Victoria Alonso dei Marvel Studios: “Ecco come entrare in un mondo

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Victoria Alonso dei Marvel Studios: “Ecco come entrare in un mondo
Victoria Alonso dei Marvel Studios: “Ecco come entrare in un
mondo di uomini”
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28/10/2016
Ci sono quei giorni in cui il caso (con la complicità degli uffici marketing e probabilmente anche lo zampino di Odino)
ti regala delle piacevoli coincidenze: per esempio, avere in programma un’intervista con una dirigente dei Marvel
Studios proprio mentre i media di tutto il mondo rimbalzano commenti, immagini e tweet sull’ultimo film da loro
sfornato. La dirigente in questione si chiama Victoria Alonso: lavora in Marvel dal 2005, ha supervisionato
produzione ed effetti speciali di più o meno tutti i film da Iron Man (2008) in avanti e dal 2015 è stata promossa a
vice-presidente esecutivo della società. Alonso è ospite della View Conference di Torino, dove ha in programma un
intervento sul ‘metodo Marvel’. Ma con le notizie e le recensioni che sfrecciano sulla timeline, è impossibile non
partire da Doctor Strange, il film con Benedict Cumberbatch in sala dal 26 ottobre.
Degli articoli su Doctor Strange mi hanno colpito i toni tra il positivo e il trionfale.
C’è anche chi si sbilancia e scrive che è “il miglior film Marvel di sempre“.
“Wow! [batte un pugno sul tavolo] Sono le parole che speriamo di leggere ogni volta che facciamo un film. Pensiamo
sempre che potrebbe essere l’ultimo, quindi ci sforziamo di inventare qualcosa di diverso, di nuovo, anche quando
si tratta di film dove tornano protagonisti già conosciuti come Iron Man, Captain America e Thor.”
Cosa c’è di nuovo in Doctor Strange?
“Il lato mistico e spirituale. Il protagonista è un personaggio che va alla ricerca di se stesso.
È vero, in fondo un travaglio del genere è stato affrontato anche da Captain America, da Iron Man, dal personaggio
interpretato da Chris Pratt in Guardiani della Galassia, ma in Doctor Strange è diverso: lui perde il suo lavoro, la sua
carriera, l’unica cosa che ha sempre considerato davvero importante. È costretto a reinventarsi come capita a tutte
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quelle persone che purtroppo nella vita reale oggi perdono il lavoro. Penso che questo aspetto – e la forte relazione
che si crea con il pubblico – possa essere uno degli elementi che hanno spinto il giornalista di cui parlavi a definirlo
‘il miglior film Marvel di sempre’.”
Marvel non è solo un marchio, ma un universo di personaggi e storie. La mia impressione è che si stia
comportando molto bene nell’industria contemporanea, proprio perché questa – soprattutto in ambito
fantastico – sta diventando sempre meno un terreno di gioco per singoli film, ma un luogo dove si
scontrano enormi universi: c’è Marvel, ci sono i supereroi Dc Comics, c’è la galassia Star Wars, con le varie
diramazioni nel cinema, nella tv, nei fumetti, nel digitale. Pensi che sia una strada ormai tracciata e che
proseguirà anche nei prossimi anni?
“No, penso che sia semplicemente la strada che stiamo percorrendo oggi. Non sappiamo cosa accadrà domani.
Tutto cambia, sempre. Oggi dominano gli universi? Ok, noi ci troviamo bene. Domani ci sarà richiesto qualcosa di
diverso? Perfetto, vorrà dire che evolveremo. La chiave di tutto è rimanere in contatto con i fan e con i loro interessi.
Il pubblico è intelligente: sono le sue scelte a dirci dove sta andando il mondo dell’intrattenimento. Credo che la
parola chiave rimanga proprio intrattenimento: per due ore, lo spettatore ha bisogno di dimenticare certi aspetti della
vita. Di lasciarli fuori dalla porta del cinema. Noi offriamo questo: due ore in cui ti divertiamo e in cui magari
proviamo anche a chiederti di riflettere. Nel caso di Doctor Strange, per esempio, di pensare che non tutto è ciò che
sembra, non tutto è bianco o nero. Come suggerisce Mordo al protagonista: ‘dimentica tutto ciò che pensi di
sapere’. Credo che sia il regalo più bello del film, l’invito ad aprire la propria mente.”
Rimanendo però sempre in un universo Marvel.
“Be’, sì, da quel punto di vista siamo un po’ faziosi.”
Esiste un master del vostro universo, un signore che decide quando i personaggi devono incontrarsi,
allearsi, scontrarsi?
“La visione generale è portata avanti da Kevin Feige [presidente dei Marvel Studios]. Alla fine della giornata, è lui
che decide. Ma si tratta sempre di scelte basate su un lavoro collettivo, in cui rientrano continue conversazioni tra
Kevin, Louis D’Esposito [co-presidente], me e il team creativo.”
Tu lavori alla Marvel dal 2005 e prima hai maturato esperienze in Sony, DreamWorks, Paramount, Fox.
Spesso vieni considerata un simbolo delle possibilità che può avere una donna in un ambiente
storicamente dominato dagli uomini. Da questo punto di vista, c’è stato un miglioramento rispetto all’epoca
in cui hai iniziato? È cambiato qualcosa?
“Sì, ma non abbastanza. E non in modo rapido come avrebbe dovuto. Io ho iniziato nel 1991 e ricordo che alle
conferenze di effetti speciali come Siggraph nelle tavole rotonde non c’era mai una donna. Poi ho iniziato a
organizzarne anche io e ho deciso di parteciparvi regolarmente, in modo che le ragazze tra il pubblico vedessero
sempre almeno un volto femminile. È una responsabilità per me molto importante. Oggi l’atmosfera è diversa. Già
solo il fatto che tu mi abbia fatto questa domanda e che scriva in un articolo la mia risposta significa che il tema è
entrato nella conversazione pubblica. Siamo ancora lontane da un risultato soddisfacente: le donne che lavorano in
questo settore sono ancora troppo poche. Ma posso dire che, almeno per quanto riguarda Marvel, ormai c’è la
consapevolezza del problema e c’è l’intenzione di affrontarlo e risolverlo.”
Saranno presenti molte donne e ragazze nella platea della View Conference. E molte altre leggeranno
questo articolo su Wired. Alcune di sicuro sono appassionate di film, fumetti, animazione e magari sognano
di lavorare nel settore. Hai un consiglio per loro? Come devono comportarsi, in particolare nel momento in
cui si trovano di fronte qualche porta chiusa?
“Devono capire che le porte non sono chiuse solo per loro: sono chiuse sia per i maschi che per le femmine. Ciò che
suggerisco alle lettrici di Wired è questo: spingete e apritele. E se proprio una non dovesse aprirsi, provate con
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un’altra. E se in Italia non trovate sbocchi, provate in Francia o in Spagna. Io lavoro negli Stati Uniti ma sono nata in
Argentina. Spingete finché non riuscite a entrare. E dimenticate l’idea che qualcuno debba aprirvi una porta solo
perché siete una donna: non è quello che bisogna chiedere.”
Qualche giorno fa, alla View Conference si è tenuta una tavola rotonda sul futuro dello storytelling e sul
rapporto tra film e serie tv. Senza dirlo forte, i partecipanti al panel hanno lasciato intendere la previsione
che – complice Netflix e lo streaming – le serie tv abbiano un futuro più luminoso dei film. State ragionando
anche voi in tal senso?
“No, sono discorsi che lasciano il tempo che trovano. Noi produciamo molti contenuti e in molti formati diversi.
Quando facciamo un film, vogliamo che sia vissuto dal pubblico come un film: il fan va al cinema, si compra i
popcorn e una bibita, si siede in sala e per due ore la sua mente è nostra. Gli raccontiamo una storia. Quando tutto
ciò finirà – e personalmente non ne vedo i segnali – vorrà dire che ci adatteremo e cambieremo anche noi.
Comunque, i film sono solo una parte della produzione Marvel: facciamo già molte serie tv, come Agents of Shield,
Jessica Jones e Luke Cage, continuiamo a stampare tonnellate di fumetti, creiamo contenuti per la carta, per la tv,
per gli smartphone. Abbiamo ottomila personaggi e talmente tante storie da raccontare da riempire tutti i formati
disponibili e tutte le ore di una giornata!”
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