Stampato - Lex24

Transcript

Stampato - Lex24
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
NEWSLETTER N. 12 DEL 22/29 MARZO
RISARCIMENTO DEL DANNO
a cura di Guida al Diritto
ANTEPRIMA
EDITORIALE.
Una riforma che scardina l’equilibrio tra i poteri
perché aumenta il controllo politico sulla Giustizia
DI LUCA PALAMARA ­ Presidente dell’Associazione na­
zionale magistrati
ONLINE
LA SENTENZa DEL GIORNO ­ GIUSTIFICATO
MOTIVO OGGETTIVO
Nella scelta di persone da licenziare va rispettato
il principio di correttezza
Corte di cassazione ­ Sezione Lavoro ­ Sentenza 28 marzo
2011 n. 7046
LA SENTENZA DEL GIORNO ­ PROCEDIMEN­
TO PENALE
Retroattività della prescrizione ridotta solo nel
rispetto del processo
Corte di cassazione ­ Sezione VI ­ Sentenza 1 dicembre
2010­28 marzo 2011 n. 12400
IN PRIMO PIANO ­ MILLEPROROGHE
Anatocismo: scatta la prima disapplicazione del
”salva banche”
di Alberto Leidi e Raul Ruggeri
a cura di Lex24
IN PRIMO PIANO
RESPONSABILITA’ DA CUSTODIA
NOTIFICAZIONI ATTI PROCESSUALI
ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE
PROCEDIMENTO
IN BREVE
IL MERITO ONLINE ­ PENALE
Breve viaggio nelle nullità processuali penali
di Nucci Alessandra ­ Camera Penale di Monza
PROFESSIONI E IMPRESE24
Il decreto ingiuntivo contro la Snc si estende al
socio che non si oppone
AVVOCATI24 ­ AVVOCATO DEL GIORNO
Tommaso E. Romolotti, partner, Studio Legale Romolotti Mar­
retta
DOCUMENTAZIONE
Da Repertorio24
Gazzetta Ufficiale
FIDEIUSSIONE
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
1
E D I T O R I A L E
RIFORME IN CANTIERE
Una riforma che scardina l’equilibrio tra i poteri
perché aumenta il controllo politico sulla Giustizia
DI
LUCA PALAMARA - Presidente dell’Associazione nazionale magistrati
L’
Associazione nazionale magistrati ha
il principio dell’obbligatorietà dell’esercizio delespresso la propria ferma contrarietà ai
l’azione penale e, dunque, il valore fondamentale
contenuti del disegno di legge costituziodell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
nale di riforma della Giustizia approvato dal ConsiCon la separazione delle carriere si creerà un
glio dei ministri. L’Anm non vuole sostituirsi al Parorgano di accusa che avrà il solo scopo di vincere il
lamento, ma ritiene doveroso esprimere le proprie
processo con la condanna dell’imputato e non
valutazioni di carattere tecnico su una riforma che
quello di applicare in modo imparziale la legge; un
intacca fortemente i principi dell’autonomia e delPm separato accentuerà il carattere repressivo dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri
la funzione e il suo ruolo si avvicinerà a quello
dello Stato. Le modifiche che riguarderanno la Codella polizia. Se le scelte del pubblico ministero
stituzione portano inequivocabilmente alla consisaranno condizionate dalle indicazioni della politiderazione che è stata studiata non una riforma delca, sarà difficile, se non impossibile, che possano
la Giustizia, ma una riforancora essere avviate indama della magistratura.
gini sui reati commessi dai
La contrarietà al testo
potenti.
non è apodittica o pregiuNell’affrontare il tema
l disegno di legge di riforma del titolo IV della Costituzione,
diziale, bensì è motivata
della
separazione delle carapprovato dal Consiglio dei ministri del 10 marzo 2011,
da un’attenta lettura delle continua a essere al centro della discussione. Dopo l’interven- riere occorre muovere da
norme. L’impianto com- to dell’ordinario di diritto processuale penale, Sergio Lorusso, una prospettiva che non
plessivo della riforma scar- e il primo piano dedicato alla proposta governativa (entrambi mira a difendere l’unicità
dina l’attuale equilibrio tra pubblicati su «Guida al Diritto» n. 13 del 26 marzo 2011) ora il delle carriere come un’esii poteri, attraverso un inci- dibattito prosegue con il punto di vista dell’Anm. Il presidente genza corporativa o addisivo rafforzamento del con- dell’associazione Luca Palamara illustra la forte contrarietà del rittura un privilegio di catrollo della politica sul si- sindacato dei magistrati che lo scorso 19 marzo ha proclama- sta, ma sotto un profilo
stema giudiziario, in netto to lo stato di agitazione. Intanto il Parlamento resta in attesa che intenda esaminare se
contrasto con il disegno del provvedimento.
avere giudici e pubblici mioriginario della Costituzionisteri separati sia effettivane del 1948. Le garanzie
mente il sistema che magdei cittadini e i diritti di libertà saranno, in questo
giormente garantisce i cittadini rispetto a quello
modo, privati della più efficace forma di tutela coattuale.
stituita dall’autonomia e dall’indipendenza della
È vero che in molti paesi il regime è di diversificamagistratura.
zione delle carriere; tuttavia è altrettanto vero che
Nel disegno riformatore le garanzie di autonol’unicità delle carriere è patrimonio storico di gran
mia e indipendenza, oggi previste in maniera punparte dell’Europa.
tuale direttamente dalla Carta costituzionale, sono
In Italia il dibattito sulla separazione delle carrieaffidate a successive e indeterminate norme di legre sembrava essersi sopito grazie alla riforma delge ordinaria, rimesse, quindi, alle contingenti magl’ordinamento giudiziario introdotta dal Dlgs n.
gioranze politiche.
106 del 2006, in virtù della quale è stata inserita nel
Con la riforma sarà la politica a indirizzare le
nostro ordinamento una marcata distinzione delle
indagini della polizia giudiziaria, che verrà sottratfunzioni tra Pm e giudice pur nella unicità delle
ta alla direzione della magistratura; sarà la politica
carriere. Benché sia ancora possibile il passaggio
a scegliere le priorità dei reati da perseguire. Sotto
da giudice a Pm, nella sostanza si è già realizzata
quest’ultimo aspetto viene radicalmente intaccato
una separazione delle funzioni.
Il tema della settimana
I
GUIDA AL DIRITTO
IL SOLE-24 ORE
8
N˚ 14
2 APRILE 2011
E D I T O R I A L E
RIFORME IN CANTIERE
Il pubblico ministero, lungi dall’essere proiettaessere ricordato che oggi esistono ben cinque forto verso la sola possibilità di accusa, già nella fase
me di responsabilità: penale, civile, disciplinare,
investigativa è strutturato come soggetto che non
contabile e anche professionale. In Italia, come in
agisce per fini di parte in quanto ha come scopo la
tutti gli ordinamenti democratici, è già prevista
ricostruzione dei fatti e l’applicazione a essi della
una responsabilità civile indiretta per i casi di dolo
regola di diritto. In questo senso, l’atteggiamento
o colpa grave e diretta nei confronti dello Stato che
processuale del pubblico ministero non è diverso
può poi rivalersi sui magistrati.
da quello del giudice come dimostrano le numeroI dati della Commissione europea per l’efficiense richieste di archiviazione e quelle di assoluzione
za della giustizia (Cepej) rivelano che l’Italia è uno
formulate quotidianamente. Ed è questa la princidei paesi con il più alto indice di funzionamento
pale ragione per cui giudici e pubblici ministeri
del sistema disciplinare.
hanno fatto parte della stessa categoria dall’Unità
La riforma - va rimarcato soprattutto - non ha
di Italia.
niente a che vedere con il funzionamento della
Strettamente collegato al tema della separazione
giustizia. Non ridurrà di un solo giorno la durata
delle carriere è poi quello dell’indidei processi penali e civili.
pendenza del pubblico ministero
Sarebbe davvero “epocale”, indall’esecutivo. L’attuale sistema
vece, una riforma che, come più
Nella proposta è previsto
delinea la figura di un pubblico mivolte richiesto dall’Anm, realizche le norme
nistero autonomo e indipendenzasse:
dell’ordinamento giudiziario
te, consentendogli di investigare lin l’abolizione
dei tribunali
dovrebbero assicurare
beramente e di esercitare il coninutili;
indipendenza
trollo di legalità senza condizionan l’eliminazione degli inutili formenti esterni.
malismi nelle procedure penali
all’ufficio del Pm
Senza questa autonomia del
e civili;
al quale non sarebbe
pubblico ministero dal potere
n un’effettiva informatizzazione
più riconosciuta e
politico non avremmo avuto
degli uffici e del processo;
costituzionalmente garantita
“Mani pulite”, inchieste su man l’ufficio del giudice e la riqualifila stessa autonomia
fia e terrorismo, sulle stragi, tancazione del personale amminidel giudice
ti e rilevanti processi sulla sanistrativo;
tà, quello sul “G8”.
n un incremento e una razionalizLa riforma, invece, propone un
zazione delle risorse umane e
modello di pubblico ministero profondamente dimateriali per gli uffici giudiziari;
verso e che inevitabilmente finirebbe per essere
n una seria depenalizzazione;
assoggettato al potere politico. Nel testo della riforn una reale riduzione del contenzioso civile.
ma dovrebbero essere le norme dell’ordinamento
Per queste ragioni il Comitato direttivo centrale
giudiziario ad assicurare autonomia e indipendenil 19 marzo scorso ha proclamato lo stato di agitaza all’ufficio del Pm al quale non sarebbe più ricozione invitando le sezioni distrettuali dell’Anm e i
nosciuta e costituzionalmente garantita la stessa
magistrati a una mobilitazione diffusa, demandanautonomia del giudice, perché la legge potrebbe
do alla Giunta esecutiva centrale di intraprendere
decidere diversamente.
ogni iniziativa volta a rappresentare nelle sedi poliAumenterà, inoltre, il numero dei componenti
tiche e istituzionali le motivazioni della contrarietà
nominati dalla politica all’interno degli organi di
alla riforma costituzionale.
governo della magistratura e risulterà così svuotaE la prima di queste iniziative, nel pieno rispetto
to il principio di autonomia dagli altri poteri dello
del percorso istituzionale, sarà l’incontro con il CaStato: se la carriera del giudice e la sua vita profespo dello Stato Giorgio Napolitano che avverrà a
sionale dipenderanno da scelte della politica sarà
Roma il prossimo 5 aprile.
n
più difficile ottenere decisioni giuste. A pagare anPer saperne di più:
cora una volta saranno i cittadini, in particolare
quelli più deboli.
www.associazionenazionalemagistrati.it
Quanto alla responsabilità del magistrato, deve
GUIDA AL DIRITTO
IL SOLE-24 ORE
9
N˚ 14
2 APRILE 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
Nella scelta di persone da licenziare va rispettato il
principio di correttezza
dell’efficienza del processo è in linea sia con l’articolo 117
della Costituzione sia con l’articolo 7 della Convenzione euro­
pea dei diritti dell’Uomo. La Cedu ammette, infatti, la deroga
al principio della retroattiviotà della disposizione più favorevo­
le all’imputato in nome di esigenze che meritano pari tutela e
che hanno pari rilievo
Corte di cassazione ­ Sezione Lavoro ­ Sentenza 28 marzo 2011 n.
7046
PRIMO PIANO ­MILLEPROROGHE
SENTENZA DEL GIORNO ­ GIUSTIFICATO MO­
TIVO OGGETTIVO
Il datore di lavoro che intende procedere a una ristrutturazio­
ne aziendale sopprimendo alcuni posti per ridurre il costo del
lavoro non è libero di scegliere chi allontanare ma è tenuto in
ogni caso a rispettare i prinicpi di correttezza e buona fede. Lo
ha affermato la sezione lavoro della Cassazione con la senten­
za 7046/2011 che ha accolto il ricorso di una dipendente.
Secondo i giudici di legittimità nel caso di licenziamento per
ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del lavo­
ro, se il giustificato motivo oggettivo consiste nella generica
esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il
datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione
del soggetto o dei soggetti da licenziare ai principi di corret­
tezza e buona fede, cui deve essere informato ogni comporta­
mento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il
recesso di una di esse.
SENTENZA DEL GIORNO ­ PROCEDIMENTO PE­
NALE
Retroattività della prescrizione ridotta solo nel rispet­
to del processo
Corte di cassazione ­ Sezione VI ­ Sentenza 1 dicembre 2010­28
marzo 2011 n. 12400
La deroga al regime di retroattività delle norme che riducono i
termini di prescrizione è possibile solo nel rispetto dell’effi­
cenza del processo. La Corte di cassazione, con la sentenza
12400, fa chiarezza sulla possibilità di applicare la legge penale
più favorevole e in particolare le norme che riguardano la
retroattività della prescrizione più breve, prevista dalla legge
251 del 2005, per i processi pendenti in appello o in Cassazio­
ne. Gli ermellini sottolineano che l’applicazione dipende dallo
stadio di avanzamento dei processi. La ratio del legislatore è
stata, infatti, ”quella di non vanificare le attività processuali già
compiute e cristallizzate, al momento dell’entrata in vigore
delle norme, secondo cadenze calcolate in base ai tempi di
prescizione più lunghi vigenti all’atto del loro compimento e di
tutelare così interessi di rilievo costituzionale sottesi al pro­
cesso, come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti dei
destinatari della funzione giurisdizionale”.
I giudici di piazza Cavour affermano che il criterio del rispetto
4
Anatocismo: scatta la prima disapplicazione del ”sal­
va banche”
di Alberto Leidi e Raul Ruggeri
L’ordinanza della Corte d’Appello di Ancona decide su
un’istanza di sospensione degli effetti della sentenza di primo
grado, avanzata da una banca in una causa per anatocismo,
occupandosi anche della recente norma di cui all’articolo 2,
comma 61, del decreto legge 29/12/2010 n. 225 (cd. ”Decreto
Milleproroghe”, conv. con mod. dalla legge 26/2/2011, n. 10).
Tale disposizione, come noto, prevede che ”in ordine alle
operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935
del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione
relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a
decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non
si fa luogo alla restituzione degli importi già versati alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente de­
creto legge”.
La pronuncia in parola si segnala perché rappresenta una delle
prime voci della giurisprudenza dopo la novella legislativa,
insieme con l’ordinanza del Tribunale di Benevento del 10/3/
2011 che ne ha sollevato la questione di legittimità costituzio­
nale.
La non applicabilità del Milleproroghe ­ La Corte d’Appello di
Ancona ritiene insussistente già il presupposto del fumus bo­
nis iuris, richiamando in primo luogo l’altrettanto recente
sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite del 2/12/
2010, n. 24418. Riguardo alla novità introdotta dal decreto
Milleproroghe ne afferma la non applicabilità al caso di specie,
sotto un duplice profilo. Osserva il collegio, in primo luogo,
che i ”diritti nascenti dalle annotazioni in conto”, per coerenza
sistematica, devono essere immediatamente azionabili (ancor­
ché il cliente possa non aver ancora cognizione di tali annota­
zioni), mentre nel caso delle azioni di ripetizione dell’indebito
essi sorgono solo al verificarsi di un ”pagamento” come defini­
to dalle Sezioni Unite: di conseguenza, la norma del decreto,
riferendosi alla prescrizione dei diritti diversi da quelli in lite,
non risulta pertinente alla fattispecie esaminata, la quale resta
quindi assoggettata ai principi fissati dalla Corte di legittimità.
In secondo luogo, avendo la norma ad avviso del giudicante
portata innovativa e non meramente interpretativa, essa non
può trovare applicazione non potendo disporre retroattiva­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
mente l’estinzione di un diritto già azionato in giudizio.
La posizione della Cassazione ­ La pronuncia della Corte
d’Appello ben sintetizza la ”crisi di rigetto” della giurispruden­
za a fronte di interventi legislativi sospetti di soccorrere il
contraente forte (in questo caso, una banca) in conseguenza
dei potenziali effetti negativi derivanti da precedenti giurispru­
denziali avversi. L’ordinanza si pone infatti dichiaratamente nel
solco tracciato dalla già citata sentenza delle Sezioni Unite,
riconoscendone il perdurante valore di precedente di riferi­
mento in materia. Al di là della valutazione sull’asserita natura
innovativa e non interpretativa della novella, da cui discende­
rebbe la sua dichiarata inapplicabilità ai giudizi pendenti, appare
di tutta evidenza che il percorso logico­argomentativo seguito
dalla Corte marchigiana intende minimizzare la portata dell’in­
tervento del Legislatore, riscontrando l’inadeguatezza della
norma così formulata a far decorrere il termine prescrizionale
dell’indebito dalla mera annotazione dell’operazione dichiarata
nulla.
Lasciando alle prossime espressioni giurisprudenziali la confer­
ma o meno dei principi enunciati dalla Corte d’Appello di
Ancona, va detto che in verità il ragionamento della Corte di
legittimità era più articolato, distinguendo due tipologie di
azioni, con i relativi regimi prescrizionali: 1) l’azione di nullità,
imprescrittibile, il cui termine decorre dalla singola annotazio­
ne derivante dall’esecuzione del negozio nullo; 2) l’azione di
ripetizione dell’indebito, soggetta all’ordinaria prescrizione de­
cennale, il cui termine decorre dalla data di avvenuto paga­
mento. Nell’ambito di questa le Sezioni Unite, evolvendo dalla
precedente giurisprudenza (cfr Cassazione 9/4/1984 n. 2262,
Cassazione 14/5/2005 n. 10127), evidenziano la ricorrenza di
un ”pagamento” non solo alla chiusura definitiva del saldo,
bensì anche, prima, in presenza di versamenti aventi funzione
solutoria, ossia quando abbiano avuto lo scopo e l’effetto di
uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Ripren­
dendo principi consolidati in materia fallimentare, questo ac­
cade qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto con
saldo in passivo (se privo di affidamento), ovvero con saldo
oltre il limite di affidamento (se il conto è affidato).
È questa, a parere di chi scrive, la vera portata innovatrice in
materia di prescrizione della pronuncia delle Sezioni Unite.
Sarà delicato compito delle prossime Ctu accertare quando
ricorra tale condizione e per quale importo (subentrando
anche problemi di imputazione a capitale o interessi), ma
quello che si palesa è la probabile contrazione ­ già per effetto
della pronuncia delle Sezioni Unite, a prescindere dal decreto
Milleproroghe ­ del periodo da riconteggiare nelle cause di
anatocismo.
Corte di Appello di Ancona ­ Ordinanza 15 marzo 2011
L’approfondimento di Guida al Diritto Corte sulla Cassazione
24418/2011
Tribunale ordinario di Benevento ­ Ordinanza 10 marzo 2011
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
A CURA DI LEX24 ­ IN PRIMOPIANO
Spazio temporale di interdizione dell’azione esecuti­
va:interessante parallelismo tra PA e società private
Alesii Leonardo , Padoan Gioia
Il Giudicante ha ritenuto che la complessità amministrativa
delle società per azioni partecipate da enti pubblici costituisce
un oggettivo ostacolo al pagamento celere e/o immediato del
debito, in analogia alla norma che vieta l’inizio dell’azione
esecutiva nei confronti della P.A. debitrice prima che siano
trascorsi 120 gg. dalla notifica del titolo esecutivo.
Tribunale Civile di Napoli, Sez. V Civile, ordinanza 12 gennaio
2011
L’ordinanza in commento è un recentissimo esempio di inno­
vazione e intelligenza nell’applicazione di principi generali di
diritto alle norme processuali. Tale provvedimento, infatti, ab­
dica ad una pedissequa applicazione della norma e della prassi
processuale, ed in ragionevole ossequio dei principi cardine di
correttezza e buona fede anche, e soprattutto forse, in mate­
ria processuale, sancisce, oltre che un provvedimento “giu­
sto”, una via sulla quale incamminarsi per restituire, almeno,
dignità a questa professione abusata fin troppo da forze ester­
ne e, purtroppo, anche intestine.
Tale provvedimento ha stabilito che, laddove il creditore, nel
caso di specie società “partecipata da enti pubblici e notoria­
mente caratterizzata da una struttura amministrativa di grandi
dimensioni, conseguentemente complessa”, preannunci uno
spontaneo pagamento di un debito di valore “indubbiamente
modesto”, con “modalità da definirsi serie e non posticce” e
“la soddisfazione di quanto dovuto avvenga di poi, in termini
assolutamente ragionevoli (meno di 40 giorni dalla pubblica­
zione delle sentenza”, non può ritenersi opportuna la scelta
operata dal creditore a procedere con celerità con l’esecuzio­
ne forzata, la quale non trova “ragione nella opportunità di
acquisire, col vincolo del pignoramento, la garanzia (in senso
lato) a tale atto connaturato” soprattutto in considerazione,
come nel caso di specie, della notoria solvibilità del debitore.
Il caso giudiziale
La vicenda giudiziale che ha portato all’emanazione dell’ordi­
nanza in commento riguarda un fatto di comune esperienza e
largamente diffuso nelle aule di giustizia e presso gli uffici
giudiziali di tutti i Fori Italiani: una vicenda che vede da un lato
le parti creditrici, che per mezzo dei loro procuratori, pongo­
no in essere ogni atto ed azione tesa sia alla tutela sia al
recupero del credito vantato; dall’altro, le parti debitrici, che,
al contrario, tendono ad opporsi alle azioni ed agli atti dei
creditori nel tentativo di procrastinare, comprimere e ridurre
il quantum debeatur. Una vicenda, quella in esame che, però,
diverge dal noto comportamento tenuto del debitore che si
sottrae all’obbligo del pagamento, ma che, invece, spontanea­
mente comunica al creditore la propria intenzione di voler
corrispondere integralmente la somma dovuta.
Ma vediamo nel dettaglio.
5
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
A seguito della pubblicazione di una sentenza di condanna di
un modesto importo, una società soccombente inviava al suo
debitore comunicazione con la quale si dichiarava pronta al
pagamento di quanto dovuto, “salvo ripetizione del medesimo,
nei tempi tecnici strettamente necessari all’emissione ed all’in­
vio dell’assegno circolare”, facendo però espressa richiesta al
creditore di non intraprendere nelle more di siffatte attività
burocratiche, alcuna iniziativa finalizzata al recupero forzato
del credito stante
“L’inutile quanto pregiudizievole aggravio della posizione debi­
toria”
Nel caso specifico la società, di grandi dimensioni ed a parteci­
pazione statale, aveva inviato tale comunicazione al suo credi­
tore solo 24 giorni dopo la pubblicazione della sentenza di
condanna per un importo complessivo, tra sorte e interessi, di
soli € 97,84.
Appena 3 giorni dopo la ricezione di tale comunicazione, il
creditore provvedeva a redigere e passare alla notifica atto di
precetto in forza del medesimo provvedimento di condanna,
chiedendo il pagamento alla Società per un importo comples­
sivo pari ad € 397,80.
A distanza di 12 giorni dall’invio della comunicazione, la socie­
tà soccombente inviava regolare assegno circolare al creditore
per l’importo di € 97,84 al cui pagamento era stata condanna­
ta.
Due mesi dopo la notifica del precetto, e dall’avvenuto paga­
mento, il creditore effettuava un pignoramento presso terzi in
danno della debitrice per il solo importo relativo alle spese
legali, per complessivi € 297,58.
La Società debitrice proponeva opposizione all’esecuzione ex
art. 615 2° comma cpc, chiedendo in via pregiudiziale la so­
spensione della procedura esecutiva osservando che i principi
di correttezza e buona fede sono fatti salvi e devono comun­
que sussistere anche nei rapporti creditore / debitore e che
quest’ultimo “con l’opposizione, ha sostanzialmente sostenu­
to l’abuso da processo, il quale, anziché giusto, diviene ingiusto
ove frutto di abuso, appunto, per l’esercizio dell’azione in
forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell’interesse
sostanziale, con conseguente crisi della necessaria strumenta­
lità del mezzo processuale, rispetto a quella che è la funzione
essenziale tipica assegnatagli dall’ordinamento”.
Il Giudice dell’opposizione, con il provvedimento che andre­
mo ad esaminare, sospendeva l’esecuzione concedendo ter­
mine per la riassunzione nel merito.
Il provvedimento
Gli elementi presi in esame dal giudicante possono certo
essere valutati singolarmente, come di seguito ci apprestere­
mo a fare, ma certamente si fondono l’uno nell’altro dando
vita ad un quadro ben più ampio di quello a cui apparentemen­
te sembrano legati.
A parere di chi scrive, essenziale, nella formazione della deci­
sione del giudice sta certamente l’esiguità del credito dovuto
che viene posto in relazione sistematica alla solvibilità del
debitore, al preannunciato pagamento (con modalità serie,
incontrovertibili e non posticce) di quanto dovuto, al pregiudi­
6
zio che il creditore avrebbe ricevuto dalla mancata messa in
esecuzione del titolo, al pregiudizio subito dal debitore, alla
ragionevolezza dei tempi di pagamento ed alla dimensione
della società debitrice. Ebbene il giudice nel porsi davanti alle
circostanze indicate ha dedotto, implicitamente, che il com­
portamento tenuto dal creditore in alcun modo fosse ispirato
alle regole di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.
Come vedremo avanti, la decisione del Tribunale non adbica
completamente alle norme processuali in materia di esecuzio­
ne, né deroga alle stesse, ma decide di dare preminenza ai
principi della correttezza e buona fede che devono sì permea­
re i rapporti di diritto civile, ma devono altresì trovare applica­
zione anche e soprattutto nei rapporti processuali, con parti­
colare riguardo a quelli creditore / debitore.
È infatti interesse del legislatore, tutelare sì chi vanta un diritto
nei confronti di un soggetto, ma è uguale intenzione tutelare
quest’ultimo da vessazioni ed abusi che potrebbero delinearsi.
Da prendere subito in esame è senza dubbio la “promessa di
pagamento” effettuata spontaneamente dal debitore, il quale,
senza imput alcuno da parte del creditore, né messa in mora,
né notifica della sentenza, né tantomeno dell’atto di precetto,
ha inviato una comunicazione alla controparte anticipando il
pagamento complessivo di quanto dovuto in forza del titolo
che lo vedeva soccombente.
Ebbene, anche se il provvedimento in oggetto non lo espliciti,
definendo tale intenzione di pagamento “seria e non postic­
cia”, di fatto sembrano connotarsi gli elementi di cui agli artt.
1206 e 1208 c.c., con cui il legislatore ha stabilito che il
debitore può mettere in mora il suo creditore mediante l’ef­
fettuazione di un’offerta reale ai sensi e per gli effetti dell’art.
1208 c.c; inoltre, ha precisato la Suprema corte, laddove tale
offerta non sia reale, purchè “seria” (Ex mutis Cass. Civ, 2178
del 06.05.1978) essa è comunque in grado di evitare la mora
del debitore.
Ebbene, nel caso di specie, l’offerta avanzata dalla società
riportava tutti gli elementi di cui all’art. 1208 c.c., pertanto
considerabile “solenne”, dal momento che essa era stata fatta
al creditore dal debitore (entrambi soggetti capaci o con
facoltà di adempiere e ricevere) e omnicomprensiva dell’inte­
ro quantum debeatur (sorte più interessi).
Altro elemento valutato dal Giudice è senz’altro il tempo
dell’adempimento.
Assodata la circostanza per cui il creditore non stava per
vedersi prescrivere il proprio diritto ai sensi dell’art. 2946, e
che quindi lo stesso aveva ben 10 anni per poter procedere
con il recupero coattivo del credito, la fattispecie in esame
ricade senz’altro nella disciplina codicistica in cui il tempo
fissato (ricordiamo dal debitore!) per l’adempimento è indivi­
duato dalla clausola “al più presto”, ovvero nei “tempi stretta­
mente tecnici per l’emissione dell’assegno circolare e l’invio al
creditore“.
Ebbene, non essendo previste dal nostro codice fattispecie
contrattuali per la cui esecuzione non sia fissato un termine, il
legislatore, in mancanza dell’indicazione di termine per l’adem­
pimento precisa che le parti, eventualmente in disaccordo,
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
debbano fare riferimento al giudice il quale, valutate le circo­
stanze (la tolleranza del creditore, il pregiudizio per le parti,
ecc), fissi un termine al debitore per il compimento delle
proprie obbligazioni.
Nello specifico caso in esame, dal momento che il termine
non è stato fissato con precisione né dal debitore che sponta­
neamente ha dichiarato di voler adempiere, né dal creditore
che non ha indicato termini essenziali per adempiere (se non
con l’atto di precetto), la circostanza, relativa al tempo del­
l’adempimento “può essere riscontrata a posteriori dal Giudi­
ce medesimo” al fine di accertare se la prestazione sia stata o
meno eseguita “in un lasso di tempo congruo, tenuto conto
dell’oggetto e della natura del medesimo” (Cass. Civ. n. 296/
78)
Ed in effetti, il Giudicante col provvedimento in commento, ha
ritenuto congruo il tempo in cui l’adempimento è corretta­
mente avvenuto, in relazione all’oggetto ed alla sua natura,
consistendo lo stesso nel pagamento di una esigua somma di
denaro che il debitore, vista la sua notoria solvibilità, ha corri­
sposto in un termine “assolutamente ragionevole”.
Ma l’aspetto più interessante dell’ordinanza in parola consiste
probabilmente nel confronto tra la società debitrice ed un
ente pubblico. Sul punto il giudicante precisa che il debitore è
“una società per azioni partecipata da enti pubblici, notoria­
mente caratterizzata da una struttura amministrativa di grandi
dimensioni, conseguentemente, complessa” caratteristiche
che “in casi analoghi, lo stesso legislatore riconosce essere
ostacolo al pagamento celere e/o immediato”. Infatti, continua
nel suo provvedimento, nel caso della Pubblica Amministrazio­
ne il legislatore ha previsto che sia interdetto l’inizio dell’azio­
ne esecutiva se non all’inutile spirare del termine di 120 giorni
dalla notifica del titolo esecutivo ex art. 14 D. L. 669/96, in
forza del quale si richiede la prestazione, uno “spatio ademple­
ti previsto proprio al fine di consentire il necessario coordina­
mento tra le diverse articolazioni organizzative dell’ente debi­
tore complesso”.
L’ordinanza della Suprema Corte Sez. III del 14.01.2009 n. 590,
facendo proprie le conclusioni dedotte dal Tribunale dell’Aqui­
la di cui alle sentenze nn. 627 e 628 del 2007 ha affermato che
“la ratio ispiratrice della nuova disposizione di cui al comma 1
su richiamato, come modificata dal D.L. n. 269/03, può ragio­
nevolmente individuarsi nella volontà legislativa di impedire ai
creditori degli enti pubblici, in possesso di titoli esecutivi, di
dare inizio all’esecuzione forzata ed anche solo di minacciarla,
prima che l’ente sia stato messo in condizioni di porre in
essere le procedure amministrative per effettuare spontanea­
mente il pagamento, evitando così gli oneri connessi alla pro­
cedura di esecuzione forzata”.
Ebbene, anche nel caso che ci occupa, il Giudice, alla luce delle
partecipazioni di enti pubblici nella società debitrice e delle
dimensioni della stessa, deve aver fatto proprie le ragioni della
Corte di Cassazione ritenendo essenziale per l’adempimento
della stessa, la concessione, se non di un termine sospensivo
all’esito del quale iniziare l’esecuzione, almeno di un tempo di
tolleranza da ritenersi congruo e ragionevole. Pertanto, in
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
applicazione analogica e sistematica, il Giudicante ha ritenuto
assolutamente applicabile il principio sottostante il D.L. 669/96
anche alle società di dimensioni assimilabili ad enti statali e di
cui è plausibile presupporre la medesima complessità burocra­
tica.
Certamente l’emissione di un provvedimento di merito di
siffatte proporzioni rappresenta una significativa e concreta
inversione di tendenza nell’applicazione del principio di buona
fede e diligenza nei rapporti processuali tra creditore e debi­
tore, ma, sostanzialmente “punisce” il tecnico del settore/pro­
fessionista che nell’esercizio dei propri poteri, abusando degli
strumenti forniti del legislatore, opera una condotta speculati­
va e non deontologica.
Ci riferiamo in particolare alla veste che una fattispecie assimi­
labile alla presente ha assunto davanti ai Giudici delle Sezioni
Unite della Corte di Cassazione. Ebbene con sentenza n.
27214 del 23/12/2009, la Suprema Corte ha ravvisato, in capo
al professionista, la violazione dell’art. 22 del codice deontolo­
gico, laddove quest’ultimo “sulla base di sentenza favorevole al
proprio cliente, nonostante la modestia – in relazione alle
condizioni economiche del debitore – del credito accertato
nella pronunzia giurisdizionale e pur in essenza di un rifiuto
esplicito del debitore di dare spontanea esecuzione alla sen­
tenza – notifichi al debitore atto di precetto (così aggravando
la posizione debitoria di questo), senza previamente informare
l’avvocato dell’avversario della propria intenzione di dare cor­
so alla procedura esecutiva.”
Va precisato, anzitutto, che le due fattispecie, benchè simili, si
differenziano tra loro per il fatto che mentre nel caso sottopo­
sto alla Suprema Corte, il creditore, lesto e repentino, ha dato
inizio su propria ed unica iniziativa alla procedura esecutiva,
nel caso in parola, l’interesse ad agire del creditore è stato
stimolato dall’iniziativa spontanea all’adempimento da parte
del debitore.
Benché la fattispecie valutata dalla Cassazione sia meno gravo­
sa rispetto a quella in commento, la stessa ha condannato il
comportamento tenuto dal creditore, rifacendosi al più ampio
principio di obbligo di buona fede oggettiva o correttezza (ex
articolo 2 Cost.) quale espressione dell’ancor più generale
principio di solidarietà sociale (Cass. Civ., 5 marzo 2009, n.
5349), tale da imporre, nei rapporti della vita di relazione,
contrattuali ed extracontrattuale, un comportamento leale,
che si ravvisa anche “in obblighi di informazione e di avviso,
nonchè volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti del­
l’apprezzabile sacrificio (in termini, ad esempio, Cass. 5 febbra­
io 2007, n. 3462)”.
Nella precisa fattispecie giudiziale, secondo la Suprema Corte,
tale comportamento deve assumersi con particolare riguardo
al rapporto tra le parti, “non solo durante l’esecuzione del
contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale
per ottenere l’adempimento (Cass., sez. un., 15 novembre
2007, n. 23726; Cass. 11 giugno 2008, n. 15746).”
Peraltro, continua la sentenza, mentre l’art. 88 c.p.c. stabilisce
che le parti e i loro difensori devono comportarsi in giudizio
con lealtà e probità, il codice deontologico degli avvocati
7
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
prevede, sia che l’avvocato mantenga sempre, nei confronti dei
colleghi, un comportamento ispirato a correttezza e lealtà
(articolo 22), sia che lo stesso non aggravi con onerose inizia­
tive giudiziarie la situazione debitoria della controparte (arti­
colo 49).
Alla luce di siffatte considerazioni la Corte ha ritenuto che “la
disposizione dettata dall’articolo 22 del codice deontologico
vieti al professionista di tenere una condotta quale quella
accertata e censurata al professionista che abbia abusato”
degli strumenti processuali.
Ed invero le Sezioni Unite hanno già affermato siffatto princi­
pio secondo cui “costituisce illecito disciplinare la violazione,
da parte dell’avvocato, del dovere di lealtà e correttezza nei
confronti del collega di controparte, dovere la cui osservanza
può anche richiedere, in talune circostanze, di informare l’av­
vocato di controparte circa le iniziative intraprese a tutela
delle ragioni del proprio assistito (Cass., sez. un. 17 aprile
2003, n. 6188).”
Ed invero, in forza di tale importante pronuncia, molteplici
esposti vengono mossi e sono posti oggi all’attenzione del
Consiglio dell’Ordine in danno di avvocati che, seppur in
applicazione ortodossa delle norme processuali, agiscono sen­
za aver preventivamente dato notizia della creditoria vantata e
dell’intenzione a volerla recuperare forzatamente. Ci riferia­
mo, con particolare riguardo, all’Agente della Riscossione
Equitalia Gerit, che, al fine di non veder aggravata la propria
posizione economica e poter procedere, spatio adempleti, alla
liquidazione di quanto dovuto, ha iniziato una lunga serie di
deterrenti procedimenti disciplinari in danno degli avvocati
che notificano immediatamente l’atto di precetto unitamente
al titolo esecutivo, senza aver previamente espresso l’intenzio­
ne a procedere coattivamente col recupero del credito.
CODICE DEONTOLOGICO
Art. 22 Codice Deontologico: Rapporto di colleganza
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi
un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispon­
dere con sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti
di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione
deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne
che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare.
III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica
con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è
consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
Art. 49 Codice Deontologico: Pluralità di azioni nei confronti
della controparte.
L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziati­
ve giudiziali la situazione debitoria della controparte quando
ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte
assistita.
Inoltre, va richiamato anche l’art. 88 c.p.c.: Dovere di lealtà e
di probità :
Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in
giudizio con lealtà e probità.
8
In caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve
riferirne alle autorità che esercitano il potere disciplinare su di
essi.
I RIFERIMENTI DI GIURISPRUDENZA
Tribunale Napoli Sezione 5 Civile
Ordinanza del 12 gennaio 2011
I
INGIUNZIONE ­ NOTIFICA DEL PRECETTO ­ RIFUSIONE DELLE
SPESE RELATIVE ALLA FASE ESECUTIVA ­ PAGAMENTO SUCCES­
SIVO ALLA NOTIFICAZIONE ­ ABUSO DEL PROCESSO ­ TERMI­
NE DI 120 GG. DALLA NOTIFICA PREVISTO PER LA P.A. DEBITRI­
CE ­ ESTENSIONE DEL TERMINE ALLE SOCIETA’ PARTECIPATE
DA ENTI PUBBLICI PER STRUTTURA AMMINISTRATIVA COM­
PLESSA
TRIBUNALE DI NAPOLI
5° SEZIONE CIVILE
IL GIUDICE DELL’ESECUZIONE
nella procedura esecutiva mobiliare n. 12470/2010 R.G.E.,
letto il ricorso ex art. 615, comma 2°, c.p.c.,
sciolta la riserva e letti gli atti, fatti salvi i limiti propri della
presente fase sommaria, osserva quanto segue.
Il creditore esecutante deduce di avere diritto alla rifusione
delle spese della fase esecutiva, per il fatto che il pagamento è
avvenuto solo dopo la notificazione del precetto (precisamen­
te cinque giorni dopo) e di avere diritto al riconoscimento
delle altre spese e competenze indicate in precetto, per essere
stato tale atto predisposto e notificato da un patrocinatore
legale.
Tr. deduce che aveva comunicato al creditore, prima che
questi intimasse il precetto, che avrebbe pagato ­ salvo il
diritto di ripetizione ­ quanto stabilito dal giudice nei tempi
tecnici strettamente necessari all’emissione ed all’invio dell’as­
segno circolare e che lo aveva espressamente esortato a non
intraprendere, nel mentre, in ossequio ai principi di buona
fede e correttezza di cui al codice civile, attività esecutive, le
quali avrebbero comportato un inutile quanto pregiudizievole
aggravio della posizione debitoria.
I dati di fatto rilevanti sono pacifici e sono i seguenti:
­ Euro 97,84 (oltre interessi legali), l’entità del credito;
­ 5 febbraio 2010, la data di pubblicazione della sentenza;
­ 1 marzo 2010, la data nella quale la condannata Tr. disponeva
il pagamento immediato a mezzo dell’articolazione competen­
te e ne dava comunicazione a mezzo fax al difensore del
creditore, con esortazione ad astenersi dall’intraprendere
l’esecuzione forzata;
­ 4 marzo 2010, la data di consegna all’ufficiale giudiziario
dell’atto di precetto per la notifica;
­ Euro 397,80, la somma precettata, con patrocinio legale;
­ 13 marzo 2010, la data di pagamento dei credito a mezzo
assegno circolare;
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
­ 3 maggio 2010, la data del pignoramento mobiliare, per le
sole spese di precetto, quantificate in Euro 297,58.
La società esecutata, con l’opposizione, ha sostanzialmente
sostenuto l’abuso da processo, il quale, anziché giusto, diviene
”ingiusto” ove fruito di abuso, appunto, per esercizio dell’azio­
ne in forme eccedenti, o deviatiti, rispetto alla tutela dell’inte­
resse sostanziale, con conseguente crisi della necessaria stru­
mentalità del mezzo processuale rispetto a quella che è la
funzione essenziale e tipica assegnatagli dall’ordinamento,
Ebbene, a riguardo non può prescindersi dalla indubbia mode­
stia del credito e dal fatto che la debitrice ne ha debitamente e
con modalità da definire serie e non posticce preannunciato la
integrale soddisfazione; soddisfazione avvenuta, di poi, in tem­
pi assolutamente ragionevoli (meno di 40 giorni dalla pubblica­
zione della sentenza), considerato che la debitrice è una socie­
tà per azioni partecipata da enti pubblici, notoriamente carat­
terizzata da una struttura amministrativa di grandi dimensioni,
conseguentemente, complessa; complessità, che lo stesso legi­
slatore, in casi analoghi, riconosce essere ostacolo al paga­
mento celere e/o immediato; così nel caso degli enti pubblici,
ove è previsto che il creditore non possa agire in via esecutiva
senza avere atteso almeno centoventi giorni dalla notifica del
titolo esecutivo; spatio adimplendi, previsto proprio al fine di
consentire il necessario coordinamento tra le diverse articola­
zioni organizzative dell’ente debitore complesso.
D’altro canto, nel caso di specie, neppure può sostenersi che
la scelta di procedere all’esecuzione forzata, nonostante il
preannunciato imminente pagamento, con tanta celerità, trovi
ragione nella opportunità di acquisire, con il vincolo del pigno­
ramento, la garanzia (in senso lato) a tale atto connaturata,
tenuto conto della modestia del credito e della notoria solvibi­
lità dell’ente debitore.
P.Q.M.
­ sospende l’esecuzione e concede alle parti il termine peren­
torio di giorni 180 per la riassunzione della causa davanti al
Giudice di Pace.
Riferimenti:
Legge
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
FIDEIUSSIONE
Nulla la garanzia dell’ipoteca sul bene donato
Busani Angelo, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 23 marzo 2011
Pagina 36
È nulla la fideiussione rilasciata a garanzia di un mutuo garanti­
to da ipoteca su un immobile appartenente al mutuatario per
donazione, qualora sia dimostrato che la fideiussione è stata
rilasciata per garantire la banca che la donazione non sarà
oggetto di contestazione da parte di eredi legittimari del do­
nante. È quanto ritenuto dal Tribunale di Mantova nella sen­
tenza 228/2011, depositata il 24 febbraio (ottenuta dallo stu­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
dio Afbn di Genova).
Questa pronuncia è destinata a finire sui libri universitari
perché diventerà un precedente imprescindibile nella compli­
cata materia della ”circolazione” dei beni oggetto di donazio­
ne: la presenza di una donazione nella ”storia” di un immobile
ne rende infatti assai complicata la successiva vendita (o la sua
sottoposizione ad ipoteca) a causa del timore dell’acquirente
(o della banca) che l’immobile possa essere oggetto di una
controversia ereditaria tra il donatario e gli altri eredi del
donante, di cui l’acquirente dell’immobile o la banca mutante
potrebbero fare le spese.
L’articolo 561 del Codice civile sancisce infatti che gli immobili
restituiti in conseguenza dell’impugnazione della donazione
sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il donatario può averli
gravati (le ipoteche restano efficaci se l’impugnazione è propo­
sta dopo venti anni dalla trascrizione della donazione); l’artico­
lo 563 dispone che se il donatario ha venduto gli immobili
donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della
donazione, l’erede che ha impugnato la donazione può chiede­
re ai successivi acquirenti la restituzione degli immobili.
Per sterilizzare il timore che la donazione comporti problemi
all’acquirente del donatario o alla banca che ha preso l’immo­
bile in ipoteca, la prassi professionale ha elaborato alcune
”tecniche”: ad esempio, la risoluzione della donazione, provo­
cando il ritorno del bene nel patrimonio del donante; l’inter­
vento del donante al contratto di vendita o all’atto di costitu­
zione dell’ipoteca, al fine di fargli prestare la garanzia per
evizione; il rilascio di una fideiussione da parte del donante a
favore dell’acquirente o della banca, a garanzia del fatto che vi
sarà un risarcimento, garantito da tutti gli eredi del donante,
per il soggetto che si vedrà privato del bene acquistato o
avuto in ipoteca, qualora tale bene faccia ritorno nella massa
ereditaria per effetto di vittoriosa impugnazione della donazio­
ne.
È proprio quest’ultimo sistema a essere stato cassato dal
Tribunale di Mantova: non possono essere imposti ”pesi o
condizioni sulla quota spettante ai legittimari” (articolo 549
del codice civile) ed è chiaro che è un peso evidentissimo
quello che ha come effetto una responsabilità per evizione del
bene donato in capo al legittimario che propone l’azione di
riduzione mediante una fideiussione stipulata dal de cuius e
poi ”ereditata” dai suoi successori.
La sentenza in commento è importante anche perché non è
una sentenza in materia ereditaria: nel caso esaminato dal
Tribunale non vi era nessuna lite tra eredi ma ”solo” la pretesa
della banca di escutere la fideiussione rilasciata dal donante a
causa dell’inadempimento del mutuatario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tribunale Mantova Sezione 2 Civile
Sentenza del 24 febbraio 2011, n. 228
Fideiussione ­ Polizza fideiussoria ­ Mutuo garantito da ipoteca su
beni di provenienza donativa ­ Mezzo per eludere applicazione di
norma imperativa ­ Illegittimità
9
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI MANTOVA
SEZIONE SECONDA
in composizione monocratica nella persona del Giudice Dott.
Andrea Gibelli ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. 3351/2007 R.G. pro­
mossa da;
Br. Ta.
elettivamente domiciliata in Via Mo. e Cu. (...) ­ Ma., presso e
nello studio dell’avv. Al. Be. che la rappresenta e difende uni­
tamente agli avv.ti Al. Ac., Pa. Gi. e St. Fr. del Foro di Ge.
giusta procura a margine dell’atto di citazione;
ATTRICE
contro
Banca Ag. Ma. S.p.a.
elettivamente domiciliata in Via Pr. Am. (...) ­ Ma. presso l’avv.
Be. Bi., rappresentata e difesa dall’avv. Gi. Pa. Ba. del Foro di
Re. Em. giusta procura in calce alla comparsa di costituzione;
CONVENUTA
con la chiamata in causa di
Gi. Ma.
elettivamente domiciliato in Via Ca. (...) ­ Ma., presso e nello
studio dell’avv. Ce. Ru. che lo rappresenta e difende unita­
mente all’avv. Fr. Fe. del Foro di Mo. giusta procura a margine
della comparsa di costituzione;
CHIAMATO IN CAUSA
in punto a: ”Fideiussione ­ Polizza fideiussoria”.
CONCLUSIONI
Per l’attrice:
”Piaccia al Tribunale Ill.mo contrariis reiectis previe le declara­
torie meglio viste previa eventuale rimessione della causa sul
ruolo per l’ammissione delle non ammesse istanze istruttorie
formulate dalla conchiudente, dichiarare nulla, per i motivi
dedotti in citazione e in corso di giudizio ­ ovvero per ulteriori
altre ragioni comunque rilevabili d’ufficio ­ la fideiussione con­
cessa in data 12 (rectius 13, N.d.R) dicembre 2000 dal Sig. Re.
Ma. (prod. N. 2) alla ”Banca Ag. Ma.”, con vittoria di spese
diritti, e onorari del presente giudizio. Dichiara di non accetta­
re il contraddittorio sulle domande e sulle eccezioni, nuove o
tardivamente formulate, o formulande da controparte”.
Per Banca Ag. Ma. all’udienza del 6/7/10:
”Conclude come da memoria 14/11/08 con vittoria di spese
competenze ed onorari, in via subordinata istruttoria chiede
l’ammissione delle prove dedotte in memoria ex art. 183 del
18/12/08.
Per Banca Ag. Ma. in memoria 14/11/08:
nel merito, previa valutazione sotto il profilo della correttezza
e della buona fede del comportamento anche processuale dei
sig.ri Br. Ta. e Gi. (rectius Gi., N.d\R) Ma., respingere tutte le
domande svolte contro Banca Ag. Ma. S.p.a. perché infondate
in fatto e in diritto, oltreché temerarie.
In ogni caso con vittoria di spese competenze e onorari”.
10
Per Gi. Ma.:
”Voglia il giudice del Tribunale di Mantova dichiarare nullo il
contratto di fideiussione a norma degli artt. 1345 e 1418 c.c.;
Voglia comunque dichiarare tenuta la convenuta a rifondere le
spese del giudizio a Gi. Ma. stante la inutilità della sua parteci­
pazione al giudizio”.
IN FATTO E IN DIRITTO
La causa è stata, irritualmente, introdotta nelle forme del rito
societario anziché in quelle del rito ordinario.
Secondo la difesa di parte attrice la costituzione di parte
convenuta, avvenuta nelle forme del rito ordinario, e quindi
con comparsa di costituzione e risposta non notificata, do­
vrebbe considerarsi inesistente.
Tale tesi non può essere condivisa.
Invero, come osservato dalla difesa della Banca convenuta, in
data 10/12/07, prima del mutamento del rito da societario a
ordinario, la convenuta ha effettuato, nelle forme previste dal
D.Lvo n. 5/03, la notifica della comparsa con mandato alle liti
alla parte attrice, di tal che si deve parlare non di costituzione
inesistente ma di costituzione tardiva.
Ciò premesso si osserva quanto segue.
Br. Ta., vedova di Re. Ma., deceduto in Fo. (Mo) il (...), ha agito
in giudizio per sentire dichiarare la nullità della fideiussione
rilasciata in data 13/12/00 dal defunto marito in base alla quale
quest’ultimo si costituiva garante del tiglio Gi. Ma. fino alla
concorrenza di Lire 3.500.000,000 verso Banca Ag. Ma. S.p.a.
”per l’adempimento delle obbligazioni verso codesta banca
dipendenti da operazioni bancarie di qualsiasi natura, già con­
sentite o che venissero in seguito consentite al predetto no­
minativo o a chi gli fosse subentrato, quali, ad esempio: finan­
ziamenti sotto qualsiasi forma concessi, aperture di credito,
aperture di crediti documentari, anticipazioni su titoli, su cre­
diti o su merci, sconto o negoziazione di titoli cambiari o
documenti, rilascio di garanzie a terzi, depositi cauzionali,
riporti, compravendita di titoli e cambi, operazioni di interme­
diazione o prestazioni di servizi”.
All’art. 3 delle condizioni era prevista la solidarietà ed indivisi­
bilità dell’obbligazione fideiussoria nei confronti dei successori
ed aventi causa del fideiussore.
La domanda è fondata.
Con atto pubblico a ministero notaio Al. Fr. in data 6/10/93
Rep. n. (...)­(...) Re. Ma., che era nato a Ma. (Mo) il (...), aveva
donato al figlio Gi. Ma. un terreno agricolo situato in Comune
di Fo., frazione Ma., lungo Via Po. con soprastanti fabbricati
rurali ad uso stalla, fienile, deposito, magazzini ed in parte ad
uso abitazione, confinante con: via Po., ragioni Be., Be. Gu. e
Al., e censito al N.C.T. di Fo. alla partita (...), foglio (...), mappali
(...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...).
In data 15/12/00, e cioè due giorni dopo la fideiussione di cui si
è detto, Banca Ag. Ma. S.p.a. concedeva a Gi. Ma., con atto a
ministero notaio Al. Fr. Rep. n. (...)­(...), mutuo ipotecario
fondiario dell’importo di Lire 3.500.000.000. Dal contratto di
mutuo si evince che parte del complesso immobiliare offerto
in ipoteca dal mutuatario era pervenuto allo stesso con l’atto
di donazione del 6/10/93 sopra citato.
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
Ciò premesso ulteriormente si osserva quanto segue.
Non è contestato che Re. Ma. si sia spogliato del suo patrimo­
nio immobiliare in forza della donazione del 6/10/93 di cui si è
detto.
Pure non è contestato che, all’epoca della fideiussione, Re.
Ma. vivesse dei proventi della sua modesta pensione.
E’ provato che la fideiussione fu prestata da Re. Ma. a Banca
Ag. Ma. S.p.a. per l’importo di Lire 3.500.000.000 a garanzia
dell’adempimento delle obbligazioni del figlio Gi. Ma. dipen­
denti da operazioni bancarie di qualsiasi natura, tra cui finan­
ziamenti sotto qualsiasi forma concessi, solo due giorni prima
dei contratto di mutuo col quale la stessa Banca ha erogato un
finanziamento di pari importo a Gi. Ma.
E’ pure provato che il mutuo è garantito da ipoteca su beni in
parte di provenienza donativa.
In tale contesto la funzione della fideiussione non può essere
altra se non quella di dissuadere il legittimario dall’intentare in
futuro l’azione di riduzione che gli possa competere.
Invero in un caso come quello di specie il legittimario erede si
troverebbe nell’asse ereditario il debito di garanzia del die
cuius e, come è stato osservato, tanto dovrebbe valere ad
indurlo ad evitare di proporre l’azione di riduzione perché
l’effetto di incremento del patrimonio risultante dal suo vitto­
rioso esperimento sarebbe vanificato dal debito.
La stessa difesa della Banca convenuta riconosce che il mante­
nimento del credito a Gi. Ma. era subordinato ”alla condizione
di avere ulteriori garanzie, più sicure di quelle costituite su
beni di provenienza donativa” (v. memoria 14/11/08 per Ba.
S.p.a.).
Se non che l’ulteriore garanzia non poteva essere rappresenta­
ta dalla consistenza patrimoniale di Re. Ma. ormai nullatenen­
te.
E’ poi in atti copia della lettera racc. A.R. in data 24/10/06
inviata dal difensore della Banca convenuta all’attrice in cui tra
l’altro si legge ”... Le comunico che il defunto ha rilasciato in
favore della Banca Ag. Ma. fideiussione fino alla concorrenza di
Lire Italiane 3.500.000.000 (pari a Euro 1.807.599,15) a garan­
zia di tutte le obbligazioni del figlio Gi. Ma. Conseguentemen­
te, qualora Le venisse riconosciuta la qualifica di erede, con
tutti i suoi beni, già presenti nel suo patrimonio e rinvenimenti
(così nella lettera, N.d.R.) dalla successione, Lei dovrà rispon­
dere (nel limite predetto) di tutte le obbligazioni di Suo figlio,
ivi compresa quelle già esposte nell’esecuzione 184/2004 indi­
cata in Euro 1.904.652,56 oltre interessi, come da atto di
intervento, e spese legali”.
La fideiussione di cui si discute deve pertanto ritenersi illecita
per illiceità della causa ex art. 1344 c.c. atteso che il contratto,
nel caso di specie, costituisce il mezzo per eludere l’applicazio­
ne di una norma imperativa.
Invero il patto di garanzia è teso ad eludere il principio di
intangibilità della quota legittima, principio che si desume in­
contestabilmente dalla norma imperativa di cui all’art. 549 c.c.
Ne consegue la nullità ex art. 1418 c.c.
Resta assorbita la richiesta formulata in via subordinata istrut­
toria dalla difesa della Banca dovendosi del resto riconfermare
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
sul punto quanto già statuito con ordinanza 28/4/09. Le spese
seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
II Tribunale ogni contraria istanza eccezione e deduzione di­
sattesa così provvede:
1) Dichiara la nullità del contratto di fideiussione per cui è
causa per quanto in motivazione;
2) Condanna Banca Ag. Ma. S.p.a. alla rifusione delle spese che
liquida, in favore di Br. Ta., in Euro 28.647,50 di cui Euro 32,00
per esborsi, Euro 4.891,00 per diritti, Euro 20.545,00 per
onorari, Euro 3.179,50 per rimborso spese generali e, in
favore di Gi. Ma., in Euro 12.584,25 di cui Euro 2.286,00 per
diritti, Euro 8.900,00 per onorari, Euro 1,398,25 per rimborso
spese generali oltre a quanto dovuto per legge.
Riferimenti:
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
RISARCIMENTO DEL DANNO
(
Risparmiatori truffati da una Sim scatta la condanna
della Consob
Guida al Diritto ­ LE SENTENZE DEL GIORNO
Corte di Cassazione ­ Sezione III civile ­ Sentenza 23 marzo 2011
n. 6681
La Cassazione stringe il cerchio sugli obblighi di vigilanza della
Consob. L’ente di controllo e vigilanza, deve essere tale non
solo di nome ma anche di fatto. I giudici di Piazza Cavour, con
la sentenza n. 6681/2011, hanno confermato la condanna della
Consob al risarcimento del danno subito da un gruppo di
risparmiatori, truffati tra il 1990 e il 1992 da una Società di
intermediazione mobiliare (Sim), perché la Commissione è
intervenuta soltanto tardivamente a sospenderne l’attività.
Una condanna per responsabilità extracontrattuale, ex artico­
lo 2043 del Cc, che si fonda sull’obbligo della pubblica ammini­
strazione, riconosciuto dalla Cassazione, di improntare la pro­
pria attività al principio generale del neminem ledere.
Bocciato, dunque, il ricorso con il quale la Consob contestava
la condanna inflittale nel 2007 dalla Corte d’appello di Roma
ritenendo «che non avesse operato con diligenza» nei con­
fronti di un gruppo di risparmiatori.
La Commissione si era difesa davanti ai giudici di legittimità
sostenendo che non era tenuta ad operare controlli sostanzia­
li ma solo formali sui prospetti di informazione al cliente.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, all’opposto, l’ente di vigilan­
za deve svolgere una funzione di garanzia dei risparmiatori non
solo in base alle leggi specifiche che ne regolamentano l’attivi­
tà, ma in modo tale da evitare, secondo un generale principio
di buon senso, che i risparmiatori siano danneggiati.
I supremi giudici al termine di quella che hanno definito ”una
complessa ma istruttiva vicenda” hanno enunciato il seguente
principio di diritto. «L’attività della pubblica amministrazione
ed in particolare della Consob deve svolgersi nei limiti e con
11
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
l’esercizio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istitui­
scono, ma anche dalla norma primaria del ”neminem laedere”,
in considerazione dei principi di legalità, imparzialità e buona
amministrazione dettati dall’articolo 97 della Costituzione in
correlazione con l’articolo 47 prima parte della Costituzione».
«Pertanto la Consob ­ prosegue il principio della Cassazione ­
è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall’articolo 2043 del
codice civile atteso che tali principi di garanzia si pongono
come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il
sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario.
L’illecito civile, per la sua struttura, segue le comuni regole del
codice civile anche per quanto concerne la cosiddetta imputa­
bilità soggettiva, la causalità, l’evento di danno e la sua quantifi­
cazione». In questa causa la Consob, parte soccombente, è
stata condannata anche a pagare 15 mila euro di spese giudi­
ziarie sostenute, per il giudizio in Cassazione, dai risparmiatori
truffati. Non è invece nota l’entità della cifra che dovranno
risarcire alle persone rimaste truffate.
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile
Sentenza del 23 marzo 2011, n. 6681
Responsabilità civile ­ Pubblica amministrazione ­ Consob ­ Vigilan­
za ­ Obbligo ­ Tutela dei risparmiatori ­ Società di intermediazione
mobiliare ­ Sospensione tardiva dell’attività
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARIO ROSARIO MORELLI ­ Presidente ­
Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI ­ Rel. Consigliere ­
Dott. ADELAIDE AMENDOLA ­ Consigliere ­
Dott. GIOVANNI GIACALONE ­ Consigliere ­
Dott. FRANCO DE STEFANO ­ Consigliere ­
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 820­2009 proposto da:
Consob Commissione Nazionale Società Borsa (...), in perso­
na del Presidente prof. La. Ca., elettivamente domiciliata in
Ro., Via Ba. Or. (...), presso lo studio dell’avvocato Ma. Za., che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato An. Pe. giusta
procura speciale del Dott. Notaio Li. Co. in Ro. del 05/10/
2009, Rep. n. (...);
­ ricorrente ­
contro
An. Ma. (...), Mi. D’A. (...), Vi. Ma. (...), Ma. Da. Pa. (...), Fa. Be.
(...), Da. D’A. (...), Gi. Fa. (...),An. St. Tu. (...), elettivamente
domiciliati in Ro., Via A. Se. (...), presso lo studio dell’avvocato
Ga. Bu., che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
Pa. Pa. giusta delega in calce al controricorso;
­ controricorrenti ­
nonché contro
12
Ma. Co., An. Cr., Ce. Re., Ta. Re., Ca. Di Bi., Cl. Di Io., Da. Tu.,
Ba. Za., Am. Ma., Fr. Ma., Ci. Me., Et. Da., Br. Di Ru., An. Ar.,
Ro. Fe., Pa. Ve., Ma. Cu., Lu. Fi., Pa. Ol. nato a Ti. il (...), Ma. Pr.,
Pi. Re., An. Di Lu., Eu. Ma., Pa. Ma., Gi. D’A., Pa. Ve., Ca. Or.,
En. Pa., Lu. Sa., Al. To., As. Ce., Al. Ga., Lu. Ma., Ad. Ma., Fu.
Re., Ga. Ca., En. Co., Ot. Pe., Ma. Ra., Na. Gi., Le. Gi., En. Ma.,
Sa. Pe., Ar. Sa., Gi. Se., An. To., Lo. Ch., Vi. Gi., Gi. Ma., Fe. Co.
Di Iu., Fa. D’A., Gi. De Ca., An. De. Fr., Ca. Ca., Ca. Fr., Lu. Ci.,
Be. D’O., Fe. D’O., Ma. Ti., Fr. Fo., Pa. Ol. nato a Ro. il (...), Ne.
Pa., Ri. Pi., Da. Po., Gi. Ma. Ra., Fr. Ri., Ma. Pi. Di Pi., Fi. Ie., Ma.
Cr., Vi. De La., Ma. Gi. De. Fr., Ca. Di Qu., An. Bi., Cl. Co., Al.
Mi., Gi. Qu., Ma. Ca., Do. Ga., An. Ma. Mo., Va. Mo., Se. No.,
An. Pu., En. Re., Ni. Ri., An. Di Ma., Ma. Di Me., Ma. Do. Vi.,
Re. Le., Vi. Di Ta., Gi. Ca., Ni. Fa., Ro. Su., An. Gi., Do. Ma. Pa.,
Gi. Pa., Ev. Pe., An. Di Gi., Ro. Gu., Vi. Cr., Eu. De Ro., Fr. An. ,
Re. Ba., Gi. Be., Do. Di Zi., El. Fa., Lu. Sp., An. Al., Ot. Fo., Do.
Mo., It. Or., Fe. Pa., Vi. Ru., Da. Ve., Em. Mi., Gl. Mi., An. De.,
Do. Bi., Am. Fa., An. So.;
­ intimati ­
avverso la sentenza n. 4675/2007 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 15/10/2007, de­
positata il 12/11/2007 R.G.N. 10134/04; udita la relazione della
causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2011 dal Consi­
gliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato Ma. Za.;
udito l’Avvocato Ga. Bu.;
udito l’Avvocato Pa. Pa.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. MASSIMO FEDELI che ha concluso con il rigetto del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
1. Con citazione notificata il 27 gennaio 1997 il sig. Gi. Be. ed
altri centoventinove risparmiatori convenivano dinanzi al Tri­
bunale di Roma la Commissione Nazionale per la società e la
borsa­breviter CONSOB ­ chiedendone la condanna, a titolo
di responsabilità aquiliana ai sensi dello art. 2043 c.c. per il
risarcimento dei danni per la perdita totale degli investimenti
effettuati su sollecitazione della Sf. Società Se. Fi. Am. dal luglio
1990 e fino al novembre 1992, e della Sf. Co. S.r.l., dal marzo
1990 al maggio 1992. Si costituiva la Consob e contestava il
fondamento delle pretese. Nel corso del giudizio interveniva­
no altri risparmiatori nell’interesse proprio.
2. Il Tribunale di Roma con sentenza del 26 luglio 2004 rigetta­
va tutte le domande proposte dai risparmiatori intervenuti in
quanto prive di autonome conclusioni verso la Consob, acco­
glieva invece le domande di tutti gli attori ­ con la eccezione di
quella di Sa. la. per difetto di prova ­ ritenendo che la Commis­
sione non avesse operato con diligenza e la condannava al
risarcimento integrale dei danni ed alle spese di lite.
3. Contro la decisione proponeva appello la Consob chieden­
do previamente la sospensione della efficacia esecutiva e nel
merito il rigetto delle domande; anche i risparmiatori interve­
nuti nel giudizio di primo grado proponevano impugnazione
ed i due gruppi di parti impugnanti,contrassegnati dai numeri
di ruolo 10134 del 2004 e 6277 del 2005 davano luogo a
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
procedure che venivano riunite a quella contrassegnata dal n.
820 del 2009.
4. La Corte di appello, sulle conclusioni rassegnate dalle varie
parti, con sentenza del 17 novembre 2007, cosi decideva:
dispone la separazione delle cause riunite a quella del 2009 n.
820 considerata ai fini della decisione; dichiara inammissibile la
Costituzione in appello di Sa. Ia. compensando le spese del
grado con la Consob; rigetta lo appello incidentale proposto
da Be. Ot. D’I. e lo condanna alla rifusione delle spese del
grado in favore della Consob; rigetta lo appello della Consob
nei confronti degli altri appellati e la condanna alla rifusione
delle spese del grado.
Contro la decisione ricorre la Consob proponendo sette
motivi di cesura; resistono Fa. Be., ed altri sette con unico
controricorso.
La parte ricorrente ha prodotto memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
5. Per chiarezza espositiva si darà dapprima una sintesi dei
motivi della parte ricorrente, ed a seguire una loro
analisi valutativa, tenendo conto anche delle considerazioni
rassegnate nel controricorso.
C.A. SINTESI DEI MOTIVI DEL RICORSO CONSOB.
5.1. Nel PRIMO MOTIVO si deduce error in iudicando per la
violazione degli artt.101,121,156 c.p.c. e del diritto della difesa,
in relazione allo art. 360 n. 2 c.p.c.
La censura si incentra sul punto in cui la Corte di appello ha
confermato la decisione del Tribunale che ha ritenuto di non
dover tenere conto dei rilievi contenuti nella consulenza tec­
nica di parte della Consob per la ragione che le risultanze di
detta consulenza non hanno formato oggetto di contradditto­
rio in quanto trasfuse nella comparsa conclusionale di primo
grado. Il quesito di diritto a ff. 21 e 22 ripete la censura nella
forma della domanda retorica, che presuppone una risposta
affermativa.
5.2. Nel SECONDO MOTIVO si deduce error in iudicando
per violazione dello art. 112 c.p.c. in relazione allo art. 360 n.
3 c.p.c. ed il vizio della motivazione in merito al fatto che la
consulenza tecnica di parte conteneva delle osservazioni criti­
che alla relazione del Consulente di ufficio, meritevoli di esse­
re considerate, e che la omessa considerazione delle critiche
determina la violazione della corrispondenza tra il chiesto e il
pronunciato. Il quesito a ff. 24 ripropone tale tesi, ma senza
indicare o richiamare nel dettaglio le censure.
5.3. Nel TERZO MOTIVO si deduce error in iudicando, in
relazione alla violazione o falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 18
quater della legge istitutiva della Consob 1974 n. 216 con
riferimento alla identificazione della condotta colposa efficien­
te della Consob, la quale, avendo rilasciato il 15 marzo 1989 la
autorizzazione alla sollecitazione al pubblico risparmio, alla Sf.
Di. S.p.a. poi divenuta Sf. Si., avrebbe poi omesso di compiere
la diligente vigilanza, anche quando risultò evidente che la
società in questione faceva parte di un più vasto gruppo,
ricollegatesi alla Sf. distribuzione ed alla Sf. Co., che svolgevano
intermediazione finanziaria senza autorizzazione alcuna. LA
TESI, illustrata nel quesito a ff. 26, è che sulla base delle tre
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
norme richiamate tale controllo, successivo alla autorizzazio­
ne,non doveva essere compiuto.
5.4. Nel QUARTO motivo si deduce lo error in iudicando per
la violazione dello art. 3 della legge 2 gennaio 1991 n. 1. in
relazione allo art. 360 n. 3 del cod. proc. civile ed il vizio della
motivazione in ordine allo addebito secondo cui la CONSOB
non esercitò diligentemente la attività di verifica PRODROMI­
CA al rilascio delle autorizzazioni, rilasciate il 21 dicembre
1991, avvalendosi di poteri di ispezione e di controllo. Il
quesito sintetico a ff. 41 esprime la tesi secondo cui erronea­
mente la Corte di appello ha ampliato la ratio legis della
norma invocata, assumendo che la Consob non aveva soltanto
un potere di controllo meramente formale, e là dove ha
ritenuto che potesse esercitare un potere di sospensione.
5.5. Nel QUINTO motivo si deduce ancora error in iudicando
in relazione alla violazione delle norme dei regolamento di
attuazione della legge 1991 n. 1, ed in particolare dell’art. 7
approvato con deliberazione n. 5386 del 2 luglio 1991. La tesi,
ribadita nel sintetico quesito a ff. 46 è che la Corte avrebbe
ampliato la portata della norma, nel punto in cui ha ritenuto
che il controllo prodromico avesse una portata sostanziale
anziché formale e che in repressione potesse esistere un
potere di sospensione per la Consob.
5.6. Nel SESTO MOTIVO si deduce il vizio della motivazione
nel punto in cui la Corte di appello ritiene rilevante, ai fini
della considerazione della condotta illecita, la tardiva sospen­
sione di Sf. Si. e di It. Fi. dello Albo Si. dopo lo accertamento
delle irregolarità riscontrate. Il motivo non contiene quesiti,
ma si attarda a precisare come invece la Consob, attraverso
una intensa attività ispettiva ed una sistematica denuncia alla
autorità giudiziaria ebbe ad accertare le gravissime irregolarità
di tutti gli ulteriori fatti riscontrati nel corso delle ispezioni.
Ma a tale argomento se ne aggiunge a
ff. 46 la solita clausola di esenzione, sostenendosi che comun­
que le ispezioni esulavano dallo ambito della competenza della
Commissione medesima SEMPRE nei corpo del motivo si
assume che il nuovo regime della legge del 1991 n. l implicava
la. possibilità di misure cautelari solo se le irregolarità anterio­
ri alla entrata in vigore, continuavano anche dopo tale regime
che aveva aumentato i poteri di controllo della Consob ­come
si legge a ff. 47 del ricorso.
5.7. Nel SETTIMO MOTIVO si deduce error in iudicando in
relazione alla applicazione della clausola generale del neminem
laedere, in relazione allo art. 360 n. 3. c.p.c, sul rilievo che
nella fattispecie di illecito in esame, manca la prova che il
danno lamentato dai risparmiatori fosse conseguenza imme­
diata e diretta delle autorizzazioni rilasciate nei confronti della
Sf. Di. e di It. Fi.
6. ANALISI CRITICA DEI MOTIVI.
Il primo motivo, che deduce un error in iudicando produttivo
della violazione del contraddittorio sostanziale tra le parti è,
nella sua formulazione e proposizione di quesito, inammissibile
sotto vari profili: difetta di autosufficienza, posto che le ragioni
critiche della relazione di parte non vengono in evidenza,
rendendo impossibile a questa Corte di ricercarle altrove, e di
13
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
specificità, posto che la allegazione tardiva della consulenza in
sede di conclusioni era in lesione del diritto a contraddire
delle altre parti. Non sussiste dunque alcuna violazione delle
norme violate e la formulazione del motivo è incompleta e
contraddittoria proprio con riguardo alle tesi propugnate nel
quesito, come rilevato anche in sede di controricorso.
Nel secondo motivo si deduce invece una palese violazione
del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronuncia­
to in relazione alla mancata considerazione delle critiche del
consulente di parte della Consob. La inammissibilità dei moti­
vo discende dal la preclusione processuale che precede, non
senza rilevarne la manifesta infondatezza, sul rilievo che per
costante giurisprudenza di questa Corte la consulenza di parte
costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico
e priva di valore probatorio, e dunque la valutazione del
giudice di merito che ne prescinda, ma che sia coerente al
raccolto probatorio, non contiene alcuna violazione del princi­
pio primo della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Nel TERZO MOTIVO si deduce error iniudicando con riferi­
mento alla originaria normativa della legge 1974 n. 216, soste­
nendosi nel relativo quesito, che non contiene il riferimento al
successivo regolamento Consob del 1985, la tesi garantista del
controllo meramente formale della Commissione nella raccol­
ta delle informazioni relative al gruppo di appartenenza della
società destinataria della autorizzazione, garanzia che impedi­
va di vigilare successivamente sullo operato di tale gruppo.
IL MOTIVO assume un ruolo centrale per lo esame del pre­
sente contenzioso, nel quale il fatto dannoso che si prospetta
come illecito civile, secondo le regole di cui allo art. 2043,
esige da un lato la precisazione dei termini temporali dello
illecito, ben delineati della citazione introduttiva, e d’altro lato
lo accertamento di tutti gli elementi strutturali dello illecito,
tra cui quello della imputabilità per colpa lata, o della imputabi­
lità soggettiva è quello che viene per primo dedotto nel moti­
vo in esame come error in iudicando, sul rilievo che tale
esigibilità di condotta virtuosa non sarebbe richiesta dalla
legislazione istitutiva della Commissione come ente pubblico
indipendente la cui funzione fondamentale è quella del con­
trollo dei mercati di borsa cui si aggiunge con la novellazione
della legge del 1991 n. 1. art. 1 lettera f. e art. 3 comma
secondo e terzo, la funzione del controllo al momento del
rilascio della autorizzazione alle società di intermediazione
mobiliare con il rinvio per le norme di dettaglio al potere
regolamentare della Consob. Funzione di proteggere la tutela
del risparmio, in una correlazione costituzionalmente orienta­
ta dagli artt. 41 e 47 della Costituzione.
Il motivo nella sua formulazione a ff. 26, appare inammissibile
in relazione alla sua assoluta mancanza di collegamento tra le
fattispecie dello illecito succedute nel tempo tra il 1990 e
1992 ma a carattere continuativo, di guisa che gli atti e le
attività di impoverimento dei risparmiatori, evidenziano un
illecito civile continuato e con effetti lesivi permanenti, tale da
creare un danno ingiusto che in definitiva si appropria dell’inte­
ro risparmio versato senza alcun adempimento in tutto o in
parte restitutorio da parte delle società finanziarie e loro
14
collegate.
Il quesito tende a delimitare nel tempo la responsabilità della
Commissione ma non la esclude per la durata della gestione
del risparmio che entra sotto il vigore della legge nuova che
conferisce poteri sostanziali di vigilanza e controllo, che eser­
cita un potere precettivo che deve necessariamente operare
nei confronti del soggetto sollecitatore ed a tutela del sogget­
to sollecitato che è il risparmiatore.
Essendo inadeguata la formulazione del quesito, per la sua
incompletezza in ordine alla delimitazione del fatto dannoso e
della temporalizzazione della condotta soggettivamente impu­
tabile, il motivo resta inammissibile ai sensi dello art. 366 bis
c.p.c.
NEL QUARTO MOTIVO si deduce error in iudicando in
relazione alla novellazione del 1991 ed in relazione alla imputa­
zione alla negligenza della Consob, che in data 27 dicembre
1991 concedeva alla Sf. Di. S.p.a. la autorizzazione ad esercita­
re la attività di intermediazione mobiliare e di gestione dei
patrimoni, disponendone la iscrizione allo Albo delle Si..
Anche questo motivo è strumentale per lo esonero della
Consob da imputazioni soggettive civili per colpa omissiva, ma
tale tesi, formalmente garantista per lo organo di controllo,
contrasta con la stessa legge di novellazione che accresce i
poteri della Consob che non è soltanto organo di vigilanza del
mercato dei valori, ma è anche organo di garanzia del rispar­
mio pubblico e privato.
Sul punto il motivo non coglie la chiara ratio decidendi espres­
sa dalla Corte di appello romana a ff. 7 ed 8 della motivazione,
dove pone in evidenza lo elemento della continuità delle ge­
stioni finanziarie sotto la nuova legge del 1991 e che ben
poteva la Consob esercitare un efficiente controllo sulla ono­
rabilità del plesso amministrativo della società autorizzanda,
non rilevando la mancata produzione dei carichi pendenti a
carico del Milano e non attivandosi a richiedere notizia sulla
effettività della cessione delle quote di controllo e di nuova
amministrazione coniugale. Tardivi appaiono, rispetto agli esiti
delle ispezioni, i provvedimenti di sospensione delle società
decotte ed insolventi rendendo totale la perdita di risparmi
investiti fiduciariamente.
Il quesito del motivo a ff. 49 appare inammissibile per la
incompletezza della sintesi di riferimento tra il fatto dannoso
costituente danno ingiusto e condotta del soggetto agente da
ritenersi non imputabile, malgrado la attribuzione di poteri
istruttori, ispettivi ed inibitori, non tempestivamente esercitati
per impedire la continua e ininterrotta espropriazione e di­
struzione dei risparmi sollecitati.
In conclusione né il quarto né il quinto motivo valgono ad
elidere la imputabilità soggettiva della Commissione, per colpa
grave e continuata.
NEL QUINTO MOTIVO si deduce ancora l’error in iudicando
per avere i giudici del merito, applicando la richiamata norma­
tiva del 1991 e dello art. 7 del regolamento di attuazione,
valutato la illegittimità dello atto autorizzatorio pur in presen­
za di verifiche ispettive e di ispezioni straordinarie negative ­
come rilevato ai ff. 7 ed 8 della sentenza di appello. Il quesito,
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
così come formulato, è privo di decisività, in ordine alla inter­
pretazione costituzionalmente orientata del provvedimento
autorizzatolo, che non è di mero accertamento, ma di discre­
zionalità vincolata alla valutazione di requisiti sostanziali di
affidabilità, onorabilità, trasparenza, di guisa che possono assu­
mere rilievo impeditivo le eventuali irregolarità riscontrate a
mezzo di procedura ispettiva ovvero sulla base della incomple­
tezza della documentazione, al punte che ex post potrà di­
sporsi la cancellazione dallo albo Si.
La valutazione dello illecito come circostanziato appare dun­
que compiuta con un prudente apprezzamento delle prove, sia
per la imputabilità soggettiva che per il danno evento che ne
deriva, trattandosi di causalità giuridica da omissioni costituen­
ti inadempimento di un obbligo di garanzia, data la rilevanza
costituzionale del risparmio pubblico e privato, (cfr. Cass.
3.3.2001 n. 3132).
Il SESTO ed il SETTIMO MOTIVO vengono in esame congiun­
to per la intrinseca connessione. Ed in vero il sesto motivo
denuncia come vizio di motivazione lo accertamento della
colpa negligente e colpevole, sostenendo la tesi della adozione
di provvedimenti di sospensione cautelare e di cancellazione,
mentre il settimo affranta finalmente il nodo dello illecito, ma
limitandone la analisi allo aspetto decisamente complesso, che
attiene al nesso di causalità che si vuole diretta e immediata,
proponendosi tuttavia nel quesito, a ff. 68, un quesito diverso
rispetto a tale argomento, insistendosi ancora una volta nella
tesi della non imputabilità soggettiva della Consob.
Il quesito evidenzia la inammissibilità del motivo, per la manca­
ta formulazione della fattispecie circostanziata dello illecito, in
relazione alla quale il nesso di causalità attiene ad una condot­
ta antigiuridica e colposa da cui deriva un danno ingiusto al
risparmiatore investitore. VEDI sul punto la concisa ma preci­
sa argomentazione della Corte di appello sulla qualifica della
condotta colposa efficiente della Consob.
II PRINCIPIO DI DIRITTO che si ricava come DICTUM DI
NOMOFILACHIA da questa complessa ma istruttiva vicenda,
è dunque il seguente: la attività della pubblica amministrazione,
ed in particolare della CONSOB, ENTE PUBBLICO DI GA­
RANZIA DI CONTROLLO E VIGILANZA SUL MERCATO
DEI VALORI MOBILIARI E SULLA RACCOLTA FINANZIA­
RIA DEL RISPARMIO, deve svolgersi nei limiti e con lo eserci­
zio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istituiscono, ma
anche della norma primaria del neminem laedere, in conside­
razione dei principi di legalità imparzialità e buona amministra­
zione dettati dallo art. 97 della Costituzione in correlazione
con lo art. 47 prima parte della Costituzione; pertanto la
Consob è tenuta a subire le conseguenze stabilite dallo art.
2043 c.c. atteso che tali principi di garanzia si pongono come
limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindaca­
to di questa rimanga precluso al giudice ordinario. L’illecito
civile, per la sua struttura, segue le comuni regole del codice
civile anche per quanto concerne la ed imputabilità soggettiva,
la causalità, lo evento di danno e la sua quantificazione. (cfr.
Cass. 2001 n. 3132; 2001 n. 12672; 2003 n. 1191 e vedi Cass.
SU 9 marzo 2007 n. 5396 sui poteri di controlio e di autono­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
mia della CONSOB).
Al rigetto del ricorso segue la condanna della Consob alla
rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate alle
parti resistenti come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la Consob in favore dei resistenti
alle spese del giudizio, considerando la costituzione unitaria, in
Euro 15.000,00 di cui 1.600,00 per spese oltre accessori e
spese generali come per legge.
Riferimenti:
Legge Giurisprudenza
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
IN TEMA SU LEX24
Il Sole 24 Ore ­ Guida al Diritto 4 dicembre 2010, N. 48
Pagina 20
di Martini Filippo
La prescrizione del diritto all’azione risarcitoria dcorre da
quando sii è cnsapevoli della lesione
­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­
­­
Il tribunale di Novara ha affrontato una delicata questione che
attiene alla tutela del risparmio e alle azioni poste dall’ordina­
mento a tutela dei cittadini che, muovendosi nel mondo finan­
ziario caratterizzato da specifiche tecnicità, possono e debbo­
no richiedere un livello di assistenza e di protezione non solo
agli organismi che compiono di fatto l’attività di mediazione
mobiliare, ma anche da parte dei loro controllori, preposti
cioè alla verifica (anche preventiva) del rispetto delle regole
del mercato.
Il caso ­ Il caso attiene all’assai nota vicenda della commercia­
lizzazione su larga scala in Italia di titoli provenienti dal com­
parto finanziario dell’Argentina e autorizzati alla loro commer­
cializzazione in Italia nel passato decennio.
Tuttavia la questione non riguarda la responsabilità contrattua­
le e pre­contrattuale del mediatore dell’operazione (per la
quale, come brevemente si dirà, fiorisce già ampia giurispru­
denza), bensì attiene a un aspetto a oggi ancora marginale,
rispetto alla casistica dell’attuale profilo di contenzioso, perché
riguarda la (assunta) violazione dei doveri di vigilanza e con­
trollo demandati nel nostro ordinamento alla Commissione
Nazionale per le Società e la Borsa, o Consob.
La vicenda trae spunto dalla domanda di risarcimento dei
danni avanzata ex articolo 2043 del Cc da un risparmiatore
contro la Consob adducendo che le perdite patrimoniali deri­
vate dallo stato di default del titolo sarebbero imputabili e
causalmente collegate con l’omessa attività di intervento e di
controllo e vigilanza demandate al detto organo, disciplinate
dal Tuf o Dlgs 58/1998.
Il profilo di negligenza imputabile alla Consob sarebbe dunque
da ricercare nella violazione o nell’omesso efficace adempi­
mento degli oneri derivanti all’organismo, come disciplinati dal
detto Tuf, che avrebbero avuto una incidenza causale diretta
15
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
(secondo l’istante) sulla volontà di negoziazione del cliente e
sulla conseguente perdita patrimoniale avvenuta dopo il di­
chiarato stato di default della Repubblica Argentina.
L’esame dei giudici ­ L’esame del tribunale si incentra sostan­
zialmente su due questioni assai rilevanti nella materia oggetto
di continue evoluzioni giurisprudenziali e attenzioni dottrinali.
Innanzitutto si pone una questione di esperibilità dell’azione
legale e di attualità del diritto dell’attore per l’eccepita prescri­
zione del diritto nel contesto della responsabilità aquilina de­
dotta nei confronti dell’ente convenuto. Si offre quindi alla
valutazione del giudicante l’essenziale problematica legata alla
determinazione del dies a quo, vale a dire del momento dal
quale il diritto può e deve essere esercitato dal soggetto leso e
dal quale fare decorrere il computo del termine quinquennale
dell’azione risarcitoria ordinaria ex articolo 2043 del codice
civile.
La seconda questione invece attiene al profilo di colpa (princi­
palmente omissiva) contestato alla Consob nello specifico
contesto della piena esecuzione delle sue attribuzioni pubbli­
che, visto però nell’ottica del precetto generale della colpa da
illecito civilistico, e quindi nel prospetto dei canoni istitutivi
dell’azione di danni esercitata ex articolo 2043 del codice
civile.
In entrambe le ipotesi affrontate il tribunale di Novara adotta
a nostro giudizio un parametro di approccio giuridico alla
disciplina assai apprezzabile e ben motivato, giungendo, in
sostanza, a ritenere la domanda attuale ed esperibile in giudi­
zio (rigettando l’eccezione di prescrizione), ma respingendola
nel merito per la mancata prova delle condizioni di attribuzio­
ne della colpa omissiva in capo all’ente preposto al controllo
della regolarità degli scambi.
La decorrenza del diritto ­ La prima questione affrontata
attiene, come detto, alla determinazione della data di decor­
renza del diritto per la parte lesa, nel proprio interesse econo­
mico, e quindi, al limite iniziale dell’azione giudiziale e dell’isti­
tuto della prescrizione del diritto. La Consob eccepiva in
giudizio l’intervenuta prescrizione del diritto azionato sul pre­
supposto che, posto che la negoziazione dei titoli era inter­
corsa nel marzo del 2001, era decorso il termine quinquenna­
le di decadenza prima dell’introduzione del giudizio, facendo
risalire il dies a quo non alla data stessa di acquisto dei titoli,
ma a quella in cui lo Stato argentino aveva ufficializzato il
proprio default (24 dicembre 2001).
Il tribunale rileva invece (respingendo l’eccezione preliminare)
che il termine di decorrenza per l’esercizio del diritto e quindi
dell’inizio del lasso di tempo che porta alla decadenza del­
l’azione, deve essere pareggiato a quello in cui deve ritenersi
raggiunta nell’attore una sufficiente consapevolezza del verifi­
carsi del danno.
Tale momento non poteva dunque essere legato a una genera­
le dichiarazione di insolvenza, bensì all’espressa indicazione da
parte della Repubblica argentina della messa fuori mercato dei
titoli (il ben diverso momento del gennaio 2005) e quindi con
la presa coscienza, da parte della collettività, della insolvenza
rispetto alle obbligazioni assunte dal debitore.
16
A ben vedere tale condivisibile opinione del tribunale si può a
buon titolo collocare nel contesto disciplinare già tracciato
dalla giurisprudenza della suprema Corte di cassazione in
tema di inquadramento del dies a quo nelle azioni di risarci­
mento del danno, ove è stato di recente e più volte affermato
che detto termine deve decorrere «non dal giorno in cui il
terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o
dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma dal
momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale
danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o col­
poso di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenu­
to conto della diffusione delle conoscenze scientifiche» (Cas­
sazione 11 gennaio 2008 n. 581 ­ in tema di azione di risarci­
mento del danno da medical malpractice). Il termine di decor­
renza della prescrizione, quindi, non sempre coincide con il
fatto illecito (l’omesso controllo, contestato nel caso alla Con­
sob al momento della negoziazione dei titoli) e, talvolta, nem­
meno con la manifestazione del danno, bensì con il momento
in cui la vittima ha modo (usando l’ordinaria diligenza) di
rendersi conto in sostanza della riferibilità causale di un certo
danno a un determinato e ben qualificato comportamento del
terzo responsabile.
Va da se che una tale affermazione di principio (quale quella
contenuta nella decisone in esame) consente di ricollocare
nell’attualità delle domande di risarcimento per fatti, pur riferi­
bili a epoche lontane, a condizione che gli effetti pregiudizievo­
li possano solo oggi (o nel recente passato) essere ricondotti
all’azione od omissione colpevole dei soggetti tenuti alla vigi­
lanza o alla diligenza contrattuale tipica della mediazione mobi­
liare.
La responsabilità della Consob ­ Così ricondotta in un conte­
sto di attualità ed esperibilità dell’azione, il tribunale si occupa
della ragione essenziale della domanda: la supposta responsa­
bilità extracontrattuale della Consob per la dedotta omessa
vigilanza sugli intermediari del mercato finanziario che ebbero
all’epoca a negoziare i titoli. Il profilo di responsabilità dedotto
in giudizio è duplice ma non porta all’accoglimento della do­
manda risarcitoria, con motivazione che attinge dal principio
generale della colpa aquiliana (l’articolo 2043 del Cc) e dalla
realtà processuale dei fatti venuti alla luce.
Da una parte veniva contestato all’ente di controllo l’omessa
vigilanza sull’operato degli intermediari che collocarono i tito­
li; dall’altra era dedotto il mancato esercizio di poteri informa­
tivi e ispettivi verso gli stessi intermediari, valutando anche
l’opportunità di sostituirsi a essi dopo averne rilevato le caren­
ze verso la potenziale clientela.
Quello della responsabilità per il collocamento in Italia dei
titoli argentini è una fattispecie che ha già determinato un
consolidato orientamento giurisprudenziale.
È stata affermata la responsabilità pre­contrattuale e contrat­
tuale dell’intermediario per la violazione dei doveri di informa­
tiva adeguata alla clientela (si veda Cassazione, sezioni Unite,
19 dicembre 2007 n. 26724; Cassazione 29 settembre 2005 n.
19024; tra la giurisprudenza di merito si veda ad esempio
tribunale di Bari 7 giugno 2006); in altra circostanza è stata
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
affermata l’inesistenza dei contratti bancari relativi agli ordini
di acquisto dei Bond Argentina (con onere della banca alla
restituzione del capitale) per l’assenza di prova in ordine alle
formalità previste circa l’acquisto dei titoli nel mercato mobi­
liare (tribunale di Milano 27 novembre 2006); mentre altret­
tanto pacifico appare l’orientamento che tende a escludere la
legittimazione giurisdizionale passiva dello Stato argentino per
azioni intentate da risparmiatori italiani (Cassazione, sezioni
Unite, 27 maggio 2005 n. 11225).
In tema di responsabilità della Consob per omessa custodia,
invece, la casistica è assai più limitata, mentre i possibili ele­
menti di censura verso l’operato dell’ente di controllo appaio­
no più sfumati e rigorosi.
Così è stata affermata la colpa della Consob, ad esempio, in
ipotesi di omessa vigilanza e di accertamenti ispettivi su un
operatore del mercato mobiliare per la violazione del diritto
soggettivo conseguito ai risparmiatori cha avevano confidato
in buona fede nella correttezza professionale del mediatore
infedele (Cassazione n. 15916 del 29 luglio 2005); oppure è
stata affermata proprio (come richiesta nella controversia
avanti al tribunale di Novara) la colpa della Consob per viola­
zione del precetto primario del neminem laedere e in conside­
razione dei principi di legalità, imparzialità e buona ammini­
strazione che la pubblica amministrazione (e i suoi articolati
organismi) deve rispettare.
Proprio la vicenda culminata con la sentenza della Cassazione,
abbastanza datata ma ancora assai attuale, n. 3132 del 2001,
porta in evidenza il confine tra la colpa dell’amministrazione di
controllo e la sua estraneità alle vicende della intermediazione
mobiliare intervenute tra clientela e operatori.
In tale vicenda, infatti, la Corte aveva affermato il principio che
la responsabilità civile dell’organo pubblico di vigilanza è sen­
z’altro predicabile, una volta accertata, da un canto, la evidente
falsità di dati essenziali del prescritto prospetto informativo
(cosa che, nella fattispecie de quo era, peraltro, evidenziato
perfino nell’ambito di una campagna di stampa svoltasi quasi
contestualmente all’operazione finanziaria) e, dall’altro, l’asso­
luta omissione di qualsivoglia intervento di tipo istruttorio,
integrativo, repressivo su un’operazione che, prima facie, non
offriva un accettabile livello di veridicità delle informazioni
rilasciate dall’operatore finanziario.
Il ruolo esercitato ­ In buona sostanza, l’operato della Consob
deve anch’esso rispondere a un precetto generale di diligenza
e attenzione al ruolo esercitato e alla funzione di garanzia che
l’ordinamento gli attribuisce, al punto che «se è indiscutibile
che appartenga alla sfera riservata alle scelte dell’organo quella
di utilizzare questo o quello strumento istruttorio, correttivo,
repressivo a fronte di elementi di incompletezza o non veridi­
cità della comunicazione di cui all’art. 18, è altrettanto indiscu­
tibile ­ trattandosi di strumenti assegnati all’organo pubblico
per l’esercizio di una funzione di vigilanza ­ che l’omissione di
alcuna iniziativa funzionale allo scopo assegnato non può tro­
vare esimente nell’appartenenza anche di tale omissione al­
l’ambito della funzione stessa, tal funzione avendo oltre i noti
limiti esterni della imparzialità, correttezza e buona ammini­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
strazione (S.U. 500/99) il vincolo interno costituito dalla atti­
vazione della vigilanza nell’interesse pubblico, quello che que­
sta Corte ha già avuto occasione di definire come l’interesse
alla trasparenza del mercato dei valori mobiliari (Cass. 10976/
96)».
E dunque in ragione del primario interesse sociale alla traspa­
renza e veridicità del mercato mobiliare, la Consob deve
risponde verso la collettività (e quindi verso il singolo utente)
di una propria non scusabile negligenza o altra omissione
professionale.
La decisione di Novara ­ In questo contesto si inserisce dun­
que la decisione in esame che, forse, per così dire rileva non
tanto per quello che non accoglie (la domanda attorea, in
sostanza), bensì di più per quello che costituisce la ratio della
reiezione stessa: l’omesso assolvimento da parte dell’attore
del principio di prova che sottende l’azione risarcitoria gene­
rale di cui all’articolo 2043 del codice civile.
E invero il tribunale di Novara rileva che «essendo la domanda
formulata ex art. 2043 c.c. è onere generale dell’attore di
dimostrare, oltre al comportamento colposo della convenuta
ed il pregiudizio subito, altresì il nesso causale tra omissione e
danno. Quindi grava sull’attore la prova, da acquisire con
giudizio controfattuale ipotetico prognostico, che il tempesti­
vo compimento dell’intervento omesso avrebbe impedito la
conclusione del contratto di acquisto dei titoli sudamericani e
quindi la produzione del danno».
È corretto dunque il richiamo ai principi generali che sotten­
dono la disciplina della colpa extracontrattuale o da fatto
illecito, che assume, anche nella fattispecie dell’omesso con­
trollo della Consob, rilievo essenziale.
La pronuncia in commento si cala dunque perfettamente nel
contesto del principio generale consolidato in giurisprudenza
per il quale «in tema di responsabilità civile extracontrattuale,
il nesso causale tra la condotta illecita e il danno civile è
regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in base
al quale un evento è da considerare causato da un altro se il
primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, non­
ché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta
del quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo
solo a quegli eventi che non appaiono ­ ad una valutazione ex
ante ­ del tutto inverosimili; ne consegue che, ai fini della
riconducibilità dell’evento dannoso a un determinato compor­
tamento, non è sufficiente che tra l’antecedente e il dato
consequenziale sussista un rapporto di sequenza, essendo
invece necessario che tale rapporto integri gli estremi di una
sequenza possibile, alla stregua di un calcolo di regolarità
statistica, per cui l’evento appaia come una conseguenza non
imprevedibile dell’antecedente» (così da ultimo si veda Cassa­
zione n. 15895 del 7 luglio 2009).
E quindi, la colpa per l’omesso controllo della Consob non
attiene a una sfera che esula dagli obblighi dell’ente di rispon­
dere verso la collettività per il proprio operato ovvero per le
colpevoli omissioni.
Semplicemente la domanda ­ correttamente posta in diritto ­
deve rispondere ai canoni della colpa extracontrattuale e ai
17
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
principi dell’onere della prova che grava sulla parte che assu­
me essere danneggiata, sia da un punto di vista dell’introduzio­
ne in giudizio delle azioni od omissioni colpevoli, sia da quello
essenziale della riferibilità causale di dette omissioni ai danni
che si assumono subiti.
È per il mancato raggiungimento di tale obbiettivo primario
che la domanda viene disattesa dal tribunale di Novara, non
avendo la parte istante chiarito in dettaglio i termini delle
supposte omissioni negligenti dell’ente e non avendo provato
una correlazione causale tra dette mancanze e il danno econo­
mico dedotto in giudizio.
Come detto, a ben vedere la sentenza traccia, argomentando
a contrario, quelli che potrebbero essere gli elementi costitui­
vi pratici di un accertamento di responsabilità in capo alla
Consob e quindi di una sua condanna al risarcimento del
danno.
Due sono infatti gli spunti di indagine che possono portare
all’accoglimento ovvero al rigetto della domanda contro l’or­
gano di controllo degli scambi mobiliari: il livello di intervento
professionale, di vigilanza e quindi di attivazione richiesto e, a
completamento del sinallagma, l’accertamento che l’attivazio­
ne tempestiva mancata in concreto avrebbe impedito il danno,
con elevato grado di probabilità.
Quanto al primo spunto, il tribunale, mediando tra gli obblighi
di legge attribuiti dal Tuf alla Consob, identifica nella fattispecie
la necessità di collocare cronologicamente l’evidenza di un
anomalo flusso di negoziazioni tra la clientela retail, quale
elemento di diligente conoscibilità della criticità e del pertur­
bamento del mercato.
Quanto al secondo aspetto, alla luce dei già richiamati principi
della colpa extracontrattuale, correttamente il tribunale ri­
chiede che ­ verificata l’omissione ­ venga raggiunta la prova
che un tempestivo intervento di Consob avrebbe impedito la
conclusione del contratto tra l’attore e l’intermediario al col­
locamento, con «un elevato grado di probabilità».
Ma nel caso di specie, tuttavia, non è stata offerta né la prova
della conoscibilità della situazione di crisi (donde far discende­
re l’obbligo di attivazione dell’ente), né, in aggiunta, si è otte­
nuta la prova circa la correlazione causale tra omissione e
danno, non essendo sufficiente affermare in astratto che «una
adeguata vigilanza da parte di Consob avrebbe scongiurato il
pregiudizio economico patito da una molteplicità di investitori,
essendo invece necessario condurre il giudizio di adeguatezza
causale con specifico aggancio al contratto di investimento
sottoscritto» dal singolo danneggiato attore.
È dunque l’indagine istruttoria svolta in giudizio che non ha
consentito di assolvere all’onere di prova gravante sulla parte
danneggiata, mentre trova conferma giudiziale il principio del­
l’imputabilità astratta alla Consob dell’omessa vigilanza profes­
sionale e dell’onere di risarcire il danno che sia comprovata­
mente conseguente a tale colpevole omissione.
Riferimenti:
Legge
18
RESPONSABILITA’ DA CUSTODIA
L’Anas è responsabile per i guard­rail pericolosi
Galimberti Alessandro, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 23 marzo
2011 Pagina 39
MILANO
Nel caso di incidente della circolazione, l’ente proprietario
della strada è responsabile dei danni provocati dal guard rail se
questo, per la sua inadeguatezza, rappresenta una situazione di
«pericolo immanente». Con la sentenza 6537/2011, deposita­
ta ieri, la Terza civile della Corte di cassazione torna a delinea­
re la responsabilità da custodia (articolo 2051 del codice
civile) nei confronti dell’Anas, inserendosi nel filone giurispru­
denziale ”revisionista”, varato con la sentenza 20427/2008.
Fino a tre anni fa, infatti, i giudici di legittimità avevano ritenuto
applicabile la responsabilità ”del custode” per la categoria
demaniale delle strade pubbliche solo in relazione alla loro
dimensione: strade piccole, cioè controllabili, uguale responsa­
bilità, parametro invece inapplicabile sulle grandi arterie.
Ora però la Cassazione, analizzando il ricorso degli eredi di un
automobilista morto trafitto dal guard rail mal posizionato,
fissa il definitivo cambio di approccio. La responsabilità da
«cosa in custodia», scrive l’estensore della sentenza 6537/11,
presuppone che l’ente proprietario della strada debba essere
in grado di esplicare sulla stessa un «potere di di sorveglianza,
modificarne lo stato e di escludere che altri vi apportino
modifiche»; che la responsabilità scatta una volta che si accerti
che il fatto dannoso è dovuto a un’anomalia della strada o
degli «strumenti di protezione della stessa».
La responsabilità dell’ente pubblico­custode si configura «sal­
vo che quest’ultimo non dimostri di non aver potuto far nulla
per evitare il danno», e la presunzione di colpa che grava su di
lui può essere superata solo «quando la situazione che provo­
ca il danno si determina non come conseguenza di un prece­
dente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada, ma in
maniera improvvisa, atteso che solo quest’ultima integra il
caso fortuito». In sintesi, a giudizio della Terza sezione, la
responsabilità da custodia si applica in linea generale «agli enti
pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito, in
riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente con­
nesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipenden­
temente dalla sua estensione».
Ma la sentenza della Cassazione tocca anche il concorso cau­
sale del comportamento della vittima, sotto il profilo della
presunta «abnormità» della guida. La funzione del guard rail,
taglia corto il magistrato, «è quella di impedire al conducente
di uscire fuori strada e tale funzione ovviamente è correlata a
tutte quelle condotte di guida la cui conseguenza sarebbe
quella per l’autovettura di uscire fuori dalla carreggiata». Quin­
di la funzione del guard rail è «ontologicamente» evitare che
qualsiasi condotta di guida non regolare possa far uscire l’auto
di strada. Soprattutto, chiosa la sentenza di rinvio alla corte
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
d’appello, non deve accadere che la protezione diventi una
lama mortale che squarcia l’abitacolo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
www.ilsole24ore.com/norme
I
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile
Sentenza del 22 marzo 2011, n. 6537
Responsabilità civile ­ Danno ­ Danno cagionato da cose in custodia
­ Anas ­ Manutenzione stradale ­ Guard­rail posizionato in maniera
errata e pericolosa ­ Sinistro stradale ­ Responsabilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARIO ROSARIO MORELLI ­ Presidente ­
Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO ­ Consigliere ­
Dott. ULIANA ARMANO ­ Rel. Consigliere ­
Dott. FRANCO DE STEFANO ­ Consigliere ­
Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO ­ Consigliere ­
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 1202­2009 proposto da:
Gi. Vi. (...), Ma. Pr. (...), Se. Vi. (...), Da. Vi. elettivamente
domiciliati in Ro., presso Cancelleria Corte di Cassazione,
rappresentati e difesi dall’avvocato Da. Vi., con studio in (...)
L’A. Via X. Se. (...), giusta delega a margine del ricorso;
­ ricorrenti ­
contro
Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in Ro., Via dei Po. (...), presso gli
Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, da cui è difeso per
legge.
­ controricorrenti ­
avverso la sentenza n. 939/2007 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, Sezione Civile, emessa il 16/10/2007, depositata il
20/11/2007; R.G.N. 1095/2003.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/01/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato Da. Vi.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per l’accoglimen­
to del ricorso.
Svolgimento del processo
Il Tribunale dell’Aquila rigettava la domanda proposta da Ma.
Pr. e dai suoi figli Ro. Vi., Gi. Vi. e Se. Vi., volta ad ottenere la
condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni conseguenti al
sinistro stradale nel quale era deceduto Ce. Vi., rispettivamen­
te loro coniuge e padre, e che essi attribuivano a colpa del­
l’ANAS ex art. 2051 c.c. per aver posizionato lungo la strada
un guard­rail in maniera errata e pericolosa.
Deducevano che Ce. Vi., mentre percorreva alla guida del suo
autoveicolo la SS (...), aveva perso il controllo dell’automezzo
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
ed era andato ad urtare contro il guard ­rail posto sul margine
destro della carreggiata; per effetto dell’urto la lamiera era
penetrata all’interno dell’abitacolo ed aveva trapassato Ce. Vi.,
procurandone il decesso.
La Corte di Appello dell’Aquila rigettava il gravame, confer­
mando la decisione di primo grado.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione
Ma. Pr. e i suoi figli Ro. Vi., Gi. Vi. e Se. Vi. sorretto da cinque
motivi.
Resisteva con controricorso l’ANAS.
Motivi della decisione
La sentenza della Corte di Appello dell’Aquila ha escluso
l’applicabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., ritenendo
che l’estensione delle strade di cui l’ANAS doveva curare la
manutenzione su scala nazionale era tale da non consentire
l’esercizio di una vigilanza continua sull’intera rete.
Valutando la fattispecie alla luce dei principi di cui all’art. 2043
c.c., ha ritenuto, che non vi fosse alcuna responsabilità del­
l’ANAS in quanto il guard­rail non costituiva insidia o traboc­
chetto, in quanto era posto al di fuori della carreggiata, paral­
lelamente alla sede stradale ed era ben visibile e rispettoso
della normativa vigente.
La Corte di Appello ha affermato che, sia che si ritenesse
applicabile la responsabilità ex art. 2051 c.c. che quella dell’art.
2043 c.c., la responsabilità dell’ANAS doveva essere comun­
que esclusa in presenza di una condotta abnorme dell’utente,
che era stata causa esclusiva del verificarsi dell’evento danno­
so.
E’ necessario esaminare congiuntamente il primo e terzo mo­
tivo del ricorso per la loro evidente connessione.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione del­
l’art. 2051 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3
ed omessa e contraddittoria motivazione sul punto.
Secondo i ricorrenti la Corte di Appello aveva erroneamente
escluso l’applicabilità del 2051 c.c. con una motivazione di stile
senza accertare se nel caso concreto vi era l’impossibilità di
sorveglianza e solo in relazione alla strada. dovendo invece
valutare se tale norma era applicabile nell’ipotesi in cui l’even­
to era dipeso dalla cosa in sé in relazione alla funzione da
svolgere, tenendo conto che il guard­rail, sradicatosi dalla
strada, era penetrato come una lancia nel l’autovettura, reci­
dendo l’arteria femorale di Ce. Vi. e provocandone la morte.
Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione
degli artt. 2051, 2043 e 1127 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e
5 c.p.c., in quanto la Corte di Appello avrebbe attribuito
l’esclusiva efficienza causale dell’evento all’abnorme condotta
di guida del conducente dell’auto, senza valutare la condizione
di oggettiva pericolosità derivante dalla ”res” che avrebbe
richiesto, in corrispondenza di quel tratto, apprestamenti ido­
nei ad evitare in caso di incidente la penetrazione del guardrail
nell’autovettura.
I due motivi sono fondati.
Infatti la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass.,
25.7.2008, n. 20427) ha superato, il precedente indirizzo, se­
condo il quale l’art. 2051 c.c. è applicabile nei confronti della
19
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
P.A., per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbli­
che, solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possi­
bile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte
della P.A., tale da impedire l’insorgenza di cause di pericolo per
gli utenti (Cass. 26 settembre 2006, n. 20827; Cass. 12 luglio
2006, n. 15779; Cass. 6 luglio 2006, n. 35383).
Si è affermato il diverso principio secondo il quale la responsa­
bilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto al quale la
si imputi sia in grado di esplicare riguardo alla cosa stessa un
potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere
che altri vi apporti modifiche. S’è precisato in tal senso: a) che
per le strade aperte al traffico l’ente proprietario si trova in
questa situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è
verificato a causa di una anomalia della strada stessa ­ ed a
maggior ragione per un’anomalia relativa agli strumenti di
protezione istallati; b) che è comunque configurabile la re­
sponsabilità dell’ente pubblico custode, salvo che quest’ultimo
non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno;
c) che l’ente proprietario supera la presunzione di colpa quan­
do la situazione che provoca il danno si determina non come
conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorve­
glianza della strada, ma in maniera improvvisa, atteso che solo
quest’ultima ­ al pari della eventuale colpa esclusiva dello
stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto ­ integra il
caso fortuito previsto dall’art. 2051 c.c., quale scriminante
della responsabilità del custode.
Si ritiene, in sintesi, che agli enti pubblici proprietari di strade
aperte al pubblico transito è in linea generale è applicabile
l’art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo imma­
nentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della
strada, indipendentemente dalla sua estensione (Cass. 29 mar­
zo 2007, n. 7763; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2308; Cass.,
3.4.2009, n. 8157).
Nel caso di specie la Corte di Appello ha errato nel non
ritenere ricorrente nella specie la responsabilità ex art. 2051
c.c. in quanto, secondo la prospettazione della domanda, si
trattava di un danno relativo ad una anomalia relativa alle
barriere di protezione della strada, in relazione alle quali l’ente
pubblico era in grado si esercitare il potere di sorveglianza e di
adottare tutte le possibili soluzioni per evitare il danno, in
quanto era perfettamente a conoscenza sia del tipo di prote­
zione adottato che delle modalità di installazione dello stesso.
Il terzo motivo di ricorso contesta l’affermazione con cui la
Corte di Appello ha attribuito la esclusiva efficienza causale
dell’evento alla condotta di guida abnorme del conducente.
Anche tale motivo è fondato.
A tale proposito deve osservarsi che la funzione del guard­rail
è quella di impedire al conducente di uscire fuori di strada e
tale funzione ovviamente è correlata a tutte quelle condotte di
guida la cui conseguenza sarebbe quella per l’autovettura di
uscire fuori della carreggiata di sua competenza.
Quindi la funzione del guard­rail è ontologicamente quella di
evitare che qualsiasi condotta di guida non regolare possa
portare l’autovettura a pericolose uscite fuori dalla sede stra­
dale.
20
Rispetto a tale funzione.non può essere considerata condotta
abnorme quella del conducente che impatta violentemente
contro il guard­rail, il quale è funzionalmente posto ad attutire
le conseguenza degli impatti violenti.
Alla luce di tale considerazioni compito del giudice dovrà
essere quello di valutare, tenendo conto degli accertamenti
fattuali da cui risulta che il guard­rail dopo l’urto dell’autovet­
tura si era ritorto in modo tale da penetrare nella stessa come
una lama, se tale barriera, per la sua struttura e per il suo
posizionamento rispetto alla carreggiata. era adeguata o meno
ad assolvere la sua funzione di protezione e se, in tale prospet­
tazione, la condotta del conducente abbia avuto una efficienza
causale esclusiva ed autonoma tale da vincere la presunzione
di responsabilità gravante sul custode.
Il terzo motivo di ricorso, con sui si contesta la valutazione
negativa della Corte di appello in ordine alla natura di insidia
del guad­rail correlata all’ipotesi di responsabilità extracon­
trattuale ex art. 2043 c.c. al quarto motivo relativo alla valuta­
zione delle prove testimoniali ed il quinto sul regolamento
delle spese, sono assorbiti dall’accoglimento del primo e terzo
motivo di ricorso.
La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello del­
l’Aquila che valuterà la fattispecie alla luce dei principi soprae­
sposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione
delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello
dell’Aquila in diversa composizione.
Riferimenti:
Legge Giurisprudenza
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
I PRECEDENTI IN AULA
Corte d’Appello Napoli Sezione 4 Civile
Sentenza del 21 febbraio 2011, n. 520
Responsabilità da cose in custodia ­ Irrilevanza del comporta­
mento del custode ­ Pubblica Amministrazione ­ Verifica della
sussistenza del potere di controllo ­ Parco pubblico ­ Respon­
sabilità dell’ente gestore.
La responsabilità per i danni da cose in custodia, anche nel­
l’ipotesi in cui il custode sia la P.A., si fonda, esclusivamente,
sull’esistenza del mero rapporto di custodia con la res, attesa
la sostanziale irrilevanza del comportamento oggettivo del
custode. Questi, in altri termini, è chiamato a rispondere dei
danni eziologicamente connessi al bene sul quale esercita il
potere di controllo indipendentemente dalla condotta even­
tualmente attuata, sia che si sia rivelata, dunque, prudente ed
attenta, sia che si sia rivelata negligente. L’unico elemento
degno di nota, quindi, per quanto attiene, in particolare, la
responsabilità dell’Amministrazione in qualità di custode dei
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
beni demaniali o comunque soggetti ad uso pubblico, risiede
nella oggettiva possibilità di esercitare il citato potere di con­
trollo, laddove la responsabilità deve quindi ritenersi esclusa
nelle ipotesi in cui si accerti l’oggettiva impossibilità di control­
lare il bene (e quindi di custodirlo). Elementi sintomatici di
siffatta impossibilità, la cui sussistenza, comunque, non esclude
ab origine la responsabilità in parola, possono essere, in parti­
colare, l’estensione del bene e l’uso generalizzato da parte di
un numero imprecisabile di utenti. Ciò posto, nel caso di
specie, l’organo giudicante ha ritenuto sussistente la responsa­
bilità dell’Amministrazione ex art. 2051 c.c. per i danni deriva­
ti ad un ciclista caduto a causa di una buca non visibile all’inter­
no di un parco pubblico, rilevando, in particolare, la limitata
estensione del bene ed il fatto che lo stesso, in quanto meta
anche di bambini, doveva essere oggetto di un controllo più
pregnante da parte dell’ente responsabile.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Tribunale Palermo Sezione 3 Civile
Sentenza del 8 febbraio 2011, n. 550
Danni da cose in custodia ­ Strade ­ Responsabilità della P.A. ­
Presupposti ­ Possibilità del concreto ed effettivo esercizio del potere
di controllo da parte della P.A. ­ Onere del danneggiato di provare il
fatto la riconducibilità dei danni patiti in occasione dello stesso alla
res in custodia ­ Presenza di una buca non segnalata sul marciapie­
di ­ Idoneità a provare la sussistenza del nesso eziologico ­ Sussi­
stenza.
La responsabilità del custode, presupponendo un effettivo e
concreto rapporto di custodia tra il soggetto al quale è adde­
bitata la responsabilità del danno e la cosa che ha provocato
l’evento lesivo, è applicabile anche alla Pubblica Amministra­
zione ed agli altri enti pubblici per tutti i danni prodotti dalla
cosa sulla quale l’Amministrazione o l’ente in concreto eserciti
i poteri propri del custode. Tuttavia, poiché è la relazione di
fatto, e non semplicemente quella giuridica, tra il soggetto e la
cosa, che assume il ruolo di oggettivo criterio di imputazione
della responsabilità, questa deve essere esclusa ogni volta le
caratteristiche del bene escludano la possibilità del concreto
ed effettivo esercizio del potere di controllo da parte della P.A.
alla quale il bene appartiene. In particolare deve escludersi
l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. al demanio stradale per quelle
strade in relazione alle quali, per la loro estensione, per le loro
caratteristiche, per le dotazioni ed i sistemi di controllo che le
connotano, l’esercizio effettivo del controllo da parte della
P.A. (o dell’ente al quale la strada è affidata) sia inesigibile e
perciò escluso. Situazione, questa, che, per il demanio stradale
comunale, può, però, essere riconosciuta solo per le strade
poste al di fuori della perimetrazione del centro abitato, dato
che la localizzazione della strada all’interno del predetto peri­
metro, dotato di una serie di altre opere di urbanizzazione e,
più in generale, di pubblici servizi che direttamente indiretta­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
mente sono sottoposti ad attività di controllo e vigilanza
costante da parte del Comune, denotano la possibilità di un
effettivo controllo e vigilanza della zona, per cui sarebbe arduo
ritenere che eguale attività risulti oggettivamente impossibile
in relazione al bene stradale. In ogni caso, poiché l’art. 2051
c.c. prevede una responsabilità fondata su una presunzione di
colpa c.d. aggravata, il danneggiato è tenuto a fornire la prova
del verificarsi del fatto e della riconducibilità dei danni patiti in
occasione dello stesso alla res in custodia. La presenza sul
marciapiedi di una buca non segnalata, costituisce un sicuro
fattore di interferenza suscettibile di influire sull’incedere di un
ignaro pedone ed a provocarne la caduta, essa, pertanto,
assume rilievo sul piano della valutazione relativa alla sussi­
stenza del nesso eziologico.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Tribunale Trieste Civile
Sentenza del 18 febbraio 2011, n. 171
Responsabilità per danni da cosa in custodia ­ Configurabilità a
carico della Pubblica Amministrazione ­ Evento dannoso ricollegabi­
le direttamente ad un difetto di manutenzione della sede del
marciapiede ­ Affermazione della responsabilità.
La responsabilità di natura oggettiva per danni derivanti da
cosa in custodia di cui all’art. 2051 c.c. ben può essere invoca­
ta anche nei confronti della Pubblica Amministrazione ed an­
che in riferimento a beni demaniali, ovvero beni dei quali
l’Amministrazione abbia la disponibilità, pur se di estese di­
mensioni. In tal senso, pertanto, deve farsi luogo ad una decla­
ratoria di responsabilità, al titolo suddetto, della convenuta
Amministrazione Comunale ogni qualvolta l’evento dannoso
derivato all’utente sia ricollegabile direttamente ad un difetto
di manutenzione della sede del marciapiede. La circostanza è
ancor più pacifica qualora, come nella specie, il bene pubblico
fonte di danno sia sito in area collocata al centro della città,
caratterizzata da particolare e periodico affollamento per la
presenza, nei pressi, di due istituti scolastici, e con particolari
esigenze di manutenzione per la presenza di alberatura della
sede stradale.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
NOTIFICAZIONI ATTI PROCESSUALI
Destinatario assente: notifica da ripetere
Iorio Antonio, Falcone Francesco, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi,
21
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
23 marzo 2011 Pagina 36
È inammissibile il ricorso in Cassazione nel caso in cui la
notifica effettuata a mezzo posta non sia andata a buon fine e
la parte interessata non abbia richiesto all’ufficiale giudiziario la
riattivazione del procedimento notificatorio. A stabilirlo è la
Corte di cassazione con l’ordinanza n. 6587 depositata il 22
marzo che ha dichiarato inammissibile il ricorso in Cassazione
proposto dall’agenzia delle Entrate.
Nel caso in questione l’amministrazione ha notificato il ricorso
in Cassazione al contribuente a mezzo del servizio postale in
base all’articolo 149 del codice di procedura civile. Ha deposi­
tato, quindi, un avviso di ricevimento nel quale risultava che il
plico non era stato consegnato «per irreperibilità del destina­
tario». In particolare era stato evidenziato che il contribuente
era risultato sconosciuto nel domicilio indicato. L’Agenzia tut­
tavia, una volta ricevuto questo plico dal servizio postale, non
aveva provveduto a richiedere all’ufficiale giudiziario la riattiva­
zione del procedimento notificatorio. I giudici di legittimità
hanno dichiarato il ricorso così proposto inammissibile. Ciò,
in applicazione anche del principio affermato dalle Sezioni
unite (17352/09) in tema di notificazioni degli atti processuali,
secondo cui la notifica dell’atto deve effettuarsi entro un ter­
mine perentorio. Tuttavia se essa non si conclude positiva­
mente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha
la facoltà e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripre­
sa del procedimento. Ai fini del rispetto del termine, la conse­
guente notifica avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del
procedimento, che deve intervenire in un termine ragionevo­
le. A tal fine occorre, secondo la sentenza, tener presente i
tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere
l’esito negativo della notificazione e per assumere le informa­
zioni ulteriori conseguentemente necessarie. Nel caso di spe­
cie, la Cassazione non ha ritenuto di potere accogliere l’istan­
za di rimessione in termini per una nuova notifica del ricorso,
non essendovi prova in atti, da parte dell’amministrazione
finanziaria, dell’asserito «notevolissimo ritardo» con il quale
l’avviso di ricevimento sarebbe stato restituito alla ricorrente
dall’Ufficio notifiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
www.ilsole24ore.com/norme
Il testo della sentenza
Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile
Ordinanza del 22 marzo 2011, n. 6587
NOTIFICAZIONI ATTI PROCESSUALI ­ ESITO NEGATIVO ­ RIPRE­
SA PROCESSO NOTIFICATORIO ­ Effetto dalla data iniziale di
attivazione del procedimento
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
22
Dott. Fernando LUPI ­ Presidente
Dott. Antonio MERONE ­ Consigliere
Dott. Aurelio CAPPABIANCA ­ Consigliere
Dott. Biagio VIRGILIO ­ Rel. Consigliere
Dott. Antonio GRECO ­ Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Ro., via dei Po. (...), presso l’Avvo­
catura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
­ ricorrente ­
contro
An. Ba.;
­ intimato ­
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del
Lazio n. 2/26/08, depositata il 4 marzo 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’8 febbraio 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito il P.G., in persona dell’Avvocato Generale dott. Domeni­
co Iannelli, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo e
del quarto motivo di ricorso, assorbito il secondo e rigettato il
terzo.
La Corte,
ritenuto che il ricorso è stato notificato a mezzo del servizio
postale, ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., e che la ricorrente
ha depositato un avviso di ricevimento nel quale risulta che il
plico non è stato consegnato ”per irreperibilità del destinata­
rio”, da intendersi nel senso che il medesimo è risultato
sconosciuto nel domicilio indicato;
che il plico risulta restituito alla ricorrente, con la detta dicitu­
ra, in data 22 aprile 2009 e che la stessa non ha provveduto a
richiedere all’ufficiale giudiziario la riattivazione del procedi­
mento notificatorio;
che l’istanza di rimessione in termini per una nuova notifica­
zione del ricorso non può essere accolta, non essendovi prova
in atti dell’asserito ”notevolissimo ritardo” con il quale l’avviso
di ricevimento sarebbe stato restituito alla ricorrente dall’Uffi­
cio notifiche;
che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile, in applica­
zione del principio affermato da Cass., Sez. un., n. 17352 del
2009 (e successive conformi), secondo il quale, in tema di
notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione del­
l’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si con­
cluda positivamente per circostanze non imputabili al richie­
dente, questi ha la facoltà e l’onere ­ anche alla luce del
principio della ragionevole durata del processo, atteso che la
richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un
allungamento dei tempi del giudizio ­ di richiedere all’ufficiale
giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini
del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà
effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sem­
preché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un ter­
mine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi ne­
cessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
negativo della notificazione e per assumere le informazioni
ulteriori conseguentemente necessarie;
che non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Riferimenti:
Legge
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE
reato costringere la figlia a tagliarsi i capelli con la
forza
Guida al Diritto ­ LE SENTENZE DEL GIORNO
Corte di cassazione ­ VI Sezione penale ­ Sentenza 22 marzo 2011
n. 11251
Imporre con violenza il taglio di capelli alla propria figlia mino­
renne recalcitrante integra il reato di abuso di mezzi di corre­
zione. Anche se l’episodio è avvenuto una unica volta. Né può
valere come attenuante il particolare contesto culturale di
provenienza della madre di origine nigeriana. Lo ha stabilito la
Corte di cassazione con la sentenza n. 11251/2011. La ricor­
rente aveva sostenuto che il taglio dei capelli, peraltro avvenu­
to con delle forbici da cucina che avevano anche prodotto
ferite sul cuoio capelluto, era stato «un fatto occasionale che
andava rapportato nella giusta dimensione di un incidente di
percorso tra madre e figlia e che aveva visto la sua genesi
nell’esigenza della madre di tagliare personalmente i capelli alla
bambina usando la maniera forte per fronteggiare un isterico e
ingiustificato rifiuto della piccola». I magistrati della cassazione,
però, gli hanno risposto che l’abuso dei mezzi di correzione
«ben può ritenersi integrato da un unico atto espressivo del­
l’abuso, come anche da una serie di comportamenti lesivi
dell’integrità fisica e della serenità psichica del minore, indipen­
dentemente dall’intenzione correttiva o disciplinare» tenuta
dal genitore. Inoltre, prosegue la Cassazione l’atto della madre
«non può essere scriminato dall’esigenza di tosare la figlia
recalcitrante, essendo risultato che, all’isterica opposizione
della bambina aveva fatto riscontro altrettanta isterica reazio­
ne della madre, che, indipendentemente dal luogo di prove­
nienza e dall’ambito culturale della genitrice, aveva inteso pro­
seguire, nelle sue operazioni particolarmente pericolose, al
fine di affermare la propria autorità sulla piccola, abusando dei
mezzi di correzione e disciplina». Ragion per cui, la Cassazione
ha convalidato sia la pronuncia di condanna emessa in primo
grado dal Gip di Macerata il 21 febbraio 2007, sia quella di
secondo grado emessa dalla Corte di Appello di Ancona il 10
giugno 2010. Il ricorso della mamma nigeriana è stato dichiara­
to inammissibile con condanna al versamento di mille euro alla
cassa delle ammenda.
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Corte di Cassazione Sezione 6 Penale
Sentenza del 22 marzo 2011, n. 11251
ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE ­ FIGLIA MINORENNE ­
TAGLIO DI CAPELLI IMPOSTO CON LA FORZA.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO ­ Presidente ­
Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA ­ Rel. Consi­
gliere ­
Dott. FRANCESCO IPPOLITO ­ Consigliere ­
Dott. GIOVANNI CONTI ­ Consigliere ­
Dott. CARLO CITTERIO ­ Consigliere ­
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (Omissis) N. il (...)
avverso la sentenza n. 605/2007 CORTE APPELLO di ANCO­
NA, del 10/06/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/12/2010 la relazione
fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMEN­
DOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio
MURA che ha concluso per l’inammissibilità.
Osserva in:
FATTO E DIRITTO
(Omissis), cittadina nigeriana, ricorre per cassazione a mezzo
del suo difensore contro la sentenza indicata in epigrafe, con la
quale è stata confermata la decisione in data 21/2/2007 del
G.I.P.; del Tribunale di Macerata, che l’aveva dichiarata colpe­
vole del reato di abuso di mezzi di correzione o di disciplina
ex art. 571 c.p. in danno della figlia (Omissis) che oltre ad
essere stata aggredita verbalmente dalla madre, presentava
segni di percosse alle gambe e ferite sul cuoio capelluto,
provocate verosimilmente dal taglio indiscriminato di capelli
con forbici da cucina.
Nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento
dell’impugnata decisione la ricorrente denuncia la contraddit­
torietà della motivazione e la mancata valutazione degli ele­
menti di valenza risolutiva ai fini dell’esclusione dell’ipotesi
criminosa contestata, evidenziando come mancasse innanzi
tutto il requisito della abitualità, essendosi trattato nel caso in
esame di un fatto meramente occasionale, e come tale fatto
andasse riportato nella giusta dimensione di un incidente di
percorso del naturale rapporto genitore e figlia, che aveva
visto la sua genesi nell’esigenza della madre di tagliare perso­
nalmente di tagliare i capelli alla figlia e di usare la maniera
forte per fronteggiare l’isterico e ingiustificato rifiuto della
23
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
piccola. Ad avviso della difesa i giudici del merito avevano
inoltre omesso di salutare il contesto culturale di provenienza
dell’imputata, proveniente da un paese, come la Ni., con rego­
le educative del tutto diverse dalle nostre.
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza della
censura.
Ed invero in tema di abuso di mezzi di correzione e di discipli­
na, di cui all’art. 571 c.p., la giurisprudenza di questa Sezione ­
qui ampiamente condivisa ­ è orientata nel senso che, mentre
non possono ritenersi preclusi quegli atti di minima valenza
fisica o morale, che risultino necessari per rafforzare la proibi­
zione, non arbitraria, né ingiusta, di comportamenti oggettiva­
mente pericolosi o dannosi, rispecchianti la inconsapevolezza
o la sottovalutazione del pericolo, la disobbedienza gratuita,
oppositiva e insolente, integra la fattispecie criminosa de qua
l’uso in funzione educativa del mezzo astrattamente lecito, sia
esso di natura fisica, psicologica o morale, che trasmodi nel­
l’abuso sia in ragione dell’arbitrarietà o intempestività della sua
applicazione, sia in ragione dell’eccesso nella misura (Cass.
Sez. VI 7/11/97­26/3/98 n. 3789 Rv. 211942). Tale reato non ha
natura necessariamente abituale, sicché ben può ritenersi in­
tegrato da un unico atto espressivo dell’abuso, ovvero da una
serie di comportamenti lesivi dell’incolumità fisica e della sere­
nità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di
tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizza­
no l’evento, quale che sia l’intenzione correttiva o disciplinare
del soggetto attivo (Cass. Sez. VI 16/2­13/5/10 n. 18289 Rv.
247357).
Nel caso in esame i giudici del merito correttamente si sono
ispirati a tali principi, laddove hanno evidenziato come la con­
dotta ascritta all’imputata non poteva essere scriminata dal­
l’esigenza di tosare la figlia recalcitrante, essendo risultato che
all’isterica opposizione della bambina aveva fatto riscontro
altrettanta isterica reazione della madre che indipendente­
mente dal luogo di provenienza e dall’ambito culturale della
genitrice, aveva inteso proseguire nelle sue operazioni partico­
larmente pericolose, proprio per affermare la propria autorità
sulla piccola, abusando dei mezzi di correzione e disciplina.
Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versa­
mento in favore della cassa delle ammende della somma,
ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Riferimenti:
Legge
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
PROCEDIMENTO
Testi: se cambia il giudice dichiarazioni utilizzabili solo
24
se volute dalle parti
Guida al Diritto ­ LE SENTENZE DEL GIORNO
Corte di cassazione ­ Sezione II penale ­ Sentenza 23 marzo 2001
n. 11542
Se cambia il giudice le dichiarazioni dei testi già auditi sono
utilizzabili nel procedimento soltanto se vi è il consenso di
tutte le parti. Inoltre, l’onere della citazione grava sulla parte
che originariamente ne aveva chiesto l’assunzione. Lo ha stabi­
lito la Corte di cassazione con la sentenza del 23 marzo 2011
n. 11542 che ha annullato la condanna per danneggiamento
aggravato emessa dalla Corte di appello di Palermo, rinviando
ad altro giudice per un nuovo giudizio. Gli ermellini, in conclu­
sione, hanno enunciato il seguente principio di diritto: ”in caso
di mutamento del giudice, le dichiarazioni dei testi assunti dal
precedente giudice, non sono utilizzabili ove una delle parti si
opponga alla lettura. In tal caso, l’onere della citazione dei
suddetti testi, nonostante il consenso alla lettura prestato
dalle restanti parti, spetta alla parte che aveva originariamente
chiesto l’ammissione dei suddetti testi. Di conseguenza, ­ pro­
seguono i giudici ­ ove la parte che non ha prestato il proprio
consenso alla lettura venga onerata della citazione dei suddetti
testi, legittimamente può rifiutarsi di citarli e il giudice non può
dare lettura delle dichiarazioni rese davanti al precedente
giudice, dovendo porre l’onere della citazione a carico della
parte che originariamente aveva richiesto l’ammissione dei
testi”.
Corte di Cassazione Sezione 2 Penale
Sentenza del 23 marzo 2011, n. 11542
PROCEDIMENTO PENALE ­ MUTAMENTO DEL GIUDICE ­ DI­
CHIARAZIONI TESTI GIÀ AUDITI ­ UTILIZZABILITÀ.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte Suprema di Cassazione
Sezione seconda penale,
Composta da:
Dott. SIRENA PIETRO A. ­ Presidente
Dott. FIANBANESI FRANCO ­ Consigliere
Dott.ssa CAMMINO MATILDE ­ Consigliere
Dott. GALLO DOMENICO ­ Consigliere
Dott. MAGO GEPPINO ­ Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
su ricorso proposto da:
(Omissis), nato il (...), avverso la sentenza del 1/06/2010 della
Corte di Appello di Palermo;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Gabriele
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
Mazzotta che ha concluso per l’inammissibilità;
udito il difensore avv.to Sa. Ti. che ha concluso per l’accogli­
mento
FATTO
§ 1. Con sentenza del 1/06/2010, la Corte di Appello di
Palermo confermava la sentenza pronunciata in data 22/6/
2009 con la quale il Tribunale di Sciacca, aveva ritenuto (Omis­
sis) responsabile del reato di danneggiamento aggravato.
§ 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione dedu­
cendo i seguenti motivi:
1. VIOLAZIONE DELL’ART. 511 C.P.P. per avere la Corte
territoriale ritenuto legittima la lettura delle dichiarazioni rese
dai testi escussi, nonostante esso ricorrente si fosse a ciò
opposto, essendo il giudice mutato e, quindi, dovendosi nuo­
vamente sentire i suddetti testi indotti dall’accusa. Il nuovo
giudice, infatti, aveva disposto che fosse esso ricorrente a
dover citare i testi; tuttavia, siccome il suddetto onere doveva
ritenersi illegittimo, il giudice non avrebbe potuto utilizzare
quelle testimonianze dandone lettura ex art. 511 c.p.p.
2. ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE per non avere la
Corte sufficientemente motivato in ordine alle ragioni che
l’avevano indotto a ritenere convincenti le dichiarazioni dei
suddetti testi e, al contrario, inattendibili quelle dei testi della
difesa.
DIRITTO
§ 3, VIOLAZIONE dell’art. 511 C.P.P.: la vicenda processuale
alla base della censura in esame è la seguente:
­ il giudice di primo grado escuteva i testi (Omissis) e (Omis­
sis), indotti dal P.M. e da questi regolarmente citati;
­ successivamente, però, il giudice mutava di persona sicché si
rendeva necessario provvedere alla rinnovazione di quegli atti
rispetto ai quali le parti non avevano dato il consenso alla
lettura, ossia, nella specie, la testimonianza dei suddetti testi;
­ il nuovo giudice ne disponeva la citazione onerando dell’in­
combente la difesa dell’imputato che si era opposta alla lettu­
ra;
­ sennonché, all’udienza fissata per l’escussione, la difesa rap­
presentava che non aveva provveduto alla citazione dei testi,
perché, essendo costoro stati indotti dal P.M., spettava a co­
stui citarli;
­ il giudice, quindi, rilevando l’inattività della parte, provvedeva
alla lettura delle precedenti dichiarazioni rese dai testi.
§ 3.1. La Corte territoriale, davanti alla quale la questione
dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali era stata sol­
levata, l’ha disattesa rilevando che ”posto che gli atti compiuti
continuano legittimamente a fare parte del fascicolo dibatti­
mentale e che è previsto un particolare regime per il loro
recupero e conseguente utilizzazione dinanzi al nuovo giudice”
la parte che abbia interesse alla loro ”audizione può essere
onerata dell’obbligo di citarli essendo appunto essa stessa che
avanza detta richiesta di nuova escussione; testimoniale su
tutti od anche su solo alcune delle circostanze precedente
riferite”.
§ 3.2. La difesa del ricorrente obietta che tale decisione sareb­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
be illegittima perché, una volta che vi sia opposizione alla
lettura degli atti, nella specie per essere mutato il giudice,
medesimi devono essere nuovamente assunti secondo le re­
gole precedenti: di conseguenza, avrebbe dovuto essere il P.M.
a citare i testi da esso indotti. D’altra parte, l’omessa citazione
non comportava la decadenza della prova, atteso che il giudice
può revocare la prova solo quando risulti superflua ex art.
495/4 c.p.p., tanto più che l’inattività dell’imputate non poteva
essere interpretata come una tacita manifestazione di volontà
di recedere dalia richiesta di riaudizione dei testi.
§ 3.3. La doglianza è fondata per le ragioni di seguito indicate.
Va premesso che, essendo mutato il giudice, non era in discus­
sione il diritto dell’imputato di opporsi alla lettura delle dichia­
razioni testimoniali assunte dal precedente giudice: sul punto è
sufficiente rammentare quanto statuito dalle SSU che, con la
sentenza n. 2/1999, Iannasso, Rv. 212395 (alla quale si è poi
uniformata la giurisprudenza di questa Corte: ex plurimis
Cass. n. 3613/2006 Rv. 236044), nell’enunciare il principio di
diritto secondo il quale ”nel caso di rinnovazione del dibatti­
mento a causa del mutamento della persona del giudice mo­
nocratico o della composizione del giudice collegiale, la testi­
monianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la
decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l’esame
del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato
richiesto da una delle parti”, affermarono anche che allorquan­
do, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del muta­
mento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta
di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice può
di ufficio disporre la lettura delle dichiarazioni precedente­
mente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legitti­
mamente negli atti dibattimentali.
La questione, quindi, non è se, a seguito dell’opposizione della
difesa, i testi dovessero essere o meno nuovamente escussi
(sul punto, pertanto, tutte la lunga disquisizione del ricorrente
sul diritto alla difesa, sui principi del contraddittorio e dell’ora­
lità del dibattimento, sul mutamento del giudice, appaiono del
tutto ultronei rispetto al thema decidendum) ma, molto più
semplicemente, su quale parte incombeva l’onere di citarli o,
più esattamente, se la decisione del giudice di onerare dell’in­
combente la difesa, sia o meno corretta.
La soluzione della questione non può che partire dalla descri­
zione del meccanismo processuale contemplato negli artt. 511
­ 514 c.p.p. che, dopo la sentenza delle SS.UU. cit., ha la
seguente cadenza procedurale;
­ il giudice, ex 511/1 c.p.p., anche d’ufficio, deve dar lettura (o
in alternativa indicare: art. 511/5 c.p.p.) degli atti contenuti nel
fascicolo del dibattimento;
­ dal combinato disposto dei commi primo e quinto dell’art.
511 cit., si evince che l’atto contenuto nel fascicolo per il
dibattimento, può assumere, anche da solo, rilevanza di prova
a condizione che esso sia reso a tal fine utilizzabile e cioè sia
sottoposto al vaglio delle parti mediante la lettura;
­ nell’ipotesi di testimonianze assunte da un giudice poi muta­
to, il principio di immutabilità del giudice di cui all’art. 525/2
c.p.p., impone, a pena di nullità assoluta, la rinnovazione inte­
25
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
grale del dibattimento con la ripetizione di tutta la sequenza
procedimentale prevista dal codice di rito;
­ i verbali delle dichiarazioni dei testi assunti dal precedente
giudice, fanno legittimamente parte del fascicolo processuale
(Corte Cost. 17/1994 ­ SS.UU. di ­ Corte Cost. 399/2001);
­ il nuovo giudice può dare lettura delle suddette dichiarazioni
solo ove vi sia il consesso di tutte le parti sicché è sufficiente il
dissenso anche di una sola parte per impedirne la lettura e,
quindi, I’utilizzabilità.
Ora, è del tutto evidente che, se è vero che i verbali prece­
dentemente assunti fanno legittimamente parte del fascicolo
processuale è anche vero che i medesimi divengono utilizzabili
ad una sola condizione, ossia che tette le parti prestino il loro
consenso alla lettera.
Di conseguenza, è sufficiente il dissenso di una sola parte
perché si riapra tutta la sequenza processuale che aveva origi­
nariamente portato all’assunzione dei suddetti testi: il che è
come dire che torna ad applicarsi l’art. 468/2 c.p.p.
La suddetta norma, infatti, ha posto l’onere della citazione a
carico della parte richiedente perché, intuitivamente, è questa
che ha interesse a che i propri testi siano sentiti e, quindi, è
questa, che deve citarli o portarli direttamente al dibattimen­
to, non essendo compatibile con una corretta dialettica pro­
cessuale (rectius: con il diritto a proseguire la strategia proces­
suale più confacente ai suoi interessi) che vi provveda la parte
che non vi abbia alcun interesse o addirittura abbia un interes­
se contrario.
E’ chiaro, quindi, che, una volta che una parte non presti il
proprio consenso alla lettura delle dichiarazioni rese dai testi
davanti al giudice poi mutato, poiché si riapre la sequenza
procedimentale di cui agli artt. 468 ­ 495 c.p.p., ogni parte,
ritrovandosi all’inizio del procedimento, dovrà nuovamente
valutare se e quali testi citare: il che è come dire che, nella
concreta fattispecie, non avendo la difesa prestato il proprio
consenso alla lettura delle dichiarazioni rese dai testi indotti
dal P.M., spettava a costui citarli, ove avesse avuto ancora
interesse ad esaminarli.
Il suddetto interesse, invero, non potrebbe riconoscersi in
capo alla difesa non solo perché i testi erano stati indotti dal
P.M. ma anche perché il dissenso alla lettura non può essere
interpretato come l’interesse a sentire nuovamente quei testi,
e, viceversa, il consenso (prestato dal P.M.) come carenza di
interesse.
Infatti, una volta che una delle parti non esprima il proprio
consenso, quelle dichiarazioni testimoniali divengono
tamquam non esset sicché l’interesse processuale non va valu­
tato alla stregua dei verbali che fanno parte del fascicolo
processuale, ma considerando che quei verbali non sono pia
utilizzabili. Di conseguenza, ciascuna parte, essendo stata ri­
messa nello status quo ante, dovrà valutare, nella sua autono­
mia, se chiedere o meno nuovamente l’ammissione dei propri
testi e, quindi, nuovamente citarli.
Ugualmente errato sarebbe far discendere dalla mancata cita­
zione dei testi, una pretesa implicita e/o esplicita rinuncia a
farli assumere, con conseguente lettura delle precedenti di­
26
chiarazioni.
In proposito è sufficiente ribadire che, una volta che una parte
non presta il suo consenso alla lettura, quelle dichiarazioni
diventano inutilizzabili, sicché è del tutto improprio richiamare
la peraltro controversa problematica di quali siano le conse­
guenze nel caso in cui la parte ometta di citare i testi dei quali
aveva chiesto l’ammissione (Cass. 9335/1999 Rv. 214255 ­
Cass. 32343/2007 Rv. 237074; contra: Cass. 41340/2006 Rv.
235772 ­ Cass. 13507/2010 Rv. 246604).
II problema, infatti, nel caso di specie, è diverso e consiste
nello stabilire se l’ordine con il quale il giudice aveva disposto
che a citare i testi fosse la parte opponente (rectius: la difesa),
sia o no legittimo e se, a fronte, del conclamato rifiuto della
parte onerata di provvedere alla citazione, sia stata o no
legittima la lettura delle suddette testimonianze, previa revoca,
quantomeno implicita, dell’ordinanza ammissiva della prova.
La risposta al suddetto quesito, alla stregua di quanto detto,
non può che essere negativa e, pertanto, la sentenza impugna­
ta va annullata dovendosi la Corte territoriale uniformare al
seguente principio di diritto: ”in caso di mutamento del giudi­
ce, le dichiarazioni dei testi assunti dal precedente giudice, non
sono utilizzabili ove una delle parti si opponga alla lettura. In
tal caso, l’onere della citazione dei suddetti testi, nonostante il
consenso alla lettura prestato dalle restanti parti, spetta alla
pari, che aveva originariamente chiesto l’ammissione dei sud­
detti testi. Di conseguenza, ove la parte che non ha prestato il
proprio consenso alla lettera venga onerata della citazione dei
suddetti testi, legittimamente può rifiutarsi di citarli ed il giudi­
ce non può dare lettura delle dichiarazioni rese davanti al
precedente giudice, dovendo porre l’onere della citazione a
carico della parte che originariamente aveva richiesto l’ammis­
sione dei testi”.
Gli atti vanno trasmessi alla stessa Corte di Appello in quanto
la violazione dell’art. 511 c.p.p. non è compresa nell’elencazio­
ne tassativa di cui all’art. 604 cod. proc. pen. sicché spetta allo
stesso giudice di appello provvedere all’escussione dei testi, ai
sensi dell’art. 495 c.p.p. (Cass. 3613/2006 Rv. 236044).
P.Q.M.
ANNULLA
La sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte
di Appello di Palermo per nuovo giudizio
Riferimenti:
Legge
© Copyright Il Sole 24 Ore ­ Tutti i diritti sono riservati
IL MERITO ON­LINE ­ PENALE ATTI PROCES­
SUALE
Breve viaggio nelle nullità processuali penali
di Nucci Alessandra
* Camera Penale di Monza
1. Introduzione
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
L’eccezione di nullità gioca un ruolo importante, perché, a
seconda della fase processuale in cui interviene e del suo
contenuto, può cambiarne le sorti e favorire la posizione
dell’indagato o imputato o delle altre parti: le norme degli artt.
177­185 c.p.p. sono, infatti, poste a baluardo della correttezza
degli atti processuali e costituiscono una vera e propria mappa
delle barriere preclusive, che fanno leva sulla forma più grave
di invalidità (1) , da distinguersi dagli istituti dell’inammissibilità,
della decadenza e dell’inutilizzabilità, che, in via gradata, posso­
no colpirne il compimento.
E’ opportuno tenere presente che la verifica della validità di un
atto non funziona sempre e solo come una scossa elettrica
che può paralizzare ­per un certo tempo­ lo svolgimento del
procedimento, quanto piuttosto, in maniera più lungimirante,
come un veicolo di principi generali, che ne sovrintendono la
regolarità: l’accertamento penalistico sarà tanto più legittimo
quanto più saranno rispettate le norme che lo governano,
perché ogni atto non è fine a se stesso né svincolato dagli altri,
ma, anzi, inserito in un contesto di connessioni e conseguen­
ze, di cui l’operatore del diritto deve essere consapevole
tessitore.
2. Lo spunto degli accertamenti tecnici non ripetibili
Può essere interessante fare una tappa iniziale nella fase delle
indagini preliminari per una analisi del momento dell’accerta­
mento tecnico non ripetibile, che l’art. 360 c.p.p. riserva alle
competenze del P.M. su persone, cose e luoghi, soggetti a
modificazione, previo adempimento dell’obbligo di avviso alle
parti e ai difensori: la violazione di tale obbligo dà origine ad
una invalidità, che, secondo giurisprudenza consolidata (2),
assume i contorni della nullità a regime intermedio, da ecce­
pirsi prima della deliberazione della sentenza di primo grado, e
non della semplice inutilizzabilità, comminata, invece, in caso
di richiesta di incidente probatorio ai sensi del IV comma.
La Difesa può ben trarre beneficio ­nella fase ancora embrio­
nale del procedimento o quando esso abbia già raggiunto una
significativa soglia valutativa­ dall’eccezione di nullità generale a
regime intermedio di accertamenti svolti ex art. 360 c.p.p.
senza i dovuti avvisi, perché essa diventa non solo un puntello
difensivo, ma anche uno strumento strategico, per fermare o,
in ogni caso, ponderare l’acquisizione di dati od elementi, che
altrimenti transiterebbero direttamente nel fascicolo del di­
battimento ex art. 431 c.p.p., in quanto irripetibili, in virtù del
principio di massima salvaguardia di ciò che non può essere
materialmente riprodotto e che deve costituire prova nel
processo: in questo caso la Difesa può scegliere come meglio
tutelare l’interesse del proprio assistito.
Risulta anche più naturale impostare così la decisione sul rito,
in quanto, in caso di prosecuzione del procedimento secondo
le forme ordinarie, gli esiti degli accertamenti tecnici, da di­
stinguersi dai rilievi, semplici constatazioni o raccolte di dati
materiali pertinenti al reato di cui all’art. 359 c.p.p., sarebbero
esclusi, mentre, in caso di preferenza di un rito alternativo,
costituirebbero materia per la decisione finale, in quanto atti
di indagine da sottoporsi all’esame giudiziale.
3. Il fronte aperto dell’irreperibilità
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
La qualifica dell’irreperibilità, da un lato, garantisce una difesa
penale piena all’imputato che non riceve gli atti nelle modalità
tipizzate dal codice, nonostante lo stesso non sia rintracciabi­
le, perché i suoi interessi vengono, in ogni caso, sostenuti e
garantiti nel processo, nel rispetto dei precetti costituzionali,
ma, dall’altro, lascia ai protagonisti del processo stesso non
poche domande: l’art. 160 c.p.p., disciplinando l’efficacia del
decreto di irreperibilità limitata a singole fasi processuali, pone
il problema di stabilire fino a quando si può considerare effica­
ce il decreto di irreperibilità emesso e notificato con l’avviso di
conclusione delle indagini preliminari e se si può sanzionare
con la nullità assoluta la notifica del successivo decreto di
citazione a giudizio, privo di un rinnovato decreto di irreperi­
bilità o con un decreto di irreperibilità emesso senza un nuovo
verbale di vane ricerche o con ricerche incomplete.
La giurisprudenza, ancora sostanzialmente discorde, ha, però,
recentemente dato una svolta al proprio orientamento, che, in
precedenza, nella convinzione che la chiusura della fase delle
indagini preliminari, se il P.M. non deve chiedere l’archiviazione
del procedimento, prelude all’esercizio dell’azione penale, con
la formulazione dell’imputazione, ossia ad una fase distinta e
conseguente, era fermo alla notifica del decreto di citazione a
giudizio all’imputato ex art. 159 c.p.p., nei procedimenti in cui
non è prevista l’udienza preliminare, solo a condizione che
fosse emesso un nuovo decreto di irreperibilità, frutto di
aggiornate vane ricerche, non potendo fare riferimento a
quello emesso in occasione della notifica dell’avviso ex art.
415­bis c.p.p., introdotto dalla legge Carotti n. 479/1999.
Infatti, ritenendosi conclusa tale fase solo con il deposito del
decreto di citazione a giudizio, il decreto di irreperibilità,
notificato unitamente all’avviso ex art. 415­bis c.p.p. ed appar­
tenente alla fase precedente (che lascia spazio ad ulteriori
indagini, all’opportuna discovery e a valutazioni difensive), per­
derebbe efficacia per quella successiva e dovrebbe essere
sostituito, in seguito a nuove ricerche dell’imputato, legitti­
mando un’eccezione di nullità assoluta della notifica del decre­
to di citazione a giudizio (3), eccezione, peraltro, limitata
all’atto della notifica, conservando il decreto in sé la validità
che gli è propria.
In realtà, il dibattito giurisprudenziale si sta indirizzando verso
differenti conclusioni (4): poiché la notifica dell’avviso della
conclusione delle indagini preliminari conterrebbe già in nuce
l’affermazione che le indagini preliminari sono finite e che
quella fase si è chiusa, non può farsi riferimento all’art. 160,
comma I, c.p.p., che prevede la cessazione di efficacia del
decreto emesso “nel corso delle indagini preliminari”, pertan­
to, il decreto di irreperibilità emesso per la notificazione del­
l’avviso ex art. 415­bis c.p.p. vale anche ai fini della notifica del
decreto di citazione a giudizio, purchè, naturalmente, aggior­
nato e compatibile con i tempi della notifica stessa, limitando
un’insorgenda eccezione di nullità solo ai casi in cui effettiva­
mente l’attestazione delle vane ricerche, che apre al decreto
di irreperibilità, non fosse assolutamente attendibile e corri­
spondente alla realtà (5) e, in definitiva, utile al processo.
Altro problema, peraltro, non ancora formalmente risolto, è
27
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
relativo all’individuazione dell’organo deputato a provvedere
alla rinnovazione della notifica del decreto di citazione a giudi­
zio nelle forme dell’art. 159 c.p.p., perché parte considerevole
della giurisprudenza (6) ritiene eventualmente legittimato a
tale operazione solo il giudice del dibattimento, mentre un
differente filone (7) vede nella pubblica accusa il soggetto
idoneo all’integrazione dell’attività processuale omessa o non
svolta correttamente, interpretando tale passaggio non come
una regressione o un vizio di abnormità del provvedimento,
quanto, piuttosto, come un adempimento naturale e necessa­
rio, la cui omissione genererebbe una nuova nullità.
4. Lo slalom della dichiarazione o dell’elezione di domicilio
Anche la specificazione di un luogo e di una eventuale persona,
a cui riferire comunicazioni e notifiche nell’interesse dell’inda­
gato o dell’imputato, può essere fonte di garanzia difensiva e di
eccezioni di nullità.
Le regole codicistiche impongono che l’indagato od imputato
possa scegliere in quale luogo voglia ricevere gli atti del proce­
dimento che lo riguarda, formalizzando una dichiarazione op­
pure una elezione di domicilio, due istituti distinti (8), che non
possono essere scambiati o sovrapposti ­tanto che, in caso di
concorrenza, prevale il secondo per la maggiore pregnanza­
ma solo finalizzati a gestire i fili della comunicazione proces­
suale.
L’indicazione del domicilio, la cui mancanza, peraltro, fa scatta­
re i meccanismi di cui all’art. 157 c.p.p., pone alcuni problemi
inerenti la validità della notifica degli atti.
In primo luogo, occorre capire quale rapporto intercorre tra
una dichiarazione o una elezione di domicilio (quest’ultima già
implica la scelta di una persona) e la nomina di difensore
fiduciario con elezione di domicilio presso il suo studio, posto
che la difesa tecnica d’ufficio comporta già il funzionamento
dell’art. 161, comma IV, c.p.p.: a tale quesito la giurisprudenza
ha dato recentemente una risposta (9), stabilendo che l’opera­
tività dell’art. 157, comma VIII bis, c.p.p. è subordinata all’as­
senza di una dichiarazione od elezione di domicilio, su cui
eventualmente prevale, salva espressa volontà dell’imputato
che paralizzi la regola del suddetto comma VIII bis.
In secondo luogo, occorre valutare se sanzionare ­e, in caso
positivo, con quali forme­ l’omesso avvertimento all’imputato
dell’obbligo di comunicare eventuali variazioni del domicilio
dichiarato od eletto: anche in questa ipotesi soccorre la Su­
prema Corte (10), che ha stabilito che tale omissione debba
essere sanzionata con la nullità della notifica dell’atto solo nel
caso in cui la stessa sia avvenuta con consegna al difensore a
causa dell’impossibilità di eseguirla nel domicilio, ma non nel
caso in cui l’atto sia stato notificato al difensore in qualità di
domiciliatario dell’imputato; peraltro, si tratta di una nullità
assoluta ed insanabile per omessa vocatio in ius, solo se la
notifica non risulti idonea a determinare la conoscenza effetti­
va dell’atto da parte del destinatario, altrimenti resta sanata
come una nullità generale a regime intermedio, purchè eccepi­
ta subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti
(11).
In terzo luogo, occorre valutare il peso processuale della mera
28
indicazione da parte dell’imputato od indagato del proprio
domicilio negli atti del processo, che la giurisprudenza ha
considerato di per sé insufficiente a modificare una dichiara­
zione od elezione di domicilio già effettuata, a meno che dalla
indicazione stessa non emerga, anche solo implicitamente, la
volontà dell’imputato od indagato di volere ricevere le succes­
sive notifiche a quell’indirizzo (12).
5. La soglia della notifica
L’eccezione di nullità si annida anche in alcuni ambiti del mo­
mento notificatorio, in particolare, quello relativo al soggetto
a cui deve essere consegnata copia dell’atto notificando: infatti,
possono essere considerate notifiche validamente eseguite
solo quelle che si compiono, in assenza del destinatario, nelle
mani di persona convivente con lui, a prescindere dal legame
di parentela (13), in quanto la giurisprudenza ha ritenuto
parametro più incisivo per valutare l’efficacia delle comunica­
zioni processuali proprio la convivenza, situazione di fatto in
cui si trova un soggetto, con la conseguenza che saranno
viziate da nullità assoluta le notifiche eseguite a mani di parenti
o familiari non conviventi e residenti altrove rispetto al desti­
natario, pur se delegati al ritiro dell’atto, e, al contrario, saran­
no perfette le notifiche a mani di persone conviventi con il
destinatario, anche se temporaneamente, come nel caso di
collaboratori domestici, baby­sitter, ospiti.
Anche l’inosservanza del termine a comparire è foriera di
eccezioni: infatti, qualora la notificazione del decreto di cita­
zione a giudizio non rispetti il termine dei sessanta giorni,
dettato dall’art. 552, comma II, c.p.p., essa è viziata da nullità,
anche se ­ancora­ di ordine generale a regime intermedio e
sanabile, se tempestivamente rilevata, con la concessione di un
termine a difesa, che non riproduca la medesima durata del
termine a comparire, ma che assicuri comunque l’integrità del
termine nel suo complessivo decorso (14) .
Sicuramente più radicale è l’eccezione di nullità, di carattere
assoluto, per omessa notifica al Difensore dell’avviso di fissa­
zione dell’udienza in Camera di Consiglio, cui consegue la
nullità dell’eventuale ordinanza all’esito dell’udienza medesima,
se non venga provato che il mancato incombente sia eziologi­
camente addebitabile ­per ipotesi­ a negligenza dell’Avvocato,
assente dallo studio o comunque incurante della notifica di atti
urgenti, altrimenti lo stesso Difensore non è legittimato ad
eccepire l’omessa notifica (15) e a porsi quale paladino del
legittimo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, che
può trovare, invece, soddisfazione dall’eccezione di nullità,
qualora si trovi scavalcato dall’utilizzo di mezzi tecnici ­per la
notifica all’indagato o imputato­ non idonei, come il telefax
(16).
Infine, si conferma che la nullità assoluta e insanabile, prevista
dall’art. 179 c.p.p., ricorre soltanto nel caso di omissione della
notifica della citazione a giudizio o di inidoneità della stessa,
eseguita in forme diverse da quelle prescritte, a determinare la
conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato (17), con­
fermando la cogenza del principio scriminante della conoscibi­
lità degli atti da parte del destinatario quale parametro di
valutazione dell’invalidità: se, in ogni caso, il destinatario ha
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
conoscenza effettiva del contenuto dell’atto, il vizio si reputa
sanato e il rapporto processuale risulta validamente costituito,
applicandosi la disciplina dell’art. 184 c.p.p..
NOTE
(1) La nullità si configura, quando l’atto risulta essere privo dei
requisiti previsti dalla legge, e può assumere diverse tipologie:
a seconda delle modalità di previsione, si distinguono le nullità
generali (art. 178 c.p.p.) e quelle speciali (specifiche previsioni
legislative); a seconda del regime giuridico, si distinguono le
nullità assolute (art. 179 c.p.p.), quelle a regime intermedio
(art. 180 c.p.p.) e quelle relative (art. 181 c.p.p.). L’inammissibi­
lità si verifica, quando un atto di parte, privo dei requisiti di
legge, non può essere esaminata da un giudice di merito. La
decadenza è la sanzione processuale prevista, quando un atto
viene compiuto dopo la scadenza di un termine perentorio.
L’inutilizzabilità incide sul valore probatorio dell’atto, che non
può essere considerato dal giudice ai fini della decisione ex
art. 191 c.p.p., come l’ipotesi dell’art. 195 c.p.p..
(2) Ex plurimis, Cass. penale, sez. IV, 6 Dicembre 1996, Fode­
rà.
(3) Cass. Penale sez. V, 24 Marzo 2009 n. 30072: “il decreto di
irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari non
vale ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio,
perché la chiusura delle indagini, che segna il limite di efficacia
del decreto di irreperibilità, coincide non con la notifica del
decreto di citazione a giudizio, bensì con la sua emissione da
parte del P.M.”. In tal senso Cass. penale sez. II, 3 Maggio 2006
n. 17999, con commento di Piero Silvestri, Cass. Penale sez. I,
13 Luglio 2005, Serigne.
(4) Cass. Penale sez. II, 9 Febbraio – 1 Marzo 2010 n. 8029.
Nello stesso senso, Cass. Penale sez. II, 18 Marzo 2009 n.
18576: “il decreto di irreperibilità emesso dal P.M. per la
notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari
conserva efficacia anche ai fini della notifica del decreto di
citazione a giudizio” e Cass. Penale sez. II n. 29914/2007 e n.
35078/2007.
(5) Cass. Penale sez. II, 9 Febbraio – 1 Marzo 2010 n. 8029: la
prossimità temporale si ritiene rispettata quando la situazione
di fatto che riguarda l’indagato non può aver subito modifiche
di rilievo.
(6) Cass. penale sez. unite, 29 Maggio 2002, Manca.
(7) Cass. penale sez. II, 3 Maggio 2006 n. 17999 cit.
(8) Cass. penale sez. III, 23 Maggio 2003 n. 22844: “se la
dichiarazione di domicilio, a carattere reale, è l’indicazione del
luogo fisico in cui gli atti devono essere notificati, l’elezione di
domicilio, a carattere negoziale, implica anche la scelta di una
persona, il domiciliatario, che deve riceverli e con cui si deve
manifestare un rapporto di fiducia”.
(9) Cass. penale sezioni unite, 15 Maggio 2008 n. 19602:
“quando si deve effettuare la prima notifica all’imputato che
non abbia eletto o dichiarato domicilio, si deve procedere nei
modi dettati dall’art. 157 c.p.p.. Una volta effettuata regolar­
mente la prima notificazione, se l’imputato provvede alla no­
mina di un difensore di fiducia, tutte le notificazioni si effettua­
no mediante consegna al difensore, che può immediatamente
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
dichiarare all’autorità di non accettarle”.
(10) Cass. penale sez. III, 15 Gennaio 2009 n. 7130.
(11) Cass. penale sez. III, 14 Ottobre 2009 n. 43859.
(12) Cass. penale sez. IV, 29 Gennaio 2008 n. 13934.
(13) Cass. penale sez. V, 1 Luglio 2008 n. 39939 e in tal senso
Cass. penale sez. I, 15 Marzo 2006 n. 11606 e Cass. penale
sez. II, 27 Ottobre 2009 n. 44683.
(14) Cass. penale sez. V, 14 Gennaio 2008 n. 1765.
(15) Cass. Penale sez. V, 15 Novembre 2010 n. 40451: “in
assenza di qualsiasi accertamento, da parte del giudice del
merito, funzionale alla dimostrazione che la tempestività e la
diligenza dell’ufficio procedente siano state vanificate dalla in­
superabile prevalenza della negligenza della Difesa, deve con­
cludersi con l’annullamento dell’ordinanza impugnata (...)”. In
caso di prova contraria, si veda Cass. penale sez. III, n. 2893/
2009 del 18 Dicembre 2009.
(16) Cass. Penale sez, II, 14 Marzo 2008 n. 11735: “la notifica
dell’avviso dell’udienza di riesame diretta all’imputato non è
valida se effettuata mediante telefax nei confronti del solo
difensore nella qualità di domiciliatario, perché l’impiego di
mezzi tecnici, come il telefax, è consentito solo nel caso in cui
occorra provvedere alla notificazione a persona diversa dal­
l’imputato: ne consegue che l’omissione dell’avviso, con riguar­
do all’indagato o imputato, è causa di nullità assoluta ed insa­
nabile ex art. 179 c.p.p. del procedimento nonché dell’ordi­
nanza conclusiva”.
(17) Cass. penale, sez. III, 6 Ottobre 2010 n. 35777.
PROFESSIONI E IMPRESE24
Il decreto ingiuntivo contro la Snc si estende al socio
che non si oppone
Guida al Diritto ­ LE SENTENZE DEL GIORNO
Corte di cassazione ­ Sezione III civile ­ Sentenza 24
marzo 2011 n. 6734
Il decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti di una società
in nome collettivo estende i suoi effetti anche nei confronti dei
soci illimitatamente responsabili, con la conseguenza che cia­
scuno di questi ha l’onere di proporre impugnazione. In man­
canza, il decreto diviene definitivo anche nei confronti del
socio che non può più opporre l’eventuale prescrizione che si
è maturata in precedenza.
Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 6734/2011 che ha
dichiarato il diritto dell’Inail di procedere esecutivamente nei
confronti del socio per un credito vantato verso la società.
IL TESTO DELLA SENTENZA SU GUIDA AL DIRITTO
IN TEMA DI AZIONE ESECUTIVA LEGGI ANCHE
Azione esecutiva: interessante parallelismo tra PA e società private
di Alesii Leonardo , Padoan Gioia ­ A cura di Lex24 ­ Il Merito
IN TEMA DI FALLIMENTO ]CONSULTAZIONE RISERVATA AGLI
29
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
ABBONATI DI LEX24 ­ PER INFORMAZIONI CLICCA QUI]
La sentenza che accerta lo scioglimento dell’accordo ha effetto
retroattivo e paralizza l’azione del curatore
Piselli Mario, Guida al Diritto 12 marzo 2011, N. 11 ­ Pagina 64
AVVOCATI24 ­ AVVOCATO DEL GIORNO
Avvocato del giorno: Tommaso E. Romolotti, partner,
Studio Legale Romolotti Marretta
L’avv. Tommaso E. Romolotti, nato a Milano nel 1973, ha
maturato la propria esperienza in Studi professionali interna­
zionali specializzati nei settori finanziario e d’impresa, sia in
Italia che all’estero. E’ autore di svariati articoli giuridici non­
ché di monografie specialistiche, specialmente con riferimento
ai temi del diritto commerciale e della prevenzione da reato
ex DLgs. n. 231/2001. Tiene docenze ed interventi a master e
convegni.
LA FORMAZIONE
Come nasce la Sua passione per il diritto?
Più che di passione per il diritto, parlerei di passione per la
Giustizia, nei confronti della quale il diritto si pone come un
mezzo. Il mondo della legge mi ha sempre affascinato, e, nel
corso dell’università, ho indirizzato il mio interesse verso la
scelta della professione forense.
Qual è il suo percorso formativo e professionale?
Maturità classica all’Istituto Leone XIII di Milano, e quindi
Laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi (la
“Statale”). Nel periodo universitario ho partecipato attiva­
mente come membro del direttivo milanese della European
Law Student’s Association a diverse iniziative di natura inter­
nazionale, svolgendo periodi di studio e di stage professionale
all’estero, in particolare Germania e Francia. Momento fonda­
mentale per la mia formazione sono stati gli anni trascorsi
nello Studio Legale associato al network Ernst&Young, dove è
potuta maturare una passione per una concezione dinamica
del diritto e della figura dell’avvocato.
L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE
Quale ruolo ricopre attualmente?
Sono partner dello Studio Legale Romolotti Marretta
Quale il Suo attuale settore di specializzazione?
In questo momento la mia attività è incentrata sul diritto
commerciale, con particolare riferimento alle forme di part­
nership internazionale; sto approfondendo – tra l’altro ­ i
rapporti con il Medio e l’Estremo Oriente. Mi occupo, inoltre,
di prevenzione da reato ex DLgs. n. 231/2001 nonché di
strumenti finanziari, con particolare attenzione ai derivati.
Un successo professionale che ricorda con piacere?
Penso che il miglior successo per un professionista... sia quello
di aprire il proprio Studio! Un’avventura rischiosa, che ha
richiesto e richiede continuamente impegno ed entusiasmo.
Per fortuna i risultati ci stanno dando ragione.
LO STUDIO IN CUI OPERA
30
Quali sono i punti di forza del Suo studio?
L’obiettivo principale dello Studio è offrire una consulenza
specializzata mantenendo nel contempo una struttura leggera
e sfruttando un network di competenze professionali. Il setto­
re con cui operiamo maggiormente è quello delle medie im­
prese, che rappresentano il nerbo della produttività in Italia e
le cui possibilità ed aspirazioni anche a livello internazionale
comportano vaste aree di miglioramento sotto il profilo della
gestione delle attività legali. Proprio in tal senso, accanto alla
sede di Milano abbiamo aperto anche una sede a Malpensa,
vicino all’aeroporto internazionale ed in un contesto ricco di
imprenditorialità.
Come è strutturato il processo di aggiornamento dei Suoi
professionisti all’interno dello studio? Quali i criteri di selezio­
ne delle risorse?
Il processo di aggiornamento si basa innanzitutto sull’interesse
del singolo. Tralasciando la convertibilità o meno in crediti
formativi degli eventi cui si partecipa, ritengo fondamentale
che l’aggiornamento sia gestito sia tramite momenti pubblici
(ed è sempre opportuno riservarsi la possibilità di intervenire
quali speaker laddove possibile) sia nello studio quotidiano.
Personalmente cerco di pubblicare contributi di argomento
giuridico con un discreto ritmo: è il modo migliore per mante­
nersi aggiornati!
Come vengono gestiti e quanto sono importanti i rapporti
con i Media?
Il concetto di Media è piuttosto ampio. Se intesi in senso
stretto, ci avvaliamo dei consigli di professionisti del settore
giornalistico per meglio indirizzare i nostri contatti. Per quan­
to, invece, attiene la produzione di articoli e monografie setto­
riali, l’obiettivo è quello di essere presenti quanto più possibile
su testate di prestigio che offrano le migliori possibilità di
diffusione dei contenuti proposti.
Come è cambiato il rapporto con la clientela in questo ultimo
periodo?
Se per clientela intendiamo l’impresa, ritengo che vi sia una
maggiore attenzione alla comprensione immediata degli obiet­
tivi da parte del cliente, il che è un bene anche per l’avvocato
in quanto ad obiettivo condiviso corrispondono soluzioni con­
divise. Abbiamo rilevato anche un crescente interesse per un
rapporto impostato in un’ottica di problem solving.
Quali sono i settori di specializzazione sui quali scommette
per soddisfare le esigenze dei clienti?
Sicuramente la contrattualistica internazionale ha assunto un
appeal che anche sotto il profilo del mercato si rivela premian­
te. Ovviamente non bastano le competenze tecniche, occorre
anche comprendere senza presunzione il business di riferi­
mento nonché gli elementi “culturali” che caratterizzano il
proprio cliente e la controparte. Buone competenze linguisti­
che sono fondamentali in tal senso.
Il Suo studio è impegnato in attività di volontariato o sociali?
Per chi ha uno sguardo minimamente attento ai bisogni di chi
ci sta attorno, ci si ritrova coinvolti in situazioni di volontariato
(formale o sostanziale) con grande facilità, è sufficiente decide­
re di essere disponibili. Se invece vogliamo riferirci a scelte più
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
organizzate, una partner dello Studio – l’avv. Marretta ­ colla­
bora attivamente con riferimento ai profili legali con enti di
volontariato presenti sul territorio nei settori dell’handicap e
del disagio sociale.
LA PROFESSIONE DOMANI
Quale istituto giuridico avrebbe bisogno di una regolamenta­
zione più moderna?
Parliamo di un istituto giuridico che ha appena ricevuto un
riconoscimento “moderno”: la class action. L’argomento è
affascinante e le imprese che impareranno rapidamente a ge­
stirlo avranno presumibilmente sensibili vantaggi.
Nelle vesti di Ministro della Giustizia quale iniziativa prende­
rebbe per migliorare il servizio?
Nonostante la banalità della risposta, ritengo che le tempisti­
che processuali siano ormai assurte al rango di vergogna na­
zionale. L’introduzione del procedimento di mediazione obbli­
gatoria per un catalogo disomogeneo di situazioni appare
come il ribaltamento su altri soggetti (cittadini in primis) di una
disfunzione propria del sistema giudiziario. E’ mia opinione che
il problema debba essere invece radicalmente curato dall’in­
terno.
PER I GIOVANI
Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole intraprende­
re la carriera di avvocato?
In A time to kill di Grisham c’è una frase bellissima: “I cannot
promise you riches. What I can offer you is a chance to save
the world one case at a time”. Al di là della retorica, penso
riassuma bene il mio pensiero in merito alla posizione di un
giovane che si avvia la carriera legale.
Quali sono i “ fondamentali” necessari per un avvocato?
La capacità di comprendere il collega ed il cliente. Abbiamo
sempre di fronte una persona, con le sue aspettative, i suoi
desideri, la sua storia.
DIETRO LA TOGA...
Qual è lo strumento tecnologico che preferisce utilizzare per
lavoro?
Il pc portatile. Con uno schermo che si riesca a leggere!
Quali hobby fuori dall’aula?
Sono un divoratore di libri gialli, e mi piace l’attività fisica che
richiede innanzitutto un confronto con noi stessi: l’alpinismo è
la via maestra in tal senso, mi piace anche il tai chi quan.
La vacanza ideale?
Vacanza in montagna, possibilmente sulle Dolomiti.
Il libro preferito?
Tra gli scrittori italiani, Don Camillo di Guareschi; tra gli
stranieri, L’uomo che fu giovedì di G.K.Chesterton. Due pic­
coli manuali di vita.
­­­
a cura della Redazione di Avvocati24
23/03/2011
DA REPERTORIO24
l
Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Sentenza del 15 marzo 2011, n. 6023
ASSICURAZIONI ­ LIQUIDATORE ­ PAGAMENTO SINISTRI INESI­
STENTI ­ LICENZIAMENTO ­ È LECITO.
Costituisce illecito disciplinare il ripetuto pagamento di inden­
nizzi da parte del liquidatore dipendente da una compagnia di
assicurazioni, con pacifica irregolarità delle relative procedure
e a causa di attività estorsiva da parte di associazioni delin­
quenziali, quando il liquidatore non abbia tempestivamente
informato dei singoli fatti ­ ossia delle pressioni ricevute ­ né il
datore di lavoro, né gli organi di polizia e quand’anche la detta
attività delinquenziale costituisse fatto genericamente notorio.
Il licenziamento del liquidatore risulta quindi legittimo.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011
Corte di Cassazione Sezione 6 Penale
Sentenza del 16 marzo 2011, n. 10792
CONCUSSIONE ­ CONFIGURABILITÀ ­ VANTAGGIO ­ ASSENZA ­
ESCLUSIONE.
Il reato di concussione è configurabile in presenza di un van­
taggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale,
ma oggettivamente apprezzabile. Pertanto, chiedere ad un
superiore di trattare in modo garbato sul lavoro un’amica non
configura il reato di concussione, neppure se la richiesta pro­
viene da un generale dei Carabinieri che ”minaccia” ispezioni
se il suo desiderio non verrà esaudito, in quanto da tale
sollecito il generale non ricava alcun utile diretto.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011
Corte di Cassazione Sezione 1 Penale
Sentenza del 15 marzo 2011, n. 10411
CIRCOLAZIONE STRADALE ­ GUIDA SPERICOLATA ­ INCIDENTE
MORTALE ­ OMICIDIO VOLONTARIO.
In tema di sinistri stradali, in presenza di condotte particolar­
mente spericolate, va considerato il reato di omicidio volonta­
rio invece del meno grave omicidio colposo aggravato dalla
previsione dell’evento. (Nella fattispecie, l’imputato, alla guida
di un furgone rubato del peso di circa 2 tonnellate, nel tentati­
vo di sfuggire ai poliziotti, aveva tagliato diversi incroci, malgra­
do il semaforo rosso, ad una velocità che variava dai 100 ai 160
km orari, ed aveva travolto un veicolo con a bordo tre ragazzi,
uccidendone uno e ferendo gli altri due. In più, sull’asfalto nel
punto in cui è avvenuto l’incidente non c’era alcun segno di
frenata né tentativo di deviazione, il che è sufficiente per
concludere che la persona alla guida, che non aveva assunto né
stupefacenti né alcolici, fosse consapevole dell’altissima proba­
bilità di provocare un incidente mortale). >?
31
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011
Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO ­ Roma
Sezione 1
Sentenza del 8 marzo 2011, n. 2088
razioni di parte circa la dedotta sussistenza degli altri presup­
posti di legge.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 3
Sentenza del 10 marzo 2011, n. 274/09
PEDAGGI AUTOSTRADALI ­ AUMENTI ­ DPCM DEL 25/6/2010 ­
ILLEGITTIMITÀ.
È da ritenersi illegittimo il decreto governativo Dpcm del
25/6/2010 con il quale erano stati individuati i tratti stradali da
sottoporre a pedaggio, poiché imporrebbe a tutti gli automo­
bilisti, a prescindere dall’effettivo utilizzo delle infrastrutture
viarie sui raccordi autostradali Siena­Firenze e Bettolle­Peru­
gia, il pagamento del pedaggio per il solo passaggio dai caselli
autostradali di Firenze­Certosa e Valdichiana­Bettolle. Risulta
peraltro fondato anche il motivo di ricorso secondo cui il
decreto è stato adottato in violazione delle norme comunita­
rie che si basano sul principio fondamentale per cui il pedaggio
deve essere basato sulla distanza percorsa e sul tipo di auto­
veicolo usato.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com, 2011
Il Sole 24 Ore, www.entilocali.ilsole24ore.com, 2011
Tribunale Amministrativo Regionale Lazio ­ Roma
Sentenza del 15 marzo 2011, n. 2351
Condono edilizio ­ Istanza ­ Termine di presentazione ­ Carattere
perentorio ­ Previsione a pena di decadenza ­ Elusione del termine ­
Insussistenza.
Il previsto termine di presentazione della domanda di condo­
no edilizio, quale istituto a carattere eccezionale, ha natura
perentoria, come confermato dal tenore letterale della dispo­
sizione dell’art. 39, comma quarto, L. n. 724 del 1994, recante
l’inciso ”a pena di decadenza”. La medesima disposizione pre­
vede, altresì, che entro il medesimo termine di decadenza
devono essere effettuate sia la presentazione della domanda di
concessione o di autorizzazione in sanatoria, sia la presenta­
zione della prova del pagamento dell’oblazione, con ciò esclu­
dendo che quest’ultimo adempimento possa surrogare il pri­
mo. L’istanza di parte, completa dei requisiti previsti, ha, inve­
ro, il carattere di esplicita, formale e inequivoca manifestazio­
ne di volontà idonea ad attivare il procedimento in questione
su basi di ragionevole certezza giuridica. In tal senso il termine
suddetto nemmeno può essere eluso con il riferimento ad
ulteriori considerazioni, come le difficoltà derivanti dall’ina­
dempimento di collaboratori e di terzi, in quanto profili non
idonei allo scopo. Nella specie, stante la mancata formale e
tempestiva attivazione del procedimento nel termine di deca­
denza, si rivelano, dunque, del tutto irrilevanti le altre conside­
32
APPALTI PUBBLICI ­ DIRETTIVA 2004/18/CE ­ CONCESSIONE DI
SERVIZIO PUBBLICO ­ SERVIZI DI SOCCORSO ­ DISTINZIONE
TRA ”APPALTO PUBBLICO DI SERVIZI” E ”CONCESSIONE DI
SERVIZI”.
Dal raffronto tra le definizioni di appalto pubblico di servizi e
di concessione di servizi, fornite, rispettivamente, dal n. 2, lett.
a) e d), e dal n. 4 dell’art. 1 della direttiva 2004/18, risulta che
la differenza tra un appalto pubblico di servizi e una concessio­
ne di servizi risiede nel corrispettivo della prestazione di
servizi. L’appalto di servizi comporta un corrispettivo che,
senza peraltro essere l’unico, è versato direttamente dall’am­
ministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre,
nel caso di una concessione di servizi, il corrispettivo della
prestazione di servizi consiste nel diritto di gestire il servizio,
o da solo o accompagnato da un prezzo.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011
Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 3
Sentenza del 10 marzo 2011, n. 274/09
APPALTI PUBBLICI ­ DIRETTIVA 2004/18/CE ­ CONCESSIONE DI
SERVIZIO PUBBLICO ­ SERVIZI DI SOCCORSO ­ DISTINZIONE
TRA ”APPALTO PUBBLICO DI SERVIZI” E ”CONCESSIONE DI
SERVIZI”.
L’art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 31/3/2004, 2004/18/CE, relativa al
coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpre­
tato nel senso che, quando la remunerazione dell’operatore
economico selezionato è integralmente garantita da soggetti
diversi dall’amministrazione aggiudicatrice che ha attribuito il
contratto di prestazione di servizi di soccorso e tale operato­
re economico incorre in un rischio di gestione, per quanto
molto ridotto, poiché, in particolare, l’importo dei corrispetti­
vi d’uso dei servizi in questione dipende dall’esito di trattative
annuali con soggetti terzi e non gli è garantita una copertura
integrale dei costi sostenuti nell’ambito di una gestione delle
sue attività conforme ai principi sanciti dal diritto nazionale,
tale contratto deve essere qualificato come contratto di ”con­
cessione di servizi”, ai sensi dell’art. 1, n. 4, della stessa diretti­
va.>?
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011
Corte di Giustizia delle Comunità europee
Sentenza del 8 marzo 2011, n. 240/09
COMUNITÀ EUROPEA ­ AMBIENTE ­ ART. 9, N. 3, (CONVENZIO­
NE ]CEE/ONU] SULL’ACCESSO ALLE INFORMAZIONI, LA PARTE­
CIPAZIONE DEL PUBBLICO AI PROCESSI DECISIONALI E L’AC­
CESSO ALLA GIUSTIZIA IN MATERIA AMBIENTALE) ­ NON HA
EFFICACIA DIRETTA.
L’art. 9, n. 3, della convenzione ]CEE/ONU] sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi deci­
sionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approva­
ta a nome della Comunità europea con la decisione del Consi­
glio 17/2/2005, 2005/370/CE, non ha efficacia diretta nel dirit­
to dell’Unione. Nondimeno, il giudice nazionale è tenuto ad
interpretare, nei limiti del possibile, le norme processuali con­
cernenti le condizioni che devono essere soddisfatte per pro­
porre un ricorso amministrativo o giurisdizionale in conformi­
tà sia degli scopi dell’art. 9, n. 3, della suddetta convenzione,
sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti
conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, al fine di per­
mettere ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, (nel
caso di specie, il Lesoochranárske zoskupenie), di contestare
in giudizio una decisione adottata a seguito di un procedimen­
to amministrativo eventualmente contrario al diritto ambien­
tale dell’Unione.>?
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011
Consiglio di Stato Sezione 3
Sentenza del 7 marzo 2011, n. 1420
APPALTI ­ DOCUMENTAZIONE DI GARA ­ INTEGRAZIONE ­
TERMINI ­ NATURA PERENTORIA EX ART. 48, C. 1, D.LGS. N.
163/06 (CODICE DEI CONTRATTI).
Ai sensi dell’art. 48, c. 1, del D.Lgs. n. 163/06, l’impresa con­
corrente sorteggiata per un controllo ”a campione” è tenuta a
comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico­fi­
nanziaria e tecnico­organizzativa, presentando la documenta­
zione indicata nel bando di gara o nella lettera di invito entro
dieci giorni. Il termine predetto ha natura perentoria, a pena di
esclusione ex lege, pertanto lo stesso non è governabile a
discrezione della stazione appaltante, specie per quanto attie­
ne all’autonoma facoltà di valutazione circa la scusabilità di
eventuali omissioni da parte dell’impresa sorteggiata. Tale ter­
mine è suscettibile di proroga solo mediante atto espresso e
motivato dell’Amministrazione procedente, a fronte di
un’esplicita richiesta della concorrente, la quale dimostri un
impedimento oggettivo ad adempiere, ad essa non imputabile,
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
sempreché la relativa istanza sia prodotta prima della scadenza
del termine stesso. Da ciò discende, in capo all’impresa sor­
teggiata, l’onere di provare l’oggettiva impossibilità di rispetta­
re il termine essenziale, nonché la necessità di far constare tal
vicenda alla stazione appaltante, prima che quest’ultimo si
consumi, non potendosi prorogare un termine scaduto. Peral­
tro, il significato da attribuire alla richiesta della stazione appal­
tante è quello non già di mera integrazione d’una documenta­
zione aggiuntiva e facoltativa, bensì di concessione di un nuovo
termine ex art. 48 del D.Lgs. n. 163/06, a fronte di un inadem­
pimento palese e non scusabile.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Avv. Costantino Tessarolo, Diritto dei servizi Pubblici, 2011
Consiglio di Stato Sezione 5
Sentenza del 4 marzo 2011, n. 1380
­
APPALTI PUBBLICI: SPECIFICHE TECNICHE ­ APPALTI PUBBLICI ­
BANDO ­ SPECIFICHE TECNICHE ­ IMPOSSIBILITÀ DI FAR RIFE­
RIMENTO AD UN PROCEDIMENTO DETERMINATO, O AD UN
TIPO, O AD UN’ORIGINE O AD UNA PRODUZIONE SPECIFICA ­
RATIO ­ DEROGA ­ NECESSITÀ DELLA CLAUSOLA DELL’EQUIVA­
LENZA ­ CASO CONCRETO ­ ACCOGLIMENTO DELL’APPELLO
PER VIOLAZIONE DELL’ART. 68 DEL D.LGS. N. 163 DEL 2006
­
In tema di appalti pubblici, le specifiche tecniche, secondo
quanto disposto dall’art. 68, comma 13, D.Lgs. n. 163 del 2006
non possono menzionare un procedimento determinato, né
fare riferimento ad un tipo, ad un’origine o ad una produzione
specifica che avrebbe come effetto di favorire o eliminare
talune imprese o taluni prodotti. E’ ammissibile derogare a
quanto suddetto solo quando il riferimento sia indispensabile
ad individuare l’oggetto dell’appalto, ma in tale caso la descri­
zione deve essere accompagnata dall’espressione ”o equiva­
lente”. Di talché, l’indicazione delle caratteristiche deve essere
effettuata in merito ad elementi necessari per distinguere
l’oggetto della fornitura, ma non può essere utilizzata con lo
scopo di determinare una discriminazione a favore o contro
imprese produttrici di determinati beni, cosicché quando le
specifiche tecniche si riferiscono ad un particolare prodotto,
pur senza indicarne il marchio, devono essere corrette me­
diante la puntualizzazione di equivalenza. Nel caso concreto,
pertanto, deve essere accolto l’appello, dato che, come asseri­
to dall’appellante, le specifiche tecniche si riferivano ad un
dato prodotto coperto da brevetto senza la clausola ”o equi­
valente”, con conseguente violazione dell’art. 68, comma 13
del citato D.Lgs., oltre che dei principi in materia di par
condicio e di non discriminazione nelle gare.
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24
Tribunale Torino Penale
Sentenza del 23 febbraio 2011
33
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
IMPUGNAZIONI PENALI ­ FORMA ­ REQUISITI ­ MOTIVI ­ MOTI­
VI NUOVI ­ COLLEGAMENTO CON I MOTIVI PRESENTATI TEM­
PESTIVAMENTE ­ NECESSITÀ ­ FATTISPECIE (C.P.P., ARTT. 444,
445, 581; L. 26/7/1975, N. 354, NORME SULL’ORDINAMENTO
PENITENZIARIO E SULLA ESECUZIONE DELLE MISURE PRIVATI­
VE E LIMITATIVE DELLA LIBERTÀ, ART. 54).
I c.d. motivi nuovi (o aggiunti) possono essere esaminati dal
giudice dell’impugnazione solo se sono collegati a quelli tem­
pestivamente enunciati nell’atto di impugnazione e, pertanto,
se essi non introducono un thema decidendum diverso da
quello inizialmente devoluto (fattispecie in tema di reclamo
avverso provvedimento di rigetto di istanza di liberazione
anticipata, nella quale il thema decidendum iniziale era costitu­
ito dalla questione “in diritto” circa l’idoneità di una sentenza
ex art. 444 c.p.p. a costituire causa di revoca della liberazione
anticipata ai sensi dell’art. 54, c. 3, O.P., mentre con i motivi
successivamente aggiunti dal difensore il thema decidendum si
sarebbe esteso alla questione “in fatto” circa la concreta offen­
sività del comportamento costituente l’oggetto della predetta
sentenza). >?
Repertorio24
PUBBLICAZIONE
Centro studi giuridici di Mantova, www.Ilcaso.it, 2011, pg.
3309, pt. I
GAZZETTA UFFICIALE
Gazzetta Ufficiale
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 71 del 28­3­2011
DECRETO O LEGISLATIVO 3 marzo 2011, n. 28
Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione del­
l’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e suc­
cessiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.
(11G0067) (Suppl. Ordinario n. 81)
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 70 del 26­3­2011
DECRETO­LEGGE 25 marzo 2011, n. 26
Misure urgenti per garantire l’ordinato svolgimento delle as­
semblee societarie annuali. (11G0072)
DECRETO MINISTERO DELL’INTERNO 16 marzo 2011
Differimento del termine per la deliberazione del bilancio di
previsione per l’anno 2011 da parte degli enti locali.
(11A03997)
DECRETO MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVER­
SITA’ E DELLA RICERCA 2 marzo 2011
Modifica dei decreti 18 dicembre 2006 ed 8 novembre 2007 di
ammissione di progetti al Fondo per le agevolazioni alla ricer­
ca. (Prot.n.95/Ric.) (11A04045)
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 69 del 25­3­2011
LEGGE 11 marzo 2011, n. 25
34
Interpretazione autentica del comma 2 dell’articolo 1 della
legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione
delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le
quote di riserva in favore dei disabili.
(11G0064)
DECRETI PRESIDENZIALI
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINI­
STRI 2 marzo 2011
Modalità, limiti e tempi di applicazione delle disposizioni del
codice dell’amministrazione digitale all’Agenzia delle Entrate.
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 68 del 24­3­2011
DECRETO LEGISLATIVO 3 marzo 2011, n. 24
Attuazione della direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione
di veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo
energetico nel trasporto su strada. (11G0063)
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 67 del 23­3­2011
DECRETO LEGISLATIVO 14 marzo 2011, n. 23
Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale.
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 66 del 22­3­2011
LEGGE 11 marzo 2011, n. 22
Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Re­
pubblica italiana ed il Governo della Repubblica federativa del
Brasile in materia di cooperazione nel settore della difesa,
fatto a Roma l’11 novembre 2008. (11G0062)
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 65 del 21­3­2011
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINI­
STRI 17 febbraio 2011
Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori
extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato, per l’anno
2011.
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 64 del 19­3­2011
DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN­
ZE 11 marzo 2011
Determinazione della commissione onnicomprensiva da rico­
noscersi, per l’anno 2011, alle banche per gli oneri connessi
alle operazioni agevolate di credito agrario di miglioramento.
(11A03799)
DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN­
ZE 11 marzo 2011
Determinazione della commissione onnicomprensiva da rico­
noscersi, per l’anno 2011, alle banche per le operazioni di
finanziamento previste dalla legge 25 maggio 1978, n. 234
(credito navale).
DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN­
ZE 11 marzo 2011
Determinazione della commissione onnicomprensiva da rico­
noscersi, per l’anno 2011, alle banche per gli oneri connessi
alle operazioni agevolate di credito agrario di esercizio.
(11A03801)
DECRETO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINAN­
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
Stampato dal sito www.lex24.ilsole24ore.com
ZE 11 marzo 2011
Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche
per gli oneri connessi con le operazioni di credito agevolato
per il settore fondiario­edilizio per l’anno 2011.
Gazzetta Ufficiale ­ Serie Generale n. 63 del 18­3­2011
DELIBERAZIONE AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE
COMUNICAZIONI 17 dicembre 2010
Misura e modalità di versamento del contributo annuo, dovu­
to dagli organizzatori delle competizioni per la commercializ­
zazione dei diritti audiovisivi sportivi, ai sensi dell’articolo 29
del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 per l’anno 2010.
(Stagione sportiva 2009/2010). (Deliberazione n. 669/10/
CONS). (11A03657)
Newsletter n. 12 ­ 29 marzo 2011
35