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Focus n.8/2016
Adozione di minore da coppia omosessuale.
Donato Berloco
Nel mentre che dal ddl Cirinnà relativo alle “unioni civili”, approvato dal Senato nella
seduta del 25 febbraio 2016, è stata stralciata, con l’emendamento del Governo, la
parte relativa alla previsione di adottare il figlio del partner, sta avendo alta risonanza
nel mondo sociale, ma anche in quello giuridico, la recente sentenza della Corte di
Appello di Milano emessa nella seduta
del 16 ottobre 2015- Sez. Persone,
Minori,Famiglia - che ha disposto la trascrizione nei registri di stato civile dell’Ordinanza
di adozione pronunciata in Spagna di minore da parte di donna omosessuale
coniugata (e poi divorziata) con la madre della bambina avuta da fecondazione
eterologa.
In Italia l'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali non è consentita. Le
legge italiana nega l'adozione da parte di persone non sposate e, di conseguenza,
anche da parte delle coppie dello stesso sesso, dal momento che non è consentitoancora per poco- il matrimonio tra individui dello stesso sesso.
ll concetto, però, circa la possibilità da parte di persona omosessuale, coniugata
all’estero, di procedere all’adozione di un bambino figlio del coniuge dello stesso sesso,
sta via via prendendo corpo.
Un precedente si è avuto con la pronuncia del Tribunale per i minorenni di Roma,
con sentenza n.299 depositata il 30 luglio 2014, che accolse il ricorso per ottenere
l’adozione di una bimba di cinque anni da parte di una donna italiana coniugata in
Spagna con la madre( italiana) della bimba nata a seguito di fecondazione eterologa.
Esaminiamo le due fattispecie.
1) Tribunale per i minorenni di Roma del 30-7-2014.
Il ricorso venne
accolto sulla base dell'art. 44, 1 comma, lett.d), della legge
sull'adozione del 4 maggio 1983, n. 184, il quale contempla l'adozione in casi
particolari, fra l’altro, “quando vi sia
la constatata impossibilità di
affidamento preadottivo”.
Tra le motivazioni addotte nel provvedimento sono degne di essere menzionate le
seguenti:
• nella normativa di settore non vi è divieto alcuno per la persona singola, quale
che sia il suo orientamento sessuale, ad adottare. Solo per l’adozione
legittimante viene richiesto che ad adottare siano due persone unite da
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rapporto di coniugio riconosciuto dall’ordinamento italiano;
nella fattispecie in esame, prevista dalla lettera d) del comma 1 del citato
articolo 44, il minore può essere adottato, anche quando non ricorrono le
condizioni per l’adozione legittimante, quando vi sia la constatata impossibilità
di affidamento preadottivo;
né può ostare all’adozione della piccola da parte della ricorrente la circostanza
che la stessa non sia, per l’ordinamento italiano, coniugata con la madre della
bimba. Invero, un rapporto di coniugio tra il genitore dell’adottando e
l’adottante è previsto solo dall’art.44, comma 1, lett. b), e non per la lettera d)
dello stesso comma che trova applicazione per la fattispecie de qua;
tale norma non discrimina tra coppie conviventi omosessuali o eterosessual;
una lettura in senso inverso sarebbe
contraria alla ratio legis, al dato
costituzionale nonché ai principi di cui alla Convenzione Europea sui Diritti
Umani e le Libertà Fondamentali ( artt.8 e 14 della CEDU), di cui l’Italia è
parte;
ciò che è importante per il benessere della bambina è la qualità dell’ambiente
familiare che i genitori forniscono, indipendentemente dal fatto che essi siano
dello stesso sesso o che abbiano lo stesso orientamento. Nel caso di specie la
stabilità dei rapporti è fuori discussione;
non si tratta, infatti, di concedere un diritto ex novo, creando una situazione
prima inesistente, ma di garantire la copertura giuridica di una situazione di
fatto già esistente da anni, “nell’esclusivo interesse di una bambina che è da
sempre cresciuta ed è stata allevata da due donne, che essa stessa riconosce
come riferimenti affettivi primari, al punto tale da chiamare entrambe
“mamma”. Ne consegue che, ad avviso del Collegio, l’adozione ex art. 44, co.
1, lett. d) può essere disposta a favore del convivente del genitore
dell’adottando, ricorrendone gli altri presupposti di legge. La conclusione
raggiunta non può non applicarsi, ad avviso del Collegio, anche a conviventi del
medesimo sesso”.
Nel Focus pubblicato nel settembre del 2014, scrivevo: “La problematica affrontata,
attinente a diritti civili e connessa ad aspetti etici, sicuramente avrà un seguito a
livello giurisprudenziale. Staremo a vedere”.
2) Corte di Appello di Milano
Ebbene, un seguito a livello giurisprudenziale c’è stato.
E’ rappresentato proprio dalla pronuncia dell’udienza in data 16 ottobre 2015
della Corte di Appello di Milano, che, tra l’altro, richiama la pronuncia del Tribunale
di Roma, come da notizia apparsa sugli organi di informazione il 10 dicembre 2015.
In pratica viene
reso esecutivo in Italia il provvedimento spagnolo con cui una
donna ha adottato nel Paese Iberico la figlia della
sua compagna nata
con
fecondazione eterologa ( erano tra loro coniugate e poi divorziarono). Nel 2013, la
donna adottante si è rivolta al Tribunale per i Minorenni di Milano "chiedendo il
riconoscimento agli effetti civili interni dell'ordinanza di adozione spagnola della figlia",
ma i giudici nel 2014 hanno respinto l'istanza rilevando che le adozioni in casi
particolari pronunciate all’estero sono di competenza dell’Ufficiale dello stato civile. Da
qui il ricorso in Appello contro il rifiuto dell’Ufficiale dello stato civile x art.67 della
legge n.218/1995.
La Corte milanese ha dato atto che la minore "è stata adeguatamente amata, curata,
mantenuta, educata ed istruita da entrambe le donne che hanno realizzato
l'originario progetto di genitorialità condivisa, nell'ambito di una famiglia fondata
sulla comunione materiale e spirituale di due persone di sesso femminile" e che la
"adozione piena corrisponde al suo interesse”. E ciò perché, in primo luogo, va
valutato "l'interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare".
Tra le altre motivazioni significativo è il richiamo all’art.25, comma 5, della legge
n.184/83 secondo cui l’adozione possa essere disposta, nell’esclusivo interesse del
minore, nei confronti anche del solo coniuge che, nel corso di un affidamento
preadottivo alla coppia, abbia deciso di porre fine alla convivenza coniugale con il
coniuge e separarsi. Anche alla stregua di tale previsione deve concludersi che non
possa ritenersi contraria all’O.P. interno un’adozione da parte di una persona singola.
Non vi è alcuna ragione - sostiene al Corte di Appello di Milano - per ritenere in linea
generale contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito
un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del
partner, anche dello stesso sesso, una volta valutato in concreto che il riconoscimento
dell’adozione corrispondono all’interesse superiore del minore al mantenimento della
vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali e al mantenimento delle
positive relazioni affettive ed educative che con loro si sono consolidate, in forza della
protratta convivenza con ambedue e del provvedimento di adozione. Non vi è
violazione degli articoli 65 e 66 della legge n.218/1995; ne consegue che tale
provvedimento è suscettibile di trascrizione nei registri dello Stato Civile.
E’ la prima volta che, in Italia, una donna si vede riconosciuta l’adozione “piena”, con
effetti legittimanti, della figlia della sua ex compagna, a differenza della fattispecie
oggetto di valutazione da parte del Tribunale per i minorenni di Roma del 2014 che
emetteva sentenza di adozione di minore in casi particolari, ex art.44, primo comma,
lett. d) della legge n.184/83.
Quanto agli aspetti di stato civile e di anagrafe derivanti da detta sentenza, il Comune
italiano presso cui è stato formato l’atto di nascita della minore ( così si legge nella
sentenza), dovrà procedere alla annotazione del provvedimento di adozione che pure
verrà trascritto ai sensi dell’art.28, 2 comma, lett. g) del dpr 396/2000.
Quanto al cognome, l’Ufficiale dello stato civile e di anagrafe si atterrebbero alla
statuizione dell’Autorità Giudiziaria straniera nell’ordinanza come disposto dalla Corte
di Appello, cognome che, nella specie, rimane confermato quello della madre
biologica.
E’ un caso eccezionale che dimostra come il tema dell’adozione del figlio del partner
sia di viva attualità.
A ciò si aggiunge una recentissima pronuncia della Corte Costituzionale, come
apparsa sugli organi di stampa del 24 febbraio 2016 ( circa la dichiarazione di
inammissibilità, per motivi procedurali, del ricorso promosso dal Tribunale per i
Minorenni di Bologna sulla questione di presunta illegittimità costituzionale della
c.d. stepchild adoption) evidenziando che la legge n.184/83 già prevede l’adozione in
casi particolari.
Agli operatori le loro valutazioni personali nel rispetto del principio che le statuizioni
della magistratura vanno osservate ed eseguite.