autentico amore. L’ascolto fa
del cristiano un uomo di fede
obbediente, un uomo di silenzio
accogliente, un uomo in continua ricerca di Dio, per servirlo,
amarlo, adorarlo, mettendolo al
dalla porta del Paradiso, Firenze - creazione di Adamo ed Eva
M. ANNA MARIA CàNOPI, osb
[email protected]
primo posto nella propria vita.
Non c’è fede senza carità
Il cristiano, intenzionato a vivere il suo battesimo nella società, non può aspettarsi un cammino facile. Talvolta accade che un
cammino spirituale iniziato con
impegno ed entusiasmo si rallenti nella palude della mediocrità
o addirittura cada negli anfratti
della contro-testimonianza. Le
cause possono essere varie e non
facilmente individuabili, essendo ogni uomo un mistero. Ma è
indispensabile fare una diagnosi
sul rapporto tra la fede e la carità. La più insidiosa eresia della
vita cristiana è sempre stata e rimane proprio la separazione
tra la fede e la carità, vale a
dire tra le idee e la vita.
Anche l’apostolo Paolo
ha proclamato con forza che
nulla vale senza la carità. Infatti, tutto il resto l’uomo lo
può fare in vista di se stesso,
ma se ama veramente, deve
uscire da se stesso; deve dare se stesso in offerta a Dio e
ai fratelli. È una scelta di fede che accetta la morte per la
vita: una vita sovrabbondante; una vita risorta e irradian■
te luce e pace.
Basta una passeggiata tra i boschi per tornare a riscoprire valori ancora presenti,
ma che sembrano sopiti
menticato tutto, presi come sono
dall’interesse immediato.
I grandi valori di allora
La strada continua in mezzo al verde. Qualche casa in rovina ricorda chi l’ha costruita e
ora non c’è più. Un’altra cappella e una croce ci ricordano ancora che per loro - la nostra gente! - era importante mettere Dio
nella propria vita. Era una cosa
normale.
E quando si incontravano, salendo e scendendo verso il paese più grande, si salutavano con
il saluto tipico della valle: “Legru! Allegro!”. Cioè sta’ contento, fatti coraggio, non sei solo.
Siamo in tanti e insieme ce la faremo a uscire dalle difficoltà. La
solidarietà concreta, vissuta nella fatica di ogni giorno, diventava gioia semplice e profonda nei
momenti di festa, in cui ognuno
portava qualcosa per rendere felice la comunità.
Qualcuno potrebbe dire che
è nostalgia di un tempo passato
e che non torna più. Non credo
proprio. I valori importanti non
sono spariti, sono incisi nel nostro dna, nella nostra vita. Anche se non ci pensiamo, anche se
non ce ne accorgiamo, essi sono
ancora presenti in noi. Basta una
passeggiata sulle antiche strade
e subito tornano a galla. Non ci
vuole molto: basta un pizzico di
attenzione e tutto, se lo vogliamo, può cambiare. Ne sono sicuro.
■
OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI
Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione
della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica
di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario
dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il
sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione.
“Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di
impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e
dell’attenzione di tutti i cristiani.
Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria
della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma:
“Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce
nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue
cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum.
Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori…
Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e
organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte
costante di ogni attività ecclesiale...
La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio
della cooperazione mis­sionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”.
La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli
lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di
comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle
comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”.
2012 OTTOBRE
PUGLIA
74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
Ottobre missionario per tutti
Indicazione utili per la riflessione e l’azione
mese missionario,
O ttobre,
trova il suo culmine nella
celebrazione della giornata missionaria mondiale (domenica
21). Quest’anno si carica di un significato speciale, almeno per tre
circostanze: il 50° anniversario
dell’inizio del concilio Vaticano
II, l’apertura dell’anno della fede
e il sinodo dei vescovi sul tema
della nuova evangelizzazione.
“Questi eventi concorrono a
riaffermare la volontà della chiesa di impegnarsi con maggiore
coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo
giunga fino agli estremi confini
della terra” (Messaggio 2012).
La missione quindi è al centro
della vita della chiesa e dell’attenzione di tutti i cristiani.
L’orizzonte di ogni attività
Il concilio Vaticano II ha dato
nuovo slancio all’azione missionaria della chiesa: un impegno
che tutti i papi hanno richiamato
costantemente. Nel messaggio
per la giornata missionaria di
quest’anno, papa Benedetto ci
offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per
l’azione. Parlando dell’attività
missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma:
“Per un vescovo, il mandato
di predicare il vangelo non si
esaurisce nell’attenzione verso
la porzione del popolo di Dio affidata alle sue cure pastorali né
nell’invio di qualche sacerdote,
laico o fidei donum. Esso deve
coinvolgere tutta l’attività della
chiesa, tutti i suoi settori… Ciò
richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a
questa dimensione fondamentale
dell’essere chiesa. Anche oggi la
missione ad gentes deve essere
l’orizzonte costante di ogni attività ecclesiale…”.
La gioia di credere
Il papa insiste affermando che
“la celebrazione dell’anno della
fede e del sinodo dei vescovi
sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un
rilancio della cooperazione mis­
p. PIERO PIEROBON, sx
sionaria, soprattutto riguardo la
partecipazione diretta all’evangelizzazione”. La missione non
è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la
missione è il termometro di una
chiesa adulta.
Perciò egli lancia un forte
invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una
nuova evangelizzazione delle
comunità e dei paesi di antica
tradizione cristiana, che stanno
perdendo il riferimento a Dio, in
modo da riscoprire la gioia del
credere”.
discepoli e che deve essere impegno dell’intero popolo di Dio,
cioè di tutti i battezzati”.
2. D’altra parte è cambiata la
direzione della missione: una
volta la missione partiva principalmente dalle chiese del nord
verso il sud del mondo; ora da
tutte le chiese ci si dirige verso
le altre chiese e verso quei territori dove non è ancora stato
annunciato il vangelo di Gesù.
“Da ogni parte del mondo, tanti
sacerdoti, religiosi e laici, e addirittura intere famiglie lasciano
i propri paesi, le proprie comunità locali e si recano presso altre
chiese per testimoniare e annunciare il nome di Cristo”.
3. La missione richiede alle
chiese, alle comunità cristiane e
ai credenti nuovi stili di vita: un
nuovo modo di vivere la fede.
L’anno della fede ci aiuterà anche in questo. E se Giovanni Paolo II diceva che “la fede si accresce donandola”, l’anno della
fede sarà certamente un’occasione favorevole per il rilancio della missione.
■
Alla festa dei famigliari
di maggio, p. Vitus
Rubianto ha
raccontato la sua
esperienza missionaria
partendo proprio
dal mappamondo.
Non è un optional!
Tutto questo ci aiuta a comprendere in quale misura e in che
direzione è maturata la comprensione della missione della chiesa
in questi ultimi 50 anni.
1. Da una parte si è allargato
il numero degli attori e protagonisti della missione: “non meraviglia che il concilio Vaticano II
insista sul mandato missionario
che Cristo ha affidato ai suoi
P. Piero Pierobon con
il saveriano indonesiano p. Vitus Rubianto,
ospite della festa dei
famigliari 2012, e
Teodoro Frattasio,
ingegnere 80enne
amico dei saveriani
che ha girato il mondo.
Nuovi orizzonti della missione
Con i famigliari dei missionari pugliesi
L
a fede e la missione ci
rendono tutti protagonisti,
nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle parrocchie e
nelle chiese locali.
Con noi missionari, i primi a
essere coinvolti nella missione,
sono i nostri famigliari che, con
la loro testimonianza, costitui-
scono una rete di fraternità e di
sostegno.
La famiglia dei missionari
saveriani è composta di confratelli originari dei quattro continenti, tutti impegnati nella stessa missione che, per noi saveriani, consiste nel “primo annuncio”. Ospite della festa dei
p. P. PIEROBON, sx
famigliari a Taranto, lo scorso
maggio, è stato il saveriano indonesiano p. Vitus Rubianto,
che ha concluso con il dottorato
la sua specializzazione biblica a
Roma. Ci ha aiutato a riflettere
“sui nuovi orizzonti della missione, vista dal sud del mondo”.
■
Padre Vitus,
“incoronato” d’alloro,
durante la Messa
per la festa
dei famigliari 2012.
Il professor Rubianto “sale
in cattedra” e i famigliari
dei saveriani pugliesi lo
ascoltano attentamente.
8
SAVERIANO VA, SAVERIANO VIENE
La missione, concretamente, è anche partenza
e arrivo, disponibilità ad
assumere servizi diversi
secondo i tempi e le necessità.
In questo mese salutiamo p. Carlo Primosig che
si trasferisce al nord, nella
comunità saveriana di Vicenza, in aiuto ai confratelli anziani e malati.
Diamo il benvenuto a
p. Claudio Mantovani,
emiliano di origine e missionario in Bangladesh,
che ha raggiunto la nostra comunità agli inizi
di settembre. Nei prossimi mesi avremo modo di
conoscerlo meglio. Anche
perché è un grande “giocoliere” e sa intrattenere grandi e piccini con le
sue... magie!
Nella foto, al suo arrivo
alla stazione di Taranto.
2012 OTTOBRE
REGGIO
CALABRIA
89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891
Missionari saveriani a Gallico
E il recital sulla vita di p. Aurelio Cannizzaro
S
an Guido Conforti pensò i
suoi missionari come persone tanto innamorate di Dio da
essere pronte a lasciare tutto famiglia, paese, tradizioni - per
andare nel mondo ad annunciare il vangelo ai popoli che non
lo conoscono. Egli aveva preso dal vangelo un ideale: “fare
del mondo una sola famiglia”.
I missionari devono dire a tutti che Dio è Padre e ama tutti i
suoi figli.
Perché i saveriani a Gallico?
Padre Aurelio Cannizzaro,
missionario saveriano originario di Reggio Calabria, dopo essere stato missionario in Cina e
in Indonesia, tornò in Italia malato, ma sempre entusiasta della missione. Dopo le cure mediche, scrisse “Con i primitivi delle Mentawai”, libro di memorie della sua attività missionaria
nelle isole Mentawai dell’Indonesia. Nella sua attività di animazione missionaria visitò molte scuole e tutti i seminari dioce-
sani d’Italia e il libro divenne un
bestseller.
Approdò a Reggio Calabria
nel 1967 e dal vescovo ebbe l’incarico di curare il santuario Madonna della Grazia. Ma p. Aurelio non era un sedentario, aveva
sempre a cuore le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo,
predicate il mio vangelo a tutte le nazioni”. Pensava: io fisicamente non sto bene, non posso andare in tutto il mondo; allora bisogna che il mondo venga
a me perché io possa annunciare
il vangelo.
Il “Parco della mondialità”
Nacque così il progetto “Parco della mondialità”. Nel giro di
poco più che vent’anni, dal greto del torrente che fiancheggia il
santuario è nata una realtà che
ancora oggi tutti ammirano.
L’idea base è chiara: “fare del
mondo una sola famiglia”. Occorre un luogo ideale dove popoli, civiltà e religioni possano
sedersi insieme, dialogare e go-
p. ERCOLE MARCELLI, sx
dere dei tesori che Dio ha dato
all’umanità. In concreto, il teatro
greco con i bei gradoni. Qui, idealmente seduti, ci sono l’islam,
l’Africa, il popolo ebreo; ci sono
le antiche civiltà simboleggiate
dalla piramide egiziana, c’è la
muraglia cinese e la grande pagoda, simbolo di tutte le civiltà
e religioni orientali.
Al centro di tutto c’è la nascita
del Messia, con il nucleo del suo
vangelo: la via crucis, la morte, la risurrezione, l’ascensione al cielo e l’invio delle Spirito Santo nella Pentecoste. L’ideale è grande e p. Aurelio lo ha
saputo trasmettere con entusiasmo al popolo di Gallico e della Calabria.
Uno spettacolo da applausi
Bene ha fatto il signor Oreste
Arconte a sintetizzare in un riuscito recital l’intensa vita di p.
Aurelio. Usando le testimonianze scritte dei saveriani che sono
vissuti con p. Aurelio, Arconte ha percorso i brevi anni del-
Immagini di una bella serata...
Il recital su p. Cannizzaro al Parco della Mondialità
Un bel primo piano di Nino
Pavone e Catya Crocè del gruppo
“Edipos”, durante il recital
dedicato a p. Aurelio Cannizzaro
che ha impreziosito l’estate
del Parco della mondialità.
Sopra, i lettori protagonisti
dello spettacolo (Claudia Femia,
Pina Sofia, Carmelo Polito, Ernesto
Branca, Loredana Brianti e Mimma
Fiumanò) allestito dal regista
Oreste Arconte.
8
A sinistra, il gruppo “Edipos”
e uno scorcio di pubblico
sulle tribune dell’anfiteatro.
Un momento del recital sulla vita di p. Aurelio Cannizzaro
messo in scena da Oreste Arconte in collaborazione con il gruppo Edipos,
al “teatro” nel parco della mondialità di Gallico
la missione in Cina sottolineandone l’entusiasmo apostolico, la
sofferenza nei giorni delle provocazioni e poi la cacciata dalla Cina da parte del regime comunista.
Padre Aurelio approda poi
in Indonesia, nella grande isola di Sumatra. Nella città di Padang c’è il centro della missione dei saveriani; al largo di Sumatra ci sono le isole Mentaway.
Nessun missionario cattolico era
mai sbarcato su quelle isole. Il
vescovo chiede a p. Aurelio di
provare ad aprire là una missione cattolica. Egli non solo accetta, ma ne è entusiasta.
Arconte nel suo recital ha
drammatizzato bene questa straordinaria avventura missionaria.
Lo sbarco avventuroso sulle isole Mentaway, il primo impatto
con gli abitanti, il lavoro di evangelizzazione sono proclamati da
lettrici e lettori che creano vere
emozioni. Il gruppo Edipos, con
canti originali, colora perfettamente la scena. Il tutto fa risaltare la figura autenticamente missionaria di p. Aurelio Cannizzaro, sempre felice per avere una
missione da compiere.
A conclusione del recital, un
documentario audiovisivo trasmette il discorso che p. Aurelio
ha pronunciato in occasione del
ventesimo anniversario della sua
presenza a Gallico: un autentico
pezzo da archivio. Le parole vibranti di p. Aurelio strappano
l’applauso della platea.
■
“VINSI PERCHé SENZ’ARMI”
Il recital su p. Cannizzaro è piaciuto così tanto che ci sembra doveroso riportare qui un altro commento.
È un nuovo successo di pubblico lo spettacolo “Vinsi perIl recital di Oreché senz’armi”, già presentaste Arconte su
p. Aurelio Canto al parco della mondialità.
nizzaro, è stato
L’opera è stata riproposta al
riproposto a San
chiostro di San Giorgio al CorGiorgio al Corso:
so per iniziativa dell’Anassiun successo!
laos e di Nuovo Giangurgolo. “È significativo ricordare
la figura del sacerdote e missionario saveriano, la vocazione, i viaggi in Cina e nelle isole Mentaway, la realizzazione
del parco a Gallico, un’oasi di
bellezza e di forte spiritualità
tra le religioni”.
Ha introdotto Stefano Iorfida, presidente dell’Anassilaos. Per questo il tema
della serata è “Vinsi perché
senz’armi”. Cina, Mentaway, Gallico: la vita e l’opera di p. Aurelio
Cannizzaro, uomo di carità e di pace, uomo di Dio. Il sacerdote è deceduto il 26 marzo 1992 a Gallico e la sua salma riposa nel santuario
della Madonna della Grazia.
Ha spiegato Oreste Arconte, che ha sceneggiato il recital in occasione dei vent’anni dalla morte. “La sua aspirazione era diffondere la Parola di Dio, fare di tutto il mondo una sola famiglia. Io voglio ricordare così questo grande uomo che deve essere riscoperto e valorizzato.
Il mio testo si suddivide in tre parti: per le Mentaway mi sono ispirato
all’autobiografia di p. Cannizzaro Con i primitivi delle Mentaway; per
la Cina invece ho considerato il libro dei saveriani La vita di p. Aurelio”; per Gallico ho portato la mia testimonianza diretta”.
Più che uno spettacolo si è trattato di una lettura a più voci, intercalata da canzoni e musiche di Nino Pavone. Il montaggio video era
a cura di Pino Villa.
2012 OTTOBRE
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000
Dalla Colombia al Congo, in missione
Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 1
è
a cura di p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx
passato nella nostra comunità di Roma il saveriano afro-colombiano p. Gerardo Pretel Ortíz. Questa intervista
ci permette di sapere qualcosa di
lui e della sua vita missionaria
nel cuore dell’Africa. È molto
interessante!
zione per aspiranti missionari.
Perciò ho passato alcuni primi
anni nel seminario diocesano di
Bonaventura. Nella città di Cali
avevo anche frequentato un corso per essere giornalista. Ho continuato in seminario fino al 1995,
quando sono diventato diacono.
di Shabunda, Kitutu e Ngenhe... L’estensione territoriale di
ciascuna di queste parrocchie è
enorme. Shabunda, ad esempio,
è una parrocchia con almeno 100
comunità, in altrettanti villaggi
distanti tra i 5 e i 15 chilometri
l’uno dall’altro.
Parlaci di te...
Sono nato nel 1965 a Bonaventura, in Colombia. Ringrazio
Dio per essere nato in una famiglia cristiana. Dai genitori sono
stato educato in un ambiente di
fede. La nostra casa è a soli 100
metri dalla chiesa del “Sagrado
Coraçon de Jesus”. I saveriani,
appena arrivati in Colombia nel
1975, sono venuti proprio nella
mia parrocchia. Da piccolo li
frequentavo spesso; ero anche
chierichetto. Questo contatto
è certamente stato all’origine
della mia vocazione missionaria, che si è manifestata dopo la
cresima.
Poi con i saveriani…
Sono entrato con gioia tra i
saveriani, vivendo con loro per
due anni a Cali e a Bogotà; poi
ho fatto il noviziato in Messico,
dove ho conseguito anche una
licenza in teologia biblica. Mi
sono trovato subito molto bene,
accolto come fratello fra fratelli.
Nel 2002, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, sono andato a
Parigi per prepararmi alla missione in Congo, dove mi trovo
da nove anni.
Visitate le comunità?
Noi missionari visitiamo tutte
le comunità ecclesiali, rimanendoci almeno due giorni: lavoriamo, preghiamo, mangiamo e
dormiamo con la gente del posto. Insieme ai responsabili stiliamo il programma delle varie
attività e i vari compiti come,
per esempio, la costruzione delle chiesette, che sono ancora di
paglia, e la preparazione ai sacramenti. Rimanendo parecchio
tempo con loro, possiamo “tastare il polso” della situazione di
ogni comunità.
Cosa facevi allora?
I saveriani non avevano ancora aperto una comunità di forma-
Come vivi la missione?
La missione è stata ed è per
me un momento di grazia: mi ha
permesso di condividere il vangelo con la gente e con i giovani
in particolare. L’ho sperimentato
in tanti safari, nelle tre missioni
Ci sono strade percorribili?
Non ci sono strade che collegano i paesi; ci sono solo
sentieri che la gente percorre a
piedi. Dal centro della missione
Il forte desiderio di vivere la fede
Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 2
C
ontinuiamo con l’intervista a p. Gerardo Pretel,
missionario in Congo.
Come sono i rapporti
con i musulmani?
La maggior parte della popolazione della zona è musulmana.
I cristiani sono solo il 10%, e noi
cerchiamo di appoggiare il loro
cammino di fede. Oltre a questo,
li invitiamo a praticare con i musulmani il dialogo di vita: quello
che avviene tutti i giorni, in ogni
realtà della vita quotidiana. C’è
un buon rapporto, sono rispettosi e si collabora bene con loro.
Spesso invitano noi missionari e
i cristiani a partecipare alle loro
feste. Abbiamo un buon rapporto
anche con i pastori delle chiese
protestanti.
8
I cristiani come vivono
la fede?
I laici delle nostre comunità,
animati dal vangelo, si impegnano non solo nella chiesa, nella
catechesi, nella liturgia, ma anche nel campo sociale, affinché
ci sia più vita e dignità per tutti.
Per esempio, riparano strade e
ponti, tagliano l’erba nei luoghi
pubblici, fanno la manutenzione
delle scuole. In qualche missione
c’è anche un centro che soccorre
i più poveri che non sanno come
vivere. Aiutiamo bambini e giovani a studiare, pagando le loro
rette mensili, affinché frequentino la scuola primaria e le medie.
Possiamo offrire questo aiuto,
così prezioso per il futuro di
queste persone, grazie alla generosità di tanti benefattori, soprat-
Un bel primo piano di p. Pretel,
missionario tra la gente
del Kivu, in Congo
Il saveriano colombiano p. Gerardo Pretel, in basso a destra,
con una famiglia nella missione congolese di Shabunda
alle singole comunità anche noi
missionari andiamo a piedi, o in
bici, in moto o, dove si può con
la jeep. Non essendoci strade, il
materiale di costruzione deve essere trasportato con l’aereo. Da
Bukavu alla nostra missione ci
vuole un’ora e mezzo di aereo.
Si pagano 2 dollari ogni chilo di
materiale trasportato...
Quante volte visitate
le comunità?
Quattro o cinque volte l’anno.
È un’attività impegnativa, ma
mi piace tanto. C’è anche un altro motivo: i cristiani vivono in
mezzo ai musulmani e vogliamo
evitare che vengano “assorbiti” da
loro o dalle sette protestanti. Cerchiamo di sostenerli offrendo loro
una solida formazione, e questo
avviene nelle piccole comunità.
Due volte l’anno, invece, riuniamo al centro tutti i responsabili delle comunità, i catechisti
e gli animatori dei giovani, offrendo loro un corso di almeno
una settimana. Siamo convinti
che, oltre alla spiritualità, la formazione e la catechesi (biblica,
liturgica, teologica eccetera) è
ciò che più motiva i laici a continuare nella difficile missione
dell’evangelizzazione.
■
(continua a lato)
GLI AMICI CI FANNO VISITA
p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx
a cura di p. F. ROTA MARTIR, sx
tutto italiani, che ci sostengono e
che ringraziamo di cuore.
Ma lo Stato non vi aiuta?
In Congo lo Stato è ancora assente. Perciò spetta alle missioni
aiutare la popolazione in situazione di difficoltà. Il governo
purtroppo si fa sentire solo per
sfruttare, attraverso le tasse, senza offrire in cambio servizi di base come strade, ospedali, scuole,
energia elettrica, igiene, acqua...
Questo accade sia nei villaggi sia
nelle città. La gente deve proprio
arrangiarsi. Spesso la gente deve
fare anche centinaia di chilometri
a piedi o in bici per spostarsi da
una località all’altra.
Cosa hai apprezzato di più
della missione?
Ciò che più mi è rimasto nel
cuore è l’accoglienza della gente e il forte desiderio di vivere
la fede. Hanno in loro un grande
senso di Dio e del sacro. Si tratta di una religiosità naturale, che
affonda le sue radici nelle religioni ancestrali, e che il cristianesimo cerca di purificare e migliorare. In tal modo, noi missionari troviamo un fertile terreno
■
umano e religioso.
A fine agosto abbiamo ricevuto la gradita visita dei
famigliari (la nipote Stefania con il marito Silvano e i
tre figli) del nostro caro p.
Battista Mondin. Sono arrivati da Monte di Malo, Vicenza. Hanno affrontato la
distanza per passare qualche giorno insieme al parente missionario. La loro presenza ha portato una ventata di allegria e di vivacità
anche nella comunità di via
Aurelia, “prostrata” dall’afa
dell’estate Romana...
A settembre ci hanno fatto visita anche alcuni confratelli saveriani, che vediamo nella foto: p. Antonio Germano dal Bangladesh (a sinistra) e due studenti indonesiani:
Fernandus e Petrus, che studieranno teologia a Parma e a Yaoundé
(Camerun). C’è anche p. Nattye, anche lui indonesiano, che partecipa
a un corso di aggiornamento missionario a Tavernerio (Como).
Da sinistra: Fernandus, p. Germano, p. Nattye e Petrus
2012 OTTOBRE
ROMAGNA
48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Pregare danzando: che bello!
Dialogo con padre Carluccio Mongardi
P
adre Carluccio Mongardi
è un saveriano di Sassoleone, in provincia di Bologna
e diocesi di Imola. Divenuto
saveriano nel 1959, a 21 anni
di età, è missionario in Messico
dal 1977. Vive a Guadalahara e
insegna filosofia, ma si dedica
molto all’attività pastorale ed
è praticante appassionato della
“danza religiosa”. Di questa attività ci parla in un’interessante
ed esclusiva intervista.
A quando il tuo incontro
con la danza religiosa?
Fin dagli anni del concilio
Vaticano II (1962-1965) - che
furono anche gli anni della mia
ordinazione sacerdotale - cominciai a sentir parlare della danza
religiosa di molti popoli e culture non cristiani. In quegli anni
erano cominciate anche le danze
religiose durante la celebrazio-
ne della Messa in alcuni paesi
dell’Africa come il Congo, il
Kenya, l’Uganda.
Ma il mio primo incontro diretto con la danza religiosa è
avvenuto nel 1978 in Messico,
precisamente in una zona indigena chiamata Huasteca. Le donne
facevano danze durante le processioni e nelle feste della Madonna
di Guadalupe. Mentre i giovani e
gli adulti facevano danze durante
la Messa; in particolare, facevano
danze nel cimitero la notte tra l’1
e il 2 novembre, nella celebrazione dei defunti, ed anche dentro
la chiesa la notte tra il 2 e il 3 di
maggio, festa della santa Croce.
Che significato ha la danza
religiosa?
La danza religiosa è un tipo di
danza con un fine sacro: cerca
un vincolo con Dio, con gli altri
e con l’universo. È una forma di
a cura di p. LINO SGARBOSSA, sx
liturgia, e non uno spettacolo né
una forma di divertimento. Nella
danza religiosa non ci sono attori
e spettatori, ma solo gente in atteggiamento di preghiera, perché
la vera danza religiosa si fa con
il cuore pieno di fede.
È tanto che pratichi la
danza?
Io ho cominciato tardi l’esperienza della danza religiosa nella mia vita, quando avevo già 55
anni. E la continuo ancora adesso a 73 anni, nel 2012, anno in
cui celebro i miei 50 anni di ordinazione sacerdotale, avvenuta
il 28 ottobre del 1962 a Parma.
Vorrei continuare fino alla
morte. Non ho alcuna intenzione di morire quest’anno, perché
solo il Signore sa il momento in
cui ci chiamerà. Io credo che i
maya non hanno mai definito
una data per la fine del mondo
Sulle strade della missione
Dopo dieci anni in Sardegna torno in Romagna
P
er dieci anni ho percorso
in auto la superstrada 131
Cagliari - Sassari e viceversa…
Durante i miei spostamenti ho
sempre visto, al chilometro 56,
la statua bianca del “Cristo della strada” che guarda i passanti
in marcia. Un giorno, mi sono
fermato a osservare da vicino la
statua che raffigura Cristo con le
braccia tese in avanti per accogliere i viaggiatori e tutti coloro
che si fermano.
Accoglie con le mani protese
La statua del Cristo Redentore
è stata fatta costruire una decina d’anni fa da due famiglie di
un paesino della diocesi AlesTerralba, emigrate in America
del sud, in ringraziamento. Da
alcuni anni si celebra la festa
dell’emigrato proprio in ricordo
8
dei benefattori emigrati; contemporaneamente si svolge anche il
raduno degli autisti dei mezzi
pesanti.
Il vescovo Orrù e il cardinale Pompedda, alla cerimonia di
inaugurazione (30 giugno 2002),
vedendo le mani di Gesù protese ad accogliere i viaggiatori, la
battezzarono statua del “Cristo
della strada”. Infatti, su una targhetta si legge testualmente: “Il
monumento al Cristo Redentore
fu eretto in occasione del Giubileo dell’anno 2000... a protezione degli autisti e dei mezzi della
strada che transitano nella SS
131 e in tutte le strade”.
La preghiera del viaggiatore
Su un’altra targhetta si può
leggere la preghiera a Cristo Signore: “Signore, che domini il
Il Cristo della Strada che protegge i viandanti
sulla statale 131 Cagliari - Sassari
p. DINO MARCONI, sx
tempo e la vita, e ci guidi verso
la salvezza, rivolgi il tuo sguardo
sul nostro cammino. Proteggi il
continuo frenetico andare di chi,
per lavoro e per diletto, percorre
le strade di questa nostra terra e
posa sul capo di noi tutti la tua
mano provvidente”.
Il Signore ci accolga davvero
alla fine del nostro correre sulle
strade del mondo, e continui a
proteggerci perché non andiamo
fuori strada, ma viaggiamo vigili
e sereni fino alla meta dei nostri
viaggi.
Di nuovo in Romagna,
con voi
Dopo dieci anni di intensa
attività in Sardegna, ora sono
nella comunità saveriana di San
Pietro in Vincoli, più vicino alla
mia famiglia (Savignano sul Rubicone). Mi dedicherò volentieri
all’animazione missionaria nelle parrocchie
che la richiedono.
Così riprendo a correre sulle strade della Romagna partendo da
Sant’Apollinare in Classe
dove, nel catino dell’abside, risplende la Croce
gemmata di Gesù Salvatore del mondo, come dice la scritta latina sottostante, e Signore della storia con le lettere greche alfa e omega: Cristo è inizio
■
e fine di ogni cosa.
Padre Dino Marconi ora è in Romagna
- come qualcuno invece
afferma -, perché loro
avevano una concezione circolare del tempo
e delle epoche storiche;
non avevano un concetto lineare, con una fine
del tempo e del mondo.
Qual è il tuo obiettivo?
Prego la Madonna che
mi faccia realizzare un
sogno, che mi è sbocciato nel cuore proprio nella danza in suo onore:
poter danzare durante
la celebrazione dell’Eucaristia. Danzare anche
i canti liturgici: Signore
pietà, il Gloria, il Santo,
il Padre nostro eccetera.
E anche poter fare danze
senza il canto.
Il mio desiderio è riscattare i salmi, che certamente sono tutti danze
di vario tipo: di nozze,
di funerali, di guarigione... nelle feste, nei pelP. Carlo Mongardi celebra i 50 anni di ordinazione
legrinaggi, nel tempio... sacerdotale il 28 ottobre e spera di farlo... danzando
Gesù, la sua famiglia, i
frutti di conversione e di inculsuoi seguaci hanno anch’essi
turazione cristiana autentica.
fatto questa esperienza meravigliosa: fin da bambini, portavaDove vorresti celebrare i
no la danza in piazza anche nei
50 anni di Messa?
loro giochi.
Naturalmente nel grande pelHo anche la speranza di porlegrinaggio alla Madonna di Zatare un valido contributo nel
popan, a Guadalajara in Messiprogetto diocesano della chiesa
co, insieme ai 170 gruppi di fedi Guadalajara nella “pastorale
deli danzanti. E anche vicino al
della danza”, per avvicinare la
cuore delle popolazioni indie, nei
chiesa ai tanti gruppi di fedeli
loro villaggi, danzando e preganche praticano la danza religiosa:
■
do con loro.
un dialogo che possa produrre
OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI
Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione
della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica
di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario
dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il
sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione.
“Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di
impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e
dell’attenzione di tutti i cristiani.
Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria
della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma:
“Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce
nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue
cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum.
Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori…
Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e
organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte
costante di ogni attività ecclesiale...
La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio
della cooperazione mis­sionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”.
La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli
lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di
comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle
comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”.
2012 OTTOBRE
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849
Non chiamatela nostalgia
Passeggiando e riflettendo tra i monti
d’estate, come
U ntantigiovedì
altri, parto per andare
in mezzo alla natura. Sono le sei
e mezzo del mattino e comincio
a salire verso le colline attorno al
mio paese, Plello di Borgosesia,
in provincia di Vercelli, dove ho
trascorso qualche giorno di riposo
estivo. All’inizio è faticoso, avendo perso l’abitudine. Poi, pian
piano passando in mezzo al bosco, tutto diventa più semplice.
Le vecchie mulattiere lasciano vedere i ciottoli calpestati da
tante persone prima di me, che
utilizzavano quel sentiero per andare a lavorare. Ora non si sente
più niente, tranne qualche canto
di uccello che si sta sgranchendo
le penne per iniziare a volare nel
cielo. Ma basta un po’ di attenzione e si possono ancora sentire
le voci e i profumi di un tempo.
Sappiamo ancora ascoltare?
Provo a immaginarmi le don-
ne con le gerle, che portavano
a casa il fieno o i prodotti della
terra, gli uomini che andavano
a lavorare per tagliare la legna
o i bambini che andavano a
scuola in città. Ora rimangono
le chiesette, testimoni di questi
passaggi.
Non tutti i sentieri sono stati ripuliti. Si fa un po’ fatica a passare, a causa delle piante cadute per
l’ultimo temporale. Ma c’è qualcosa che parla ancora, quando
passo sui ponticelli di pietra e mi
fermo ad ascoltare le cascatelle
d’acqua che scendono dall’alto.
Verrebbe voglia di fermarsi, di
bere a garganella e di interrogare
quell’acqua per farsi raccontare
le storie di tanti anni fa.
Forse non sappiamo più ascoltare; forse non conosciamo più
quella lingua, dimenticata dal
tempo che passa. È un peccato. Là
ci sono le nostre radici, le nostre
origini. Da lì siamo nati, da lì ab-
p. OLIVIERO FERRO, sx
biamo preso la forza per crescere,
per andare in giro per il mondo.
Non possiamo dimenticare. È come morire un po’ per volta.
Non tradire
l’eredità preziosa
Quando poi incontro una cappella con le scritte in francese,
allora mi viene da riflettere su
chi ha pensato di costruirla. E
mi vengono in mente persone
che hanno lasciato la loro terra,
da giovani, per andare a cercare lavoro all’estero. E mi viene
spontaneo pensare a quelli che
oggi faticano ad accettare chi è
diverso, lo straniero, che viene
da noi in cerca di fortuna.
I nostri antenati sono andati a
soffrire e a gioire in tanti paesi
e ci hanno lasciato un’eredità di
apertura al mondo. E noi come
la stiamo utilizzando? Sentendo
diversi discorsi in questi ultimi
anni, viene solo da pensare che
Tre giorni... giovanissmi!
Campo di formazione con i saveriani
27 al 29 luglio tanti raD algazzi
e ragazze tra i 12 e i
17 anni hanno partecipato a un
campo di formazione presso la
casa saveriana di Salerno, per
portare a termine l’impegno preso lo scorso settembre insieme ai
saveriani. “Partire per annunciare Cristo, vera vita e verità” è la
frase che riassume bene la tregiorni dei giovanissimi.
8
Una gioia esplosiva
Con la musica abbiamo
approfondito le emozioni
che un testo può suscitare,
la fede interpretata dalle parole, portatrici del messaggio di Cristo, e l’annuncio
come massima espressione
della gioia di aver ricevuto
un messaggio da condividere
con il prossimo.
Per i giovani è difficile
condividere questi aspetti
importanti della vita, perché
la società in cui viviamo non
sempre è disposta ad ascoltare. Ma sono stati tre giorni
di canti, balli e gioia… Una
gioia esplosiva che ha invaso i cuori, in un clima di
famiglia.
Tutti siamo indispensabili!
Ci siamo organizzati in modo
da renderci utili. A colazione,
a pranzo e a cena, divisi in
gruppi, abbiamo rimesso tutto
in ordine, prima dello svago,
prima dei giochi e del divertimento che non mancano mai.
La musica per riflettere
I momenti di formazione sono
stati altrettanto interessanti. Gli
animatori e i saveriani ci hanno
trasmesso l’importanza della
musica nel dialogo tra l’uomo
e Dio, perché non è semplice
collegare un testo musicale a un
messaggio più profondo. Invece,
con la musica possiamo espri-
Il gruppo giovanissimi di Salerno con i saveriani
hanno utilizzato la musica per meditare
e annunciare il messaggio di Cristo
ROBERTA
mere le nostre emozioni, portare
un messaggio di fede agli altri e
far comprendere meglio la parola di Dio.
I giovani vanno continuamente spronati e i saveriani lo sanno
bene… Per questo, preparano
dinamiche, video e canzoni per
attirare la loro attenzione, in modo da offrire gli strumenti utili
per apprendere e riflettere sui
temi fondamentali del cammino
di fede.
La musica per annunciare
Particolarmente stimolante
questa volta è stato l’approccio verso altre culture come
quella congolese, burundese
e messicana, che gli studenti
e i missionari dai loro paesi
d’origine portano a Salerno.
Proprio loro hanno dato ai
ragazzi l’opportunità di vedere come nelle loro nazioni
la musica e la danza siano
parte integrante della vita
quotidiana e delle celebrazioni religiose.
I giovani spesso ascoltano
musica. Attraverso le emozioni che trasmette, essa aiuta a superare gli ostacoli che
ogni giorno incontriamo sul
nostro cammino. Se l’uomo
è stato creato per lodare Dio,
anche la musica è stata creata
per essere usata dagli uomini affinché venga annunciato
il messaggio d’amore di Cri■
sto.
Basta una passeggiata tra i boschi per tornare a riscoprire valori ancora presenti,
ma che sembrano sopiti
la loro è stata fatica sprecata,
che i loro pronipoti hanno dimenticato tutto, presi come sono
dall’interesse immediato.
I grandi valori di allora
La strada continua in mezzo al
verde. Qualche casa in rovina ricorda chi l’ha costruita e ora non
c’è più. Un’altra cappella e una
croce ci ricordano ancora che per
loro - la nostra gente! - era importante mettere Dio nella propria vita. Era una cosa normale.
E quando si incontravano, salendo e scendendo verso il paese
più grande, si salutavano con il
saluto tipico della valle: “Legru!
Allegro!”. Cioè sta’ contento,
fatti coraggio, non sei solo. Siamo in tanti e insieme ce la faremo a uscire dalle difficoltà. La
solidarietà concreta, vissuta nella fatica di ogni giorno, diventava gioia semplice e profonda nei
momenti di festa, in cui ognuno
portava qualcosa per rendere felice la comunità.
Qualcuno potrebbe dire che
è nostalgia di un tempo passato
e che non torna più. Non credo
proprio.
I valori importanti non sono spariti, sono incisi nel nostro
dna, nella nostra vita. Anche se
non ci pensiamo, anche se non
ce ne accorgiamo, essi sono ancora presenti in noi. Basta una
passeggiata sulle antiche strade
e subito tornano a galla. Non ci
vuole molto: basta un pizzico di
attenzione e tutto, se lo vogliamo, può cambiare. Ne sono sicuro.
■
GIRA LA RUOTA DELLA VITA...
Novità d’autunno nella casa di Salerno
p. OLIVIERO FERRO, sx
“Settembre, è tempo di migrare”, diceva il poeta. E così succede anche nella casa dei saveriani di Salerno. C’è chi arriva
e c’è chi parte. I missionari devono essere pronti per andare dove Dio - e i superiori! - mandano. Questo, naturalmente,
è un buon segno anche per gli altri che rimangono, perché un giorno toccherà anche a loro partire, o meglio, ripartire per
la missione.
Dopo tanti anni vissuti in Italia, padre
Benigno Franceschetti riprende la strada
del Camerun per dedicare altri anni della
sua vita alla gente che ha già conosciuto
nella precedente esperienza missionaria.
Gli diciamo “grazie” per tutto quello che
egli ha fatto in questi anni vissuti a Salerno. Il Signore lo accompagni nella nuova
avventura missionaria in Camerun.
Accogliamo con gioia padre Carlo Pozzobon che, dopo aver lavorato tra noi come superiore dei saveriani in Italia, viene
ora a darci una mano.
La sua esperienza e saggezza troveranno terreno fertile nel Salernitano. Un benvenuto caloroso, con l’augurio di buon lavoro in questa comunità che lui conosce
bene.
A proposito: Perché “la ruota”? Cosa c’entra? Semplice. Noi missionari giriamo sempre e ci fermeremo chissà quando.
Una volta di qua e una volta di là, ma siamo
sempre in movimento.
2012 OTTOBRE
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
E-mail: [email protected]
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TAVERNERIO
I cedri alti della missione
Un nuovo stile di vita anche per i saveriani
giorno, un pensionato ha
U npassato
il pomeriggio nel
parco del nostro centro di spiritualità missionaria. Erano giorni
ardenti, in cui la calura inaridiva l’erba. Si è addentrato insieme con la nipotina lungo i viali
ombreggiati.
Mi stupì la competenza con
cui egli elencava alla nipote il
nome degli alberi. Giunto presso i famosi cedri, fece schioccare la voce: “Questi cedri sono
l’immagine della missione. Stanno qui da 500 anni; dal tempo in
cui Cristoforo Colombo scoperse l’America, dal tempo in cui
san Francesco Saverio fece il giro del mondo per portare il vangelo fino in Giappone. All’epoca
della rivoluzione francese, quando i parigini rimpiazzavano la
statua di “Notre Dame” con l’effige della “dea ragione”, questi
cedri avevano già radici profon-
de. Rovesci e bufere, gelo e calura, nulla ha impedito a questi
giganti del tempo di estendere i
loro rami maestosi, sempre vogliosi di generare nuovi germogli di vita”. Così si espresse il
nostro ospite pensionato!
La gioia di fare il bene
Cari amici, è proprio vero! La
missione opera nell’orizzonte
della nostra conoscenza. E, allora, intercettiamo segni e appelli per le scelte del nuovo anno pastorale. In comunità siamo
dieci saveriani, impegnati a servire le comunità parrocchiali, a
seguire gruppi e famiglie. Anche noi ci sentiamo solidali con
il destino della gente, che vede
venir meno tanti legittimi desideri. La situazione economica
produce cambiamenti anche per
noi missionari.
Per decenni, la sensibilità di
p. LUIGI ANZALONE, sx
molte persone ci ha aiutato a fare la missione, senza essere condizionati da preoccupazioni economiche. La generosità di tanti
amici ha dato vita a progetti e
campagne di solidarietà nelle
giovani chiese di missione. Ora
sentiamo dispiacere per le persone che si vedono costrette a privarsi della gioia di fare del bene
per le missioni.
Lo sguardo oltre i bilanci…
Alla fine dell’estate ci siamo
incontrati per programmare la
nostra vita comunitaria e le nostre attività pastorali. Abbiamo
deciso, anche noi missionari,
di misurarci con un nuovo stile
di vita, più austero. Sarebbe comunque una iettatura se ci fermassimo a guardare soltanto i
bilanci, se ci privassimo di uno
sguardo circolare, a 360 gradi.
La crisi economica condizio-
Una visita molto interessante
Padre Luigi Paggi e le ragazze munda
sera di giugno abbiamo
U naascoltato,
a Tavernerio, la
testimonianza di due giovani del
Bangladesh. Si sono opposte alle
leggi tribali che le volevano spose e madri in giovanissima età.
Si chiamano Nilima e Minoti e
appartengono al gruppo etnico
dei “munda”, una tribù di cacciatori. Il loro ambiente naturale
è la giungla.
Un viaggio “premio”
In passato la loro tribù fu costretta a migrare dall’India al
Bangladesh, per disboscare la
foresta del Sunderban, alle foci
del Gange. Oggi i munda si dibattono tra due forze contrapposte: sono attratti dalla modernità,
ma non vogliono privarsi della
loro cultura e tradizioni.
Nilima e Minoti, sono venute
in Italia assieme alla signora Dipali Dash, che svolge un ruolo
8
importante con le ragazze nella loro stessa situazione. Le tre
erano accompagnate da p. Luigi
Paggi, missionario saveriano di
Sorico, che da decenni è impegnato in Bangladesh in esperienze estreme e significative.
Padre Luigi aveva offerto loro il
viaggio: un modo per riconoscere il coraggio dimostrato da Nilima e Minoti. Ma aveva anche
un secondo obiettivo: quello di
rendere più consapevoli le altre
ragazze della tribù.
Una disubbidienza positiva
Vivendo tra i munda, p. Luigi
si è reso conto che il vangelo ha
la forza per sovvertire gli aspetti
bui della loro cultura e religione
animista. Visto che molte sposebambine morivano di parto, p.
Paggi cominciò a sensibilizzare
le famiglie. Poi costruì un ostello per accogliere le bambine e
Le ragazze munda Nilima e Minoti con la signora Dipali Dash (al centro), accompagnate dal saveriano p. Luigi Paggi (a destra); con loro, p. Filippo Rondi
p. FILIPPO RONDI, sx
alla signora Dipali Dash affidò
la scuola, oggi frequentata da
più di cento ragazze.
Padre Luigi, dal canto suo,
non mancava di invitare le ragazze alla disubbidienza. Nilima
e Minoti furono le prime due a
ribellarsi ai genitori. All’ostello
hanno conseguito il diploma di
scuola superiore e oggi Nilima fa
il doposcuola alle bambine munda, mentre Minoti lavora con la
signora Dipali nell’associazione
che si batte contro i matrimoni
in tenera età. Finalmente anche
le famiglie hanno compreso il
significato della loro ribellione.
“Abbiamo scoperto
la gratuità”
Nel loro viaggio in Italia, Nilima e Minoti hanno avuto il primo
impatto con la religione cristiana.
“Noi sappiamo ben poco della
religione cristiana. Ci avevano
spiegato che la sua caratteristica
principale è la gratuità. Questa
gratuità abbiamo potuto vederla
in tante occasioni, specialmente
nei gruppi che in vari paesi aiutano le attività missionarie sparse
nel mondo intero”.
La serata di Tavernerio è stata
organizzata dal club Soroptimist
di Lugano Lago. Il nostro grazie
va soprattutto alla coordinatrice,
la signora Monica Ruggeri, impegnata in progetti di ricerca medica, dal 2007 sostenitrice delle
attività di p. Luigi tra i munda
■
del Bangladesh.
na pesantemente la
vita di molti concittadini. Ma è altrettanto vero che non basta
da sola a esaurire la
spinta della missione
che Gesù Risorto ha
affidato alla chiesa.
La missione è fuoco,
è acqua viva; s’identifica con il desiderio
di generare, presente
in ogni battezzato.
“Là c’è
la Provvidenza!”
In questi giorni abbiamo rivolto il nostro sguardo anche
al passato e abbiamo ricordato che la
nostra congregazione è nata nella povertà. Basta pensare che
per sfamare i giovani missionari l’economo della casa madre di Parma era costretto a vendere oggetti che i saveriani
inviavano dalla Cina I maestosi cedri della missione che svettano nel parco
del centro di spiritualità dei saveriani a Tavernerio
per allestire il museo
etnografico della conmissionaria. Scriveva: “Quando
gregazione.
avete il necessario per vestirvi e
Abbiamo ricordato soprattutper il cibo, non preoccupatevi…
to la saggezza con cui san Guido
La provvidenza di Dio assicureConforti, in tempi ancora più difrà il resto. Inoltre, ogni missioficili, sapeva tenere aperti gli ocnario è testimone della dignità
chi dei suoi missionari sui concon cui la gente dei paesi povetenuti fondamentali e sull’orizri gestisce situazioni estreme di
zonte della missione, sul compi■
miseria…”.
to che i missionari hanno di edu(continua nel riquadro)
care gli altri cristiani a una fede
I prossimi appuntamenti
Presso i saveriani di Tavernerio
7 ottobre: incontro con gli amici svizzeri
14 ottobre: incontro con gli amici italiani
5 novembre: festa di san Guido Conforti
incontro con i religiosi
3 dicembre: festa di san Francesco Saverio
incontro con presbiteri e laici collaboratori
I TRE “PATTI” DEI SAVERIANI
DI TAVERNERIO
p. L. ANZALONE, sx
Per tornare allo stile di vita che ci proponiamo di varare quest’anno, presento anche a voi, cari amici, tre patti che noi saveriani abbiamo fatto.
Primo patto: Non trascurare nulla di ciò che ci porta a contagiare
tutti gli uomini con la buona notizia che Dio è Amore, Dio è misericordia, Dio è la casa di tutti, Dio è la famiglia di tutti.
Secondo patto: Nulla ci può impedire di fare un passo avanti sulla
strada della santità che san Guido Conforti ha inaugurato, contemplando il costato trafitto di Gesù in croce.
Terzo patto: Dare spazio alle persone che incontriamo, imparare da
loro la gioia che gustano quando tentano di rendere missionaria la
propria fede. Quanto sono luminosi gli occhi di chi esprime la forza
dei piccoli gesti di attenzione verso il prossimo: una forza che salva il
mondo! E poi ci è venuto in mente… quanto sarebbe bello se l’accoglienza che offriamo ai gruppi nel parco del nostro centro di spiritualità, desse vita a un “forum” dove la missione cresce nell’ascolto vicendevole, “da cuore a cuore”.
Cari amici, diamoci una mano. La crisi economica diverrà opportunità per scoprire i punti indiscutibili della missione. Anche il vescovo
san Guido Conforti, insieme ai primi missionari, aveva trovato garanzie ricordando un principio che piaceva tanto ai primi cristiani: “il fratello aiutato dal fratello è come una torre fortificata”.
2012 OTTOBRE
VICENZA
36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119
Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376
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Viaggio in terra di missione
Tre vicentini con i saveriani in Amazzonia
B
elém è la prima tappa del
nostro viaggio in terra di
missione. Atterriamo nella capitale del Parà, nel nord del Brasile,
sulla foce del Rio delle Amazzoni.
È la porta dell’Amazzonia, terra
di grandi ricchezze ma riservate a
pochi. Ci aspettano p. Paolo Andreolli e p. Renato Trevisan.
Nel tragitto verso la città si
scorgono le case popolari. L’odore delle fogne a cielo aperto è ripugnante. Il porto, il mercato e
la dogana sono il simbolo dello
sfruttamento dell’Amazzonia:
da qui partivano il legname, il
caucciù e i minerali verso l’Occidente. Il forte e l’arsenale sono
i resti del dominio coloniale portoghese durato fino al 1822. Nella casa saveriana ci accolgono p.
Marcello Zurlo e p. Pino Leoni,
come fossimo di famiglia.
Ciò di cui abbiamo bisogno
Il giorno dopo partiamo presto
per São Félix do Xingu, più di
mille chilometri su strade impervie, rovinate da camion pesanti
che trasportano legname, minerali e bestiame, in mezzo a ciò
che resta della foresta equatoriale. I grandi proprietari terrieri
preferiscono l’allevamento dei
bovini, meno dispendioso, rispetto all’agricoltura. La foresta
viene tagliata per lasciare posto
a sterpaglie e pascoli.
La commissione pastorale
della terra, attraverso la costante azione di p. Danilo Lago e p.
Primo Battistini, offre un’alternativa possibile: la casa famigliare rurale, una scuola in cui
si insegna ai figli dei contadini
come coltivare la terra, migliorando le tecniche agricole…
Con p. Paolo visitiamo le
comunità ecclesiali di base. Ci
troviamo di fronte a una chiesa
giovane, “di frontiera”, che porta
il vangelo non solo a parole ma
ALBERTO, ANDREA, DENIS
anche “sporcandosi le mani”. Ed
è di questo che abbiamo voglia e
bisogno noi giovani d’oggi.
Un’esperienza
indimenticabile
Nella seconda parte del nostro viaggio ci spostiamo a Redenção, dove p. Renato ci offre
l’opportunità di conoscere le
piccole tribù di indio kayapò. La
modernità ormai è arrivata anche
qui. Serve qualcuno che capisca
gli indio e che faccia da “ponte” tra la loro cultura e le regole
della nuova società. La pastorale
indigenista fa proprio questo.
Poi, in una notte di agosto, la
cena è allietata dalla calorosa accoglienza della gente brasiliana.
La meraviglia si staglia sopra le
nostre teste: un cielo spettacolare, una moltitudine di stelle mai
vista prima, un’emozione che si
esprime in un pensiero di bellezza.
Famiglie “insieme per la missione”
S’è svolta ad Asiago la convivenza estiva 2012
Davide Perin, autore dell’articolo, fa parte del gruppo adolescenti, emanazione delle “Famiglie per la missione”.
un periodo di interroD opo
gativi su dove e quando
svolgere la convivenza estiva
con le varie famiglie del gruppo “Famiglie per la missione”,
siamo sbarcati anche quest’anno
nella casa “Padre Pietro Uccelli” ad Asiago. Una settimana
in cui abbiamo potuto respirare
non solo l’aria pura della montagna, ma soprattutto un clima di
“famiglia”. Infatti, l’ingrediente
fondamentale di questo gruppo è
proprio “essere famiglia”. Tutti
cercano di aiutare, sbrigando le
8
solite piccole faccende di casa:
pulire, lavare, tenere a bada i più
piccoli, accogliere con un saluto
caloroso i nuovi arrivati, anche
chi era solo di passaggio.
Testimonianze preziose
Come tutte le grandi famiglie
anche il nostro gruppo ha avuto,
nell’arco della settimana, alcuni
incontri. Sono state sviluppate tematiche diverse, arricchite da preziose testimonianze. Il saveriano
bresciano p. Riccardo Tobanelli ci
ha raccontato la sua missione in
Bangladesh, dove aiuta i bambini di strada, accogliendoli in case
dove offre loro un’istruzione. È
venuto a trovarci anche p. Walter
Parisi, missionario prima in Sierra
Stare insieme ai figli e investire il tempo partecipando alle loro attività
è alla base del rapporto educativo
DAVIDE PERIN
Leone e poi in Amazzonia, dove
aiuta gli abitanti delle favelas e
alcuni seminaristi.
Sono situazioni di grande povertà. Forse molti di noi pensano solo a qualche paese lontano,
tipo l’Africa o il Brasile; ma più
passa il tempo, più abbiamo la
consapevolezza che questi segnali stanno entrando anche nella nostra Italia.
Un video problematico
Abbiamo anche avuto l’occasione di vedere un video dal
titolo “18 ius soli”, che illustra
la difficoltà per gli extracomunitari nati in Italia di venire riconosciuti come cittadini italiani.
È davvero strano che si debba
definire “extracomunitario” chi
non può godere della cittadinanza italiana. L’Italia, infatti, è
uno dei pochi Paesi nell’Unione
Europea in cui non vige lo “ius
soIi”, che fa riferimento alla nascita sul “suolo” di uno Stato, e
si contrappone allo “ius sanguinis”, basato invece sulla discendenza o filiazione.
La settimana si è conclusa abbastanza velocemente e adesso
stiamo cercando nuove prospettive per l’anno prossimo. Nel
frattempo a noi tocca seminare
i doni che il Signore ci ha dato
e creare quella rete sana di informazioni che ci renda tutti più
idonei al regno dei cieli.
■
Alberto, Andrea e Denis con p. Renato Trevisan a Kapran Krere,
dove vivono gli indio kayapò
Ora siamo di nuovo a casa.
Spetta a ognuno di noi impreziosire la vita che ci è stata donata. Noi tre giovani vicentini
abbiamo speso il mese di agosto
per visitare una missione. Non
è stata una “spesa”; è stato un
investimento, una semina che
speriamo arricchisca il nostro
spirito, giacché l’esperienza è
stata davvero indimenticabile.
La vita trova compimento
Ringraziamo i saveriani che
abbiamo incontrato e conosciuto. Ammiriamo la forza e
l’entusiasmo che animano il
loro agire. Abbiamo incontrato
persone speciali; abbiamo fatto
scoperte quotidiane di un mondo che davvero si differenzia
dalla nostra sonnolenta Europa.
In Amazzonia, la fede è un col-
lante per la comunità, non una
scelta di comodo. La preghiera è
un’esigenza intima, che però acquista tono quando è condivisa
e vissuta nella festa. Anche noi,
superando barriere linguistiche e
culturali, abbiamo pregato con la
gente e per la gente.
Le motivazioni razionali e gli
stimoli impulsivi che ci hanno
suggerito di partire - e dunque
di “comprometterci” per la missione - stanno trovando pieno riscontro e soddisfazione. Consci
di aver ricevuto più di quanto abbiamo dato, ci rimane nel cuore
l’accoglienza festosa, l’adrenalinica avventura e una certezza:
dedicarsi agli altri, ognuno per la
propria parte, esige impegno e
coerenza, ma riempie il cuore di
gioia, e la vita trova compimen■
to!
IMMAGINI DI UNA VACANZA
Ecco altre immagini scattate durante la settimana di convivenza
estiva che il gruppo “Famiglie per la missione” di Vicenza ha trascorso in agosto, nella casa “Padre Pietro Uccelli ad Asiago.
Matteo e Riccardo tra i boschi di
Asiago alla ricerca
di funghi…; alla
convivenza estiva
abbiamo respirato
il clima di famiglia.
Leonardo insegna
alcuni accordi
di chitarra
a Riccardo: offrire
ciò che so aiuta
la familiarità.
2012 OTTOBRE
ZELARINO
30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16
Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410
E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304
Dalla Colombia al Congo, in missione
Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 1
è
a cura di p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx
passato nella nostra comunità il saveriano afrocolombiano p. Gerardo Pretel
Ortíz. Questa intervista ci permette di sapere qualcosa di lui
e della sua vita missionaria nel
cuore dell’Africa. È molto interessante!
zione per aspiranti missionari.
Perciò ho passato alcuni primi
anni nel seminario diocesano di
Bonaventura. Nella città di Cali
avevo anche frequentato un corso per essere giornalista. Ho continuato in seminario fino al 1995,
quando sono diventato diacono.
di Shabunda, Kitutu e Ngenhe... L’estensione territoriale di
ciascuna di queste parrocchie è
enorme. Shabunda, ad esempio,
è una parrocchia con almeno 100
comunità, in altrettanti villaggi
distanti tra i 5 e i 15 chilometri
l’uno dall’altro.
Parlaci di te...
Sono nato nel 1965 a Bonaventura, in Colombia. Ringrazio
Dio per essere nato in una famiglia cristiana. Dai genitori sono
stato educato in un ambiente di
fede. La nostra casa è a soli 100
metri dalla chiesa del “Sagrado
Coraçon de Jesus”. I saveriani,
appena arrivati in Colombia nel
1975, sono venuti proprio nella
mia parrocchia. Da piccolo li
frequentavo spesso; ero anche
chierichetto. Questo contatto
è certamente stato all’origine
della mia vocazione missionaria, che si è manifestata dopo la
cresima.
Poi con i saveriani…
Sono entrato con gioia tra i
saveriani, vivendo con loro per
due anni a Cali e a Bogotà; poi
ho fatto il noviziato in Messico,
dove ho conseguito anche una
licenza in teologia biblica. Mi
sono trovato subito molto bene,
accolto come fratello fra fratelli.
Nel 2002, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, sono andato a
Parigi per prepararmi alla missione in Congo, dove mi trovo
da nove anni.
Visitate le comunità?
Noi missionari visitiamo tutte
le comunità ecclesiali, rimanendoci almeno due giorni: lavoriamo, preghiamo, mangiamo e
dormiamo con la gente del posto. Insieme ai responsabili stiliamo il programma delle varie
attività e i vari compiti come,
per esempio, la costruzione delle chiesette, che sono ancora di
paglia, e la preparazione ai sacramenti. Rimanendo parecchio
tempo con loro, possiamo “tastare il polso” della situazione di
ogni comunità.
Cosa facevi allora?
I saveriani non avevano ancora aperto una comunità di forma-
Come vivi la missione?
La missione è stata ed è per
me un momento di grazia: mi ha
permesso di condividere il vangelo con la gente e con i giovani
in particolare. L’ho sperimentato
in tanti safari, nelle tre missioni
Ci sono strade percorribili?
Non ci sono strade che collegano i paesi; ci sono solo
sentieri che la gente percorre a
piedi. Dal centro della missione
Il forte desiderio di vivere la fede
Intervista a p. Gerardo Pretel Ortiz / 2
C
ontinuiamo con l’intervista a p. Gerardo Pretel,
missionario in Congo.
Come sono i rapporti
con i musulmani?
La maggior parte della popolazione della zona è musulmana.
I cristiani sono solo il 10%, e noi
cerchiamo di appoggiare il loro
cammino di fede. Oltre a questo,
li invitiamo a praticare con i musulmani il dialogo di vita: quello
che avviene tutti i giorni, in ogni
realtà della vita quotidiana. C’è
un buon rapporto, sono rispettosi e si collabora bene con loro.
Spesso invitano noi missionari e
i cristiani a partecipare alle loro
feste. Abbiamo un buon rapporto
anche con i pastori delle chiese
protestanti.
8
I cristiani come vivono
la fede?
I laici delle nostre comunità,
animati dal vangelo, si impegnano non solo nella chiesa, nella
catechesi, nella liturgia, ma anche nel campo sociale, affinché
ci sia più vita e dignità per tutti.
Per esempio, riparano strade e
ponti, tagliano l’erba nei luoghi
pubblici, fanno la manutenzione
delle scuole. In qualche missione
c’è anche un centro che soccorre
i più poveri che non sanno come
vivere. Aiutiamo bambini e giovani a studiare, pagando le loro
rette mensili, affinché frequentino la scuola primaria e le medie.
Possiamo offrire questo aiuto,
così prezioso per il futuro di
queste persone, grazie alla generosità di tanti benefattori, soprat-
Un bel primo piano di p. Pretel,
missionario tra la gente
del Kivu, in Congo
a cura di p. F. ROTA MARTIR, sx
tutto italiani, che ci sostengono e
che ringraziamo di cuore.
Ma lo Stato non vi aiuta?
In Congo lo Stato è ancora assente. Perciò spetta alle missioni
aiutare la popolazione in situazione di difficoltà. Il governo
purtroppo si fa sentire solo per
sfruttare, attraverso le tasse, senza offrire in cambio servizi di base come strade, ospedali, scuole,
energia elettrica, igiene, acqua...
Questo accade sia nei villaggi sia
nelle città. La gente deve proprio
arrangiarsi. Spesso la gente deve
fare anche centinaia di chilometri
a piedi o in bici per spostarsi da
una località all’altra.
Cosa hai apprezzato di più
della missione?
Ciò che più mi è rimasto nel
cuore è l’accoglienza della gente e il forte desiderio di vivere
la fede. Hanno in loro un grande
senso di Dio e del sacro. Si tratta di una religiosità naturale, che
affonda le sue radici nelle religioni ancestrali, e che il cristianesimo cerca di purificare e migliorare. In tal modo, noi missionari troviamo un fertile terreno
■
umano e religioso.
Il saveriano colombiano p. Gerardo Pretel, in basso a destra,
con una famiglia nella missione congolese di Shabunda
alle singole comunità anche noi
missionari andiamo a piedi, o in
bici, in moto o, dove si può con
la jeep. Non essendoci strade, il
materiale di costruzione deve essere trasportato con l’aereo. Da
Bukavu alla nostra missione ci
vuole un’ora e mezzo di aereo.
Si pagano 2 dollari ogni chilo di
materiale trasportato...
Quante volte visitate
le comunità?
Quattro o cinque volte l’anno.
È un’attività impegnativa, ma
mi piace tanto. C’è anche un altro motivo: i cristiani vivono in
mezzo ai musulmani e vogliamo
evitare che vengano “assorbiti” da
loro o dalle sette protestanti. Cerchiamo di sostenerli offrendo loro
una solida formazione, e questo
avviene nelle piccole comunità.
Due volte l’anno, invece, riuniamo al centro tutti i responsabili delle comunità, i catechisti
e gli animatori dei giovani, offrendo loro un corso di almeno
una settimana. Siamo convinti
che, oltre alla spiritualità, la formazione e la catechesi (biblica,
liturgica, teologica eccetera) è
ciò che più motiva i laici a continuare nella difficile missione
■
dell’evangelizzazione.
(continua a lato)
OTTOBRE MISSIONARIO PER TUTTI
Ottobre, mese missionario, trova il suo culmine nella celebrazione
della giornata missionaria mondiale (domenica 21). Quest’anno si carica
di un significato speciale, almeno per tre circostanze: il 50° anniversario
dell’inizio del concilio Vaticano II, l’apertura dell’anno della fede e il
sinodo dei vescovi sul tema della nuova evangelizzazione.
“Questi eventi concorrono a riaffermare la volontà della chiesa di
impegnarsi con maggiore coraggio e ardore nella missione alle genti perché il vangelo giunga fino agli estremi confini della terra” (Messaggio 2012). La missione quindi è al centro della vita della chiesa e
dell’attenzione di tutti i cristiani.
Il concilio Vaticano II ha dato nuovo slancio all’azione missionaria
della chiesa: un impegno che tutti i papi hanno richiamato costantemente. Nel messaggio per la giornata missionaria di quest’anno, papa Benedetto ci offre alcune indicazioni concrete, sia per la riflessione che per l’azione. Parlando dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione egli afferma:
“Per un vescovo, il mandato di predicare il vangelo non si esaurisce
nell’attenzione verso la porzione del popolo di Dio affidata alle sue
cure pastorali né nell’invio di qualche sacerdote, laico o fidei donum.
Esso deve coinvolgere tutta l’attività della chiesa, tutti i suoi settori…
Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e
organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere chiesa. Anche oggi la missione ad gentes deve essere l’orizzonte
costante di ogni attività ecclesiale...
La celebrazione dell’anno della fede e del sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione saranno occasioni propizie per un rilancio
della cooperazione mis­sionaria, soprattutto riguardo la partecipazione diretta all’evangelizzazione”.
La missione non è un optional, da fare se “avanzano” tempo e personale; la missione è il termometro di una chiesa adulta. Perciò egli
lancia un forte invito a tutti noi: “Occorre rinnovare l’entusiasmo di
comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle
comunità e dei paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere”.