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Grazie a Einaudi Ragazzi per aver concesso la copia e la distribuzione di questo libro. © Einaudi Ragazzi www.ragazziarcobaleno.ch 2 Prima lettera Caro Christophe, siamo arrivati a notte fonda in questa casa in riva al mare. Non sapevo che il mare potesse fare tanto rumore. Il padrone ci ha detto: - Non datevi pensiero, è l'alta marea. Aveva ragione: ora che ti scrivo, il mare si è ritirato e il rumore non c'è più. Ma ragazzi, una puzza! È un mare pieno d'alghe; quando s'abbassa, le alghe restano sulla spiaggia e cominciano a marcire al sole. E pieno di mosche, di cosini bianchi che saltano come pulci, di granchietti, lumachine: un'autentica pattumiera. Se penso che bisognerà fare il bagno là dentro, solo l'idea mi da la nausea. Beh, rìassuntino: siamo insomma arrivati ieri sera in piena notte, con tre ore di ritardo perché papa ha sbagliato strada sette volte. Più faceva buio, più sbagliava. Mamma è uno zero nel leggere le carte. Tutti tra sé pensavano: «Ah, se ci fosse Christophe!» Ma nessuno osava pronunciare il tuo nome. Mamma ha giurato: il primo che parla di te si becca un ceffone, papa compreso. Come vedi, si comincia bene. Io e Sylvie abbiamo le stanze al primo piano. Papa e mamma dormono di sotto con Antoine. Quando mamma ha visto la scala ha lanciato un urlo. Abbiamo dovuto costruire all'istante una specie di barricata per impedire ad Antoine di salire. Il padrone, gentilissimo, è andato a cercare del filo da pesca in garage e all'una e mezza di notte eravamo ancora là a trafficare con quella roba. Sapessi come abbiamo mangiato male! Mamma ha completamente ciccato le penne. Ha detto che non aveva il coraggio di preparare della salsa di pomodoro, e non è riuscita a trovare neppure un po' di formaggio da grattugiare: era una pastasciutta con niente sopra, sinistra. Abbiamo mangiato senza dire nulla, col rumore del mare. Stamattina il tempo è bello. Te l'ho già detto, c'è la bassa marea. Non si può far niente, quando la marea è bassa. Bisogna aspettare che risalga. Papa sta preparando la barca. Ovviamente mi chiedo come faremo senza di te. Ho paura che mi costringa a uscire in mare con lui. Mi piacerebbe molto scriverti una lettera al giorno come mi hai chiesto, ma ho speso ventisette franchi per la carta e le buste, che vendono solo in pacchetti da venticinque. Dovresti mandarmi la grana per i francobolli. Bisognerà che m'inventi una storia perché mamma mi lasci andare alla posta, che è a due chilometri. Non posso mandarci Sylvie, perché bisogna attraversare due volte la strada, e se si fa stendere da qualche carretta poi a sentirle sono io. Ti mando un po' di sabbia della spiaggia da parte di Sylvie; ha raccattato anche questa conchiglietta, che lei trova «estremamente carina». Ho provato a dirle che rischiava di arrivare frantumata, ma lei mi ha dato del falso, del pessimista di prima risma, e poi ha minacciato di raccontare a mamma che ti scrivevo di nascosto, se mi rifiutavo di mettere nella busta la sua sabbia e la sua conchiglia. Cosi. Domani ti racconto il seguito. 3 Seconda lettera Caro Christophe, non credo che adoro il mare. Non capisco perché tutti sognano di andare al mare e soprattutto di avere una casa in riva al mare. E tutto un inconveniente. Verso mezzogiorno la gente comincia ad arrivare al mare, proprio quando la marea sale. Più sale la marea e più gente arriva, ma anche, e per forza, più sale la marea e più la spiaggia si fa piccola e la gente che arriva ha sempre meno spazio per stendersi. Alla fine, quando la marea è al massimo, la gente è tutta appiccicata ai muri delle case che sono in riva al mare. Come sai, anche la nostra casa è in riva al mare, ed è proprio per questo che costa cosi cara, almeno il doppio di quanto costerebbe se fosse nell'entroterra, come le altre. Ieri la marea è salita talmente, che la gente s'è rifugiata sopra il muraglione della casa. Allora è arrivato il padrone e ha detto a papa: - La gente sul muro non deve proprio salirci, è un muro di pietra, piuttosto fragile, e se crolla avrete la responsabilità dei feriti e dovrete pagare tutte le riparazioni. Hanno discusso per un'ora, papa e lui, e alla fine hanno deciso di mettere un cartello davanti al muraglione: PERICOLO VIETATO SALIRE SUL MURO All'inizio, la gente non ha detto niente, ma il mare è tornato a salire, sicché i bagnanti hanno fatto come al solito, come se il cartello non esistesse: si sono rifugiati sul nostro muraglione. Allora mamma è andata a parlarci, ha cercato di spiegare gentilmente che il muro rischiava di crollare, e quelli hanno capito: sono scesi. Ma, due minuti dopo, altri ne sono arrivati e sono saliti sul muraglione come niente fosse. Mamma ha fatto scendere anche quelli, ma eccone altri in arrivo, e cosi via per un'ora, finché mamma non è scoppiata e ha detto: - Basta! Non sprecherò qui tutto il mio fiato! Ecco là, è scritto bello grande: VIETATO salire sul muro. Non sapete leggere, o che? Quelli la guardavano come allocchi. Non capivano. Allora lei è andata a cercare un bastone e ha difeso il muraglione come fosse un fortino. E rimasta un'ora, là, col suo pezzo di legno, finché la marea non è ridiscesa. La sera, a cena, aveva degli occhi terrificanti, fuori delle orbite. Non l'ho mai vista cosi: non parlava, muta, e a un certo punto, quando Sylvie ha fatto per servirsi un'altra porzione di budino, mamma ha impugnato il filone di pane come se fosse il suo bastone e ha randellato Sylvie sulla testa, senza gridare, senza una sola parola. Ragazzi, una macchina. -Ma che ti succede? ha detto papa. Allora mamma ha strizzato gli occhi, Avresti detto che si stava svegliando. -Eh? Come? Che c'è? Non sapeva dov'era, e neppure ciò che aveva appena fatto. Papa le ha consigliato di andare a letto, cosa che lei ha fatto immediatamente. Abbiamo finito di mangiare senza di lei, col rumore del mare. Ti scrivo anche domani, poi mando tutto nella stessa busta. Ciao. 4 Terza lettera Caro Christophe, stamattina c'era bassa marea, cosi sono andato a trovare un mio amico, un tipo col quale avevo già fatto tre partite di Monopoli. Ma quando gli ho teso la mano per salutarlo, quello ci ha sputato sopra. Allora io gli ho ributtato addosso il suo sputacchione e abbiamo cominciato un battaglino di sabbia. Gliene ho fatta mangiare, e anche lui a me. A un certo punto io ero seduto sopra di lui, era quasi kappaò, ma da dietro è arrivato suo fratello e mi ha buttato a terra con una mossa di judo. Non ho quasi il coraggio di raccontarti cosa m'hanno fatto per vendicarsi: mi hanno trascinato per i piedi fino alle alghe e mi hanno lasciato là, in mezzo alle mosche, alle pulci bianche, ai granchietti, alle lumachine. Se pensi che sulla spiaggia c'era qualcuno che potesse venire in mio aiuto, beh, niente, nessuno. Dopo quella storia del muro, la gente della spiaggia non ci vuole affatto bene, e io non voglio più stare là, troppo pericoloso. Ti scrivo da una spiaggia che si trova a un chilometro dalla nostra casa. Sylvie è venuta ad avvisarmi che papa mi stava cercando dappertutto perché uscissi in mare con lui. Non so cosa sia meglio: stare male in barca o farmi spaccare la faccia dai vicini. A parte tutto, non ho ancora ricevuto le palanche per i francobolli. La prossima volta non dimenticartene. Ti mando anche questa stella di mare che Sylvie ha trovato poco fa tra gli scogli. Le ho detto: - Bisogna cuocerla, Sylvie, sennò puzza. Ma lei ha cominciato a urlare che volevo uccidere la sua stella di mare, che ero un assassino, eccetera eccetera. Allora te la mando. Credo che sia morta. Ciao. 5 Quarta lettera Caro Christophe, credo che nessuno abbia mai fatto una vacanza schifa come la nostra. Come sai, l'alta marea non arriva esattamente alla stessa ora ogni giorno. Sarebbe troppo facile. Ieri l'alta marea cadeva proprio a ora di pranzo, e tutti sono venuti alla spiaggia con il loro picnic. Per evitare che la sabbia finisse nei panini, la prima cosa alla quale hanno pensato è stato di venire a sistemarsi sopra il nostro muro. Allora mamma è tornata fuori col bastone. Aveva chiesto a papa di occuparsi del pranzo mentre lei se la vedeva con gli invasori, e come al solito papa ha voluto fare le patatine fritte, l'unica cosa che sa fare. Quanto a me, dovevo tenere Antoine sulle mie ginocchia per non farlo avvicinare all'olio bollente. Sylvie piangeva sul piatto. Piangeva da un'ora, perché le ragazzine della spiaggia le avevano demolito il suo castello di sabbia dai torrioni fatti di conchiglia. La sola cosa che avrebbe potuto farla smettere sarebbe stata una razione di patatine. Ma sono lunghe da fare, le patatine, anche perché papa andava dentro e fuori per dare manforte a mamma, che non riusciva più a contenere l'assalto dei bagnanti. A un bel momento, Antoine ha deciso di averne abbastanza di rimanere sulle mie ginocchia, ha cominciato a tirarmi i capelli e a morsicarmi la mano con i suoi dentini aguzzi. Non sapevo più come fare per tenerlo seduto, allora gli ho mollato un paio di sberle. D'un tratto s'è sentito un urlo, un fracasso di bottiglie rotte e la voce acuta di mamma che supplicava l'aiuto di papa. -Ne ho le tasche piene, di questi ostrogoti! Ha esclamato papa. E ha preso la padella con l'olio bollente per le patatine ed è uscito in giardino con quella, scagliandosi verso il muro e gridando: -Il primo che sale su questo muro, lo ustiono! Se credi che tutto ciò sia servito a calmarli, zero assoluto. Quelli si sono messi a lanciare bottiglie di birra oltre il muro, e poi tutte le cartacce unte delle loro merende, con tutte le cotenne di prosciutto, le pelli di salame, bucce dì banana, vasetti vuoti di yogurt e noccioli di pesca. Abbiamo provato, all'inizio, a rilanciare di sotto tutte le schifezze ma, tra papa, mamma, Sylvie e io, non eravamo abbastanza per fronteggiare le trenta o quaranta famiglie della spiaggia. Non so quanto tempo è durata la battaglia, ma è stata accesa. Quando abbiamo capito che non saremmo mai riusciti a rispedire tutta la spazzatura, abbiamo ripiegato dentro casa e abbiamo guardato il giardino riempirsi come una pattumiera. Alla fine, siccome non avevano più niente da buttarci, e siccome il mare s'era già parecchio ritirato, sono andati a pigliare delle manciate di alghe piene di mosche, di pulci bianche, di granchietti e di lumachine, e le hanno lanciate sopra i mucchi delle loro schifezze. La sera, Sylvie ha cominciato a dire che non voleva rimanere là, che voleva tornare a scuola, rivedere le amichette, la maestra, eccetera. A ruota c'era Antoine, che ripeteva tutto pari pari. Sembrava una manifestazione in piazza. Papa non diceva niente, ma si poteva avvertire che era pronto a dire: «D'accordo, ce ne andiamo. Andremo in barca sul lago d'Enghien, e al diavolo la casa!» Anche mamma era sul punto di desistere. Ma proprio in quel momento Sylvie ha commesso un errore madornale. Anziché continuare a frignare e a reclamare la maestra, ha detto: -Voglio che stiamo con Christophe. Allora mamma si è irrigidita di colpo e ha detto: -Non sono i bambini a comandare, qui! Abbiamo affittato questa casa fino al 31 agosto e ci rimarremo fino alla fine. Dopodiché non s'è più detto nulla. Abbiamo mangiato le nostre penne, senza parlare, col rumore del mare. Credo che la mamma l'abbia fatto apposta, di ciccare completamente la salsa di pomodoro: sapeva di succo d'arancia, ma salato. Ecco come scorrono le nostre vacanze. Anch'io vorrei che ci fossi tu. Ho Pimpressione che tutto ciò non sarebbe successo se fossi venuto con noi, 6 Ti mando anche una manciata di alghe da parte di Sylvie. Fa' attenzione, sono piene d'acqua di mare. Le ha scoperte Sylvie poco fa, spazzando i cumuli di rifiuti che la gente della spiaggia ha buttato nel nostro giardino: bisogna premerle con le dita e quelle schizzano. Sylvie l'ha fatto in faccia ad Antoine, e lui adesso non vuole più aprire gli occhi... Gira per la casa come un cieco, con le braccia tese in avanti, tastando le porte, le sedie e gli spigoli. Crede di essere Edipo. Spero che tu sappia chi è Edipo; è un tizio che si è orbato il giorno in cui s'è reso conto che aveva ucciso suo padre e sposato sua madre. Mi auguro però che le nostre vacanze non vadano a finire cosi male. Ho ricevuto la grana. Ora va meglio. Per fortuna ero là quando è passato il postino. Ciao. 7 Quinta lettera Caro Christophe, è piovuto per due giorni. Al principio papa ha detto: «È la marea». Ma il mare è ridisceso ed è continuato a piovere, e poi è risalito, e poi ridisceso, quattro volte, cinque volte, e sempre pioveva. Eravamo là, dietro i vetri che gocciolavano, e aspettavamo. Mamma era raggiante; sei libero di non crederci, ma ha pregato delle ore intere perché continuasse a piovere. Ha detto a Sylvie che la pioggia era certo mandata dal buon Dio per punire la gente della spiaggia, che s'era comportata in modo cosi ignobile con noi. Poi però mamma è uscita col suo grande ombrello per andare a fare la spesa in paese. È passata di proposito proprio davanti al campeggio per sbeffeggiare quelli della spiaggia, che sono tutti raggomitolati sotto le loro tende. - Sguazzano nella melma, ci ha raccontato. Somigliano a tante galline fradice, fanno pena. (Quando mamma mostra di provare pena, lo sai, socchiude quell'occhio...) Eh, già già. Non dev'essere piacevole trascorrere le vacanze sotto una tenda, con i piedi a mollo, senza parlare poi del ticchettio della pioggia sulla tela per tutto il giorno, per tutta la notte. Metti che arrivi una bella burrasca e di quelli non sentiremo più parlare. Per merito della pioggia, insomma, mamma ha ripreso vitalità e tutta entusiasta ha deciso di cucinarci un pranzo di lusso, con insalata di granchio e un dolce con l'uvetta. Allora eravamo là, tranquillissimi. Io cercavo di insegnare a Sylvie come si gioca a Barricata senza imbrogliare, Antoine guardava la pioggia, seduto sulle ginocchia di papa, e papa gli cantava una canzone di marinai. Mamma scortecciava il granchio con un sorriso fino alle orecchie. Stava andando tutto bene, quand'ecco che improvvisamente papa scarica Antoine dalle ginocchia ed esclama: Bene, si esce in mare! Chi questo? ho chiesto io. Io e te, ha risposto papa. Bisognava aspettarsela. Siamo in questo posto da una settimana, venuti espressamente per andare in barca a vela. Papa mi aveva promesso che alla fine della vacanza avrei saputo bordeggiare come i grandi, e che avrei potuto navigare da solo in qualsiasi mare. Il primo giorno, quando papa è arrivato alla spiaggia con la carretta, Ì bagnanti ci hanno squadrato. A quel tempo erano ancora abbastanza cordiali con noi, eppure nessuno ha mosso un mignolo quando papa ha cominciato a incasinarsi con l'attrezzatura. Appena il tempo di ingarbugliare la scotta dello spinnaker e la marea era già troppo bassa. Abbiamo dovuto riporre tutto nel garage. Papa non era molto contento. -Se Christophe non avesse piegato le vele contro ogni logica, tutto ciò non sarebbe successo, aveva detto. La verità è che senza di te non sa neppure montare il boma. È sceso nel garage con quel librone che gli avevi regalato per il suo compleanno, ed è rimasto fino alle due di notte a montare e a smontare la vela maestra, Io spi, eccetera eccetera. Ha mandato tutto a memoria per essere pronto, l'indomani, a uscire in mare in due minuti. Sfortunatamente l'indomani è scoppiata la questione del muro, e non ha voluto lasciare mamma a tenere a bada da sola la gente della spiaggia. I giorni seguenti, stessa storia. Per uscire in barca ci voleva l'alta marea, e appena questa s'alzava, la gente della spiaggia partiva all'assalto del nostro muro. Beh, insomma: ieri eravamo rilassatissimi, guardavamo la pioggia cadere, la spiaggia era deserta, nessuno minacciava il muro, mamma stava finendo di preparare l'insalata di granchio sempre col sorriso da qui a li, in tutta la casa si cominciava perfino a sentire il profumo del dolce, e all'improvviso papa interrompe la sua canzone da marinaio, posa Antoine per terra e dichiara: -Si esce in mare. Abbiamo indossato le nostre cerate gialle, i giubbotti di salvataggio, e abbiamo tirato la barca fino alla spiaggia. Il mare era gonfio, grigio, e verso il largo c'erano certi cavalloni... Pioveva senza sosta e abbiamo montato le vele e tutto quanto sotto quel diluvio. 8 Dicevo fra me: ora arriva mamma. Arriva all'ultimo momento e ci proibisce di andare. Invece, macché: ci guardava oltre i vetri, tutto qui il suo blitz. Quando abbiamo issato la vela di maestra, ancora un po' e la barca scuffiava sulla sabbia. Papa ha cominciato a gridarmi dietro di tutto, come al solito quando qualcosa va storto. Ha spinto la barca nell'acqua e ha gridato: -Coraggio piccolo mozzo, a bordo! E mamma ci ha guardati partire, senza muovere un dito. Abbiamo lasciato la spiaggia e dopo cinque minuti la barca era una piscina. Vento, pioggia, poi ancora vento, e altra pioggia, e più eravamo inondati, più papa era felice. Cantava quelle sue canzoni da marinaio: «Issa, issa, issa! Sprussa l'acqua e schissa!» Quelle classiche cose che mi fanno venire il mal di mare, lo stesso di quando siamo in macchina. Cantava, ululava di gioia. Minimo minimo avresti detto che era completamente partito. A un tratto mi volto: la costa non si vede più. Gli ho chiesto: -Hai idea di dove stiamo andando, papa? S'è messo a sghignazzare e a darsi delle gran manate sulla coscia. -Siamo a due miglia scarse dalla costa e hai già la tremarella? E che diamine, ciurma! un po' di fegato! Mi chiedo come faceva a sapere che eravamo a meno di due miglia dalla costa, dato che navigavamo col vento in poppa da quando avevamo lasciato la riva, ed è risaputo che è sempre molto difficile stabilire a che velocità si va quando sì è spinti dal vento. Lui, invece, non aveva dubbi. A dire il vero non è che fosse 'sta gran tempesta, e in fondo il vento non era proprio forte forte, però arrivava a raffiche, con scrosci d'acqua che ci mozzavano il respiro, Tutte le volte che riemergevamo da una di queste docce, papa scoppiava a ridere e ricominciava a cantare. A un tratto ho gridato: -Là! Papa, a tribordo! Il faro di Kerven! Avevo buttato un occhio alla carta nautica che hai dato a papa prima di partire: c'era descritto il faro di Kerven con i suoi due scogli gemelli, e io l'ho riconosciuto subito. Se si passava vicino al faro significava che eravamo a quattordici miglia dalla costa, e che il vento ci faceva scarrocciare verso sud. -Bisogna tornare indietro! ho detto a papa. Bisogna tornare immediatamente! In quel preciso istante, Christophe, ho pensato davvero che non ci saremmo rivisti più. Sai bene che non sono un fifone; quella volta che eravamo in crociera a Gibilterra non me la sono mai fatta sotto, neanche in mezzo alla tempesta, neanche quando il tuo amico Florian si è divertito a virare di bordo in mezzo alle navi cisterna, là, nello stretto: sapevo che potevo stare tranquillo, perché c'eri tu, sulla barca, pronto a fare ciò che serviva. Con papa, invece, e da sempre, appena salgo in macchina o in barca, so già che vomiterò. Quando papa ha riconosciuto il faro di Kerven, ha strabuzzato gli occhi. Io l'ho capito, proprio non se l'aspettava. Solo che lui ha continuato io stesso a fare il vecchio lupo di mare. -Forza, mozzo! Cos'hai da aver paura? Vuoi tornare indietro? E sia, come vuoi tu: prendi il timone e guidaci a un bell'attracco. Io ho subito urlato: «No! Non voglio!» Ma lui aveva già mollato la barra per venire al posto mio. La vela di maestra cominciava a sbattere, allora mi sono messo ai comandi, non potevo fare altrimenti. Papa rideva, a vedermi aggrappato al timone come un rospo. Prima o poi doveva ben capitarti, piccolo mozzo! Avanti, facci vedere quel che sai fare. A tribordo, tutta! ho gridato mettendo la barra a tribordo. Completamente sorpreso dalla manovra, papa si è alzato e ha esclamato: -No, imbecille! Non a tribordo! Finiremo su gli scogli! Troppo tardi: il boma aveva già preso slancio. Gli è arrivato dietro e... sbadabam! una specie di gran calcio nel culo e ha scaraventato papa in acqua. Mi sono ricordato di quello che mi avevi insegnato per i casi del genere: lasciare la scotta della vela di maestra e bloccare la barra tutta dalla parte opposta rispetto all'uomo in mare, in modo da affiancarlo anziché girargli intorno, perché se si gira intorno a un uomo in mare, la barca forma dei gorghi che impediscono all'uomo dì avvicinarsi. 9 Beh, ho fatto esattamente questo. Ma papa ha creduto ancora una volta che avevo sbagliato manovra, e vedendo la barca allontanarsi s'è detto che lo stavo abbandonando là, a mollo. Era cosi preso dal panico che non potevo né parlargli, né spiegargli, né dirgli ciò che doveva fare: non sentiva niente e urlava e gesticolava nell'acqua e mi dava dell'imbecille e del triplo idiota. Malgrado le sue urla, sono riuscito a far virare la barca docilmente, e al quinto o sesto giro papa ha potuto afferrare la cima che gli avevo lanciato. A quel punto gli sarebbe bastato arrampicarsi dal capo di banda e tutto era finito. Invece, non so perché, quando è arrivato all'altezza della barca ha pigliato la scotta della vela maestra e vi si è aggrappato con tutto il proprio peso. Logicamente, il boma ha virato di bordo e lui, anziché chinare il capo per farlo passare, l'ha artigliato... Ho fatto per raddrizzare la barra e controbilanciare il suo peso, ma ormai era fatta: la barca ha scuffiato, e noi a mollo, come due idioti, in mare aperto. In barca con papa non ci vado mai più. Non abbiamo nemmeno tentato di capovolgere la barca. Papa non voleva, preferiva restare cosi, aggrappato alla chiglia, ad aspettare i soccorsi. Per fortuna eravamo vicini al faro, il guardiano ci ha visti e ha subito chiamato i soccorsi, che sono arrivati molto presto. I guardiacoste ci hanno fatti salire sulla loro motovedetta: bella di brutto, bianca, con le sirene, i radar, le mitragliere. Un uomo rana si è tuffato, in quattro e quattr'otto ha rivoltato la nostra barca, ci è montato sopra ed è partito in direzione della spiaggia. A noi ci hanno avvolti con asciugamani e coperte, ci hanno offerto té zuccherato e dolcetti, ci hanno strofinato la schiena per tutto il viaggio. Adesso papa è in camera sua, a letto. Ha 39 di febbre. Il dottore gli ha dato una medicina contro la pleurite, una dose tripla. Anche mamma piange il triplo. Ha una paura retrospettiva, che è peggio di una paura normale, più difficile da far passare. Deve prendere dei tranquillanti, e durante questo tempo tocca a me occuparmi di Antoine, dargli da mangiare e tutto il resto. Lui ha ricominciato a pisciarsi addosso. Ciò che è più preoccupante è che il tempo sembra rimettersi al bello, il che significa che dovremo prepararci a difendere nuovamente il muro. Ti mando anche un osso di seppia che Sylvìe ha trovato sulla spiaggia dopo la burrasca. Ci ha inciso sopra col suo temperino: AIUTO! Solo che non so come potresti aiutarci. Ciao. 10 Sesta lettera Caro Christophe, come previsto, c'è bel tempo. Ieri siamo andati a comprare un cane per fare la guardia al muro. È stato durante la tregua. Eravamo mamma, Sylvie, Antoine e io: hop! come schegge verso il canile della Val Malarica, che è a trenta chilometri da qui. Era orribile, tutti quei Fido che abbaiavano per niente, rinchiusi in certe gabbie con al centro una specie di scarico per fare i bisogni. Mamma ha scelto il pastore tedesco più grosso che c'era. Ha preso anche un collare di ferro e una museruola. Tornando a casa, la tua lettera era arrivata e, sfiga massima, mamma ha aperto la cassetta della posta prima di me. Ha immediatamente riconosciuto il francobollo italiano e ha capito che eri tu. Allora, senza chiedermi il permesso, ha subito aperto la busta e ha letto. Era la lettera dove raccontavi tutte le meraviglie di Firenze e di Siena, e di quanto gli italiani sono bella gente e ospitali, e come sono ricchi i musei. A un tratto l'ho vista fare delle smorfie, e penso che era arrivata dove scrivevi di quanto ti diverti con il tuo amico Flo-rian; mentre leggeva è diventata pallida. È incredibile come lo detesta! Ho temuto che strappasse la lettera dopo averla letta, e invece no, l'ha piegata, l'ha rimessa nella busta e me l'ha restituita dicendo: -Bah, l'ortografia del tuo signor fratello non è migliorata neanche un po'. Tutto qui, e in tono secco secco. Poi è andata davanti al muro della casa per piantare un picchetto. Vi ha fissato una catena lunga quanto basta perché il nostro super pastore tedesco possa azzannare le chiappe di tutti quelli che saranno ancora tentati di venire a piazzarsi sul nostro muro. La prima volta che ho visto questo cane, al canile, ho subito trovato che aveva un non so che d'idiota. Intanto si vedeva chiaramente che aveva un orecchio sbrindellato, però quando l'ho fatto notare a mamma lei mi ha risposto: Meglio cosi, sarà più feroce. E ha tirato fuori il suo portafogli. Solo che questo cane non è feroce neanche un po'. Invece di scagliarsi sulla gente che si avvicinava a muro, si è messo a girare intorno al picchetto abbaiando, e a ogni giro la catena si accorciava. Come l'hanno visto, quelli delia spiaggia erano piegati dal ridere, e hanno cominciato a provocarlo a tal punto che dopo un quarto d'ora quel povero cane completamente idiota si è ritrovato incaprettato sul picchetto, e se non correvamo a liberarlo ci moriva strangolato. S'è preso un tuie spavento che adesso non vuole più uscire dì casa. È là, ai piedi del divano, e trema e abbaia ogni volta che una macchina passa sulla strada. Mamma ha di che sgridarlo perché faccia silenzio, ma è come niente fosse: è una specie di riflesso, si vede che anche lui vorrebbe riuscire a impedirselo, ma è più forte di lui, deve abbaiare. Ogni tanto papa lancia qualche urlo stranissimo dal fondo del suo letto, sono gli incubi della febbre. Sylvie e io cerchiamo di far quadrato contro tutta questa sfortunaccìa che s'è abbattuta sulla nostra famiglia. Abbiamo deciso di dormire nella stessa camera, cosi stiamo rannicchiati, stretti l'uno all'altra per tutta la notte. Ti mando anche questa valva di cozza in cui Sylvie ha versato le sue lacrime di ieri. Spero che in Italia il tempo sia bello come qua, e che tu pensi a noi. Ciao. 11 Settima lettera Caro Christophe, ieri pomeriggio il muro è crollato. Il tempo era splendido e come al solito la gente della spiaggia ha cominciato a indietreggiare man mano che il mare avanzava, fino al muro; qualcuno vi si è appoggiato soltanto, altri vi sono bellamente saliti. Da due giorni li lasciavamo fare, perché mamma non aveva più forza di sgridarli o di minacciarli col bastone. Da due giorni stava là, dentro casa, seduta su una sedia, le braccia penzoloni, senza dar segni. Quando ha sentito le urla, di fuori, ha capito che il muro era crollato, allora ha chiuso gli occhi, lentamente, e ha detto in un sospiro: - Bene, è finita, stavolta siamo rovinati. Ci sono stati parecchi feriti, che abbiamo dovuto medicare in casa. Avevano solo qualche sbucciatura, ma si lamentavano apposta, solo per farci dispetto. Dicevano che era colpa nostra e che l'avremmo pagata cara. Abbiamo dovuto sparecchiare la tavola per farvi adagiare una ragazza che credeva di aver preso una storta. C'erano feriti ovunque, sul divano, sulle poltrone, stesi sui tappeti, Ì familiari venivano a chiedere notizie, entravano in casa, tutti si calpestavano l'un l'altro. Sembra che avremo dei processi, e che ci toccherà versare dei risarcimenti per anni. Non so come faremo. Quel che è certo è che non avevamo abbastanza cotone e mercurocromo per medicare quei falsi feriti, e allora mamma mi ha mandato alla farmacia per prenderne. È stato là, alla farmacia, che mi sono innamorato cotto di Sophie Marineau. Lei stava comprando una crema per il viso, era indecisa tra la Nivea e la Klorane, cosi il farmacista ha cominciato a friggere: -Avanti, signorina, si decida, ci sono dei clienti che stanno aspettando. Lentamente, piuttosto arrogante, la signorina s'è girata verso di me con i suoi due flaconi di crema tra le mani. E io, anziché «Razza di rompiballe, lei e le sue creme per il viso», le ho detto: -Non si preoccupi, non ho mica fretta. Devo prendere solo del cotone e del mercurocromo per medicare alcuni feriti gravi, giù da me. Hanno già perso parecchio sangue, ma non c'è problema, ne hanno ancora, possono aspettare. Pensava che scherzassi e ha sorriso. Allora ho continuato: -Abbiamo una casa in riva al mare, e il muro è crollato sopra Ì bagnanti. Ce ne sono ancora alcuni sepolti dai massi, ma aspetteranno anche loro. Questo l'ha fatta proprio ridere, e a me piaceva vederla cosi: ha dei denti che trovo magnifici. Ha solo due anni più di me, ma sembra molto più vecchia: le si darebbero come niente sedici o diciassette anni. Ha comprato la sua crema per il viso e io tre flaconi di mercurocromo e due chili di cotone per i feriti. Quando Sophie mi ha visto uscire dalla farmacia con quell'armamentario, ha riso di nuovo. Il bello è che ha creduto che lo facessi per lei, per farla ridere e poi sedurla. Dove vai con tutta quella roba? A casa mia, le ho risposto, devo andare a curare i feriti. 12 Allora lei mi è venuta dietro per sapere la verità, era sicura che la prendessi per il naso, e più scendevo in particolari meno mi credeva. Siamo andati avanti cosi per due chilometri, io che raccontavo le mie vacanze, la storia del muro, la barca eccetera eccetera, e lei che continuava a non credere a una parola e a ridere. Non ho mai fatto ridere cosi una donna. Arrivati davanti casa, l'ho invitata a venire a verifìcare lei stessa che tutto ciò che le avevo detto era vero, ma lei deve aver creduto che era un trucco per baciarla in qualche angolo. È vero che avevo un sacco di voglia di baciarla. -Devo tornare a casa mia, ha detto. -Va be'. E dov'è, casa tua? -Al campeggio. È facile da trovare: la nostra è la roulotte più grande. Hai qualche altro fidanzato? le ho chiesto. Lei non ha risposto. Potrò venire a trovarti alla roulotte? - No, non da me. Domani alle sei dietro il cinema. Ci siamo dati la mano, ma sono sicuro che anche lei aveva voglia di baciarmi. Io non so cosa avresti fatto tu al posto mio. Domani alle sei: è oggi, fra mezz'ora, solo che sta per salire la marea e mamma mi ha chiesto di montare la guardia davanti al muro crollato, che la gente non venga in giardino. Non so come fare. Comincio ad averne le scatole piene, di questa vacanza. Dei momenti mi dico che sei stato proprio un mascalzone, a lasciarci in questo brodo. Stavolta non ti mando niente da parte di Sylvie, che è già andata al cinema per avvisare Sophie Marineau che non potevo venire. Sylvie le deve consegnare una lettera nella quale ho cercato di inventare una storia divertente, ma non sono mica sicuro che funzionerà. Ciao. 13 Ottava lettera Caro Christophe, Sophie Marineau ha strappato la mia lettera e l'ha gettata addosso a Sylvie. Preferirei non averla mai incontrata, né essere mai andato in quella farmacia, né essere mai venuto in vacanza in questa casa in riva al mare, né aver mai avuto questa famiglia, questa madre, questo padre, e nemmeno tu, e tutta questa gente, avrei preferito non essere mai nato. Dopo che mamma li ha ben medicati, i feriti hanno preteso un pasto con tanto di champagne, a titolo di consolazione. SÌ sono ubriacati per tutta la notte, mangiando granchio e aragosta, fumando i sigari di papa, rompendo tre bicchieri di cristallo (neanche nostri), fracassando lo specchio del caminetto, bruciando il tappeto, i cuscini, rovesciando la salsa rosa sulle tende della sala da pranzo. Ce n'era uno cosi ubriaco che è andato a vomitare in bagno, e poi s'è appoggiato troppo forte sul lavandino ed è crollato tutto. Se non avevo la prontezza di andare subito a chiudere l'acqua in cantina, a quest'ora eravamo degli alluvionati. Ma adesso io, che arrivino pure tutte le catastrofi, me ne frego. Qualche volta lei passa davanti casa (parlo di Sophie Marineau), mette su la sua aria da smorfiosa, lei e le sue scarpettine da spiaggia: so che mi guarda, Sono sicuro che mi ama, in fondo in fondo, solo che è offesa; non so, forse dovrei andare a scusarmi, però è stata lei a strappare la mìa lettera. Non mi piace che le mie lettere vengano strappate. Sono innamorato. Mi avevi detto che saresti stato qui per aiutarmi, quando fosse successo, e adesso mi sta succedendo e tu non ci sei. Mi chiedo francamente a cosa serve avere un fratello. Credo che anche mamma vorrebbe che tornassi. A vederla fa pietà; siamo qui da quindici giorni, e lei non s'è abbronzata nemmeno un po', non vuole andare da! parrucchiere e si trucca come viene viene, un giorno in azzurro, il giorno dopo in rosso. È tutto il giorno a gridare dietro ad Antoine che s'è messo a farsi addosso non solo la pipi, ma anche la cacca. Ieri sera mamma l'ha sgridato cosi forte che lui s'è messo a piangere come non ha mai fatto, e in mezzo ai singhiozzi l'hanno sentito tutti: ti ha chiamato. Papa è quasi del tutto guarito, però non vuole scendere dal letto. Credo che abbia ancora vergogna per come è andata con la barca. Mamma deve avergli detto che ti scrivo delle lettere e che ne ricevo da te, perché stamattina mi ha fatto andare vicino al suo letto, era gentilissimo, dolce dolce, parlava lentamente per paura di mettersi a tossire, mi ha detto e cosi e colà, e poi dopo mi ha chiesto notizie di te. Io gli ho raccontato dell'Italia, soprattutto i musei, e lui mi ha domandato se eri ancora furioso con lui e mamma per quella storia che c'è stata con il tuo amico Florian, E che ne so, io, se sei ancora furioso, e allora gli ho detto: - No, papa. Non me ne ha neppure parlato. Ha scordato tutto. Vi vuoi bene come prima. La cosa gli ha fatto piacere, ho quasi creduto che stesse per alzarsi, Invece no. Mi ha detto grazie e s'è tirato le coperte fino alle orecchie. Questa lettera è corta perché sono piuttosto triste e stanco per la notte che abbiamo passato con i falsi feriti. Ti mando da parte di Sylvie una piuma di cormorano. L'ha trovato morto stamattina, steso sui ciottoli, dove l'aveva buttato il mare; Sylvie era triste e ha avuto l'idea di staccargli una piuma e di mandartela per farti vedere quanto era triste. Ti mando anche un traveller-chèque di mille franchi da parte di mamma: ha paura che ti manchi qualcosa durante il viaggio. Ti augura buone vacanze, spera di rivederti presto. Ciao. 14 Nona lettera Caro Christophe, quando ho aperto la tua lettera da Venezia e ci ho letto che saresti venuto a trovarci, ero cosi contento che mi sono precipitato in camera di mamma e papa gridando: -Viene qui! Viene qui! Ho cominciato a leggere la tua lettera. All'inizio mamma aveva le lacrime agli occhi, ma quando ha capito che avevi l'intenzione di venire con il tuo amico Florian, allora è ridiventata secca come un ceppo. E ha detto: -Ah, questa poi no! Non se ne parla nemmeno, di ospitare in casa nostra quella specie di ragazzaccio vizioso! Come al solito, papa non ha detto niente, ha fatto finta di avere un accesso di tosse. Nel frattempo, nel soggiorno, Sylvie stava già facendo un carosello con Antoine e il cane, li si sentiva trotterellare cantando: «Torna a casa! Torna qua, trallallero trallallà!» Mamma mi ha sfilato la lettera di mano per rileggerla. -Siamo oltre ogni limite, ha detto. Ma insomma, per chi ci prende? Ci sono delle cose che neppure una madre potrà mai tollerare. Mai ! Le ho ripreso la lettera e ho cercato di spiegarle la faccenda: Se l'amico di Christophe non viene, penso che non verrà neppure Christophe. Allora la mettiamo cosi: è un ricatto! Ecco un bel sistema di trattare la propria famiglia: il ricatto! Ebbene, non cederemo mai a un ricatto! Gridava cosi forte che ho cominciato a gridare anch'io: -Luì ha comunque il diritto di avere gli amici che vuole ! A udire queste parole, ha smesso di colpo di gridare. Mi ha guardato, sopraffatta. Non le avevo mai parlato cosi. Non è un amico, ha detto poi, è un mostro. Cos'ha fatto? Delle cose che... non te lo posso dire. Colpe gravi, estremamente gravi. Da grande capirai. Secondo me la colpa grave è quando quell'idiota di Sylvie è andata a raccontarle che vi aveva visti, tu e Florian, mentre vi baciavate sulla bocca. Non mi sembra che quella sia una colpa grave. Anzi, non trovo neppure che sia una colpa. Oh insomma. Se non sì ha più il diritto di baciare gli amici dove si vuole, beh, tanto vale andare subito in gattabuia. -Allora si rimane cosi? ho detto. Si resta fino alla fine delle vacanze con la barca nel garage, senza il diritto di andare in spiaggia, con tutta la gente che ci detesta e questo grosso cane idiota che non fa che abbaiarci nelle orecchie? Ne ho le tasche piene, io! E me ne sono andato sbattendo la porta. Avevo quasi voglia di frignare, alla fine. Sono salito in camera mia e l'ho chiusa a doppia mandata. Sono rimasto lassù tutto il giorno. Sentivo tutti i rumori della casa, quello che parlava, quell'altro che si agitava, quel terzo che veniva a raschiare alla mia porta, Sylvie, Antoine; sono venuti di sopra a turno per cercare di farmi scendere, ma io non ho risposto. E poi, proprio prima di cena, è venuta mamma. Mi ha parlato dal buco della serratura, con voce gentile: - Ci abbiamo riflettuto, Mathieu. Ora tutto si accomoda: potrai mandare una lettera a Christophe per dirgli che l'aspettiamo, che li aspettiamo, lui e il suo amico. Allora ho aperto la porta della camera e ci siamo buttati l'uno nelle braccia dell'altra, quasi piangendo. Le penne erano impeccabili, la salsa deliziosa, il formaggio ottimo e abbondante. Ti mando anche una piantina della zona con tutte le indicazioni, cosi non ti perdi uscendo da Nantes. Te l'ha disegnata papa. Ciao. 15 Ultima lettera Caro Christophe, siamo rimasti a lungo davanti casa, io, Sylvie, Antoine, papa e mamma, ben dopo che la tua moto è scomparsa dalla vista, ben dopo che si sono posate le ultime nuvolette di polvere. Mamma ha detto: - Aspettiamo ancora un po', che delle volte non si sia dimenticato qualcosa. Ma niente. Abbiamo sentito il rumore della tua moto allontanarsi lungo il paese, e quando c'è stato silenzio abbiamo capito che stavolta era fatta: eri partito. Abbiamo avuto paura, un po' di paura, che tutto tornasse orribile come prima. Invece no. Tutto quello che hai fatto qui è solido e resisterà almeno fino alla fine delle vacanze. Intanto il muro. È stata davvero una fortuna che il padre di Florian faccia il muratore. Mamma non si capacitava della velocità con cui lui ha rimesso pietra su pietra. Il muro è addirittura più bello di prima. Ciò che è bello è soprattutto la tua idea di piantare dei rosai. Troppo forte: adesso nessuno viene a infilzarsi le chiappe sulle spine. In più, fanno dei bellissimi fiori, ne ho tagliati tre per offrirli a Sophie Marineau che, da parte sua, mi ha regalato un libro di poesie. Anche lei scrive poesie, inventa rime e tutto quanto; deve leggermene una o due stasera, sulla diga; abbiamo appuntamento alle dieci. È una ragazza che adora la luna e i suoi riflessi dorati sul mare calmo. C'è un'altra cosa che le piace molto, ed è quando le parlo di te. Ha paura che tu abbia un incidente in moto; lei si rannicchia contro di me, io le racconto di come prendi le curve a 180 all'ora, gioco con i suoi capelli, adoro i suoi grido-lini, mi fanno venire i brividi. Ho l'impressione che le sue poesie saranno un po' noiose, ma le farò comunque i complimenti. A che serve criticare? Papa stamane è uscito in mare. Ha preso il cane con sé. Sulla spiaggia sono tutti simpaticamente sorpresi di vedere un cane cosi grosso salire su una barca a vela cosi piccola. Si stende sul fondo e da quando la barca lascia la riva, si vede la testa del cane posarsi sul bordo con quel suo orecchio sbrindellato. Sembra davvero felice di partire, e dovresti vedere come ne va fiero papa; lui dice che un giorno gli insegnerà a reggere il timone, e sostiene che con questo cane si può sempre sapere da che parte arriva il vento, basta guardargli le orecchie. Dice che è il cane più intelligente del mondo. L'ha battezzato Ulisse. Per il resto, tutto bene. Mamma finalmente va sulla spiaggia a prendere il sole e chiacchiera con le amiche, mentre Antoine se ne va in giro tutto nudo. Ha smesso di sporcarsi le mutande. Sylvie continua a raccattare tonnellate di conchiglie di tutti i colori, ossi di seppia, alghe: si direbbe che vuoi spogliare la spiaggia. Le abbiamo chiesto se ci costruiva un bellissimo castello, di quelli che lei sa fare cosi bene, e ha detto: - No. Costruirò una casa in riva al mare dove potremo sempre andare in vacanza. È la mia ultima lettera, ho finito la carta. Ciao. 16