dossier - Camera di Commercio di Modena
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8 dossier Modena “internazionale”: il parere delle imprese “ I punti di forza del sistema E. F. Bosch Rexroth Oil Control dossier Bosch Rexroth Oil Control Modena caput mundi? Magari no, ma per molte imprese estere il nostro territorio, se non è una capitale, possiede comunque una grande attrattività. È il caso della tedesca Bosch Rexroth Oil Control di Nonantola. «La fama modenese nel campo della meccanica (e di quella sua branca specifica che è l’oleodinamica) ha certamente contribuito a mantenere viva l’attenzione sulle aziende del settore. Quando si è presentata l’occasione giusta Bosch era nella posizione ideale per coglierla», confida Simone Storci, che dopo aver a lungo lavorato in Oil Control assieme al padre, che ne è stato il fondatore, è rimasto in azienda anche successivamente alla sua acquisizione. In questo contesto non è casuale che la Bosch continui ad affidare una parte importante delle lavorazioni a fornitori esterni quasi tutti collocati nel territorio o in quelli contigui: «La presenza di un network esteso ed efficiente – dice Storci – è un’unicità modenese. Facendo leva su questa è possibile trarre interessanti vantaggi competitivi. Noi cerchiamo di giovarcene al massimo». Modena, insomma, è nei fatti un plusvalore. «Ci troviamo al centro della cosiddetta hydraulics valley italiana, solo la Germania centrale e, negli Stati Uniti, la zona di Chicago sono paragonabili ad essa per la densità di know-how specifico relativo al nostro settore. Modena è senza dubbio una scelta vantaggiosa sotto molti profili». Magari solo indirettamente, ma anche il tessuto sociale locale ha avuto un peso nella scelta dell’impresa tedesca. «Diversamente da quanto accaduto ad altri, la nostra incardinazione sul territorio modenese è avvenuta attraverso l’acquisizione di una realtà locale di successo. Fattori come cultura del lavoro e servizi di alto livello sono stati determinanti per la nascita e lo sviluppo dell’azienda e, quindi, della decisione di acquisirla». Un legame, quello con il territorio, che non si è certo allentato con il cambio di proprietà: «La crescita economica e sociale dei territori dove operiamo è uno degli obiettivi della nostra attività per volontà dello stesso fondatore Robert Bosch. Per questo motivo dialoghiamo in maniera franca e cordiale con tutte le istituzioni e le associazioni presenti sul territorio, consapevoli che una collaborazione aperta e fattiva è l’unico modo per perseguire in maniera efficace i nostri traguardi». L’analisi non cambia molto se ci spostiamo dalla meccanica al biomedicale. «Quando Gambro ha acquistato lo stabilimento di Medolla – racconta Marco Zanasi, site manager della Gambro Dasco – lo ha fatto acquisendo il marchio Hospal, leader nel mercato della dialisi per lungo tempo, con alcune innovazioni che hanno fatto la storia della medicina, come il trattamento AFB nel 1984. Nel caso di Gambro Dasco e quindi dello stabilimento modenese, Gambro ha acquisito il luogo simbolo della dialisi in Italia: Dasco è stata la prima società a costruire i cosiddetti monitor per dialisi, in Dasco sono stati registrati centinaia di brevetti e da qui sono nati gli spin-off di decine di aziende biomedicali». «La rete di subfornitura – continua Zanasi – ha favorito sicuramente l’iniziale processo di insediamento di Dasco, ma oggi non è decisiva. Oggi stare qui significa utilizzare il flusso di valore di centinaia di persone: dagli operatori ai ricercatori». Ma quanto sono forti i legami con l’economia del territorio? «Qui abbiamo fornitori e, come ho detto, da qui in passato sono uscite le persone che hanno costruito il biomedicale mirandolese: non solo Veronesi, il nostro fondatore, ma tanti altri che nella 9 10 Gambro Dasco Gambro Dasco fornitura, nella subfornitura e anche tra i competitor si sono affermati a livello mondiale. Certo che se dovessi fare un paragone, il biomedicale è molto meno legato alla fornitura di prossimità rispetto ad altri distretti quali il meccanico-motoristico o il ceramico». Insomma, quella di Mirandola per una multinazionale come Dasco è una buona offerta, ma incompleta: «Da queste parti ci sono competenze che è raro trovare altrove nel campo dello sviluppo e della manifattura di dispositivi medici, unite all’enorme attenzione alla qualità e al cliente/paziente. Altre figure però scarseggiano e allora siamo costretti ad attrarle – in particolare figure specializzate e con alta formazione – da tutta Italia e non solo». Non è tutto oro ciò che luccica, e fa bene Zanasi a evidenziare anche i limiti dell’area: «Non possiamo certo sostenere che i servizi e le infrastrutture ci abbiano particolarmente aiutato. Probabilmente all’inizio dell’avventura di Dasco questo gap non ha influito più di tanto e, anzi, la presenza di una scuola superiore tecnica di valore e lo sviluppo dei servizi base hanno favorito l’insediamento di tutto il distretto. Oggi però queste cose non sono più sufficienti. La mancanza di una grande arteria di comunicazione che attraversi il distretto, la scarsità dei collegamenti con il capoluogo, l’assenza di un polo di intrattenimento, la mancanza di un punto di riferimento per il biomedicale (anche se pare che la Regione oggi si stia muovendo in questo senso): tutto ciò non facilita l’attrazione di talenti di livello mondiale che sono in realtà il nostro target. Non è facile trattenere qui un world class talent, competendo con alcune città italiane o parchi tecnologici come possono essere Sophia Antipolis a Cannes, o altri più recenti nei pressi di Berlino o di Londra, o nei nuovi paesi emergenti». Insomma, non bisogna certo addormentarsi sugli allori: Modena ha effettivamente bisogno di un’azione coordinata di marketing territoriale. C’è anche chi, al di là dei rapporti con il territorio, ha puntato sulla qualità della produzione, pur non essendo il prodotto tipicamente modenese. È il caso di Italpizza, una bellissima storia imprenditoriale emblematica di come l’applicazione costante e la qualità del prodotto costituiscano le basi del successo aziendale. Infatti, proprio grazie a questi fattori Italpizza, nata all’inizio degli anni novanta come azienda di piccole dimensioni su iniziativa del suo fondatore, Cristian Pederzini, ha saputo affermarsi e crescere in fretta fino a diventare un leader nel settore delle pizze congelate, tanto da suscitare l’interesse di un gruppo alimentare britannico, la Bakkavör. «Nel nostro caso – chi parla è proprio Cristian Pederzini, anch’egli rimasto in azienda dopo la sua cessione – le ragioni dell’acquisizione sono state dossier dettate esclusivamente dal business». E non potrebbe essere altrimenti, visto che, a dirla tutta, la pizza non è propriamente una tipicità nostrana. «Nonostante ciò abbiamo una rete di fornitori locali e conserviamo anche uno stretto legame con il territorio: non manchiamo infatti di sostenere attività sportive, culturali e tradizionali della zona». Non sarà un prodotto modenese, ma l’attenzione alla qualità è nel DNA delle nostre imprese: «Non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da un’azienda situata a Modena, nel cuore profondo dell’Emilia, regione storicamente conosciuta in tutto il mondo per il prestigio e la qualità dei suoi cibi. Basti pensare che ancora oggi nei nostri stabilimenti di San Donnino la pizza viene fatta lievitare 24 ore, stesa a mano e cotta in forni a legna», conclude Pederzini. Chi invece nel territorio ci ha messo radici, dividendosi tra la Bruciata e la vicina Rubiera, è Tetra Pak. Che è sbarcata per ragioni ben precise. «Agli occhi di Tetra Pak – conferma Michele Mastrobuono, direttore Ambiente e relazioni esterne Tetra Pak Italia – l’Italia è sempre stata considerata il paese dell’eccellenza in campo meccanico-ingegneristico e alimentare. L’Emilia Romagna, e Modena in particolare, riunisce in sé queste due caratteristiche e questo ha fatto sì che il Gruppo decidesse di insediare in questa area due sue importanti aziende: la Market Company Italiana, successivamente stabilitasi in provincia di Reggio Emilia, e uno dei centri internazionali di Ricerca & Sviluppo e assemblaggio macchine, Tetra Pak Packaging Solutions. Possiamo affermare con certezza che anche il tessuto di piccole e medie aziende metalmeccaniche e di servizi ha influito sulla scelta di questo territorio, agevolando le attività della nostra azienda e consentendone l’importante crescita cui abbiamo assistito negli anni». Sulla base di simili premesse, va da sé che Tetra Pak e Modena vanno a braccetto. «Sì, i legami sono mol- Italpizza Italpizza to forti – continua Mastrobuono – sia per il modello di business che Tetra Pak utilizza, sia per l’attività di Ricerca & Sviluppo e produzione che viene svolta qui. La produzione dei sottogruppi che compongono i macchinari è completamente esternalizzata a ditte specializzate, molte delle quali localizzate nel territorio. Anche l’esternalizzazione dei servizi è molto spinta». La ricerca presentata in Camera di commercio da Giovanni Solinas trova conferma una volta di più nei plus identificati a Modena dall’azienda svedese: «Qui è possibile assumere personale altamente specializzato, collaborare con artigiani e fornitori 11 12 che mettono a disposizione competenze e tecnologie avanzate e soprattutto sono disponibili a crescere e a fare “innovazione” con i loro clienti». Nella scelta di Tetra Pak, poi, assumono rilevanza anche i servizi sociali: «Avere a disposizione servizi efficienti e a costi competitivi – aggiunge Gianmaurizio Cazzarolli, direttore Risorse umane di Tetra Pak Packaging Solutions – ha sicuramente influenzato la scelta di localizzare attività di Ricerca & Sviluppo e produzione a Modena. Altrettanto importante è il tessuto sociale che permette di essere attrattivi come luogo in cui vivere con la propria famiglia. Attualmente in Tetra Pak a Modena lavorano più di 100 persone straniere in rappresentanza di 30 nazionalità. Questa situazione è possibile perché Modena è conosciuta nel mondo per la sua imprenditorialità, il tessuto sociale e i servizi». E ciò spiega l’impegno della multinazionale sul territorio: «Le istituzioni e le associazioni riconoscono il nostro ruolo nel creare occupazione non rispetto al numero dei nostri dipendenti, ma soprattutto per l’indotto che ruota attorno alle nostre attività. In un’ottica di Responsabilità sociale di impresa, siamo impegnati a essere parte attiva del territorio con iniziative rivolte non solo ai nostri dipendenti ma anche alla comunità. Un esempio è l’asilo nido creato in collaborazione con il Comune e aperto anche alle liste comunali». Insomma, quasi una simbiosi tra Modena e Tetra Pak. «Siamo in un territorio dove è possibile fare Tetra Pak innovazione grazie alle competenze, all’inventiva e alla imprenditorialità tipiche della cultura mediterranea. Queste qualità, combinate con quelle tipiche della cultura scandinava, hanno portato a una crescita e a un miglioramento continuo». Parole che lasciano intendere l’importanza dell’integrazione e della capacità di richiamare all’ombra della Ghirlandina persone e capitali. Tetra Pak