In Dialogo N.219 - Parrocchia San Pietro Apostolo Tagliuno

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In Dialogo N.219 - Parrocchia San Pietro Apostolo Tagliuno
L’Atteso
Il Maestro
219
Dicembre 2013
Il Figlio di Dio
RIECO
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SOMMARIO
Numeri Utili
Parrocchia San Pietro Apostolo
Via Sagrato 13
Parroco: Don René Zinetti
Tel. e Fax 035 - 847 026
E-mail: [email protected]
Editoriale
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Il Maestro, L’atteso, Il Figlio di Dio
Diario Comunità
8
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Tempo di Natale
Domenica 29 settembre: ingresso di don René Zinetti
Domenica 17 novembre: Presentazione dei ragazzi della Prima
Confessione, Prima Comunione e Cresima.
Note d’auguri
Notizie dal Seminario di Bergamo
Lettera Pastorale 2013-2014
Diario Oratorio
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Festa dell’Oratorio 2013
Due proposte per Ado e Giovani
San Francesco Saverio, un “grande” missionario
Scuola dell’infanzia
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Libri...che emozione!
Gruppi / Associazioni
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Dia-logos e Gruppi di Carità
Unitalsi: Gita/pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo
I Missionari ci scrivono
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22
Suor Piera Manenti
Padre Domenico Pedullà
Rubriche
23
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26
32
35
37
38
39
Angolo libri
In Viaggio verso i luoghi della fede
Cronache
Arte e fede
Salute e Benessere
Angolo Humor
Zio Barba Pellegrino
‘N Dialèt
40
Anagrafe parrocchiale
www.parrocchiaditagliuno.it
3
4
6
MESSE PREFESTIVE
FESTIVE
Telgate
Calepio
Calcinate
18.30
18.00
18.00
7.30 - 9.30 - 10.45 - 18.30
10.00 - 18.00
7.00 - 8.30 - 10.00 - 11.15 - 18.00
16.30 (Ospedale)
Cividino
18.00
Grumello
16.00 Casa di Riposo
17.30 S. Pantaleone
18.30 Parrocchia
8.00 (Monastero San Giuseppe - Monache
Carmelitane Scalze)
9.00 Quintano
10.30 - 18.00 Parrocchia
7.00 - 8.30 Parrocchia
8.30 Boldesico
10.00 Parrocchia
10.00 S. Pantaleone
11.00 Istituto Palazzolo
18.30 Parrocchia
Chiuduno
18.00
7.30
8.30 Madonna della Campagna
9.30 - 10.45 - 18.00
Bolgare
18.00
6.30 - 8.00 - 9.30 - 11.00 - 18.00
Tagliuno
18.00
8.00 - 10.00 - 18.00
Daniela Pominelli
Gaia Vigani
Servizi di pubblica utilità
Carabinieri Tel. 112
Polizia di Stato Tel. 113
Emergenza Infanzia Tel. 114
Vigili del fuoco Tel.115
Guardia di Finanza Tel.117
Emergenza sanitaria Tel. 112
(Numero Unico Regionale)
Carabinieri - Grumello del Monte
Tel. 035.4420789 / 830055
Corpo Forestale - Sarnico Tel. 035.911467
INPS - Grumello d.M.Tel. 035.4492611
ENEL Tel. 800 900 806
Interruzione energia elettrica e perdite di gas
SERVIZI COMUNALI Tel. 800 134 781
Raccolta rifiuti
UNIACQUE Tel. 800 123 955
Segnalazione perdite acqua
ASL e sanità pubblica
Call Center Regionale Tel. 800 638 638
Distretto ASL - Grumello d.M.Tel. 035.8356320
Guardia medica Tel. 035.830782
Redazione
Don René Zinetti
Don Matteo Perini
Bruno Pezzotta
Scuola Parrocchiale dell’infanzia
Via Benefattori 20
Tel. e Fax 035 - 847 181
Comune Tel. 035 4494111
Polizia Municipale Tel. 035.4494128
Poste Italiane - Tagliuno Tel. 035.4425297
MESSE FESTIVE E PREFESTIVE CHE SI CELEBRANO NELLE PARROCCHIE DEL VICARIATO
PARROCCHIA
Oratorio S. Luigi Gonzaga
Via XI febbraio 31
Curato: don Matteo Perini
Tel. e Fax 035. 847119
Cell. 333.673 48 01
E-mail: [email protected]
Ilaria Pandini
Mariano Cabiddu
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don René Zinetti
Il Maestro - L'Atteso - Il Figlio di Dio
Abbiamo concluso quello che Benedetto XVI ha voluto chiamare “Anno della fede”. Con positiva
sorpresa, giungendo qui a Tagliuno, ho notato che l'invocazione “Accresci in noi la fede” era un riferimento
costante: ogni giorno nelle preghiere recitate in chiesa e, attraverso la radio, seguite anche nella case, questa
implorazione scandiva quasi il tempo, le giornate...
La fede che deve crescere in noi non è una cosa pur
bella e importante; non è neppure un insieme di
verità più o meno chiare o condivise. «La fede – ci
dice il Vescovo Francesco nella lettera pastorale – è
cammino, sempre cammino; la fede è qualcosa di vivo,
mai definitivamente compiuta o posseduta; la fede è una
storia di purificazione attraverso il crogiolo della vita,
dell'oscurità del male e del dolore, della Grazia
misericordiosa: ma è ancor più intuizione coltivata,
inquietudine ineludibile, ricerca appassionata e
finalmente scoperta, meraviglia, stupore, dono, incontro.
La fede è relazione con Lui... creduto come il Maestro,
l'Atteso, il Figlio di Dio».
(Francesco Beschi, Donne e uomini capaci di
vangelo, Lettera pastorale 2013-2014).
La fede così descritta e evocata è la perla preziosa
che siamo chiamati non solo a custodire, ma a far
crescere. E l'unico modo perché questo avvenga è di
“condividerla” con quelli che ci sono provvidenzialmente
contemporanei.
L'OGGI di Dio è questo: è il suo entrare nella nostra
storia e renderla storia di salvezza, non solo tempo
che inesorabilmente scorre.
Ecco il Natale. Lo festeggeremo non ricordando
semplicemente un avvenimento che appartiene alla
storia del passato; lo celebreremo come un “rinnovato
venire di Dio dentro la storia di oggi”. Davvero Dio,
nella persona di Gesù, l'Atteso, il Figlio, si fa ancora
compagno del nostro viaggio; viene a condividere le
nostre esperienze di vita, quelle luminose e gratificanti
e quelle tenebrose e sofferte.
«Il popolo che camminava nelle tenebre, vide una
grande luce; su coloro che abitavano in terra
tenebrosa una luce rifulse». Le parole del profeta Isaia
risuoneranno ancora nel cuore della notte di Natale,
ad annunciare che anche le nostre tenebre possono
essere illuminate e sconfitte da Colui che di sé ha
detto: “Io sono la Luce del Mondo”.
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E noi, “figli della luce”, sapremo riflettere questa luce,
questa speranza, dentro le situazioni di vita che il
Signore affida alla nostra cura e responsabilità?
Ognuno è chiamato ad essere un po' luce per il
cammino degli altri; non siamo chiamati a fare cose
grandi, ma ad illuminare quel pezzetto di terra che
sta attorno a noi. Vorremmo fare di più? Vorremmo
“contare di più”?
Neppure Gesù, quando è nato a Betlemme, ha
potuto o voluto fare di più.
La sua nascita non ha stravolto il mondo, non ha
scombinato i ritmi della vita del mondo.
Ha desiderato che “qualcuno” potesse entrare in
relazione con quella “piccola e fragile creatura” che
aveva bisogno di tutto e di tutti.
Maria, Giuseppe, i pastori, i magi... hanno avvertito
che quel Figlio, uguale ad ogni figlio dell'uomo,
chiedeva incontro, relazione.
Penso alla gioia e alla trepidazione che ha
accompagnato voi, padri e madri in questa cara
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comunità, quando avete generato alla vita un figlio. Lo avete capito
subito: per diventare grande, non aveva bisogno solo di mangiare e di
bere; aveva immensamente bisogno di “appartenere nell'affetto a
qualcuno”, di essere in relazione e di favorire relazioni belle e sincere. Gesù
ha appreso dal padre e dalla madre la bellezza di creare relazioni con
chi gli camminava accanto; per questo ha potuto diventare anche
Maestro. E il suo insegnamento è essenziale: la vita ha senso se
curiamo le nostre relazioni, quella con Dio e con i suoi figli, nostri
fratelli. Cresciamo sentendo che ci “apparteniamo” reciprocamente.
Questa verità concreta, “incarnata” è come una stella che può
orientare il nostro cammino, verso quelle “grotte della natività” che
oggi sono le nostre case, gli ambienti di attività e di incontro, dove
misteriosamente Gesù chiede di essere visto e incontrato.
Carissimi, vi auguriamo un Buon Natale.
Don René e don Matteo
Novena in preparazione al Natale
Da lunedì 16 a lunedì 23 dicembre (escluso domenica 22), ore 06.50
Preghiera di Natale per giovani e adulti (Cappellina Oratorio)
Confessioni
Mercoledì18 dicembre, ore16.30: Confessioni ragazzi medie
Giovedì 19 dicembre, ore 16.15: Confessioni ragazzi elementari
Venerdì 20 dicembre, ore 20.45: Confessioni per adolescenti, giovani e adulti
con preparazione Comunitaria
Lunedì 23 dicembre, ore 08.30 – 09.30: Tempo disponibile per le Confessioni
Martedì 24 dicembre, ore15.00 – 19.00: Tempo disponibile per le Confessioni
Tempo di Natale
Martedì 24 dicembre: Vigilia di Natale
ore 23.00: Veglia e Santa Messa di mezzanotte animata dalla Schola Cantorum;
a seguire scambio degli auguri e apertura del Presepe nell’atrio del Teatro Parrocchiale
Mercoledì 25 dicembre: Santo Natale
ore 8.00, 10.00 e 18.00: Sante Messe (alle 10.00 Animata dal Coro dell’Oratorio e dai catechisti)
Martedì 31 dicembre ore 18.00: Santa Messa di ringraziamento con il canto del “Te Deum “
Mercoledì 1° gennaio 2013 – Maria Santissima Madre di Dio - XLVI Giornata mondiale della pace
ore 8.00, 10.00 e 18.00: Sante Messe
Lunedì 6 gennaio 2013 - Epifania
Sante Messe alle ore 8.00, 10.00 (Animata dal Coro dell’Oratorio) e 18.00
Ore 15.00: nel Teatro Parrocchiale Spettacolo della Befana e premiazione “Concorso indovinelli”
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Domenica 29 settembre
Ingresso di don René Zinetti
Ora sono tra voi
E... prima di tutto vi ringrazio per la festosa accoglienza.
Ho sentito il battito del cuore della mia cara comunità che aveva desiderio di festeggiare, non solo
o tanto la mia persona, ma il suo sentirsi “famiglia”, attorno a quel “padre” che il Vescovo vi ha donato.
Sono tra voi con i miei desideri:
• inserirmi presto in un cammino che non necessita di battute d'arresto, ma di realistica continuità;
• conoscere la variegata realtà parrocchiale e vicariale per collocarmi in quegli spazi e opportunità che la
“Provvidenza” mi chiede di poter abitare;
• raccogliere una preziosa eredità fatta di lavoro e dedizione da parte di chi mi ha preceduto, e portare
il mio contributo per un rinnovato impegno;
• delineare gradualmente, con don Matteo e con i Consigli Parrocchiali, alcune priorità pastorali a cui
dedicare tempo e laboriosità;
• riprendere in mano le indicazioni relative al progetto dell'oratorio e aree esterne, per rispondere alle
necessità pastorali già maturate nel tempo.
•…
Quando il bollettino parrocchiale giungerà nelle case saranno più o meno trascorsi due mesi dal mio
ingresso. Nel frattempo avrò vissuto altre esperienze, incrociato altre persone, conosciuto maggiormente
altri volti.
Mi sono sentito più volte rivolgere la domanda: “Si trova bene a Tagliuno? E’ contendo di noi?..”.
Sì, carissimi, mi trovo bene e sono contento di questa comunità.
Se il Signore ha fatto incontrare i nostri passi, allora è bello e doveroso pensare che ha voluto che
questo incontro fosse per un reciproco dono: io per voi, voi per me.
Io sono fiducioso. E voi?
Grazie di cuore a tutti.
Don René
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DIARIO COMUNITÀ
Masha Scarabelli
Domenica 17 novembre
Presentazione dei ragazzi della Prima Confessione,
Prima Comunione e Cresima
Mi dai una mano?
Le mani. Le mani costituiscono una par te fondamentale del corpo umano, e probabilmente
sono la par te più utilizzata per svolgere ogni
genere di attività, concreta o intellettuale. Sono
costantemente in moto tutto il giorno, e
vengono adoperate non solo per compiere
azioni pratiche, ma anche per esprimere e
trasmettere emozioni, stati d’animo, affetti. Le
mani sono così impor tanti che l’uomo non può
farne a meno. E talvolta sono così fondamentali
che a ciascuno di noi non bastano le nostre, ma
abbiamo bisogno di altre mani, che ci aiutino
laddove le nostre sono limitate o non sono
sufficienti; cosicché ognuno di noi, prima o poi,
si trova a chiedere, chi con timidezza e chi
quasi con fastidio: “Mi dai una mano?”. Tutti noi
abbiamo bisogno di una mano, di un aiuto da
par te degli altri,e questo ci permette di capire
come, sebbene noi esistiamo in modo indipendente
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e autonomo, ci siano situazioni in cui non
bastiamo più a noi stessi, e quindi come siano
necessari l’inter vento e l’aiuto degli altri.
Le mani, sempre presenti nelle attività di tutti i
giorni, sono state le “protagoniste” nella Santa
Messa di domenica 17 Novembre, quando
sono stati presentati alla comunità i bambini e
i ragazzi che durante l’anno pastorale
2013/2014 riceveranno il Sacramento della
Prima Confessione, Prima Comunione o della
Cresima. Tutti, dopo essere stati chiamati,
hanno attaccato su uno dei tre car telloni posti
sull’altare una mano di car ta dove era stato
scritto il loro nome; si sono presentati alla
comunità
pronunciando
un’affermazione
diversa in base al Sacramento. I bambini di
seconda elementare hanno detto “Ci sono”,
quelli di terza elementare “Eccomi”, e i ragazzi
di terza media “Sono pronto”. Con questo
gesto ogni ragazzo si è presentato alla
comunità come un individuo autonomo e
indipendente. Sono sì autonomi e indipendenti, ma
mai in modo completo e totale, in quanto
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vengono costantemente “accompagnati” nel
percorso verso il Sacramento. Il bambino che
riceve la Prima Confessione , infatti, nel
momento in cui viene assolto dai peccati
compie il segno della croce con la propria
mano, ma in simultanea con il segno della croce
del sacerdote che gli impartisce l’assoluzione,
accompagnandolo così nel gesto. Il ragazzo
che riceve l’Eucarestia dalle mani del
sacerdote, protrae le sue mani verso di lui. Il
ragazzo di terza media non compie nessun gesto
con le mani, perché le mani protagoniste sono
quelle del padrino o della madrina che lo accompagna nel Sacramento, e quelle del sacerdote che
attraverso l’imposizione delle mani invoca lo
Spirito Santo. Ogni ragazzo, quindi, nel momento
in cui riceve il sacramento è indipendente e allo
stesso tempo legato ad altre persone, che lo
aiutano in modo concreto nel suo percorso. La
mano di car ta e la presentazione ufficiale alla
comunità indicano come i ragazzi abbiano
bisogno dell’aiuto degli altri, per intraprendere il
percorso verso i Sacramenti e viverlo al meglio.
Rappresenta il simbolo dell’adesione dei ragazzi al
cammino verso il Sacramento, e del loro
bisogno di essere aiutati per capire meglio.
Presentandosi alla comunità hanno chiesto un
aiuto, diretto o indiretto, a tutte le persone
presenti, più o meno vicine a loro.
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Matteo Carrara
La Schola Cantorum S. Pietro Apostolo
e il Coro dell’Oratorio di Tagliuno,
vi invitano al tradizionale “Concerto di Natale”
Nel corso della serata sarà assegnato il “Premio Ines Marenzi”
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a cura della Redazione
Notizie dal Seminario di Bergamo
DI TERRA E DI VENTO
Scuola di preghiera per giovani 2013-2014
“DI TERRA E DI VENTO” è il titolo della
Scuola di Preghiera preparata dagli studenti
di V teologia del Seminario di Bergamo per
l’anno pastorale 2013 2014. Ogni terzo
venerdì del mese fino a maggio (gli incontri
sono iniziati venerdì 18 ottobre), i giovani
saranno invitati a riflettere sul cammino
dell’uomo, capace di conoscere Dio e di
relazionarsi a Lui. Questa caratteristica
umana farà da sfondo a tutto il cammino
della scuola di preghiera, durante il quale,
incontro dopo incontro, si rifletterà
sull’unicità dell’uomo, tanto fragile nella sua
dimensione terrena e mortale, e tanto
grande nella sua ispirazione a Dio. Dio
stesso, facendosi uomo in Gesù, ci mostra la
grande dignità della nostra natura: Egli ha
assunto un corpo di carne, ha abitato la
nostra terra, ci ha parlato, ha mangiato con
noi; non ci lascia soli, viene a cercarci; ha dato
la vita per noi morendo in croce e, risorgendo,
ci lascia lo Spirito che ci rende annunciatori
del suo Vangelo. Il titolo “DI TERRA E DI
VENTO” richiama uno spettacolo teatrale di
Umber to Zanoletti sulla figura di San
Francesco, la cui vita è stata un meraviglioso
esempio di come il Vento di Dio soffi
incessantemente nella nostra vita fatta di
gesti concreti, fatta, appunto, di Terra.
L’immagine scelta per la locandina mostra due
soffioni investiti dal vento: hanno un solido gambo radicato nel terreno ma basta poco perché il fiore si disperda
nell’aria. Questo vale anche per l’uomo: prima di tutto egli non è solo al mondo, ma affronta la realtà in
compagnia delle altre persone; inoltre è ben ancorato alla terra, ma non deve dimenticare la transitorietà
della sua vita. Tuttavia, proprio in questo soffio che sembra disperdere il soffione e farlo scomparire, si
nasconde la promessa della vita nuova che nasce. L’uomo è composto solo di terra? Il soffio vitale di Dio
spiega la ricerca continua dell’uomo per dare un senso alla sua vita che vada oltre le cose terrene. L’obiettivo
di questo cammino di preghiera è portare all’incontro con il Vero Amico che non delude le nostre attese.
I seminaristi aspettano tutti, in modo particolare i giovani, per condividere questo cammino, ogni III venerdì
del mese, alle 20.30 presso la Chiesa Ipogea del Seminario.
(da “Alere”, la rivista del Seminario di Bergamo - settembre/ottobre 2013)
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a cura della Redazione
Lettera Pastorale 2013 – 2014
DONNE E UOMINI CAPACI DI VANGELO
La Fede in Dio per la vita dell'uomo
Una volta mi ribellavo alla domanda: «Cosa ci
guadagno a credere in Dio?». Poi ho notato che anche
nel Vangelo è presente questa domanda e che Gesù la
prende sul serio. Perché donne e uomini, giovani
adulti e anziani, di questo tempo dovrebbero
credere in Dio? E come è possibile che credano? E
credere in Dio che cosa cambia della vita? La cambia
in meglio? La risposta a queste domande non la può
offrire solo il Papa, i Vescovi, i preti o gli esperti, ma
una Comunità di credenti che giorno dopo giorno
impasta l'esistenza di ciascuno e di tutti con il lievito
del Vangelo, per un pane che dia vita proprio a
cominciare da chi fatica a vivere.
Donne e uomini, capaci di Vangelo
Emerge l'esigenza di un Vangelo percepito come
significativo per tutta l'esistenza e non solo ornamento
di qualche suo aspetto o ultima spiaggia rispetto
all'inevitabile esperienza del limite. La fede nel
Risorto, che supera i confini della morte, si propone
come decisiva per la vita e per sempre. Emerge la
necessità di una fede che si incarna in un'umanità a
tutto tondo: di un uomo, di una donna credenti e
proprio per questo comunicatori di fede. Si tratta di
un'umanità evangelica, che non si qualifica per
un'astratta perfezione morale o per un formalismo
religioso fine a se stesso, ma per una fede incarnata
capace di trasformare la vita e la morte, a partire
dalla relazione con Gesù Cristo, il Vivente. La foto di
gruppo narra una bella storia e rivela la necessità di
giovani e adulti che offrano la testimonianza della
consistenza decisiva del Vangelo: di cristiani credibili
perché credenti, credibili perché umani.
Un altro mondo
Come corrispondere a questa necessità?
Come vi abbiamo corrisposto fino a ieri? Non
intendo soffermarmi in analisi accurate, ma
orientare lo sguardo verso un'altra immagine:
quella di un mondo cristiano o, se volete,
apparentemente cristiano. Un mondo in cui il
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tempo e la vita erano scanditi dal campanile, in
cui il paese e la Parrocchia si identificavano, in cui i
valori e la fede si trasmettevano con il latte
materno, in cui il consenso su ciò che è
essenziale per vivere degnamente era ampio e
quasi scontato. Si diventava cristiani vivendo in
un mondo così. Non per tutti era giusto così,
ma tutti vivevano in un mondo così. A volte
sembrava che dovesse cambiare: rivoluzioni o
guerre, scoper te e progressi, uomini e idee
nuove, parevano scardinare questo mondo, ma
in realtà senza riuscirci. Oggi questo mondo
non c'è più. Si sente parlare ancora di mondo
cattolico, ma in realtà non si sa più che cosa
sia. Viviamo in un altro mondo, nonostante
qualcuno si illuda che non sia così o tenti di
ricostruire quel mondo. Cosa è successo, quando è
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successo, perché è successo? Come ho appena
dichiarato, non intendo approfondire questi
interrogativi, che pure ritengo rilevanti, ma
condividere un punto di par tenza, spesso dato
per scontato, ma che non sembra preso sul
serio al punto da determinare scelte e modi
nuovi di diventare ed essere cristiani, in un
mondo che non lo è più.
Adulti si diventa
Allora essere uomini ed essere cristiani
sembrava coincidere: oggi non avviene più così.
Si diventa adulti abbandonando la fede, si
diventa adulti senza bisogno della fede, si
diventa adulti conser vando la fede nei suoi
aspetti tradizionali e sociali, si diventa adulti
facendo della fede una scelta del tutto
individuale, privata. Nella scala di ciò che conta
nella vita non sembra che la fede in Dio
occupi i primi posti. Eppure adulti credenti,
adulti cristiani esistono: perché e come lo
sono? Come lo sono diventati? Che rappor to
esiste tra la loro fede e la loro vita adulta?
Le risposte sono diver se e molte, ma
raramente hanno a che fare,
in maniera
determinante, con una proposta di formazione
permanente, di catechesi, di approfondimento
della Scrittura, di riflessione sulla fede.
Cristiani si diventa
Ogni anno incontro giovani e adulti che
chiedono di diventare cristiani, di ricevere il
Battesimo, la Cresima e di essere ammessi
all'Eucaristia. Stanno compiendo un itinerario
di preparazione, detto Catecumenato. Durante
l'incontro chiedo loro perché hanno scelto di
diventare cristiani: la risposta più frequente
indica come ragione principale l'incontro con
uno o più cristiani. Poi viene la conoscenza e
l'approfondimento della fede. La possibilità che
questo passaggio non resti isolato è maggiore,
quando il cristiano novello può vivere
l'appar tenenza a una Comunità parrocchiale.
Ogni domenica nelle nostre chiese si riuniscono
persone di diverse età, estrazione sociale,
preparazione culturale: tra queste vi sono
giovani e adulti (e probabilmente molti di
coloro che stanno leggendo questa lettera).
Non sono costretti dal contesto sociale e
neppure il precetto religioso
sembra essere decisivo. Perché sono lì? Che
conseguenze compor ta per la loro vita? Pur
con caratteristiche diverse, la par tecipazione
costante a questo incontro alimenta non solo
un comprensibile senso di appar tenenza, ma
anche l'esigenza di una coerenza esistenziale
con le parole ascoltate e i gesti compiuti.
Ogni giorno, donne e uomini, aprono gli occhi,
scendono dal letto e cominciano a lavorare.
Alcuni credono in Dio, altri no, altri sono del
tutto
indifferenti: che cosa cambia nella loro giornata e nel
loro lavoro? Quale differenza introduce la
fede? Il contributo della fede cristiana ad una
vita più umana è un criterio di giudizio decisivo nella
sensibilità e addirittura nella coscienza di un
uomo e una donna del nostro tempo. Rimane
aper ta la questione se questo contributo sia
essenziale, decisivo o
semplicemente apprezzabile e desiderato. Alla
luce di queste semplici considerazioni, mi sembra
evidente che il rappor to tra la fede in Dio e la
vita dell'uomo d’oggi, il significato e il valore di
questo rappor to, siano il mondo nuovo nel
quale si diventa e si cresce come cristiani.
(dalla Lettera Pastorale 2013 – 2014 del Vescovo
Francesco)
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DIARIO ORATORIO
a cura della Redazione
Festa dell’Oratorio 2013
Everybody - Tutti insieme per far festa -
Lo slogan della festa dell’Oratorio 2013 era
“Everybody - Tutti insieme per far festa”, e la comunità
di Tagliuno non è mancata all’ appuntamento. Tanti
volontari hanno lavorato per la straordinaria riuscita
dell’evento, e tante persone ogni sera hanno
animato la festa con la loro presenza davvero
entusiasta e gioiosa. Da venerdì 30 agosto a domenica
8 settembre sono stati dieci giorni trascorsi in
compagnia di musica, sport, giochi e buona cucina,
ma soprattutto con tanto impegno per rendere
concreto il messaggio della gratuità e dimostrare che
insieme si può lavorare per il bene della comunità e
del proprio paese. Collaborazione e gratuità,
dunque, sono i principi base del volontariato. Come
ha sottolineato don Matteo nell’omelia della Santa
Messa celebrata in Oratorio domenica 1°
settembre, collaborazione gratuità ci aprono la strada della verità, dell’aiuto concreto alla vita; è la strada della gioia del cuore. Gesù ha vissuto per
insegnarci che la grandezza di una persona è visibile
quando fa dono, con gioia, della sua vita e dei suoi
talenti. Questo non vuol dire compiere imprese
straordinarie, ma tessere una rete nel quotidiano,
affinché il lavoro, la festa e le fatiche, siano
sempre occasioni per vivere con coerenza
l’orgoglio di essere cristiani.
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Bilancio Festa dell’Oratorio 2013
Entrate
Uscite
Utile
45.192,50 Euro
26.725,00 Euro
18.467,50 Euro
Quest’anno abbiamo affittato la tensostruttura,
perché la nostra non era più conforme ai requisiti di
sicurezza. Il costo del noleggio è stato pari ad Euro
5.000,00, da ripartire sui i tre grandi appuntamenti: la
Festa dell’Oratorio, l’ingresso del nuovo Parroco, la
Castagnata Alpina.
Così abbiamo potuto ammor tizzare quasi
completamente la spesa per la tensostruttura.
Grazie di cuore a tutti i volontari per la disponibilità,
la serietà e la competenza
Grazie al Gruppo Alpini, sempre presente e attivo
per aiutare l’Oratorio
don Matteo
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DIARIO ORATORIO
a cura di don Matteo Perini
Due proposte per Ado e Giovani
Un libro
Il miracolo di Don Puglisi di Roberto Mistretta
Questo libro racconta la storia di un miracolo, la conversione di Giuseppe Carini
che smaniava per diventare un uomo d’onore, ma dopo aver incontrato sulla
strada don Pino Puglisi, ha scelto di testimoniare contro la mafia. Carini è nato e
cresciuto a Brancaccio, quartiere/ghetto di Palermo dove la mafia spadroneggia. Ieri
come oggi. Lo stesso quartiere dove un giorno qualunque del 1990, arrivò in punta
di piedi don Pino Puglisi e la vita di Giuseppe Carini cambiò radicalmente… Quei precetti messi in pratica
da don Puglisi nell’esercizio del suo ministero in una terra di frontiera dove lo stato era assente, dove i
bambini crescevano per strada, dove i giovani idolatravano gli uomini d’onore, tracciarono per Carini
un’alternativa, una nuova opportunità di vita.
Un film
Chiara e Francesco
Un film di Fabrizio Costa, con Ettore Bassi,
Mary Petruolo e Gabriele Cirilli
Anno: 2007; durata: 200 minuti; genere: fiction; musiche: Mons. Marco Frisina
Consigliato in particolare ai ragazzi di terza media e alle loro famiglie
in preparazione al pellegrinaggio ad Assisi.
La fiction fa parte del ciclo "Storie dei Santi". cui è costretto ad andare in Terra Santa ad
Racconta in modo semplice e chiaro le vicende a annunziare il messaggio di pace di Gesù al Sultano
tutti note di Francesco, figlio di Pietro di Bernardone, per concedere i luoghi sacri di Betlemme,
commerciante di stoffe. La storia inizia nel 1198, Gerusalemme e Nazareth ai cristiani. Ma i cristiani
quando Assisi e i suoi abitanti borghesi creano rifiuteranno questa richiesta di pace e così scoppia la
scompiglio, facendo crollare la supremazia dei nobili, guerra. Sulla strada del ritorno, Francesco ed
sempre meno ricchi e potenti. È proprio in questa Illuminato si fermano a Greccio dove "mettono
occasione che Francesco "conosce" Chiara. Dopo il insieme" quello che sarà il primo presepe nella storia
ritorno dei nobili in città, che intanto erano fuggiti a della Chiesa cristiana, Chiara, improvvisamente si
Perugia, Francesco attraversa un momento di crisi: da riprenderà dal terribile malore che l'ha colta poche
cavaliere diventa il più povero di tutti, in quanto il settimane prima ed ecco che le sue consorelle sono
Crocifisso glielo ha chiesto; diede prova di questa sua spettatrici e testimoni di un grande miracolo.
totale obbedienza al Signore spogliandosi davanti a Francesco, più tardi, torna ad Assisi, dove sarà
tutti. Ben presto anche Chiara seguirà il suo esempio, invitato, seppur con forza, a scrivere la "Regola" tanto
ma Francesco, in un certo senso le impedirà di voluta dai suoi confratelli per stabilire esattamente
diventare frate, così lei si chiuderà in un convento, quale debba essere il loro modello di vita, che si
anche per evitare di sposare un uomo per allargare attenga a quanto scritto nel Vangelo, dove riceverà il
le alleanze della famiglia, ma soprattutto, perché massimo segno mistico del Signore (le stimmate) e
glielo ha chiesto Lui. Francesco intanto compie il suo dove morirà nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del
dovere, gli uomini che seguono il suo modello di vita 1226.
sono sempre più in tutto il mondo e viene il momento in
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DIARIO ORATORIO
Laura Quadrelli
San Francesco Saverio,un “grande” missionario
La Chiesa ha una missione: predicare il Vangelo ad ogni uomo (Mc 16,15). Lo Spirito Santo non le ha mai
lasciato mancare chi ne ha avvertito l’urgenza profonda. Francesco Saverio fu uno di questi grandi «missionari».
Nato da una famiglia nobile di Xavier, nella Spagna
del Nord, nel 1506, Francisco de Javier, noto con il
nome italianizzato di Francesco Saverio, è stato un
gesuita e missionario spagnolo. Gli sono bastati solo
poco più di dieci anni di lavoro missionario, portato
avanti con dedizione assoluta per il nome di Gesù,
per guadagnarsi il titolo di Patrono delle Missioni.
Francesco crebbe in un ambiente agiato ma
religioso: nel castello regnava un profondo senso
della pietà e dell’umiltà, e la famiglia spesso si riuniva
nella piccola cappella dedicata alla Vergine Maria. A
seguito di una serie di avvenimenti storici le ricchezze della
famiglia Xavier si dissolsero e perciò Francesco
decise di entrare nel clero di Pamplona, e poi di
recarsi a Parigi a studiare presso l’università la
Sorbona, una delle più famose università del tempo.
Dopo tre anni di studio Francesco ottenne il titolo di
“Maestro delle Arti” che gli permise di insegnare.
Al giovane venne affidato, come abitazione, il collegio
di Santa Barbara, dove risiedeva anche Ignazio di
Loyola il quale, dopo essere stato ferito in un
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assedio, si era convertito e aveva deciso di tornare
sui banchi di scuola all’età di trent’anni. Suo maestro
di filosofia fu proprio il giovane Francesco,
nonostante l’età di molto inferiore. In un primo
momento i rapporti tra i due furono difficili:
Francesco era un ragazzo ambizioso, sicuro di sé e
difficilmente malleabile; ben presto, tuttavia,
Ignazio riuscì a trasformare il suo animo e a fargli
vivere l’esperienza di quaranta giorni di Esercizi
Spirituali. Francesco ne uscì completamente
rinnovato e con una totale disponibilità a compiere
la volontà di Dio. Si convertì definitivamente nel
1533. Continuò a stare accanto ad Ignazio. I due, nel
1534, si consacrarono totalmente a Dio fondando la
Compagnia di Gesù (chiamata poi dei Gesuiti) con il
voto di castità, povertà e pellegrinaggio in Terra
Santa. Giunto a Venezia, da dove sperava di
imbarcarsi per raggiungere la Terra Santa, fu ordinato
sacerdote nel 1537.
La svolta radicale, che avrebbe segnato per sempre
la sua vita, avvenne nel 1540, quando accettò
l’incarico di missionario per le Indie Orientali, come
sostituto di un missionario che era ammalato. Partì
nel 1541 verso l’India e il Giappone; era il primo
sacerdote europeo a raggiungere quelle antiche
civiltà. Sostenuto da spirito di preghiera e di gioia, era
buon organizzatore. Il 1500 è stato un secolo di
viaggiatori e navigatori: la scoperta dell’America e le
nuove, rotte verso l’Oriente, avevano risvegliato nel
popolo europeo il desiderio di avventura. In molti si
diressero verso questi luoghi attirati dalle loro
ricchezze e dalla possibilità di realizzare fruttuosi
commerci. Ma la meta di Francesco non era né l’oro
né l’argento delle terre orientali: egli si diresse nei
luoghi più remoti solo per incontrare altri uomini,
altri visi, e, ignorando confini di lingua o cultura,
portar loro il messaggio cristiano.
Già durante i lunghi e difficili mesi di viaggio,
Francesco si occupò personalmente di tutti gli
infelici e bisognosi che incontrò sulla nave o nei
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DIARIO ORATORIO
luoghi in cui le fatiche della navigazione costringevano
alla sosta. Dopo un anno e due mesi, il 6 maggio del
1542 Francesco sbarcò a Goa, allora capitale delle
colonie portoghesi in Oriente. Sono mesi di intensa
attività pastorale, durante i quali predica e istruisce il
clero indigeno, visita i malati e lebbrosi, si prodiga
perché venga fondato un collegio per l’educazione
della gioventù e la formazione dei cristiani.
Dopo alcuni mesi Francesco si diresse verso l’isola di
Ceylon e nelle coste meridionali dell’India, terre
molto povere, abitate dai pescatori di perle. Qui
lavora con amore a favore dei più poveri: vive a
fianco dei pescatori di perle, convertiti e battezzati
da poco da sacerdoti che erano passati e avevano
portato il cristianesimo. Francesco li educò e predicò
loro il Vangelo; per essere più vicino imparò la lingua
del luogo e scrisse per loro un catechismo. In una
lettera a Ignazio di Loyola scrive: “ Da quando
dunque arrivai qui non mi sono fermato un istante;
percorro con assiduità i villaggi, amministro il
battesimo ai bambini che non l'hanno ancora
ricevuto. Così ho salvato un numero grandissimo di
bambini, i quali, come si dice, non sapevano
distinguere la destra dalla sinistra. I fanciulli poi non
mi lasciano né dire l'Ufficio divino, né prendere cibo,
né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche
preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro
appartiene il regno dei cieli”.
Spinto dal desiderio di aiutare tutti e di convertirli,
Francesco intraprese numerosi altre peregrinazioni
in Oriente. Non si stabilì in modo permanente in
nessun luogo, ma in tutti iniziava il lavoro missionario
più difficile, seminava i campi con la parola
evangelica e quando poteva essere certo che altri lo
avrebbero portato avanti, si spostava altrove. In tutti
i luoghi si sforzò di apprendere la lingua, tradurre
preghiere, preparare catechismi e battezzare.
Una tappa importante della sua azione missionaria fu
il Giappone, in cui Francesco arrivò nel 1549. Il primo
approccio con gli abitanti non fu semplice; il paese
era in preda a violente lotte interne tra feudatari e
latifondisti e un imperatore che non sapeva imporre
l’ordine; il problema della lingua si presentò più arduo
del solito. Anche comprendere la cultura e la
struttura sociale dei giapponesi non fu facile e,
inizialmente, l’aspetto umile di Francesco e dei
missionari suoi seguaci, come pure il loro modo di
vestire, suscitò diffidenza e disprezzo tra la gente.
Con il tempo e la tenacia Francesco riuscì a farsi
accettare fino ad ottenere dall’imperatore il
permesso di predicare liberamente e fare conversioni. In
Giappone Francesco battezzò più di mille persone, e
riuscì a formare delle buone comunità di cristiani.
Quando ritenne consolidata la sua azione in
Giappone decise di partire per la Cina, dove ancora
non era giunto il messaggio di Cristo. Dopo un
viaggio pieno di difficoltà, giunto davanti alle coste
cinesi, fu colpito da forti febbri e morì nel 1552 a soli
46 anni. Il suo ennesimo sogno svaniva ma altri lo
avrebbero ripreso realizzando il progetto.
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SCUOLA DELL’INFANZIA
a cura di Andrea Maffeis - Coordinatore Pedagogico-Didattico
Libri… che emozione!
Leggere ai bambini libri ben fatti è una preoccupazione importante tanto quella che abbiamo per la qualità del
cibo che mettiamo nei loro piatti. Anche la mente va ben nutrita. Dedicare del tempo a un bambino per leggere
un libro significa accoglierlo, invitarlo ad ascoltare, a concentrarsi nella relazione e ad apprendere dalle emozioni
che la storia o che il gesto stesso comporta.
Cosa succede a scuola quest’anno?
Martedì 22 ottobre si è presentata a scuola una
strana signora con dei fiori tra i capelli. Si tratta della
signora Biribilla ovvero la gemella di Angiola, una cara
vecchia conoscenza...
La signora Biribilla ha portato con sé due valigie
piene di libri e ci ha pregato di poter parlare coi
bambini e le insegnanti della scuola; abbiamo così
organizzato l’incontro nel salone di ingresso, suddividendoci in due gruppi in modo tale da ascoltare,
vedere e interloquire meglio.
Biribilla ci ha raccontato di essere la bibliotecaria di
un paese dal nome buffo quanto il suo, Biribilli, e di
avere un grosso problema: a fronte degli imminenti e
necessari lavori di tinteggiatura dei locali sta
cercando qualcuno che possa custodire i libri della
biblioteca. Per la collezione di libri per bambini ha
dunque pensato a noi, curiosi estimatori di albi
illustrati e perennemente affamati di storie.
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Biribilla ci ha dato il permesso di aprirli, maneggiarli
con cura, leggerli, osservarli, annusarli, passarli di
sezione in sezione. Nelle valigie c’erano circa trenta
libri, tutti molto interessanti per le figure e per le
storie. Alcuni di questi libri hanno addirittura vinto
premi importanti; altri sono stati apprezzati da
bambini di altri tempi, dagli anni Settanta in poi; altri
ancora, sono scritti in francese, come lo splendido Le
Petit Chaperon Rouge (Cappuccetto Rosso), o in
inglese. I bambini hanno inviato a Biribilla alcune loro
idee per rendere ancora più bella la sua biblioteca
ritinteggiata. Qualcuno ha consigliato di coltivare dei
fiori nel giardino della biblioteca in modo tale che ci
siano sempre farfalle che aggiungano macchie di
colore “mobili” alla tinta usata sulle pareti rimesse a
nuovo; qualcuno ha suggerito di tenere sempre un
po’ di caramelle sul banco della bibliotecaria. Non
sarebbe una cattiva idea appendere poster o disegni
fatti dai bambini che ritraggano castelli, spiagge,
nuvole o animali, “pesci velenosi” compresi.
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SCUOLA DELL’INFANZIA
Dall'altra parte si vuole ricordare il valore dei libri,
questi oggetti culturali che non sono importanti solo
ai fini dello sviluppo del linguaggio e del pensiero, ma
costituiscono un prolungamento delle braccia di
mamma e di papà quando accarezzano, sono la
coccola che arriva alle orecchie attraverso la loro
voce, comportano uno stare vicino pelle a pelle,
mente a mente, un prendersi cura dell'anima.
Il filo conduttore: libri ed emozioni.
Inizia così l’ambientazione che abbiamo creato
quest’anno per la progettazione didattica. Avremo a
che fare con i libri e con le emozioni. La settimana
successiva al nostro primo incontro Biribilla spedì ad
ogni sezione un libro per bambini che aveva a che
fare con il tema della paura. Da qui ad aprile la cosa
si ripeterà altre tre volte toccando altre emozioni,
ovvero la gioia, la rabbia e l’amore (inteso con le
mescolanze di benevolenza, fiducia, gentilezza).
La progettazione di quest’anno ci permette di
sottolineare, di risignificare due attenzioni che sono
trasversali all’educazione dei bambini. Da una parte si
ricorda la centralità dell’ascolto delle emozioni e
dell’educazione affettiva, una questione resa ancora
più sensibile dallo stile di vita a cui siamo abituati. I
bambini devono stare bene a scuola, con sé stessi e
con gli altri; un buon clima emotivo è il presupposto
per apprendere, per conoscere se stessi e il mondo,
per instaurare relazioni autentiche con gli altri.
Un libro in dono al nuovo fratellino o alla nuova
sorellina.
Lo scorso settembre la nostra scuola ha rilanciato la
propria adesione al progetto nazionale Nati per
leggere (www.natiperleggere.it) che ha l'obiettivo di
promuovere la lettura ad alta voce a bambini di età
compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Abbiamo rivisitato
e potenziato un'attenzione già attiva da anni. In
occasione dell'arrivo di un fratellino o di una sorellina la
scuola dona un libro insieme al medaglione di Maria
Bambina che le suore avevano la consuetudine
regalare. Si tratta di un libro selezionato da esperti di
letteratura consultati dal progetto nazionale Nati per
leggere e messo in commercio ad un prezzo speciale.
Libri di qualità e una stanza dei libri.
I nostri bambini hanno diritto all'arte e alla cultura, hanno
il diritto di ricevere stimoli culturali tra i quali quello della
lettura, ai nostri giorni, è più un diritto che un bisogno. I
bambini “sanno (anche se non lo dicono) che le storie
divertono, consolano, fanno compagnia, incontrano,
commuovono e muovono all'azione” (R. Valentino
Merletti). Servono libri che siano ricchi di emozioni,
interrogativi, dilemmi, esperienze, linguaggi artistici
perché i libri contribuiscono ad arricchire la vita.
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SCUOLA DELL’INFANZIA
Per questo è importante scegliere libri ben fatti e
garantire in ogni scuola una biblioteca ben pensata, una
stanza dei libri a misura dei suoi frequentatori. Ibby
(International Board on Books for Young People) è un
esempio di cooperazione internazionale a favore della
promozione della lettura di libri di qualità fondata in
Svizzera nel 1953 da una donna straordinaria, Jella
Lepmann che ritornò in patria tedesca, terminata la
guerra, col mandato internazionale di raccogliere i
bisogni delle donne e dei bambini tedeschi. Jella intuisce
che i bambini hanno bisogno di qualcosa che non
riempia solo la pancia, ma anche la mente: pensa ai libri,
lancia un appello a una ventina di stati stranieri affinché
inviino i loro migliori libri per bambini, organizza una
stradale legate al tragitto che separa la scuola dalla
biblioteca.Attiveremo a scuola una “stanza dei libri” (una
piccola biblioteca scolastica) in un locale ritinteggiato
questa estate da un papà volontario. Avvicineremo i
bambini, anche in base all'età, ai concetti del prestito,
della cura, della classificazione, dell'ordine.
Altre idee bollono in pentola, ma... è ancora presto per
parlarne.
“Gli Stati parti incoraggiano la produzione e la diffusione dei
libri per l’infanzia.” (Articolo 17 comma c della Convenzione
sui Diritti dell’Infanzia, Assemblea generale delle Nazioni
Unite, New York 20 novembre 1989)
mostra itinerante per la Germania, fonda a Monaco la
prima biblioteca internazionale per ragazzi. E' convinta
che: 1) tutti i bambini sono ugualmente innocenti; 2) tutti
i bambini hanno pari diritti; 3) i bambini mostreranno agli
adulti la via giusta per rimettere a posto un mondo
sottosopra; 4) tutti i paesi del mondo possono
contribuire a costuire pace e libertà a partire dalla
bellezza e dalla cultura, creando ponti con libri di
eccellenza.
I libri diventarono così messaggeri di pace. Potete
ritrovare la sua storia nel libro La strada di Jella, prima
fermata Monaco. La sezione italiana di Ibby si trova a
Bologna (www.bibliotecasalaborsa.it).
Le ipotesi di progetto.
In questo momento stiamo leggendo e analizzando i
questionari sulle abitudini di lettura dei bambini
compilati dai genitori; potrebbero emergere degli
spunti per orientare il lavoro dei prossimi mesi.
Ci stiamo appoggiando alla biblioteca del paese per
recuperare alcuni libri e vi condurremo i bambini con le
dovute attenzioni considerate le esigenze di sicurezza
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Libro!
Mi piace come ti apri.
Le tue pagine so girare.
Mi piace come ti chiudi
e so metterti sullo scaffale.
Posso leggerti
al gatto,
leggerti di sotto in su,
o forse...
usarti come cappello!
Ti mostrerò al bebé.
Ti porterò con me
in un posto segreto,
dove stare da soli io e te.
E poi troveremo braccia di mamma
per leggerti insieme, prima di nanna.
Ti leggeremo al caldo e al sicuro.
Libro! Ti voglio abbracciare!
E poi spalancare.
Guardare e guardare
Libro!
(K. O'Connell George, Libro!, Interlinea 2006)
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GRUPPI / ASSOCIAZIONI
Sabina Pominelli
Gruppo Dia-logos e Gruppi di Carità
In una recente inter vista i responsabili della
Caritas diocesana bergamasca rilevano che:
“dopo cinque anni, la cr isi è sempre
un’emergenza. Quest’anno, rispetto al 2009, le
richieste d’aiuto al Fondo famiglia-lavoro sono
quasi raddoppiate”. Don Claudio Visconti,
direttore della Caritas diocesana rileva: “nella
vita quotidiana, la gente sente la fatica
in molti modi, e a soffrire sono soprattutto le
per sone più fragili, quelle che non hanno una
rete familiare su cui contare, né competenze
e flessibilità tali da riuscire a ritrovare un
posto dopo essere stati «tagliati fuori».”
Evidenziano poi che, oggi, “c’è un rischio
anche culturale: la povertà genera paura, la
paura paralizza la solidar ietà e mette
un’ombra sul futuro. Così le difficoltà
diventano ancora più grosse per chi non ha
niente e rischia di non trovare più nessuno a cui
rivolgersi, nessuna porta a cui bussare.” Questo
invece , sempre secondo don Claudio, “è
proprio un momento in cui bisognerebbe essere
vicini e mettersi in moto, ognuno come può,
per dare una mano, per avviare iniziative
mirate a r isollevare chi soffre di più. È
una situazione che interpella tutto il
ter r itor io, e in par ticolare le comunità
parrocchiali con un ruolo da protagoniste.”
I gr uppi di carità della nostra parrocchia, nel
loro piccolo, si sono attivati per una raccolta
di viveri e di coper te sabato 26 e domenica
27 ottobre, in concomitanza con la celebrazione della giornata missionaria parrocchiale,
e sabato 9 e domenica 10 novembre, in
occasione delle giornate della carità diocesane.
I gener i alimentar i r accolti sono stati
consegnati al “Centro di Primo Ascolto e
Coinvolgimento” della Caritas di Cividino, che
sta lavorando con molto impegno per seguire
diver se famiglie che risiedono nel nostro
ter r itor io e stanno vivendo situazioni di
grande difficoltà. A questo proposito i gr uppi
di carità stanno promuovendo progetti di
collabor azione sempre più stretti con il
gr uppo di Cividino. Le coper te sono state
destinate al “Ser vizio Esodo” del Patronato
San Vincenzo di Sorisole, che si pone accanto
a chi ha davvero per so tutto e si trova a
vivere per str ada. Ringr aziamo tutte le
per sone che hanno par tecipato all’iniziativa
por tando il loro contributo.
Segnaliamo il nostro appuntamento del mese
di dicembre: sabato 14, domenica 15, sabato
21 e domenica 22, l’allestimento della
bancarella equo-solidale di Natale, con la
vendita di panettoni, prodotti alimentari e
ar tigianali, e presepi etnici. Ricordiamo inoltre
l’esper ienza di missione che Feder ica,
collaboratrice dei nostri gr uppi, sta vivendo
in Ecuador ; le siamo vicini con la preghiera e
aspettiamo, al suo rientro, la sua preziosa
testimonianza e il suo rinnovato entusiasmo
per nuove iniziative.
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GRUPPI / ASSOCIAZIONI
Gruppo UNITALSI
Gita / pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo
con l’UNITALSI
Quest’anno l’UNITALSI ha deciso di organizzare una
gita pellegrinaggio in un luogo dove i partecipanti
potessero condividere momenti intensi di fede, di
cultura e di arte. E’ stato scelto il Sacro Monte di Varallo
e giovedì 26 settembre quasi sessanta persone hanno
aderito alla proposta. A tutti, un grazie sincero per i
bellissimi momenti vissuti insieme. Un affettuoso
Sacro Monte di Varallo
ringraziamento va anche alle persone che per motivi di
forza maggiore non hanno potuto partecipare; non
erano fisicamente con noi, ma erano nel nostro cuore.
Il programma della giornata prevedeva una prima sosta
a Orta San Giulio, uno dei borghi più belli d’Italia,
situato sulla sponda dell’omonimo lago e caratterizzato
da viuzze molto pittoresche, da palazzi signorili con
magnifici giardini e da un’imponente piazza affacciata sul
lago; dal molo abbiamo preso il battello per fare un giro
sul lago e, soprattutto, per raggiungere l’isola di San
Giulio, luogo di intensa spiritualità. L’Isola di San Giulio,
dominata dalla Basilica romanica, dal Palazzo Vescovile e
dall’Abbazia Benedettina, ospita le spoglie di San Giulio,
vissuto ai tempi dei Romani e grande evangelizzatore di
tutta la regione. L’Abbazia Benedettina ospita un
affascinante convento di clausura femminile.
Dopo la pausa per il pranzo presso una villa con
giardino recentemente restaurata, nel primo pomeriggio abbiamo raggiunto la meta del nostro pellegrinaggio.
Il Sacro Monte di Varallo rappresenta, fra i numerosi
Monti Sacri che arricchiscono le zone prealpine tra
Lombardia e Piemonte, l’esempio più antico e quello
più interessante da un punto di vista storico-artistico.
L’idea di edificare un Sacro Monte sulla parete rocciosa
che sovrasta Varallo fu concepita nel 1481 dal frate
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francescano Padre Bernardino Caimi, con lo scopo di
offrire ai pellegrini la possibilità di meditare e pregare
sulla vita e sulla passione di Gesù Cristo in un
ambiente che ricordasse i luoghi della Terra Santa.
L’ edificazione della Basilica e delle numerose cappelle si
è susseguita nei secoli, e ha coinvolto artisti e scultori
famosi.
Isola di San Giulio
Abbiamo raggiunto il luogo sacro dopo un breve, ma
emozionante, viaggio in funivia. La visita della Basilica, la
celebrazione della Santa Messa, e la sosta per una
preghiera alla Santa Vergine - rappresentata come
Madonna dormiente in una stupenda statua lignea -,
la recita del Santo Rosario meditato durante la sosta ad
alcune cappelle, sono stati momenti di intensa
spiritualità.
Nel paese di Varallo, collocato proprio alle pendici del
Sacro Monte, abbiamo visitato la Chiesa di S. Maria delle
Grazie e, aiutati dalle spiegazioni di una gentilissima e
molto preparata suora, abbiamo ammirato un vero
gioiello dell’arte rinascimentale: la parete affrescata da
Gaudenzio Ferrari nel 1513, sulla quale, in 21 riquadri,
sono rappresentati la nascita, la vita e la morte di Gesù
Cristo. Inseguiti dal tempo che purtroppo scorreva
velocemente, abbiamo concluso la visita a Varallo
gustando un’abbondante e ottima merenda preparata
con grande disponibilità da tante volontarie
dell’UNITALSI
Poco dopo le 19 la partenza verso Tagliuno, dove siamo
arrivati dopo circa un’ora e mezzo di viaggio. Forse le
gambe erano un po’ affaticate, ma nel cuore c’era tanta
gioia per la bellissima giornata trascorsa. E il pensiero
era già alle prossime iniziative dell’UNITALSI.
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I MISSIONARI CI SCRIVONO
a cura di della Redazione
Suor Piera Manenti
Kabwe, 14.10.2013
Carissimi amici, è' con grande gioia che vi scrivo
queste poche righe fuori del tempo abituale, per
esprimervi i miei sentimenti di gratitudine per quello
che fate per noi qui in terre lontane. I vostri gesti di
solidarietà, in questi tempi di crisi e difficoltà mondiali,
sono ancora più' significativi e meritori.
Nonostante le molte problematiche italiane, il vostro
cuore è aperto ai bisogni di molti volti di cui non
conoscete, ma che sono testimoni del vostro amore
per Dio. Ogni persona è nostro fratello, e in lui c'è'
il volto del Padre celeste. La dignità umana non sta in
quello che abbiamo o facciamo, ma nel vivere il
rapporto con il Creatore presente in noi, sue
creature, anche se molte volte, a causa delle nostre
debolezze umane non riusciamo a vedere o
testimoniare lo splendore della Grazia Divina. La
nostra fedeltà' alla Chiesa, l'adesione di fede
all'appello che ci viene da Papa Francesco, ci
invitano ad essere servi gli uni gli altri. Questo
servizio umile, ma ricco di benedizioni, sarà il “lascia
passare” per il regno di Dio dove finalmente tutti
saremo uniti nell'amore. Io sento profondamente in
me una gioia sapendo che Gesù mi accompagna ogni
giorno verso il Padre e mi prepara un posto al
banchetto eterno, non perché sono perfetta, ma perché Lui mi ama e non mi inganna. Il suo amore
supera le mie debolezze, e cosi è per ciascuno di noi,
di voi. Ringraziamolo per questo suo amore e non
stanchiamoci di ripagarlo amando gli altri. In questo
periodo dell'anno qui fa caldo, e i nostri bambini
stanno facendo gli esami. Accompagniamoli con
preghiere, specialmente quelli che hanno problemi in
famiglia. Oltre al normale lavoro, parrocchia, scuola di
taglio e cucito, orfani, ecc., ogni settimana andiamo
alle prigioni per condividere la Parola di Dio e
pregare con loro. E' sempre un'esperienza molto
forte, dove il cuore piange nel vedere come sono
trattati. Un puro materasso per terra, senza fodera,
nessun armadio per pochi oggetti personali come
ciabatte o indumenti. Tutto viene messo sotto il
materasso e tra un materasso e l'altro non c'è'
spazio. Alle 4 del pomeriggio sono chiusi in carcere
fino al mattino seguente. Un gabinetto per tutti, e
sono più di 50 in una camera. Molti passano anni
senza vedere amici o parenti. In carceri sopraffollate
ci sono quelli condannati per anni ai lavori forzati,
altri condannati a vita, altri condannati a morte. Ci
sono anche mamme con piccolini... tutti chiedono un
aiuto: sapone, olio, calze etc... quando ho
qualche soldo extra cerco di comprare qualcosa.
Poco tempo fa c'erano 7 prigionieri dell'Etiopia che
dopo 4 anni di carcere sono stati graziati, rinviati
direttamente in patria, ma non avevano più' vestiti
per andare a casa. Noi, pur con sacrifici, abbiamo
comprato per loro i pantaloni, le camice e le scarpe,
tutto nuovo. I loro volti esprimevano una profonda
gioia e si sono
sentiti rispettati e amati. Ora chiudo questa lunga
chiacchierata ringraziandovi ancora per il vostro
aiuto e la vostra solidarietà.
Con affetto grande vi abbraccio.
Suor Piera Manenti
St. Monica Parish P.O.BOX 80944
DALLAS plot n. 2119- KABWE-ZAMBIA
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I MISSIONARI CI SCRIVONO
a cura di della Redazione
Padre Domenico Pedullà
Carissimi don René, don Matteo e comunità tutta di
Tagliuno, anzitutto un caro saluto e un grazie riconoscente
per la continua vicinanza alla mia persona e alla mia
missione in Malawi/Zambia. Non ho potuto essere
con voi per animare la giornata missionaria del 27
Ottobre come avevo promesso. Un impegno di
congregazione, improvviso e inderogabile, mi ha
impedito di rientrare in Italia in tempo per la
giornata missionaria. Sono veramente dispiaciuto e
nello stesso tempo imbarazzato per questo mancato
incontro, ma confido nella vostra comprensione.
Avrei voluto condividere con voi la bellissima
esperienza di missione vissuta insieme al nostro
carissimo Vescovo Francesco Beschi, quando lo
scorso luglio fece visita ai missionari (sacerdoti, suore
e laici) bergamaschi in Malawi. Come recita lo slogan
della Giornata Missionaria Mondiale 2014 “Sulle
strade del mondo”, il nostro Vescovo s’è messo in
cammino con noi sulle strade del Malawi, per
raccontare la sua fede e per dimostrare la volontà
22
Indialogo n. 219
che la Chiesa di Bergamo ha di camminare insieme
alla Chiesa del Malawi.
Ecco che allora, l’atto di fede, da parte di ogni
battezzato si deve concretizzare nella metafora del
cammino, uscendo dalle nostre comunità, per
incontrare uomini e donne che hanno fame e sete di
Dio. Dunque, un “andare” sulle strade del mondo,
“insieme”, comunitariamente, a partire dalle strade
della nostra cara Tagliuno fino agli estremi confini del
mondo, per collaborare al cammino di fede altrui, ma
nella consapevolezza che Cristo risorto “ci precede”
e cammina con noi.
Il mio ringraziamento, la mia preghiera e benedizione
è oggi per tutti voi, carissimi don Renè, don Matteo
e comunità di Tagliuno. Nella consapevolezza che il
Signore ci precede e ci accompagna, non abbiamo
paura di condividere la nostra fede camminando con
gioia sulle strade del mondo.
P. Domenico Pedullà
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RUBRICHE
Marina Fratus
Angolo libri
per adulti...
LA FAVOLA DI NATALE
GIOVANNINO GUARESCHI - ED. BUR RIZZOLI
Questa non è certo una novità editoriale, ma l’universale messaggio di speranza
insito nel racconto travalica il tempo e lo spazio, rendendolo quanto
mai attuale.
Fondamentale conoscere la genesi di questo libro: la sera del 24 dicembre 1944, nel
lager tedesco di Sandbostel,Guareschi legge ai compagni di prigionia La favola di Natale,
un racconto che tre muse d’eccezione – “Freddo, Fame e Nostalgia” – gli hanno
ispirato nelle settimane precedenti.
Accompagnata dalla musica composta per l’occasione da un altro recluso, il sorrentino
Arturo Coppola, la lettura offre un po’ di serenità ai presenti, che per qualche ora
riescono a dimenticare il clima di angoscia in cui vivono e a tornare, almeno con il
pensiero, dai loro cari. Il testo, infatti, racconta il favoloso viaggio che un bambino,
Albertino, compie la sera della vigilia di Natale per andare a trovare il padre, rinchiuso
in un campo di concentramento. Il viaggio, affrontato insieme alla nonna, si rivela ricco
di sorprese. E nel Bosco degli Incontri, che la simpatica mappa disegnata da Guareschi
situa a metà strada tra il Mondo della Pace e il Mondo della Guerra,Albertino riesce
finalmente a riabbracciare il genitore, scappato in sogno dal lager. Così, nonostante il
poco tempo a loro disposizione, i tre possono festeggiare insieme la nascita di Gesù. Il
povero prigioniero sa di dover rientrare nel lager,ma prova ad assaporare fino in fondo
quel piccolo grande momento di vita familiare.
A guerra conclusa, Guareschi decide di pubblicare la favola. Prima di consegnarla all’editore, però, impreziosisce il testo con
alcune illustrazioni. Il corredo grafico, votato alla semplicità, passa da un registro all’altro con sorprendente scioltezza: la poesia si
alterna con la satira, la malinconia con la voglia di sorridere, riconfermando l’idea che sottende il racconto: é impossibile
spezzare i legami che uniscono un uomo alla sua interiorità, alla sua famiglia, alle sue idee, al suo passato. È impossibile impedire
a un prigioniero di vivere la speranza che il Natale porta con sé.
...e ragazzi
MERAVIGLIOSI RACCONTI DI NATALE
JOSETTE GONTIER - ED. EINAUDI RAGAZZI
Il Natale ha sempre offerto spunti e ispirazioni per creare bellissimi
racconti, in tema naturalmente con l'amore e la bontà. Come da tradizione,
quindi, non possono mancare le più belle favole, fiabe e racconti natalizi che
riguardano i personaggi più o meno conosciuti dai bambini di tutto il
mondo: Santa Claus, Babushka, i Re Magi, San Nicola, la Befana e molti altri
personaggi propongono al giovane lettore un meraviglioso viaggio, fino al
cuore dell'immaginario legato al Natale.
Quattordici racconti che vengono da lontano, dalle tradizioni popolari,
religiose o letterarie, da paesi lontani come la Russia ma anche da casa
nostra. Curatissime illustrazioni impreziosiscono il libro, aiutando
l’immaginazione dei più piccoli ad evocare la magica atmosfera del Natale.
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RUBRICHE
Daniela Pominelli
In viaggio verso i luoghi della fede
In pellegrinaggio a Colonia
Il Duomo di Colonia, una delle grandi cattedrali
gotiche Europee, conserva un grande sarcofago in
cui sono custodite le reliquie dei Re Magi. La
frase “Siamo venuti per adorarlo”, che il Beato
Giovanni Paolo II aveva scelto come tema per
la XXV Giornata Mondiale della Gioventù del
2005 a Colonia, aveva offer to lo spunto
per riscoprire queste misteriose figure che
appaiono in pochi e brevi versetti solo nel
Vangelo di Matteo. La presenza delle reliquie
dei Magi nel Duomo di Colonia è
preceduta da secoli di vicende storiche,
durante le quali i Magi hanno continuato a
“peregrinare” anche dopo la mor te.
In sintesi, la tradizione narra che le reliquie
furono inizialmente donate dalla madre
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dell’imperatore Costatino, Sant’Elena a
Eustorgio, un nobile greco che si era recato a
Milano come inviato dall’imperatore stesso e,
per le sue opere meritorie, venne acclamato
Vescovo. A Milano, dopo la mor te di Eustorgio
(anno 331) fu costr uita la Basilica a lui
dedicata, all’interno della quale fu posto il
sarcofago con le reliquie. Verso la metà del
1300, però, le reliquie erano scomparse da
Milano. Cos’era successo? Milano, città ribelle
all’imperatore Federico Barbarossa, non era
degna di ospitare i re che si erano inchinati “al
Re dei Re”, per cui il cancelliere imperiale,
cappellano, consigliere e arcivescovo di
Colonia, con un misterioso viaggio iniziato il 10
giugno 1164 e durato 43 giorni, por ta le
reliquie a Colonia nella chiesa di S. Pietro, che
diventerà nel 1248 l’attuale bellissima
cattedrale gotica dove sono custodite in una
preziosa arca di argento. Il Cardinal Ferrari,
Vescovo di Milano, nel 1929 ottiene una
parziale restituzione delle reliquie, ora
conser vate in una preziosa urna posta sopra
l'altare dei Magi. Al di là di queste vicende, la
cui datazione è stata ricostruita con fatica, fin
dall’antichità attorno ai Magi sono nate storie e
leggende che continuano ad affascinare, e di
fronte alle quali nasce spontanea una domanda:
cosa possono trasmettere i Magi a noi, uomini
e donne di oggi che ci avviciniamo alla Natività?
Nel Presepe, come pure nelle raffigurazioni
pittoriche di molte Chiese, i “Tre Re” in atto di
adorazione davanti alla Sacra Famiglia sono
immobili ma sembrano dire: “siamo finalmente
arrivati alla meta dopo un lungo viaggio”.
Richiamati da una Stella, si erano messi in
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RUBRICHE
cammino con totale fiducia e, in modo inaspettato,
sono entrati nella storia della salvezza. Infatti,
dopo un lungo peregrinare si sono trovati in
prima fila davanti al Mistero dell’Incarnazione.
Non sappiamo se hanno meritato questa prima
fila, ma sicuramente l’hanno cercata, attesa e
desiderata. Parafrasando il titolo del Cammino
di Avvento 2013 proposto dalla nostra Diocesi,
potremmo dire che i Magi “hanno seguito la
stella contenti della buona notizia”. Benedetto
XVI, nell’Angelus del 6 gennaio 2010, li aveva
definiti “modelli degli autentici cercatori della
verità”, ricordando che “Il culmine del loro
itinerario di ricerca fu quando si trovarono
davanti il bambino con Maria sua madre.
Avrebbero potuto rimanere delusi, anzi,
scandalizzati. Invece, da veri sapienti, sono
aper ti al mistero che si manifesta in maniera
sorprendente, e con i loro doni simbolici
dimostrano di riconoscere in Gesù il Re e il
Figlio di Dio. Solamente in quel bambino si
manifesta la forza di Dio, che raduna gli
uomini di tutti i secoli, perché sotto la sua
signoria percorrano la strada dell’amore, che
trasfigura il mondo”. Benedetto XVI, dopo
aver fatto notare che “i credenti in Gesù Cristo
sembrano essere sempre pochi”, si era
domandato perché “alcuni vedono e trovano e
altri no”. La risposta, secondo lui, era “la
troppa sicurezza, la pretesa di conoscere
perfettamente la realtà e la presunzione di
avere già formulato un giudizio definitivo sulle
cose rendono chiusi e insensibili i cuori alla
novità di Dio. E così non ci si lascia più
sconvolgere nell’intimo dall’avventura di un
Dio
che
vuole
venirci
incontro”.
Credo che l’esempio dei Magi sia proprio
l’immagine della novità della Buona Novella,
perché testimonia che non siamo vicini o
lontani dal regno di Dio per differenza
culturale o religiosa. Il confine tra l’indifferenza
e l’adesione non può che passare dal nostro
cuore; solo in vir tù di una generosa adesione
nata dal cuore è possibile iniziare un cammino
e arrivare davanti al Dio che si è fatto uomo e
tra gli uomini ha preso casa. La scelta di
andare in pellegrinaggio a Colonia per rendere
omaggio alle reliquie dei Re Magi può quindi
esprimere il desiderio di un abbandono
fiducioso a Dio, che a volte sconvolge i nostri
programmi e sceglie di fermarsi nei luoghi più
difficili, invitandoci a trascurare il piccolo
mondo ordinato che insistiamo a costruirci con
cura.
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RUBRICHE
Bruno Pezzotta
Cronache
100 anni in un quaderno
Alla ricerca di nuovo materiale
storico, il giorno di Ferragosto
trovo un quaderno di medio
formato, di grosso spessore,
tenuto insieme da un cartonato
marrone scuro, che nel tempo ha
richiesto qualche pezzo di nastro
adesivo per conservarne la
consistenza. Sulla copertina, la
tipica etichetta con i bordi
smussati a forma ottagonale dice
“Cronaca Parrocchiale Tagliuno
1899…”; c’è lo spazio per un'altra
data che nessuno però ha mai
scritto. Sulla prima pagina, ingiallita
dal tempo ma ancora in ottimo
stato come tutte le pagine
successive,
si
legge
la
medesima intestazione “Cronaca
Parrocchiale di Tagliuno dall’anno
1899 all’anno... (cinque puntini mai
sostituiti da una data), preceduta
da memorie storiche raccolte dal
parroco locale don Pietro
Mazzoleni l’anno 1899, primo del
suo Pastoratico”. E’ lo stesso don
Mazzoleni che scrive, per tutti gli
anni a seguire preciso narratore
delle vicende della comunità;
talvolta viene sostituito da mani
diverse, fatto questo abbastanza
evidente in quanto la sua grafia,
decisa ma lineare ed inclinata
totalmente verso destra, è
inconfondibile.Le cronache di don
Mazzoleni arriveranno fino al
luglio 1946, poche settimane
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prima della sua morte, per essere
poi sostituite fino all’agosto 1972
dal racconto di don Giuseppe
Martinelli; dall’agosto del 1972 al
giugno 1996, è don Giacomo
Belotti a scrivere e, per i due anni
seguenti, il suo successore.
Cento anni esatti, cento anni di
avvenimenti storici, liturgici,
talvolta di costume, di persone,
fatti e vicende che vorrei
raccontare da qui e nei prossimi
numeri, scegliendo quelle ritenute
più interessanti tra il 1899 e
il
1972,
per
ovvie
e
Altare maggiore, 1783
comprensibili ragioni, e comunque
con adeguata selezione. Don
Mazzoleni, intenzionato a mettere
su carta la vita parrocchiale della
comunità che gli viene affidata nel
1898 (ricordato che era a Tagliuno
già da nove anni con il ruolo
di
coadiutore
del
suo
predecessore don Antonio
Suardi), ripor ta la cronologia
della costruzione della Chiesa
Parrocchiale partendo da queste
note che, nonostante un inchiostro
marrone sbiadito, si leggono bene:
“La primitiva Chiesa Parrocchiale,
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RUBRICHE
Organo, 1789
sotto il titolo di S. Pietro Apostolo,
sorgeva nella località denominata
ora – sul Castello – attualmente
ridotta a vigna di proprietà
di questo beneficio parrocchiale
(…) Vi si celebrarono le funzioni
sino al principio del XVI secolo.
Indi, per maggior comodità della
popolazione, essendo la detta
chiesa angusta e discosta
dall’abitato, la celebrazione delle
parrocchiali funzioni e amministra-
Arredo sagrestia, 1778
zione
dei
Sacramenti
si
trasferì nell’altra chiesa più antica,
dedicata a S. Lorenzo Martire, sita
nel luogo stesso ove sorge
l’attuale parrocchiale. Ciò risulta
dalla visita che S. Carlo
(Borromeo) fece appunto a
questa chiesa di S. Lorenzo,
sostituita quale parrocchiale
all’antica di S. Pietro Apostolo” (si
tratta della visita pastorale del
cardinale di Milano nel settembre
1575 di cui abbiamo già narrato in
precedenza).
Il periodare della frase è un po’
confuso ma il senso è chiaro: sul
luogo
dell’attuale
Chiesa
Parrocchiale dedicata a San Pietro,
ne esisteva una di modeste
dimensioni intitolata a S. Lorenzo,
ma che verrà completamente
ricostruita a partire dal 1621, per
essere intitolata al Principe degli
Apostoli oltre due secoli dopo. nel
1828, con una celebrazione
presieduta dall’allora Vescovo di
Pavia, Monsignor Luigi Tosi.
Don Mazzoleni è precisissimo da
qui in avanti, al punto di elencare
diversi interventi dentro e fuori le
mura della Chiesa, fra i quali:
fra il 1725 ed il 1740 vengono
realizzati il Coro, la Sagrestia e la
Cappella attigua al presbiterio,
oggi sede del Santissimo;
nel 1745 viene ultimato l’altare
maggiore con “preziosi marmi di
lapislazzuli ed ametista”, altare che
verrà consacrato il 28 ottobre
1745 dal Vescovo Mons. (…illeggibile), delegato dal Vescovo di
Bergamo Mons. Antonio Redetti;
nel 1750 viene ultimato l’altare
della Cappella dove oggi è collocata la statua della Madonna delle
Vigne;
nel 1778 vengono definitivamente ultimati i sedili del Coro;
nel 1789 viene mostrata per la
prima volta alla popolazione la
statua della Madonna (il miracolo
delle Vigne è di otto anni prima);
nel 1871 l’organo viene ampliato
e portato alle attuali dimensioni.
Mezza pagina è dedicata poi al
campanile, definito uno dei più
ar tistici
della
bergamasca,
innalzato nella forma attuale fra il
1790 ed il 1810, “le cui pietre per
realizzarlo vengono cavate dalla
località Corno di questo paese”.
Le campane, una o più, vengono
applicate nel 1801, per essere
rifuse nel 1830 ed inaugurate il 9
ottobre 1831 dal vescovo di
Bergamo Mons. Carlo Morlacchi.
Un ultimo cenno, tre righe circa,
riguarda il cimitero, ultimato nel
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RUBRICHE
1809.
Nelle tre pagine seguenti don
Mazzoleni racconta del succedersi
dei parroci cominciando da don
Giovanni Pagani “il primo di cui si
poté avere notizie”. In realtà la
notizia è imprecisa perché gli atti
della visita di San Carlo consentono di
conoscere i suoi due predecessori,
don
Magnanimo
Borella,
presente almeno fino al 1588, e
don Francesco da Terzo, che nel
1590 verrà sostituito da don
Pagani, probabilmente Tagliunese,
che finirà i suoi giorni alla
mezzanotte del 21 dicembre
1609
quando
nella
casa
parrocchiale verrà “ucciso da
un’archibugiata di malandrini”.
Statua della Madonna, 1740-1743
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Coro, 1788
A don Pagani si succedono alcuni
parroci presumibilmente non
bergamaschi, considerati i cognomi:
dopo i cinque anni di don
Ludovico Benigni, seguiranno i
sette di don Giuseppe Ficieni, i
diciassette anni di don Ottaviano
Loglio, i trentacinque di don
Francesco Viscinello e i trenta
di
don
Giuseppe
Betti,
originario di Adrara S. Rocco.
Prima di arrivare a don Pietro
Mazzoleni si succederanno altri
nove parroci, fra cui citiamo due
Tagliunesi, don Giacomo Vitali e
don Francesco Caldara, anche se
sul primo c’è il dubbio che fosse di
Adrara San Martino. Particolare
storico curioso, fra questi nove,
don Stefano Zanotti, nativo di
Spirano, ebbe la presenza più
breve come parroco, perché morì
prematuramente. Fece il suo
ingresso in parrocchia nel 1826 il
giorno della Festa della Madonna
delle Vigne (allora si celebrava in
ottobre ed era la “Madonna delle
Gattole”), e i suoi funerali si
celebrarono dopo tre anni esatti,
nella stessa giornata di festa, dopo
poco più di un anno che l’attuale
Chiesa era stata dedicata a S.
Pietro Apostolo.
Questa lunga premessa, un
anticipo delle cronache che da lì in
avanti don Pietro Mazzoleni
racconterà, è stata scritta il primo
giugno 1899, come precisa lo
stesso sacerdote a chiusura di
pagina. Dalla pagina successiva
inizierà a raccontare le vicende
parrocchiali partendo dalle sue
note autobiografiche e dalla sua
data d’ingresso in Parrocchia, il 30
gennaio 1899. Ne daremo conto
nelle prossime occasioni.
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RUBRICHE
Bruno Pezzotta
Cronache
La storia del 25 dicembre
La festività del Santo Natale
cade, il 25 dicembre; questa
data è quella storica del
Bambinello venuto alla luce
nella mangiatoia, oppure quella
scelta
dalla
Chiesa
per
contrastare e, in qualche modo,
accantonare le feste pagane
legate al solstizio d’inverno? Fu
una scelta pastorale senza
collegamento con la data
precisa della nascita di Gesù,
che nessuno sarebbe stato in
grado di determinare con
precisione? Questo è quanto
nei secoli si è sempre ritenuto, e
che i cosiddetti “esper ti” hanno
sempre affermato. Ebbene, pare
proprio che invece Gesù possa
essere nato proprio un 25
dicembre. E’ dal concepimento
di Giovanni il Battista che
occorre iniziare. Lo dice il
Vangelo di Luca quando parla
della coppia dei genitori di
Giovanni, gli anziani Zaccaria ed
Elisabetta, precisando che
Zaccaria era un membro della
classe sacerdotale detta di Abia,
che officiava presso il Tempio di
Gerusalemme e che, come
scrive Luca, quando il vecchio
Zaccaria ebbe l’apparizione
dell’Arcangelo Gabriele che gli
annunciava come la sua sposa
avrebbe avuto presto un figlio,
“officiava nel turno della sua
classe”, era cioè in ser vizio
effettivo al tempio. Le ricostruzioni
storiche ci dicono che le caste
sacerdotali erano suddivise in 24
classi che, in un ordine
immutabile, prestavano servizio
liturgico al tempio per una
settimana, due volte all’anno.
Lavorando su testi rinvenuti
nella nota località di Qumran,
un docente dell’università
ebraica
di
Gerusalemme
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RUBRICHE
sarebbe riuscito a precisare
l’ordine cronologico con cui si
susseguivano le 24 classi
sacerdotali. Una delle due volte
che toccava alla classe di
Zaccaria corrispondeva all’ultima
decade di settembre. Ed è in
quei giorni dunque che Zaccaria
riceve il messaggio che sarebbe
diventato presto padre di
Giovanni il Battista. Perché
questo è impor tante? Perché
dai Vangeli sappiamo che
quando Maria riceve l’annuncio
della sua maternità, Elisabetta è
al sesto mese di gravidanza,
quindi siamo intorno alla fine di
marzo, esattamente sei mesi
dopo che Zaccaria ha ricevuto il
messaggio, quand’appunto la
Chiesa colloca l’Annunciazione
di Gesù, il 25 marzo, da cui
decorrono i nove mesi naturali
che vanno dal concepimento
alla nascita. Una catena di
eventi puntualmente fra loro
coerenti che si estende per 15
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mesi fornisce al 25 dicembre
una sua ragionevolezza storica,
superando la giustificazione
piuttosto frettolosa della scelta
del 25 dicembre intesa come
sovrapposizione su riti pagani.
Infatti:
- in settembre, come dicono le
ricostruzioni dei servizi liturgici
al tempio, l’annuncio a Zaccaria
ed il concepimento di Giovanni
il Battista;
- in marzo, sei mesi dopo, come
dice Luca nel suo Vangelo,
l’annuncio a Maria;
- in giugno, tre mesi dopo e
secondo il ciclo naturale di nove
mesi, la nascita di Giovanni;
- in dicembre, sempre secondo i
nove mesi naturali, la nascita di
Gesù.
Ecco dunque come il 25
dicembre, diventa storicamente
credibile, potendo affermare
ragionevolmente che non fu
fissato a caso. E l’anno di
nascita? Qui la storia aiuta di
più,
par tendo
da
due
avvenimenti sulla cui cer tezza
storica non c’è alcuna possibilità
di errore: la mor te di Erode il
Grande e il censimento del
governatore. Quirinio. La mor te
del re si pone nell’anno 750
dalla fondazione di Roma, per i
primi cinque secoli dopo la
nascita di Gesù punto assoluto
di riferimento per la datazione
cronologica degli avvenimenti
storici, almeno fino a quando il
monaco Dionigi il Piccolo,
mor to nel 526 d.C., fissò l’anno
zero con la venuta al mondo del
Bambino. Poiché la fondazione
di Roma sarebbe avvenuta nel
754 a.C., se diamo al Natale
l’anno zero, Erode il Grande
muore quattro anni prima della
venuta alla luce di Gesù, di fatto
impossibile perché lo stesso
Erode è protagonista, come
sappiamo, delle vicende dei
primi giorni quando voleva
uccidere il Bambino. Per questo
Gesù non può essere nato
nell’anno zero, ma a qualche anno
prima. Quando precisamente? Ci
aiuta il secondo avvenimento,
cioè il censimento. Publio
Sulpicio
Quirinio
diventa
governatore della Siria, la
grande provincia che comprendeva
la Palestina, una prima volta fra
gli anni 12 e 8 a.C., ed una
seconda fra gli anni 6 e 7 a.C. E’
durante questo secondo periodo
che ritiene di indire un nuovo
censimento, dopo quello che
vide Maria e Giuseppe recarsi a
Betlemme, luogo della casa e
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RUBRICHE
della famiglia di Davide dove il
censimento doveva aver luogo.
Luca racconta del secondo
censimento negli Atti degli
Apostoli, escludendo per tanto
che questo riguardi quello della
nascita di Gesù, a vantaggio del
primo che motiva il viaggio a
Betlemme,
e
collocando
per tanto la nascita del Figlio di
Dio intorno ad otto anni prima
dell’anno zero. Perché dare
attendibilità a Luca al di là dei
due riferimenti storici? Perché
Luca era un medico, scrupoloso
e preciso in quello che scriveva,
è ciò è chiaro dalle parole con
cui apre il suo Vangelo che invia
a Teofilo: “Poiché molti han posto
mano a comporre un racconto
degli avvenimenti che si sono
compiuti tra noi (…) è parso
anche a me, che fin dall’inizio ho
accuratamente investigato ogni
cosa, di scriverne con ordine, o
illustre Teofilo” (Luca 1, 1-3).
La sua scrupolosità induce alla
veridicità di quanto precisa poi
nel racconto sacro. Che poi gli
studiosi convengano nell’affermare
che Gesù non poté nascere che
fra otto e quattro anni prima
del fatidico anno zero, poco
impor ta. L’impor tante è che Lui
sia nato, e che ancora oggi
quella nascita costituisca lo
spar tiacque dell’umanità, il
prima ed il dopo.
(Le informazioni contenute in questo articolo sono il risultato degli studi compiuti da: Dionigi il Piccolo, un
monaco originario della Scizia, che visse a Roma tra la fine del V e l'inizio del VI secolo; Annie Jaubert
(francese) e Shemariahu Talmon (ebreo), che negli anni 50 hanno comparato indicazioni dei Vangeli ed i
testi di Qunram).
Aspettando il Natale...
15 minuti con Dio e PreghierAdo
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RUBRICHE
Gaia Vigani
Arte e fede
La Fuga in Egitto: viaggio di speranza e di fede
“… Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre
e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Giuseppe,
destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.”
(Mt 2,13-15).
Solo Matteo narra nel suo Vangelo del viaggio in Egitto, e questi pochi versetti sono tutto ciò che gli artisti
hanno avuto a disposizione per rappresentare una scena talmente semplice da poter quasi risultare banale.
È forse questa la motivazione che nei secoli ha portato i pittori a favorire la raffigurazione della strage degli
innocenti, cioè la causa di quel viaggio: dal punto di vista emotivo è sicuramente più d’impatto vedere
rappresentato il massacro di molte giovani vite rispetto a una piccola famiglia che percorre le polverose
strade della Palestina. Eppure, se ci fermiamo a guardare alcune opere d’arte che rappresentano la fuga in
Egitto, possiamo riflettere e scoprire che dietro quell’immagine semplice c’è molto di più.
Seguiamo l’ordine cronologico e
osserviamo uno degli splendidi
mosaici della Cappella Palatina
(Palazzo dei Normanni, Palermo XI secolo): sulla sinistra possiamo
vedere un angelo benedicente che
scende dal cielo per portare
l’avvertimento e il comando di Dio
a Giuseppe, che si presenta
addormentato in una posizione
incredibilmente naturale e un po’
scomposta. Il volto di quest’ultimo,
corrucciato e teso, rivela le
sensazioni che dovevano albergare
nel suo cuore pensando non solo
che Erode voleva uccidere il piccolo
Gesù, ma anche alle difficoltà che
avrebbe compor tato un lungo
viaggio con la sua famiglia. Eppure,
nonostante queste paure, Giuseppe
parte alla volta dell’Egitto e, nella
parte destra dell’opera, vediamo una scena familiare semplice e gioiosa che rappresenta il viaggio: Maria è
sorridente sopra l’asino, mentre il piccolo Gesù sembra salutarla stando sulle forti spalle del padre che lo
stringe forte per non far cadere quel “carico” prezioso. Ora sorride Giuseppe, forse per la sensazione della
mano di Gesù teneramente appoggiata sui suoi capelli, o forse perché è finalmente giunto a destinazione;
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dalla vegetazione si capisce che siamo ormai in Egitto: gli alberi frondosi cedono il posto alle palme, e il
mar Rosso abbondante di pesci scorre a pochi passi dalla piccola comitiva. Sorride Giuseppe con il suo
bambino sulle spalle, in un gesto che ha attraversato i secoli, e che ancora oggi padre e figlio condividono;
eppure, oltre a questa tenerezza, in quel gesto possiamo rivedere quello dei pastori che portano sulle
spalle gli agnelli; ed ecco che, in un attimo, il gesto paterno tanto dolce si carica di un
significato profetico molto for te: ci viene ricordato che Gesù è l’Agnello che verrà immolato
per la salvezza degli uomini.
Se passiamo ad un dipinto molto
celebre di Caravaggio dal titolo
“Riposo nella fuga in Egitto”
(1596-97), ci rendiamo conto
subito che l’atmosfera cambia
completamente,
soprattutto
perché abbandoniamo l’oro
sfarzoso dei mosaici per perderci
nell’incanto delle luci e delle
ombre tanto cari al pittore
bergamasco. Compare in questa
scena un personaggio che non
viene citato nel Vangelo e che
mai era stato raffigurato prima in
questo contesto: si tratta di un
angelo che suona con il violino
una ninnananna del compositore
fiammingo Noel Bauldewijn,
composta a par tire dal testo
biblico del Cantico dei Cantici 7,7: Quam pulchra et quam decora carissima in deliciis, che significa
"Come sei bella e leggiadra, carissima per le tue delizie"; testo inserito tra quelli del vespro proprio del
periodo. Caravaggio, facendo trasparire attraverso le note il contesto liturgico, mostra Maria che
durante la fuga in Egitto vive il suo primo dolore, un presentimento del suo pianto sotto la croce.
Ancora una volta la rappresentazione di questa scena ci rimanda al sacrificio di Cristo sulla croce, e
questo risulta evidente guardando la par te destra del dipinto: Maria è addormentata e strige al petto il
Bambino in un gesto estremamente dolce e protettivo, ma il suo volto è contratto in un’espressione che
sembra quasi di dolore, la stessa che siamo abituati a vedere nelle rappresentazioni della Pietà. Se
spostiamo lo sguardo sul bambino, però, veniamo pervasi da una sensazione di pace e serenità:
Caravaggio nella sua genialità riesce a trasmettere, oltre a ciò che rimanda al dolore della croce, il
messaggio di pace che il Cristo è venuto a por tare agli uomini; in quel bambino che dorme si rivela
nuovamente la speranza dell’umanità.
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Infine , se r ivolgiamo il nostro sguardo ad un
dipinto, for se sconosciuto, di Mer son dal
titolo “Riposo dalla fuga in Egitto” (1880), ci
troviamo ad osser vare una scena nottur na
dall’ambientazione piuttosto str ana, ma
sicur amente molto chiar a: la gr ande sfinge ci
dice che siamo già in Egitto, e che il viaggio
è ormai quasi al ter mine . In basso, quasi al
centro, c’è la figur a di Giuseppe che dor me
avvolto in un mantello con il capo appoggiato
su un gr adone dello stor ico monumento.
Sicuramente , ciò che attir a di più la nostr a
attenzione , è il piccolo punto di luce sulla
sinistra: è la Luce del mondo, il piccolo Gesù
che r ischiar a il buio deser to in cui vive
l’umanità. Egli è ancor a una volta tr a le
br accia della madre , che si abbandona a sua
volta tr a le br accia della celebre sfinge
(decisamente troppo piccola dal punto di
vista delle proporzioni); la sfinge , illuminata
da una pallida luce lunare , sembr a sor r idere
serenamente quasi fosse consapevole che
tra le sue zampe di pietr a si cela la ver a ed
unica r isposta a tutte le domande
dell’umanità che per tr adizione venivano
custodite propr io dalla creatur a mitologica.
Analizzando le tre opere abbiamo compreso
come un semplice episodio possa trasformarsi
in un veicolo efficace e diretto non solo di
una par te della stor ia di Gesù, ma anche del
messaggio evangelico e cristologico espresso
dalle Sacre Scr itture . Al contempo però,
nel vedere la Famiglia di Nazareth che
affronta le fatiche di questo viaggio, non
possiamo non pensare all’attualità di questa
immagine; non possiamo non pensare alle
famiglie degli immigr ati che r ischiano tutto
nella sper anza di una vita migliore e più
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dignitosa. Molti sono ancor a i viaggi della
sper anza che gli uomini affrontano ogni
gior no, ma, osser vando la r appresentazione
della fuga in Egitto, possiamo vivere queste
sfide con fiducia e sper anza perché il
Signore è vicino a noi ad ogni passo, e la Sua
luce può r ischiar are ancor a i deser ti bui
delle nostre vite di pellegr ini.
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RUBRICHE
Renato Bertoli
Salute e Benessere
L’attività fisica e l’osteoporosi
L’osteoporosi è una malattia molto conosciuta
che può progredire per diversi anni senza dare
alcun sintomo e, quando compare, spesso è già
in fase avanzata. A volte ci si accorge di averla
a seguito di una frattura, o dopo aver rilevato
che la nostra statura è improvvisamente
diminuita.
La perdita di densità ossea, che è la risultante
più impor tante di questa malattia, comincia
silente e progressiva dopo i 50 anni, colpisce
soprattutto le donne (1 su 3 dopo la
menopausa), ma anche gli uomini non ne sono
esenti (1 su 5 dopo i 60 anni). L'aspettativa di vita
decisamente superiore ha fatto crescere sempre
più il numero di persone con questo problema.
Se dopo i 75 anni l'incidenza nella donna è del 43%
e nell'uomo è del 20, oltre gli 85 anni interessa
addirittura il 60% delle donne e il 40 % degli
uomini. Si stima che solo in Italia siano quattro
milioni le persone colpite da osteoporosi, e che le
fratture siano 250mila, di cui 70mila al collo del
femore.
E ora par liamo dell’attività fisica, rimedio
fondamentale e indispensabile per combattere
l’osteoporosi; l’obiettivo primario è l’incremento
della massa ossea attraverso la stimolazione
meccanica, il miglioramento della capacità
aerobica e l’irrobustimento muscolare.
E’ chiaro che non si può pensare di affrontare
il problema solo dopo che si è presentato;
bisogna anticipare le mosse iniziando la
prevenzione e l’attività fisica fin dai primi anni
di vita. E’ molto impor tante svolgere attività
durante l'età dello sviluppo, perché permette
di raggiungere un elevato livello di massa
ossea; crescendo, poi, si impara a migliorare
l'equilibrio, i riflessi, e il tono muscolare: tutti
fattori indispensabili per prevenire il rischio
delle cadute che hanno come conseguenza le
fratture; migliorando la resistenza e la densità
ossea, l'attività fisica è in grado di prevenire la
comparsa di fratture in seguito a traumi. Ma
quale attività fisica è più indicata nei soggetti
colpiti da Osteoporosi?
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ESERCIZI A CARICO NATURALE O CORPO
LIBERO
Sono par ticolarmente indicate per il soggetto
osteoporotico tutte le attività eseguite a
carico naturale, in cui il peso corporeo grava
sulle ossa; il peso del corpo unito alla forza di
gravità stimola positivamente la calcificazione
con conseguente aumento della densità ossea.
Per tanto le attività fisiche da preferire sono:
camminata, marcia, ballo, salire e scendere le
scale. Per quanto riguarda la corsa leggera, è
meglio evitarla per scongiurare il rischio di
fratture. Il ciclismo, il nuoto e il fitness in acqua
sono invece esercizi in cui il carico sulle ossa è
inferiore, e risultano dunque meno indicati per l’osteoporosi, anche ma pur sempre utilissima per
altre patologie. Buona norma sarebbe ripetere questo lavoro due volte la settimana per 45/60
minuti.
ESERCIZI DI RESISTENZA CON PICCOLI ATTREZZI
Anche gli esercizi di resistenza, se eseguiti sotto controllo medico e sotto la super visione di
personale qualificato, sono molto efficaci per rafforzare la muscolatura e diminuire il rischio
di cadute.
A tal proposito è utile eseguire 2-3 volte alla settimana esercizi con pesi leggeri o elastici in
modo da rinforzare e stimolare la muscolatura sia degli ar ti inferiori che superiori. In presenza di
osteoporosi è impor tante l'aumento graduale dei carichi, perché più peso grava sulle ossa, più
queste si rinforzano.
ESERCIZI POSTURALI DI BALANCE
Se eseguiti regolarmente, riducono il rischio di fratture migliorano l'allineamento del corpo e
l'equilibrio. Sono esercizi di stretching ed allungamento che aiutano la muscolatura a rilassarsi e
migliorano la qualità dei nostri movimenti.
ESERCIZI DANNOSI PER I SOGGETTI AFFETTI DA OSTEOPOROSI
Dannosi, e quindi da evitare assolutamente, sono tutti gli esercizi che compor tano flessioni o
torsioni eccessive del rachide, oltre ai lavori dove sono molto sollecitate l’ar ticolazione di anca
e ginocchio, proprio per non andare a gravare su due strutture già a rischio di fratture.
E’ indispensabile, dunque, combattere questa malattia, che non possiamo nascondere, ma
affrontare. Non è mai troppo tardi per iniziare a fare attività fisica; i modi e le possibilità sono
tanti; dovete solo assicurar vi di essere seguiti da operatori qualificati e
professionali; poi, armati di un pizzico di coraggio e di un po’ di forza di volontà, sarete pronti a
dare un bel calcio all’osteoporosi per lasciare spazio ad un invecchiamento più sicuro.
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RUBRICHE
Alessandro Pezzotta
Angolo Humor
Ai tec… AIUTO!!!
In questo numero ho deciso di abbandonare
barzellette e freddure per occuparmi di alcuni
strumenti che dovrebbero semplificarci la vita, ma
rischiano di farla diventare un “inferno”.
Partiamo dai telefonini. Mi sento terribilmente
vecchio nel pronunciare questo termine, perché il
loro vero nome è “smartphones”, cioè “telefoni
intelligenti”, e tutto sono tranne che…ini, cioè
piccoli. Li producono grandi come mattoni, fragili
come cristallo, cari come l’oro e con una batteria che
dura il tempo di uno starnuto.
Cos’è che li fa essere intelligenti? Se chiedete agli
esperti in materia, vi diranno che hanno processori
“quad-core”, molti giga di ram, schermo “full accadì”,
e via di questo passo. Scattano fotografie fantastiche,
hanno video nitidissimi, permettono di navigare in
Internet a velocità ottimale. Fin qui, possiamo anche
concordare, ammesso di aver capito qualcosa.
Veniamo al punto critico. Se si chiamano telefoni, ci si
aspetta che siano in grado di telefonare. Bene,
questo lo fanno. Ma, la loro esplosione sul mercato
non dovrebbe essere in virtù della loro praticità?
Cosa ci sarebbe di pratico in un “mattone” da
tenere in tasca, che quando ti chiamano sembri
posseduto dal diavolo? Con tutte le forze che hai
tenti di estrarlo, ma lui non ne vuole sapere. Tutti ti
guardano allibiti, pensando che tu abbia un ragno nei
pantaloni, mentre lui continua a suonare ad un
volume assordante e con le più improbabili suonerie.
E’ diventata ormai una scena tanto comune da poter
essere quasi trascurata. Camminando in strada, poi, si
incrocia gente che rischia di battere la testa ovunque
perché stava messaggiando e, per citare lo Zio Barba,
“aveva la testa nel sacco”. Siamo schiavi di questi
arnesi, al punto da doverli guardare ogni tre secondi
con l’ansia di ricevere un sms, una mail, oppure di
sapere se qualcuno ci ha “taggato” su Face book.
Stiamo diventando bravissimi a farci i fatti degli altri,
ma anche a pubblicare i nostri, senza riguardo. Sbaglia
chi pensa che il fenomeno riguardi solo i giovani,
perché coinvolge proprio tutte le età.
Per non parlare dei tablet, le “tavolette” leggerissime,
tanto comode per navigare in internet, guardare
immagini e video, giocare. Si possono usare anche
come telefoni: con molta naturalezza, è possibile
parlare con una “piastrella” in mano. E’ bene
ricordare che gli auricolari esistono e costano solo
20 Euro, da aggiungere agli 800 Euro del tablet. Pochi
Euro, ma fanno la differenza!.
Ho incontrato un muratore che usava il tablet come
livella, probabilmente grazie ad una specifica “App”.
E’ un po’ cara come livella, ma sicuramente fa sentire
“in”.
Ci sono inoltre bambini di ogni età, anche molto
piccoli, già assorbiti da questi oggetti indiavolati. Forse
i genitori hanno trovato come tenerli buoni senza
troppa fatica?
Ho usato un tono ironico per esprimere il mio
pensiero, ma con l’intenzione di riflettere sulla reale
funzione delle nuove tecnologie. L’utilità delle
innovazioni tecnologiche è indiscutibile, ma non
devono annullare la capacità del cervello di gestire la
nostra vita. Chi decide, chi agisce, chi sceglie, siamo
noi, e questo non va dimenticato. Diversamente, la
rivoluzione dei sistemi di comunicazioni, ci porterà a
dimenticare i principi umani della comunicazione e
delle buone relazioni. Resteremo tutti “soli”, a
parlare con amici virtuali attraverso un tablet.
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Ezio Marini
Zio Barba Pellegrino
Il rosario e la giostra
CALCIO
A piedi non si fanno code tra Tagliuno e Calcio. Piazza Valverde - Castello di Calepio - scaletta - Porto - alzaia della
roggia Fusia - Palazzolo. Qui un bel caffè sotto i portici, al
Bar del Centro, e via tra canali e canaletti e campi e
boschetti fino a Pontoglio e Urago d’Oglio, dove, nella
chiesa parrocchiale di S. Lorenzo, una nonnina si stacca dal
suo banco e viene a pregare con me, illustre sconosciuto
con zaino e barba. Alla fine, estrae dalla borsetta una colorita
coroncina di rosario:‘ho tanto pregato con questa corona,
per piacere accettala, è tua: ora vai avanti tu’.
La metto in tasca mentre passo il fiume Oglio tra Urago e
Calcio, acqua paludosa e silente a monte, tormentosa e
scrosciante a valle. L’antica Pieve di Calcio è fasciata di
ponteggi.Da un pertugio nella porta sbarrata faccio passare nel
vuoto del cantiere interno un canto in lingue e una
sbirciatina tra la polvere. Poi raggiungo da lato l’enorme
chiesa parrocchiale di S. Vittore , per volumetria la più
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grande della Lombardia dopo il Duomo di Milano. Un
paese di cinquemila abitanti, naturalmente, ci ha impiegato
un sacco di generazioni per costruirla. A poca
distanza dalla fiancata occidentale si affaccia sulla via
imbandierata (sono capitato a Calcio nel giorno della sua
festa più sentita, San Gottardo) un cortile rurale che
profuma di mucche quanto le bancarelle profumano di
zucchero filato. Ma non è l’unica convivenza ardita
che questa imponente chiesa si permette di proporre in
tempi duri come questi: se sul fianco c’è una stalla, alla
porta c’è la giostra, che scopro dopo essermi ripreso dalla
sensazione di vuoto nel vacillare alzando lo sguardo
dall’interno verso l’altissima volta della cupola. Appena
uscito sul sagrato, un secondo capogiro al vedermi volare
davanti ragazzi felici vorticosamente sospesi sui seggiolini
di un’incredibile giostra a pelo di facciata. Il sagrato, terra
sacrata, diventa un fragile profano confine tra la libertà
appesa alle catene e la processione che sta per varcare la
soglia. La statua di San Gottardo, la banda, il vescovo di
Cremona Dante Lafranconi (un nome solenne come la
chiesa) si affacciano sulla giostra, che si
affloscia, si ferma e tace. Mi accodo con gli ultimi fedeli e
cammino lentamente, a ritmo di banda. Il maestoso viale
centrale di Calcio è degna cornice del corteo. Nello
spazio, vado avanti. Ma nel tempo, torno indietro: penso
alla banda del paese della mia fanciullezza, San Gottardo di
Rota Dentro; e penso alla giostra di Tagliuno, quella che si
accampava in via San Rocco e girava e girava e io non sono
salito e ormai non gira più. Un passo avanti, un passo
indietro, quasi mi blocco. Ma devo proseguire, che
pellegrino sarò mai? All’improvviso ricordo la coroncina
della nonnina di Urago d’Oglio. La tolgo dalla tasca, al sole
di questo quattro maggio, festa di S. Gottardo, in tedesco
Gotthard,‘Forte in Dio’. Ne carezzo le decine, una verde,
l’altra arancione,la terza rossa,la quarta gialla,l’ultima blu:‘ho
tanto pregato con questa corona, per piacere accettala, è
tua, ora vai avanti tu’. La reggo tra le dita, sullo
sfondo del cielo: colorata come la giostra, rotonda come la
giostra.
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RUBRICHE
Ezio Marini
‘N dialèt
Fà hanmartì
Se tutti i Santi e le Madonne stanno ritti in milioni di
cappelle di migliaia di chiese, il merito è di San
Martino. A lui infatti risale l’uso del nome ‘cappella’,
un tempo riservato esclusivamente alla nicchia che
ospitava la statua o il dipinto che lo ritraggono con il
famoso mantello condiviso con il povero: mantello
chiamato classicamente ‘cappa’, piccola ‘cappa’,
‘cappella’, per la quale anche ogni nicchia che
ospitava questo Santo fu chiamata ‘cappella di San
Martino’. In un secondo tempo il termine fu però
esteso a qualsiasi altra nicchia, anche se non
dedicata a San Martino. Ma San Martino ha lasciato il
segno anche fuori dalle chiese, più esattamente nel
mondo rurale, dove i contadini lavoravano i possedimenti dei ‘signori’ secondo un contratto annuale
che tradizionalmente scadeva il primo novembre.
Se il proprietario non li confermava,
avevano dieci giorni di tempo per trovare un altro
padrone. L’undici novembre, giorno di San Martino,
chi doveva andarsene raccoglieva le poche cose e i
tanti figli e si metteva in marcia verso nuove
speranze. Per indicare questo trasloco fissato nella
ricorrenza di San Martino, tutti dicevano ‘fare
sanmartino’,‘fà hanmartì’, un’espressione che si usò in
seguito (e ancora oggi sussiste qui e là nei nostri
paesi) anche per un qualsiasi trasloco in un qualsiasi
periodo dell’anno. Il dramma del carretto però è
ritornato.Il carretto è diventato un barcone. Ora ‘fare
sanmartino’, che comunque costituisce un momento
faticoso e difficile della propria vita anche quando si
va a ‘star meglio’, va riassumendo un’attualità
dolorosa del nostro tempo: quanto ‘fare sanmartino’
per mari e per strade,via dalle fabbriche vuote e dai
negozi chiusi! E poi, quanti sanmartini che nessuno
può evitare, quante case in cui nessuno può
fermarsi, per traslocare nella malattia, nella solitudine,
fino al sanmartino più importante, il trasloco della
morte. La nostra vecchia casetta resta vuota, la cappa
di San Martino non basta più. Ma sopra il tetto c’è un
fascio di Luce.
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ANAGRAFE PARROCCHIALE
don René Zinetti
Battesimi
Defunti
Il Battesimo ci fa “morire” al peccato
e ci fa “risorgere” come figli di Dio
donandoci la vita di Gesù Cristo risorto.
Come figli di Dio entriamo a far parte della Chiesa.
Ascolta, o Signore le preghiere
della tua Chiesa per i nostri cari;
la loro fede li ha associati al popolo
dei credenti, la tua misericordia
li unisca ora all’assemblea dei Santi
nella tua dimora di luce e di pace.
22/09/2013
Miriam Patelli
di Giuseppe e di Vezzoli Elena
Via A. Moro
14/09/2013
Luciano Angelo Vescovi
di anni 53
via Copernico, 4
Alessandro Perletti
di Paolo e di Varinelli Francesca
Via A. Moro
Federico Novali
di Simone e di Arbore Barbara
Via Pagani – Palazzolo S/O
Matilde Belotti
di Andrea e di Abondio Daria
Via San Rocco
08/12/2013
Miriam Giovanna Benini
di Alex e di Bertoli Lucia
Via Gianfranco Miglio
Nicole Facchinetti
di Pietro e di Perletti Silvia
Via Piave
Matrimoni
Carissimi, con il matrimonio religioso,
avete celebrato il grande mistero.
dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.
Ora siete chiamati a parteciparvi
con il vostro matrimonio.
Riconoscenti per essere diventati figli nel Figlio,
avete fatto memoria del vostro Battesimo,
sorgente e fondamento di ogni vocazione.
Dio nostro Padre,
con la forza del suo Santo Spirito,
ravvivi in voi il dono di questo sacramento.
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09/10/2013
Angelo Zerbini
di anni 86
via Falconi, 7
08/11/2013
Anna Maria Radici
di anni 83
Via Marconi, 10
10/11/2013
Giannina Gandossi
di anni 75
Vicolo Frosio Roncalli, 8
19/11/2013
Giovanni Toniazzo
di anni 88
via Gazzo, 15
08/12/2013
Curnis Angelo
di anni 72
Viciolo F.lli Manenti, 4
14/09/2013
Pezzini Lorenzo di Sarnico
Tasca Gloria di Tagliuno
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