Caratterizzazione di composti secondari, inorganici

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Caratterizzazione di composti secondari, inorganici
Università degli Studi di Trieste
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Tesi di Laurea Triennale in Chimica
Caratterizzazione di composti secondari, inorganici e
organici di origine biogenica nel particolato atmosferico
campionato in un sito di background della provincia di
Trieste
Laureando:
Berro Andrea
Relatore:
Dott. Pierluigi Barbieri
Correlatore:
Dott.ssa Arianna Tolloi
Anno Accademico 2011 – 2012
INDICE
PREMESSA
2
1. SCOPO DELLA TESI
3
2. INTRODUZIONE
4
2.1 Il particolato atmosferico: definizione e caratterizzazione dimensionale
4
2.2 Origine e sorgenti del particolato atmosferico
5
2.3 Composizione del particolato atmosferico
6
2.3.1 Reazioni di foto-ossidazione
7
2.3.2 Formazione di composti organici secondari di origine biogenica
10
2.3.3 Composizione chimica media del particolato atmosferico
14
2.4 Effetti del particolato atmosferico
18
2.5 Normativa
20
2.6 Importanza del monitoraggio del PM in un sito di background
21
3. CASO DI STUDIO
22
4. MATERIALI E METODI
25
4.1 VOC e BVOC
25
4.1.1 Campionamento
25
4.1.2 TD – GC – MS
27
4.2 PM10
32
4.2.1 Campionamento
32
4.2.2 Trasmittanza termo ottica (TOT)
33
4.2.3 Cromatografia ionica
35
4.2.4 Analisi composti biogenici di origine secondaria mediante HPLC-ESI-qTOF-MS
37
5. RISULTATI E DISCUSSIONE
40
5.1 Confronto tra il sito di campionamento di BGG ed un sito urbano
40
5.2 Analisi caratterizzazione analitica del PM10
41
5.2.1 Variazione della concentrazione degli analiti tra il giorno e la notte
44
5.2.2 Descrizione meteorologica del periodo di campionamento
47
5.2.3 Relazione fra le concentrazioni degli analiti e situazione meteorologica
48
5.3 Componenti biogeniche rilevate tra i composti organici volatili e nel PM10
52
6.
CONCLUSIONI
57
7.
BIBLIOGRAFIA
59
7.1 Siti web
8.
61
RINGRAZIAMENTI
62
1
PREMESSA
Questa tesi si colloca nell’ambito delle attività del Gruppo di Ricerca di Chimica
dell’Ambiente del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università degli Studi di Trieste. Il
gruppo si occupa da anni di valutazioni sulla qualità ambientale nel territorio della provincia
di Trieste ed in particolare si è specializzato nel controllo degli inquinanti atmosferici.
Lo studio della composizione della troposfera costituisce un’applicazione rilevante nella
chimica analitica, poiché alterazioni della composizione atmosferica e la presenza di
inquinanti possono generare un’esposizione della popolazione ad una molteplicità di sostanze
tossiche e comportare danni sulla salute dell’uomo, sul clima e sull’ambiente.
A causa della pericolosità dell’inquinamento atmosferico sono state sviluppate delle
normative (vedi D.Lgs.152/06 e D.Lgs. 155/10) che indicano delle soglie limite alle
concentrazioni di inquinanti consentite alle emissioni e nell’aria ambiente. Questo ha portato
allo sviluppo di tecniche di analisi e di modelli che forniscono indicazioni valide sulla
presenza di varie specie chimiche presenti in atmosfera, in modo da individuare le sorgenti
emissive e, se possibile, trovare un modo per abbassare il livello dell’inquinamento.
In letteratura si trovano molti studi che riportano situazioni che si riconducono a casi in cui i
vari inquinanti provengono da situazioni critiche come aree urbane o industriali.
Una valutazione accurata delle alterazioni della composizione atmosferica non può
prescindere dalla valutazione dei processi chimici in fase gassosa, solida ed eterogenea che
condizionano le concentrazioni atmosferiche dei composti chimici, anche in luoghi
relativamente lontani da sorgenti emissive importanti.
Con questa premessa, in questo studio si vuole portare l’attenzione su misure sulla
composizione del particolato atmosferico effettuate in un sito di background, riportando
risultati conseguiti in una campagna di misure con campionamenti notturni e diurni.
Questo studio potrà essere utile anche per fornire un’indicazione metodologica ed operativa
sulla possibilità di rilevare la presenza di componenti secondarie dell’aerosol (formatesi in
atmosfera a partire da precursori gassosi) nella provincia di Trieste, rinforzando le evidenze
sulla necessità del controllo dei composti precursori gassosi del PM.
Lo studio è coordinato con unità di ricerca delle Università di Milano ed Aarhus (DK), che ci
hanno consentito di raccogliere dati su parametri non determinabili direttamente presso la
nostra sede.
2
1. SCOPO DELLA TESI
Lo studio condotto nell’ambito di questa tesi ha come obiettivo principale l’attivazione di un
sito di monitoraggio extraurbano, lontano da siti di inquinamento antropico, utile per valutare
i processi connessi alle dinamiche degli aerosoli e per poter fornire un supporto di validazione
ai modelli matematici che prevedono le concentrazioni di particolato atmosferico su scala
regionale.
Al fine di poter verificare l’adeguatezza del sito individuato, si sono condotte delle analisi sui
campioni di particolato atmosferico raccolti mediante l’utilizzo di un campionatore di tipo
attivo, e di alcuni composti organici volatili campionati con un dispositivo passivo.
Le analisi condotte per caratterizzare la composizione chimica del particolato atmosferico
hanno richiesto l’utilizzo di diverse tecniche analitiche che verranno illustrate nei prossimi
capitoli. I risultati ottenuti sono stati quindi confrontati con i dati ricavati simultaneamente da
uno studio condotto dal nostro Gruppo di Ricerca, svolto però in ambito urbano, in modo da
verificare l’adeguatezza del sito scelto, come sito di fondo, o background, non caratterizzato
da inquinanti riconducibili a emissioni prossime dirette.
Oltre all’obiettivo primario si sono raccolti i primi dati riguardanti il particolato organico
biogenico secondario, o Biogenic Secundary Organic Aerosol (BSOA), nel territorio del
Friuli Venezia Giulia in modo da poter studiare i processi eterogenei che portano alla loro
formazione a partire da precursori quali i Biogenic Volatile Organic Compounds (BVOC),
valutandone la rilevanza.
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2. INTRODUZIONE
2.1 Il particolato atmosferico: definizione e caratterizzazione dimensionale
Con il termine particolato atmosferico (Particulate Matter PM) si fa riferimento ad un insieme
di particelle che hanno delle caratteristiche chimico-fisiche comuni, le quali conferiscono loro
la caratteristica di restare sospese nell’atmosfera. Durante la sua permanenza nei vari strati
dell’atmosfera, il particolato può reagire con i gas presenti nell’aria subendo svariate
modificazioni. (Marconi A.,2003)
Il PM è una miscela eterogenea di sostanze, la cui composizione differisce a seconda di molti
fattori che possono essere: la presenza di fonti di inquinamento antropico, il periodo in cui
viene effettuato il campionamento e la variabilità delle condizioni meteorologiche.
Queste particelle non hanno una forma ben definita, per la loro caratterizzazione si fa
riferimento al loro diametro aerodinamico equivalente (dae) il quale permette di uniformare e
caratterizzare univocamente il comportamento aerodinamico delle particelle rapportando
il diametro di queste col diametro di una particella sferica avente densità unitaria (1 g/cm3) e
medesimo comportamento aerodinamico (in particolare velocità di sedimentazione e capacità
di diffondere entro filtri di determinate dimensioni) nelle stesse condizioni di temperatura,
pressione e umidità relativa.
Il concetto del diametro aerodinamico equivalente è molto importante in quanto ci consente di
dare una prima classificazione delle varie frazioni del PM.
Sostanzialmente esistono tre frazioni importanti del PM:
 Particolato grossolano;
 PM10;
 PM2.5.
Il particolato grossolano comprende la frazione di particelle con diametro aerodinamico
equivalente maggiore di 10 µm. Date le dimensioni, queste particelle hanno tempi di
sedimentazione brevi e oltretutto non sono in grado di penetrare in profondità delle vie aeree.
Il PM10 equivale alla frazione di particolato atmosferico campionato da un sistema per cui le
particelle con dae pari a 10 µm vengono campionate con un’efficienza del 50%.
Il PM2.5 equivale alla frazione di particolato atmosferico campionato da un sistema per cui le
particelle con dae pari a 2.5 µm vengono campionate con un efficienza del 50%.
4
Quest’ultima frazione corrisponde a circa il 60% del PM10 ed è molto importante in quanto
essa è la frazione di particolato atmosferico in grado di penetrare in profondità nelle vie aeree
dell’apparato respiratorio.
Le particelle con diametro aerodinamico inferiore a 2.5 µm possono essere ulteriormente
suddivise a seconda della loro grandezza in particolato fine ed ultrafine.
Sostanzialmente queste due sono prodotte tramite il processo di condensazione di gas
atmosferici su particelle sospese nell’atmosfera.
La classificazione appena elencata è molto importante in quanto le proprietà chimico-fisiche
delle particelle di particolato atmosferico sono strettamente correlate alla loro dimensione
(Marconi A., 2003)
2.2 Origine e sorgenti del particolato atmosferico
Il processo principale di genesi delle particelle fini dell’aerosol atmosferico è la nucleazione;
grazie ad essa si originano particelle di dimensioni maggiori a partire da quelle fini e dai
radicali presenti in fase gassosa presenti in atmosfera, che si aggregano per costituire
particelle più grandi. Alcuni studi hanno messo in evidenza come l’acido solforico sia la
principale specie gassosa che funge da iniziatore del processo di nucleazione, aggregandosi
con l’acqua prima e con l’ammoniaca poi, così da formare cluster che, che a loro volta
favoriscono la formazione delle particelle più grandi (Raes et al., 2000).
Le particelle derivanti dalla nucleazione possono quindi condensare e produrre particelle di
dimensioni maggiori.
La condensazione inizia quando l’equilibrio si sposta verso la fase aerosol e coinvolge
principalmente le particelle con diametro compreso tra 0.1 µm e 1 µm.
Oltre alla condensazione esiste anche un processo che può portare all’accrescimento della
dimensione delle particelle. Questo processo prende il nome di coagulazione e coinvolge
sia particelle solide che liquide, le quali interagiscono con quelle prodotte dalla
nucleazione. Il risultato di questa interazione porta ad un accrescimento ulteriore delle loro
dimensioni. La coagulazione può interessare anche i prodotti derivanti da reazioni
omogenee che avvengono nell’atmosfera (Raes et al, 2000).
A seconda di come è stato originato, il particolato atmosferico può essere diviso in due classi:
 Derivante da processi naturali;
 Derivante da processi antropici.
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Quella antropica deriva dalle varie attività svolte dall’uomo come ad esempio tutti i processi
di combustione sia da sorgenti mobili come ad esempio gli autoveicoli, sia da sorgenti fisse
come gli impianti industriali e/o impianti di riscaldamento domestico.
La componente naturale deriva invece da tutti i processi di disgregazione di rocce, da eruzioni
vulcaniche, incendi, ma anche da pollini ed altri tipi di emissioni da parte delle piante.
Le sorgenti antropiche hanno la caratteristica di contenere concentrazioni molto alte di
inquinanti spesso pericolosi per la salute come ad esempio metalli pesanti, idrocarburi
policiclici aromatici e/o altri derivati organici del benzene.
La pericolosità degli inquinanti atmosferici determina proprio l’importanza di riuscire a
monitorare costantemente la concentrazione di particolato in modo da ricorrere a soluzioni
che siano in grado di abbassare la loro concentrazione al di sotto di una certa soglia critica per
la salute e per l’ambiente in genere.
Il particolato immesso in atmosfera dopo un certo tempo tende naturalmente a ritornare sul
suolo. Questo processo può avvenire in due modi distinti:
 Deposizione secca;
 Deposizione umida.
La deposizione secca consiste nel trasferimento diretto sul suolo terrestre senza l’intervento di
agenti atmosferici quali le precipitazioni.
La deposizione umida invece consiste nel trasferimento del particolato atmosferico sulla
superficie terrestre in forma acquosa tramite pioggia, nebbie o neve.
Otre che dalle precipitazioni, la permanenza nell’atmosfera delle particelle dipende
fortemente anche dal vento.
È evidente quindi la necessità di monitorare costantemente le condizioni meteorologiche
durante le campagne di campionamento del particolato in quanto esse determinano le
concentrazioni di inquinanti sospesi in atmosfera.
2.3 Composizione del particolato atmosferico
La composizione chimica del particolato atmosferico non è omogenea, essa dipende
fortemente dal luogo e dalle condizioni in cui è stato effettuato il campionamento (Decesari et
al., 2001).
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Si può comunque fare una distinzione tra due frazioni del PM a seconda dei processi chimico
fisici che hanno portato alla sue formazione. Tramite questa classificazione il particolato può
essere distinto in particolato primario e particolato secondario.
Il particolato primario è composto da particelle di vario diametro aerodinamico originate
direttamente da processi naturali quali l’erosione delle rocce, incendi, la diffusione di pollini
dell’aerosol marino, ma può essere composto da particelle derivanti da processi antropici
quali combustioni di combustibili fossili o da attività di tipo industriale.
Il particolato secondario invece è composto principalmente da particelle fini disperse in
aerosol. La formazione di composti secondari deriva essenzialmente da reazioni di fotoossidazione da parte dei gas presenti in atmosfera quali ozono, ossidi di azoto e di zolfo sul
particolato primario e sull’aerosol in genere.
2.3.1
Reazioni di foto-ossidazione
Perché si formi il particolato secondario è necessario che ci siano degli agenti ossidanti
presenti in sospensione.
Tra tutti gli ossidanti presenti in atmosfera si possono elencare quelli più importanti
(Gramatica Forni), i quali sono:
 Radicale ossidrile: OH• (giorno)
 Ozono: O3 (giorno e notte)
 Radicale nitrato: NO3• (notte)
Per ogni agente ossidante esistono più vie di formazione.
Per quanto riguarda il radicale ossidrile (OH•), la via principale di formazione deriva dalla
reazione di fotolisi dell’acqua che avviene durante il giorno.
H2O + hν  OH• + H•
Un’altra reazione molto importante che porta alla formazione di radicale ossidrile consiste
nella reazione di fotolisi dell’ozono atmosferico e successiva reazione con vapore acqueo.
O3 + hv ( <315 nm)  O* + O2
H2O + O*  2OH•
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Il radicale generato entra poi in una serie di reazioni durante il giorno le quali, a seconda del
composto con cui reagisce, possono dare molti prodotti diversi tra loro. Ad esempio se ci
troviamo in una situazione in cui è presente un’alta concentrazione di ossidi di azoto, la
reazione con il radicale ossidrile porta alla formazione di acido nitrico, che insieme all’acido
solforico, è il responsabile del fenomeno delle piogge acide.
Le reazioni possono avvenire anche assieme ad alcani, alcheni, composti aromatici, per dare
ad esempio delle aldeidi e/o acidi carbossilici.
Per quanto riguarda l’ozono, esso si genera negli alti strati dell’atmosfera dove l’ossigeno
rarefatto, viene fotolizzato da radiazione UV per formare due radicali dell’ossigeno.
Questi radicali che si sono formati scendono poi negli strati più bassi dell’atmosfera, i quali
sono maggiormente ricchi di ossigeno reagendo con esso per dare ozono.
O2 + (hv UV-C) 2 O•
O• + O2  O3
Essendo una molecola neutra, al contrario del radicale OH•, l’ozono reagisce meno
velocemente, per cui la sua concentrazione resta significativa anche durante il periodo
notturno.
È importate sottolineare che l’ozono non è in grado di reagire né con alcani, né con composti
aromatici. Esso, infatti, reagisce esclusivamente con il doppio legame degli alcheni come ad
esempio con i terpeni emessi dalle piante.
Figura 1.1: Reazione tra ozono e alcheni (Gramatica Forni)
8
Un’ulteriore ossidante è costituito dal radicale nitrato. Per quanto riguarda la chimica degli
ossidi di azoto è importante specificare che essa è molto ampia e di difficile caratterizzazione.
Nonostante ciò, si può definire un certo ciclo degli ossidi di azoto chiamati genericamente
NOx.
Essi hanno origine sia da fonti naturali come ad esempio i processi biologici dei
microrganismi, sia da fonti antropogeniche come le emissioni degli autoveicoli e in generale
le combustioni. I due principali ossidi di azoto sono l’NO e l’NO2.
L’NO deriva da reazioni di combustione ad alta temperatura, le quali consentono la reazione
tra azoto e ossigeno molecolare.
Esistono anche altri tipi di reazioni di formazione da altri precursori come NO3•, NO2, N2O,
che tramite fotolisi danno NO e O2.
La reazione di formazione di NO2 avviene attraverso molte vie, le quali però prevedono tutte
la presenza di radiazione elettromagnetica.
Gli ossidi di azoto formati reagiscono poi negli strati più alti dell’atmosfera con altri agenti
ossidanti per dare acidi inorganici (ad es. HNO3), i quali a loro volta decompongono per dare
radicali. Se consideriamo la decomposizione dell’acido nitrico attraverso la reazione con
radicale ossidrile, si trova che esso si trasforma in acqua e radicale NO3•.
Il radicale NO3• è un forte agente ossidante la cui formazione viene limitata dalla presenza di
ozono e NOx in atmosfera, sia durante il periodo diurno, sia durante quello notturno.
Lo schema mostra le reazioni che portano alla formazione di radicale NO3• di giorno e di
notte.
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Come è evidente dallo schema, di giorno esistono molte più vie di formazione per il radicale
NO3• rispetto alla notte, però durante il giorno il prodotto appena formato fotolizza
rapidamente ad NOx, cosa che di notte non avviene.
Proprio per questo la concentrazione di radicale NO3• durante la notte è più alta che durante il
giorno.
La reattività di NO3• è simile a quella di OH•, che però è presente solo durante il giorno.
Esso reagisce addizionandosi a doppi legami ed estraendo atomi di idrogeno su alcani e
composti aromatici. Ad esempio reagisce con i terpeni per dare nitrocomposti:
Figura 1.2: Reazione tra radicale nitrato e alcheni
2.3.2
Formazione di composti organici secondari di origine biogenica
Le reazioni appena descritte mostrano il modo in cui vengono generati i principali agenti
ossidanti presenti in atmosfera. Questi agenti ossidanti possono quindi reagire con composti
organici volatili (VOC) presenti in atmosfera per dare composti secondari.
Questi composti vengono definiti SOA (secondary organic aerosols) e possono essere sia di
origine antropica, sia di origine biogenica (Kristensen, Glasius, 2011).
L’ossidazione di queste molecole, tramite meccanismo di addizione, porta all’aggiunta di uno
o più gruppi polari sulla struttura di partenza. La capacità di un VOC di produrre una certa
quantità di frazione di composti secondari dipende essenzialmente da tre fattori:
 la sua concentrazione nell’atmosfera;
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 la sua reattività chimica;
 la volatilità dei prodotti.
L’ossidazione di questi composti generalmente è data da reazioni del radicale ossidrile (OH•)
con composti biogenici.
Queste reazioni di ossidazione portano generalmente alla formazione di acidi organici. Ad
esempio, se consideriamo un terpene come l’α- pinene, attraverso reazioni di fotossidazione si
arriva ad ottenere l’acido pinoico.
Questi acidi organici possono subire ulteriori ossidazioni; prendendo l’esempio precedente,
l’acido pinoico può venir ulteriormente ossidato da OH• per formare acido 3-metil-1,2,3,butan tricarbossilico (MBTCA).
Figura 1.3: strutture degli acidi: pinoico (a), pinonico (b), MBTCA (c).
Gli acidi organici multifunzionalizzati che si sono formati tramite queste reazioni di
ossidazione, in presenza di ossidi di zolfo e/o di azoto atmosferici reagiscono per dare
rispettivamente organosolfati e organonitrati.
Esistono studi (Surratt, 2008) che dimostrano l’importanza degli organosolfati, in quanto essi
possono rappresentare fino al 12 % in massa del totale dell’aerosol atmosferico.
Alcuni studi (Linuma et al., 2007) hanno evidenziato la formazione di nitrossiorganosolfati
durante la notte, a dimostrazione dell’importanza della chimica notturna del radicale NO3•.
Questi studi hanno inoltre dimostrato che, riproducendo in laboratorio le condizioni di
reazione dell’ambiente esterno durante la notte, cioè introducendo in atmosfera controllata
alcuni terpeni come α-pinene, β-pinene, limonene, tenuti al buio insieme ad NO3• in ambiente
acido, si formano gli stessi composti trovati nei campioni di particolato atmosferico.
Vengono ora riportati alcuni esempi trovati in letteratura (Surratt,2008) , riguardanti la
formazione di alcuni composti nitrossiorganosolfati da precursori quali limonene, α-pinene ed
isoprene.
11
Figura 1.4: Reazioni di ossidazione del limonene
Figura 1.5: Reazioni di ossidazione del pinene
12
Figura 1.6: Reazioni di ossidazione dell'isoprene
13
2.3.3
Composizione chimica media del particolato atmosferico
Il particolato atmosferico è costituito da svariati generi di composti. In generale esso contiene
una certa quantità di materiali organici, ioni (di origine crostale – componente minerale
prodotta dall'erosione della crosta terrestre - , marina o secondaria – da precursori gassosi come nitrati e solfati), metalli di transizione e idrocarburi di vario genere. È presente inoltre
una frazione di carbonio organico (che può essere anche di origine biogenica), ed una frazione
di carbonio elementare (fuliggine prodotta da combustioni).
La percentuale in peso delle varie frazioni presenti nel particolato atmosferico dipende
fortemente dal tipo di sito in cui esso è stato campionato. Si riportano, in figura 1.7, esempi
,generalizzati di composizione degli aerosol tipiche per ambienti urbani e per ambienti marini
(Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, 2003).
Figura 1.7: Esempi di composizione media dell'aerosol
Si può notare dai grafici, come le concentrazioni degli analiti ricercati possano variare a
seconda della zona di campionamento considerata.
È importante evidenziare come in un sito urbano le concentrazioni di carbonio (sia elementare
che organico) sono molto più alte rispetto ad una situazione in cui il particolato deriva da un
sito nelle vicinanze del mare.
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Componente ionica
Nel particolato si possono ritrovare ioni sia di origine primaria che di origine secondaria che
possono essere distinti a seconda della loro origine. Si definiscono di origine primaria gli ioni
derivanti da fenomeni quali l’erosione dei minerali, risollevamento di polveri, lo spray marino
(ad esempio Na+, K+,Ca2+, Mg2+, Cl-), mentre si definiscono ioni di origine secondaria quelli
derivanti da reazioni che avvengono sia in fase eterogenea che omogenea nell’atmosfera (ad
esempio NO3-, NO2-, SO42-, C2O42-, NH4+).
Calcio e magnesio hanno origine prevalentemente terrigena, derivano quindi da sollevamento
di polveri dal suolo dovute ad agenti atmosferici e antropici.
Sodio e cloro sono molto evidenti in siti di campionamento nelle vicinanze di zone costiere in
quanto derivano dallo spray marino. Si possono trovare anche in zone relativamente distanti
dal mare in quanto lo spray può essere trasportato dal vento.
Il potassio deriva come il calcio e il magnesio da fenomeni di risollevamento di polveri dal
suolo. Questo ione si può utilizzare anche come marker inorganico per identificare
combustioni di biomasse legnose in quanto esso è un macro-nutriente di tutte le piante
(corrisponde a circa 1% della massa secca legnosa), per cui durante il processo di
combustione si ritrova nelle ceneri.
Lo ione ammonio ha origini sia naturali, sia antropiche; naturalmente deriva dai vari processi
metabolici di piante e microrganismi azoto fissatori mentre per quanto riguarda l’origine
antropica deriva sostanzialmente dai fertilizzanti utilizzati in agricoltura. L’ammoniaca
presente nell’atmosfera ha un ruolo molto importante in quanto è il gas quantitativamente più
abbondante in grado di neutralizzare gli acidi in sospensione come l’acido nitrico e l’acido
solforico. (Danalatos et al., 1999)
Lo ione solfato deriva essenzialmente all’anidride solforosa presente in atmosfera.
La SO2 atmosferica deriva in maggior quantità da fenomeni di natura antropica come le
emissioni degli autoveicoli e dall’impiego di combustibili fossili.
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Esiste anche una minima quantità di SO2 derivante da fenomeni naturali come l’attività
metabolica di organismi marini e l’emissione di gas di natura vulcanica.
L’SO2 emessa nell’atmosfera subisce delle trasformazioni a causa di fenomeni di ossidazione
da parte di agenti ossidanti come ad esempio il radicale ossidrile (OH•).
SO2 + OH• → HOSO2•
Questo intermedio è altamente reattivo e reagisce ulteriormente con l’ossigeno atmosferico
per formare anidride solforica e idroperossi radicale:
HOSO2• + O2 → HO2• + SO3
L’anidride solforica formata reagisce quindi con l’umidità atmosferica per dare acido
solforico:
SO3 (g) + H2O (l) → H2SO4 (l)
In fase liquida l’acido solforico formato si trova come anione solfato.
L’anione nitrato deriva essenzialmente dalla condensazione dell’acido nitrico.
La formazione di acido nitrico nell’atmosfera è molto importante durante il giorno, questo
perché le concentrazioni di radicale idrossido sono più alte (vedi formazione radicale
ossidrile).
Esistono più reazioni che portano alla formazione dell’acido nitrico. Le più importanti sono le
reazioni tra NO2 e OH• in fase gassosa durante il giorno e quella del radicale NO3• con H2O
in fase eterogenea durante la notte.
In presenza di cloruri il radicale NO3• può reagire per dare anione nitrato e radicale cloro.
L’acido nitrico si forma per ossidazione di NO2 in fase gassosa. Essendo un L’HNO3 molto
solubile, questo tende a dissolversi nella fase acquosa presente in atmosfera. Come
conseguenza della dissoluzione, l’acido si dissocia ad anione nitrato, tanto che alcuni studi
dimostrano che nelle nubi tutto l’acido nitrico si trova nella forma dissociata.
Un’altra reazione che porta alla formazione di acido nitrico è la reazione in fase eterogenea tra
NO2 e H2O catalizzata da particelle sospese o superfici di altro tipo.
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In questa reazione oltre alla formazione di acido nitrico, si ottiene anche acido nitroso che a
seconda delle condizioni termodinamiche verrà rilasciato sotto forma di gas. (Danalatos et al.,
1999)
L’ossalato è un anione organico di origine secondaria e biogenica in quanto deriva dall’acido
ossalico la cui biosintesi avviene ad opera di piante, funghi e microrganismi. L’acido ossalico
può formarsi anche mediante reazioni fotochimiche dell’isoprene con gli agenti ossidanti
presenti in atmosfera come ad esempio ozono, radicale ossidrile e/o radicale nitrato.
In figura 8 viene mostrato come dall’isoprene attraverso una serie di reazioni si forma l’acido
ossalico, che a sua volta reagisce ulteriormente per dare anidride carbonica. (Lim et al.,2005)
Figura 1.8: Reazioni tra isoprene e ossidanti atmosferici (Lim et al.,2005)
Componente carboniosa
La componente carboniosa del particolato atmosferico è dato dalla somma della frazione di
carbonio elementare e della frazione del carbonio organico. Esiste anche una piccola frazione
di carbonio carbonatico, ma spesso non viene presa in considerazione data la sua piccola
concentrazione rispetto alle altre due frazioni.
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In letteratura si trova che il carbonio elementare (EC) deriva principalmente da fenomeni di
combustione di combustibili fossili, per cui è utilizzabile per identificare fonti di
inquinamento.
Il carbonio organico (OC) invece è presente sotto forma di svariate specie chimiche, quali
idrocarburi sia alifatici che aromatici, acidi organici, terpeni, ecc.
Esso può essere classificati in due modi:
-
OC primario se viene emesso direttamente dalla sorgente sotto forma di particelle
con dimensione inferiore a 10 nm, solitamente dovuto a fenomeni di combustione,
ma anche a emissioni di piante (Duan et al.,2004);
-
OC secondario se deriva dalle reazioni fotochimiche che avvengono in atmosfera
tra composti poco volatili e altri precursori gassosi; un esempio è la formazione,
tramite reazioni di tipo fotochimico, di composti organici biogenici secondari
attraverso reazioni tra terpeni emessi dalle piante e ossidi di zolfo e/o di azoto .
È importante considerare il rapporto tra OC ed EC in quanto, se vicino a 1, indica che OC ed
EC provengono dalla medesima fonte, viceversa un rapporto molto diverso da 1 può indicare
un apporto specifico dell’analita in concentrazione maggiore. Ovviamente, come tutti gli altri
analiti presi in considerazione, si possono verificare notevoli fluttuazioni delle loro
concentrazioni al variare dei dati meteo, delle stagioni e dal luogo dove è stato effettuato il
campionamento.
2.4 Effetti del particolato atmosferico
Il particolato atmosferico determina svariati effetti a livello ambientale, climatico (IPCC,
2007) e sulla salute umana.
Effetti sul clima
Il particolato sospeso influenza direttamente il clima in quanto assorbe radiazione solare in
funzione della sua grandezza e della sua concentrazione.
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Oltre a questo fatto, le particelle del particolato fungono come sito di condensazione per le
nuvole contribuendo sia positivamente sia negativamente al bilancio climatico terrestre.
Il PM ha effetti anche su piccola scala in quanto influenza il clima urbano sempre a causa
della sua capacità di assorbire parte della radiazione luminosa. Questo fenomeno si verifica
più frequentemente nelle città industrializzate, dove si nota maggiormente la formazione di
nebbie e/o un sensibile abbassamento della visibilità.
Effetti sull’ambiente
A livello ambientale, effetti importanti del particolato sono associati alla presenza di acidi
come HNO3 e H2SO4 sia come liquidi nebulizzati, sia adsorbiti su particelle in sospensione.
Quando questi acidi raggiungono il suolo, determinano una sua acidificazione che può portare
a seri danni ambientali dovuti al rilascio di elementi tossici come ad esempio l’alluminio,
tossico per gli organismi, ma anche la mobilitazione di nutrienti essenziali come ad esempio il
magnesio che diventa disponibile per le piante.
Le piogge acide, oltre a creare grossi problemi ambientali, causano il degrado del patrimonio
artistico costituito da materiali calcarei.
Effetti sulla salute
Elevate concentrazioni di particolato atmosferico possono portare a problemi alla salute,
specialmente per quanto riguarda le vie aeree. (Pope & Dockery, 2006) Si possono distinguere
tre frazioni riguardanti il particolato atmosferico a seconda del grado di penetrazione
nell’apparato respiratorio:
 Frazione inalabile che comprende quelle particelle in grado di penetrare dalle narici e
dalla bocca;
 Frazione toracica che comprende quelle particelle in grado di attraversare la laringe e
arrivare fino ai polmoni, raggiungendo i bronchi;
 Frazione respirabile che comprende quelle particelle in grado di penetrare fino agli
alveoli.
19
Figura 1.9: Rappresentazione della penetrazione del PM nell'organismo in funzione del diametro
aerodinamico delle particelle
Il PM10 rientra nella frazione toracica mentre il PM2.5 rientra nella frazione respirabile; queste
due sono le frazioni che inducono maggiormente effetti negativi sulla salute.
Le particelle a seconda della loro natura chimica possono indurre diversi problemi a livello
dell’apparato respiratorio come irritazioni, ma anche malattie ben più gravi, come il cancro se
queste particelle hanno assorbito sostanze cancerogene durante il loro processo di formazione.
Più piccole sono le particelle e più riescono a penetrare in profondità delle vie aeree. Se
riescono a penetrare fino agli alveoli, diventa difficile la loro espulsione causando un
possibile assorbimento nel sangue.
2.5 Normativa
La presenza di alte concentrazioni di particolato atmosferico può comportare seri problemi.
Proprio per questo fatto nell’ultimo ventennio l’attenzione sugli inquinanti atmosferici è
cresciuta notevolmente, tanto che è stato necessario sviluppare normative che impongano dei
limiti alle emissioni di inquinanti nell’atmosfera.
20
Per quanto riguarda il particolato atmosferico inteso come PM10 esistono alcune normative
come ad es. 1999/30/EC e 96/62/EC riguardanti rispettivamente l’inquinamento urbano e le
emissioni degli autoveicoli. Questo però è un parametro abbastanza grossolano dato che in
tempi più recenti è stato evidenziato che la frazione di particolato più pericolosa è quella con
diametro aerodinamico inferiore a 2.5 µm.
Per quanto riguarda il PM10 il D.M. 2 aprile 2002 n. 60 ha imposto due limiti di
concentrazione accettabili per il particolato giornaliero e annuale.
Il primo prevede una concentrazione massima di 50 µg/m3 data come valore medio nell’arco
di 24 ore, da non superare più di 35 volte all’anno.
Il secondo limite impone il valore massimo di 40 µg/m3 dato come valore medio annuale.
Questi limiti, imposti dall’unione europea, sono spesso superati, soprattutto nelle grandi città.
Ad esempio si può notare che nel triennio 2006-2008 grandi città come Roma (40,4 µg/m³),
Milano (49,2 µg/m³), Torino (56,5 µg/m³), Bologna (41,3 µg/m³), Verona (47 µg/m³) e
(Padova 46,7 µg/m³) non sono riuscite a rientrare nei limiti imposti per la media annuale (dati
ISPRA -Rete del Sistema Informativo Nazionale Ambientale –). Questo dimostra la necessità
di condurre approfonditi studi riguardo al problema dell’inquinamento atmosferico, in modo
che in un futuro si possano adottare soluzioni atte ad evitare lo sforamento dei limiti imposti,
sia per evitare danni alla salute, sia per evitare di incorrere in sanzioni da parte dell’Unione
Europea.
2.6 Importanza del monitoraggio del PM in un sito di background
Un sito di background è un punto di campionamento rappresentativo dei livelli
d’inquinamento caratteristici dell’area risultanti dal trasporto degli inquinanti anche
dall’esterno dell’area urbana e dalle emissioni dell’area urbana stessa. Questi siti tuttavia non
sono direttamente influenzati da emissioni dirette locali di tipo industriale e di traffico.
L’importanza di un sito di background quindi è dovuta al fatto che attraverso lo studio degli
inquinanti campionati è possibile studiare processi che avvengono nella bassa atmosfera e non
sono condizionati pesantemente da sorgenti vicine, e fornire un dato di “bianco” riguardo alla
qualità dell’aria di una specifica zona (APAT, 2004).
21
3. CASO DI STUDIO
Per le indagini condotte nell’ambito di questa tesi è stato necessario individuare un sito, privo
di sorgenti di inquinamento di origine antropica vicine, che potesse essere considerato come
sito di fondo o background per la qualità dell’aria della provincia di Trieste.
Come sito di monitoraggio extraurbano si è cercato di trovare un luogo non direttamente
condizionato da attività antropiche, e quindi relativamente distante da fonti di inquinamento
antropico sia fisse, quali impianti industriali, impianti di riscaldamento domestico, sia mobili
come ad esempio emissioni da traffico veicolare, che però fosse fornito di corrente elettrica in
modo da poter utilizzare sia campionatori passivi, sia campionatori attivi.
Si è scelto di condurre lo studio presso il sito di Borgo Grotta Gigante, nelle vicinanze
dell’ingresso alla grotta (45° 42’ 35.10”N, 13° 45’ 53.60”E, 270 m slm).
Figura 3.1: Ubicazione sito di background
Un ulteriore vantaggio derivante dalla posizione del sito scelto risiede nella presenza in
prossimità della zona di campionamento di una stazione meteorologica del CNR-ISMAR
(dott. Renato R. Colucci), attiva dal 1967, da cui è stato possibile ricavare i dati meteo del
periodo di raccolta dei campioni.
22
Figura 3.2: Centralina meteorologica CNR
Sul sito scelto sono stati posizionati per tutto il periodo di campionamento un campionatore
passivo per VOC ed un campionatore attivo ad alto volume per la raccolta del PM10 su filtri di
quarzo.
Figura 3.3: Campionatore ad alto volume
23
Figura 3.4: Campionatore passivo
In questa tesi vengono riportati i dati ottenuti dall’indagine, svolta fra il 22 giugno e il 29
giugno 2012, riguardante la variazione tra il giorno e la notte della concentrazione degli
analiti ricercati nei campioni di PM10. In totale, mediante l’uso del campionatore attivo ad alto
volume, sono stati raccolti 14 filtri (7 diurni e 7 notturni), sui quali si sono successivamente
svolte le analisi di BSOA, ioni e carbonio totale.
Mediante l’utilizzo di un campionatore passivo tipo radiello®, esposto durante la medesima
settimana, sono stati ricercati composti volatili quali BTEX (benzene, toluene, etilbenzene,
xilene) in maniera quantitativa. I dati raccolti sono stati poi utilizzati per il confronto dei dati
relativi al sito individuato con alcuni dati raccolti durante un’altra campagna di
campionamento svolta in un sito urbano (D. Baldo, 2012).
Oltre ai BTEX sono stati caratterizzati qualitativamente una serie di altri VOC e BVOC.
La caratterizzazione del particolato atmosferico è stata svolta in collaborazione con il Dr.
Piazzalunga
del
Dipartimento
di
Chimica
Organica,
Metallorganica
e
Analitica
dell’Università degli studi di Milano Statale e la Prof.ssa Glasius del Dipartimento di Chimica
dell’Università di Aarhus (DK) che hanno effettuato rispettivamente le analisi su EC/OC e
ioni e sui BSOA.
24
4. MATERIALI E METODI
4.1 VOC e BVOC
4.1.1 Campionamento
I campioni per le analisi dei composti organici volatili e dei composti organici volatili di
origine biogenica sono stati raccolti tramite campionatore passivo tipo radiello®.
La tipologia di campionamento ha previsto l’esposizione di un radiello® per circa 7 giorni,
tendo conto dell’ora di inizio e fine esposizione.
I campionatori radiello utilizzati per il campionamento venivano preventivamente
condizionati e conservati in fiale di vetro ermetiche fino all’inizio dell’esposizione. I
campionatori raccolti sono stati poi analizzati presso il Dipartimento di Scienze Chimiche
dell’Univerità degli Studi di Trieste mediante analisi gascromatografica.
Radiello®
Il radiello® (Manuale radiello®) è un campionatore passivo di geometria cilindrica che
consente il campionamento di gas o vapori di sostanze disperse in aria, in grado di operare
senza l’ausilio di sorgenti di energia esterna, quindi senza dover ricorrere all’utilizzo di
aspirazione forzata.
Il principio su cui si basano i campionatori passivi è la diffusione.
Gli analiti ricercati, attraverso la diffusione, penetrano all’interno del campionatore passivo e
si accumulano su di un materiale di supporto in grado di adsorbirli reversibilmente. Tramite
delle tecniche di laboratorio gli analiti vengono separati da questo materiale e vengono
caratterizzati mediante tecniche cromatografiche.
25
Figura 4.1: Schema campionatore passivo tipo radiello®.
La portata del campionamento di un campionatore passivo dipende dal coefficiente di
diffusione della singola specie chimica e dalla geometria del corpo diffusivo. Il coefficiente di
diffusione è funzione della pressione atmosferica e della temperatura, di conseguenza anche la
portata di campionamento dipende da questi parametri.
La dipendenza dalla pressione atmosferica è normalmente trascurabile perché essa oscilla
attorno al valore di 1013 hPa con una variazione non superiore a 30 hPa; mentre è importante
conoscere il valore medio di temperatura durante il periodo di esposizione come si preciserà
in seguito.
Per quanto riguarda la geometria del corpo diffusivo, il percorso seguito dalle molecole per
arrivare fino al materiale adsorbente è tortuoso poiché devono attraversare la struttura
microporosa del polietilene da cui è formato il corpo diffusivo, quindi le molecole seguono un
percorso la cui lunghezza è molto maggiore rispetto allo spessore effettivo del corpo diffusivo
(figura 4.1 rd ).
Ne consegue che la portata di campionamento in condizioni standard (298 K 1013 hPa) deve
essere ottenuta sperimentalmente per ogni sostanza; la casa produttrice di radiello® fornisce
una tabella con questi valori.
Per il corpo diffusivo utilizzato la portata Qk viene calcolata tramite la seguente formula
semiempirica (W).
26
(W)
Dove QK è la portata alla temperatura K e Q298 è il valore di portata alla temperatura di
riferimento 298 K. Questo comporta una variazione di ±5% per ogni 10°C in più o in meno di
25°C.
La portata di campionamento non varia nell’intervallo di umidità tra il 15-90% e con la
velocità dell’aria fino a 10 m/s.
Per calcolare la concentrazione si utilizza la seguente formula:
(W+1)
Dove C corrisponde alla concentrazione media del periodo di esposizione espressa in μg/m3,
m la massa dell’analita espressa in μg, Q corrisponde alla portata di campionamento e t
corrisponde al tempo di esposizione.
Il radiello® utilizzato per la presente indagine è costituito da un tubo di acciaio da 4.8 mm di
diametro in rete di acciaio inossidabile con maglia di 3x8 µm, riempito con 350±10 mg di
carbone grafitato (Carbograph 4) 35-50 mesh e può essere analizzato per desorbimento
termico e gascromatografia con rilevazione spettrometrica di massa.
4.1.2
TD-GC-MS
La TD-GC-MS è una tecnica cromatografica che prevede l’utilizzo di un termodesorbitore per
introdurre il campione nello strumento e di uno spettrometro di massa come detector.
La gascromatografia è una tecnica analitica che si basa sul principio della ripartizione tra una
fase stazionaria e una fase mobile dell’analita ricercato in funzione dell’affinità per l’una o
per l’altra fase.
Strumentalmente un sistema cromatografico è costituito da un forno termostatato in cui è
contenuta la colonna capillare costituita da un tubo in vetro lungo svariate decine di metri ed
avvolto su se stesso, in cui all’interno è presente la fase stazionaria.
La camera termostatica in cui è contenuta la colonna cromatografica serve a modulare la
temperatura della colonna secondo il programma impostato, la cosiddetta rampa di
27
temperatura, indispensabile per separare efficientemente ed in tempi ragionevoli i diversi
analiti.
Gli analiti vengono introdotti in colonna tramite la tecnica del termodesorbimento. Il supporto
utilizzato per il campionamento (ad es. il radiello®) viene posto nel termodesorbitore e viene
scaldato in modo da far volatilizzare tutte le sostanze adsorbite su di esso. Gli analiti desorbiti
vengono poi rifocalizzati su una trappola di arricchimento mantenuta a bassa temperatura. Al
termine del desorbimento, la trappola di arricchimento viene rapidamente riscaldata e gli
analiti trasferiti al sistema cromatografico mediante la transfer line.
Il campione introdotto viene trasportato attraverso la colonna capillare da un flusso di gas
inerte (solitamente He ma si può utilizzate anche H2, N2, a seconda delle varie esigenze di
analisi) e dopo un certo tempo i componenti separati fuoriescono col flusso di gas alla fine
della colonna per essere poi caratterizzati del detector, in questo caso lo spettrometro di
massa.
Questo detector si basa sul principio della distinzione delle varie molecole tramite l’utilizzo di
un campo elettrico che costringe gli ioni a percorrere una traiettoria oscillante diversa per ogni
valore di m/z.
Le molecole del campione vengono ionizzate mediante un fascio di elettroni ad energia nota.
Le molecole così ionizzate sono instabili e si frammentano in ioni più leggeri secondo schemi
tipici in funzione della loro struttura chimica. Lo strumento elabora un diagramma che riporta
intensità del segnale contro il rapporto massa su carica, tipico di ogni composto in quanto esso
è direttamente correlato alla struttura chimica della sostanza in esame.
28
Figura 4.2: Esempio di cromatogramma con relativo spettro di massa
Figura 4.3: Gas cromatografo con unità di termodesorbimento e spettrometro di massa
29
La figura 4.3 riporta l’esempio di un cromatogramma ottenuto dall’analisi di un Radiello.
Si nota inoltre un secondo grafico dove viene riportato un esempio di spettro di massa di uno
dei picchi del cromatogramma del Radiello registrato in total ion current (TIC), modalità in
cui lo spettrometro di massa, per l’intera durata della corsa cromatografica, monitora tutto lo
spettro delle masse (m/z).
La figura 4.3 mostra l’esempio di un gascromatografo (3) accoppiato allo spettrometro di
massa (2). Nella figura si vedono le bombole dei gas di trasporto (4), l’unità di
termodesorbimento (1) e la linea di trasferimento degli analiti (5) tra TD e GC.
Per le analisi dei VOC e dei BVOC è stato impiegato un GC Agilent 6890 interfacciato allo
spettrometro di massa Agilent 5973 dotato di un sistema di termodesorbimento UNITY della
Markes. La colonna utilizzata per le analisi è una colonna capillare Agilent 122-1564 DBVRX (lunghezza 60.0 m, diametro nominale 250.00 μm, film thickness 1.40 μm).
Prima dell’esposizione, i campionatori radiello® vengono condizionati utilizzando il sistema
UNITY, reimpostato con i seguenti settaggi:
Tabella 4.1: Parametri operativi Unity
- Pre-Desorption:
Pre purge time: 1.0 min
Split on: 40.0 mL/min
- Tube/Sample desorption:
20.0 min at 320°C
Split on: 50.0 mL/min
Al termine del condizionamento, si ripongono negli appositi contenitori in vetro e vengono
conservati in essiccatore fino al momento dell’uso.
Una volta effettuato il campionamento dei VOC, il contenuto di radiello® viene desorbito e
rifocalizzato su una trappola di arricchimento (riempita con adsorbenti solidi disposti in
ordine di forza crescente) mantenuta ad una temperatura di -10°C grazie ad un sistema di
Peltier.
Finito il desorbimento la trappola viene riscaldata e gli analiti vengono trasportati da un gas
30
carrier (He) dalla trappola alla colonna capillare con un flusso di 1.3 mL/min. Si opera in
modalità split, iniettando nella colonna solo una parte del campione iniziale ( circa lo 0.7 % ).
Lo spettrometro di massa viene utilizzato in modalità TIC (Total Ion Current) e monitora le
masse da 35.0 amu a 260.0 amu.
Verranno ora riportate nelle tabelle 4.1, 4.2, 4.3 le condizioni operative del termodesorbitore e
del gas cromatografo.
Tabella 4.2: Condizioni operative Gas cromatografo
- Mode type: standard desorption
- Trap Settings:
Pre-tripe fire purge: 1.0 min
- Pre-Desorption:
Split on: 20.0 mL/min
Pre purge time: 1.0 min
Trap Low: -10°C
Trap NOT in line
Trap High: 300°C – hold: 3.0 min
Split on: 20.0 mL/min
Split on: 50.0 mL/min
- Tube/Sample desorption:
- Flow path temperature: 120°C
5.0 min at 275°C
Trap in line
- Split ratios:
Split on: 50.0 mL/min
inlet
3.5:1
outlet
39.5:1
total
138.1:1
Tabella 4.3: Rampa di temperatura Gas cromatografo
Temp. iniziale (°C) Velocità (°C/min) Temp. finale (°C) Hold time (min)
35
12
190
2.00
190
6.00
225
1.00
31
4.2 PM10
4.2.1 Campionamento
Il campionamento del PM10 è stato effettuato mediante l’impiego di un campionatore attivo ad
alto volume tipo TCR Tecora HiVol con testa di campionamento per PM10 Digitel Gmbh (EN
12341:2004) tale da supportare un solo filtro per volta.
Sono stati impiegati 14 filtri di quarzo da 150 mm (Whatman™) che dovevano essere
preventivamente condizionati in muffola a 400°C per 4 ore circa in modo da eliminare
eventuali impurezze e contaminanti, pesati con una bilancia analitica Gibertini E42 (portata
120 g ed incertezza 0.1 mg) e conservati in essiccatore in contenitore di alluminio fino al
momento del loro utilizzo.
Il campionamento del PM10 su ogni filtro veniva effettuato per la durata di 12 ore ad un flusso
nominale di 450 L/min azionando il campionamento sequenzialmente alle 8.00 e alle 20.00
così da campionare alternativamente il PM10 nel periodo diurno e quello del periodo notturno.
Al termine del campionamento, ogni filtro veniva recuperato e posto in essiccatore per
almeno un giorno prima di procedere con la pesata effettuata con la medesima bilancia e
successivamente posto in freezer a -18 °C fino al momento dell’analisi.
Il periodo considerato va dalle 20.00 del 23 giugno 2012 alle 20.00 del 29 giugno, in
corrispondenza di un periodo di campionamento effettuato da colleghi danesi presso Vavihill
(Svezia) and Hyytiälä (Finlandia), per lo studio della componente biogenica del particolato
organico secondario.
I filtri sono stati quartati manualmente in modo da poter inviare una porzione di filtro presso il
Dipartimento di Chimica Organica, Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi di
Milano Statale dove sono state svolte le analisi di ioni, EC/OC e inviare una porzione di filtro
presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Aarhus (DK) dove sono state svolte le
analisi dei BSOA.
Per l’invio dei campioni alle rispettive università sono stati utilizzati dei box in materiale
isolante in modo da mantenere basse temperature fino a destinazione.
32
4.2.2
Trasmittanza termo ottica (TOT)
La tecnica TOT consente di caratterizzare le diverse frazioni di carbonio da polveri solide
mediante trattamento termico di un campione ed in particolare consente di discriminare fra
carbonio organico (OC) e carbonio elementare (EC), che sviluppano gas analizzabili,
decomponendo a temperature diverse, stabilendone la percentuale nel campione in analisi.
L’analisi viene condotta su una piccola porzione del filtro campionato, in due passaggi. Nel
primo il campione viene riscaldato in atmosfera inerte, nel secondo stadio in atmosfera
ossidante. I tempi di riscaldamento, le rampe di temperatura e la percentuale di gas ossidante
per l’analisi sono basate sulla metodica NIOSH2 (National Institute for Occupational Safety
and Health) sviluppata nei laboratori Sunset. (Maenhau, Clayes, 2007).
Figura 4.4: Schema TOT
Il campione viene inserito all’interno della fornace e riscaldato in atmosfera inerte di elio.
La temperatura viene portata fino a 870°. A questa temperatura, data l’atmosfera inerte, solo il
carbonio organico e quello carbonatico possono evolvere e ai prodotti ed essere prima ossidati
completamente a CO2 mediante catalisi eterogenea (fase gas verso fase solida –catalizzatore a
base di MnO2) e quindi ridotti a CH4 che viene analizzato da un detector a ionizzazione di
fiamma (FID) generando un segnale proporzionale alla quantità di OC iniziale (il cosiddetto
termogramma di cui si riporta un esempio in figura 4.4).
33
Quando il segnale riguardante la combustione di OC non si nota più, si diminuisce la
temperatura della fornace e si introduce una miscela 90:10 di elio ed ossigeno per ottenere
un’atmosfera ossidante e si riporta la temperatura nuovamente a 870°C.
I prodotti della combustione vengono nuovamente ossidati a CO2 e poi convertiti a metano
per la determinazione mediante FID.
Uno dei problemi di questa tecnica è il fenomeno di charring, ovvero la formazione durante il
riscaldamento di OC in atmosfera inerte di una certa frazione di carbonio pirolitico.
Questo fenomeno avviene attorno ai 300°C e, se non corretto, può causare alterazioni nei
risultati dell’analisi.
Per correggere questo fatto, durante l’analisi termica si misura costantemente la trasmittanza
del campione utilizzando una sorgente laser (He/Ne) che emette fra il rosso e l’IR, cioè
frequenze a cui il carbonio pirolitico è capace di assorbire la radiazione.
Quando si passa dallo stadio ad atmosfera inerte a quello ad atmosfera ossidante si nota un
innalzamento del valore della trasmittanza, in quanto il carbonio elementare viene ridotto.
La divisione del segnale del FID tra la frazione organica e quella elementare si ha quando la
trasmittanza raggiunge nuovamente il valore iniziale. Questa evidenza indica la completa
ossidazione del carbonio elementare formatosi per pirolisi.
Il carbonio elementare derivante da pirolisi, viene considerato come carbonio formatosi tra il
punto di split OC-EC e il carbonio che reagisce durante l’addizione di ossigeno all’atmosfera
inerte.
Questo carbonio così definito viene sottratto dall’area del carbonio elementare e inserito nella
frazione di carbonio organico. I segnali del FID alla destra dello split vengono quindi intesi
come segnali dovuti al carbonio elementare, mentre quelli alla sinistra vengono intesi come
segnali dovuti al carbonio organico. Nella frazione organica viene inserita anche quella
piccola frazione di carbonio carbonatico.
Le analisi dei campioni di Borgo Grotta gigante sono state svolte dal dott. Piazzalunga presso
il Dipartimento di Chimica Organica, Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi
di Milano Statale. Il quarto di filtro è stato prima lavato con H2O per rimuovere i composti
solubili che interferirebbero con la determinazione del carbonio elementare, poi posto in stufa
ad essiccare ed infine è stato prelevato un punzone di 1 cm2 su cui è stata svolta l’analisi.
(Piazzalunga et al., 2011).
34
Figura 4.5: Esempio di termogramma
4.2.3
Cromatografia ionica
Per una determinazione degli ioni maggiori presenti nel particolato si impiega la
cromatografia ionica, che è una tecnica basata sul principio dello scambio ionico tra una
resina che ha il ruolo di fase stazionaria e un eluente in cui è contenuto il campione. (Cavalli,
Sarzanini, 1998)
Gli analiti presenti nella fase mobile durante la corsa cromatografica, vengono trattenuti a
seconda della loro affinità con la fase stazionaria. Su questa fase stazionaria sono presenti dei
gruppi funzionali con carica opposta rispetto agli ioni analizzati.
Grazie alla differente affinità tra resina e i diversi ioni, questi escono dalla colonna
cromatografica con tempi di ritenzione diversi, per cui si riesce a separare gli analiti ricercati.
Esistono resine sia di tipo cationico, sia di tipo anionico. La differenza tra i due tipi di resina
sta nella composizione chimica della colonna a scambio ionico. Quelle di tipo cationico
possiedono gruppi carichi negativamente come ad esempio SO3-, mentre quelle a scambio
anionico possiedono gruppi carichi positivamente come ad esempio NH4+.
Per determinare gli ioni eluiti dalla colonna si utilizzano dei detector a conduttività, previa
soppressione della conducibilità dell’eluente.
35
I segnali ottenuti vengono poi elaborati da un software che trasforma l’impulso elettrico in un
cromatogramma.
Viene ora riportato lo schema di un cromatografo ionico.
Figura 4.6: Schema cromatografo ionico
Per le analisi dei campioni del sito di background di Borgo Grotta Gigante è stato usato un
cromatografo ionico ICS-1000 Dionex calibrato quotidianamente con soluzioni standard. Le
analisi sono state effettuate dal dott. Piazzalunga presso il Dipartimento di Chimica Organica,
Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi di Milano Statale.
Per l’analisi degli anioni NO3-, NO2-, SO42-,C2O42-, Cl- è stata utilizzata una colonna Ion Pac
AS14A (Dionex), usando come eluente 8 mM Na2CO3 / 1 mM NaHCO3 (1 mL/min flow
rate).
Per l’analisi dei cationi NH4+, Na+ , K+ ,Ca2+, Mg2+ è stata usata una colonna CS12A
(Dionex), usando come eluente 20 mM acido metansolfonico (MSA) (1 mL/min flow rate).
Sia per i cationi che per gli anioni è stato utilizzato un detector a conduttività CSRS-ULTRA
suppression mode (Dionex).
Dal quarto di filtro è stato prelevato un punzone di 1 cm2 su cui è stata svolta l’analisi.
Il punzone è stato estratto usando 2 mL di acqua Milli-Q in un bagno ad ultrasuoni per 20
minuti (Branson MTH 2510 ultrasonic bath 42 kHz).
La soluzione acquosa viene poi posta in una provetta di plastica e analizzata.
Si utilizza un contenitore di plastica in quanto il vetro potrebbe rilasciare ioni in soluzione.
36
4.2.4
Analisi composti biogenici di origine secondaria mediante HPLC-ESI-qTOFMS
Studi sulla rilevanza delle componenti naturali biogeniche negli aerosol, importanti anche per
una definizione dei cicli biogeochimici di elementi come lo zolfo, richiedono l’impiego di
analisi sensibili e speciative. La tecnica High performance liquid chromatography –
Electrospray ionization - quadrupole time of flight – mass spectrometry è una tecnica
cromatografica che prevede l’utilizzo di un HPLC per separare gli analiti in soluzione e dalla
tecnica di spettrometria di massa in tandem per il loro riconoscimento.
Gli analiti presenti nella fase liquida in uscita dall’HPLC vengono inviati all’interno dello
spettrometro tramite una micro pompa, dove l’applicazione di un alto voltaggio e di un’ alta
temperatura permette la nebulizzazione e la ionizzazione della soluzione.
La tecnica ESI (Electrospray ionisation) è una tecnica che consente l’analisi di molecole da
100 Da a più di 1000000 Da.
Il campione viene solubilizzato in un solvente polare e volatile e pompato attraverso un
capillare di acciaio inox (75-150 µm).
Una tensione elevata di 3 o 4 kV viene applicata alla punta del capillare, che si trova
all'interno della sorgente di ionizzazione dello spettrometro di massa, e come conseguenza di
questo forte campo elettrico, il campione in uscita dalla punta viene disperso in un aerosol di
goccioline altamente cariche.
Figura 4.7: Processo ESI
37
Un gas introdotto in maniera coassiale scorre intorno alla parte esterna del capillare. Questo
gas, generalmente azoto, aiuta a dirigere il getto emergente dalla punta del capillare verso lo
spettrometro di massa. Le goccioline cariche diminuiscono la loro dimensione per
evaporazione del solvente, assistita da un flusso di azoto caldo, noto come gas di essiccazione,
che passa attraverso la parte anteriore della sorgente di ionizzazione. Gli ioni carichi del
campione, esenti dal solvente, vengono rilasciati dalle goccioline, alcuni dei quali passano
attraverso un cono di campionamento o orifizio in una regione intermedia del vuoto, e da lì
attraverso una piccola apertura nell’analizzatore dello spettrometro di massa, che è tenuta
sotto alto vuoto.
Gli spettrometri di massa (quadrupoli) sono posti in serie e collegati tra loro da una camera di
collisione dove vengono ulteriormente frammentati da un gas inerte.
Il sistema qTOF permette di riconoscere e quantificare gli analiti filtrando ed accoppiando la
molecola ionizzata (parent ion) ed i suoi frammenti specifici (daughter ions).
La tandem mass spectrometry (MS-MS) è utilizzata per produrre informazioni strutturali un
composto frammentando ioni del campione specifici all'interno dello spettrometro di massa e
identificare gli ioni del frammento risultante. Queste informazioni possono essere messe
insieme per generare informazioni strutturali riguardanti la molecola intatta. La spettrometria
di massa tandem permette anche di rilevare composti specifici in miscele complesse
sfruttando la peculiarità dei rispettivi spettri di frammentazione.
Uno spettrometro di massa tandem è costituito da due (o più) analizzatori in serie, separati da
una cella di collisione in cui è immesso un gas inerte (ad esempio argon, xeno) che è usato per
provocare la frammentazione degli ioni analizzati. Gli analizzatori possono essere dello stesso
o di diversi tipi, le combinazioni più comuni sono:
Quadrupolo-Quadrupolo (QqQ): tra i due analizzatori c'è un terzo quadrupolo usato come
camera di collisione.
Doppia focalizzazione-Doppia focalizzazione (EBEB): tra i due analizzatori si trova una
camera di collisione.
Quadrupolo-Tempo di volo (qTOF): tra i due analizzatori si trova un quadrupolo che fa da
camera di collisione.
La procedura impiegata per le analisi dei filtri raccolti ha richiesto due fasi:
-
Estrazione;
-
Analisi.
38
Estrazione
Ognuna delle 14 porzioni di filtro inviate al Dipartimento di Chimica dell’Università di
Aarhus è stata estratta in 75 mL di aceto nitrile 90% in bagno ad ultrasuoni per 30 minuti,
coprendo il becher con del parafilm durante tutta l’estrazione.
La soluzione è stata poi filtrata attraverso filtri con pori di 0.45 µm e trasferita in un pallone a
pera. A questo punto il solvente è stato allontanato mediante evaporatore rotante. Il campione
è stato sciolto per due volte in 0.5 mL di una soluzione acquosa con 3% acetonitrile, 0.1%
acido acetico e conservato in frigo (3-5° C) fino al momento dell’analisi.
Analisi
Ogni estratto è stato caratterizzato mediante analisi HPLC (Dionex Ultimate 3000 HPLC)
accoppiato con electrospray ionisation
(ESI) e spettrometro di massa quadrupolo time-of-
flight (qTOF-MS) (micrOTOF-Q Bruker daltonics GmbH, Bremen, Germany). Come fase
stazionaria per l’HPLC si è utilizzata una colonna Water Atlantis T3 C18 (2.1 x 150 mm,
3µm), mentre come fase mobile sono stati usati acido acetico 0.1%(v/v)
A) e
in acqua (eluente
acetonitrile 95% (eluente B). Durante l’analisi è stato applicato un gradiente di
concentrazione in questo modo: eluente B al 3% per 5 minuti, incrementato al 90% in 25
minuti, tenuto al 90% per 10 minuti, poi aumentato ancora al 95% in 2 minuti, tenuto per 6
minuti a questa concentrazione e decrementato al 3% in 5 minuti.
Per l’analisi sono stati iniettati in colonna 10 µL di soluzione con un flusso di 0.2 mL/min. Il
metodo ESI-q-TOF-MS utilizzato prevede la ionizzazione negativa alle seguenti condizioni
operative: pressione nebulizzatore 0.8 bar, dry gas flow 8.0 mL/min, voltaggio sorgente 4000
V e tempo di trasferimento 100 ms. Il metodo è stato ottimizzato per dare segnali con alte
intensità nell’intervallo delle masse comprese tra 50 e 500 m/z, range tipico della maggior
parte degli acidi organici e degli organosolfati ricercati.
39
5. RISULTATI E DISCUSSIONE
5.1 Confronto tra il sito di campionamento di BGG ed un sito urbano
Al fine di valutare eventuali contaminazioni antropiche presenti nel sito BGG, si son valutati i
valori rilevati per PM10 e BTEX, confrontandoli con dati raccolti nelle stesse giornate presso
un sito urbano della città di Trieste, via Pitacco, non distante da attività industriali.
I dati inerenti alla concentrazione di PM10 del sito urbano utilizzati sono stati prodotti da una
stazione di proprietà di ELETTRA PRODUZIONE s.r.l. e pubblicati da ARPA FVG (vedi
sito web); i dati sulle concentrazioni di BTEX, sono stati prodotti dal nostro gruppo di ricerca
a seguito di campionamenti effettuati nello stesso periodo e riportati in facendo riferimento ai
dati riportati in (D. Baldo 2012).
Tabella 5.1: Dati medi settimanali utilizzati confronto per BTEX, PM10 tra i due siti di campionamento
Borgo
Grotta Via Pitacco (TS)
Gigante
Rapporto
Pitacco/BGG
Analita
µg/m3
Benzene
0.14
2.1
15
Toluene
0.37
3.7
10
Etilbenzene
0.08
0.5
6
Xileni
0.4
4.0
10
PM10
17.88
16.1
0.9
Nella tabella vengono riportati i valori inerenti alle concentrazioni di BTEX e di particolato
atmosferico come PM10 dei due siti monitorati, ed il rapporto tra i risultati dei due siti.
Si nota che i dati ottenuti dalle analisi di BTEX del sito di Borgo Grotta Gigante sono di circa
un ordine di grandezza inferiori rispetto ai dati ottenuti dalle analisi dei campioni raccolti nel
sito di Via Pitacco (TS).
Per quanto riguarda il PM10 si nota invece che i due dati ottenuti sono comparabili, tanto che
il rapporto tra il dato medio settimanale ottenuto dalla centralina di proprietà di ELETTRA
PRODUZIONE s.r.l. e il dato medio ottenuto dal peso del filtro campionato nel sito di Borgo
Grotta Gigante è circa 1.
40
Questa evidenza può essere ric onducibile al fatto c he ne lla z ona sc elta c ome sito di
background, la p resenza di vento e suol o nudo possono causare un c erto risoll evamento di
polveri dal suolo da cui l’importanza della caratterizzazione del PM10.
5.2 Analisi caratterizzazione analitica del PM10
Vengono ora discussi i risultati delle analisi riguardanti ioni, carbonio elementare e carbonio
organico. Si riportano i dati rilevati su campioni notturni e diurni della settimana tra il 23 e il
29 g iugno 2012; i campioni notturni sono raccolti a tra le 20.00 de l giorno pr ecedente e le
8.00 del giorno considerato, quelli notturni tra le 8.00 e le 20.00.
La t abella 5.2 (pag 43 ) ripor ta le concentrazioni de i va ri analiti caratterizzati nei filtri
campionati ed alcune statistiche di base.
Le analisi svolte hanno reso possibile l’identificazione delle frazioni del pa rticolato
atmosferico a seconda della loro natura chimica. Come visibile nella tabella 5.2 e visualizzato
nella figura 5.1, è stata caratterizzata una componente di natura carboniosa (24%), composta
dalla somm a de lle fr azioni di carbonio organico e di carbonio elementare, una c omponente
data da tut ti gli ioni idro solubili (31%), sia di origine primaria, sia di origine secondaria ed
infine si
trova un a c omponente non de finita (ND) media nte le a nalisi effettuate c he
corrisponde al 45% d el peso totale del PM10. Questa frazione corrisponde verosimilmente a
composti di origine terrigena, qua li silicati, ossi di e altri mi nerali, la c ui caratterizzazione
mediante tec niche cristallografiche è stat a pr evista in studi futuri (prof. F . P rincivalle, Dip.
GeoMat, Università di Trieste).
Figura 5.1: Composizione media % dei filtri analizzati
41
In base ai dati ottenuti si riscontra un rapporto OC/EC pari a 10 suggerendo quindi, nel
periodo considerato, una scarsa presenza di carbonio elementare, tipico tracciante di
combustioni di vario genere. Contributi di incombusti da traffico non sembrano evidenti.
Incendi boschivi nell’estate e riscaldamento antropico d’inverno possono modificare anche in
BGG le concentrazioni di questi parametri.
Distribuzione percentuale degli ioni nel PM 10
C 2O 4=
4%
Na+
17%
NH4 +
7%
SO 4 =
37%
Ca2+
8%
NO 3 14%
NO 2 9%
K+
1%
Mg2+
1%
Cl2%
Figura 5.2: composizione ionica media rilevata
La figura 5.2 riporta le percentuali in peso dei singoli ioni rispetto al peso totale della frazione
di ioni idrosolubili caratterizzati.
Si nota come gli anioni solfato, nitrato e ossalato, di origine molto verosimilmente secondaria,
rappresentano più del 50% in peso del totale Questo può essere spiegato dal fatto che essi
oltre ad essere molto abbondanti in natura, presentano un peso molecolare relativamente
elevato.
42
3
Tabella 5.2: Concentrazioni (ug/m ) di analiti nei filtri analizzati
Campione
Data
PM10
OC
EC
Na+
NH4+
K+
Mg2+ Ca2+
Cl-
NO2- NO3- SO42- C2O42-
23-giu N
23-giu
16,95
4,60
0,58
1,07
0,21
0,06
0,07
0,42
0,08
0,55
0,62 1,50
0,27
23-giu G
23-giu
21,01
4,95
0,43
0,94
0,61
0,06
0,08
0,51
0,04
0,34
0,81 2,41
0,24
24-giu N
24-giu
18,82
4,78
0,18
0,98
0,41
0,07
0,07
0,33
0,05
0,00
0,57 2,12
0,27
24-giu G
24-giu
20,68
4,23
0,22
0,96
0,73
0,05
0,06
0,46
0,07
0,34
0,84 2,69
0,32
25-giu N
25-giu
21,27
4,96
0,63
0,79
0,63
0,05
0,05
0,48
0,06
0,58
0,62 2,93
0,33
25-giu G
25-giu
29,65
4,68
0,37
1,20
1,08
0,07
0,09
0,65
0,03
0,60
1,62 4,55
0,49
26-giu N
26-giu
11,02
2,80
0,00
1,04
0,01
0,08
0,05
0,26
0,08
0,34
0,20 0,50
0,00
26-giu G
26-giu
12,35
2,92
0,09
0,92
0,13
0,04
0,06
0,55
0,07
0,38
0,56 0,93
0,12
27-giu N
27-giu
16,80
3,43
0,34
0,94
0,10
0,05
0,06
0,46
0,00
0,49
0,37 1,05
0,18
27-giu G
27-giu
14,51
2,83
0,24
1,07
0,49
0,04
0,06
0,55
0,08
0,82
1,10 2,44
0,24
28-giu N
28-giu
18,36
3,69
0,52
0,89
0,44
0,04
0,05
0,39
0,05
0,43
0,53 2,37
0,25
28-giu G
28-giu
13,38
2,48
0,22
0,78
0,33
0,02
0,05
0,38
0,02
0,37
0,81 1,78
0,18
29-giu N
29-giu
15,98
3,55
0,82
0,96
0,28
0,05
0,05
0,49
0,04
0,99
0,78 1,75
0,24
29-giu G
29-giu
19,54
3,12
0,43
0,95
0,46
0,03
0,07
0,55
0,61
0,80
1,70 2,74
0,29
Media
17,88
3,79
0,36
0,96
0,42
0,05
0,06
0,46
0,09
0,50
0,80
2,13
0,24
%PM10
100,00
21,18
2,03
5,39
2,36
0,28
0,35
2,59
0,51
2,81
4,45
11,89 1,37
Media nel PM notturno
17,03
3,97
0,44
0,95
0,30
0,06
0,06
0,40
0,05
0,48
0,53
1,75
0,22
Dev st. notturna
3,17
0,81
0,28
0,09
0,21
0,01
0,01
0,08
0,03
0,30
0,19
0,82
0,11
Media nel PM diurno
18,73
3,60
0,29
0,97
0,55
0,04
0,07
0,52
0,13
0,52
1,06
2,51
0,27
Dev st. diurna
6,00
0,99
0,13
0,13
0,30
0,02
0,01
0,08
0,21
0,22
0,44
1,10
0,12
43
5.2.1 Variazione della concentrazione degli analiti tra il giorno e la notte
Attraverso l’analisi dei dati misurati, si ricerca un modello interpretativo per la variabilità
composizionale rilevata sperimentalmente. Le variazioni delle concentrazioni sono state
messe inoltre in relazione con il variare dei parametri meteorologici. Un semplice esame delle
medie per le concentrazioni notturne e diurne degli analiti (tab 5.2), mostra alcune differenze
tra valori notturni e diurni che meritano un approfondimento, come ad esempio nei casi dello
ione nitrato e del cloruro.
In base alla matrice di correlazione (vedi tab 5.3) si notano delle relazioni tra il PM10 ed
alcuni analiti come il carbonio organico, lo ione ammonio, l’ossalato, il nitrato, il solfato, il
calcio e il magnesio. Queste correlazioni relativamente alte (superiori a 0.60) sono dovute al
fatto che gli analiti elencati rappresentano una grande frazione in peso rispetto al totale del
particolato atmosferico.
Considerando le relazioni tra il carbonio organico e gli altri analiti, si nota una buona
correlazione soprattutto con l’anione ossalato; questo fatto è spiegabile in quanto l’anione
ossalato è un anione di natura organica, derivato fra l’altro dall’ossidazione dell’isoprene.
Esistono anche altre correlazioni, seppur meno marcate tra l’OC e gli ioni Mg2+, NH4+, SO42-.
Questo potrebbe essere riconducibile al fatto che questi sono ioni spesso presenti nei cicli
biologici e quindi legati alla frazione organica del carbonio.
Il carbonio elementare a differenza del carbonio organico non mostra nessuna relazione
evidente con gli altri ioni analizzati. L’EC solitamente è strettamente correlato a fenomeni di
combustione, non propri del luogo e del periodo di campionamento.
Il sodio presenta un’elevata correlazione con i cationi magnesio e potassio, verosimilmente
spiegabile dal fatto che questi ioni sono di origine primaria, tipicamente terrigena, per cui si
manifestano in presenza di sollevamento di polveri dal suolo.
L’ammonio presenta elevate correlazioni con nitrati, solfati e ossalati spiegabili dal fatto che
l’ammoniaca è il gas maggiormente presente in atmosfera in grado di neutralizzare gli acidi in
sospensione, in questo caso acido nitrico, acido solforico e acido ossalico. La reazione tra
44
ammoniaca e i vari acidi porta inevitabilmente alla formazione di sali d’ammonio i cui
controioni dipendono dall’acido di partenza.
Il potassio non presenta particolari correlazioni con nessun altro analita. Come l’EC, il
potassio può essere utilizzato come tracciante di fenomeni combustivi di biomassa legnosa.
Il magnesio e il calcio, fra loro correlati, data la medesima origine terrigena, presentano a loro
volta una correlazione con nitrati, solfati e ossalati che fungono tipicamente da controioni nei
rispettivi sali inorganici.
Per quanto riguarda gli anioni solfato, nitrato e ossalato si notano delle alte correlazioni tra di
loro (maggiori di 0.6). Di fatto questi tre analiti sono tutti di origine secondaria e la loro
genesi è influenzata delle reazioni fotochimiche atmosferiche, le quali sono più marcate
durante il periodo estivo/autunnale (Tolocka,2012). Una comune dipendenza dalle
concentrazioni di radicale ossidrile in corrispondenza a un eccesso di precursori gassosi
potrebbe giustificare le correlazioni riscontrate. L’ammonio risulta ben correlato agli anioni
secondari, suggerendo la presenza di sali ammonici di ossalato, solfato e nitrato. Le
correlazioni tra cationi risultano di più dubbia interpretazione.
45
Tabella 5.3: matrice di correlazione tra i vari analiti
PM10
OC
EC
Na+
NH4+
K+
Mg2+
Ca2+
Cl-
NO2-
NO3-
SO4=
C2O4=
PM10
1,00
0,73
0,35
0,34
0,89
0,17
0,70
0,54
0,06
0,05
0,59
0,90
0,92
OC
0,73
1,00
0,40
0,17
0,56
0,46
0,52
0,14
-0,22
-0,25
0,05
0,51
0,65
EC
0,35
0,40
1,00
-0,13
0,20
-0,24
0,03
0,27
0,06
0,60
0,18
0,30
0,46
Na+
0,34
0,17
-0,13
1,00
0,27
0,61
0,70
0,31
0,01
0,18
0,36
0,28
0,30
NH4+
0,89
0,56
0,20
0,27
1,00
0,03
0,63
0,58
0,02
0,08
0,68
0,97
0,89
K+
0,17
0,46
-0,24
0,61
0,03
1,00
0,34
-0,32
-0,26
-0,38
-0,26
-0,04
-0,03
Mg2+
0,70
0,52
0,03
0,70
0,63
0,34
1,00
0,60
0,11
0,03
0,64
0,61
0,64
Ca2+
0,54
0,14
0,27
0,31
0,58
-0,32
0,60
1,00
0,22
0,55
0,73
0,61
0,60
Cl-
0,06
-0,22
0,06
0,01
0,02
-0,26
0,11
0,22
1,00
0,34
0,59
0,15
0,08
-
0,05
-0,25
0,60
0,18
0,08
-0,38
0,03
0,55
0,34
1,00
0,48
0,20
0,22
NO3-
0,59
0,05
0,18
0,36
0,68
-0,26
0,64
0,73
0,59
0,48
1,00
0,76
0,68
SO4=
0,90
0,51
0,30
0,28
0,97
-0,04
0,61
0,61
0,15
0,20
0,76
1,00
0,93
C2O4=
0,92
0,65
0,46
0,30
0,89
-0,03
0,64
0,60
0,08
0,22
0,68
0,93
1,00
NO2
46
5.2.2 Descrizione meteorologica del periodo di campionamento
I dati riguardanti il periodo di campionamento sono stati raccolti grazie alla collaborazione
con il CNR ISMAR (dott. Renato R. Colucci) presso la stazione meteorologica situata nei
pressi dell’ingresso alla Grotta Gigante, attiva dal 1967.
Le variabili registrate durante la settimana di campionamento sono state raccolte con cadenza
oraria e sono: Precipitazioni (mm), Umidità relativa (%), Direzione del vento (°), Forza del
vento (m/s), Pressione (hPa), Temperatura (°C), Irraggiamento solare (W/m2).
I dati ottenuti con frequenza oraria sono stati mediati utilizzando il programma di calcolo
Microsoft Excel 2007 e riportati nei grafici come media sulle 12 ore in modo da avere il
valore della variabile climatica per il periodo giornaliero e il valore per il periodo notturno.
Vengono di seguito riportati i dati ottenuti.
Tabella 5.4: parametri meteorologici rilevati nel periodo considerato
Pioggia T
P
Direzione
Velocità
Radiazione
(mm)
(°C)
(hPa)
vento (°)
vento (m/s)
solare (W/m2)
22/06/12 N 0,0
22,9
985,6
57,5
78
3,9
269,6
23/06/12 G 0,0
26,8
987,2
45,6
76
5,1
2101,3
23/06/12 N 0,0
22,1
987,3
53,4
79
3,5
271,7
24/06/12 G 0,0
28,6
984,1
37,4
229
0,5
2326,9
24/06/12 N 0,0
19,6
981,1
67,6
175
2,4
217,3
25/06/12 G 0,3
26,8
979,1
52,6
223
0,6
1834,8
25/06/12 N 0,2
18,4
983,1
73,6
81
4,6
251,4
26/06/12 G 0,0
26,5
985,3
36,3
49
1,4
2185,6
26/06/12 N 0,0
18,6
987,0
61,3
87
2,5
271,6
27/06/12 G 0,0
26,6
986,5
42,3
244
1,8
2412,0
27/06/12 N 0,0
18,4
984,4
72,9
171
2,4
260,7
28/06/12 G 0,0
27,9
983,1
32,3
247
2,3
2304,0
28/06/12 N 0,0
19,0
982,7
64,1
168
2,2
250,1
29/06/12 G 0,0
29,8
982,7
37,1
242
1,6
2257,8
Data
RH
47
La settimana in questione è stata caratterizzata da condizioni meteo stabili, scarsa nuvolosità,
alte temperature durante il giorno, con un’escursione termica fino ad 8°C rispetto al periodo
notturno, tranne che per un fenomeno di tipo temporalesco avvenuto durante la notte tra il 25
e il 26 giugno.
La settimana è stata caratterizzata dalla presenza di leggero vento costante che quasi sempre
presentava una variazione della direzione tra il giorno e la notte; in particolare si sono
riscontrate brezze da est durante la notte (brezza di terra) e da ovest durante il giorno (brezza
di mare).
5.2.3 Relazione fra le concentrazioni degli analiti e situazione meteorologica
Una valutazione sulle relazione tra le concentrazioni sperimentali dei macrocostituenti del
particolato e i parametri atmosferici può esser fatta esaminando le correlazioni tra questi
parametri eterogenei .
La matrice che riporta le correlazioni (vedi tab. 5.5) non mostra correlazioni (r di Pearson) >
0,60 tranne che per i parametri riguardanti temperatura, umidità relativa, radiazione solare e
direzione del vento in relazione con la concentrazione dell’anione nitrato; risulta evidente la
correlazione del nitrato con forzanti fisiche e fotochimiche.
L’influenza delle forzanti fisiche risulta evidente anche nei cicli giorno/notte delle
concentrazione di nitrato a causa delle differenti vie di reazione che portano alla sua genesi
(vedi pagina 10).
Infatti, i parametri con cui presenta delle correlazioni sono strettamente legati all’alternanza
tra il giorno e la notte come ad esempio la temperatura (più alta di giorno) ma anche la
direzione del vento, il quale presentava direzioni opposte tra il giorno e la notte.
48
Figura 5.5: Andamento temporale della concentrazione dell’anione nitrato.
Esistono anche altre correlazioni tra analiti quali potassio, calcio e magnesio con parametri
come la pioggia, la velocità del vento e la temperatura. Questo fatto verosimilmente è
spiegabile dall’origine terrigena dei cationi in questione, per cui fenomeni atmosferici
causano il rimescolamento di masse d’aria o il sollevamento di polveri dal suolo.
I grafici a pagina 50 riportano due esempi di come variano alcuni parametri meteorologici
durante la settimana di campionamento.
Nel primo grafico viene riportato come varia la forza del vento (le frecce mostrano la sua
direzione) e l’irraggiamento tra il periodo giornaliero e quello notturno nella settimana di
campionamento.
Il secondo grafico invece mostra l’andamento del’umidità relativa e della temperatura tra il
giorno e la notte. Si può notare come i due andamenti sono in controtendenza, infatti, durante
il giorno, quando la temperatura risulta più alta i valori riguardo all’umidità relativa sono più
bassi e viceversa per il periodo notturno.
In entrambi i grafici viene evidenziato tra la notte del 25 giugno e la giornata del 26 giugno il
fenomeno temporalesco.
49
Figura 5.6: Velocità del vento (barre verticali: azzurra notturna, gialla diurna), direzione media nelle 12 ore
(frecce), irraggiamento (linea rossa) ed evento temporalesco nel periodo di campionamento.
Figura 5.7: Oscillazioni dei valori di temperatura e umidità relativa nel periodo di campionamento
50
Tabella 5.5: Matrice di correlazione tra dati atmosferici e concentrazioni di analiti
Pioggia (mm)
PM10
OC
EC
Na+
NH4+
K+
Mg2+
Ca2+
Cl-
NO2-
NO3-
SO4=
C2O4=
0,36
0,05
-0,27
0,65
0,32
0,58
0,40
0,11
-0,10
-0,02
0,23
0,31
0,17
-0,09
-0,30
0,12
0,45
-0,32
0,53
0,51
0,41
0,02
0,70
0,40
0,31
0,01
0,24
0,36
0,07
-0,22
0,47
-0,33
-0,42
-0,30
0,04
-0,50
-0,16
-0,11
-0,43
-0,03
-0,25
-0,10
-0,46
0,05
-0,08
-0,30
-0,17
-0,38
-0,45
-0,52
-0,43
0,10
-0,28
-0,37
0,05
0,40
-0,41
0,38
0,54
0,29
0,08
0,61
0,32
0,16
0,06
-0,49
-0,26
0,07
0,35
-0,55
0,18
0,47
0,42
0,33
0,72
0,39
0,24
-0,12
0,30
-0,22
0,22
-0,18
0,70
0,23
-0,41
-0,31
-0,46
-0,40
-0,29
-0,34
Temperatura (°C) 0,23
Umidità relativa
(%)
Pressione
(mm-
Hg)
Radiazione solare
(W/m2)
Direzione vento
(°)
Velocità
(m/s)
vento
51
5.3 Componenti biogeniche rilevate tra i composti organici volatili e nel PM10
Accanto alle macrocostituenti presenti tra i composti gassosi e nell’aerosol, risulta rilevante,
ai fini di una miglior comprensione dei cicli biogeochimici degli elementi, identificare e
valutare la rilevanza dei processi che portano alla formazione di aerosol secondario. Le analisi
commentate sulla composizione del PM10 hanno evidenziato già la presenza di una
componente secondaria inorganica.
Un esame di cromatogrammi ottenuti analizzando i campioni di composti organici volatili
raccolti con campionatori passivi radiello a BGG, ha evidenziato la presenza di picchi
corrispondenti a terpeni, potenziali precursori di Biogenic Secondary Organic Aerosol. In
particolare sono stati registrati segnali riconducibili all’isoprene ed alcuni segnali, meno
intensi, riconducibili alla presenza di α-pinene, canfene, limonene ed eucaliptolo.
La figura 5.8 (pagina 54) riporta il cromatogramma dell’analisi del radiello esposto durante la
settimana di campionamento.
Sono stati messi in evidenza alcuni picchi:

Il picco numero 1 corrisponde alla SO2 (tr di 4.48 minuti).

Il picco numero 2 presenta un tr di 9.10 minuti è stato ricondotto, tramite analisi dello
spettro di massa e confronto con libreria NIST, all’isoprene.

I picchi 3,4,5,6 presentano rispettivamente un tr di 23.30 , 23.70, 25.05, 25.19 e sono
stati identificati, tramite analisi dello spettro di massa, come picchi di α-pinene,
canfene, limonene ed eucaliptolo.
L’ipotesi di formazione di BSOA a partire da questi precursori ha trovato riscontro
sperimentale nell’analisi degli estratti dai filtri inviati presso i laboratori di Aarhus (DK), dove
le analisi HPLC-ESI-qTOF hanno identificato diversi composti biogenici secondari che
derivano da precursori comuni come isoprene o pinene, riportati in tabella 5.6.
Tab. 5.6 acidi organici identificati mediante standard, abbondanza e precursori.
Acidi organici
Intensità segnale Precursori
Acido terpenilico Moderata
α-Pinene
3-MBTCA
Alta
α-/β-Pinene
Acido pinico
Moderata/Alta
α-/β-Pinene
52
Acido pinonico
Alta
α-/β-Pinene
DTAA
Moderata
α-Pinene
La tabella riporta i principali acidi organici caratterizzati e parzialmente quantificati mediante
standard insieme ai rispettivi precursori.
Si nota come la maggior parte degli acidi organici derivano dalle due forme del pinene,
evidenziando una plausibile relazione tra BVOC e BSOA.
53
Fig. 5.8: Cromatogramma TIC ottenuto tramite TD-GC-MS di VOC desorbiti da radiello esposto dalle 20.00 del 22/06/2012 alle 20.00 del 29/06/2012 (1=SO2, 2=Isoprene,
3=α-pinene, 4=canfene, 5=limonene e 6=eucaliptolo)
54
Nella tabella 5.7 sono riportati le masse di altri BSOA, in particolare organosolforati e
nitrossisolforati, usualmente ricercati in questo genere di studi, ma non quantificati (per
assenza di standard), dei quali alcuni non sono stati riscontrati nel sito di Borgo Grotta
Gigante.
Per contro, sono stati individuati nel cromatogramma segnali relativi a composti che
manifestano nell’analisi TOF il frammento tipico dello ione solfato a 96.96 m/z, quindi
organosolfati non noti, in quanto non presenti nei campioni usualmente prelevati nel Nord
Europa, e quindi non ricercati nelle analisi di routine.
Tab.5.7: Masse di composti organo solforati e nitrossiorganosolforati
Organosolforati
Massa (MW)
Presente Precursore
140.004
Si
Isoprene
154.013
Si
Isoprene
168.035
Si
Isoprene
170.063
No
Isoprene
182.048
Si
α-Pinene
182.049
Si
α-Pinene
200.016
Si
Isoprene
200.019
No
Isoprene
216.025
Si
Isoprene
238.104
Si
α-Pinene
250.081
Si
β-Pinene
280.052
Si
α-/β-Pinene
Nitrossiorganosolforati
Massa (MW)
Presente Precursore
295.018
No
α-/β-Pinene
295.071
Si
α-/β-Pinene
55
La difficoltà della caratterizzazione strutturale di queste molecole è data dall’assenza di una
vera e propria libreria riguardante i loro spettri di massa come ad esempio le librerie NIST, ed
è argomento di approfondimenti tuttora in corso.
56
6. CONCLUSIONI
Lo studio riportato rende conto dell’attivazione di un sito dedicato al campionamento di
composti gassosi e particolato atmosferico non condizionato da particolari sorgenti
inquinanti vicine, posizionato a Borgo Grotta Gigante (BGG), in prossimità dell’accesso
alla cavità grotta, nel comune di Sgonico a Trieste. L’utilità di una tale tipologia di
stazione di misura, precedentemente non diponibile in provincia di Trieste, risiede nella
possibilità di ottenere informazioni sulla variabilità della composizione dell’aria e sui
processi fisici, chimici e fotochimici, in termini generali per un’area diffusa, senza tener
conto delle specificità di piccola scala (es. assi di traffico, industrie, complessi abitativi).
I dati sperimentali qui rilevati possono esser impiegati per una validazione di modelli
sulla qualità dell’aria su scala regionale. Sono stati raccolti dati in una settimana tra il 23
ed il 29 giugno 2012 con campionamenti di PM10 effettuati ogni 12 ore (notte/giorno).
Nell’arco della settimana si sono campionati con campionatore passivo anche composti
organici volatili. Alcuni COV tossici risultano bassi e di un ordine di grandezza inferiori
a quanto rilevato nello stesso periodo in una stazione urbana a Trieste (es. benzene 0,1
ug/m3 a BGG vs 2,1 ug/m3 in via Pitacco); le polveri misurate risultano relativamente
basse (circa 18 ug/m3), comparabili a quelle urbane, ma le concentrazioni di carbonio
elementare (mediamente 0,4 ug/m3), non evidenziano significatività di combustioni da
traffico o industria.
Si sono caratterizzati i macrocostituenti del PM10, in termini di carbonio totale
(organico più elementare, pari al 24% della massa del particolato) e composizione
ionica (ioni sodio, ammonio, potassio, magnesio, calcio, cloruro, nitrito, nitrato, solfato,
ossalato, pari al 31%) e una quota di PM non determinata del 45%. Si è prodotta la
seconda evidenza
(dopo Astel, 2010) sui livelli delle componenti secondarie
inorganiche (ammonio, nitrito, nitrato, solfato, ossalato) nell’aerosol della provincia di
Trieste, che durante questi campionamenti ha superato il 22% della massa dell’aerosol,
evidenziando come negli studi sugli aerosol, non si possano trascurare i precursori
gassosi, come gli ossidi di azoto e zolfo, nonché l’isoprene di origine biogenica, che può
generare gli ossalati. Sono state evidenziate le variazioni tra le concentrazioni notturne e
diurne dei nitrati (oltre il 10% del PM), ben correlate ad irraggiamento, temperatura ed
57
umidità, che testimoniano il ruolo della fotochimica nel determinare le concentrazioni
degli aerosol.
Un approfondimento su costituenti minori tra i componenti secondari biogenici,
possibile grazie ad una collaborazione col Dipartimento di Chimica dell’Università di
Aahrus, ha portato ad individuare tramite HPLC-ESI-qTOF acido terpenilico, 3MBTCA, acido pinico, acido pinonico, DTAA e svariati composti organosolforati,
compatibili con la presenza di precursori biogenici gassosi; alcuni dei composti
organosolforati non risultano presenti in studi condotti nel nord Europa, e
l’identificazione di tali strutture tramite analisi degli spettri di massa è ancora oggetto di
approfondimenti.
Estensioni delle attività riportate nella tesi, prevedono che su aliquote di campioni
ancora disponibili e su altre da raccogliere presso BGG, presso il laboratorio di chimica
ambientale del DSCF vengano determinate ulteriori specie biogeniche, anche non
polari, quali gli idrocarburi alifatici associati alla presenza di cere vegetali nel PM e
marcatori della combustione di biomasse. Una collaborazione con l’unità di ricerca in
mineralogia dell’ateneo giuliano consentirà una più completa definizione
della
composizione inorganica dell’aerosol, riducendo l’aliquota di massa non determinata.
Conoscere composizione e variabilità del particolato atmosferico in un sito non
direttamente influenzato da fonti inquinanti locali consentirà una miglior valutazione
dell’inquinamento rilevato nelle aree urbane ed industriali, evidenziando il reale
contributo delle stesse rispetto ai valori di fondo/background regionale e fornendo un
ulteriore supporto valutativo per una adeguata ed efficace gestione della qualità dell’aria
da parte degli enti pubblici del territorio.
58
7. BIBLIOGRAFIA
Davide Baldo “Sorgenti industriali attive e gradienti di contaminazione: un caso di
studio nella provincia di Trieste” tesi di laurea in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e
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7.1 Siti Web
http://www.isprambiente.gov.it/it
http://www.radiello.com/
http://www.arpaweb.fvg.it/qariagis/
http://www.cnr.it/
http://www.minambiente.it/
61
8. RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano :
Dott. Arch. Alessio Fabbricatore Direttore della Grotta Gigante, Società Alpina delle
Giulie, Sezione di Trieste del C.A.I., Commissione Grotte “E. Boegan” per la
disponibilità ad ospitare nel terreno di pertinenza al centro visite il campionatore per
PM10 e per gli allacciamenti elettrici;
Dott. Fis. Renato Colucci del CNR-ISMAR per la disponibilità dei dati
meteorologici della stazione di Borgo Grotta Gigante;
Dott. Chim. Andrea Piazzalunga e Dott. Chim. Paola Fermo dell’Università degli
Studi di Milano Statale, per le analisi sul carbonio e ioni;
Dott. Chim. Federico Cozzi e Prof. Marianne Glasius per le analisi HPLC-ESIqTOF.
Ringrazio il mio relatore Pierluigi Barbieri per la disponibilità mostrata nei miei
confronti e per tutto il supporto fornito durante questi mesi.
Ringrazio la mia correlatrice Arianna Tolloi, che costantemente ha saputo aiutarmi
fornendomi preziosi consigli per poter portare al termine questo lavoro.
Ringrazio il Gruppo di lavoro, sempre pronto a fornirmi qualche delucidazione riguardo
ai miei mille dubbi o anche semplicemente per fare “quatto chiacchiere” davanti un
caffè.
Ringrazio la mia famiglia, i miei amici e tutti quelli che mi sono stati vicini
sopportandomi e supportandomi durante questo lungo percorso universitario.
62