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I MITI
DELLA
1B
IL DENTE DI LEONE
Molto tempo fa in un prato si trovava un branco di leoni. Tutti erano uguali, tranne
uno, Leone. Lui era molto energico, furbo come una volpe e ostinato a voler
inventare qualcosa che potesse essere utile per gli altri animali. Un giorno decise di
partire alla ricerca di nuove idee. In ogni luogo dove si recava, osservava
accuratamente l’ambiente, raccoglieva semi di ogni tipo e cercava di capire le
esigenze di ogni animale. Trascorse un’intera stagione e finalmente Leone decise che
voleva inventare una pianta che potesse sfamare tutti gli animali erbivori. Si rifugiò
in una caverna e fece ogni genere di esperimenti; finalmente creò un semino e gli
diede la forma di uno dei suoi denti. Poi lo seminò in una nicchia calda. Passarono
alcuni giorni e nacque una piantina e dopo qualche tempo sbocciò un fiore giallo. Ma
quando arrivò l’autunno a Leone non piaceva più quel colore, perché era troppo
lucente e non stava bene con le altre piante del prato, così lo tinse di bianco.
Questo spiega perché a primavera il “dente di leone” è giallo e in autunno diventa
bianco (soffione). E’ dalla forma del seme che deriva il suo nome.
!
LA NASCITA DEL GIRASOLE
Tanto tempo fa in una casetta in mezzo alla campagna viveva una fanciulla di nome
Sole. Aveva gli occhi marroni come la fertile terra della campagna e i suoi capelli
erano biondi e leggerissimi come i raggi del Sole: era una ragazza che non aveva
amici, dolce come il miele, sensibile e detestava la pioggia, il temporale, i lampi e i
tuoni. Un giorno mentre sistemava i fiori profumati e variopinti prendendo il sole nel
giardino della scuola cominciò a piovere e ritornò in classe arrabbiata. Tornata a casa
decise di andare a fare un giro nel bosco a osservare la natura. A un tratto cominciò a
grandinare: infuriata, iniziò a imprecare contro gli Dei. Questi offesi la punirono e la
fecero diventare un fiore con degli enormi petali gialli, morbidi e leggeri come i
capelli della ragazza con uno stelo verde e lungo; le sue radici erano profonde e
immerse nel terreno. Questo fiore era l’unica macchia di colore in mezzo a quel cupo
manto oscuro. Esso come la ragazza ama il Sole per questo motivo gira ancora oggi
la sua corolla verso il Sole. Dalla ragazza nacque così il girasole.
LA MARGHERITA
C' era una volta, nell'antica Grecia, una ragazza che si chiamava Margherita; aveva
i capelli biondi, quasi dorati, gli occhi azzurri come l'acqua del mare, e indossava
sempre gli abiti candidi. Margherita, era una ragazza dolce, simpatica, affettuosa ed
era sempre disponibile per tutti. Era molto brava a scuola e per questo prendeva
sempre bei voti. C'era una dea che odiava lo studio : si chiamava Studno; la dea
Studno era molto arrogante e cattiva . Guardava sempre nella sua sfera grigia per
vedere i bambini che studiavano, ma lei continuava a vedere solo Margherita. Si
travestiva sempre da vecchietta molto dolce e andava nelle scuole: ai ragazzi che
non studiavano dava un regalone grande, invece a Margherita dava solo una
briciola di pane, a volte, neanche quella. Un giorno, però, la dea Studno, si stancò
di vedere in quella sfera solo ed esclusivamente Margherita cosi ideò un piano: si
travestì da ragazza normale e andò nella classe di Margherita, con lo scopo di
essere la più brava della classe più di Margherita. Passò una settimana e la dea
Studno, con il nome di Angela prendeva sempre dieci nelle verifiche e qualche
volta, anche dieci e lode. Così quando era libera, la dea guardava nella sua sfera
grigia, ma continuava a vedere solo Margherita. Non si vedeva perché lei, era una
dea e quindi non apparteneva per il mondo degli umani. Così la dea Studno
spazientita decise di trasformare Margherita in un fiore dai petali bianchi che da lei
prese il nome di Margherita. Questo fiore si può trovare ancora oggi nei prati.
LA NEVE
Tanto tempo fa in cima al monte roccioso immersa in un freddo gelido, viveva tutta
sola una bellissima fanciulla dalla pelle candida e fresca, gli occhi azzurri lucenti e i
capelli lunghi e lisci. Un giorno la bellissima fanciulla scese dal monte dove c'era un
piccolo paesino in cui gli abitanti si lamentavano per il clima troppo caldo e arido che
non faceva crescere il raccolto e che rendeva l’aria a volte irrespirabile. Nel villaggio
viveva un bellissimo ragazzo con capelli biondi, occhi azzurri, vestito di blu e con un
mantello bianco; il suo aspetto era certamente bello, ma era di carattere estremamente
arrogante, presuntuoso e altezzoso, non desiderava parlare con i suoi compaesani e
non salutava mai nessuno. La ragazza lo vide se ne innamorò perdutamente e cerco
di conoscerlo e di fare amicizia con lui. Lui però non era interessato né alla sua
amicizia né tanto meno al suo amore, la ignorava, anzi non la vedeva nemmeno
passare. Biancaneve, questo era il nome della fanciulla, arrabbiata e triste salì in cima
al monte con una velocità impressionante, dove disperata pianse ininterrottamente
fino allo sfinimento che la portò alla morte. La sua anima salì in cielo, dove continuò
a pensare al suo innamorato e a versare così tante lacrime da allagare tutta la vallata,
le gocce che scendevano si congelavano dal freddo e cadevano sotto forma di tanti
piccoli fiocchi che volteggiavano nell’aria. Gli abitanti erano felici e contenti per il
bianco paesaggio che si era formato e perché finalmente avrebbero avuto in
primavera acqua a sufficienza per irrigare i campi: chiamarono questo fenomeno
neve. La neve soffice si presenta quando l’anima della fanciulla vede in fondo ai
monti passare quel ragazzo che tanto ha amato.
LA PIOGGIA
In una terra lontana, tanto tempo fa, vivevano degli uomini poveri. Essi erano divisi
in tante grandi tribù con le loro numerose famiglie. Questi uomini credevano negli
dèi e li onoravano sempre, ogni volta senza mai dimenticarsene. Un giorno però un
ragazzo svogliato smise di venerarli, con lui anche i suoi coetanei e così anche i
bambini più piccoli. In seguito smisero persino le altre persone. Erano rimasti solo i
saggi anziani. Man mano anch’essi si lasciarono andare e abbandonarono la loro
attività quotidiana. In questo modo, nessuno più li onorava. Gli dèi allora, tristi per
questo fatto inaspettato, si misero a piangere e il cielo azzurro si coprì di grossi
nuvoloni scuri come la notte. Piansero così tanto che provocarono un’inondazione
dove morirono tutti. Tante gocce cadevano dal cielo: si creò così la pioggia.
LA NASCITA DI ROSA E NARCISO
Un tempo, quando le fanciulle e i fanciulli vivevano insieme e in compagnia, una
ragazza di nome Rosa era nel giardino del suo palazzo a raccogliere dei fiori
profumati e variopinti. Era una fanciulla bellissima, dolce, spensierata. I suoi occhi
erano azzurri come il mare, i capelli erano lunghi e biondi come il sole e si vestiva
sempre con degli abiti rosa, bianchi, rossi. In quel giorno splendido le fanciulle e i
fanciulli potevano passare tutta la giornata all’ aria aperta nei verdi prati a giocare
tutti insieme. Mentre Rosa stava passeggiando nel cortile, la chiamò Luca un
fanciullo che viveva solo con il padre in una grande casa in riva al mare. Suo padre
era molto ricco e qualunque cosa che voleva Luca lui gliela comprava. Lui era molto
innamorato di Rosa, e in un giorno splendente le chiese di diventare la sua ragazza,
ma lei non volle perché le piaceva un altro fanciullo di nome Narciso. Lui era
simpatico, dolce, sensibile, alto e bello. Luca si arrabbiò molto e andò da suo padre
chiedendogli di fare al più presto un incantesimo alla fanciulla e gli disse che doveva
trasformarla in un fiore rosa, bello come lei. Intanto Rosa e Narciso si trovarono nel
magnifico palazzo della fanciulla, e proprio in quel momento arrivò Luca e rimase la
con loro per parlare della ragazza. Ad un certo punto i due ragazzi si accorsero che la
fanciulla al posto che le gambe aveva un magnifico stelo e le sue mani delle
bellissime fogli lucide come l’acqua del ruscello i suoi magnifici capelli diventarono
dei petali grandi, leggeri, morbidi, rosa come il tramonto in riva al mare . Narciso
quando si accorse voleva salvarla ma toccandola con le mani si trasformò anche lui in
un fiore giallo come l’oro. Luca vide che i due erano molto innamorati e si pentì di
tutto quello che aveva fatto, inoltre capì che non poteva avere tutto quello che voleva
e che desiderava. Vedendoli mutarsi in dei bellissimi fiori morì dalla sofferenza.
Nacquero così la Rosa e il Narciso.
LA STELLA ALPINA
Tanto tempo fa c'era una pastorella molto bella che viveva nelle aspre montagne delle
Alpi, col suo vecchio nonno dalla lunga barba.
La fanciulla controllava le pecore e per nutrirle le portava nei pascoli più rigogliosi,
dall'erba verde e tenera.
Stella era il suo nome ed era bellissima come il Sole, che aveva circa 5 anni. Era
ubbidiente, gentile, affettuosa e non faceva mai arrabbiare suo nonno.
Aveva occhi verdi come la chioma degli alberi in primavera e una carnagione rosata
come il tramonto che si può ammirare sulle Dolomiti.
Pian piano Stella cresceva e diventava sempre più bella e sempre più brava, portava
le pecore nei monti ed aveva anche imparato ad mungerle.
Una sera tornando a casa la pastorella si accorse che aveva perso una pecorella e
allora riportò nel recinto le altre e andò a cercare quella smarrita.
Dopo aver a lungo camminato cominciò a piovere ed ha iniziato a salire un terribile
vento.
Stella riuscì a trovare la pecora che spaventata scappò.
La fanciulla scivolò per terra sbattendo la testa contro un sasso perdendo la memoria
e rimanendo intrappolata tra le rocce per diversi giorni.
Senza cibo e senza acqua la fanciulla si distese in un sonno infinito.
Demetra, la dea della natura, vedendo questa ragazza decise di ricordare la memoria
della sua bellezza, della sua leggiadria e della sua tenerezza trasformandola in uno
stupendo fiore, la “STELLA ALPINA”.
Prese quel nome perché lei si chiamava “Stella” e “Alpina” perché viveva tra i monti.
Ancora oggi nelle cime più impervie e più alte possiamo ammirare questo bellissimo
fiore.
LA CREAZIONE DEI FULMINI
Un giorno Thor ebbe una figlia. All’inizio era adorabile e tutti le volevano bene, ma
col passar del tempo incominciarono a odiarla. Il padre la ammoniva continuamente e
le diceva di essere tranquilla e di non importunare gli dei. Lei invece di ascoltare suo
padre, disturbava tutti, faceva scherzi antipatici e talora addirittura pericolosi. Un
giorno si sognò di mettere una trappola per topi ai piedi del letto del dio Apollo;
quando si alzò per far sorgere il sole invece di vedere l’alba si sentì solo un grande
urlo di dolore. Allora Thor la sgridò e la punì. La figlia, allora, si arrabbiò col padre e
scappò sulla Terra, dove si fece vedere per un comune umano. Il padre, però non
poteva tramutarsi anche lui come sua figlia, quindi decise di scagliare fulmini e
provocare tempeste fino a quando non l’avrebbe colpita, ma lei riuscì sempre a
trovare rifugio grazie agli umani. La figlia sapeva che i fulmini e le tempeste erano
provocati da suo padre per tanto rivelò tutto agli uomini, l’esistenza di Thor e delle
altre divinità. Allora Thor dall’alto dei cieli vide cosa faceva sua figlia quindi con i
suoi poteri sovrannaturali allungò il braccio e la prese. Subito dopo la punì
mettendola in una gabbia sospesa in aria per tutto il resto della sua vita, ma gli umani
non si erano dimenticati dell’esistenza di Thor, quindi sparsero le voci in tutto il
mondo. Per questo motivo egli fece sì che in varie stagioni dell’anno piovesse e
tuonasse, solamente per spaventarli. Chissà, forse sua figlia è ancora sospesa in aria
che ci guarda.
LA NASCITA DEI FULMINI
Un tempo il potente Zeus, il padre degli dei, si svegliò con un terribile mal di testa e
Ladone, il dio dottore, gli disse che aveva un nuovo potere, quello del fulmine. Tutti
gli dei possenti e tutte le bellissime dee lo invitavano a provare il suo straordinario e
nuovo potere. In un villaggio dell’Africa meridionale viveva un ragazzo che era solito
tormentare gli animali. Un giorno quel ragazzo andò al lago del villaggio per
prendere un po’ di acqua; a un certo punto, mentre tornava in dietro, vide un nido di
anatre e lo distrusse e quando mamma anatra e i suoi dolci piccoli tornarono al loro
prezioso nido non lo trovarono più. Da quanto successo Zeus s’infuriò come un leone
senza cibo e allungò la mano verso il ragazzo come per afferrarlo e scatenò un
fulmine. Da quel giorno per ogni azione cattiva che compie l’uomo, si crea una
tempesta con cui Zeus scatena i suoi fulmini.
CAMPANULA MORETTIANA
Un tempo in una delle montagne più alte delle Dolomiti viveva un principe che aveva
gli occhi azzurri e portava un vestito con un mantello blu. Rimaneva sempre da solo
perché era odiato da tutte le povere persone che vivevano ai piedi di quella montagna.
Questo successe a causa del suo egoismo, ogni settimana infatti la gente era costretta
a portare tutto il prezioso denaro al castello, lui era ricco mentre il suo popolo era
sempre più povero. Un giorno arrivò in paese una fanciulla, era bellissima, aveva i
capelli turchini, gli occhi azzurri e portava un vestito bianco. Appena vide quel
magnifico principe, se ne innamorò. Il principe appena la vide decise di sposarla.
Dopo pochi giorni si celebrò il grande matrimonio e grazie al loro amore, il cuore del
principe si scongelò e la sua rabbia, il suo egoismo e la sua perfidia sparirono, così il
loro popolo poteva vivere in pace e in armonia. Una fata decise che il loro amore
doveva essere eterno dato che il principe aveva infranto una promessa a lei fatta. Fece
così tramutare la fanciulla in una bellissima corolla viola, mentre il principe diventò
lo stelo ricoperto di bellissime foglie verdi. Nacque così la Campanula Morettiana
(simbolo del Parco delle Dolomiti Bellunesi), un fiore che vive nelle fessure nella
roccia in alta montagna. Da allora, quando si ha l’occasione di fare un’escursione può
capitare che si veda questo magnifico fiore.
NON TI SCORDAR DI ME
C’era una volta una fanciulla con i capelli biondi molto chiari e con un ciuffo azzurro,
di un colore stupendo. Da piccola questa fanciulla viveva con la zia e la cugina in un
posto molto freddo dove c’era tutto l’anno la neve. Un giorno la fanciulla decise di
scendere nel paese sotto la montagna in cui viveva, quindi salutò la zia e la cugina.
La fanciulla partì e quando arrivò in paese tutti la accolsero benevolmente e le
proposero di andare ad abitare in una casa dove non viveva nessuno, lei accettò.
Quella sera era molto stanca e si addormentò subito. La mattina seguente una donna
del villaggio andò a svegliarla e le portò la colazione; vedendola spettinata, iniziò a
pettinarla. In quel paese c’era un’antica superstizione secondo la quale chi aveva i
capelli biondi chiari e una ciocca di capelli azzurra era una strega malvagia. Quando
la donna si accorse della ciocca azzurra, lasciò cadere il pettine e corse subito a dirlo
a tutti i compaesani. Intanto la fanciulla non capiva cosa stesse succedendo. Le donne
infatti decisero di rinchiuderla in una torre e di farla rimanere lì per sempre.
Cominciarono giorni tristi e di solitudine per la fanciulla a cui era concesso solo un
pasto al giorno; la fanciulla era sempre più disperata e la sua salute deperiva ogni
giorno di più. Con l’andar del tempo si dimenticarono di lei e non le portavano più da
mangiare. Le era rimasta solo una speranza che qualcuno venisse a salvarla.
Camminando per la torre s’inciampò sul suo vestito, cadde sbattendo la testa su un
sasso e morì. Dal suo sangue nacque un bellissimo fiore azzurro dello stesso colore
della ciocca dei suoi capelli. Dopo qualche tempo delle persone si ricordarono di lei,
entrarono nella torre, ma vi trovarono solo un fiore azzurro che decisero di chiamare
“Non ti scordar di me”.
IL GIORNO E LA NOTTE
Un giorno Luna invitò il suo migliore amico Sole a giocare a casa sua. Luna era
bianca come la neve e Sole era di un colore giallo splendente con i raggi arancioni.
Decisero di giocare a scappa e prendi, nascondino, le belle statuine, calcio, pallavolo
e tanti altri giochi.
Arrivata la sera, andarono a cenare. Finita la cena, andarono a letto e dormirono
come ghiri. Il pomeriggio seguente uscirono in cortile a giocare a pallavolo. Luna tirò
la palla talmente forte che arrivò da Sole e gli ruppe tre raggi. Sole tornò a casa e
disse alla sua mamma che per colpa di Luna si era fatto male e allora andarono subito
all’ospedale, dove gli avrebbero messo il gesso. Una volta tornati a casa la mamma
ordinò a Sole di non vedere mai più la sua migliore amica. Sole però non accettò e
disubbidì alla severa madre, usci di casa e piangendo andò da Luna per avvisarla
della brutta notizia. Sole fece una promessa a Luna dicendole che si sarebbero
incontrati solo all’alba e al tramonto. Nacquero così il giorno e la notte.
VESUVIO – ETNA - ISCHIA
Secoli fa due uomini grandi forti e muscolosi che si chiamavano Vesuvio ed Etna
erano innamorati di una bellissima fanciulla Ischiabella. Ischiabella viveva vicino a
Vesuvio e la fama della sua incredibile dolcezza e bellezza arrivò fino in Sicilia dove
Etna incuriosito volle vederla e conoscerla. Rimase talmente incantato che anche lui
si innamorò della fanciulla . Tutti due erano pazzamente innamorati ma Ischiabella
non riusciva a decidere; anche dopo molti anni. Allora a sua insaputa decisero di
sfidarsi a duello per vedere chi aveva la possibilità di sposarla. Vesuvio stava
vincendo, ma Etna contrattaccò scontrandosi nel cielo finirono uno in Sicilia e uno
sulla costa campana. Lo schianto fu talmente violento che sprofondarono nel terreno
che si surriscaldò e cominciò a eruttare lava e si formarono due grandi vulcani Etna in
Sicilia e Vesuvio in Campania. Quando Ischiabella venne a sapere quanto accaduto si
disperò e verso tante lacrime da formare un grande mare: il Mediterraneo. Gli dei
vedendola disperata non vollero più farla soffrire e la trasformarono in un isola:
Ischia, che oggi è una delle isole più belle d’Italia.
VOLPE
Volpe era una graziosa fanciulla dagli occhi celesti e i capelli mori che si vantava
sempre di essere furba. Atena questo non lo sopportava ed allora decise di farle una
visita nelle sembianze di anziana. Arrivata a casa di Volpe chiese dimora. La fanciulla
fu ospitale poi però, cominciò a vantarsi e a dire di non dovere la sua dote a nessun
dio dicendo di essere più furba anche di essi. La dea non resistette a quest’oltraggio,
ritornò alla sua forma originale e trasformò la fanciulla in un essere dal muso
allungato, con quattro zampe, una coda, un corpo peloso e soprattutto dotato di tanta
furbizia. Da allora in poi Volpe manifestò ancora la sua furbizia contemporaneamente
alla sua rabbia divorando pecore e polli di innocenti contadini.
!
BUCANEVE, GENZIANA E MUSCARI
Bucaneve e Genziana erano due giovani molto innamorati. Avevano però poche
occasioni per vedersi per colpa di Muscari, l'arrogante pretendente della ragazza che
lei rifiutava. I due fanciulli riuscivano ad incontrarsi solamente rare volte nel luogo
segreto nel bosco.
Un giorno Muscari scovò per sbaglio il nascondiglio dei due e si ripromise di spiarli
sempre. Non sapeva però, che Bucaneve lo aveva visto e una volta a casa aveva
pregato Zeus, perché li lasciasse in pace. Così Muscari si dimenticò la strada e si
perse nel bosco. Intanto, in quel bel pomeriggio d'estate, Bucaneve illustrò a
Genziana il suo progetto di sfidare Muscari a scacchi e il vincitore avrebbe avuto in
premio l'amore della ragazza. Lei però non era d'accordo, perché se Bucaneve avesse
perso avrebbe dovuto sposare il presuntuoso pretendente; così la sera scongiurò la
fidata Era, che a vincere fosse Bucaneve.
Il fatidico giorno della battaglia arrivò e dopo molte ore di sfida tra i due giocatori,
Muscari riuscì a far scacco matto a Bucaneve. Ma Era vedendo piangere la povera
Genziana si ricordò della promessa fatta. Così trasformò i tre ragazzi in tre fiori che
porteranno per sempre il loro nome. Genziana e Bucaneve li mutò in fiori di
montagna, uno di colore indaco e l'altro bianco affinché stessero sempre insieme.
Invece Muscari lo trasformò in un fiore da giardino con i petali all'ingiù in segno di
dispiacere e con il significato di vanità e incapacità di amare.
LE LACRIME DEL CIELO
Un giorno oltre le bianche nuvole come neve e soffici come cotone, nell'infinità,
Poseidone e Zeus scatenarono una lotta dopo un violento e rumoroso litigio. Zeus
scagliava con una gran potenza imponenti fasci di luce, mentre, Poseidone, grandi
masse d' acqua. Mentre la faticosa lotta continuava da giorni, Atena, dea della guerra
intervenne ormai infastidita dal rumore prodotto dai due colossi. Fu sconfitta
facilmente dopo qualche ora e piena di vergogna si ritirò sopra le nuvole per piangere
per tutta la sua vita. Ritornarono quindi, come erano all' inizio cioè Zeus contro
Poseidone. Quando i due ricominciarono, Poseidone senza forze si trasformò in una
nuvola nera dalla rabbia, la nuvola nera e potente come un leone inferocito, quando si
avvicino ad Atena la inghiottì. Zeus da quel giorno decise di allenarsi con i suoi
fulmini sulla nuvola, però con la sua pessima mira non la beccava mai. Quindi da
quel giorno sulla terra cadevano fulmini e lacrimi (pioggia) dando vita a temporali.
IL RICCIO
Un giorno nell’ Olimpo gli dei banchettavano con nettare e ambrosia per la vittoria
ottenuta su Crono, quando, all’esterno del palazzo si sentì un forte sibilo che
interruppe il loro pranzo. Zeus allora andò a vedere chi disturbava gli dei. Quando
aprì la porta del palazzo, si trovò una miriade di serpenti davanti a sé. Zeus chiese
loro:”Perché venite a disturbarci mentre mangiamo?” e allora i serpenti si
giustificarono dicendo:”Neanche noi riusciamo ad avere un pasto decente!”. A quel
punto Zeus ribatté dicendo:”Siete dei predatori agili e forti, quindi andate a
cacciare!”, ma i serpenti, cominciarono a sibilare sempre più forte. Zeus, allora, creò
delle guardie che morirono a causa dei micidiali morsi dei serpenti. Quelle
sopravvissute cominciarono ad adattarsi agli attacchi subiti e svilupparono degli
aculei lungo la schiena e diventarono più agili e sfuggenti. I serpenti non si fecero
intimorire e li attaccarono, ma le guardie crearono delle sfere di aculei con il proprio
corpo e loro vennero infilzati. Gli ultimi rimasti sfuggirono dall’ Olimpo. Le guardie,
per la splendida vittoria ottenuta, ebbero diritto ad un nome, che fu deciso da
Afrodite, furono chiamati ricci. Ancora oggi il riccio è l’unico animale che può
resistere al morso velenoso dei serpenti e un detto rassicura” riccio nel prato, serpente
spacciato”. Si consiglia infatti di mettere un riccio nel giardino per tenere lontane le
serpi.
IL BATTELLO DELLE NUVOLE
Un giorno un ragazzo dai capelli marroni e occhi castani, che sognava di volare in
cielo, decise di creare una specie di battello a vapore che non si spegnesse mai. Per
settimane e settimane, notte e giorno, pensò a come costruire il macchinario, e, una
notte, in sogno, ebbe un'idea. Si svegliò di colpo, e senza perdere tempo, si mise al
lavoro. Dopo anni di duro impegno lo accese e, con le dita incrociate, sperava che
funzionasse. Rimase lì ad aspettare e quando stava per rinunciare alla sua invenzione,
si accese e iniziò a emanare fumo dal camino e scoppiò a piangere per la felicità,lo
portò in giardino e ci fece subito un giro. Non ci credeva, Il suo più grande sogno si
era realizzato. Ma un giorno mentre navigava nel cielo e pensava di essere l'unico,
Zeus padre degli dei e dio del fulmine gli propose una sfida. La gara consisteva nel
fare il giro del mondo e chi tagliava il traguardo per primo vinceva. L'accordo era che
se il ragazzo avesse vinto avrebbe acquisito l'immortalità di Zeus, mentre se era Zeus
a vincere il suo avversario doveva lasciare il mondo che amava tanto. Quando
partirono il battello era in testa. La gara era molto movimentata. Verso la fine Zeus
era in vantaggio e il ragazzo prese una scorciatoia. Schivò la 1°, la 2°e la
3°montagna, ma poi perse il controllo del battello e si schiantò su un monte. Vinse
Zeus e così lo sfidante dovette lasciare il cielo. Il battello però è ancora lì, chissà
dove, che emana dolci e tenere nuvole dal camino. Ma ancora oggi, quando guardo le
nuvole mi chiedo dove possa essere quel monte su cui c'è il famoso battello delle
nuvole.
IL PAPAVERO
C’era una volta una ragazza, aveva capelli biondi come i raggi del Sole e bellissimi
occhi blu come il mare profondo. La fanciulla si chiamava Papavero. Un giorno
una sua compagna di classe la paragonò ad un bellissimo fiore rosso che cresce nei
prati di campagna. Lei riteneva il suo nome molto brutto. Decise di chiedere ad una
fata che viveva nelle prossimità di un lago lucente se esistesse un incantesimo per
poter cambiare il suo nome. L’incantesimo c’era ma doveva pagare un prezzo: se
qualcuno la tradiva lei sarebbe diventata il fiore che indicava il suo nome. La
fanciulla accettò di cambiare nome e da quel giorno si sarebbe chiamata Sara. In
quei giorni conobbe un ragazzo che aveva degli occhi verdi come l’erba del
mattino e dei bellissimi capelli neri come il carbone, che la tradì non offrendole il
suo amore. Lei si trasformò in uno stupendo papavero rosso che rappresenta
l’amore.