IL MERCATO DEL LAVORO IN PROVINCIA DI CUNEO

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IL MERCATO DEL LAVORO IN PROVINCIA DI CUNEO
Mondovì
Saluzzo
Fossano
CONTRIBUTI - ESPERIENZE - STRUMENTI
Cuneo
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40
Anno 2012
quaderno n.
IL MERCATO
DEL LAVORO
IN PROVINCIA
DI CUNEO
Lavoro & Formazione
Medaglia d'oro al Valore Civile
IL MERCATO DEL LAVORO
IN PROVINCIA DI CUNEO
NEL 2012
A cura
dell’Osservatorio Regionale sul
Mercato del Lavoro
della Regione Piemonte
1
Le analisi sono state svolte dall’Osservatorio Regionale sul
Mercato del Lavoro d’intesa con l’Assessorato al Lavoro ed alla
Formazione Professionale della Provincia di Cuneo e con la
collaborazione dei Centri per l’Impiego
Le pubblicazioni e le elaborazioni statistiche prodotte dall’ORML
sono reperibili su Internet all’indirizzo:
www.regione.piemonte.it/lavoro/osservatorio/
L'utilizzo delle informazioni e degli elaborati statistici riportati è
libero, a condizione che se ne citi la fonte.
A cura di Mauro Durando, Fausto Giuliano, Piergiorgio Silvestro
2
SOMMARIO
Presentazione……………………...……………………………...
Pag. 5
Il mercato del lavoro in Piemonte nel 2012……………….....
Il Cuneese e il quadro territoriale nei dati ISTAT…… …...
Pag. 7
Pag. 20
Il mercato del lavoro in provincia di Cuneo nel 2012
Le procedure di assunzione……………………………….
Le iscrizioni al collocamento………………………………..
La Cassa Integrazione……………………………………..
La Cassa Integrazione in deroga………………………....
La lista di mobilità………………………………………….
Pag. 25
Pag. 25
Pag. 36
Pag.46
Pag.50
Pag. 57
Definizioni………………………………………………………..
Pag.60
Tabelle…………………………………………………………….
Pag. 75
3
4
Presentazione
Il 2012 sembra segnare una svolta nel percorso attraverso la crisi
riconoscibile in provincia di Cuneo: se fino al 2011 gli indicatori di
base del mercato del lavoro evidenziavano una sostanziale tenuta
del tessuto socio-economico locale, senza uguali in Piemonte, ma
anche su livelli di assoluta eccellenza nel contesto nazionale, nel
2012 questa immagine di solidità mostra le prime crepe: la
disoccupazione, in particolare, cresce in misura significativa, con
un tasso relativo che sale dal 3,8% al 6,1%, in termini
proporzionali l’aumento maggiore a livello regionale dopo quello di
Vercelli, trainato dal peggioramento della condizione sul mercato
dei giovani fino a 24 anni, il cui tasso di disoccupazione passa nel
giro di un anno dal 9,4% al 22%.
Tale andamento trova conferma nella marcata espansione
segnata nel 2012 dal flusso di iscrizioni alla lista di mobilità
(+33,4%, contro una media generale di +19%), che si approssima
ormai alle 3.000 unità, la punta massima dell’ultimo decennio, e
dal rialzo del flusso delle persone in cerca di lavoro che si
rivolgono ai Centri per l’Impiego: +21,4%, un tasso di variazione
quasi doppio rispetto al dato regionale.
Sul fronte occupazionale assistiamo, coerentemente, ad una
caduta di due interi punti del tasso di occupazione (dal 69 al 67%)
per una flessione di addetti concentrata nel settore industriale, a
cui si associa una contrazione della domanda di lavoro sia nel
ramo manifatturiero (le assunzioni diminuiscono su base annua
del 10%), che nelle costruzioni (-20% circa). La crisi del debito
sovrano, insomma, unitamente al lento processo di erosione
prodotto da una recessione senza soluzione di continuità, mostra
sul territorio della provincia granda un impatto ben più dirompente
di quello causato dallo shock finanziario della fine del 2008, con
un arretramento più marcato di quello registrato in ambito
regionale, complici gli ampi margini di caduta disponibili.
Sullo sfondo della crescita della disoccupazione, ma anche delle
difficoltà sperimentate da molte imprese (testimoniate, ad
esempio, dall’aumento del monte ore richiesto di CIG in deroga 5
+66%), troviamo il relativo impoverimento dei redditi familiari, che
spinge all’emersione sul mercato di soggetti prima inattivi, specie
donne e giovani, e in genere, la mancanza di liquidità e la penuria
di credito per le aziende.
Ma il quadro economico provinciale non è solo negativo, anche se
si è scelto di sottolineare in primis i sintomi di disagio di un’area fin
troppo nota per gli exploit positivi. Il sistema delle imprese
presenta significativi punti di forza, specie tra i produttori vocati
all’export, che identifica in questa fase la componente più
dinamica del mondo imprenditoriale, dove si individuano aziende
leader come la Ferrero e la Mondo di Alba, la Balocco di Fossano
e l’Alstom di Savigliano, per citare alcuni dei nomi più noti, e in
generale il sistema economico legato al fruttuoso connubio tra
agricoltura, turismo e industria alimentare che ha creato
l’immagine vincente della food valley, irradiata da prestigiosi centri
di servizi come Slow Food o l’Università delle Scienze
Gastronomiche di Pollenzo.
Da qui, dai punti di eccellenza in grado di competere sul mercato
globale e di alimentare e far crescere un indotto produttivo di
qualità, occorre ripartire, individuando nel confronto con le parti
sociali e gli attori istituzionali strumenti idonei per contrastare
l’impatto della recessione: sostegno all’export in un periodo di
depressione del mercato interno, soccorso alla crisi di liquidità e di
accesso al credito che soffoca le potenzialità di sviluppo di molte
aziende, rafforzamento della rete dei servizi per l’impiego e della
formazione per ridurre le sacche di disoccupazione e qualificare le
risorse umane, razionalizzazione del sistema degli ammortizzatori
sociali, oggi pericolosamente in bilico, per traghettare oltre la crisi
le molte imprese in difficoltà.
Claudia Porchietto
Assessore al Lavoro e alla
Formazione Professionale
Regione Piemonte
Pietro Blengini
Assessore al Lavoro
Provincia di Cuneo
6
IL MERCATO DEL LAVORO IN PIEMONTE NEL 2012
L’annualità appena trascorsa si chiude con un preoccupante
aumento dei livelli di criticità rilevabili nel sistema economico
regionale, già riconoscibili nella prima metà dell’anno, ma che
negli ultimi mesi manifestano un accentuato peggioramento.
Sono soprattutto le stime dell’indagine continua ISTAT del IV
trimestre 2012 a lanciare l’allarme: secondo questi dati il numero
di occupati in Piemonte si ridurrebbe di 75.000 unità (-4%) con
una pesante caduta del tasso di occupazione (dal 65,3% al
63,1%), mentre i disoccupati sarebbero 40.000 in più rispetto allo
stesso periodo 2011 (+24,4%), con il raggiungimento della soglia
sia delle 200.000 persone alla ricerca attiva di lavoro sia del livello
a due cifre (10%) del tasso di disoccupazione.
L’aumento della disoccupazione è in linea con quello nazionale
(+23%), rinvenibile, sia pur con accentuazioni diverse, in tutte le
regioni d’Italia, e si configura come l’aspetto saliente dell’attuale
congiuntura. Il crollo occupazionale segnalato in quest’ultimo
trimestre nella nostra regione è invece assolutamente senza
precedenti, e non trova uguali sul territorio: in Italia si perdono
148.000 posti di lavoro, di cui 84.000 nel Settentrione; la flessione
piemontese, che investe tutti i settori di attività, coprirebbe quindi
oltre la metà di quella nazionale e il 90% circa del calo osservabile
7
nelle regioni del Nord, dove l’occupazione mostra addirittura segni
di miglioramento nel quadrante orientale.
La misura della variazione appare quindi poco verosimile, ed è
quasi certamente sovrastimata per via delle oscillazioni delle stime
trimestrali, meno affidabili: si confrontano, in particolare, il picco
positivo registrato nel IV trimestre 2011, quando il numero di
addetti sfiora 1.900.000 unità, il massimo nell’ultimo quadriennio, e
il picco negativo di quest’ultimo periodo, quando i posti di lavoro
scendono a 1.821.000, il minimo, per contro, negli anni della crisi.
Con tutto ciò, si tratta di un segnale forte della direzione in cui il
mercato si sta muovendo, che trova conferma nelle altri fonti
statistiche disponibili: nel secondo semestre 2012 torna a crescere
impetuosamente (+18,7 milioni di ore in complesso) il ricorso alla
Cassa
Integrazione,
che
all’inizio
dell’anno
si
era
significativamente ridotto, e nelle ultime mensilità tende ad
accentuarsi la contrazione della domanda di lavoro con un calo
prossimo al 10% delle procedure di assunzione, dovuto soprattutto
alla progressiva riduzione degli avviamenti al lavoro nei servizi.
Il quadro di riferimento tende quindi a peggiorare nel corso
dell’anno, quando i livelli di stress raggiunti da un sistema provato
da una crisi dalla portata e dalla durata eccezionali trapelano con
più evidenza sul mercato del lavoro. Se alla fine del 2008 il
fallimento della Lehman Bros. Bank causò un repentino e inaudito
tracollo del mercato del lavoro, la cosiddetta crisi del debito
sovrano, esplosa verso la metà del 2011, ha agito in modo più
8
strisciante, provocando una lenta flessione dei principali indicatori,
ma la situazione sembra ora precipitare, e alla fine del 2012 siamo
praticamente ridiscesi ai punto di massima caduta toccato all’inizio
del 2009; ci tocca, per così dire, ripartire da zero, ma con un
sistema economico indebolito e un tessuto sociale segnato da forti
tensioni, dove i margini di manovra della pubblica amministrazione
sono ridotti al minimo.
Ciò detto, vediamo ora di analizzare sinteticamente le principali
linee di tendenza rilevabili nel 2012.
Si è già detto dell’aumento della disoccupazione, che in parte
appare
riconducibile
al
cosiddetto
effetto
del
“lavoratore
aggiuntivo” segnalato dal CNEL in un suo recente rapporto: molte
persone, prima inattive, soprattutto donne, si presentano sul
mercato o intensificano la ricerca di lavoro per necessità, al fine di
recuperare almeno quella quota di reddito erosa dal prolungato
fenomeno
recessivo,
determinando
anche
una
crescita
significativa del tasso di attività, come si vede nella tabella
sottostante. Il Piemonte resta la regione del Nord Italia con il livello
di disoccupazione più alto: il valore sale dal 7,6% del 2011
all’attuale 9,2%, contro una media ripartizionale del 7,4% e un
dato nazionale attestato al 10,7%.
9
PIEMONTE
PRINCIPALI INDICATORI SUL MERCATO DEL LAVORO
Media 2011
Tipo di indicatore
M
F
Media 2012
TOT
M
F
TOT
Variazione
in punti percentuali
M
F
TOT
Tasso di attività 15-64 anni
76,9
62,6
69,7
77,2
63,5
70,3
0,3
0,9
0,6
Tasso di occupazione 20-64 a.
76,1
60,8
68,4
75,4
60,4
67,9
-0,7
-0,4
-0,5
Tasso disoccupazione
Tasso disoccupazione 15-24 a.
6,9
8,6
7,6
8,2
10,5
9,2
1,3
1,9
1,6
23,9
26,6
25,1
29,7
34,8
31,9
5,8
8,2
6,8
Elaborazione ORML su dati ISTAT
Continua a peggiorare, in questo contesto, la condizione dei
giovani, soprattutto nella fascia 15-24 anni, dove il tasso di
disoccupazione sfiora ormai il 32%, più del doppio del livello
registrato nel 2008, e anche in questo caso il massimo tra le
regioni del Nord, soprattutto per le crescenti difficoltà di
collocamento delle ragazze. Si consideri che in questo ambito
anagrafico la popolazione resta stabile, ma le persone in cerca di
occupazione aumentano di 10.000 unità (+32,3%), una crescita a
cui concorre nell’ultimo anno sia la flessione degli occupati (-5.000
unità), per la fragilità dei posti di lavoro accessibili, connotati da
forte precarietà, sia il calo delle persone inattive (-4.500 unità), che
riflette forse un certo riflusso dell’investimento in attività formative
e processi di attivazione sul mercato trainati da più stringenti
esigenze di ordine materiale, già prima richiamate; il relativo
impoverimento dei ceti medio-bassi porta ad una riduzione dei
livelli di protezione che le famiglie riuscivano ad assicurare ai loro
10
componenti più giovani, che tendono quindi ad intensificare la
ricerca di lavoro.
PIEMONTE
OCCUPATI PER SETTORE E TIPO DI OCCUPAZIONE (x1000)
Settore di
attività
Media 2011
Dipend. Indip.
Agricoltura
Media 2012
Tot
Dipend. Indip.
Tot
Variazione interannuale
DIPEND. INDIPEND. TOTALE
v.ass. val.% v.ass. val.% v.ass. val.%
11
48
59
10
46
55
-1
-2
-4,8
-4
-6,4
Industria
di cui:
In senso stretto
Costruzioni
518
111
630
498
116
614
-20
-3,9
5
4,6
-15
-2,4
437
81
51
60
489
141
419
79
50
67
469
145
-18
-2
-4,2
-2,3
-1
7 10,9
-20
5
-4,0
3,3
Servizi
872
307 1.178
865
311 1.176
-7
-0,8
4
di cui:
Commercio Alb.Rist.
Altri servizi
1,3
-3
-0,2
191
681
129
178
320
858
199
666
130
181
328
847
8
-15
4,3
-2,2
0
4
2,2
8
-11
2,6
-1,3
TOTALE
di cui:
1.401
466 1.867
1.372
473 1.846
-28
-2,0
7
1,5
-21
-1,1
Uomini
Donne
722
678
320 1.043
146
824
708
665
322 1.029
151
816
-15
-14
-2,0
-2,0
1
5
3,7
-13
-8
-1,3
-1,0
Elaborazione ORML su dati ISTAT
Sul versante occupazionale si osserva una caduta di 21.000
addetti
(-1,1%),
per
gran
parte
concentrati
nell’industria
manifatturiera; sembra invece non solo tenere, ma addirittura
segnare una contenuta espansione, l’occupazione in edilizia, per
merito della componente autonoma, e nei servizi commerciali e
turistici, sorretta invece dal lavoro alle dipendenze. Questi ultimi
dati appaiono sorprendenti, date le forti tensioni presenti nel
settore delle costruzioni e nel commercio in seguito al calo dei
consumi. La flessione rilevata è interamente attribuibile all’impiego
dipendente, mentre aumenta la presenza di autonomi (+7.000
unità),
connessa,
probabilmente,
11
all’espansione
di
lavori
occasionali e marginali con un peso crescente delle cosiddette
partite IVA.
Il tasso di occupazione si riduce in misura sensibile tra i giovani
fino a 34 anni di età e mantiene una relativa stabilità nelle fasce di
età centrali, mentre continua a crescere tra i soggetti più anziani
(nella fascia 55-64 anni sale dal 37,3 al 39%) per effetto del forte
freno impresso alle uscite per pensionamento. Anche se non c’è
necessariamente una diretta correlazione fra la performance delle
coorti demografiche ai due estremi della scala anagrafica della
popolazione attiva, è difficile non pensare che il risultato
disastroso dei giovani dipenda in una certa misura dalle modifiche
al sistema pensionistico, che hanno praticamente congelato i
processi di ricambio generazionale.
In relazione al grado di istruzione, la selettività della domanda
sembra premiare i soggetti con un titolo superiore, che mostrano
una buona tenuta, mentre diminuisce soprattutto il tasso di
occupazione di diplomati e qualificati (dal 66,0 al 64,3%), un
andamento che assume particolare evidenza fra le donne.
La flessione degli occupati in Piemonte è proporzionalmente la
maggiore del Nord Italia, dopo quella della Liguria, a fronte della
relativa stabilità riconoscibile sia nel Nord-Est che nel Centro-Sud,
Sicilia e Calabria escluse.
La domanda di lavoro continua a cedere: le assunzioni
ammontano nel complesso (al netto dei movimenti giornalieri, di
12
carattere marginale) a 519.135 unità, contro le 561.000 circa del
2011 (-7,4%) e le oltre 628.000 del 2008 (-17,4%); come si è detto
in premessa, siamo tornati al punto massimo di caduta della crisi,
ripiombando perfino al di sotto dei volumi di movimentazione del
2009, quando le assunzioni erano state complessivamente
522.000, con una flessione più accentuata, rispetto ad allora,
nell’ultimo trimestre (-9%).
La riforma del mercato del lavoro, in vigore dal mese di luglio,
produce nella sua prima fase di operatività (citiamo al proposito
l’andamento dell’ultimo quadrimestre) una secca caduta del lavoro
intermittente (-52%) e di quello parasubordinato in genere (-28%),
contribuendo forse ad un recupero della somministrazione, dalla
buona tenuta negli ultimi quattro mesi dell’anno, che il provve13
dimento per certi versi favorisce, considerandolo potenzialmente
come un contratto di passaggio verso un’occupazione stabile.
Stenta invece a decollare l’apprendistato, che segna nel
complesso una flessione allineata col dato generale, con qualche
spunto positivo solo nel mese di dicembre.
In questo contesto di generale flessione (su base interannuale si
perdono 41.600 avviamenti, pari a -7,4%), si muovono in controtendenza solo il part-time (+3%), le procedure che interessano gli
ultracinquantenni (+1,3%) e quelle di basso profilo professionale:
le figure non qualificate aumentano dell’11,6%, a fronte di un
corrispondente calo, in termini percentuali, della domanda rivolta a
personale di qualificazione medio-alta, un segnale preoccupante,
che indica l’estensione di un’area lavorativa riconducibile ad una
condizione di working poor, dove la povertà non riguarda solo i
livelli retributivi, ma anche le prospettive di crescita professionale.
Come si è detto, si registra un andamento contrastato del monte
ore di Cassa Integrazione: alla flessione del primo semestre (-21
milioni di ore) si contrappone una crescita nei mesi successivi
(+18,7 milioni di ore), con un bilancio annuale in lieve riduzione (2%). Il 2012 segna un ritorno impetuoso della CIG ordinaria
(+82%), a fronte di una flessione delle altre due tipologie di
integrazione salariale, in un contesto in cui l’alternanza nell’uso
delle varie componenti consente alle imprese in crisi una
prolungata
copertura
volta
al
mantenimento
dei
livelli
occupazionali, una strategia che finora si è rivelata utile, limitando
14
la caduta di posti di lavoro, pur senza riuscire a contenere la
crescita della disoccupazione, ma che inizia a segnare la corda
per la persistenza della crisi e la strettoia posta dalla carenza di
risorse pubbliche per politiche di tipo passivo, molto onerose.
Continua a crescere il flusso di iscrizioni alla lista di mobilità: +19%
su base annua, ma con un’accelerazione nel secondo semestre
(+30%) in coerenza con le tendenze prima rilevate. L’aumento
interessa in prevalenza le uscite dal sistema delle piccole imprese,
ex L. 236/93, in grande affanno in questa fase, mentre è contenuto
il rialzo dei licenziamenti di personale a tempo indeterminato dalle
aziende maggiori, dove però si modifica la composizione del
flusso: si osserva, infatti, una forte espansione delle iscrizioni ex
L. 223/91 per cessazione di attività o fallimenti (+61%), in parte
alimentato dalle novità introdotte nell’applicazione della legge di
riforma del mercato del lavoro, improntate a marcate restrizioni
nelle approvazioni delle domande di aziende in fallimento.
Infine, i principali indicatori di fonte ISTAT tendono a ridisegnare il
contesto territoriale piemontese: la graduatoria dei livelli di
disoccupazione, in specie, viene stravolta rispetto alle ultime
annualità, quando spiccava in termini positivi la situazione di
Cuneo e in termini negativi quella di Biella e di Torino. Nel 2012
restano relativamente fermi i valori di queste due ultime province,
a fronte di una crescita vistosa nel resto del territorio, Cuneo
compresa.
15
La rappresentazione grafica alla pagina seguente mostra una
composizione meno sgranata di quella del 2011; nei livelli
superiori si raggruppano, a breve distanza, cinque province su
otto.
Il Cuneese, nella graduatoria delle province italiane,
retrocede, scendendo dal 3° posto del 2011 all’attuale 8°,
mantenendo comunque una situazione di eccellenza in un
contesto in cui la disoccupazione aumenta in quasi tutte le aree
provinciali.
L’indagine ISTAT mostra peraltro dei limiti nella stima delle
variabili dalla minore numerosità, come le persone in cerca di
occupazione, tanto più in ambiti territoriali di ridotte dimensioni;
occorre quindi valutare con una certa prudenza queste risultanze,
16
anche
se
hanno
carattere
ufficiale.
L’andamento
appare
specularmente simile, comunque, anche sul lato dell’occupazione,
con un tasso relativo che resta invariato a Biella e Torino e
diminuisce sensibilmente a Novara, dove si osserva il più pesante
cedimento degli addetti (-8.000 unità), e Cuneo.
La lettura comparativa dei contesti provinciali appare particolarmente complessa se si vogliono incrociare le fonti statistiche prima
utilizzate, che presentano risultanze non sempre omogenee.
Appare evidente, per quanto prima espresso, che la crisi inizia a
farsi sentire anche nella provincia “granda”, fino al 2011 solo
sfiorata da palesi sintomi di difficoltà; emergono, inoltre, in una
dimensione più esplicitamente negativa, anche le province di
Novara e Vercelli, dove l’aumento vistoso della disoccupazione,
prima segnalato, è confermato dalla crescita superiore alla media
degli iscritti alla mobilità, e dove il ricorso alla CIG risulta
stazionario, ma collocato su livelli elevati se rapportato alla platea
di riferimento; resta critica, ma senza denotare ulteriori scivolate
verso il basso, la situazione di Torino e di Biella, i due luoghi per
definizione della crisi industriale, forse perché la recessione vi ha
già operato in profondità, lasciando meno margini di caduta. E
dove, specie a Biella, si individua un rallentamento dei flussi
ordinari, con una netta caduta sia delle assunzioni (-13%) che
delle cessazioni (-8,2%); resta sospeso il giudizio su Alessandria,
dove il forte aumento della disoccupazione pare, più che altrove,
non risultante da una caduta dell’occupazione, i cui livelli si
mantengono invariati, quanto frutto dell’emersione sul mercato di
17
soggetti
prima
classificati
come
inattivi;
peggiora,
ma
moderatamente, il quadro statistico nelle province di Asti e del
Verbano-Cusio-Ossola, dove però l’apprezzabile crescita del
ricorso alla CIG evidenzia la debolezza del sistema produttivo
locale.
Lo scenario che traspare da questa lettura dei dati dell’annualità
da poco conclusa risulta, alla fine, fortemente critico, con molte
ombre e poche, flebili, luci. Confermano questa impressione
anche i dati di natura più economica provenienti dalle indagini
previsionali Unioncamere e dalle elaborazioni sulla nati-mortalità
aziendale svolte da Movimprese: l’indice della produzione
industriale scende nel 2012 costantemente sotto il livello dell’anno
precedente, mentre il saldo tra aperture e chiusure di imprese
appare largamente negativo in Piemonte, con 28.900 iscrizioni
contro 35.200 cessazioni circa.
Le tendenze mostrano quindi un progressivo deterioramento della
situazione che nell’ultimo trimestre sembra precipitare; la media
annua, alla fine, non risulta così negativa, perché i dati del primo
semestre, quando il mercato del lavoro manteneva un residuo
dinamismo, agiscono come fattore di compensazione delle perdite
successive, ma una lettura diacronica dei fenomeni induce allo
scoraggiamento, per l’aggravarsi della situazione conseguente
all’incertezza del quadro politico, alla fragilità del sistema
18
finanziario, alla scarsa incisività dei provvedimenti, benché
apparentemente drastici, adottati a livello governativo.
Anche se prevale il pessimismo, restiamo in attesa degli sviluppi
della situazione nel corso del 2013: al sistema Piemonte non
mancano certo le risorse per risollevarsi, si tratta solo di riuscire a
trovare il bandolo di una matassa che sembra aggrovigliarsi
sempre di più.
19
Il Cuneese e il quadro territoriale nei dati ISTAT
La provincia di Cuneo è senza dubbio la più virtuosa in Piemonte
e quella dove l’impatto della crisi è stato minore, anche se
comunque avvertito con forza dal tessuto socio-economico locale.
La brillante performance del Cuneese è evidente già sotto il profilo
demografico, che mostra una sostanziale tenuta nel ventennio tra
il 1981 e il 2000, quando la popolazione regionale diminuisce
sensibilmente, e una crescita ben superiore alla media nel periodo
successivo, trainata dall’affluenza della popolazione straniera che
nel Cuneese costituisce nel 2011, ante-Censimento, quasi il 10%
del totale dei residenti.
20
I dati censuari sulla popolazione residenti, riferiti alla data del 9
ottobre 2011, determinano, come prevedibile, un aggiustamento al
ribasso dei valori precedenti, riferiti alle registrazioni presso le
anagrafi comunali, più marcato in proporzione a livello regionale:
a Cuneo si scende dalle 594.087 unità rilevate fino all’8 ottobre a
quota 586.378, con una perdita di 7.700 residenti (-1,3%), per i 2/3
dovuta al ridimensionamento della componente straniera, il cui
peso relativo scende al 9,2%. In Piemonte la caduta è di quasi
100.000 unità (-2,2%), condizionata dal dato della provincia di
Torino. Le modifiche sono appariscenti, ma la sostanza, riferita al
confronto fra le due aree territoriali, non cambia, salvo che il peso
del Cuneese sulla popolazione regionale sale di due decimi di
punto percentuale circa, attestandosi a fine 2011 al 13,4%.
Fino al 2011 l’eccellenza della situazione locale era rimarcata dal
posizionamento dei principali indicatori del mercato del lavoro nel
contesto nazionale: Cuneo si collocava ai primi posti nella
graduatoria delle province italiane quanto a tasso di occupazione
(quarta, dopo Bolzano, Ravenna e Bologna) e di disoccupazione
(terza, dopo Bolzano e Parma). Le altre province piemontesi erano
ben lontane in classifica: Novara al 23° posto per livello di
occupazione e al 57° come tasso di disoccupazione, il VerbanoCusio-Ossola al 28° e 27° posto, rispettivamente, per citare i due
casi migliori.
21
Le stime ISTAT 2012 modificano in parte questo assetto,
incrinando, anche se solo parzialmente, l’immagine della provincia
“granda”, che mostra ora con evidenza l’impatto della crisi.
Nell’ultimo anno, infatti, i dati di Cuneo mostrano una riduzione
dell’occupazione (-4.000 unità, concentrate fra le donne e dovute
per gran parte al calo degli addetti all’industria) e, soprattutto, un
secco incremento della disoccupazione: il numero delle persone
alla ricerca attiva di lavoro sale da 10.500 a 17.000 unità
(+62,5%), con una crescita equamente distribuita per genere.
Tali variazioni determinano da un lato un sensibile arretramento
del tasso di occupazione (dal 69% del 2011 al 67,1%), con una
flessione di ben 3 punti percentuali del dato femminile (dal 61,1 al
58,2%), e, dall’altro, una risalita ancora più marcata del tasso di
disoccupazione,
che
in
precedenza
assumeva
un
rilievo
meramente frizionale (3,8%), mentre ora supera di un decimo di
punto la soglia del 6%.
Si tratta peraltro di modifiche che si inquadrano in un contesto di
generale peggioramento dei principali indicatori del mercato del
lavoro, che investe gran parte del territorio nazionale e tende ad
accentuarsi nel corso dell’anno. La posizione della provincia di
Cuneo nelle graduatorie prima citate ne risulta tuttavia compromessa, anche se il Cuneese non esce dal novero delle prime 10
province in Italia.
22
Tasso di occupazione 15-64 anni per
genere e area provinciale - Media 2012
Ordinamento descrescente sul valore totale
N.
PROVINCE
Tasso di disoccupazione per genere
e area provinciale - Media 2012
Ordinamento ascendente sul valore totale
Tasso occupazione 15-64 a.
Uomini
Donne
Totale
N.
PROVINCE
Tasso di disoccupazione
Uomini
Donne
Totale
1
Bolzano
78,8
64,8
71,9
1
Bolzano
3,6
4,8
4,1
2
Modena
74,3
64,5
69,4
2
Verona
4,6
4,3
4,4
3
Parma
74,3
63,2
68,7
3
Reggio Emilia
4,0
5,8
4,8
4
Bologna
73,6
63,7
68,6
4
Modena
6,2
5,3
5,8
5
Reggio Emilia
75,8
59,3
67,6
5
Treviso
5,4
6,6
5,9
6
Ravenna
73,8
61,4
67,6
6
Como
5,2
7,2
6,1
7
Belluno
72,7
62,1
67,4
7
Belluno
6,3
5,8
6,1
8
Firenze
74,4
60,3
67,2
8
Cuneo
5,0
7,6
6,1
9
Pordenone
75,6
58,5
67,1
9
Trieste
5,3
7,1
6,1
10
Cuneo
75,8
58,2
67,1
10
Trento
5,6
6,8
6,1
Come si vede dalla tabella qui sopra, la provincia in esame scivola
alla decima posizione in termini di tasso di occupazione e
all’ottava in relazione ai livelli di disoccupazione. Anche il quadro
territoriale piemontese risulta modificato da queste risultanze, con
una distribuzione meno “sgranata” fra le diverse aree provinciali,
ora più compatte intorno al dato medio, soprattutto in relazione al
tasso di disoccupazione, che si attesta in Piemonte al 9,2%, con
una forte crescita, oltre che a Cuneo, anche a Vercelli,
Alessandria e Novara.
L’aumento della disoccupazione interessa nel Cuneese tutte le
classi di età, ma è più consistente fra i giovani fino a 24 anni, per i
quali si passa dal 9,4% al 21,9%, mentre a livello regionale la
crescita in questa fascia di età è evidente, e preoccupante, ma
meno sostenuta (dal 25 al 32% circa).
23
Il dato della provincia “granda” resta comunque, a tutti i livelli, il
migliore in Piemonte, ma non si configura più quella situazione di
“splendido isolamento” che si poteva individuare fino all’anno
scorso: si osserva piuttosto una migliore tenuta, ma con qualche
affanno, il che probabilmente rispecchia con più fedeltà la
percezione della crisi in ambito locale.
24
IL MERCATO DEL LAVORO IN
PROVINCIA DI CUNEO NEL 2012
Le procedure di assunzione
Nel 2012 si è assistito in provincia di Cuneo ad una progressiva
riduzione delle procedure di assunzione, dopo i sintomi di ripresa
registrati tra il 2010 e il 2011.
25
Sono stati 87.622 gli avviamenti effettuati in complesso sul
territorio Provinciale, al netto dei movimenti giornalieri, di rilievo
marginale, con un calo del 5,7% rispetto al valore del 2011
(92.909 unità), evidenziando una flessione pari a oltre 5 mila unità,
e toccando il punto più basso degli ultimi anni, anche al di sotto
del picco negativo segnato nel 2009.
Ben il 96% delle assunzioni così conteggiate riguardano rapporti di
lavoro alle dipendenze, mentre il lavoro parasubordinato copre
un’esigua quota, pari al 4% del totale.
Tali movimenti occupazionali, inoltre, sono ancora imputabili
soprattutto a procedure di avviamento effettuate con contratti di
lavoro a tempo determinato.
Il 77% degli avviamenti stipulati è avvenuto secondo tale modalità
mentre solo il 23% degli assunti trova ancora un lavoro a tempo
indeterminato, inclusi i contratti di apprendistato.
Questo è spiegabile in parte anche in considerazione del fatto che
si sono ormai ridotte ai livelli minimi le transizioni da T.Determinato
a T.Indeterminato, fino a pochi anni fa molto più numerose.
Il ricorso alla somministrazione, dopo le buone performances fatte
registrare nel corso del 2011 (+9,2%), è calato nell’ultimo anno
perdendo oltre 1.500 unità (-12%), a causa soprattutto della
flessione delle missioni di lavoro interinale nell’industria, che,
come noto, comportano frequenti assunzioni ripetute o soggette a
26
proroghe, spesso di breve o anche brevissima durata,
che
possono nel medio termine dar luogo a inserimenti a tempo
indeterminato.
Il numero medio di assunzioni pro-capite resta sostanzialmente
invariato rispetto all’anno precedente, toccando quota 1,41.
L‘indice si mantiene leggermente più elevato per la componente
femminile, con 1,45 avviamenti a persona, contro un valore di 1,37
per gli uomini.
Anche nel corso del 2012 sono stati molto numerosi i flussi di
lavoratori avviati secondo le forme di lavoro cosiddette “atipiche”,
che meglio si adattano alla situazione di incertezza che
caratterizza l’attuale congiuntura, coinvolgendo un’area di persone
che entrano, escono e rientrano nell’occupazione attraverso la
pluralità di forme contrattuali non standard previste, con un volume
di movimenti che è diventato, in questi ultimi anni, sempre più
ragguardevole.
Tende ad attenuarsi per effetto delle limitazioni imposte dalla
legge di riforma del mercato del lavoro, il ricorso – prima in forte
crescita – ai contratti di lavoro intermittente, il cui dato si riporta
quasi sui livelli registrati un paio di anni fa: 7.803 assunzioni (-13%
sul 2011).
In calo pure la mole di assunzioni a carico del lavoro
somministrato (-1.566 unità, -12%), del lavoro a progetto (20%) e dell’appren-distato, che stenta ancora a riprendersi.
27
La riduzione che interessa i contratti di apprendistato è una riprova
delle difficoltà di inserimento lavorativo sperimentate anche in
provincia di Cuneo dai giovani. Gli apprendisti avviati nel 2012
sono stati 523 in meno rispetto al 2011, con un calo percentuale
dell’11,6%; rispetto al 2008, invece il calo di questa componente è
giunto a toccare quota –36%.
Fra i tre macro-settori economici, quello che subisce il calo più
consistente negli avviamenti effettuati è quello dell’Industria,
settore il cui peso relativo sul totale segna per conseguenza su
base annua un certo ridimensionamento – dal 27% al 25% circa ma che si attestava a quota 35% negli anni antecedenti la crisi.
Nel 2012 l’industria perde il 10% di assunzioni rispetto all’anno
precedente
(-2.049
procedure),
concentrate
soprattutto
nell’industria metalmeccanica (-20%) ed in quella chimica (-16%),
anche se una contrazione consistente interessa anche il tessileabbigliamento.
Ancora più negativa la performance del comparto edile (-19% sul
2011, -23% rispetto all’anno 2008), dove la crisi, dovuta alla
difficoltà di accesso ai mutui bancari per l’acquisto di nuove
abitazioni e al surplus di offerta sul mercato immobiliare, sta
progressivamente erodendo grandi fette di manodopera.
Un leggero calo si osserva anche nel comparto agricolo che,
dopo un paio di anni di crescita, ha perso quest’anno oltre 500
avviamenti
28
(-3,2% rispetto al 2011), pur restando in positivo nel confronto con
l’anno 2008, pre-crisi (+2,6%).
Il macrosettore trainante nelle assunzioni provinciali resta ancora il
terziario, che da solo copre oltre il 51% dei movimenti comunicati
ai Centri per l’Impiego, ma che nell’anno appena trascorso perde il
4% nel confronto col 2011.
Si rilevano infatti forti e generalizzate riduzioni che interessano
quasi tutti i comparti dei servizi, con le sole eccezioni del ramo
alloggio e ristorazione e del lavoro domestico, che evidenziano
saldi positivi interannuali di +3,1% e +23,7%, rispettivamente
29
.
Le riduzioni più degne di nota sono state a carico di sanità e
assistenza (-11,4%), seguita da trasporto e magazzinaggio, servizi
avanzati e servizi tradizionali alle imprese, tutti con variazioni
prossime al 7% in meno rispetto all’anno precedente.
Oltre un avviamento al lavoro su tre in provincia interessa soggetti
che si trovano in una fascia di età compresa tra i 35 e 49 anni, in
calo in termini di valori assoluti rispetto al 2011, così come le
classi
giovanili;
crescono
invece
le
assunzioni
degli
ultracinquantenni (+4,5%).
Oltre l’80 per cento degli avviamenti effettuati con contratti di
lavoro
subordinato
si
concretizza
30
in
rapporti
a
tempo
determinato: particolarmente numerose sono le assunzioni con
missioni di lavoro interinale (oltre 11.300 unità, che interessano
maggiormente l’industria), ma si osserva anche una grande
quantità di soggetti avviati con contratti di lavoro intermittente
(quasi 8 mila unità, collocate soprattutto nel terziario).
I contratti a tempo parziale stipulati nel corso del 2012 sono stati
molto numerosi ed hanno rappresentato il 22% circa del totale
delle chiamate al lavoro.
La componente femminile è, come sempre, favorita nell’utilizzo di
questa tipologia lavorativa, molto diffusa soprattutto nei servizi: il
73% del dato complessivo relativo al lavoro a tempo parziale è
appannaggio delle lavoratrici, una quota che era ancor maggiore
nell’anno 2011 (76%).
Il ricorso a manodopera straniera nel Cuneese è sempre molto
sostenuto anche nel corso del 2012, benché in rallentamento
rispetto all’anno precedente.
I lavoratori immigrati avviati nel corso dell’anno sono stati oltre
31.500, con un calo di 1.786 unità sul 2011 (-5,4%) e un’incidenza
del 36% sul totale dei movimenti.
Essi trovano impiego per il 35% dei casi in agricoltura (settore in
cui coprono ben il 72% dei movimenti), mentre l’altro sbocco
lavorativo in cui l’attività è svolta soprattutto da personale non di
origine italiana è quello del lavoro domestico, dove gli immigrati
sono i 2/3 del totale.
31
La gran parte degli avviati di origine straniera proviene da paesi
extracomunitari (18.499, il 59% del totale), in prevalenza
extraeuropei. Fra le aree di origine di questi soggetti è molto forte
anche il ruolo degli stati europei non comunitari (7.270 avviati),
seguiti dai paesi del continente africano (6.730) e da quelli asiatici
(3.646).
Per quanto riguarda le nazioni comunitarie è molto consistente in
questi ultimi anni la presenza di romeni (quasi un avviato su tre
proviene da questa nazione), ma importanti sono pure gli apporti
di bulgari e polacchi.
32
Fra le nazioni di provenienza dei lavoratori extracomunitari la più
importante
fra
quelle
europee
è
l’Albania,
seguita
dalla
Macedonia, mentre al di fuori del nostro continente la parte del
leone la fanno il Marocco nel continente africano e la Cina in
quello asiatico. Nel caso dell’Africa sub-sahariana gli stati più
importanti sono la Costa d’Avorio ed il Senegal.
Ucraina, Brasile, Moldavia, Cina e Romania, sono invece le
nazioni che procurano la maggior quantità di manodopera
femminile, mentre gli uomini sono più numerosi fra coloro che
provengono da Bulgaria, Senegal, Albania e Burkina Faso.
33
Le assunzioni calano nel corso del 2012 in tutti e cinque i bacini
del lavoro provinciali, anche in quelli che avevano fatto segnalare
valori
positivi
nell’anno
precedente
(Saluzzo,
Fossano
e,
soprattutto, Alba).
Le flessioni più gravi sono state proprio a carico di queste tre aree
territoriali: -7,9% Saluzzo, -6,8% Fossano, -6% Alba. Valori in
flessione, ma più contenuti, invece a Cuneo e Mondovì (-3,9 e -3,7
per cento rispettivamente).
I cali avvenuti sono generalizzati in quasi ogni comparto settoriale
dei diversi bacini territoriali; fanno eccezione i bacini di Alba,
Mondovì (e in misura minore anche Cuneo), interessati invece da
34
incrementi negli avviamenti effettuati nel ramo agricolo. La
contrazione più consistente in questo comparto è quella avvenuta
nel Saluzzese, dove si sono perse quasi 950 assunzioni (-14%
rispetto al 2011).
La flessione degli avviamenti nell’industria è diffusa in tutti i centri
per l’impiego provinciali mentre il terziario è in sofferenza in
quattro aree su cinque, con la sola esclusione del Monregalese,
dove i valori si presentano in espansione.
35
Le Iscrizioni al collocamento
36
37
Totale servizi erogati categorie protette al 31/12/2012
38
SERVIZIO DI ORIENTAMENTO
per giovani con età compresa tra i 13 ed i 22 anni
Il Piano Provinciale relativo alle azioni di orientamento finalizzate all’assolvimento
dell’obbligo d’istruzione e all’occupabilità si propone di dare sostanziale continuità agli
obiettivi ed alle prassi sperimentate ormai da anni, con particolare riferimento alle
esperienze delle reti territoriali esistenti ed al ruolo di coordinamento svolto dagli
operatori dei CPI sul territorio.
L’obiettivo generale è quello di intervenire sul fenomeno della dispersione
scolastica, coinvolgendo il più possibile la rete dei servizi formata da Centri per l’Impiego,
I destinatari dei servizi di orientamento sono i Giovani in Obbligo Scolastico, i Giovani
in Obbligo Formativo, le loro famiglie, gli Insegnanti ed i Formatori.
Le azioni previste allo scopo di costruire i percorsi orientativi si possono suddividere,
in prima istanza, in azioni preventive e curative, poi declinate a seconda delle
caratteristiche dei destinatari a cui sono dirette e del momento specifico in cui vengono
messe in atto.
Tale distinzione mira a raggiungere i giovani che stanno percorrendo uno dei canali
per l’assolvimento dell’obbligo e quelli che invece ne sono fuoriusciti, contribuendo in
modo costante alla definizione del fenomeno della dispersione scolastica.
Le attività predisposte dai Centri per l’Impiego tese a :
prevenire la dispersione scolastica;
favorire scelte individuali consapevoli per adolescenti e giovani nei momenti
di transizione tra scuola, lavoro e formazione;
sostenere studenti fortemente a rischio di dispersione o che vivono
situazioni di disagio;
riprogettare il proprio percorso formativo/professionale per coloro che non
stanno studiando o lavorando.
I servizi sono rivolti a due fasce di età distinte: la prima comprende adolescenti in obbligo
di istruzione fino ai 16 anni non compiuti; la seconda, a sua volta, coinvolge giovani che
39
hanno assolto l’obbligo di istruzione con età compresa tra i 16 anni e, di norma, fino ai 22
anni.
In particolare tali azioni si articolano su due categorie di tipi di intervento:
Azioni rivolte a studenti in obbligo d’istruzione (fascia d’età compresa di norma tra i
13 e i 16 anni) con la finalità di prevenire e contrastare la dispersione scolastica
attraverso interventi di aiuto alla scelta per il passaggio alla secondaria di primo grado a
quella di secondo grado (informazione, percorsi di educazione alla scelta, definizione
progetto formativo o interventi di rimotivazione/riorientamento per studenti del biennio
della secondaria di secondo grado.
1.
Azioni rivolte ad adolescenti e giovani che hanno assolto l’obbligo d’istruzione (fascia
d’età compresa trai 16 e i 22 anni) perseguono i seguenti obiettivi:
 contrastare la dispersione scolastica tramite una funzione di recupero,
rimotivazione, orientamento professionale destinata agli adolescenti,
favorendo il conseguimento di una qualifica professionale o di un diploma
funzionale alla loro occupabilità;
 favorire scelte individuali consapevoli durante e al termine dei corsi per il
conseguimento di una qualifica o del diploma secondario.
-
.
40
Servizio Eures – riepilogo
attività
41
SERVIZIO DI ORIENTAMENTO
per giovani con età compresa tra i 13 ed i 22 anni
Il Piano Provinciale relativo alle azioni di orientamento finalizzate
all’assolvimento dell’obbligo d’istruzione e all’occupabilità si propone
di dare sostanziale continuità agli obiettivi ed alle prassi
sperimentate ormai da anni, con particolare riferimento alle
esperienze delle reti territoriali esistenti ed al ruolo di coordinamento
svolto dagli operatori dei CPI sul territorio.
L’obiettivo generale è quello di intervenire sul fenomeno della
dispersione scolastica, coinvolgendo il più possibile la rete dei
servizi formata da Centri per l’Impiego,
I destinatari dei servizi di orientamento sono i Giovani in Obbligo
Scolastico, i Giovani in Obbligo Formativo, le loro famiglie, gli
Insegnanti ed i Formatori.
Le azioni previste allo scopo di costruire i percorsi orientativi si
possono suddividere, in prima istanza, in azioni preventive e
curative, poi declinate a seconda delle caratteristiche dei destinatari
a cui sono dirette e del momento specifico in cui vengono messe in
atto.
Tale distinzione mira a raggiungere i giovani che stanno
percorrendo uno dei canali per l’assolvimento dell’obbligo e quelli
che invece ne sono fuoriusciti, contribuendo in modo costante alla
42
definizione del fenomeno della dispersione scolastica.
Le attività predisposte dai Centri per l’Impiego tese a :
prevenire la dispersione scolastica;
favorire scelte individuali consapevoli per adolescenti e giovani nei
momenti di transizione tra scuola, lavoro e formazione;
sostenere studenti fortemente a rischio di dispersione o che vivono
situazioni di disagio;
riprogettare il proprio percorso formativo/professionale per coloro
che non stanno studiando o lavorando.
I servizi sono rivolti a due fasce di età distinte: la prima comprende
adolescenti in obbligo di istruzione fino ai 16 anni non compiuti; la
seconda, a sua volta, coinvolge giovani che hanno assolto l’obbligo
di istruzione con età compresa tra i 16 anni e, di norma, fino ai 22
anni.
In particolare tali azioni si articolano su due categorie di tipi di
intervento:
Azioni rivolte a studenti in obbligo d’istruzione (fascia d’età
compresa di norma tra i 13 e i 16 anni) con la finalità di prevenire e
contrastare la dispersione scolastica attraverso interventi di aiuto
alla scelta per il passaggio alla secondaria di primo grado a quella di
secondo grado (informazione, percorsi di educazione alla scelta,
definizione
progetto
rimotivazione/riorientamento
formativo
per
43
studenti
o
del
interventi
di
biennio
della
secondaria di secondo grado.
Azioni rivolte ad adolescenti e giovani che hanno assolto l’obbligo
d’istruzione (fascia d’età compresa trai 16 e i 22 anni) perseguono i
seguenti obiettivi:
contrastare la dispersione scolastica tramite una funzione di
recupero, rimotivazione, orientamento professionale destinata agli
adolescenti,
favorendo
il
conseguimento
di
una
qualifica
professionale o di un diploma funzionale alla loro occupabilità;
favorire scelte individuali consapevoli durante e al termine dei corsi
per il conseguimento di una qualifica o del diploma secondario.
44
-
.
Servizio Eures – riepilogo
attività
45
La Cassa Integrazione
Le ore di Cassa Integrazione conteggiate dall’INPS si riferiscono
alle ore autorizzate sulla base delle richieste avanzate delle
imprese. Le ore effettivamente erogate sono di norma inferiori a
quelle richieste, perché le previsioni delle aziende tendono ad
essere sovrastimate: si richiede una quota elevata, riservandosi
poi di non usufruire completamente del monte ore disponibile.
La cassa integrazione costituisce uno dei più evidenti indicatori
dello stato di disagio del sistema industriale: anche nell’anno
appena trascorso le imprese hanno fatto un massiccio ricorso a
questo ammortizzatore sociale per contrastare la crisi in atto. Il
monte ore erogate è stato, in Piemonte, in lieve calo rispetto al
2011 (-2,5 milioni di ore), mentre nel Cuneese il dato è
sostanzialmente stabile, mantenendosi poco al di sotto di quota 10
milioni.
I mesi per cui maggiormente sono giunte richieste di ore di
integrazione salariale sono stati quelli di marzo, maggio, giugno,
ottobre e novembre, mentre al contrario i periodi di minore ricorso
corrispondono ai mesi di agosto e, soprattutto, di febbraio.
Le due componenti principali della cassa integrazione – ordinaria
e straordinaria - segnalano però andamenti molto diversificati fra
loro.
A flettere in provincia è stata soprattutto la Straordinaria (3,85
milioni di ore in meno, -70%), mentre l’Ordinaria è stata
46
interessata da una forte impennata che ha fatto più che
raddoppiare i valori rispetto a dodici mesi prima : +3,75 milioni di
ore, +152%.
Per quanto riguarda la cassa in Deroga si è assistito ad un leggero
aumento di ore integrate (+111 mila, +5%), ma la nostra provincia
(assieme ad Asti e Verbania) è una delle poche non interessate da
una contrazione delle ore di CIGD, che a livello piemontese hanno
segnato una riduzione del 20% rispetto all’anno precedente.
I settori produttivi provinciali maggiormente coinvolti nella crescita
della componente ordinaria, sono stati, in primo luogo, il chimico /
47
gomma-plastica, con un aumento di 2,375 milioni di ore (+577%),
seguito dal metalmeccanico (+780 mila ore, +93%) e dal comparto
delle costruzioni (+292 mila ore, +75%). Nel 2012 praticamente
tutti i principali settori produttivi, sia dei servizi che dell’industria
sono stati interessati da aumenti più o meno cospicui.
Per quanto riguarda la straordinaria si rileva una flessione nelle
industrie metalmeccaniche (-1,977 milioni di ore), in quelle della
chimica,
gomma-
plastica
(-402
mila),
nell'industria
della
lavorazione dei minerali non metalliferi (-413 mila) e in quella del
legno (-293 mila).
48
Importante anche il calo di richieste nel comparto delle costruzioni
(-286 mila ore) e, fra i servizi, del commercio (-50 mila).
La componente che è stata maggiormente toccata dalle procedure
di inserimento in CIG è stata nel 2012 quella impiegatizia, che ha
evidenziato una crescita complessiva sul 2011 del 14% (+225 mila
ore). Nell’anno appena trascorso gli impiegati arrivano a incidere
per il 19% sul monte ore totale di CIG, in aumento nell’ordinaria e
in calo nella straordinaria.
Il peso degli operai è stato invece dell'81% circa (oltre 8 milioni di
ore), sostanzialmente stabile sui valori del 2011, con una sensibile
49
crescita nell’ordinaria (+147%) e, per contro, una marcata
flessione nella straordinaria (-77%).
La Cassa Integrazione in deroga
La Cassa integrazione in deroga (CIGD) interessa le imprese a
cui la legge non consente di accedere a questo ammortizzatore
sociale, riconducibili per gran parte a quelle artigiane o industriali
fino a 15 addetti, nonché le imprese maggiori che hanno esaurito il
periodo di integrazione salariale loro accessibile in base alla
normativa corrente e necessitano di un ulteriore sostegno. Questa
politica “passiva” si è progressivamente sviluppata ed ha acquisito
una sua conformazione specifica: con la crisi l’accesso alle
deroghe è stato esteso a tutti i settori di attività e, dal 2010, si
opera in una logica di stretta integrazione con le politiche “attive”
programmate dai Centri per l’Impiego.
Le domande per l’autorizzazione di CIGD hanno registrato nel
2012 in Piemonte un notevole aumento, passando dalle 9.002 del
2011 a 13.400, con un coinvolgimento di oltre 43 mila lavoratori
(6.692 lavoratori in più rispetto all’anno 2011, +18%); sono dati
che confermano una preoccupante inversione di tendenza rispetto
all’andamento dell’anno precedente, quando il numero di lavoratori
coinvolti aveva registrato un calo del 9%.
50
La variazione registrata dal monte ore è stata però meno grave,
segnando un aumento del 5% (+ 1,65 milioni di ore, +5%).
Le ore richieste salgono comunque a oltre 35 milioni nel 2012, e le
province con in numeri più elevati sono Torino - che da sola copre
la metà del totale, 51% - e Alessandria e Novara, rispettivamente
con il 12% e l’11%.
Cuneo, con 2,9 milioni di ore a preventivo, incide per l’8% circa sul
valore complessivo piemontese.
51
Analizzando le domande di integrazione in base ai mesi di inizio
cassa, si nota come i picchi di richieste si collocano soprattutto nei
mesi di gennaio, maggio e settembre, mentre il livello è invece
molto contenuto ad agosto e dicembre.
Per quanto riguarda la situazione di Cuneo, gli incrementi registrati
dai diversi indicatori sono molto più accentuati rispetto ai valori
regionali, soprattutto per quanto riguarda il numero di lavoratori
interessati e il monte ore preventivato.
52
Infatti i valori di queste due variabili sono saliti nella Granda, nel
2012, rispettivamente del 41 e del 68% rispetto al dato 2011
(+18% e + 5% i corrispondenti aumenti a livello regionale).
I lavoratori del Cuneese che hanno usufruito di ore di CIG in
deroga arrivano a toccare quest’anno 4 mila unità contro le 2.824
dell’anno precedente, ma il dato che più colpisce per la sua
crescita, dopo la contrazione registrata nel 2011, è quello relativo
al monte ore.
Questo indicatore, forse il più importante per una corretta analisi
dell’andamento generale della CIGD, è cresciuto a dismisura,
rispetto ai valori del 2011: +69%, pari a quasi 1,2 milioni di ore in
più, arrivando a fine anno a superare quota 2,9 milioni di ore per
53
riportarsi così sui livelli dell’anno 2010, finora il peggiore nel
periodo di crisi.
.
In provincia di Cuneo si registra ancora la netta prevalenza della
componente maschile (il 66% del totale dei lavoratori interessati
dalla cassa in Deroga, contro una media regionale del 60%), ed
una forte incidenza della manodopera immigrata, che con 918
persone, ha un peso relativo del 23%, ben al di sopra del dato
regionale (circa il 13%).
I settori produttivi in cui si sono concentrate in Piemonte le ore di
integrazione salariale in deroga sono stati in primo luogo il
54
metalmeccanico (circa il 24% del totale, in calo rispetto al 33%
registrato nel corso del 2011), il tessile-abbigliamento (8%), il
chimico / gomma plastica e l’orafo (4% circa ciascuno), i
trasporti/magazzinaggio (9%) ed il commercio (9%).
Nel Cuneese l’area territoriale maggiormente interessata dalla
CIGD è stata quella del centro capoluogo, che segna i seguenti
valori:
1.445 lavoratori in CIGD, il 36% del totale provinciale, con
un aumento di oltre il 60% sull’anno 2011;
1,057 milioni di ore richieste, il 36% del totale provinciale,
con un aumento di ben il 158% sull’anno 2011:
55
La CIGD ha inoltre interessato 865 dipendenti per 607 mila ore in
complesso nell’area di Alba-Bra, 612 lavoratori e 401 mila ore a
Fossano-Savigliano. Il Saluzzese si caratterizza come il bacino
meno coinvolto nei processi di integrazione salariale in deroga,
con solo 414 lavoratori interessati per 234 mila ore.
In forte crescita è invece l’utilizzo di CIGD nel Monregalese, con
un andamento simile a quello del Cuneese, e cioè:
685 lavoratori in CIGD, il 17% del totale provinciale, con un
aumento del 42% sull’anno 2011;
oltre 607 mila ore erogate, il 21% del totale provinciale, con
un aumento di oltre il 170% sull’anno 2011:
56
La lista di mobilità
Le nuove iscrizioni nella lista di mobilità di lavoratori residenti in
provincia di Cuneo sono state 2.895 nel 2012, con un
considerevole incremento rispetto al 2011: +33,4%, pari a 725
unità in più.
La quota maggiore di personale (1.931 unità, il 67% del totale) è
stata inserita ai sensi della legge 236/93 (mobilità giuridica).
I lavoratori entrati in lista ai sensi della L. 223/91 (mobilità
indennizzata) sono stati 964 (33% del totale), in calo, per
rappresentatività, sul 2011, quando incidevano per il 36% sul
totale, secondo quanto avviene anche a livello regionale.
57
L’aumento
delle iscrizioni
nella
nostra provincia interessa
maggiormente la componente femminile, che cresce del 36%,
rispetto all’aumento maschile del 32%.
I settori di attività dove maggiormente si concentrano le donne
entrate in lista
sono il tessile, il commercio, ed i servizi alle
imprese, mentre per quanto riguarda gli uomini sono numerosi gli
ingressi nel metalmeccanico, nell’industria delle costruzioni e nel
commercio.
Inoltre, i soggetti indennizzati sono più numerosi nell’industria,
mentre i non indennizzati sono la quasi totalità dei lavoratori che
operano nei servizi (82%)
58
Se nel corso del 2011 il comparto produttivo che aveva usufruito
maggiormente di questo ammortizzatore sociale era stato il
metalmeccanico, quest’anno i principali fruitori sono invece il
commercio (519 unità, il 18% del totale), seguito dal comparto
edile (481 unità, il 17%), ambedue in forte crescita rispetto al 2011
(sommandone i valori hanno il 50% di iscrizioni in più); il
metalmeccanico si è invece mantenuto stabile sui valori fatti
registrare dodici mesi prima.
59
Definizioni
LE RILEVAZIONI ISTAT DELLE FORZE DI LAVORO
La nuova serie delle rilevazioni ISTAT, avviata nel 2004, ha
modificato alcune delle principali definizioni in uso
Si riportano qui di seguito le definizioni delle principali variabili
Occupati: persone di 15 anni e più che nella settimana di
riferimento:
− hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività
che preveda un corrispettivo monetario o in natura;
− hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di
un familiare nella quale collaborano abitualmente;
− sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie o malattia). I
dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se
l’assenza non supera tre mesi, oppure se durante l’assenza
continuano a percepire almeno il 50% della retribuzione.
Gli indipendenti assenti dal lavoro, ad eccezione dei coadiuvanti
familiari, sono considerati occupati se, durante il periodo di
assenza, mantengono l'attività.
Disoccupazione
La disoccupazione ufficiale è quella riferita alle persone in cerca
di occupazione secondo la definizione internazionale, vale a dire
con i criteri di disponibilità e di ricerca attiva del lavoro precisati qui
di seguito:
Persone in cerca di occupazione: persone non occupate tra 15
e 74 anni che:
− hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nei
trenta giorni che precedono l’intervista e sono disponibili a
lavorare (o ad avviare un'attività autonoma) entro le due settimane
successive all'intervista;
− oppure, inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla data
dell’intervista e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività
autonoma) entro le due settimane successive all’intervista, qualora
fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro.
60
L'ISTAT però consente di misurare anche la disoccupazione
potenziale, suddivisa in due categorie principali:
- i soggetti che, pur dichiarandosi in cerca di lavoro e con azioni
di ricerca recenti, affermano di non essere disponibili a lavorare
entro le due settimane successive;
- i soggetti che, pur dichiarandosi in cerca di lavoro e disponibili,
non hanno svolto azioni di ricerca negli ultimi 30 giorni, ma più
indietro nel tempo, cioè negli ultimi sei mesi, o fino a due anni se
l'attività di ricerca riguarda concorsi pubblici o passa attraverso i
Centri pubblici per l'Impiego.
Queste due categorie appartengono ufficialmente alle non forze di
lavoro, ma ricadono in una condizione particolare per il fatto di
aver dichiarato di essere alla ricerca di lavoro.
I dati sulla disoccupazione ufficiale rientrano sotto la
denominazione di "Disoccupazione Eurostat", mentre l'insieme
di questi soggetti più le due categorie di disoccupazione
potenziale sopra citate
costituisce la "Disoccupazione
allargata", che è un aggregato non considerato dalla statistica
ufficiale, ma che consente un'analisi più compiuta ed esauriente
dei soggetti, che, a vario titolo e con modalità diverse, dichiarano
di essere alla ricerca di un'occupazione.
Alle categorie citate, per completare il quadro dell'offerta di lavoro
esplicita e potenziale, andrebbero aggiunti gli occupati in cerca di
lavoro, che è però un dato non disponibile nelle statistiche ISTAT
standard diffuse a livello trimestrale
Forze di Lavoro:
Occupati + persone in cerca di occupazione, come sopra
individuati
Non Forze di Lavoro
Persone in condizione non professionale, cioè non classificate
come occupate o in cerca di occupazione come prima definite.
Si possono suddividere in due sottoinsiemi:
61
- le Non Forze di Lavoro in età di lavoro (15-64 anni)
- le Non Forze di Lavoro non in età di lavoro, cioè i giovani con
meno di 15 anni e gli anziani a partire da 65 anni di età, ma al
netto di coloro che in quest'ultima fascia di età sono classificati
come occupati o in cerca di occupazione.
Le Non Forze di Lavoro in età di lavoro sono a loro volta ripartite
nelle due categorie riconducibili al concetto di "Disoccupazione
potenziale" (v. sopra), che cioè risultano in cerca di lavoro, ma non
rientrano nella definizione internazionale di persona in cerca di
occupazione, e nella popolazione inattiva vera e propria, vale a
dire tutti coloro che non dichiarano di essere occupati o in cerca di
lavoro, fra i quali si distingue il nucleo di coloro che, pur non
affermando di essere alla ricerca di un impiego, manifestano un
interesse a lavorare se venissero meno i vincoli che al momento li
condizionano (Non Forze di Lavoro disponibili).
Tasso di attività:
Rapporto tra le forze di lavoro in età di 15-64 anni e la
popolazione nella stessa classe di età.
Tasso di occupazione:
Rapporto tra gli occupati in età di 15-64 anni e la popolazione
nella stessa classe di età.
Tasso di disoccupazione:
Rapporto tra le persone in cerca di occupazione che rispondono
ai criteri internazionali di classificazione (disponibilità a lavorare
entro due settimane e azioni di ricerca di lavoro negli ultimi 30
giorni) e le forze di lavoro (v. sopra).
62
I DATI DEI CENTRI PER L'IMPIEGO
Dall’anno 2000, con il decentramento delle funzioni in materia di
mercato del lavoro, sono entrati in vigore i Centri per l’Impiego
(CpI), che in Piemonte sono 30, secondo l’articolazione stabilita
con Delibera della Giunta Regionale dell’1.3.1999, derivanti in certi
casi da accorpamenti delle 49 preesistenti Sezioni Circoscrizionali
(SCI), attive fino a tutto il 1999.
Il quadro attuale, per area provinciale è il seguente, dove i nuovi
bacini per l’impiego sono individuati con riferimento ai Comuni
sede di Centro per l’Impiego e si segnalano fra parentesi gli
eventuali accorpamenti realizzati in rapporto alle precedenti
Sezioni Circoscrizionali (SCI):
Prov. di Alessandria: Alessandria, Casale Monferrato (inclusa ex
SCI di Valenza), Tortona, Novi Ligure, Acqui Terme (inclusa ex
SCI di Ovada)
Prov. di Asti: Asti (accorpamento in unico bacino delle ex SCI di
Asti, Canelli, Nizza Monferrato e Villanova d’Asti)
Prov. di Biella: Biella (accorpamento in unico bacino delle ex SCI
di Biella e Cossato)
Prov. di Cuneo: Cuneo (incluse ex SCI di Dronero e Borgo
S.Dalmazzo), Alba (inclusa ex SCI di Bra), Savigliano (inclusa ex
SCI di Fossano), Saluzzo, Mondovì (inclusa ex SCI di Ceva)
Prov. di Novara: Novara (inclusa ex SCI di Oleggio, tranne i
Comuni di Barengo e Vaprio d’Agogna), Borgomanero (inclusa ex
SCI di Arona e i Comuni di Barengo e Vaprio d’Agogna)
Prov. di Torino: Torino, Rivoli, Venaria, Ciriè, Settimo Torinese,
Chivasso, Cuorgnè, Ivrea (inclusa ex SCI di Caluso), Susa,
Pinerolo, Chieri, Moncalieri (inclusa ex SCI di Carmagnola),
Orbassano
Prov. di Verbania: Omegna (accorpamento in unico bacino delle
ex SCI di Domodossola, Omegna e Verbania)
Prov. di Vercelli: Vercelli (inclusa ex SCI di Santhià), Borgosesia
(inclusa ex SCI d Gattinara)
63
Nella maggior parte dei casi, nelle aree di riferimento delle SCI
soppresse si è mantenuto aperto uno Sportello Territoriale
decentrato.
Le informazioni più significative reperibili dai Centri per l'Impiego
riguardano le persone in cerca di occupazione che si rivolgono ai
servizi pubblici per l’impiego e le procedure di assunzione e di
cessazione.
Persone in cerca di occupazione
I meccanismi riferiti all’individuazione dei disoccupati sono stati
rivisti secondo una logica che non contempla più, come in
precedenza, il concetto generico di iscrizione, ma impone ai CpI di
operare solo sui soggetti alla ricerca attiva di un’occupazione
(DLgs 181/2000, come modificato dal DLgs 297/2002), secondo
delle regole a cui i servizi provinciali si sono adeguati.
S’intende che l’offerta di lavoro esplicita che si rivolge ai servizi
pubblici per l’impiego rappresenta solo un sottoinsieme della
disoccupazione presente sui mercati locali del lavoro, essendo
venuto meno il monopolio pubblico sull’intermediazione di
manodopera.
Procedure di assunzione e di cessazione
Le imprese o le Agenzie di lavoro interinale o di collocamento
private sono tenute a comunicare per via telematica tutti i
movimenti che interessano il personale a loro carico, in particolare
le nuove assunzioni, e le cessazioni dal lavoro per qualsivoglia
motivo (dimissioni, riduzione personale, fine rapporto a termine,
licenziamento per giusta causa, ecc…). Le comunicazioni di
assunzione, in particolare, debbono pervenire entro il giorno
precedente alla data di inizio lavoro, salvo che per le missioni di
lavoro interinale, che vanno comunicate dalle Agenzie di
somministrazione entro il giorno 20 del mese successivo a quello
di riferimento.
Le statistiche sulle procedure di assunzione e di cessazione si
riferiscono di norma ai movimenti operati dalle aziende con sede
64
nel bacino per l’impiego, cioè, in altre parole, i posti di lavoro resisi
disponibili o soppressi nell’area di competenza del CpI, che
possono interessare lavoratori residenti nel bacino stesso o
provenienti da altri bacini.
Gli archivi dei CpI, risiedono su di un programma di portata
regionale denominato SILP (Sistema Informativo Lavoro
Piemonte), sviluppato dal CSI-Piemonte, che si è andato
progressivamente strutturando per rispondere a tutte le esigenze
amministrative e informative del sistema, e a cui hanno
aderitotutte le province piemontesi. Il SILP contiene degli specifici
moduli statistici, che consentono di ottenere delle tabelle
predefinite o liberamente strutturate sulla base di vari parametri, o
di procedere all’estrazione diretta di spezzoni di archivio mediante
il sistema delle “Stampe Selettive”, con la possibilità di sviluppare
autonomamente gli incroci richiesti.
Dall’anno 2007, afferiscono al SILP tutti i movimenti occupazionali
effettuati in Piemonte (assunzioni, cessazioni, trasformazioni,
modifiche o proroghe del rapporto di lavoro) sia per il lavoro
subordinato, compreso tutto il pubblico impiego (fino ad allora
disponibile solo parzialmente), sia per il lavoro autonomo di
carattere parasubordinato (contratti a progetto e altre figure
analoghe), la cui rilevazione era solo sporadica fino a tutto il 2006.
Il sistema informativo attuale consente quindi un’analisi ampia e
articolata dei movimenti occupazionali. Il quadro statistico
disponibile si riferisce, in particolare, alle seguenti variabili,
eventualmente incrociabili tra di loro:
 età del lavoratore avviato o cessato, in relazione alla data
del movimento in questione;
 settore o comparto di attività, con la classificazione delle
missioni di lavoro interinale in relazione all’attività della
azienda utilizzatrice (ma con la presenza nel SILP di
numerosi movimenti privi di attribuzione settoriale);
 specifica contrattuale di inserimento al lavoro o categoria
professionale di appartenenza (apprendistato, collocamento
mirato, contratti di inserimento, lavoratore dello spettacolo /
65






a domicilio / in mobilità, lavoro interinale, socio di
cooperativa, disoccupato da oltre 24 mesi);
tempo di lavoro (part-time / full-time) e tipo di occupazione
(tempo determinato/indeterminato);
cittadinanza;
titolo di studio registrato (gli archivi, tuttavia, presentano
attualmente numerosi casi mancanti, per cui il dato non
appare pienamente attendibile);
durata prevista dell’occupazione a tempo determinato;
qualifica professionale attribuita all’atto dell’assunzione;
motivazione della cessazione dal lavoro.
Il sistema, inoltre, conteggia non solo le procedure di assunzione,
ma anche le persone coinvolte, in relazione al numero di occasioni
di impiego esperite da ogni lavoratore nel corso dell’anno. I dati
così disponibili vengono aggiornati periodicamente, con la
possibilità di determinare lievi modifiche alle statistiche precedenti,
a causa di correzioni o di inserimenti tardivi.
I SERVIZI DEI CENTRI PER L’IMPIEGO
Le Province hanno compiti di progettazione delle politiche del
lavoro e di coordinamento delle attività dei Centri per l’Impiego.
I Centri per l’Impiego sono moderne strutture in grado di offrire
all’utenza, ai lavoratori e alle imprese, ma anche alla scuola ed
alla formazione professionale, servizi per rispondere alle diverse
esigenze in tema di mercato del lavoro
ACCOGLIENZA – INFORMAZIONI
Analisi delle esigenze del cliente/utente, illustrazione della gamma
dei servizi territoriali (lavoro - orientamento - formazione) e delle
modalità di accesso
PRESELEZIONE
Servizio per favorire l'incontro domanda - offerta di lavoro tramite
colloqui con le persone immediatamente disponibili al lavoro ed
66
occupabili, raccolta delle offerte delle imprese ed incrocio fra le
candidature e le richieste delle imprese, segnalazione di una rosa
di candidati con i requisiti richiesti.
ORIENTAMENTO
Servizi di orientamento verso il lavoro e la formazione sia per i
giovani che per gli adulti: in ogni momento della vita infatti può
servire un aiuto per poter scegliere, o anche solo qualche
informazione su un mondo in parte già conosciuto.
STAGE E TIROCINIO
Esperienze in azienda che non costituiscono rapporto di lavoro
dipendente: favoriscono l’integrazione fra il sistema scolastico e il
sistema produttivo.
VOUCHER
Le persone che intendono lavorare, ma hanno vincoli di cura
familiare possono usufruire di un rimborso delle spese sostenute
per tale motivo e possono così accedere al lavoro o ad un
aggiornamento professionale senza aggravare la situazione
familiare.
AZIONI BREVI DI RINFORZO FORMATIVO
Brevi moduli di formazione professionale pensati per far fronte a
particolari esigenze di aggiornamento delle persone per posti di
lavoro disponibili sul mercato locale. Mettono la persona in grado
di rispondere in tempi brevi agli annunci di lavoro.
EURES
Servizio della Comunità Europea finalizzato a facilitare l’incontro
tra domanda ed offerta di lavoro in Europa. Opera attraverso
servizi decentrati coordinati dalla Regione, avvalendosi di una
banca dati contenente le opportunità di impiego a livello europeo.
INSERIMENTO MIRATO
Il Servizio Inserimento Mirato, attivo presso tutti i Centri per
l’Impiego, promuove progetti di inserimento lavorativo per i disabili
in collaborazione con altri servizi del territorio, offre consulenza
67
alle aziende per le assunzioni previste dalla legge 68/99 ed
effettua il monitoraggio degli inserimenti effettuati.
CREAZIONE DI IMPRESA
Supporto a chi vuole mettersi in proprio. Il servizio è svolto su
livelli successivi di approfondimento: da orientamento,
informazione e assistenza, a redazione del piano di impresa e
valutazione di fattibilità del progetto, comprese eventuali richieste
di finanziamenti e sostegno nella fase di avvio.
CONSULENZA ALLE AZIENDE
Assistenza alle aziende per tutte le pratiche obbligatorie legate al
mercato del lavoro, consulenza su come muoversi per ricerca di
personale, formazione degli addetti, assunzioni con agevolazioni.
STRUMENTI ON LINE
Sito istituzionale www.provincia.cuneo.it: vetrina delle offerte di
lavoro, norme e modulistica, indirizzi e riferimenti, novità sulle
attività dei Centri per l’Impiego , della scuola e della formazione
professionale, ma anche strumento di aggiornamento e scambio di
notizie tra operatori di orientamento …
68
LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI
La CIG è uno strumento a favore di imprese in difficoltà per motivi
contingenti o di ordine strutturale che consente la sospensione dal
lavoro di tutti o parte dei dipendenti in forza, a cui viene
corrisposta un’integrazione salariale pari all’80% della retribuzione
che sarebbe spettata al lavoratore, soggetta, però ad una
massimale mensile stabilito annualmente. Nella maggior parte dei
casi, di fatto, l’indennità corrisposta è inferiore alla quota dell’80%
prevista, e lo scarto rispetto alla retribuzione ordinaria è tanto più
elevato quanto più elevato è l’inquadramento professionale del
lavoratore sospeso.
A tale trattamento sono ammessi tutti i lavoratori con anzianità di
servizio di almeno 90 giorni, ad accezione degli apprendisti, dei
dipendenti assunti con contratto a termine o che operano presso il
proprio domicilio, e dei dirigenti. Il lavoratore mantiene lo status di
occupato, e solo al termine del periodo concesso può essere
licenziato, di norma attraverso lo strumento della mobilità, o
riprendere il servizio.
In linea generale, alla CIG possono accedere solo le imprese
industriali con più di 15 dipendenti, e questo ammortizzatore
sociale può essere applicato a tutti i dipendenti dell’azienda o
utilizzato a rotazione, coinvolgendo di volta in volta soggetti
diversi, secondo una turnazione prestabilita; la sospensione dal
lavoro può essere totale, ma anche parziale, solo per alcuni giorni
della settimana. L’integrazione viene conteggiata in base alle ore
di sospensione dal lavoro, con un massimo settimanale pari allo
standard contrattuale.
Si distinguono due tipologie di CIG: quella ordinaria, concessa
direttamente dall’INPS per eventi di natura temporanea e dalla
durata limitata nel tempo, e quella straordinaria, concessa nei
seguenti casi:
- per situazioni di crisi accertate per un periodo massimo di
12 mesi, rinnovabile solo dopo un intervallo di tempo pari
ai 2/3 del periodo già usufruito;
- per interventi di ristrutturazione, riorganizzazione o
conversione aziendale, per un periodo massimo di 24
69
-
mesi, eventualmente prorogabili in casi di particolare
complessità;
per procedura concorsuale, cioè per il fallimento
dell’impresa, per un periodo massimo di 12 mesi.
Un caso particolare di integrazione salariale è il cosiddetto
contratto di solidarietà, che prevede il coinvolgimento a rotazione
nella sospensione di tutti i dipendenti in forza all’azienda, anche
quelli di per sé non interessati dal provvedimento, per minimizzare
l’impatto del trattamento.
La normativa per la concessione della CIG è piuttosto complessa,
e prevede, al di là dei vincoli temporali prima indicati, dei limiti
massimi di utilizzo nell’arco di un quinquennio nel caso della
straordinaria o di un biennio nel caso dell’ordinaria. Modalità
particolari sono inoltre previste per le imprese del comparto edile e
dell’impiantistica.
Negli ultimi anni, in seguito all’aggravarsi della crisi industriale,
sono state concesse dal governo delle deroghe al ricorso alla CIG
Straordinaria, sia in termini di ampliamento dei limiti massimi di
utilizzo, sia come estensione mirata all’accesso al provvedimento
ad aziende prima escluse, come le imprese artigiane.
La concessione del trattamento salariale straordinario, inoltre,
specie nei casi di fallimento o cessazione di attività, è sempre più
strettamente legata all’impegno aziendale ad attivare processi di
ricollocazione.
I trattamenti vengono corrisposti dall’INPS, che dispone quindi di
statistiche relative alle ore di integrazione autorizzate, per tipologia
(ordinaria / straordinaria), categoria professionale (operai /
impiegati), settore di attività e area provinciale.
Tali informazioni sono di particolare interesse, perché
rappresentano un sensibile indicatore dello stato di salute del
sistema produttivo, in un’ottica di analisi congiunturale.
L'andamento delle richieste è inversamente correlato con
l'andamento previsto della produzione e degli ordinativi: a una
crescita del monte ore CIG corrisponde in prospettiva una
diminuzione dell'attività produttiva.
70
Occorre considerare, peraltro, che le ore in questione sono quelle
richieste dall’azienda e riconosciute dall’INPS: le ore poi
effettivamente erogate sono di norma inferiori a quelle richieste,
perché le previsioni delle aziende tendono ad essere
sovrastimate, per motivi prudenziali: si richiede una quota elevata,
riservandosi poi di non usufruire completamente del monte ore
disponibile.
Il dato reale, a consuntivo, è però disponibile con notevole ritardo,
per cui, date le finalità congiunturali delle analisi derivanti da tali
informazioni, si preferisce utilizzare il monte ore richiesto, anche
se sovrastimato, valutando che l'importante è il confronto nel
tempo di dati omogenei, anche se questi poi, non riflettono
l'effettivo ricorso alla CIG da parte del sistema economico
regionale.
LA LISTA DI MOBILITA’
La lista di mobilità è stata istituita dalla L. 223/1991: vi vengono
iscritti i lavoratori licenziati dalle imprese con più di 15 dipendenti,
sulla base della procedura individuata al Capo II della predetta
Legge.
I lavoratori collocati in mobilità perdono ogni rapporto con il datore
di lavoro e fruiscono di un’indennità, rapportata al trattamento di
integrazione salariale a cui avrebbero diritto, per un periodo
variabile a seconda dell’età: fino a 12 mesi per i soggetti con meno
di 40 anni, fino a 24 mesi per i soggetti da 40 a 49 anni, fino a 36
mesi per quelli con 50 anni e oltre, ulteriormente prorogabile in
determinate aree territoriali.
Le persone inserite nella lista di mobilità fruiscono di agevolazioni
all’assunzione. In caso di assunzione a tempo determinato,
l’iscrizione alla lista e la corresponsione dell’indennità spettante
vengono sospese fino al completamento dell’esperienza
lavorativa, dopodiché la decorrenza riprende fino al
raggiungimento del numero di mesi di mobilità previsti dalla
normativa, salvo proroga o trasformazione del rapporto di lavoro a
tempo indeterminato.
71
Il lavoratore viene cancellato dalla lista per scadenza dei termini
prima indicati (12, 24 o 36 mesi a seconda dell’età), avviamento al
lavoro a tempo indeterminato, messa in pensionamento di
vecchiaia o di anzianità, o per altre ragioni di ordine tecnico. Il
tempo di permanenza nella lista può essere superiore a quello
previsto in origine, se il lavoratore, come si è prima precisato,
viene avviato al lavoro a tempo determinato, ma in ogni caso non
è possibile restare iscritti per un periodo superiore al doppio delle
mensilità previste dalla legge in relazione all'età del lavoratore.
I lavoratori da collocare in mobilità vengono individuati generalmente da un accordo tra impresa ed organizzazioni sindacali; se
l’accordo non viene raggiunto autonomamente dalle parti, la
Regione (o il Ministero del Lavoro, nel caso di imprese con unità
localizzate in più aree regionali) le convoca svolgendo opera di
mediazione entro un termine massimo di 60 giorni. Se entro tale
scadenza l’accordo non viene comunque raggiunto, l’impresa ha
la facoltà di avviare le procedure di mobilità, individuando i
lavoratori sulla base dei criteri previsti dalla L. 223/91. L’accordo
tra impresa ed organizzazioni sindacali, invece, consente di
individuare i soggetti da inserire in lista anche in deroga a tali
criteri.
Di norma, l'impresa è tenuta a collocare in mobilità i lavoratori in
esubero entro 120 giorni dalla data di inizio indicata nell'accordo,
ma le parti sociali possono concordare una deroga a questo
termine, stabilendo un arco temporale anche molto più ampio.
Sono inoltre possibili proroghe, sempre previo accordo tra le parti.
I lavoratori in esubero non vengono generalmente messi in
mobilità dall'impresa in una soluzione unica, ma a più scaglioni,
nel corso del periodo stabilito.
La L. 236/1993 ha esteso la possibilità di iscrizione alla lista di
mobilità anche ai dipendenti di imprese fino a quindici addetti che
perdano il posto di lavoro, o a lavoratori a cui non spetti comunque
l’indennità di mobilità prevista dalla L. 223/91, purché il loro
licenziamento sia connesso a riduzione di personale,
trasformazione o cessazione dell’attività dell’azienda. In questo
caso il lavoratore viene iscritto in lista per un periodo pari a quello
previsto in relazione alla sua età, previa richiesta al competente
72
Centro per l’Impiego entro 60 giorni dalla comunicazione del
licenziamento, e può fruire delle agevolazioni concesse all’impresa
che intenda assumerlo, senza aver diritto però all’indennità di
mobilità. Tale opportunità aveva però la validità di un anno,
soggetta ad eventuale proroga, che è stata finora concessa
regolarmente di anno in anno, anche se con provvedimenti talvolta
tardivi (ad esempio il Decreto di proroga per gli anni 2002 e 2005
è stato adottato in ritardo, causando una temporanea sospensione
dell’inserimento in lista dei lavoratori con tali caratteristiche).
Lo stock di iscritti viene aggiornato mensilmente dalla
Commissione Regionale per l’Impiego (CRI), competente in
materia, sulla base degli elenchi di lavoratori trasmessi dalle
imprese nel caso della procedura di cui alla L.223/91, o dai Centri
per l’Impiego provinciali, nel caso degli inserimenti ex L. 236/93.
Il set di statistiche presentato riguarda i flussi in ingresso nella
mobilità, con dati riferiti cioè alle nuove iscrizioni effettuate nel
corso dell’anno. Le elaborazioni derivano dai dati elementari
dell'archivio gestionale delle procedure di mobilità, che fa capo
operativamente all’Osservatorio Regionale sul Mercato del Lavoro.
La CRI controlla effettivamente solo le procedure di iscrizione alla
lista di mobilità, e con la sua approvazione dà il via alla procedura
che consente all’INPS il pagamento delle indennità ai lavoratori
aventi diritto e alle imprese di fruire delle agevolazioni concesse
all’assunzione. La gestione delle fasi successive dell’iter
amministrativo (sospensioni e cancellazioni) viene materialmente
effettuata dai Centri per l’Impiego, che comunicano alla CRI, per la
ratifica formale, le cancellazioni.
La gestione dei dati di stock, cioè la fotografia dei lavoratori
attualmente in mobilità, presenta nell’archivio regionale vari
problemi, legati alla tempestiva comunicazione delle cancellazioni
da parte dei Centri per l’Impiego e ai tempi di caricamento dati e
ratifica da parte della CRI. Queste informazioni quindi vengono
attualmente estratte dalla base dati dei Centri per l’Impiego (SILP),
che è tempestivamente aggiornata e che consente anche di
reperire il dato sui soggetti sospesi perché avviati al lavoro a
tempo determinato o a tempo indeterminato part-time.
73
74
TABELLE
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99