Ipertensione in gravidanza - Recenti Progressi in Medicina

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Ipertensione in gravidanza - Recenti Progressi in Medicina
Vol. 99, N. 9, Settembre 2008
Pagg. 432-439
Ipertensione in gravidanza
Fabio Lunati, Maurizio Dugnani, Mauro Campanini
Riassunto. In letteratura non esiste unanime convergenza sulla definizione di ipertensione in gravidanza. Le complicanze più severe sono costituite da pre-eclampsia ed eclampsia.
Per evitarle, è fondamentale la precocità della diagnosi. Argomento dibattuto è quello della terapia, in quanto non è dimostrato che un trattamento farmacologico migliori gli esiti
clinici materni e/o fetali. In caso di pressione arteriosa superiore a 180/110 mmHg, l’alfametil-dopa è il farmaco di prima scelta. Tra i calcio antagonisti si è dimostrata efficace la
nifedipina; e – nella pre-eclampsia – la metil-dopa, i beta bloccanti e l’idralazina. Numerose problematiche restano comunque tuttora insolute e necessitano di ulteriori indagine.
Parole chiave. Alfa metil-dopa, beta-bloccanti, eclampsia, gravidanza, idrolanzina, ipertensione lieve, nifedipina.
Summary. Hypertension in pregnancy.
In literature, there is not an unanimous agreement on the definition of hypertension
in pregnancy. The most severe complications are pre-eclampsia and eclampsia which need
an early diagnosis to be avoided. The problem of therapy is discussed: there is no evidence about the positive effect of a pharmacological treatment on the maternal and/or fetal clinical outcomes. In case of blood pressure < 180/110 mmHg, the alpha metil dopa is
the first choice drug. Among calcium-antagonist drugs, the efficacy of nifedipine is proved;
and in the pre-eclampsia, metil dopa, beta blockers and idralazine. Many questions are
anyway still unsolved needing more studies.
Key words. Alpha metil-dopa, beta-blockers, eclampsia, mild hypertension, nifedipine,
pregnancy.
Introduzione
L’ipertensione che si manifesta nell’ultimo trimestre di gravidanza o subito dopo il parto viene
convenzionalmente indicata come ipertensione gestazionale. È un problema di primaria importanza
che coinvolge una unità fisiologicamente complessa, quella materno-fetale, caratterizzata da una
elevata suscettibilità agli insulti sia emodinamici
che farmacologici.
Un appropriato trattamento nelle donne gravide non può prescindere dalla distinzione tra ipertensione cronica (quindi già presente prima della
gravidanza) ed ipertensione insorta durante la gravidanza. In queste ultime pazienti può insorgere
con maggiore frequenza una sindrome pre-eclamptica, che complica circa il 10% delle gravidanze a
termine, con eventuali conseguenze drammatiche
sia per la madre sia per il feto1.
L’ipertensione arteriosa è presente in circa il 710% di tutte le gravidanze: è rappresentata dall’ipertensione gestazionale nel 70% e dall’ipertensione cronica nel 30%.
In Italia la prevalenza delle gravidanze complicate da ipertensione è di circa il 3%, di cui l’1% è costituito da pre-eclampsia. L’incidenza di pre-eclampsia ed eclampsia in una seconda gravidanza è influenzata dalla situazione pressoria nella precedente: essa è inferiore all’1% nelle donne normotese durante la prima gravidanza, è del 5-7% in quelle che
hanno sviluppato pre-eclampsia, e del 60-80% nelle
donne cui, nel corso della gravidanza precedente, sia
stata diagnosticata una pre-emclapsia severa.
Patogenesi
Durante la gravidanza si modifica la fisiologia del
sistema cardiovascolare con una riduzione delle resistenze periferiche, un decremento della pressione
arteriosa (massimo nel secondo trimestre), un aumento della volemia, della portata cardiaca, del flusso ematico renale e della velocità di filtrazione glomerulare. Il fattore più comune predisponente
l’insorgenza di ipertensione gestazionale è la
diminuita perfusione utero-placentare.
II Divisione Medicina Interna, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità, Novara.
Pervenuto il 22 dicembre 2007.
F. Lunati, M. Dugnani, M. Campanini: Ipertensione in gravidanza
Anche se è possibile che alterazioni del sistema renina-angiotensina-aldosterone possano essere coinvolte attraverso meccanismi centrali e
periferici, si guarda con maggior interesse al ruolo delle prostaglandine sia come causa che come conseguenza dell’ipoperfusione utero-placentare2,3. Quindi, sia un incremento dell’attività
della via della lipoossigenasi sia una diminuita
sintesi di prostaciclina da parte dell’unità fetoplacentare, potrebbero determinare un rialzo dei
valori pressori. L’inibizione della produzione della prostaciclina potrebbe essere indotta da maggiori concentrazioni di progesterone nella placenta nelle donne con ipertensione gestazionale;
tale incremento sembrerebbe dovuto ad un meccanismo paracrino in grado di inibire la produzione di prostaciclina a livello del sistema vascolare uterino4,5.
In base alle più recenti acquisizioni, il comune
denominatore di queste alterazioni sembra essere il difetto dell’impianto del citotrofoblasto: troppo superficiale e con induzione di
ischemia placentare, esso determina una sindrome sistemica nella madre, con severa disfunzione endoteliale, attivazione della coagulazione e perdita del tono vascolare.
L’ impianto del citotrofoblasto o placentazione
è regolato da complessi meccanismi immunologici con attivazione delle cellule NK, dei monociti,
IL12, T Helper 1-2. L’alterazione di questi meccanismi provocherebbe un aumento del fisiologico shedding di particelle del sincizio trofoblasto
nel circolo materno, secondario a un incremento
dell’apopotosi placentare innescato da alcune citochine tra cui il TNF. Il TNF attiverebbe le cellule endoteliali modificando la permeabilità del
microcircolo e riducendo la responsività agli stimoli vasorilassanti come all’acetilcolina6-8. Tale
sofferenza endoteliale, sia sistemica che placentare, innescherebbe una serie di modificazioni:
alterazione del rapporto tra prostaciclina e trombossano, iperaggregabilità piastrinica, mancata
stimolazione del sistema renina-angiotensina,
perdita della refrattarietà all’angiotensina II;
modificazioni che provocherebbero aumento delle resistenze periferiche e conseguente ipertensione. L’esatto contrario delle modificazioni emodinamiche che avvengono in una gravidanza normale.
Bisogna inoltre ricordare che, a volte, l’ischemia
placentare può determinare problemi fetali senza
peraltro innescare la pre-eclampsia9-11.
Definizione
In letteratura non esiste unanime convergenza
sulla definizione di ipertensione in gravidanza anche per la diversità dei quadri clinici che si possono presentare.
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Le linee guida dell’European Society of Cardiology e dell’European Society of Hypertension
(ESC/ESH) definiscono l’ipertensione in gravidanza come un rialzo pressorio ≥140/90 mmHg
con un aumento della PA di 15-25 mmHg rispetto all’epoca pre-gravidica. Esse identificano
i seguenti 4 quadri ipertensivi in gravidanza12.
1. Stato ipertensivo preesistente
alla gravidanza
– Complica l’1-5% di tutte le gravidanze
– Presenza di PA>140/90 antecedente
alla gravidanza e con riscontro prima
della 20° settimana
– Persistenza di ipertensione
oltre il 42° giorno dopo il parto
– Possibile associazione con la presenza
di proteinuria
2. Ipertensione gestazionale
– È indotta dalla gravidanza
– Si sviluppa dopo la 20° settimana
– Se associata a proteinuria significativa (>500mg/
24 ore), è definita pre-eclampsia
– Solitamente si normalizza dopo 42 giorni dal
parto
3. Stato ipertensivo preesistente
alla gravidanza
con associata ipertensione gestazionale
e proteinuria
– Corrisponde alla definizione di ipertensione
cronica con sovrapposta pre-eclampsia
– Presenza di proteinuria >3 g/24 ore
4. Stato ipertensivo prenatale
non classificabile
– La PA viene misurata la prima volta dopo la
20° settimana
– Stato ipertensivo con o senza manifestazioni
sistemiche
– Rivalutazione della PA dopo 42 giorni dal parto
1) se la condizione ipertensiva è regredita,
dovrebbe essere definita ipertensione gestazionale con o senza proteinuria.
2) se l’ipertensione non regredisce dovrebbe essere definita ipertensione pre-esistente.
L’edema periferico presente nel 60% delle gravidanze normali non è più usato come criterio diagnostico di pre-eclampsia.
Anche le linee guida del Seventh Report of the
Joint National Committee 2003 (JVC-VII)13 sono sovrapponibili a quelle ESC/ESH aggiungendo, però,
un altro quadro, definito ipertensione transitoria del
III trimestre di gravidanza o entro le prime 24 ore
post-partum, senza segni di pre-eclampsia, con risoluzione entro 6-12 settimane. È una condizione benigna, ma fortemente predittiva per lo sviluppo di ipertensione.
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Recenti Progressi in Medicina, 99, 9, 2008
La presenza di ipertensione in gravidanza, oltre
alle complicanze citate (pre-eclampsia ed eclampsia),
può associarsi ad esiti clinici peggiori sia per madre
sia per il feto. Infatti, nelle madri che hanno sviluppato ipertensione durante la gravidanza è stato osservato, in un lungo follow up post-partum, un aumento di patologia cardiovascolare (angina, infarto
del miocardio, insufficienza renale acuta ed ictus
ischemico ed emorragico)14. Inoltre, sono stati descritti un maggior numero di parto prematuro e di
morte intrauterina, ed una ridotta crescita fetale.
PRE-ECLAMPSIA
Un’ipertensione che si sviluppa dopo la
ventesima settimana associata a proteinuria
>500mg/24h viene definita pre-eclampsia12.
endoteliale con riduzione di ossido nitrico che svolge
un ruolo nel controllo del letto vascolare a livello dell’endometrio21,22.
Nel distretto cardiocircolatorio possono
manifestarsi iperattività del sistema simpatico23,24
riduzione di funzionalità del sistema renina-angiotensina II-aldosterone (RAA), aumento delle resistenze vascolari, aumento della massa del ventricolo sinistro, aumento del volume telesistolico e
telediastolico, aumento delle dimensioni dell’atrio
sinistro e del peptide natriuretico cerebrale (BNP)
per aumento di stress di parete, diminuzione della
frazione di eiezione ventricolare.
Infine, un aspetto clinico non trascurabile è rappresentato dalla possibilità che alcuni casi preeclampsia non siano accompagnati da ipertensione arteriosa.
È utile distinguere nella pre-eclampsia una forma
È una malattia multisistemica che coinvolge felieve e una grave. Nella tabella 1 (a pagina seguente)
gato, reni, placenta ed encefalo; ha una predisposisono riportate le condizioni che determinano la grazione genetica autosomica recessiva, insorge in prosvità della malattia.
simità del parto (è rara prima della fine del II trimestre), regredisce rapidamente dopo il parto. Fattori di rischio sono: nulliparità, gravidanze gemellaUn sottogruppo di pazienti con grave preri, gravidanza in età minore di 16 o maggiore di 40
eclampsia sviluppa emolisi, elevati livelli di
anni, incremento ponderale superiore a 15-18 kg,
enzimi epatici, piastrinemia: queste modificazioni
pregressa pre-eclampsia, familiarità (madre, soreldei parametri ematochimici contraddistinguono
un’entità clinica definita sindrome HELLP, (Hele), ipertensione, diabete, nefropatie ed etnia nera15.
molysis, Elevated Liver Enzymes, Low Platelet
Le linee guida ESC/ESH raccomandano l’esecuCount), che può condurre ad una coagulazione inzione di alcuni esami ematochimici per monitorare le
donne ipertese in gravidanza: esame emocromocitotravascolare disseminata, insufficienza epatica
metrico, conta delle piastrine (HELLP sindrome)
acuta e/o rottura epatica. La malattia è caratterizAST, ALT, LDH, acido urico, creatininemia, clearanzata da un rapido aggravamento del quadro clinico
ce della creatinina, esame delle urine, proteinuria
con elevato rischio di mortalità qualora non venganelle 24 ore (se >2 g/24/h: stretto monitoraggio).
no tempestivamente attuate l’induzione del parto e
Le modificazioni fisiologiche che intervengono in
una terapia intensiva di sostegno.
corso di pre-emclapsia sono
riassunte nella figura 1.
La pre-eclampsia causa,
Rene
inoltre, modificazioni anatoEndoteliosi
Sistema vascolare
mo-patologiche che coinvolProteinuria
⇑ Resistenze sistemiche
gono diversi distretti: ema⇓ GFR
⇑ Pressione arteriosa
tologico, renale, epatico, ce⇓ Flusso plasmatico renale
⇑ Sensibilità angiotensina II
rebrale, cardiocircolatorio.
⇓ Escrezione urinaria Na, acido urico, Ca
⇓ Attività retinica plasmatica
Per quanto riguarda
l’aspetto ematologico, si
può avere trombocipopenia
grave (<100000 piastrine),
diminuzione dell’antitrombina III, aumento della fibronectina e del D-dimero.
A livello renale si possono osservare alterazioni della funzione glomerulare, necrosi tubulare16,17 e proteinuria non selettiva 18; alterazioni della funzionalità epatica
con aumento degli indici di
citolisi e colestasi19.
A livello cerebrale sono
state riscontrate lesioni trombotiche e/o emorragiche20 ed
è possibile una disfunzione
Vasospasmo
Riduzione flusso
Coagulazione intravascolare
Sistema Disturbi
nervosovisivi
centrale
Disturbi visivi
Trombosi ed emorragie
Convulsioni
Figura 1. Pre-eclampsia.
Fegato
⇑
Necrosi, emorragia
Ematoma sottocapsulare
⇑ AST,ALT
Cuore
⇓⇓ Gittata cardiaca
⇓ Volume plasmatico
⇑ ANF
Edema polmonare
F. Lunati, M. Dugnani, M. Campanini: Ipertensione in gravidanza
Tabella 1. Segni e sintomi di grave pre-eclampsia.
PAS ≥ 160 mmHg, PAD≥110
Proteinuria >2g/24 h
Oliguria <400ml/24 h
Dolore epigastrico o nel quadrante superiore destro
Trombocitopenia, PT – PTT prolungati, ipofibrinogenemia
AST, ALT elevati
Edema polmonare
Cefalea persistente, disturbi visivi, letargia, clono
Papilledema ed emorragia retinica
Ritardo di crescita fetale
Esistono alcune condizioni cliniche che possono
essere confuse con la pre-eclampsia: epatite virale,
colelitiasi, pancreatite acuta, pielonefrite, cistite,
litiasi renale, sindrome emolitico-uremica, porpora
autoimmune, appendicite, encefalite da varie cause, emorragia vertebrale, esacerbazione del lupus
eritematoso sistemico. Una diagnosi misconosciuta od errata può portare a conseguenze drammatiche25.
La diagnosi differenziale tra pre-eclampsia e
aggravamento di una ipertensione pre-esistente
può essere posta se intervengono le seguenti condizioni: aumento improvviso della proteinuria, riscontro di proteinuria quando questa è assente prima della ventesima settimana, peggioramento improvviso del controllo pressorio, nuove alterazioni
dei parametri ematochimici.
Ipertensione gestazionale:
diagnosi/test predittivi
La diagnosi precoce dell’ipertensione gestazionale è fondamentale per ridurre al minimo le possibilità che si sviluppi una pre-eclampsia oppure
una eclampsia.
La misurazione della pressione arteriosa nella gravida va effettuata a paziente seduta, a riposo da almeno cinque minuti, con il braccio all’altezza del cuore: la posizione supina può determinare una compressione della cava da parte
dell’utero con ridotto ritorno venoso ed attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone.
Per la determinazione della pressione diastolica
deve essere utilizzata la fase IV di Korotkoff, corrispondente alla scomparsa del tono, fase che pare essere più accurata ed affidabile e meno variabile della fase V26. Una pressione diastolica
maggiore di 90 mmHg nel II trimestre è fortemente predittiva per lo sviluppo di tale condizione morbosa.
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Tra i test predittivi, di facile esecuzione è il
roll over test. La pressione arteriosa viene misurata dopo che la paziente è passata dalla posizione
in decubito laterale sinistro a quella supina. Il test
è positivo se c’è un rialzo della PAD maggiore di 20
mmHg; nel 95% delle nullipare che svilupperanno
pre-eclampsia c’è una positività al test27.
Per quanto riguarda i test ematochimici,
esistono diversi ‘’marker di probabilità’’ di sviluppo
di tali condizioni morbose. Ad esempio, il riscontro
di iperuricemia assume un significato predittivo di
pre-eclampsia, ed alti livelli di acido urico correlano con incremento della mortalità e morbilità sia
materna che fetale. Le cause dell’iperuricemia e il
loro ruolo nella patogenesi della pre-eclampsia rimangono comunque non ben definite28. Anche la
concentrazione plasmatica di fibronectina di sintesi endoteliale aumenta precocemente in donne
che presenteranno una sindrome pre-eclamptica29.
Tra i test predittivi cui è stata data considerevole importanza è il rapporto calcio-creatinina urinari. È stato infatti dimostrato che donne con pre-eclampsia hanno una ridotta escrezione
di calcio urinario: il valore medio è circa 0,76 (v.n.
0,64)30. Alcuni studi non lo ritengono un test con validità scientifica in quanto i valori di tale rapporto
sono troppo simili a quelli presenti in altre categorie
di ipertensione come l’ipertensione arteriosa iniziale o non trattata (0,76) e l’ipertensione indotta dalla
gravidanza (0,70)31,32.
Vi sono alcune evidenze sull’utilità dell’impiego
del test della sensibilità dell’angiotensina II; tuttavia
tale procedura diagnostica non sembra costituire un
test predittivo appropriato per lo sviluppo di ipertensione durante la gravidanza; recenti studi hanno
infatti riportato per questa metodica una sensibilità
del 22,2%33.
Recentemente sono stati proposti nuovi test che si
basano sulla ricerca di alcune proteine prodotte esclusivamente dalla placenta umana quali il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF), il fattore di crescita
della placenta (PIGF) e il recettore solubile del fattore
di crescita vascolare endoteliale (sFlt-1). Nelle donne
ipertese, l’escrezione urinaria di PIGF diminuisce ed
aumenta l’escrezione di sFlt-1 rispetto a gravide normotese; inoltre un rapporto sFlt-1/PIGS >2,8 ha una
sensibilità dell’88,2% e una specificità del 100% nell’identificare donne con pre-eclampsia. Questo rapporto potrebbe essere un utile screening in donne ipertese
per predire forme di pre-eclampsia severa, più preciso e
sicuro della determinazione della proteinuria urinaria,
della funzionalità epatica e del conteggio delle piastrine34. Anche un altro fattore antiangiogenico, l’endoglina solubile, inizia ad aumentare precocemente nel sangue materno già 2-3 mesi prima dell’insorgenza della
pre-eclampsia. Il valore medio normale, di 13,3 ng/ml,
aumenta fino a 31 ng/ml in donne con pre-eclampsia35.
Altri elementi predittivi di evoluzione sfavorevole verso la pre-eclampsia possono essere ottenuti con
test strumentali quali l’ecocolordoppler delle arterie
uterine ed il monitoraggio della pressione arteriosa
nelle 24 ore (ABPM).
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In una gravidanza normale, infatti, le impedenze
delle arterie uterine diminuiscono in rapporto ad
un’invasione del trofoblasto nelle arterie spirali e nella loro trasformazione in vasi a bassa resistenza,
mentre un difetto nell’invasione del trofoblasto, non
provocando questa trasformazione, determina un aumento delle resistenze delle arterie uterine e quindi
un rialzo dei valori pressori. All’esame ecocolordoppler, pertanto, le donne che sviluppano pre-eclampsia
presentano un aumento delle resistenze ed una diminuzione della velocità e del volume di flusso ematico. Il test si basa sulle presenza o assenza di notches bilaterali, diametro dei vasi, indice di resistenza (IR>55 tra la XII e XVI settimana; v.n.=34), indice di pulsatilità, tempo medio di velocità, massima
velocità sistolica, volume di flusso ematico. Tutte queste alterazioni dell’onda di flusso sono in grado di
identificare precocemente donne con un aumentato
rischio di sviluppare pre-eclampsia, parti prematuri
o feti piccoli in rapporto all’età gestazionale36,37.
Alcuni autori hanno proposto l’uso dell’ABPM per la diagnosi precoce di ipertensione gestazionale.
Infatti, uno studio che aveva arruolato 334 donne gravide normotese, con l’esecuzione di un monitoraggio pressorio delle 24 ore alla 20° settimana di
gestazione, dimostrò che, tra la 24° e la 32° settimana di gestazione, 33 donne svilupparono ipertensione gestazionale. In queste donne i valori del monitoraggio furono compresi nel range della normalità anche se a valori più elevati rispetto ai casi controllo38.
Terapia
Il trattamento dell’ipertensione lieve-moderata
è un argomento dibattuto in quanto non è ancora
chiaramente dimostrato che un trattamento farmacologico migliori gli esiti clinici materni e/o fetali, mentre i dati della letteratura sono concordi
sulla necessità di trattare l’ipertensione severa
(con valori di PA> 180/110 mmHg).
Lo scopo del trattamento ipertensivo è, in generale, quello di ridurre la pressione arteriosa in
modo efficace e sicuro sia per proteggere la madre
dalle complicanze sia per prolungare la gestazione
onde ridurre i rischi di prematurità fetale.
Un farmaco antiipertensivo dovrebbe avere pertanto queste caratteristiche: innocuo per il feto, capacità di ridurre la pressione arteriosa in modo rapido, efficace e graduale, essere maneggevole, produrre scarsi effetti collaterali, essere capace di migliorare il flusso utero-placentare ed essere in grado di agire sui meccanismi eziopatogenetici dei quali l’ipertensione può essere soltanto un epifenomeno.
IPERTENSIONE CRONICA
La maggior parte delle donne con ipertensione
cronica che vanno incontro ad una gravidanza sono
affette da ipertensione lieve o moderata (140-179/90109 mmHg), con un rischio di complicanze cardiovascolari modesto; è importante sottolineare che, generalmente, la pressione arteriosa si può ridurre nel
II trimestre in seguito alla fisiologica vasodilatazione presente in questa fase della gravidanza.
Senza una documentazione di elevata pressione
arteriosa prima della gravidanza, l’ipertensione
cronica può essere solo presunta. In generale, si
può ritenere che la maggior parte delle pazienti che
mostra valori di pressione arteriosa elevati prima
della ventesima settimana di gestazione sia verosimilmente affetta da ipertensione cronica. Possono
supportare questa ipotesi segni di ipertensione cronica a livello della retina o in altri organi bersaglio.
Rimane un argomento ancora aperto a discussione se sia necessario continuare la terapia nelle pazienti con ipertensione lieve o moderata: per i possibili effetti collaterali che il trattamento farmacologico ipotensivo può determinare a livello fetale.
Infatti, i farmaci antiipertensivi possono ridurre il
flusso placentare ed avere effetti teratogeni sul feto.
Una meta-analisi su 45 studi randomizzati in pazienti con ipertensione allo stadio 1-2 trattate con diverse
classi di antiipertensivi hanno dimostrato una relazione direttamente proporzionale tra abbassamento
della pressione e riduzione della crescita fetale. Questa
relazione era indipendente dal tipo di farmaco usato,
dal tipo di ipertensione e dalla durata della terapia13.
Quindi, se la pressione diastolica al primo trimestre è
compresa tra i 90-100 mmHg, è ragionevole aspettarsi una fisiologica riduzione della pressione arteriosa
nel II trimestre e soprassedere ad un trattamento precedente alla ventesima settimana. Nel caso in cui la
pressione diastolica è minore di 90 mmHg in una paziente già in terapia, può essere presa in considerazione la riduzione del trattamento antiipertensivo13.
Pertanto, donne con presunta ipertensione cronica stadio 1 (140-149/90-99 mmHg) sono considerate a basso
rischio cardiovascolare e sono candidate ad una terapia non farmacologica basata sul cambiamento di stile di vita13. Riposo a letto in decubito laterale sinistro;
apporto di sodio fino 2,4 g/die secondo il JNC-VII, come prevenzione della pre-eclampsia. Alcool e fumo
vanno eliminati. Non è indicata una riduzione di peso
in donne obese durante la gravidanza12,13.
Nelle pazienti che assumono una terapia polifarmacologica, o in quelle con danni d’organo, la terapia dovrebbe essere continuata o il trattamento
dovrebbe essere ripreso (se in precedenza ridotto o
sospeso) nell’eventualità che la PAS raggiunga i
150-160 mmHg e la PAD 110-100 mmHg13. Tuttavia, nonostante il trattamento con farmaci, l’incidenza di ritardo di crescita del feto rimane più elevata nelle pazienti con ipertensione cronica39.
Donne affette da ipertensione cronica che iniziano una gravidanza, già in trattamento antiipertensivo, inclusa terapia diuretica, generalmente possono proseguire il trattamento farmacologico
in atto, provvedendo però a interrompere l’assunzione di ACE-inibitori e antagonisti del recettore
AT1 dell’angiotensina II, per i loro effetti negativi
sul feto: anche se non teratogeno, l’uso di questi
farmaci nel II-III trimestre può provocare insufficienza renale acuta nel feto e oligoidramios12,13.
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F. Lunati, M. Dugnani, M. Campanini: Ipertensione in gravidanza
Il trattamento dell’ipertensione cronica severa, PA >180/110 mmHg, si affida a farmaci di
comprovata sicurezza. L’alfa-metil-dopa è il farmaco di prima scelta, 500-3000 mg/die in 2-4 somministrazioni. I beta-bloccanti (labetololo-atenololo) sono altrettanto sicuri, ma dovrebbero essere
usati solo nel III trimestre, perché si è osservato che
un loro impiego fin dall’inizio della gravidanza è associato ad un ritardo della crescita fetale12,40-42.
L’idralazina, un vasodilatatore arterioso usato
spesso in associazione con beta-bloccanti e metildopa per antagonizzare la tachicardia riflessa, è
stato per anni uno dei farmaci di prima scelta nel
trattamento dell’ipertensione severa. Attualmente,
i calcio antagonisti, soprattutto la nifedipina, potrebbero costituire un’alternativa migliore42-44.
Se il controllo dell’ipertensione arteriosa richiede una terapia polifarmacologica, è sconsigliato, nel post-partum, l’allattamento naturale: infatti propanololo e nifedipina si trovano in alte concentrazioni nel latte materno45-47.
TRATTAMENTO DELLA PRE-ECLAMPSIA
Sono stati proposti alcuni interventi preventivi
nel tentativo di ridurre l’incidenza della pre-eclampsia nelle donne gravide: un supplemento dell’introito di calcio di 2 g/die48-49, basse dosi di acetilsalicilico 60-80 mg/die50 e uso di olio di pesce51, ma senza ottenere risultati univoci.
L’uso di eparine a basso peso molecolare sembrerebbe ridurre l’incidenza di pre-eclampsia in
donne con nefropatia preesistente e con diatesi
trombofilica53,54.
rità fetale; oppure può suggerire l’adozione di un
atteggiamento medico palliativo fino al raggiungimento di un’epoca gestazionale che garantisca
la maturità fetale45.
In donne con forme gravi di pre-eclampsia o
con eclampsia è indicata l’induzione del parto in regime d’urgenza. Nell’imminenza del parto e con livelli pressori di 180/110 mmHg, sono indicati boli di
idralazina di 5 mg, oppure labetalolo 10-20 mg che
può essere aumentato dopo 20 min secondo la risposta. Nelle crisi ipertensive il nitroprussiato è
sconsigliabile per il rischio di avvelenamento fetale
da tiocianati.
Per la prevenzione degli attacchi epilettici (nella eclampsia) il solfato di magnesio è il farmaco di scelta in dose di 4-6 mg/dl in bolo con infusione di 2g/h al fine di mantenere la magnesemia intorno ai 6-8 mEq/l56,57 ed è preferibile alla
fenitoina, essendo più efficace58.
L’eventuale depressione respiratoria indotta da solfato di magnesio può essere antagonizzata da un’infusione lenta di 10ml di gluconato di
calcio al 10%59. Il diazossido è sconsigliato a causa
dei suoi effetti collaterali sia sulla madre (estrema
ipotensione e collassi letali) sia sul feto (riduzione
del flusso utero placentare). Nelle crisi ipertensive è meglio indicato l’impiego di idralazina60. Anche l’uso di diuretici non è consigliato, tranne nel
rari casi di edema polmonare46.
Nelle tabelle 2 e 3 sono riassunti i trattamenti
per l’ipertensione lieve-moderata e severa.
I farmaci antiipertensivi consigliati nella preeclampsia sono la metildopa, i beta-bloccanti,
l’idralazina e gli alfa-beta bloccanti47.
Tabella 2. Ipertensione lieve e moderata.
Metildopa
750 mg come dose d’attacco,
2000 mg/die in massimo 4 dosi
poi 250-500 mg x 2/die
Il comportamento pratico
nei confronti delle affette da
pre-eclampsia è il seguente.
Labetalolo
100-200 mg x 2/die
1200 mg/die in massimo 4 dosi
Idralazina
10 mg x 4 die
200 mg/die in massimo 4 dosi
Donne con pre-eclampsia e con un’età gestazionale del feto ridotta possono rimanere al proprio domicilio sottoponendosi però
ad un monitoraggio della
pressione arteriosa. Ogni
due-tre settimane è indicata un’ecografia per il controllo dello sviluppo del feto. Un riscontro ecografico
di ritardo significativo di
crescita fetale costituisce
indicazione all’induzione
del parto anche prima della
32° settimana, purché le
condizioni fetali e materne
siano stabili e vi siano riscontri di sufficiente matu-
Nifedipina
ad azione protratta
20-30 mg
120 mg/die (monosommini(monosomministrazione/die) strazione/die)
Farmaco
Dose iniziale per os
Dose massima
Tabella 3. Ipertensione severa.
Farmaco
Dosaggio iniziale
Dosaggio massimo
Idralazina
5-10 mg IV/IM ogni 30 minuti
10 mg IV/IM ogni 30 minuti
o infusione di 0,5-1 mg/h
Labetalolo
5-20 mg IV ogni 30 minuti o
80 mg IV ogni 30 minuti
infusione di 1-2 mg/minuto
Nifedipina a breve
durata d’azione
5-10 mg PO ogni 30 minuti
10 mg PO ogni 30 minuti
I dosaggi iniziali sono più bassi rispetto alla non gravidanza, dato il maggiore rischio di causare ipotensione materna con importanti conseguenze per il feto.
IM = per via intramuscolare; IV = per via endovenosa; PO = per bocca
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Recenti Progressi in Medicina, 99, 9, 2008
Conclusione: i punti chiave
Dai dati della letteratura si evince come alcune problematiche correlate all’ipertensione in corso di gravidanza siano ancora aperte ed offrano lo spunto per ulteriori approfondimenti. Soprattutto, c’è ancora incertezza se e quando trattare l’ipertensione lieve e moderata. Per quanto riguarda i farmaci, vi è
pieno accordo sull’utilizzo di metil-dopa e beta-bloccanti (particolarmente nel III trimestre), mentre resta ancora qualche incertezza sull’impiego di calcio-antagonisti (nifedipina), anche se con essi si sono
ottenuti risultati di maggior efficacia rispetto all’idralazina, che viene utilizzata preferibilmente nelle
crisi ipertensive, piuttosto che nella terapia cronica. Così pure c’è incertezza sull’uso del calcio e dell’ASA nel prevenire l’ipertensione in gravidanza. Su tali argomenti sono necessari ulteriori indagini.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Fabio Lunati
Via 25 Aprile, 22
28100 Novara
E-mail: [email protected]
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