Caratterizzazione di composti secondari, inorganici
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Caratterizzazione di composti secondari, inorganici
Università degli Studi di Trieste Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Tesi di Laurea Triennale in Chimica Caratterizzazione di composti secondari, inorganici e organici di origine biogenica nel particolato atmosferico campionato in un sito di background della provincia di Trieste Laureando: Berro Andrea Relatore: Dott. Pierluigi Barbieri Correlatore: Dott.ssa Arianna Tolloi Anno Accademico 2011 – 2012 INDICE PREMESSA 2 1. SCOPO DELLA TESI 3 2. INTRODUZIONE 4 2.1 Il particolato atmosferico: definizione e caratterizzazione dimensionale 4 2.2 Origine e sorgenti del particolato atmosferico 5 2.3 Composizione del particolato atmosferico 6 2.3.1 Reazioni di foto-ossidazione 7 2.3.2 Formazione di composti organici secondari di origine biogenica 10 2.3.3 Composizione chimica media del particolato atmosferico 14 2.4 Effetti del particolato atmosferico 18 2.5 Normativa 20 2.6 Importanza del monitoraggio del PM in un sito di background 21 3. CASO DI STUDIO 22 4. MATERIALI E METODI 25 4.1 VOC e BVOC 25 4.1.1 Campionamento 25 4.1.2 TD – GC – MS 27 4.2 PM10 32 4.2.1 Campionamento 32 4.2.2 Trasmittanza termo ottica (TOT) 33 4.2.3 Cromatografia ionica 35 4.2.4 Analisi composti biogenici di origine secondaria mediante HPLC-ESI-qTOF-MS 37 5. RISULTATI E DISCUSSIONE 40 5.1 Confronto tra il sito di campionamento di BGG ed un sito urbano 40 5.2 Analisi caratterizzazione analitica del PM10 41 5.2.1 Variazione della concentrazione degli analiti tra il giorno e la notte 44 5.2.2 Descrizione meteorologica del periodo di campionamento 47 5.2.3 Relazione fra le concentrazioni degli analiti e situazione meteorologica 48 5.3 Componenti biogeniche rilevate tra i composti organici volatili e nel PM10 52 6. CONCLUSIONI 57 7. BIBLIOGRAFIA 59 7.1 Siti web 8. 61 RINGRAZIAMENTI 62 1 PREMESSA Questa tesi si colloca nell’ambito delle attività del Gruppo di Ricerca di Chimica dell’Ambiente del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università degli Studi di Trieste. Il gruppo si occupa da anni di valutazioni sulla qualità ambientale nel territorio della provincia di Trieste ed in particolare si è specializzato nel controllo degli inquinanti atmosferici. Lo studio della composizione della troposfera costituisce un’applicazione rilevante nella chimica analitica, poiché alterazioni della composizione atmosferica e la presenza di inquinanti possono generare un’esposizione della popolazione ad una molteplicità di sostanze tossiche e comportare danni sulla salute dell’uomo, sul clima e sull’ambiente. A causa della pericolosità dell’inquinamento atmosferico sono state sviluppate delle normative (vedi D.Lgs.152/06 e D.Lgs. 155/10) che indicano delle soglie limite alle concentrazioni di inquinanti consentite alle emissioni e nell’aria ambiente. Questo ha portato allo sviluppo di tecniche di analisi e di modelli che forniscono indicazioni valide sulla presenza di varie specie chimiche presenti in atmosfera, in modo da individuare le sorgenti emissive e, se possibile, trovare un modo per abbassare il livello dell’inquinamento. In letteratura si trovano molti studi che riportano situazioni che si riconducono a casi in cui i vari inquinanti provengono da situazioni critiche come aree urbane o industriali. Una valutazione accurata delle alterazioni della composizione atmosferica non può prescindere dalla valutazione dei processi chimici in fase gassosa, solida ed eterogenea che condizionano le concentrazioni atmosferiche dei composti chimici, anche in luoghi relativamente lontani da sorgenti emissive importanti. Con questa premessa, in questo studio si vuole portare l’attenzione su misure sulla composizione del particolato atmosferico effettuate in un sito di background, riportando risultati conseguiti in una campagna di misure con campionamenti notturni e diurni. Questo studio potrà essere utile anche per fornire un’indicazione metodologica ed operativa sulla possibilità di rilevare la presenza di componenti secondarie dell’aerosol (formatesi in atmosfera a partire da precursori gassosi) nella provincia di Trieste, rinforzando le evidenze sulla necessità del controllo dei composti precursori gassosi del PM. Lo studio è coordinato con unità di ricerca delle Università di Milano ed Aarhus (DK), che ci hanno consentito di raccogliere dati su parametri non determinabili direttamente presso la nostra sede. 2 1. SCOPO DELLA TESI Lo studio condotto nell’ambito di questa tesi ha come obiettivo principale l’attivazione di un sito di monitoraggio extraurbano, lontano da siti di inquinamento antropico, utile per valutare i processi connessi alle dinamiche degli aerosoli e per poter fornire un supporto di validazione ai modelli matematici che prevedono le concentrazioni di particolato atmosferico su scala regionale. Al fine di poter verificare l’adeguatezza del sito individuato, si sono condotte delle analisi sui campioni di particolato atmosferico raccolti mediante l’utilizzo di un campionatore di tipo attivo, e di alcuni composti organici volatili campionati con un dispositivo passivo. Le analisi condotte per caratterizzare la composizione chimica del particolato atmosferico hanno richiesto l’utilizzo di diverse tecniche analitiche che verranno illustrate nei prossimi capitoli. I risultati ottenuti sono stati quindi confrontati con i dati ricavati simultaneamente da uno studio condotto dal nostro Gruppo di Ricerca, svolto però in ambito urbano, in modo da verificare l’adeguatezza del sito scelto, come sito di fondo, o background, non caratterizzato da inquinanti riconducibili a emissioni prossime dirette. Oltre all’obiettivo primario si sono raccolti i primi dati riguardanti il particolato organico biogenico secondario, o Biogenic Secundary Organic Aerosol (BSOA), nel territorio del Friuli Venezia Giulia in modo da poter studiare i processi eterogenei che portano alla loro formazione a partire da precursori quali i Biogenic Volatile Organic Compounds (BVOC), valutandone la rilevanza. 3 2. INTRODUZIONE 2.1 Il particolato atmosferico: definizione e caratterizzazione dimensionale Con il termine particolato atmosferico (Particulate Matter PM) si fa riferimento ad un insieme di particelle che hanno delle caratteristiche chimico-fisiche comuni, le quali conferiscono loro la caratteristica di restare sospese nell’atmosfera. Durante la sua permanenza nei vari strati dell’atmosfera, il particolato può reagire con i gas presenti nell’aria subendo svariate modificazioni. (Marconi A.,2003) Il PM è una miscela eterogenea di sostanze, la cui composizione differisce a seconda di molti fattori che possono essere: la presenza di fonti di inquinamento antropico, il periodo in cui viene effettuato il campionamento e la variabilità delle condizioni meteorologiche. Queste particelle non hanno una forma ben definita, per la loro caratterizzazione si fa riferimento al loro diametro aerodinamico equivalente (dae) il quale permette di uniformare e caratterizzare univocamente il comportamento aerodinamico delle particelle rapportando il diametro di queste col diametro di una particella sferica avente densità unitaria (1 g/cm3) e medesimo comportamento aerodinamico (in particolare velocità di sedimentazione e capacità di diffondere entro filtri di determinate dimensioni) nelle stesse condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa. Il concetto del diametro aerodinamico equivalente è molto importante in quanto ci consente di dare una prima classificazione delle varie frazioni del PM. Sostanzialmente esistono tre frazioni importanti del PM: Particolato grossolano; PM10; PM2.5. Il particolato grossolano comprende la frazione di particelle con diametro aerodinamico equivalente maggiore di 10 µm. Date le dimensioni, queste particelle hanno tempi di sedimentazione brevi e oltretutto non sono in grado di penetrare in profondità delle vie aeree. Il PM10 equivale alla frazione di particolato atmosferico campionato da un sistema per cui le particelle con dae pari a 10 µm vengono campionate con un’efficienza del 50%. Il PM2.5 equivale alla frazione di particolato atmosferico campionato da un sistema per cui le particelle con dae pari a 2.5 µm vengono campionate con un efficienza del 50%. 4 Quest’ultima frazione corrisponde a circa il 60% del PM10 ed è molto importante in quanto essa è la frazione di particolato atmosferico in grado di penetrare in profondità nelle vie aeree dell’apparato respiratorio. Le particelle con diametro aerodinamico inferiore a 2.5 µm possono essere ulteriormente suddivise a seconda della loro grandezza in particolato fine ed ultrafine. Sostanzialmente queste due sono prodotte tramite il processo di condensazione di gas atmosferici su particelle sospese nell’atmosfera. La classificazione appena elencata è molto importante in quanto le proprietà chimico-fisiche delle particelle di particolato atmosferico sono strettamente correlate alla loro dimensione (Marconi A., 2003) 2.2 Origine e sorgenti del particolato atmosferico Il processo principale di genesi delle particelle fini dell’aerosol atmosferico è la nucleazione; grazie ad essa si originano particelle di dimensioni maggiori a partire da quelle fini e dai radicali presenti in fase gassosa presenti in atmosfera, che si aggregano per costituire particelle più grandi. Alcuni studi hanno messo in evidenza come l’acido solforico sia la principale specie gassosa che funge da iniziatore del processo di nucleazione, aggregandosi con l’acqua prima e con l’ammoniaca poi, così da formare cluster che, che a loro volta favoriscono la formazione delle particelle più grandi (Raes et al., 2000). Le particelle derivanti dalla nucleazione possono quindi condensare e produrre particelle di dimensioni maggiori. La condensazione inizia quando l’equilibrio si sposta verso la fase aerosol e coinvolge principalmente le particelle con diametro compreso tra 0.1 µm e 1 µm. Oltre alla condensazione esiste anche un processo che può portare all’accrescimento della dimensione delle particelle. Questo processo prende il nome di coagulazione e coinvolge sia particelle solide che liquide, le quali interagiscono con quelle prodotte dalla nucleazione. Il risultato di questa interazione porta ad un accrescimento ulteriore delle loro dimensioni. La coagulazione può interessare anche i prodotti derivanti da reazioni omogenee che avvengono nell’atmosfera (Raes et al, 2000). A seconda di come è stato originato, il particolato atmosferico può essere diviso in due classi: Derivante da processi naturali; Derivante da processi antropici. 5 Quella antropica deriva dalle varie attività svolte dall’uomo come ad esempio tutti i processi di combustione sia da sorgenti mobili come ad esempio gli autoveicoli, sia da sorgenti fisse come gli impianti industriali e/o impianti di riscaldamento domestico. La componente naturale deriva invece da tutti i processi di disgregazione di rocce, da eruzioni vulcaniche, incendi, ma anche da pollini ed altri tipi di emissioni da parte delle piante. Le sorgenti antropiche hanno la caratteristica di contenere concentrazioni molto alte di inquinanti spesso pericolosi per la salute come ad esempio metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e/o altri derivati organici del benzene. La pericolosità degli inquinanti atmosferici determina proprio l’importanza di riuscire a monitorare costantemente la concentrazione di particolato in modo da ricorrere a soluzioni che siano in grado di abbassare la loro concentrazione al di sotto di una certa soglia critica per la salute e per l’ambiente in genere. Il particolato immesso in atmosfera dopo un certo tempo tende naturalmente a ritornare sul suolo. Questo processo può avvenire in due modi distinti: Deposizione secca; Deposizione umida. La deposizione secca consiste nel trasferimento diretto sul suolo terrestre senza l’intervento di agenti atmosferici quali le precipitazioni. La deposizione umida invece consiste nel trasferimento del particolato atmosferico sulla superficie terrestre in forma acquosa tramite pioggia, nebbie o neve. Otre che dalle precipitazioni, la permanenza nell’atmosfera delle particelle dipende fortemente anche dal vento. È evidente quindi la necessità di monitorare costantemente le condizioni meteorologiche durante le campagne di campionamento del particolato in quanto esse determinano le concentrazioni di inquinanti sospesi in atmosfera. 2.3 Composizione del particolato atmosferico La composizione chimica del particolato atmosferico non è omogenea, essa dipende fortemente dal luogo e dalle condizioni in cui è stato effettuato il campionamento (Decesari et al., 2001). 6 Si può comunque fare una distinzione tra due frazioni del PM a seconda dei processi chimico fisici che hanno portato alla sue formazione. Tramite questa classificazione il particolato può essere distinto in particolato primario e particolato secondario. Il particolato primario è composto da particelle di vario diametro aerodinamico originate direttamente da processi naturali quali l’erosione delle rocce, incendi, la diffusione di pollini dell’aerosol marino, ma può essere composto da particelle derivanti da processi antropici quali combustioni di combustibili fossili o da attività di tipo industriale. Il particolato secondario invece è composto principalmente da particelle fini disperse in aerosol. La formazione di composti secondari deriva essenzialmente da reazioni di fotoossidazione da parte dei gas presenti in atmosfera quali ozono, ossidi di azoto e di zolfo sul particolato primario e sull’aerosol in genere. 2.3.1 Reazioni di foto-ossidazione Perché si formi il particolato secondario è necessario che ci siano degli agenti ossidanti presenti in sospensione. Tra tutti gli ossidanti presenti in atmosfera si possono elencare quelli più importanti (Gramatica Forni), i quali sono: Radicale ossidrile: OH• (giorno) Ozono: O3 (giorno e notte) Radicale nitrato: NO3• (notte) Per ogni agente ossidante esistono più vie di formazione. Per quanto riguarda il radicale ossidrile (OH•), la via principale di formazione deriva dalla reazione di fotolisi dell’acqua che avviene durante il giorno. H2O + hν OH• + H• Un’altra reazione molto importante che porta alla formazione di radicale ossidrile consiste nella reazione di fotolisi dell’ozono atmosferico e successiva reazione con vapore acqueo. O3 + hv ( <315 nm) O* + O2 H2O + O* 2OH• 7 Il radicale generato entra poi in una serie di reazioni durante il giorno le quali, a seconda del composto con cui reagisce, possono dare molti prodotti diversi tra loro. Ad esempio se ci troviamo in una situazione in cui è presente un’alta concentrazione di ossidi di azoto, la reazione con il radicale ossidrile porta alla formazione di acido nitrico, che insieme all’acido solforico, è il responsabile del fenomeno delle piogge acide. Le reazioni possono avvenire anche assieme ad alcani, alcheni, composti aromatici, per dare ad esempio delle aldeidi e/o acidi carbossilici. Per quanto riguarda l’ozono, esso si genera negli alti strati dell’atmosfera dove l’ossigeno rarefatto, viene fotolizzato da radiazione UV per formare due radicali dell’ossigeno. Questi radicali che si sono formati scendono poi negli strati più bassi dell’atmosfera, i quali sono maggiormente ricchi di ossigeno reagendo con esso per dare ozono. O2 + (hv UV-C) 2 O• O• + O2 O3 Essendo una molecola neutra, al contrario del radicale OH•, l’ozono reagisce meno velocemente, per cui la sua concentrazione resta significativa anche durante il periodo notturno. È importate sottolineare che l’ozono non è in grado di reagire né con alcani, né con composti aromatici. Esso, infatti, reagisce esclusivamente con il doppio legame degli alcheni come ad esempio con i terpeni emessi dalle piante. Figura 1.1: Reazione tra ozono e alcheni (Gramatica Forni) 8 Un’ulteriore ossidante è costituito dal radicale nitrato. Per quanto riguarda la chimica degli ossidi di azoto è importante specificare che essa è molto ampia e di difficile caratterizzazione. Nonostante ciò, si può definire un certo ciclo degli ossidi di azoto chiamati genericamente NOx. Essi hanno origine sia da fonti naturali come ad esempio i processi biologici dei microrganismi, sia da fonti antropogeniche come le emissioni degli autoveicoli e in generale le combustioni. I due principali ossidi di azoto sono l’NO e l’NO2. L’NO deriva da reazioni di combustione ad alta temperatura, le quali consentono la reazione tra azoto e ossigeno molecolare. Esistono anche altri tipi di reazioni di formazione da altri precursori come NO3•, NO2, N2O, che tramite fotolisi danno NO e O2. La reazione di formazione di NO2 avviene attraverso molte vie, le quali però prevedono tutte la presenza di radiazione elettromagnetica. Gli ossidi di azoto formati reagiscono poi negli strati più alti dell’atmosfera con altri agenti ossidanti per dare acidi inorganici (ad es. HNO3), i quali a loro volta decompongono per dare radicali. Se consideriamo la decomposizione dell’acido nitrico attraverso la reazione con radicale ossidrile, si trova che esso si trasforma in acqua e radicale NO3•. Il radicale NO3• è un forte agente ossidante la cui formazione viene limitata dalla presenza di ozono e NOx in atmosfera, sia durante il periodo diurno, sia durante quello notturno. Lo schema mostra le reazioni che portano alla formazione di radicale NO3• di giorno e di notte. 9 Come è evidente dallo schema, di giorno esistono molte più vie di formazione per il radicale NO3• rispetto alla notte, però durante il giorno il prodotto appena formato fotolizza rapidamente ad NOx, cosa che di notte non avviene. Proprio per questo la concentrazione di radicale NO3• durante la notte è più alta che durante il giorno. La reattività di NO3• è simile a quella di OH•, che però è presente solo durante il giorno. Esso reagisce addizionandosi a doppi legami ed estraendo atomi di idrogeno su alcani e composti aromatici. Ad esempio reagisce con i terpeni per dare nitrocomposti: Figura 1.2: Reazione tra radicale nitrato e alcheni 2.3.2 Formazione di composti organici secondari di origine biogenica Le reazioni appena descritte mostrano il modo in cui vengono generati i principali agenti ossidanti presenti in atmosfera. Questi agenti ossidanti possono quindi reagire con composti organici volatili (VOC) presenti in atmosfera per dare composti secondari. Questi composti vengono definiti SOA (secondary organic aerosols) e possono essere sia di origine antropica, sia di origine biogenica (Kristensen, Glasius, 2011). L’ossidazione di queste molecole, tramite meccanismo di addizione, porta all’aggiunta di uno o più gruppi polari sulla struttura di partenza. La capacità di un VOC di produrre una certa quantità di frazione di composti secondari dipende essenzialmente da tre fattori: la sua concentrazione nell’atmosfera; 10 la sua reattività chimica; la volatilità dei prodotti. L’ossidazione di questi composti generalmente è data da reazioni del radicale ossidrile (OH•) con composti biogenici. Queste reazioni di ossidazione portano generalmente alla formazione di acidi organici. Ad esempio, se consideriamo un terpene come l’α- pinene, attraverso reazioni di fotossidazione si arriva ad ottenere l’acido pinoico. Questi acidi organici possono subire ulteriori ossidazioni; prendendo l’esempio precedente, l’acido pinoico può venir ulteriormente ossidato da OH• per formare acido 3-metil-1,2,3,butan tricarbossilico (MBTCA). Figura 1.3: strutture degli acidi: pinoico (a), pinonico (b), MBTCA (c). Gli acidi organici multifunzionalizzati che si sono formati tramite queste reazioni di ossidazione, in presenza di ossidi di zolfo e/o di azoto atmosferici reagiscono per dare rispettivamente organosolfati e organonitrati. Esistono studi (Surratt, 2008) che dimostrano l’importanza degli organosolfati, in quanto essi possono rappresentare fino al 12 % in massa del totale dell’aerosol atmosferico. Alcuni studi (Linuma et al., 2007) hanno evidenziato la formazione di nitrossiorganosolfati durante la notte, a dimostrazione dell’importanza della chimica notturna del radicale NO3•. Questi studi hanno inoltre dimostrato che, riproducendo in laboratorio le condizioni di reazione dell’ambiente esterno durante la notte, cioè introducendo in atmosfera controllata alcuni terpeni come α-pinene, β-pinene, limonene, tenuti al buio insieme ad NO3• in ambiente acido, si formano gli stessi composti trovati nei campioni di particolato atmosferico. Vengono ora riportati alcuni esempi trovati in letteratura (Surratt,2008) , riguardanti la formazione di alcuni composti nitrossiorganosolfati da precursori quali limonene, α-pinene ed isoprene. 11 Figura 1.4: Reazioni di ossidazione del limonene Figura 1.5: Reazioni di ossidazione del pinene 12 Figura 1.6: Reazioni di ossidazione dell'isoprene 13 2.3.3 Composizione chimica media del particolato atmosferico Il particolato atmosferico è costituito da svariati generi di composti. In generale esso contiene una certa quantità di materiali organici, ioni (di origine crostale – componente minerale prodotta dall'erosione della crosta terrestre - , marina o secondaria – da precursori gassosi come nitrati e solfati), metalli di transizione e idrocarburi di vario genere. È presente inoltre una frazione di carbonio organico (che può essere anche di origine biogenica), ed una frazione di carbonio elementare (fuliggine prodotta da combustioni). La percentuale in peso delle varie frazioni presenti nel particolato atmosferico dipende fortemente dal tipo di sito in cui esso è stato campionato. Si riportano, in figura 1.7, esempi ,generalizzati di composizione degli aerosol tipiche per ambienti urbani e per ambienti marini (Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, 2003). Figura 1.7: Esempi di composizione media dell'aerosol Si può notare dai grafici, come le concentrazioni degli analiti ricercati possano variare a seconda della zona di campionamento considerata. È importante evidenziare come in un sito urbano le concentrazioni di carbonio (sia elementare che organico) sono molto più alte rispetto ad una situazione in cui il particolato deriva da un sito nelle vicinanze del mare. 14 Componente ionica Nel particolato si possono ritrovare ioni sia di origine primaria che di origine secondaria che possono essere distinti a seconda della loro origine. Si definiscono di origine primaria gli ioni derivanti da fenomeni quali l’erosione dei minerali, risollevamento di polveri, lo spray marino (ad esempio Na+, K+,Ca2+, Mg2+, Cl-), mentre si definiscono ioni di origine secondaria quelli derivanti da reazioni che avvengono sia in fase eterogenea che omogenea nell’atmosfera (ad esempio NO3-, NO2-, SO42-, C2O42-, NH4+). Calcio e magnesio hanno origine prevalentemente terrigena, derivano quindi da sollevamento di polveri dal suolo dovute ad agenti atmosferici e antropici. Sodio e cloro sono molto evidenti in siti di campionamento nelle vicinanze di zone costiere in quanto derivano dallo spray marino. Si possono trovare anche in zone relativamente distanti dal mare in quanto lo spray può essere trasportato dal vento. Il potassio deriva come il calcio e il magnesio da fenomeni di risollevamento di polveri dal suolo. Questo ione si può utilizzare anche come marker inorganico per identificare combustioni di biomasse legnose in quanto esso è un macro-nutriente di tutte le piante (corrisponde a circa 1% della massa secca legnosa), per cui durante il processo di combustione si ritrova nelle ceneri. Lo ione ammonio ha origini sia naturali, sia antropiche; naturalmente deriva dai vari processi metabolici di piante e microrganismi azoto fissatori mentre per quanto riguarda l’origine antropica deriva sostanzialmente dai fertilizzanti utilizzati in agricoltura. L’ammoniaca presente nell’atmosfera ha un ruolo molto importante in quanto è il gas quantitativamente più abbondante in grado di neutralizzare gli acidi in sospensione come l’acido nitrico e l’acido solforico. (Danalatos et al., 1999) Lo ione solfato deriva essenzialmente all’anidride solforosa presente in atmosfera. La SO2 atmosferica deriva in maggior quantità da fenomeni di natura antropica come le emissioni degli autoveicoli e dall’impiego di combustibili fossili. 15 Esiste anche una minima quantità di SO2 derivante da fenomeni naturali come l’attività metabolica di organismi marini e l’emissione di gas di natura vulcanica. L’SO2 emessa nell’atmosfera subisce delle trasformazioni a causa di fenomeni di ossidazione da parte di agenti ossidanti come ad esempio il radicale ossidrile (OH•). SO2 + OH• → HOSO2• Questo intermedio è altamente reattivo e reagisce ulteriormente con l’ossigeno atmosferico per formare anidride solforica e idroperossi radicale: HOSO2• + O2 → HO2• + SO3 L’anidride solforica formata reagisce quindi con l’umidità atmosferica per dare acido solforico: SO3 (g) + H2O (l) → H2SO4 (l) In fase liquida l’acido solforico formato si trova come anione solfato. L’anione nitrato deriva essenzialmente dalla condensazione dell’acido nitrico. La formazione di acido nitrico nell’atmosfera è molto importante durante il giorno, questo perché le concentrazioni di radicale idrossido sono più alte (vedi formazione radicale ossidrile). Esistono più reazioni che portano alla formazione dell’acido nitrico. Le più importanti sono le reazioni tra NO2 e OH• in fase gassosa durante il giorno e quella del radicale NO3• con H2O in fase eterogenea durante la notte. In presenza di cloruri il radicale NO3• può reagire per dare anione nitrato e radicale cloro. L’acido nitrico si forma per ossidazione di NO2 in fase gassosa. Essendo un L’HNO3 molto solubile, questo tende a dissolversi nella fase acquosa presente in atmosfera. Come conseguenza della dissoluzione, l’acido si dissocia ad anione nitrato, tanto che alcuni studi dimostrano che nelle nubi tutto l’acido nitrico si trova nella forma dissociata. Un’altra reazione che porta alla formazione di acido nitrico è la reazione in fase eterogenea tra NO2 e H2O catalizzata da particelle sospese o superfici di altro tipo. 16 In questa reazione oltre alla formazione di acido nitrico, si ottiene anche acido nitroso che a seconda delle condizioni termodinamiche verrà rilasciato sotto forma di gas. (Danalatos et al., 1999) L’ossalato è un anione organico di origine secondaria e biogenica in quanto deriva dall’acido ossalico la cui biosintesi avviene ad opera di piante, funghi e microrganismi. L’acido ossalico può formarsi anche mediante reazioni fotochimiche dell’isoprene con gli agenti ossidanti presenti in atmosfera come ad esempio ozono, radicale ossidrile e/o radicale nitrato. In figura 8 viene mostrato come dall’isoprene attraverso una serie di reazioni si forma l’acido ossalico, che a sua volta reagisce ulteriormente per dare anidride carbonica. (Lim et al.,2005) Figura 1.8: Reazioni tra isoprene e ossidanti atmosferici (Lim et al.,2005) Componente carboniosa La componente carboniosa del particolato atmosferico è dato dalla somma della frazione di carbonio elementare e della frazione del carbonio organico. Esiste anche una piccola frazione di carbonio carbonatico, ma spesso non viene presa in considerazione data la sua piccola concentrazione rispetto alle altre due frazioni. 17 In letteratura si trova che il carbonio elementare (EC) deriva principalmente da fenomeni di combustione di combustibili fossili, per cui è utilizzabile per identificare fonti di inquinamento. Il carbonio organico (OC) invece è presente sotto forma di svariate specie chimiche, quali idrocarburi sia alifatici che aromatici, acidi organici, terpeni, ecc. Esso può essere classificati in due modi: - OC primario se viene emesso direttamente dalla sorgente sotto forma di particelle con dimensione inferiore a 10 nm, solitamente dovuto a fenomeni di combustione, ma anche a emissioni di piante (Duan et al.,2004); - OC secondario se deriva dalle reazioni fotochimiche che avvengono in atmosfera tra composti poco volatili e altri precursori gassosi; un esempio è la formazione, tramite reazioni di tipo fotochimico, di composti organici biogenici secondari attraverso reazioni tra terpeni emessi dalle piante e ossidi di zolfo e/o di azoto . È importante considerare il rapporto tra OC ed EC in quanto, se vicino a 1, indica che OC ed EC provengono dalla medesima fonte, viceversa un rapporto molto diverso da 1 può indicare un apporto specifico dell’analita in concentrazione maggiore. Ovviamente, come tutti gli altri analiti presi in considerazione, si possono verificare notevoli fluttuazioni delle loro concentrazioni al variare dei dati meteo, delle stagioni e dal luogo dove è stato effettuato il campionamento. 2.4 Effetti del particolato atmosferico Il particolato atmosferico determina svariati effetti a livello ambientale, climatico (IPCC, 2007) e sulla salute umana. Effetti sul clima Il particolato sospeso influenza direttamente il clima in quanto assorbe radiazione solare in funzione della sua grandezza e della sua concentrazione. 18 Oltre a questo fatto, le particelle del particolato fungono come sito di condensazione per le nuvole contribuendo sia positivamente sia negativamente al bilancio climatico terrestre. Il PM ha effetti anche su piccola scala in quanto influenza il clima urbano sempre a causa della sua capacità di assorbire parte della radiazione luminosa. Questo fenomeno si verifica più frequentemente nelle città industrializzate, dove si nota maggiormente la formazione di nebbie e/o un sensibile abbassamento della visibilità. Effetti sull’ambiente A livello ambientale, effetti importanti del particolato sono associati alla presenza di acidi come HNO3 e H2SO4 sia come liquidi nebulizzati, sia adsorbiti su particelle in sospensione. Quando questi acidi raggiungono il suolo, determinano una sua acidificazione che può portare a seri danni ambientali dovuti al rilascio di elementi tossici come ad esempio l’alluminio, tossico per gli organismi, ma anche la mobilitazione di nutrienti essenziali come ad esempio il magnesio che diventa disponibile per le piante. Le piogge acide, oltre a creare grossi problemi ambientali, causano il degrado del patrimonio artistico costituito da materiali calcarei. Effetti sulla salute Elevate concentrazioni di particolato atmosferico possono portare a problemi alla salute, specialmente per quanto riguarda le vie aeree. (Pope & Dockery, 2006) Si possono distinguere tre frazioni riguardanti il particolato atmosferico a seconda del grado di penetrazione nell’apparato respiratorio: Frazione inalabile che comprende quelle particelle in grado di penetrare dalle narici e dalla bocca; Frazione toracica che comprende quelle particelle in grado di attraversare la laringe e arrivare fino ai polmoni, raggiungendo i bronchi; Frazione respirabile che comprende quelle particelle in grado di penetrare fino agli alveoli. 19 Figura 1.9: Rappresentazione della penetrazione del PM nell'organismo in funzione del diametro aerodinamico delle particelle Il PM10 rientra nella frazione toracica mentre il PM2.5 rientra nella frazione respirabile; queste due sono le frazioni che inducono maggiormente effetti negativi sulla salute. Le particelle a seconda della loro natura chimica possono indurre diversi problemi a livello dell’apparato respiratorio come irritazioni, ma anche malattie ben più gravi, come il cancro se queste particelle hanno assorbito sostanze cancerogene durante il loro processo di formazione. Più piccole sono le particelle e più riescono a penetrare in profondità delle vie aeree. Se riescono a penetrare fino agli alveoli, diventa difficile la loro espulsione causando un possibile assorbimento nel sangue. 2.5 Normativa La presenza di alte concentrazioni di particolato atmosferico può comportare seri problemi. Proprio per questo fatto nell’ultimo ventennio l’attenzione sugli inquinanti atmosferici è cresciuta notevolmente, tanto che è stato necessario sviluppare normative che impongano dei limiti alle emissioni di inquinanti nell’atmosfera. 20 Per quanto riguarda il particolato atmosferico inteso come PM10 esistono alcune normative come ad es. 1999/30/EC e 96/62/EC riguardanti rispettivamente l’inquinamento urbano e le emissioni degli autoveicoli. Questo però è un parametro abbastanza grossolano dato che in tempi più recenti è stato evidenziato che la frazione di particolato più pericolosa è quella con diametro aerodinamico inferiore a 2.5 µm. Per quanto riguarda il PM10 il D.M. 2 aprile 2002 n. 60 ha imposto due limiti di concentrazione accettabili per il particolato giornaliero e annuale. Il primo prevede una concentrazione massima di 50 µg/m3 data come valore medio nell’arco di 24 ore, da non superare più di 35 volte all’anno. Il secondo limite impone il valore massimo di 40 µg/m3 dato come valore medio annuale. Questi limiti, imposti dall’unione europea, sono spesso superati, soprattutto nelle grandi città. Ad esempio si può notare che nel triennio 2006-2008 grandi città come Roma (40,4 µg/m³), Milano (49,2 µg/m³), Torino (56,5 µg/m³), Bologna (41,3 µg/m³), Verona (47 µg/m³) e (Padova 46,7 µg/m³) non sono riuscite a rientrare nei limiti imposti per la media annuale (dati ISPRA -Rete del Sistema Informativo Nazionale Ambientale –). Questo dimostra la necessità di condurre approfonditi studi riguardo al problema dell’inquinamento atmosferico, in modo che in un futuro si possano adottare soluzioni atte ad evitare lo sforamento dei limiti imposti, sia per evitare danni alla salute, sia per evitare di incorrere in sanzioni da parte dell’Unione Europea. 2.6 Importanza del monitoraggio del PM in un sito di background Un sito di background è un punto di campionamento rappresentativo dei livelli d’inquinamento caratteristici dell’area risultanti dal trasporto degli inquinanti anche dall’esterno dell’area urbana e dalle emissioni dell’area urbana stessa. Questi siti tuttavia non sono direttamente influenzati da emissioni dirette locali di tipo industriale e di traffico. L’importanza di un sito di background quindi è dovuta al fatto che attraverso lo studio degli inquinanti campionati è possibile studiare processi che avvengono nella bassa atmosfera e non sono condizionati pesantemente da sorgenti vicine, e fornire un dato di “bianco” riguardo alla qualità dell’aria di una specifica zona (APAT, 2004). 21 3. CASO DI STUDIO Per le indagini condotte nell’ambito di questa tesi è stato necessario individuare un sito, privo di sorgenti di inquinamento di origine antropica vicine, che potesse essere considerato come sito di fondo o background per la qualità dell’aria della provincia di Trieste. Come sito di monitoraggio extraurbano si è cercato di trovare un luogo non direttamente condizionato da attività antropiche, e quindi relativamente distante da fonti di inquinamento antropico sia fisse, quali impianti industriali, impianti di riscaldamento domestico, sia mobili come ad esempio emissioni da traffico veicolare, che però fosse fornito di corrente elettrica in modo da poter utilizzare sia campionatori passivi, sia campionatori attivi. Si è scelto di condurre lo studio presso il sito di Borgo Grotta Gigante, nelle vicinanze dell’ingresso alla grotta (45° 42’ 35.10”N, 13° 45’ 53.60”E, 270 m slm). Figura 3.1: Ubicazione sito di background Un ulteriore vantaggio derivante dalla posizione del sito scelto risiede nella presenza in prossimità della zona di campionamento di una stazione meteorologica del CNR-ISMAR (dott. Renato R. Colucci), attiva dal 1967, da cui è stato possibile ricavare i dati meteo del periodo di raccolta dei campioni. 22 Figura 3.2: Centralina meteorologica CNR Sul sito scelto sono stati posizionati per tutto il periodo di campionamento un campionatore passivo per VOC ed un campionatore attivo ad alto volume per la raccolta del PM10 su filtri di quarzo. Figura 3.3: Campionatore ad alto volume 23 Figura 3.4: Campionatore passivo In questa tesi vengono riportati i dati ottenuti dall’indagine, svolta fra il 22 giugno e il 29 giugno 2012, riguardante la variazione tra il giorno e la notte della concentrazione degli analiti ricercati nei campioni di PM10. In totale, mediante l’uso del campionatore attivo ad alto volume, sono stati raccolti 14 filtri (7 diurni e 7 notturni), sui quali si sono successivamente svolte le analisi di BSOA, ioni e carbonio totale. Mediante l’utilizzo di un campionatore passivo tipo radiello®, esposto durante la medesima settimana, sono stati ricercati composti volatili quali BTEX (benzene, toluene, etilbenzene, xilene) in maniera quantitativa. I dati raccolti sono stati poi utilizzati per il confronto dei dati relativi al sito individuato con alcuni dati raccolti durante un’altra campagna di campionamento svolta in un sito urbano (D. Baldo, 2012). Oltre ai BTEX sono stati caratterizzati qualitativamente una serie di altri VOC e BVOC. La caratterizzazione del particolato atmosferico è stata svolta in collaborazione con il Dr. Piazzalunga del Dipartimento di Chimica Organica, Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi di Milano Statale e la Prof.ssa Glasius del Dipartimento di Chimica dell’Università di Aarhus (DK) che hanno effettuato rispettivamente le analisi su EC/OC e ioni e sui BSOA. 24 4. MATERIALI E METODI 4.1 VOC e BVOC 4.1.1 Campionamento I campioni per le analisi dei composti organici volatili e dei composti organici volatili di origine biogenica sono stati raccolti tramite campionatore passivo tipo radiello®. La tipologia di campionamento ha previsto l’esposizione di un radiello® per circa 7 giorni, tendo conto dell’ora di inizio e fine esposizione. I campionatori radiello utilizzati per il campionamento venivano preventivamente condizionati e conservati in fiale di vetro ermetiche fino all’inizio dell’esposizione. I campionatori raccolti sono stati poi analizzati presso il Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Univerità degli Studi di Trieste mediante analisi gascromatografica. Radiello® Il radiello® (Manuale radiello®) è un campionatore passivo di geometria cilindrica che consente il campionamento di gas o vapori di sostanze disperse in aria, in grado di operare senza l’ausilio di sorgenti di energia esterna, quindi senza dover ricorrere all’utilizzo di aspirazione forzata. Il principio su cui si basano i campionatori passivi è la diffusione. Gli analiti ricercati, attraverso la diffusione, penetrano all’interno del campionatore passivo e si accumulano su di un materiale di supporto in grado di adsorbirli reversibilmente. Tramite delle tecniche di laboratorio gli analiti vengono separati da questo materiale e vengono caratterizzati mediante tecniche cromatografiche. 25 Figura 4.1: Schema campionatore passivo tipo radiello®. La portata del campionamento di un campionatore passivo dipende dal coefficiente di diffusione della singola specie chimica e dalla geometria del corpo diffusivo. Il coefficiente di diffusione è funzione della pressione atmosferica e della temperatura, di conseguenza anche la portata di campionamento dipende da questi parametri. La dipendenza dalla pressione atmosferica è normalmente trascurabile perché essa oscilla attorno al valore di 1013 hPa con una variazione non superiore a 30 hPa; mentre è importante conoscere il valore medio di temperatura durante il periodo di esposizione come si preciserà in seguito. Per quanto riguarda la geometria del corpo diffusivo, il percorso seguito dalle molecole per arrivare fino al materiale adsorbente è tortuoso poiché devono attraversare la struttura microporosa del polietilene da cui è formato il corpo diffusivo, quindi le molecole seguono un percorso la cui lunghezza è molto maggiore rispetto allo spessore effettivo del corpo diffusivo (figura 4.1 rd ). Ne consegue che la portata di campionamento in condizioni standard (298 K 1013 hPa) deve essere ottenuta sperimentalmente per ogni sostanza; la casa produttrice di radiello® fornisce una tabella con questi valori. Per il corpo diffusivo utilizzato la portata Qk viene calcolata tramite la seguente formula semiempirica (W). 26 (W) Dove QK è la portata alla temperatura K e Q298 è il valore di portata alla temperatura di riferimento 298 K. Questo comporta una variazione di ±5% per ogni 10°C in più o in meno di 25°C. La portata di campionamento non varia nell’intervallo di umidità tra il 15-90% e con la velocità dell’aria fino a 10 m/s. Per calcolare la concentrazione si utilizza la seguente formula: (W+1) Dove C corrisponde alla concentrazione media del periodo di esposizione espressa in μg/m3, m la massa dell’analita espressa in μg, Q corrisponde alla portata di campionamento e t corrisponde al tempo di esposizione. Il radiello® utilizzato per la presente indagine è costituito da un tubo di acciaio da 4.8 mm di diametro in rete di acciaio inossidabile con maglia di 3x8 µm, riempito con 350±10 mg di carbone grafitato (Carbograph 4) 35-50 mesh e può essere analizzato per desorbimento termico e gascromatografia con rilevazione spettrometrica di massa. 4.1.2 TD-GC-MS La TD-GC-MS è una tecnica cromatografica che prevede l’utilizzo di un termodesorbitore per introdurre il campione nello strumento e di uno spettrometro di massa come detector. La gascromatografia è una tecnica analitica che si basa sul principio della ripartizione tra una fase stazionaria e una fase mobile dell’analita ricercato in funzione dell’affinità per l’una o per l’altra fase. Strumentalmente un sistema cromatografico è costituito da un forno termostatato in cui è contenuta la colonna capillare costituita da un tubo in vetro lungo svariate decine di metri ed avvolto su se stesso, in cui all’interno è presente la fase stazionaria. La camera termostatica in cui è contenuta la colonna cromatografica serve a modulare la temperatura della colonna secondo il programma impostato, la cosiddetta rampa di 27 temperatura, indispensabile per separare efficientemente ed in tempi ragionevoli i diversi analiti. Gli analiti vengono introdotti in colonna tramite la tecnica del termodesorbimento. Il supporto utilizzato per il campionamento (ad es. il radiello®) viene posto nel termodesorbitore e viene scaldato in modo da far volatilizzare tutte le sostanze adsorbite su di esso. Gli analiti desorbiti vengono poi rifocalizzati su una trappola di arricchimento mantenuta a bassa temperatura. Al termine del desorbimento, la trappola di arricchimento viene rapidamente riscaldata e gli analiti trasferiti al sistema cromatografico mediante la transfer line. Il campione introdotto viene trasportato attraverso la colonna capillare da un flusso di gas inerte (solitamente He ma si può utilizzate anche H2, N2, a seconda delle varie esigenze di analisi) e dopo un certo tempo i componenti separati fuoriescono col flusso di gas alla fine della colonna per essere poi caratterizzati del detector, in questo caso lo spettrometro di massa. Questo detector si basa sul principio della distinzione delle varie molecole tramite l’utilizzo di un campo elettrico che costringe gli ioni a percorrere una traiettoria oscillante diversa per ogni valore di m/z. Le molecole del campione vengono ionizzate mediante un fascio di elettroni ad energia nota. Le molecole così ionizzate sono instabili e si frammentano in ioni più leggeri secondo schemi tipici in funzione della loro struttura chimica. Lo strumento elabora un diagramma che riporta intensità del segnale contro il rapporto massa su carica, tipico di ogni composto in quanto esso è direttamente correlato alla struttura chimica della sostanza in esame. 28 Figura 4.2: Esempio di cromatogramma con relativo spettro di massa Figura 4.3: Gas cromatografo con unità di termodesorbimento e spettrometro di massa 29 La figura 4.3 riporta l’esempio di un cromatogramma ottenuto dall’analisi di un Radiello. Si nota inoltre un secondo grafico dove viene riportato un esempio di spettro di massa di uno dei picchi del cromatogramma del Radiello registrato in total ion current (TIC), modalità in cui lo spettrometro di massa, per l’intera durata della corsa cromatografica, monitora tutto lo spettro delle masse (m/z). La figura 4.3 mostra l’esempio di un gascromatografo (3) accoppiato allo spettrometro di massa (2). Nella figura si vedono le bombole dei gas di trasporto (4), l’unità di termodesorbimento (1) e la linea di trasferimento degli analiti (5) tra TD e GC. Per le analisi dei VOC e dei BVOC è stato impiegato un GC Agilent 6890 interfacciato allo spettrometro di massa Agilent 5973 dotato di un sistema di termodesorbimento UNITY della Markes. La colonna utilizzata per le analisi è una colonna capillare Agilent 122-1564 DBVRX (lunghezza 60.0 m, diametro nominale 250.00 μm, film thickness 1.40 μm). Prima dell’esposizione, i campionatori radiello® vengono condizionati utilizzando il sistema UNITY, reimpostato con i seguenti settaggi: Tabella 4.1: Parametri operativi Unity - Pre-Desorption: Pre purge time: 1.0 min Split on: 40.0 mL/min - Tube/Sample desorption: 20.0 min at 320°C Split on: 50.0 mL/min Al termine del condizionamento, si ripongono negli appositi contenitori in vetro e vengono conservati in essiccatore fino al momento dell’uso. Una volta effettuato il campionamento dei VOC, il contenuto di radiello® viene desorbito e rifocalizzato su una trappola di arricchimento (riempita con adsorbenti solidi disposti in ordine di forza crescente) mantenuta ad una temperatura di -10°C grazie ad un sistema di Peltier. Finito il desorbimento la trappola viene riscaldata e gli analiti vengono trasportati da un gas 30 carrier (He) dalla trappola alla colonna capillare con un flusso di 1.3 mL/min. Si opera in modalità split, iniettando nella colonna solo una parte del campione iniziale ( circa lo 0.7 % ). Lo spettrometro di massa viene utilizzato in modalità TIC (Total Ion Current) e monitora le masse da 35.0 amu a 260.0 amu. Verranno ora riportate nelle tabelle 4.1, 4.2, 4.3 le condizioni operative del termodesorbitore e del gas cromatografo. Tabella 4.2: Condizioni operative Gas cromatografo - Mode type: standard desorption - Trap Settings: Pre-tripe fire purge: 1.0 min - Pre-Desorption: Split on: 20.0 mL/min Pre purge time: 1.0 min Trap Low: -10°C Trap NOT in line Trap High: 300°C – hold: 3.0 min Split on: 20.0 mL/min Split on: 50.0 mL/min - Tube/Sample desorption: - Flow path temperature: 120°C 5.0 min at 275°C Trap in line - Split ratios: Split on: 50.0 mL/min inlet 3.5:1 outlet 39.5:1 total 138.1:1 Tabella 4.3: Rampa di temperatura Gas cromatografo Temp. iniziale (°C) Velocità (°C/min) Temp. finale (°C) Hold time (min) 35 12 190 2.00 190 6.00 225 1.00 31 4.2 PM10 4.2.1 Campionamento Il campionamento del PM10 è stato effettuato mediante l’impiego di un campionatore attivo ad alto volume tipo TCR Tecora HiVol con testa di campionamento per PM10 Digitel Gmbh (EN 12341:2004) tale da supportare un solo filtro per volta. Sono stati impiegati 14 filtri di quarzo da 150 mm (Whatman™) che dovevano essere preventivamente condizionati in muffola a 400°C per 4 ore circa in modo da eliminare eventuali impurezze e contaminanti, pesati con una bilancia analitica Gibertini E42 (portata 120 g ed incertezza 0.1 mg) e conservati in essiccatore in contenitore di alluminio fino al momento del loro utilizzo. Il campionamento del PM10 su ogni filtro veniva effettuato per la durata di 12 ore ad un flusso nominale di 450 L/min azionando il campionamento sequenzialmente alle 8.00 e alle 20.00 così da campionare alternativamente il PM10 nel periodo diurno e quello del periodo notturno. Al termine del campionamento, ogni filtro veniva recuperato e posto in essiccatore per almeno un giorno prima di procedere con la pesata effettuata con la medesima bilancia e successivamente posto in freezer a -18 °C fino al momento dell’analisi. Il periodo considerato va dalle 20.00 del 23 giugno 2012 alle 20.00 del 29 giugno, in corrispondenza di un periodo di campionamento effettuato da colleghi danesi presso Vavihill (Svezia) and Hyytiälä (Finlandia), per lo studio della componente biogenica del particolato organico secondario. I filtri sono stati quartati manualmente in modo da poter inviare una porzione di filtro presso il Dipartimento di Chimica Organica, Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi di Milano Statale dove sono state svolte le analisi di ioni, EC/OC e inviare una porzione di filtro presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Aarhus (DK) dove sono state svolte le analisi dei BSOA. Per l’invio dei campioni alle rispettive università sono stati utilizzati dei box in materiale isolante in modo da mantenere basse temperature fino a destinazione. 32 4.2.2 Trasmittanza termo ottica (TOT) La tecnica TOT consente di caratterizzare le diverse frazioni di carbonio da polveri solide mediante trattamento termico di un campione ed in particolare consente di discriminare fra carbonio organico (OC) e carbonio elementare (EC), che sviluppano gas analizzabili, decomponendo a temperature diverse, stabilendone la percentuale nel campione in analisi. L’analisi viene condotta su una piccola porzione del filtro campionato, in due passaggi. Nel primo il campione viene riscaldato in atmosfera inerte, nel secondo stadio in atmosfera ossidante. I tempi di riscaldamento, le rampe di temperatura e la percentuale di gas ossidante per l’analisi sono basate sulla metodica NIOSH2 (National Institute for Occupational Safety and Health) sviluppata nei laboratori Sunset. (Maenhau, Clayes, 2007). Figura 4.4: Schema TOT Il campione viene inserito all’interno della fornace e riscaldato in atmosfera inerte di elio. La temperatura viene portata fino a 870°. A questa temperatura, data l’atmosfera inerte, solo il carbonio organico e quello carbonatico possono evolvere e ai prodotti ed essere prima ossidati completamente a CO2 mediante catalisi eterogenea (fase gas verso fase solida –catalizzatore a base di MnO2) e quindi ridotti a CH4 che viene analizzato da un detector a ionizzazione di fiamma (FID) generando un segnale proporzionale alla quantità di OC iniziale (il cosiddetto termogramma di cui si riporta un esempio in figura 4.4). 33 Quando il segnale riguardante la combustione di OC non si nota più, si diminuisce la temperatura della fornace e si introduce una miscela 90:10 di elio ed ossigeno per ottenere un’atmosfera ossidante e si riporta la temperatura nuovamente a 870°C. I prodotti della combustione vengono nuovamente ossidati a CO2 e poi convertiti a metano per la determinazione mediante FID. Uno dei problemi di questa tecnica è il fenomeno di charring, ovvero la formazione durante il riscaldamento di OC in atmosfera inerte di una certa frazione di carbonio pirolitico. Questo fenomeno avviene attorno ai 300°C e, se non corretto, può causare alterazioni nei risultati dell’analisi. Per correggere questo fatto, durante l’analisi termica si misura costantemente la trasmittanza del campione utilizzando una sorgente laser (He/Ne) che emette fra il rosso e l’IR, cioè frequenze a cui il carbonio pirolitico è capace di assorbire la radiazione. Quando si passa dallo stadio ad atmosfera inerte a quello ad atmosfera ossidante si nota un innalzamento del valore della trasmittanza, in quanto il carbonio elementare viene ridotto. La divisione del segnale del FID tra la frazione organica e quella elementare si ha quando la trasmittanza raggiunge nuovamente il valore iniziale. Questa evidenza indica la completa ossidazione del carbonio elementare formatosi per pirolisi. Il carbonio elementare derivante da pirolisi, viene considerato come carbonio formatosi tra il punto di split OC-EC e il carbonio che reagisce durante l’addizione di ossigeno all’atmosfera inerte. Questo carbonio così definito viene sottratto dall’area del carbonio elementare e inserito nella frazione di carbonio organico. I segnali del FID alla destra dello split vengono quindi intesi come segnali dovuti al carbonio elementare, mentre quelli alla sinistra vengono intesi come segnali dovuti al carbonio organico. Nella frazione organica viene inserita anche quella piccola frazione di carbonio carbonatico. Le analisi dei campioni di Borgo Grotta gigante sono state svolte dal dott. Piazzalunga presso il Dipartimento di Chimica Organica, Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi di Milano Statale. Il quarto di filtro è stato prima lavato con H2O per rimuovere i composti solubili che interferirebbero con la determinazione del carbonio elementare, poi posto in stufa ad essiccare ed infine è stato prelevato un punzone di 1 cm2 su cui è stata svolta l’analisi. (Piazzalunga et al., 2011). 34 Figura 4.5: Esempio di termogramma 4.2.3 Cromatografia ionica Per una determinazione degli ioni maggiori presenti nel particolato si impiega la cromatografia ionica, che è una tecnica basata sul principio dello scambio ionico tra una resina che ha il ruolo di fase stazionaria e un eluente in cui è contenuto il campione. (Cavalli, Sarzanini, 1998) Gli analiti presenti nella fase mobile durante la corsa cromatografica, vengono trattenuti a seconda della loro affinità con la fase stazionaria. Su questa fase stazionaria sono presenti dei gruppi funzionali con carica opposta rispetto agli ioni analizzati. Grazie alla differente affinità tra resina e i diversi ioni, questi escono dalla colonna cromatografica con tempi di ritenzione diversi, per cui si riesce a separare gli analiti ricercati. Esistono resine sia di tipo cationico, sia di tipo anionico. La differenza tra i due tipi di resina sta nella composizione chimica della colonna a scambio ionico. Quelle di tipo cationico possiedono gruppi carichi negativamente come ad esempio SO3-, mentre quelle a scambio anionico possiedono gruppi carichi positivamente come ad esempio NH4+. Per determinare gli ioni eluiti dalla colonna si utilizzano dei detector a conduttività, previa soppressione della conducibilità dell’eluente. 35 I segnali ottenuti vengono poi elaborati da un software che trasforma l’impulso elettrico in un cromatogramma. Viene ora riportato lo schema di un cromatografo ionico. Figura 4.6: Schema cromatografo ionico Per le analisi dei campioni del sito di background di Borgo Grotta Gigante è stato usato un cromatografo ionico ICS-1000 Dionex calibrato quotidianamente con soluzioni standard. Le analisi sono state effettuate dal dott. Piazzalunga presso il Dipartimento di Chimica Organica, Metallorganica e Analitica dell’Università degli studi di Milano Statale. Per l’analisi degli anioni NO3-, NO2-, SO42-,C2O42-, Cl- è stata utilizzata una colonna Ion Pac AS14A (Dionex), usando come eluente 8 mM Na2CO3 / 1 mM NaHCO3 (1 mL/min flow rate). Per l’analisi dei cationi NH4+, Na+ , K+ ,Ca2+, Mg2+ è stata usata una colonna CS12A (Dionex), usando come eluente 20 mM acido metansolfonico (MSA) (1 mL/min flow rate). Sia per i cationi che per gli anioni è stato utilizzato un detector a conduttività CSRS-ULTRA suppression mode (Dionex). Dal quarto di filtro è stato prelevato un punzone di 1 cm2 su cui è stata svolta l’analisi. Il punzone è stato estratto usando 2 mL di acqua Milli-Q in un bagno ad ultrasuoni per 20 minuti (Branson MTH 2510 ultrasonic bath 42 kHz). La soluzione acquosa viene poi posta in una provetta di plastica e analizzata. Si utilizza un contenitore di plastica in quanto il vetro potrebbe rilasciare ioni in soluzione. 36 4.2.4 Analisi composti biogenici di origine secondaria mediante HPLC-ESI-qTOFMS Studi sulla rilevanza delle componenti naturali biogeniche negli aerosol, importanti anche per una definizione dei cicli biogeochimici di elementi come lo zolfo, richiedono l’impiego di analisi sensibili e speciative. La tecnica High performance liquid chromatography – Electrospray ionization - quadrupole time of flight – mass spectrometry è una tecnica cromatografica che prevede l’utilizzo di un HPLC per separare gli analiti in soluzione e dalla tecnica di spettrometria di massa in tandem per il loro riconoscimento. Gli analiti presenti nella fase liquida in uscita dall’HPLC vengono inviati all’interno dello spettrometro tramite una micro pompa, dove l’applicazione di un alto voltaggio e di un’ alta temperatura permette la nebulizzazione e la ionizzazione della soluzione. La tecnica ESI (Electrospray ionisation) è una tecnica che consente l’analisi di molecole da 100 Da a più di 1000000 Da. Il campione viene solubilizzato in un solvente polare e volatile e pompato attraverso un capillare di acciaio inox (75-150 µm). Una tensione elevata di 3 o 4 kV viene applicata alla punta del capillare, che si trova all'interno della sorgente di ionizzazione dello spettrometro di massa, e come conseguenza di questo forte campo elettrico, il campione in uscita dalla punta viene disperso in un aerosol di goccioline altamente cariche. Figura 4.7: Processo ESI 37 Un gas introdotto in maniera coassiale scorre intorno alla parte esterna del capillare. Questo gas, generalmente azoto, aiuta a dirigere il getto emergente dalla punta del capillare verso lo spettrometro di massa. Le goccioline cariche diminuiscono la loro dimensione per evaporazione del solvente, assistita da un flusso di azoto caldo, noto come gas di essiccazione, che passa attraverso la parte anteriore della sorgente di ionizzazione. Gli ioni carichi del campione, esenti dal solvente, vengono rilasciati dalle goccioline, alcuni dei quali passano attraverso un cono di campionamento o orifizio in una regione intermedia del vuoto, e da lì attraverso una piccola apertura nell’analizzatore dello spettrometro di massa, che è tenuta sotto alto vuoto. Gli spettrometri di massa (quadrupoli) sono posti in serie e collegati tra loro da una camera di collisione dove vengono ulteriormente frammentati da un gas inerte. Il sistema qTOF permette di riconoscere e quantificare gli analiti filtrando ed accoppiando la molecola ionizzata (parent ion) ed i suoi frammenti specifici (daughter ions). La tandem mass spectrometry (MS-MS) è utilizzata per produrre informazioni strutturali un composto frammentando ioni del campione specifici all'interno dello spettrometro di massa e identificare gli ioni del frammento risultante. Queste informazioni possono essere messe insieme per generare informazioni strutturali riguardanti la molecola intatta. La spettrometria di massa tandem permette anche di rilevare composti specifici in miscele complesse sfruttando la peculiarità dei rispettivi spettri di frammentazione. Uno spettrometro di massa tandem è costituito da due (o più) analizzatori in serie, separati da una cella di collisione in cui è immesso un gas inerte (ad esempio argon, xeno) che è usato per provocare la frammentazione degli ioni analizzati. Gli analizzatori possono essere dello stesso o di diversi tipi, le combinazioni più comuni sono: Quadrupolo-Quadrupolo (QqQ): tra i due analizzatori c'è un terzo quadrupolo usato come camera di collisione. Doppia focalizzazione-Doppia focalizzazione (EBEB): tra i due analizzatori si trova una camera di collisione. Quadrupolo-Tempo di volo (qTOF): tra i due analizzatori si trova un quadrupolo che fa da camera di collisione. La procedura impiegata per le analisi dei filtri raccolti ha richiesto due fasi: - Estrazione; - Analisi. 38 Estrazione Ognuna delle 14 porzioni di filtro inviate al Dipartimento di Chimica dell’Università di Aarhus è stata estratta in 75 mL di aceto nitrile 90% in bagno ad ultrasuoni per 30 minuti, coprendo il becher con del parafilm durante tutta l’estrazione. La soluzione è stata poi filtrata attraverso filtri con pori di 0.45 µm e trasferita in un pallone a pera. A questo punto il solvente è stato allontanato mediante evaporatore rotante. Il campione è stato sciolto per due volte in 0.5 mL di una soluzione acquosa con 3% acetonitrile, 0.1% acido acetico e conservato in frigo (3-5° C) fino al momento dell’analisi. Analisi Ogni estratto è stato caratterizzato mediante analisi HPLC (Dionex Ultimate 3000 HPLC) accoppiato con electrospray ionisation (ESI) e spettrometro di massa quadrupolo time-of- flight (qTOF-MS) (micrOTOF-Q Bruker daltonics GmbH, Bremen, Germany). Come fase stazionaria per l’HPLC si è utilizzata una colonna Water Atlantis T3 C18 (2.1 x 150 mm, 3µm), mentre come fase mobile sono stati usati acido acetico 0.1%(v/v) A) e in acqua (eluente acetonitrile 95% (eluente B). Durante l’analisi è stato applicato un gradiente di concentrazione in questo modo: eluente B al 3% per 5 minuti, incrementato al 90% in 25 minuti, tenuto al 90% per 10 minuti, poi aumentato ancora al 95% in 2 minuti, tenuto per 6 minuti a questa concentrazione e decrementato al 3% in 5 minuti. Per l’analisi sono stati iniettati in colonna 10 µL di soluzione con un flusso di 0.2 mL/min. Il metodo ESI-q-TOF-MS utilizzato prevede la ionizzazione negativa alle seguenti condizioni operative: pressione nebulizzatore 0.8 bar, dry gas flow 8.0 mL/min, voltaggio sorgente 4000 V e tempo di trasferimento 100 ms. Il metodo è stato ottimizzato per dare segnali con alte intensità nell’intervallo delle masse comprese tra 50 e 500 m/z, range tipico della maggior parte degli acidi organici e degli organosolfati ricercati. 39 5. RISULTATI E DISCUSSIONE 5.1 Confronto tra il sito di campionamento di BGG ed un sito urbano Al fine di valutare eventuali contaminazioni antropiche presenti nel sito BGG, si son valutati i valori rilevati per PM10 e BTEX, confrontandoli con dati raccolti nelle stesse giornate presso un sito urbano della città di Trieste, via Pitacco, non distante da attività industriali. I dati inerenti alla concentrazione di PM10 del sito urbano utilizzati sono stati prodotti da una stazione di proprietà di ELETTRA PRODUZIONE s.r.l. e pubblicati da ARPA FVG (vedi sito web); i dati sulle concentrazioni di BTEX, sono stati prodotti dal nostro gruppo di ricerca a seguito di campionamenti effettuati nello stesso periodo e riportati in facendo riferimento ai dati riportati in (D. Baldo 2012). Tabella 5.1: Dati medi settimanali utilizzati confronto per BTEX, PM10 tra i due siti di campionamento Borgo Grotta Via Pitacco (TS) Gigante Rapporto Pitacco/BGG Analita µg/m3 Benzene 0.14 2.1 15 Toluene 0.37 3.7 10 Etilbenzene 0.08 0.5 6 Xileni 0.4 4.0 10 PM10 17.88 16.1 0.9 Nella tabella vengono riportati i valori inerenti alle concentrazioni di BTEX e di particolato atmosferico come PM10 dei due siti monitorati, ed il rapporto tra i risultati dei due siti. Si nota che i dati ottenuti dalle analisi di BTEX del sito di Borgo Grotta Gigante sono di circa un ordine di grandezza inferiori rispetto ai dati ottenuti dalle analisi dei campioni raccolti nel sito di Via Pitacco (TS). Per quanto riguarda il PM10 si nota invece che i due dati ottenuti sono comparabili, tanto che il rapporto tra il dato medio settimanale ottenuto dalla centralina di proprietà di ELETTRA PRODUZIONE s.r.l. e il dato medio ottenuto dal peso del filtro campionato nel sito di Borgo Grotta Gigante è circa 1. 40 Questa evidenza può essere ric onducibile al fatto c he ne lla z ona sc elta c ome sito di background, la p resenza di vento e suol o nudo possono causare un c erto risoll evamento di polveri dal suolo da cui l’importanza della caratterizzazione del PM10. 5.2 Analisi caratterizzazione analitica del PM10 Vengono ora discussi i risultati delle analisi riguardanti ioni, carbonio elementare e carbonio organico. Si riportano i dati rilevati su campioni notturni e diurni della settimana tra il 23 e il 29 g iugno 2012; i campioni notturni sono raccolti a tra le 20.00 de l giorno pr ecedente e le 8.00 del giorno considerato, quelli notturni tra le 8.00 e le 20.00. La t abella 5.2 (pag 43 ) ripor ta le concentrazioni de i va ri analiti caratterizzati nei filtri campionati ed alcune statistiche di base. Le analisi svolte hanno reso possibile l’identificazione delle frazioni del pa rticolato atmosferico a seconda della loro natura chimica. Come visibile nella tabella 5.2 e visualizzato nella figura 5.1, è stata caratterizzata una componente di natura carboniosa (24%), composta dalla somm a de lle fr azioni di carbonio organico e di carbonio elementare, una c omponente data da tut ti gli ioni idro solubili (31%), sia di origine primaria, sia di origine secondaria ed infine si trova un a c omponente non de finita (ND) media nte le a nalisi effettuate c he corrisponde al 45% d el peso totale del PM10. Questa frazione corrisponde verosimilmente a composti di origine terrigena, qua li silicati, ossi di e altri mi nerali, la c ui caratterizzazione mediante tec niche cristallografiche è stat a pr evista in studi futuri (prof. F . P rincivalle, Dip. GeoMat, Università di Trieste). Figura 5.1: Composizione media % dei filtri analizzati 41 In base ai dati ottenuti si riscontra un rapporto OC/EC pari a 10 suggerendo quindi, nel periodo considerato, una scarsa presenza di carbonio elementare, tipico tracciante di combustioni di vario genere. Contributi di incombusti da traffico non sembrano evidenti. Incendi boschivi nell’estate e riscaldamento antropico d’inverno possono modificare anche in BGG le concentrazioni di questi parametri. Distribuzione percentuale degli ioni nel PM 10 C 2O 4= 4% Na+ 17% NH4 + 7% SO 4 = 37% Ca2+ 8% NO 3 14% NO 2 9% K+ 1% Mg2+ 1% Cl2% Figura 5.2: composizione ionica media rilevata La figura 5.2 riporta le percentuali in peso dei singoli ioni rispetto al peso totale della frazione di ioni idrosolubili caratterizzati. Si nota come gli anioni solfato, nitrato e ossalato, di origine molto verosimilmente secondaria, rappresentano più del 50% in peso del totale Questo può essere spiegato dal fatto che essi oltre ad essere molto abbondanti in natura, presentano un peso molecolare relativamente elevato. 42 3 Tabella 5.2: Concentrazioni (ug/m ) di analiti nei filtri analizzati Campione Data PM10 OC EC Na+ NH4+ K+ Mg2+ Ca2+ Cl- NO2- NO3- SO42- C2O42- 23-giu N 23-giu 16,95 4,60 0,58 1,07 0,21 0,06 0,07 0,42 0,08 0,55 0,62 1,50 0,27 23-giu G 23-giu 21,01 4,95 0,43 0,94 0,61 0,06 0,08 0,51 0,04 0,34 0,81 2,41 0,24 24-giu N 24-giu 18,82 4,78 0,18 0,98 0,41 0,07 0,07 0,33 0,05 0,00 0,57 2,12 0,27 24-giu G 24-giu 20,68 4,23 0,22 0,96 0,73 0,05 0,06 0,46 0,07 0,34 0,84 2,69 0,32 25-giu N 25-giu 21,27 4,96 0,63 0,79 0,63 0,05 0,05 0,48 0,06 0,58 0,62 2,93 0,33 25-giu G 25-giu 29,65 4,68 0,37 1,20 1,08 0,07 0,09 0,65 0,03 0,60 1,62 4,55 0,49 26-giu N 26-giu 11,02 2,80 0,00 1,04 0,01 0,08 0,05 0,26 0,08 0,34 0,20 0,50 0,00 26-giu G 26-giu 12,35 2,92 0,09 0,92 0,13 0,04 0,06 0,55 0,07 0,38 0,56 0,93 0,12 27-giu N 27-giu 16,80 3,43 0,34 0,94 0,10 0,05 0,06 0,46 0,00 0,49 0,37 1,05 0,18 27-giu G 27-giu 14,51 2,83 0,24 1,07 0,49 0,04 0,06 0,55 0,08 0,82 1,10 2,44 0,24 28-giu N 28-giu 18,36 3,69 0,52 0,89 0,44 0,04 0,05 0,39 0,05 0,43 0,53 2,37 0,25 28-giu G 28-giu 13,38 2,48 0,22 0,78 0,33 0,02 0,05 0,38 0,02 0,37 0,81 1,78 0,18 29-giu N 29-giu 15,98 3,55 0,82 0,96 0,28 0,05 0,05 0,49 0,04 0,99 0,78 1,75 0,24 29-giu G 29-giu 19,54 3,12 0,43 0,95 0,46 0,03 0,07 0,55 0,61 0,80 1,70 2,74 0,29 Media 17,88 3,79 0,36 0,96 0,42 0,05 0,06 0,46 0,09 0,50 0,80 2,13 0,24 %PM10 100,00 21,18 2,03 5,39 2,36 0,28 0,35 2,59 0,51 2,81 4,45 11,89 1,37 Media nel PM notturno 17,03 3,97 0,44 0,95 0,30 0,06 0,06 0,40 0,05 0,48 0,53 1,75 0,22 Dev st. notturna 3,17 0,81 0,28 0,09 0,21 0,01 0,01 0,08 0,03 0,30 0,19 0,82 0,11 Media nel PM diurno 18,73 3,60 0,29 0,97 0,55 0,04 0,07 0,52 0,13 0,52 1,06 2,51 0,27 Dev st. diurna 6,00 0,99 0,13 0,13 0,30 0,02 0,01 0,08 0,21 0,22 0,44 1,10 0,12 43 5.2.1 Variazione della concentrazione degli analiti tra il giorno e la notte Attraverso l’analisi dei dati misurati, si ricerca un modello interpretativo per la variabilità composizionale rilevata sperimentalmente. Le variazioni delle concentrazioni sono state messe inoltre in relazione con il variare dei parametri meteorologici. Un semplice esame delle medie per le concentrazioni notturne e diurne degli analiti (tab 5.2), mostra alcune differenze tra valori notturni e diurni che meritano un approfondimento, come ad esempio nei casi dello ione nitrato e del cloruro. In base alla matrice di correlazione (vedi tab 5.3) si notano delle relazioni tra il PM10 ed alcuni analiti come il carbonio organico, lo ione ammonio, l’ossalato, il nitrato, il solfato, il calcio e il magnesio. Queste correlazioni relativamente alte (superiori a 0.60) sono dovute al fatto che gli analiti elencati rappresentano una grande frazione in peso rispetto al totale del particolato atmosferico. Considerando le relazioni tra il carbonio organico e gli altri analiti, si nota una buona correlazione soprattutto con l’anione ossalato; questo fatto è spiegabile in quanto l’anione ossalato è un anione di natura organica, derivato fra l’altro dall’ossidazione dell’isoprene. Esistono anche altre correlazioni, seppur meno marcate tra l’OC e gli ioni Mg2+, NH4+, SO42-. Questo potrebbe essere riconducibile al fatto che questi sono ioni spesso presenti nei cicli biologici e quindi legati alla frazione organica del carbonio. Il carbonio elementare a differenza del carbonio organico non mostra nessuna relazione evidente con gli altri ioni analizzati. L’EC solitamente è strettamente correlato a fenomeni di combustione, non propri del luogo e del periodo di campionamento. Il sodio presenta un’elevata correlazione con i cationi magnesio e potassio, verosimilmente spiegabile dal fatto che questi ioni sono di origine primaria, tipicamente terrigena, per cui si manifestano in presenza di sollevamento di polveri dal suolo. L’ammonio presenta elevate correlazioni con nitrati, solfati e ossalati spiegabili dal fatto che l’ammoniaca è il gas maggiormente presente in atmosfera in grado di neutralizzare gli acidi in sospensione, in questo caso acido nitrico, acido solforico e acido ossalico. La reazione tra 44 ammoniaca e i vari acidi porta inevitabilmente alla formazione di sali d’ammonio i cui controioni dipendono dall’acido di partenza. Il potassio non presenta particolari correlazioni con nessun altro analita. Come l’EC, il potassio può essere utilizzato come tracciante di fenomeni combustivi di biomassa legnosa. Il magnesio e il calcio, fra loro correlati, data la medesima origine terrigena, presentano a loro volta una correlazione con nitrati, solfati e ossalati che fungono tipicamente da controioni nei rispettivi sali inorganici. Per quanto riguarda gli anioni solfato, nitrato e ossalato si notano delle alte correlazioni tra di loro (maggiori di 0.6). Di fatto questi tre analiti sono tutti di origine secondaria e la loro genesi è influenzata delle reazioni fotochimiche atmosferiche, le quali sono più marcate durante il periodo estivo/autunnale (Tolocka,2012). Una comune dipendenza dalle concentrazioni di radicale ossidrile in corrispondenza a un eccesso di precursori gassosi potrebbe giustificare le correlazioni riscontrate. L’ammonio risulta ben correlato agli anioni secondari, suggerendo la presenza di sali ammonici di ossalato, solfato e nitrato. Le correlazioni tra cationi risultano di più dubbia interpretazione. 45 Tabella 5.3: matrice di correlazione tra i vari analiti PM10 OC EC Na+ NH4+ K+ Mg2+ Ca2+ Cl- NO2- NO3- SO4= C2O4= PM10 1,00 0,73 0,35 0,34 0,89 0,17 0,70 0,54 0,06 0,05 0,59 0,90 0,92 OC 0,73 1,00 0,40 0,17 0,56 0,46 0,52 0,14 -0,22 -0,25 0,05 0,51 0,65 EC 0,35 0,40 1,00 -0,13 0,20 -0,24 0,03 0,27 0,06 0,60 0,18 0,30 0,46 Na+ 0,34 0,17 -0,13 1,00 0,27 0,61 0,70 0,31 0,01 0,18 0,36 0,28 0,30 NH4+ 0,89 0,56 0,20 0,27 1,00 0,03 0,63 0,58 0,02 0,08 0,68 0,97 0,89 K+ 0,17 0,46 -0,24 0,61 0,03 1,00 0,34 -0,32 -0,26 -0,38 -0,26 -0,04 -0,03 Mg2+ 0,70 0,52 0,03 0,70 0,63 0,34 1,00 0,60 0,11 0,03 0,64 0,61 0,64 Ca2+ 0,54 0,14 0,27 0,31 0,58 -0,32 0,60 1,00 0,22 0,55 0,73 0,61 0,60 Cl- 0,06 -0,22 0,06 0,01 0,02 -0,26 0,11 0,22 1,00 0,34 0,59 0,15 0,08 - 0,05 -0,25 0,60 0,18 0,08 -0,38 0,03 0,55 0,34 1,00 0,48 0,20 0,22 NO3- 0,59 0,05 0,18 0,36 0,68 -0,26 0,64 0,73 0,59 0,48 1,00 0,76 0,68 SO4= 0,90 0,51 0,30 0,28 0,97 -0,04 0,61 0,61 0,15 0,20 0,76 1,00 0,93 C2O4= 0,92 0,65 0,46 0,30 0,89 -0,03 0,64 0,60 0,08 0,22 0,68 0,93 1,00 NO2 46 5.2.2 Descrizione meteorologica del periodo di campionamento I dati riguardanti il periodo di campionamento sono stati raccolti grazie alla collaborazione con il CNR ISMAR (dott. Renato R. Colucci) presso la stazione meteorologica situata nei pressi dell’ingresso alla Grotta Gigante, attiva dal 1967. Le variabili registrate durante la settimana di campionamento sono state raccolte con cadenza oraria e sono: Precipitazioni (mm), Umidità relativa (%), Direzione del vento (°), Forza del vento (m/s), Pressione (hPa), Temperatura (°C), Irraggiamento solare (W/m2). I dati ottenuti con frequenza oraria sono stati mediati utilizzando il programma di calcolo Microsoft Excel 2007 e riportati nei grafici come media sulle 12 ore in modo da avere il valore della variabile climatica per il periodo giornaliero e il valore per il periodo notturno. Vengono di seguito riportati i dati ottenuti. Tabella 5.4: parametri meteorologici rilevati nel periodo considerato Pioggia T P Direzione Velocità Radiazione (mm) (°C) (hPa) vento (°) vento (m/s) solare (W/m2) 22/06/12 N 0,0 22,9 985,6 57,5 78 3,9 269,6 23/06/12 G 0,0 26,8 987,2 45,6 76 5,1 2101,3 23/06/12 N 0,0 22,1 987,3 53,4 79 3,5 271,7 24/06/12 G 0,0 28,6 984,1 37,4 229 0,5 2326,9 24/06/12 N 0,0 19,6 981,1 67,6 175 2,4 217,3 25/06/12 G 0,3 26,8 979,1 52,6 223 0,6 1834,8 25/06/12 N 0,2 18,4 983,1 73,6 81 4,6 251,4 26/06/12 G 0,0 26,5 985,3 36,3 49 1,4 2185,6 26/06/12 N 0,0 18,6 987,0 61,3 87 2,5 271,6 27/06/12 G 0,0 26,6 986,5 42,3 244 1,8 2412,0 27/06/12 N 0,0 18,4 984,4 72,9 171 2,4 260,7 28/06/12 G 0,0 27,9 983,1 32,3 247 2,3 2304,0 28/06/12 N 0,0 19,0 982,7 64,1 168 2,2 250,1 29/06/12 G 0,0 29,8 982,7 37,1 242 1,6 2257,8 Data RH 47 La settimana in questione è stata caratterizzata da condizioni meteo stabili, scarsa nuvolosità, alte temperature durante il giorno, con un’escursione termica fino ad 8°C rispetto al periodo notturno, tranne che per un fenomeno di tipo temporalesco avvenuto durante la notte tra il 25 e il 26 giugno. La settimana è stata caratterizzata dalla presenza di leggero vento costante che quasi sempre presentava una variazione della direzione tra il giorno e la notte; in particolare si sono riscontrate brezze da est durante la notte (brezza di terra) e da ovest durante il giorno (brezza di mare). 5.2.3 Relazione fra le concentrazioni degli analiti e situazione meteorologica Una valutazione sulle relazione tra le concentrazioni sperimentali dei macrocostituenti del particolato e i parametri atmosferici può esser fatta esaminando le correlazioni tra questi parametri eterogenei . La matrice che riporta le correlazioni (vedi tab. 5.5) non mostra correlazioni (r di Pearson) > 0,60 tranne che per i parametri riguardanti temperatura, umidità relativa, radiazione solare e direzione del vento in relazione con la concentrazione dell’anione nitrato; risulta evidente la correlazione del nitrato con forzanti fisiche e fotochimiche. L’influenza delle forzanti fisiche risulta evidente anche nei cicli giorno/notte delle concentrazione di nitrato a causa delle differenti vie di reazione che portano alla sua genesi (vedi pagina 10). Infatti, i parametri con cui presenta delle correlazioni sono strettamente legati all’alternanza tra il giorno e la notte come ad esempio la temperatura (più alta di giorno) ma anche la direzione del vento, il quale presentava direzioni opposte tra il giorno e la notte. 48 Figura 5.5: Andamento temporale della concentrazione dell’anione nitrato. Esistono anche altre correlazioni tra analiti quali potassio, calcio e magnesio con parametri come la pioggia, la velocità del vento e la temperatura. Questo fatto verosimilmente è spiegabile dall’origine terrigena dei cationi in questione, per cui fenomeni atmosferici causano il rimescolamento di masse d’aria o il sollevamento di polveri dal suolo. I grafici a pagina 50 riportano due esempi di come variano alcuni parametri meteorologici durante la settimana di campionamento. Nel primo grafico viene riportato come varia la forza del vento (le frecce mostrano la sua direzione) e l’irraggiamento tra il periodo giornaliero e quello notturno nella settimana di campionamento. Il secondo grafico invece mostra l’andamento del’umidità relativa e della temperatura tra il giorno e la notte. Si può notare come i due andamenti sono in controtendenza, infatti, durante il giorno, quando la temperatura risulta più alta i valori riguardo all’umidità relativa sono più bassi e viceversa per il periodo notturno. In entrambi i grafici viene evidenziato tra la notte del 25 giugno e la giornata del 26 giugno il fenomeno temporalesco. 49 Figura 5.6: Velocità del vento (barre verticali: azzurra notturna, gialla diurna), direzione media nelle 12 ore (frecce), irraggiamento (linea rossa) ed evento temporalesco nel periodo di campionamento. Figura 5.7: Oscillazioni dei valori di temperatura e umidità relativa nel periodo di campionamento 50 Tabella 5.5: Matrice di correlazione tra dati atmosferici e concentrazioni di analiti Pioggia (mm) PM10 OC EC Na+ NH4+ K+ Mg2+ Ca2+ Cl- NO2- NO3- SO4= C2O4= 0,36 0,05 -0,27 0,65 0,32 0,58 0,40 0,11 -0,10 -0,02 0,23 0,31 0,17 -0,09 -0,30 0,12 0,45 -0,32 0,53 0,51 0,41 0,02 0,70 0,40 0,31 0,01 0,24 0,36 0,07 -0,22 0,47 -0,33 -0,42 -0,30 0,04 -0,50 -0,16 -0,11 -0,43 -0,03 -0,25 -0,10 -0,46 0,05 -0,08 -0,30 -0,17 -0,38 -0,45 -0,52 -0,43 0,10 -0,28 -0,37 0,05 0,40 -0,41 0,38 0,54 0,29 0,08 0,61 0,32 0,16 0,06 -0,49 -0,26 0,07 0,35 -0,55 0,18 0,47 0,42 0,33 0,72 0,39 0,24 -0,12 0,30 -0,22 0,22 -0,18 0,70 0,23 -0,41 -0,31 -0,46 -0,40 -0,29 -0,34 Temperatura (°C) 0,23 Umidità relativa (%) Pressione (mm- Hg) Radiazione solare (W/m2) Direzione vento (°) Velocità (m/s) vento 51 5.3 Componenti biogeniche rilevate tra i composti organici volatili e nel PM10 Accanto alle macrocostituenti presenti tra i composti gassosi e nell’aerosol, risulta rilevante, ai fini di una miglior comprensione dei cicli biogeochimici degli elementi, identificare e valutare la rilevanza dei processi che portano alla formazione di aerosol secondario. Le analisi commentate sulla composizione del PM10 hanno evidenziato già la presenza di una componente secondaria inorganica. Un esame di cromatogrammi ottenuti analizzando i campioni di composti organici volatili raccolti con campionatori passivi radiello a BGG, ha evidenziato la presenza di picchi corrispondenti a terpeni, potenziali precursori di Biogenic Secondary Organic Aerosol. In particolare sono stati registrati segnali riconducibili all’isoprene ed alcuni segnali, meno intensi, riconducibili alla presenza di α-pinene, canfene, limonene ed eucaliptolo. La figura 5.8 (pagina 54) riporta il cromatogramma dell’analisi del radiello esposto durante la settimana di campionamento. Sono stati messi in evidenza alcuni picchi: Il picco numero 1 corrisponde alla SO2 (tr di 4.48 minuti). Il picco numero 2 presenta un tr di 9.10 minuti è stato ricondotto, tramite analisi dello spettro di massa e confronto con libreria NIST, all’isoprene. I picchi 3,4,5,6 presentano rispettivamente un tr di 23.30 , 23.70, 25.05, 25.19 e sono stati identificati, tramite analisi dello spettro di massa, come picchi di α-pinene, canfene, limonene ed eucaliptolo. L’ipotesi di formazione di BSOA a partire da questi precursori ha trovato riscontro sperimentale nell’analisi degli estratti dai filtri inviati presso i laboratori di Aarhus (DK), dove le analisi HPLC-ESI-qTOF hanno identificato diversi composti biogenici secondari che derivano da precursori comuni come isoprene o pinene, riportati in tabella 5.6. Tab. 5.6 acidi organici identificati mediante standard, abbondanza e precursori. Acidi organici Intensità segnale Precursori Acido terpenilico Moderata α-Pinene 3-MBTCA Alta α-/β-Pinene Acido pinico Moderata/Alta α-/β-Pinene 52 Acido pinonico Alta α-/β-Pinene DTAA Moderata α-Pinene La tabella riporta i principali acidi organici caratterizzati e parzialmente quantificati mediante standard insieme ai rispettivi precursori. Si nota come la maggior parte degli acidi organici derivano dalle due forme del pinene, evidenziando una plausibile relazione tra BVOC e BSOA. 53 Fig. 5.8: Cromatogramma TIC ottenuto tramite TD-GC-MS di VOC desorbiti da radiello esposto dalle 20.00 del 22/06/2012 alle 20.00 del 29/06/2012 (1=SO2, 2=Isoprene, 3=α-pinene, 4=canfene, 5=limonene e 6=eucaliptolo) 54 Nella tabella 5.7 sono riportati le masse di altri BSOA, in particolare organosolforati e nitrossisolforati, usualmente ricercati in questo genere di studi, ma non quantificati (per assenza di standard), dei quali alcuni non sono stati riscontrati nel sito di Borgo Grotta Gigante. Per contro, sono stati individuati nel cromatogramma segnali relativi a composti che manifestano nell’analisi TOF il frammento tipico dello ione solfato a 96.96 m/z, quindi organosolfati non noti, in quanto non presenti nei campioni usualmente prelevati nel Nord Europa, e quindi non ricercati nelle analisi di routine. Tab.5.7: Masse di composti organo solforati e nitrossiorganosolforati Organosolforati Massa (MW) Presente Precursore 140.004 Si Isoprene 154.013 Si Isoprene 168.035 Si Isoprene 170.063 No Isoprene 182.048 Si α-Pinene 182.049 Si α-Pinene 200.016 Si Isoprene 200.019 No Isoprene 216.025 Si Isoprene 238.104 Si α-Pinene 250.081 Si β-Pinene 280.052 Si α-/β-Pinene Nitrossiorganosolforati Massa (MW) Presente Precursore 295.018 No α-/β-Pinene 295.071 Si α-/β-Pinene 55 La difficoltà della caratterizzazione strutturale di queste molecole è data dall’assenza di una vera e propria libreria riguardante i loro spettri di massa come ad esempio le librerie NIST, ed è argomento di approfondimenti tuttora in corso. 56 6. CONCLUSIONI Lo studio riportato rende conto dell’attivazione di un sito dedicato al campionamento di composti gassosi e particolato atmosferico non condizionato da particolari sorgenti inquinanti vicine, posizionato a Borgo Grotta Gigante (BGG), in prossimità dell’accesso alla cavità grotta, nel comune di Sgonico a Trieste. L’utilità di una tale tipologia di stazione di misura, precedentemente non diponibile in provincia di Trieste, risiede nella possibilità di ottenere informazioni sulla variabilità della composizione dell’aria e sui processi fisici, chimici e fotochimici, in termini generali per un’area diffusa, senza tener conto delle specificità di piccola scala (es. assi di traffico, industrie, complessi abitativi). I dati sperimentali qui rilevati possono esser impiegati per una validazione di modelli sulla qualità dell’aria su scala regionale. Sono stati raccolti dati in una settimana tra il 23 ed il 29 giugno 2012 con campionamenti di PM10 effettuati ogni 12 ore (notte/giorno). Nell’arco della settimana si sono campionati con campionatore passivo anche composti organici volatili. Alcuni COV tossici risultano bassi e di un ordine di grandezza inferiori a quanto rilevato nello stesso periodo in una stazione urbana a Trieste (es. benzene 0,1 ug/m3 a BGG vs 2,1 ug/m3 in via Pitacco); le polveri misurate risultano relativamente basse (circa 18 ug/m3), comparabili a quelle urbane, ma le concentrazioni di carbonio elementare (mediamente 0,4 ug/m3), non evidenziano significatività di combustioni da traffico o industria. Si sono caratterizzati i macrocostituenti del PM10, in termini di carbonio totale (organico più elementare, pari al 24% della massa del particolato) e composizione ionica (ioni sodio, ammonio, potassio, magnesio, calcio, cloruro, nitrito, nitrato, solfato, ossalato, pari al 31%) e una quota di PM non determinata del 45%. Si è prodotta la seconda evidenza (dopo Astel, 2010) sui livelli delle componenti secondarie inorganiche (ammonio, nitrito, nitrato, solfato, ossalato) nell’aerosol della provincia di Trieste, che durante questi campionamenti ha superato il 22% della massa dell’aerosol, evidenziando come negli studi sugli aerosol, non si possano trascurare i precursori gassosi, come gli ossidi di azoto e zolfo, nonché l’isoprene di origine biogenica, che può generare gli ossalati. Sono state evidenziate le variazioni tra le concentrazioni notturne e diurne dei nitrati (oltre il 10% del PM), ben correlate ad irraggiamento, temperatura ed 57 umidità, che testimoniano il ruolo della fotochimica nel determinare le concentrazioni degli aerosol. Un approfondimento su costituenti minori tra i componenti secondari biogenici, possibile grazie ad una collaborazione col Dipartimento di Chimica dell’Università di Aahrus, ha portato ad individuare tramite HPLC-ESI-qTOF acido terpenilico, 3MBTCA, acido pinico, acido pinonico, DTAA e svariati composti organosolforati, compatibili con la presenza di precursori biogenici gassosi; alcuni dei composti organosolforati non risultano presenti in studi condotti nel nord Europa, e l’identificazione di tali strutture tramite analisi degli spettri di massa è ancora oggetto di approfondimenti. Estensioni delle attività riportate nella tesi, prevedono che su aliquote di campioni ancora disponibili e su altre da raccogliere presso BGG, presso il laboratorio di chimica ambientale del DSCF vengano determinate ulteriori specie biogeniche, anche non polari, quali gli idrocarburi alifatici associati alla presenza di cere vegetali nel PM e marcatori della combustione di biomasse. Una collaborazione con l’unità di ricerca in mineralogia dell’ateneo giuliano consentirà una più completa definizione della composizione inorganica dell’aerosol, riducendo l’aliquota di massa non determinata. Conoscere composizione e variabilità del particolato atmosferico in un sito non direttamente influenzato da fonti inquinanti locali consentirà una miglior valutazione dell’inquinamento rilevato nelle aree urbane ed industriali, evidenziando il reale contributo delle stesse rispetto ai valori di fondo/background regionale e fornendo un ulteriore supporto valutativo per una adeguata ed efficace gestione della qualità dell’aria da parte degli enti pubblici del territorio. 58 7. BIBLIOGRAFIA Davide Baldo “Sorgenti industriali attive e gradienti di contaminazione: un caso di studio nella provincia di Trieste” tesi di laurea in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura, Università degli Studi di Trieste A.A. 2011-12. Marconi A. , Materiale particellare aerodisperso: definizioni, effetti sanitari, misura e sintesi delle indagini ambientali effettuate a Roma, Istituto Superiore della Sanità. 39:329-42. (2003). 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Boegan” per la disponibilità ad ospitare nel terreno di pertinenza al centro visite il campionatore per PM10 e per gli allacciamenti elettrici; Dott. Fis. Renato Colucci del CNR-ISMAR per la disponibilità dei dati meteorologici della stazione di Borgo Grotta Gigante; Dott. Chim. Andrea Piazzalunga e Dott. Chim. Paola Fermo dell’Università degli Studi di Milano Statale, per le analisi sul carbonio e ioni; Dott. Chim. Federico Cozzi e Prof. Marianne Glasius per le analisi HPLC-ESIqTOF. Ringrazio il mio relatore Pierluigi Barbieri per la disponibilità mostrata nei miei confronti e per tutto il supporto fornito durante questi mesi. Ringrazio la mia correlatrice Arianna Tolloi, che costantemente ha saputo aiutarmi fornendomi preziosi consigli per poter portare al termine questo lavoro. Ringrazio il Gruppo di lavoro, sempre pronto a fornirmi qualche delucidazione riguardo ai miei mille dubbi o anche semplicemente per fare “quatto chiacchiere” davanti un caffè. Ringrazio la mia famiglia, i miei amici e tutti quelli che mi sono stati vicini sopportandomi e supportandomi durante questo lungo percorso universitario. 62