il padre e il sesso nel pensiero del laico

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il padre e il sesso nel pensiero del laico
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921210WEB_GBC3.pdf
data
10/12/1992
Contesto
GBC
Relatore
GB Contri
Liv. revisione
Pubblicazione
Lemmi
Arrangiarsi
Freud, Sigmund
Laicità
Nostalgia
Padre
Promessa
Psicoanalisi
Sesso
Soddisfazione
Universo
CONFERENZA A IVREA
10 dicembre 1992
GIACOMO B. CONTRI
IL PADRE E IL SESSO NEL PENSIERO DEL LAICO 1
Ringrazio per la presentazione e, raccogliendo una battuta, dico subito che io sono un “emigrato”
essendo nato ad Ivrea a pochi metri da questa piazza. Ho provato molte emozioni a varcare questa soglia e a
ritornare in questa città, senza per questo dare spazio a quella che noi chiamano “nostalgia”.
Non amo la “nostalgia”, anzi la contesto: mi permetterei di dire a qualcuno che la prova o a chi prova
affetti come l‟angoscia, la depressione o la melanconia di “darsi una smossa”, perché non va bene, non sta
bene nel senso in cui si dice star bene o star male, non è una buona cosa. La nostalgia non è una buona cosa
perché non è un moto a luogo, come l‟etimologia della parola potrebbe far pensare, anche se nostalgia vuol
dire far ritorno: un sentimento doloroso, penoso per un ritorno che però è falso.
La parola nostalgia ha la pretesa di descrivere un moto a luogo che non esiste, perché se il luogo esistesse
davvero, perché no?, perché non proporselo? Se il moto fosse possibile e il luogo fosse esistente, allora la
nostalgia andrebbe bene, il sentimento stesso sarebbe un po‟ come una bussola il cui ago, anziché puntare a
nord, punterebbe verso quel luogo che sarebbe il nostro nord, ci farebbe da guida certa. Il sentimento di
nostalgia è falso che sia la nostra guida. Non esiterei a definire il sentimento di nostalgia come un sentimento
patologico, diversamente dall‟angoscia che è un sentimento normale. L‟angoscia è un segnale come lo è il
mal di denti: per fortuna lo abbiamo, altrimenti non ce ne accorgeremmo. Il dolore è spiacevole ma è un
segnale per “darsi una smossa”.
Non è il caso della nostalgia, da cui è il caso soltanto di guarire.
È errato, invece, guarire il dolore fisico: bisogna cercare la causa del dolore, di cui è un segnale. Ad
esempio, le sostanze stupefacenti che assumono i tossicomani, avendo tra l‟altro un effetto analgesico,
impediscono di sentire il dolore, di provare una normale “angoscia di denti”, con il risultato che arrivano dal
dentista quando ormai i denti sono tutti rovinati o addirittura perduti.
La nostalgia coltiva l‟idea di un ritorno ad un non-posto, dal momento che questa località presunta è
assente, non esiste e si ingigantisce. Per questo motivo non ho provato nostalgia per Ivrea ma piuttosto il
desiderio di ritornarvi per essere qui stasera a parlare di alcune cose. Il titolo di questa sera non ha nulla di
bizzarro, cercherò di trattare l‟argomento in modo lineare.
Potrei iniziare dalla prima riga dell‟invito, su cui è riprodotto un mio passaggio non più rivisto da
molto tempo ma che continuo a sottoscrivere. L‟errore di stampa, “Il padre perso...” anziché “Il padre
preso...”, mi dà lo spunto per ricollegarmi a quanto ho detto: il padre perso è quello della nostalgia, è la
nostalgia.
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Conferenza pronunciata a Ivrea il 10 dicembre 1992. Il testo, non rivisto dall‟ Autore, è a cura della dott.ssa Giovanna
Amosso-Gaspare.
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Non so quali siano le vostre letture in psicoanalisi e l‟idea che ve ne siete fatta, che poi la
psicoanalisi è un mestiere da “ficcanaso”, non esiste la miniera d‟oro della psicoanalisi. La psicoanalisi si
occupa di miniere d‟oro che esistono già o di miniere d‟oro fasulle, patacche ma non costituisce una propria
competenza che non sia già una competenza di tutti, a differenza di altre professioni in cui la competenza si
acquisisce.
In nodo molto veloce, ho introdotto il concetto di universo, perché è l‟idea di una legge in cui tutto
ha a che fare con tutto e soprattutto ogni elemento, ogni individuo ha a che fare con tutti gli altri.
Ritornando al padre perso è proprio il tema della nostalgia: il padre, la casa del padre odiata o amata,
come luogo della nostalgia.
Nella misura in cui io fossi psichicamente malato, i miei pensieri in questo momento, nella notte e
domani seguirebbero la pista della nostalgia e di ciò che ho perso non avendo più qui ad Ivrea le persone
care. Seguirei allora questo pensiero “maligno‟‟, inteso come nostalgia assunta ad indicazione, per la quale si
spende tempo e pensieri, trasformando la mia venuta qui, con il pretesto di parlare, per fare un pellegrinaggio
dei luoghi a me cari.
Una volta si diceva di non seguire le cattive compagnie, si potrebbe allora dire che non si dovrebbero
seguire i cattivi sentimenti, e la nostalgia è un cattivo sentimento.
Il tema del padre è freudiano a 360 gradi e lo si ritrova in Freud sotto forma di padre, di complesso
edipico, di paternità. Anche la sessualità è presente in Freud a 360 gradi ma in un modo un po‟ particolare e
singolare.
Freud ha iniziato ad avere le sue prime idee circa cento anni fa. Ci sarebbe ormai da parlare di
“Freud perso”, perché lo abbiano completamente perso: gli ultimi dieci libri di psicoanalisi pubblicati non
hanno nulla in comune né fra di loro né con Freud, a parte un po‟ di lessico incollato con una colla che tenta
di tenere insieme i termini, ma il senso che accomunerebbe questi dieci libri – cosa c‟è ancora di Freud – è
andato completamente perduto. Noi, inteso come gruppo del Lavoro psicoanalitico, abbiamo lavorato,
rielaborato e ritrovato Freud senza applicare nessuna operazione nostalgica.
Quando Freud ha iniziato sembra essersi occupato di quello che in italiano corrisponde ad un verbo
un po‟ svilito, al di sotto della linea gotica, un po‟ “terrone”: “arrangiarsi”.
Freud si è occupato di rispondere alla domanda se davvero ognuno di noi, preso singolarmente, sia o
no all‟altezza di avere l‟arte di arrangiarsi. Il laico sarebbe dunque colui che sa arrangiarsi. Questa frase, ma
in particolare il verbo, sa condensare tutta l‟opera di Freud che si è sviluppata in decenni di lavoro.
La parola laico è piena di significato: i vecchi professori di scuola, che si definivano “laici”,
dicevano già: “pensare con la propria testa”. Il laico sarebbe dunque colui che pensa con la propria testa.
Sempre ammesso che una testa ci sia.
Quindi il quesito di Freud è: quale è la testa che ci vuole per pensare con la propria testa. In base alla
sua esperienza con le nevrosi ed altri tipi di patologia, egli osservava che uno può avere una testa, un cervello
con tanti pensieri, ma non essere in grado di pensare con la propria testa: se si ha una nevrosi, una
schizofrenia, una perversione si è meno o incapaci del tutto di pensare con la propria testa.
Perché arrangiarsi è così importante? Perché perlomeno si inizia a dividere la popolazione in almeno
due categorie: chi sa arrangiarsi e chi no. Quello che fa più repulsione in Freud è il fatto di avere così
palesemente mostrato che non esiste differenza che tenga nell‟essere nevrotici e nella possibilità di guarirne.
Il metodo della psicoanalisi è identico per tutte e due.
Leggere tutto Freud non serve ad uscire da una nevrosi. Cosi come nella formazione psicoanalitica
l‟avere fatto o no un certo tipo di studi non serve a nulla: ci si forma facendo un‟analisi come qualsiasi
individuo che si arrangi.
Non so se qualcuno di voi ha un‟esperienza di questo genere, ma se anche aveste un‟idea da
“fumetto” dell‟analisi, sapete che l‟analisi è quella cosa dove una persona si mette su un divano e parla. Cosa
vuol dire che parla? Che lavora, che fa luì l‟analisi, ossia nell‟analisi viene messo in atto il principio
dell‟arrangiarsi: questa è la condizione. Non è l‟analista che deve fare – come si potrebbe intendere secondo
un modello medico – ma è il paziente che deve arrangiarsi. In base alle sue facoltà e capacità, l‟analista
ritiene che l‟arrangiarsi da parte del paziente, con il suo modesto aiuto dato da una certa frequenza, è
sufficiente ed adeguato per permettergli di lavorare su se stesso. L‟analista, a differenza del medico, non solo
parla poco ma risponde poco alle domande, che equivale a dire “fai tu”: esaltazione dell‟arte dell‟arrangiarsi.
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Freud con i suoi pazienti ha fatto altrettanto. Si dice spesso che è stato Freud ad aiutare i pazienti
mentre è vero il contrario: sono stati i pazienti ad averlo aiutato, sono stati i pazienti i veri analisti di se
stessi.
Freud ha poi iniziato ad osservare che non era vero che ognuno di noi, a seconda della latitudine,
della classe sociale, del sesso, ha delle possibilità diverse. Tutti iniziano da uno stesso punto, da una parola:
“soddisfazione”, anche se autori successivi hanno attentato a questa idea iniziale di Freud, dicendo che
l‟esperienza iniziale di soddisfazione è inibita e che sarebbe una ricostruzione successiva che si proietterebbe
sui primi tempi della vita.
Tutti partono da un‟ esperienza di soddisfazione senza eccezioni. Una seconda cosa importante, è
che quantunque questa esperienza sia stata bistrattata, rimossa ma ricordabile, chi disponesse almeno di una
esperienza di soddisfazione, qualsiasi sia il contenuto, ciò vorrebbe dire che in ogni momento della nostra
vita, consapevolmente o non consapevolmente, avremmo tutti una “bussola interna”, sapremmo distinguere il
nord dal sud, il bene dal male senza usare categorie predicatorie e moralistiche: sapremmo che cosa ci
importa. Freud lo chiamava anche principio di piacere, che per lui voleva dire la grande bussola non solo
individuale ma anche collettiva (vedi ad esempio il Disagio della civiltà). Ed è a questo punto che
collocherei i due concetti di Freud di pulsione e di sessualità.
Quindi ognuno dovrebbe avere un‟ esperienza di chiaro appagamento o soddisfazione.
Noi tutti siamo partiti da un‟ esperienza di soddisfazione a cui possiamo fare riferimento nel corso
della nostra esistenza, come ci si riferisce ad una bussola o come quando ci si chiede cosa si farà domani
della propria vita.
Il primo passo dell‟esistenza è iniziata da una promessa, non è necessario che qualcuno l‟abbia fatta
verbalmente anche perché all‟inizio della vita, se qualcuno ci parla, non siamo in grado di capirlo.
Il partire da un‟ esperienza di soddisfazione vuol dire ad esempio svegliarsi bene al mattino e
ritrovare ciò che si voleva ritrovare o mangiare bene. Dire questo significa dire che l‟esistenza inizia a partire
dalla dimensione della promessa o da una “vocazione” (parola abusata in psicologia) a ritrovare
costantemente un‟esperienza di soddisfazione, dove ritrovare non significa riprodurre come se fosse una
fotocopia ma reinventarla, arrangiarsi. Il livello della ricerca è di ricostruire, reinventare, che significa che è
nella costituzione umana. tale costituzione è fondata sulla soddisfazione. L‟esistenza inizia come vocazione a
ricostituire, ad inventare in ogni momento la propria esperienza come soddisfazione.
Dove va la vocazione, affinché vi sia soddisfazione? Freud si occupa di cose che esistono già – la
capacita di arrangiarsi – che noi tutti possiamo osservare: da questo punto di vista Freud non ha inventato
una nuova professione.
Questa esperienza iniziale di soddisfazione può venire in qualche modo guastata: la promessa non è
mantenuta. Il principale contrasto, che avviene nella vita di un individuo rispetto all‟iniziale esperienza di
soddisfazione è data dal contrasto dell‟infelicità, che può derivare dall‟insufficienza dei mezzi, dalla
cattiveria dell‟ambiente, dall‟egoismo altrui, è quella disdetta dall‟esperienza iniziale di soddisfacimento che
porta alla confusione. Si diventa confusi o ingannati rispetto a quella personale ed iniziale esperienza a cui ci
si sarebbe potuti orientare.
Il divenire malati (nevrotici, psicotici, ecc...) è perdere quella bussola di cui Freud parlava e che
chiamava principio di piacere (il principio di realtà è avere un solido principio di soddisfazione, significa
realizzarsi, non diventare malati, ossia è l‟adeguata riformulazione del principio di piacere).
Almeno una volta nella nostra vita abbiamo visto il sesso coni segno di una promessa, del rilancio di
una promessa e come questa promessa può essere disattesa nell‟esperienza affettiva.
Freud l‟hanno fatto diventare il grande sessuologo di fine „800, cosa del tutto errata. Sono i malati ad
occuparsi di sesso: più si è malati e più la testa è occupata, è piena di pensieri e fantasie sul sesso, basta
contare il numero di ore dedicate a questo tipo di pensieri. Freud, invece, si occupa di come far si che la
nostra vita sia più reale, di come far diventare vuota una testa così piena di sesso: per avere anche vita
sessuale bisogna che la testa sia “vuota”, ciò equivale a dire che se il sesso è un pensiero allora bisogna
„togliersi il pensiero”. Freud ha dato un nome preciso a questo mio dire: “castrazione” per indicare quella
liberazione sessuale che si ottiene dal pensiero e non dalla realtà del sesso, quando questa dà al sesso una
tendenza soltanto negativa. In tal senso, il sesso cessa di essere fonte di angoscia, dispiacere ed
insoddisfazione.
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Questo è quanto ha detto Freud a proposito di castrazione e questo è quanto cerco di dire senza
formalizzazioni.
Bisogna rimanere aderenti al testo, al linguaggio usato come veicolo di informazioni rispetto ai
concetti psicoanalitici, bisogna sempre rimanere aderenti al come si parla e al come si mangia (per
rovesciare il discorso: nell‟anoressia affinché vi sia guarigione occorre imparare a mangiare come si parla).
Quando si fa un‟analisi si impara davvero a parlare, ad avere, come si dice, voce in capitolo.
La nostra vita può essere soddisfacente così come i nostri rapporti se il sesso, e l‟amore, non lo si
pensa ma lo si fa. A questo proposito un esempio: quanto più il sesso ha voce in capitolo tanto meno
abbiamo voce in capitolo, diventiamo insoddisfatti, i nostri rapporti si restringono, anche sessualmente
parlando.
Questa operazione non può: essere insegnata a scuola e tanto meno con l‟educazione sessuale o con
la sessuologia (secondo me chi è pervaso di sessuologia è davvero “incurabile”). È solo il singolo che,
attraverso la sua competenza, può trasformare il sesso in una vera norma. Non si tratta di normare il sesso ma
di dare al sesso tutta la libertà affinché non diventi ingombrante.
Quando si parla di sesso, nell‟esperienza comune, lo si ritrova prima di tutto nel pensiero. Non mi
dilungo su quello che potrebbe dire Freud in proposito, che si tratta di fase fallica, ma voglio solo
sottolineare che quando il pensiero inizia ad essere ingombrato da questo tipo particolare di pensiero allora si
incomincia ad essere veramente malati. La prima cosa da fare del sesso è fare in modo che esso non abbia la
parola. Lacan ha capito così bene questo punto che in una frase è riuscito a riassumere il suo pensiero frutto
di un lavoro durato quasi quarant‟anni. Lui diceva che, quando il sesso esercita su di noi tutta la sua presenza
ingombrante, diventa quella cosa assurda che è il sostantivo del suo stesso nome: Il Sesso. Sappiamo che
esistono gli universali (tanti cavalli – il cavallo ad esempio) ma che questi non sono validi per il sesso,
perché il sesso non esiste: esistono due sessi.
La prima forma del pensiero è costruire, regolare dei rapporti, compreso molto tardi dagli psicologi
che parlano di inesistenti “leggi del pensiero”. Il pensiero è quel lavoro che noi facciamo per regolare i nostri
rapporti affinché essi siano soddisfacenti e la prova è che quando il pensiero lavora male non si riesce più ad
amare. In questo senso, noi abbiamo fatto passare il sesso da oggetto della legge a componente della legge.
Una legge che, anziché avere degli articoli con un contenuto, ha un articolo il cui contenuto è proprio quello
di non averne.
Ora vorrei ritornare all‟altro tema del padre e della promessa.
La promessa parte da una banale esperienza di soddisfazione, la più comune, che non si è andata a
cercare e di cui magari nemmeno ci accorgiamo, che nessuno ha detto verbalmente o ce l‟ha mandata a dire.
Chi ci ha promesso che questa promessa sarà mantenuta? Nessuno ci ha promesso che il regime della
promessa sarà soddisfatto (vedi l‟augurio “non essere nemmeno nato, meglio non esserlo mai stato”). Il
nostro punto di partenza non è arrivare ma è la promessa e il punto iniziale dell‟esperienza di soddisfazione.
Non essendoci nessuna regolazione automatica, nessuna legislazione sociale che risponda alla
domanda su come mantenere la promessa, allora mi trovo ad arrangiarmi, a fare qualche cosa, senza che
nessuno mi possa assicurare della riuscita.
La nevrosi, invece, è solo un compromesso, come dire: un colpo al cerchio e uno alla botte, si
mantiene saldamente questa posizione a tutti i costi.
Al contrario, nella perversione non si tiene fede alla promessa, si chiude la partita rispetto alla
soddisfazione, si arriva a negare che ci sia stata mai una soddisfazione.
Mantenere la promessa non è un atto di fede, può essere solo un atto regolativo che consiste nel
continuare ad attendermi dagli altrui e dai miei atti un filo continuo nell‟esperienza di soddisfazione, in modo
che se dovesse interrompersi io possa riprenderla. Ciò significa non ripetere l‟esperienza di W. Allen in
“Provaci ancora Sam”, perché il continuare a sbattere la testa contro il muro ha solo come risultato quello di
avere la testa sfasciata, e il muro ancora in piedi.
A cosa serve quindi ragionare sul mantenersi sulla linea del partito della soddisfazione? Una cosa
sola: primo. perché l‟esperienza di soddisfazione è quella buona; secondo, a prescindere dal contenuto di
questa esperienza, la dichiarazione del singolo a meno che questo dichiari una cosa e la realtà sia un‟altra.
Spesso accade di dire di star bene ma poi si mangia male, si dorme male. In questi casi, dire di star
bene equivale ad una sorta di autopersuasione, per evitare il fastidio di raccontare ad un altro i nostri fastidi
ma di solito i sintomi e la rimozione diventano il modo in cui paghiamo la nostra menzogna. Quando
stabiliamo i nostri rapporti secondo il principio di soddisfazione, si vive bene, c‟è gradimento, altrimenti c‟è
la vendetta, la legge della vendetta che possiamo mettere in atto in ogni momento (vedi le coppie in crisi).
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Il partito della soddisfazione è il vero partito trasversale, valido per tutti e finora nessun argomento è
sostenibile a favore dell‟illusorietà di questa linea del partito, nessun argomento può tenere contro.
Freud quando parla del padre non parla del nostro padre né parla dei padri che possono essersi dati
nella nostra storia (padri metaforici, spirituali, ecc....). La parola padre in Freud va presa in un altro senso,
sicuramente non come figura paterna o come padre di famiglia: essa designa il Padre come si intende nella
tradizione biblica e in quasi tutte le lingue, dovesse anche non esistere alcun soggetto che adempia a un tale
concetto o dovessimo anche essere a-padri. La parola padre è lì, nella tradizione biblica più vicina a noi,
designa il soggetto secondo quale non solo facciamo bene a tenere al partito della soddisfazione perché ciò
va bene e non c‟è nulla che provi il contrario, ma perché questa linea del partito è possibile e se un simile
padre esistesse davvero, ne sarebbe il garante.
Padre è semplicemente quella parola che designa quel regime individuale dei rapporti collettivi, in
cui ognuno è necessitato a perseguire la soddisfazione e non credo che nessuno, anche i più falsi, si
sentirebbe di sostenere che un regime democratico è il regime che sostiene e legittima ognuno a perseguire
la soddisfazione...
Il quesito è se l‟ammettere la possibilità di un simile regime è un delirio, una visione o una
possibilità realistica. Io sostengo l‟ultima possibilità e aggiungo che se non fosse per questa ragione, di cui
sono persuaso, ogni psicoanalista farebbe persino male a fare il suo mestiere, anche se fossero solo cinque
persone su tutta la faccia della terra a perseguire questo regime. La psicoanalisi si regge soltanto in base alla
persuasione che, se non per tutti, almeno per qualcuno la possibilità di un simile regime sia praticabile e
legittimata in ognuno di noi. Occorre però fare i conti con la nostra società che, per come è, si iscrive contro
un tale progetto, è costruita affinché il principio di piacere sia imperseguibile.
RISPOSTE DI GIACOMO B. CONTRI AGLI INTERVENTI
- Arrangiarsi può essere sostituito dal sinonimo autorizzarsi. Autorizzarsi in senso giuridico significa
che tutti noi possiamo fare due cose: fare contratti e votare a meno che abbiano commesso dei reati, come del
resto non posso autorizzarmi a fare il magistrato se non ho i requisiti richiesti.
Autorizzarsi significa che non c‟è nessuna persona che possa volere fare l‟opposto.
La nostra salute anche psichica consiste nel dare la massima estensione possibile al campo
dell‟autorizzarsi nella nostra vita: definizione di laicità
Maggiore è nella vita individuale la facoltà di autorizzarsi, cioè di arrangiarsi, tanto maggiore è
anche la nostra salute psichica e aggiungo tanto migliore è la vita collettiva.
Freud ha analizzato questo concetto ne Il disagio della civiltà, intesa sia come salute psichica sia
come capacità di essere cittadini, ma non se la prende tanto con la società moderna in generale quanto con La
Società.
Tanto più c‟è capacita di autorizzarsi, arrangiarsi, al di là di ciò che è disposto giuridicamente,
maggiore è la libertà di permettersi (il limite è dato dal codice penale). Vediamo che nella nostra società ci
autorizziamo abbastanza poco. Il concetto psichico di “inibizione”, a partire dal non prendere la parola in una
sala perché sono timido, è un difetto dell‟autorizzarsi: chi prende la parola stasera, fosse anche per fare delle
chiacchiere, compie un vero atto giuridico in una comunità e in rapporto a tutti gli altri.
- Quando andiamo a vedere i casi di nevrosi, possiamo renderci conto che il modo di funzionare a
livello psichico e di condotta ha ridotto il soggetto a La Società, cioè ad una sola società. Nel caso della
psicosi estrema, non del singolo episodio che può risolversi, diciamo che l‟individuo è matto. In realtà è una
persona che vive di pura “La Società”, è pienamente servo di questa società, che poi non lo soccorre
nemmeno nel senso di metterlo dentro, a meno che non infranga le regole dell‟ordine pubblico.
Lo psicotico è totalmente asservito a La Società, non ha assolutamente il criterio per instaurare dei
rapporti che sono di una seconda società.
Gli esempi dell‟amore, della vendetta, dello scegliersi portano tutti il tratto universale presente in
quell‟atto dello scegliersi. Prima di mettersi insieme ad A, il singolo soggetto B era soltanto un soggetto
dell‟universo di tutti gli altri soggetti. La condotta, i passi che portano alla preferenza, alla scelta da parte di
A, e che potrà essere anche di B se entrambi sono psichicamente sani, è la condotta di un singolo che si
regola nel confronto di tutto il suo universo e che ne sceglie uno di tutto l‟universo. Il soggetto A mette in
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atto un autorizzarsi (i francesi direbbero alliance), in cui come singolo si regola di fronte a tutto l‟universo
con la precisa azione che tutto quello che farà dopo sarà scegliersi una persona tra tutti gli altri.
L‟universalità ci sfugge sempre e nella misura in cui ci sfugge c‟è qualcosa che psichicamente non va ancora
molto bene.
Parlare di affinità elettive è errato psichicamente e porta fuori strada, perché se l‟universalità è un
concetto applicabile a tutti allora una relazione personale è una cosa che ci riguarda tutti.
- Nell‟intervento si chiedeva di specificare meglio cosa si intende per soddisfazione o esperienza
soddisfacente, perché è qui che l‟autorizzarsi, l‟arrangiarsi assumono un connotato particolare. Ci sono dite
modi per rispondere alla domanda:
a) se cercassimo di dare una risposta positiva alla domanda, dovremmo fare una lista e se nascesse
una società basata su questa lista preferirei non esserci. Il pericolo è che si distinguerebbero le persone in
buone o cattive, i regimi politici totalitari non sarebbero più neanche lontanamente all‟altezza, e poi magari
nascerebbe anche il partito della “pubblica soddisfazione”: sarebbe tutto quanto un‟ infamia politica e delle
peggiori. In fondo anche la sessuologia, che cerca di dare o ridare la soddisfazione a tutti i costi, è pericolosa
perché si basa sull‟imperativo categorico del devi godere;
b) può esserci allora solo un criterio negativo: nel riconoscimento di quegli indici, peraltro
pochissimi, che per il solo fatto di esserci dicono che non c‟è soddisfazione: se sono angosciato non sono
soddisfatto, se ho l‟insonnia, se ho dei sintomi nevrotici non sono soddisfatto, ecc.
Questi indici, che in medicina si chiamerebbero sintomi, sono segnali della mancanza dell‟uso
positivo della soddisfazione, cioè di quello che dà pace: essere angosciato, insonne, o nevrotico significa
non-pace. Il vero segno del non-sintomo è la pace: ognuno di noi sa se è nella pace o non lo è.
- (...) Non solo non basta ma può essere una fregatura: si chiama aggiungere al danno le beffe.
Questo ha motivato il grande cambiamento che Freud ha imposto alla propria tecnica. In un primo tempo, lui
diceva che per guarire le persone bisogna far diventare cosciente quello che è inconscio poi si è accorto che
questo poteva addirittura peggiorare le cose (vedi il caso delle resistenze).
La coscienza è priva di potere curativo e quindi non ha titolo terapeutico e, se viene messa al posto di
comando ossia è lei a farci “migliorare”, peggiora le cose.
Quanti prima di me hanno osservato che i momenti di passaggio a regimi politici nel nostro secolo e
decisamente poco raccomandabili hanno coinciso soprattutto in alcuni gruppi intellettuali e politici con
larghissimi gradi di coscienza. Il torto di almeno uno di questi regimi politici, che ha tanto enfatizzato la
coscienza – la coscienza di classe – è stato non tanto da attribuire alla classe, ma al voler mettere al posto di
comando la coscienza,
- Uno dei casi in cui ci si autorizza, si compie un proprio passo nella direzione dello “sbrogliarsi”, è
quello di andare dall‟analista. In questo caso, la persona si è arrangiata, si è autorizzata, perché c‟e stato in
qualche momento di quell‟iter una libera iniziativa.
Ci si può autorizzare a qualche cosa mobilitando delle risorse esterne in molti modi: ad esempio,
posso andare dall‟analista; posso telefonare ad un amico e chiedergli aiuto, ecc...
L‟esperienza dell‟analisi, e soprattutto il suo inizio, non è altro che un caso particolare di autorizzarsi
Quindi di fronte a dei sintomi, ad un gomitolo disordinato e non in pace, si tratta di prendere
un‟iniziativa che mobilita una risorsa esterna. L‟analisi non fa che sottolineare, valorizzare il passo da
compiere verso la guarigione e che consiste in quegli atti che mobilitano risorse di un altro a mio vantaggio.
Non ho ancora incontrato nel mio lavoro un‟obiezione valida a questo praticissimo criterio.
Sono molte le persone che non hanno pace, che soffrono ma c‟è chi prima o poi un simile passo lo
fa, e può essere dal semplice andare a prendere un caffè con un amico all‟andare dall‟analista, ma c‟è anche
il nevrotico che si può comportare nel modo opposto: siccome sto male, mi chiudo in casa. Ossia fa leva sul
proprio star male come irrazionalissima ragione per non prendere alcuna iniziativa idonea a mobilitare
risorse esterne a sé.
Questa alterativa non dico che deve venire sempre spontanea ma e‟ è la possibilità che sia
un‟iniziativa prima o poi offerta.
Non sono d‟accordo con chi sostiene che lo schizofrenico non possa accedere ad una tale iniziativa.
Definire una schizofrenico come malato grave solo perché la sua malattia sembra paragonabile ad un cancro
non soltanto è errato ma l‟analogia fa acqua da tutte le parti. Lo schizofrenico ha deciso, in modo duro come
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dicevano i vecchi compagni “lotta dura senza paura”, a mai più mobilitare la sua iniziativa per mobilitare le
risorse di un altro a suo vantaggio.
La schizofrenia, ma anche altre forme di inaccessibilitá come per esempio l‟autismo, sono
caratterizzate dalla decisione cosciente e meditata a mai più prendere iniziative, fosse solo ad aprir bocca,
perché le risorse atte alla soluzione vengano mobilitate: chiusura all‟essere soggetto di un vantaggio al
principio di piacere, al mobilitare la realtà esterna affinché mi soccorra. Questo può sembrare un paradosso
perché tanto più si è gravi e tanto più la realtà esterna, in certi momenti, aiuta, soccorre, offre risorse.
L‟aggravamento o la possibile guarigione di una patologia è dato dal chiudersi o dall‟aprirsi alla
possibilità dell‟ottenere un vantaggio da altri, perfino gratis o con quel genere di costo che consiste nel
pagare lo psicoanalista.
Notiamo ancora una volta quanto il soggetto è legislatore dei propri rapporti, allorché muove le
proprie iniziative allo scopo di mobilitare ciò che dal di fuori può portargli lui beneficio. Il vero segno della
patologia è tutta qui.
- Nessuna regola è valida nella scelta se non da chi sta parlando. A proposito di soddisfazione mi
viene da dire che fino a qualche secolo fa una parola come soddisfazione godeva di migliore salute, perché
questa parola (e i suoi sinonimi: appagamento, piacere, felicità ormai di solito svuotati di contenuti)
corrispondeva al significato che ha in una espressione come: darmi soddisfazione, valida nei duelli e nei
rapporti fra le persone.
Darsi soddisfazione si vede bene nei rapporti fra due persone di sesso opposto: quando le cose
iniziano a non andare bene, tutti e due abbracciano la politica del non darsi soddisfazione. In questo caso, il
contenuto del non darsi soddisfazione non è neanche fare l‟amore: i due semmai non si danno soddisfazione
dopo.
Dare soddisfazione è un concetto migliore rispetto a quello usato dalla corrente psicologia che lo
classifica come uno “stato” che si dà fuori dal rapporto.
Darsi soddisfazione è, invece, il concetto di un rapporto: stabilire un rapporto con una persona
particolare, essere in due, fa sì che ogni rapporto sia diverso a seconda della persona che è con me ed è
questo che dà soddisfazione.
La principale fonte di soddisfazione è l‟esperienza comune, sta nel come si parla. Ci sono delle
sfumature nel parlarsi che possono ferire più di qualsiasi arma. La non-cura del come ci si parla, del discorso,
della parola “traballante” e messa male, è il primo ostacolo in cui inciampa lui rapporto che sta andando a
rotoli. Il segno, invece, dell‟amore è proprio la cura della parola, della lingua, il poter dare o togliere nei due
esempi.
L‟espressione che si può usare a proposito di cura o non-cura nel parlare è: “bada a come parla”.
Ognuno di noi dovrebbe averlo conte motto: badare a come si parla. L‟offesa imperdonabile è nelle parole: i
bambini sono i primi a farne esperienza e diventano autistici a due anni. di sicuro non perché la madre
“compra gioielli per sé e non compra balocchi per lui”, anzi ogni mamma, e anche il papà, deve essere
davvero bella agli occhi del bambino.
- Nella nostra cultura siamo molto lontani dai temi che ho cercato di trattare questa sera. La parola
padre è l‟unica degna di questo nome: figura paterna e babbo natale sono due esempi devastanti di come una
parola possa essere tramutata in qualcosa di insignificante, robaccia. Il concetto di padre biologico e il
concetto di padre come ho cercato di parlarne sono due realtà così distinte che non si potrebbe più parlare
nemmeno di padre.
Mi viene in mente la battuta finale del film western “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone, dove
un uomo deve scegliere a quale delle due bande di fuorilegge associarsi e, quando entra nella casa di questi
banditi, uno gli dice: “Vieni da noi, ti troverai bene come a casa tua” e lui risponde: “No, grazie, mai stato
male come a casa mia”.
Se è andata così anche la nostra esperienza non si deve negarla facendo finta che tutto sia andato
bene. La verità è sempre dal lato del principio di piacere, senza arrivare all‟estremo opposto di tante persone
che, per un supposto amore per la verità, dicono le cose più offensive in faccia agli altri.
Il padre è un concerto di un regime di rapporti, in cui esso fa da garante affinché la promessa sia
mantenuta.
Nel regno del padre è sufficiente dire che qualcosa piace, che mette in pratica la soddisfazione. Ad
esempio si può aver voglia di fumare ma c‟è qualcosa che lo impedisce: il Super-Io è il divieto, l‟opposizione
alla soddisfazione.
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La psicoanalisi è un‟offerta sul mercato di principio di piacere, di soddisfazione mentre la psicologia
normale è una fabbrica di sofferenza.
Bisogna sfatare il mito dell‟analisi come un luogo segreto, semibuio in cui ci si ritrova in tempi e
luoghi stabiliti. L‟analisi è come una grande piazza, piena di gente e rappresenta tutto l‟universo.
© Studium Cartello – 2007
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