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Grazie a Einaudi Ragazzi per aver concesso la copia e la distribuzione di questo libro.
© Einaudi Ragazzi
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Prima lettera
Caro Christophe,
siamo arrivati a notte fonda in questa casa in riva al
mare.
Non sapevo che il mare potesse fare tanto rumore.
Il padrone ci ha detto:
- Non datevi pensiero, è l'alta marea.
Aveva ragione: ora che ti scrivo, il mare si è ritirato e il
rumore non c'è più. Ma ragazzi, una puzza! È un mare
pieno d'alghe; quando s'abbassa, le alghe restano sulla
spiaggia e cominciano a marcire al sole. E pieno di
mosche, di cosini bianchi che saltano come pulci, di
granchietti, lumachine: un'autentica pattumiera. Se
penso che bisognerà fare il bagno là dentro, solo l'idea
mi da la nausea. Beh, rìassuntino: siamo insomma arrivati ieri sera in piena notte, con tre ore di ritardo perché
papa ha sbagliato strada sette volte. Più faceva buio, più
sbagliava. Mamma è uno zero nel leggere le carte. Tutti
tra sé pensavano: «Ah, se ci fosse Christophe!» Ma
nessuno osava pronunciare il tuo nome. Mamma ha
giurato: il primo che parla di te si becca un ceffone,
papa compreso.
Come vedi, si comincia bene.
Io e Sylvie abbiamo le stanze al primo piano. Papa e
mamma dormono di sotto con Antoine.
Quando mamma ha visto la scala ha lanciato un urlo.
Abbiamo dovuto costruire all'istante una specie di barricata per impedire ad Antoine di salire. Il
padrone, gentilissimo, è andato a cercare del filo da pesca in garage e all'una e mezza di notte
eravamo ancora là a trafficare con quella roba.
Sapessi come abbiamo mangiato male! Mamma ha completamente ciccato le penne. Ha detto che
non aveva il coraggio di preparare della salsa di pomodoro, e non è riuscita a trovare neppure un po'
di formaggio da grattugiare: era una pastasciutta con niente sopra, sinistra. Abbiamo mangiato
senza dire nulla, col rumore del mare.
Stamattina il tempo è bello. Te l'ho già detto, c'è la bassa marea. Non si può far niente, quando la
marea è bassa. Bisogna aspettare che risalga. Papa sta preparando la barca. Ovviamente mi chiedo
come faremo senza di te. Ho paura che mi costringa a uscire in mare con lui.
Mi piacerebbe molto scriverti una lettera al giorno come mi hai chiesto, ma ho speso ventisette
franchi per la carta e le buste, che vendono solo in pacchetti da venticinque. Dovresti mandarmi la
grana per i francobolli.
Bisognerà che m'inventi una storia perché mamma mi lasci andare alla posta, che è a due
chilometri. Non posso mandarci Sylvie, perché bisogna attraversare due volte la strada, e se si fa
stendere da qualche carretta poi a sentirle sono io.
Ti mando un po' di sabbia della spiaggia da parte di Sylvie; ha raccattato anche questa conchiglietta,
che lei trova «estremamente carina». Ho provato a dirle che rischiava di arrivare frantumata, ma lei
mi ha dato del falso, del pessimista di prima risma, e poi ha minacciato di raccontare a mamma che
ti scrivevo di nascosto, se mi rifiutavo di mettere nella busta la sua sabbia e la sua conchiglia.
Cosi. Domani ti racconto il seguito.
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Seconda lettera
Caro Christophe,
non credo che adoro il mare. Non capisco perché tutti sognano di andare al mare e soprattutto di
avere una casa in riva al mare.
E tutto un inconveniente.
Verso mezzogiorno la gente comincia ad arrivare al mare, proprio quando la marea sale. Più sale la
marea e più gente arriva, ma anche, e per forza, più sale la marea e più la spiaggia si fa piccola e la
gente che arriva ha sempre meno spazio per stendersi. Alla fine, quando la marea è al massimo, la
gente è tutta appiccicata ai muri delle case che sono in riva al mare.
Come sai, anche la nostra casa è in riva al mare, ed è proprio per questo che costa cosi cara, almeno
il doppio di quanto costerebbe se fosse nell'entroterra, come le altre.
Ieri la marea è salita talmente, che la gente s'è rifugiata sopra il muraglione della casa.
Allora è arrivato il padrone e ha detto a papa:
- La gente sul muro non deve proprio salirci, è un muro di pietra, piuttosto fragile, e se crolla avrete
la responsabilità dei feriti e dovrete pagare tutte le riparazioni.
Hanno discusso per un'ora, papa e lui, e alla fine hanno deciso di mettere un cartello davanti al
muraglione:
PERICOLO VIETATO SALIRE SUL MURO
All'inizio, la gente non ha detto niente, ma il mare è tornato a salire, sicché i bagnanti hanno fatto
come al solito, come se il cartello non esistesse: si sono rifugiati sul nostro muraglione. Allora
mamma è andata a parlarci, ha cercato di spiegare gentilmente che il muro rischiava di crollare, e
quelli hanno capito: sono scesi. Ma, due minuti dopo, altri ne sono arrivati e sono saliti sul
muraglione come niente fosse. Mamma ha fatto scendere anche quelli, ma eccone altri in arrivo, e
cosi via per un'ora, finché mamma non è scoppiata e ha detto:
- Basta! Non sprecherò qui tutto il mio fiato! Ecco là, è scritto bello grande: VIETATO salire sul
muro. Non sapete leggere, o che?
Quelli la guardavano come allocchi. Non capivano.
Allora lei è andata a cercare un bastone e ha difeso il muraglione come fosse un fortino. E rimasta
un'ora, là, col suo pezzo di legno, finché la marea non è ridiscesa.
La sera, a cena, aveva degli occhi terrificanti, fuori delle orbite. Non l'ho mai vista cosi: non
parlava, muta, e a un certo punto, quando Sylvie ha fatto per servirsi un'altra porzione di budino,
mamma ha impugnato il filone di pane come se fosse il suo bastone e ha randellato Sylvie sulla
testa, senza gridare, senza una sola parola. Ragazzi, una macchina.
-Ma che ti succede? ha detto papa.
Allora mamma ha strizzato
gli occhi, Avresti detto che
si stava svegliando.
-Eh? Come? Che c'è?
Non sapeva dov'era, e
neppure ciò che aveva
appena fatto.
Papa le ha consigliato di
andare a letto, cosa che lei
ha fatto immediatamente.
Abbiamo finito di mangiare
senza di lei, col rumore del
mare.
Ti scrivo anche domani, poi
mando tutto nella stessa
busta.
Ciao.
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Terza lettera
Caro Christophe,
stamattina c'era bassa marea, cosi sono andato a trovare un mio amico, un tipo col quale avevo già
fatto tre partite di Monopoli. Ma quando gli ho teso la mano per salutarlo, quello ci ha sputato
sopra. Allora io gli ho ributtato addosso il suo
sputacchione e abbiamo cominciato un battaglino
di sabbia. Gliene ho fatta mangiare, e anche lui a
me. A un certo punto io ero seduto sopra di lui,
era quasi kappaò, ma da dietro è arrivato suo
fratello e mi ha buttato a terra con una mossa di
judo. Non ho quasi il coraggio di raccontarti cosa
m'hanno fatto per vendicarsi: mi hanno trascinato
per i piedi fino alle alghe e mi hanno lasciato là,
in mezzo alle mosche, alle pulci bianche, ai
granchietti, alle lumachine.
Se pensi che sulla spiaggia c'era qualcuno che
potesse venire in mio aiuto, beh, niente, nessuno.
Dopo quella storia del muro, la gente della
spiaggia non ci vuole affatto bene, e io non voglio
più stare là, troppo pericoloso.
Ti scrivo da una spiaggia che si trova a un chilometro dalla nostra casa. Sylvie è venuta ad avvisarmi che papa mi stava cercando dappertutto
perché uscissi in mare con lui. Non so cosa sia
meglio: stare male in barca o farmi spaccare la
faccia dai vicini.
A parte tutto, non ho ancora ricevuto le palanche
per i francobolli. La prossima volta non
dimenticartene.
Ti mando anche questa stella di mare che Sylvie
ha trovato poco fa tra gli scogli.
Le ho detto:
- Bisogna cuocerla, Sylvie, sennò puzza.
Ma lei ha cominciato a urlare che volevo uccidere
la sua stella di mare, che ero un assassino, eccetera eccetera. Allora te la mando. Credo che sia
morta.
Ciao.
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Quarta lettera
Caro Christophe,
credo che nessuno abbia mai fatto una vacanza schifa come la nostra.
Come sai, l'alta marea non arriva esattamente alla stessa ora ogni giorno. Sarebbe troppo facile. Ieri
l'alta marea cadeva proprio a ora di pranzo, e tutti sono venuti alla spiaggia con il loro picnic. Per
evitare che la sabbia finisse nei panini, la prima cosa alla quale hanno pensato è stato di venire a
sistemarsi sopra il nostro muro.
Allora mamma è tornata fuori col bastone. Aveva chiesto a papa di occuparsi del pranzo mentre lei
se la vedeva con gli invasori, e come al solito papa ha voluto fare le patatine fritte, l'unica cosa che
sa fare. Quanto a me, dovevo tenere Antoine sulle mie ginocchia per non farlo avvicinare all'olio
bollente.
Sylvie piangeva sul piatto. Piangeva da un'ora, perché le ragazzine della spiaggia le avevano demolito il suo castello di sabbia dai torrioni fatti di conchiglia. La sola cosa che avrebbe potuto farla
smettere sarebbe stata una razione di patatine. Ma sono lunghe da fare, le patatine, anche perché
papa andava dentro e fuori per dare manforte a mamma, che non riusciva più a contenere l'assalto
dei bagnanti.
A un bel momento, Antoine ha deciso di averne abbastanza di rimanere sulle mie ginocchia, ha
cominciato a tirarmi i capelli e a morsicarmi la mano con i suoi dentini aguzzi. Non sapevo più
come fare per tenerlo seduto, allora gli ho mollato un paio di sberle.
D'un tratto s'è sentito un urlo, un fracasso di bottiglie rotte e la voce acuta di mamma che supplicava
l'aiuto di papa.
-Ne ho le tasche piene, di questi ostrogoti! Ha esclamato papa.
E ha preso la padella con l'olio bollente per le patatine ed è uscito in giardino con quella, scagliandosi verso il muro e gridando:
-Il primo che sale su questo muro, lo ustiono!
Se credi che tutto ciò sia servito a calmarli, zero assoluto. Quelli si sono messi a lanciare bottiglie di
birra oltre il muro, e poi tutte le cartacce unte delle loro merende, con tutte le cotenne di prosciutto,
le pelli di salame, bucce dì banana, vasetti vuoti di yogurt e noccioli di pesca.
Abbiamo provato, all'inizio, a rilanciare di sotto tutte le schifezze ma, tra papa, mamma, Sylvie e io,
non eravamo abbastanza per fronteggiare le trenta o quaranta famiglie della spiaggia.
Non so quanto tempo è durata la battaglia, ma è stata accesa. Quando abbiamo capito che non
saremmo mai riusciti a rispedire tutta la spazzatura, abbiamo ripiegato dentro casa e abbiamo
guardato il giardino riempirsi come una pattumiera.
Alla fine, siccome non avevano più niente da buttarci, e siccome il mare s'era già parecchio ritirato,
sono andati a pigliare delle manciate di alghe piene di mosche, di pulci bianche, di granchietti e di
lumachine, e le hanno lanciate sopra i mucchi delle loro schifezze.
La sera, Sylvie ha cominciato a dire che non voleva rimanere là, che voleva tornare a scuola,
rivedere le amichette, la maestra, eccetera. A ruota c'era Antoine, che ripeteva tutto pari pari.
Sembrava una manifestazione in piazza.
Papa non diceva niente, ma si poteva avvertire che era pronto a dire: «D'accordo, ce ne andiamo.
Andremo in barca sul lago d'Enghien, e al diavolo la casa!»
Anche mamma era sul punto di desistere. Ma proprio in quel momento Sylvie ha commesso un
errore madornale. Anziché continuare a frignare e a reclamare la maestra, ha detto:
-Voglio che stiamo con Christophe.
Allora mamma si è irrigidita di colpo e ha detto:
-Non sono i bambini a comandare, qui! Abbiamo affittato questa casa fino al 31 agosto e ci
rimarremo fino alla fine.
Dopodiché non s'è più detto nulla. Abbiamo mangiato le nostre penne, senza parlare, col rumore del
mare. Credo che la mamma l'abbia fatto apposta, di ciccare completamente la salsa di pomodoro:
sapeva di succo d'arancia, ma salato.
Ecco come scorrono le nostre vacanze. Anch'io vorrei che ci fossi tu. Ho Pimpressione che tutto ciò
non sarebbe successo se fossi venuto con noi,
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Ti mando anche una manciata di alghe da parte di Sylvie. Fa' attenzione, sono piene d'acqua di
mare. Le ha scoperte Sylvie poco fa, spazzando i cumuli di rifiuti che la gente della spiaggia ha
buttato nel nostro giardino: bisogna premerle con le dita e quelle schizzano. Sylvie l'ha fatto in faccia ad Antoine, e lui adesso non vuole più aprire gli occhi... Gira per la casa come un cieco, con le
braccia tese in avanti, tastando le porte, le sedie e gli spigoli. Crede di essere Edipo. Spero che tu
sappia chi è Edipo; è un tizio che si è orbato il giorno in cui s'è reso conto che aveva ucciso suo
padre e sposato sua madre. Mi auguro però che le nostre vacanze non vadano a finire cosi male.
Ho ricevuto la grana. Ora va meglio. Per fortuna ero là quando è passato il postino.
Ciao.
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Quinta lettera
Caro Christophe,
è piovuto per due giorni. Al principio papa ha detto: «È la marea». Ma il mare è ridisceso ed è
continuato a piovere, e poi è risalito, e poi ridisceso, quattro volte, cinque volte, e sempre pioveva.
Eravamo là, dietro i vetri che gocciolavano, e aspettavamo. Mamma era raggiante; sei libero di non
crederci, ma ha pregato delle ore intere perché continuasse a piovere. Ha detto a Sylvie che la
pioggia era certo mandata dal buon Dio per punire la gente della spiaggia, che s'era comportata in
modo cosi ignobile con noi.
Poi però mamma è uscita col suo grande ombrello per andare a fare la spesa in paese. È passata di
proposito proprio davanti al campeggio per sbeffeggiare quelli della spiaggia, che sono tutti
raggomitolati sotto le loro tende.
- Sguazzano nella melma, ci ha raccontato. Somigliano a tante galline fradice, fanno pena. (Quando
mamma mostra di provare pena, lo sai, socchiude quell'occhio...) Eh, già già. Non dev'essere
piacevole trascorrere le vacanze sotto una tenda, con i piedi a mollo, senza parlare poi del ticchettio
della pioggia sulla tela per tutto il giorno, per tutta la notte. Metti che arrivi una bella burrasca e di
quelli non sentiremo più parlare.
Per merito della pioggia, insomma, mamma ha ripreso vitalità e tutta entusiasta ha deciso di cucinarci un pranzo di lusso, con insalata di granchio e un dolce con l'uvetta.
Allora eravamo là, tranquillissimi. Io cercavo di insegnare a Sylvie come si gioca a Barricata senza
imbrogliare, Antoine guardava la pioggia, seduto sulle ginocchia di papa, e papa gli cantava una
canzone di marinai. Mamma scortecciava il granchio con un sorriso fino alle orecchie. Stava
andando tutto bene, quand'ecco che improvvisamente papa scarica Antoine dalle ginocchia ed
esclama:
Bene, si esce in mare!
Chi questo? ho chiesto io.
Io e te, ha risposto papa.
Bisognava aspettarsela. Siamo in questo posto da una settimana, venuti espressamente per andare in
barca a vela. Papa mi aveva promesso che alla fine della vacanza avrei saputo bordeggiare come i
grandi, e che avrei potuto navigare da solo in qualsiasi mare. Il primo giorno, quando papa è
arrivato alla spiaggia con la carretta, Ì bagnanti ci hanno squadrato. A quel tempo erano ancora
abbastanza cordiali con noi, eppure nessuno ha mosso un mignolo quando papa ha cominciato a
incasinarsi con l'attrezzatura. Appena il tempo di ingarbugliare la scotta dello spinnaker e la marea
era già troppo bassa. Abbiamo dovuto riporre tutto nel garage.
Papa non era molto contento.
-Se Christophe non avesse piegato le vele contro ogni logica, tutto ciò non sarebbe successo, aveva
detto.
La verità è che senza di te non sa neppure montare il boma.
È sceso nel garage con quel librone che gli avevi regalato per il suo compleanno, ed è rimasto fino
alle due di notte a montare e a smontare la vela maestra, Io spi, eccetera eccetera. Ha mandato tutto
a memoria per essere pronto, l'indomani, a uscire in mare in due minuti. Sfortunatamente l'indomani
è scoppiata la questione del muro, e non ha voluto lasciare mamma a tenere a bada da sola la gente
della spiaggia. I giorni seguenti, stessa storia. Per uscire in barca ci voleva l'alta marea, e appena
questa s'alzava, la gente della spiaggia partiva all'assalto del nostro muro.
Beh, insomma: ieri eravamo rilassatissimi, guardavamo la pioggia cadere, la spiaggia era deserta,
nessuno minacciava il muro, mamma stava finendo di preparare l'insalata di granchio sempre col
sorriso da qui a li, in tutta la casa si cominciava perfino a sentire il profumo del dolce, e
all'improvviso papa interrompe la sua canzone da marinaio, posa Antoine per terra e dichiara:
-Si esce in mare.
Abbiamo indossato le nostre cerate gialle, i giubbotti di salvataggio, e abbiamo tirato la barca fino
alla spiaggia. Il mare era gonfio, grigio, e verso il largo c'erano certi cavalloni... Pioveva senza sosta
e abbiamo montato le vele e tutto quanto sotto quel diluvio.
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Dicevo fra me: ora arriva mamma. Arriva all'ultimo momento e ci proibisce di andare. Invece,
macché: ci guardava oltre i vetri, tutto qui il suo blitz. Quando abbiamo issato la vela di maestra,
ancora un po' e la barca scuffiava sulla sabbia. Papa ha cominciato a gridarmi dietro di tutto, come
al solito quando qualcosa va storto. Ha spinto la barca nell'acqua e ha gridato:
-Coraggio piccolo mozzo, a bordo!
E mamma ci ha guardati partire, senza muovere un dito.
Abbiamo lasciato la spiaggia e dopo cinque minuti la barca era una piscina. Vento, pioggia, poi
ancora vento, e altra pioggia, e più eravamo inondati, più papa era felice. Cantava quelle sue
canzoni da marinaio: «Issa, issa, issa! Sprussa l'acqua e schissa!» Quelle classiche cose che mi
fanno venire il mal di mare, lo stesso di quando siamo in macchina. Cantava, ululava di gioia.
Minimo minimo avresti detto che era completamente partito.
A un tratto mi volto: la costa non si vede più.
Gli ho chiesto:
-Hai idea di dove stiamo andando, papa?
S'è messo a sghignazzare e a darsi delle gran manate sulla coscia.
-Siamo a due miglia scarse dalla costa e hai già la tremarella? E che diamine, ciurma! un po' di
fegato!
Mi chiedo come faceva a sapere che eravamo a meno di due miglia dalla costa, dato che navigavamo col vento in poppa da quando avevamo lasciato la riva, ed è risaputo che è sempre molto
difficile stabilire a che velocità si va quando sì è spinti dal vento. Lui, invece, non aveva dubbi.
A dire il vero non è che fosse 'sta gran tempesta, e in fondo il vento non era proprio forte forte, però
arrivava a raffiche, con scrosci d'acqua che ci mozzavano il respiro, Tutte le volte che
riemergevamo da una di queste docce, papa scoppiava a ridere e ricominciava a cantare.
A un tratto ho gridato:
-Là! Papa, a tribordo! Il faro di Kerven!
Avevo buttato un occhio alla carta nautica che
hai dato a papa prima di partire: c'era descritto il faro di Kerven con i suoi due scogli gemelli, e io
l'ho riconosciuto subito. Se si passava vicino al faro significava che eravamo a quattordici miglia
dalla costa, e che il vento ci faceva scarrocciare verso sud.
-Bisogna tornare indietro! ho detto a papa. Bisogna tornare immediatamente!
In quel preciso istante, Christophe, ho pensato davvero che non ci saremmo rivisti più.
Sai bene che non sono un fifone; quella volta che eravamo in crociera a Gibilterra non me la sono
mai fatta sotto, neanche in mezzo alla tempesta, neanche quando il tuo amico Florian si è divertito a
virare di bordo in mezzo alle navi cisterna, là, nello stretto: sapevo che potevo stare tranquillo,
perché c'eri tu, sulla barca, pronto a fare ciò che serviva. Con papa, invece, e da sempre, appena
salgo in macchina o in barca, so già che vomiterò.
Quando papa ha riconosciuto il faro di Kerven, ha strabuzzato gli occhi. Io l'ho capito, proprio non
se l'aspettava. Solo che lui ha continuato io stesso a fare il vecchio lupo di mare.
-Forza, mozzo! Cos'hai da aver paura? Vuoi tornare indietro? E sia, come vuoi tu: prendi il
timone e guidaci a un bell'attracco.
Io ho subito urlato: «No! Non voglio!» Ma lui aveva già mollato la barra per venire al posto mio. La
vela di maestra cominciava a sbattere, allora mi sono messo ai comandi, non potevo fare altrimenti.
Papa rideva, a vedermi aggrappato al timone come un rospo.
Prima o poi doveva ben capitarti, piccolo mozzo! Avanti, facci vedere quel che sai fare.
A tribordo, tutta! ho gridato mettendo la barra a tribordo.
Completamente sorpreso dalla manovra, papa si è alzato e ha esclamato:
-No, imbecille! Non a tribordo! Finiremo su gli scogli!
Troppo tardi: il boma aveva già preso slancio. Gli è arrivato dietro e... sbadabam! una specie di gran
calcio nel culo e ha scaraventato papa in acqua.
Mi sono ricordato di quello che mi avevi insegnato per i casi del genere: lasciare la scotta della vela
di maestra e bloccare la barra tutta dalla parte opposta rispetto all'uomo in mare, in modo da
affiancarlo anziché girargli intorno, perché se si gira intorno a un uomo in mare, la barca forma dei
gorghi che impediscono all'uomo dì avvicinarsi.
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Beh, ho fatto esattamente questo. Ma papa ha creduto ancora una volta che avevo sbagliato
manovra, e vedendo la barca allontanarsi s'è detto che lo stavo abbandonando là, a mollo.
Era cosi preso dal panico che non potevo né parlargli, né spiegargli, né dirgli ciò che doveva fare:
non sentiva niente e urlava e gesticolava nell'acqua e mi dava dell'imbecille e del triplo idiota.
Malgrado le sue urla, sono riuscito a far virare la barca docilmente, e al quinto o sesto giro papa ha
potuto afferrare la cima che gli avevo lanciato. A quel punto gli sarebbe bastato arrampicarsi dal
capo di banda e tutto era finito. Invece, non so perché, quando è arrivato all'altezza della barca ha
pigliato la scotta della vela maestra e vi si è aggrappato con tutto il proprio peso.
Logicamente, il boma ha virato di bordo e lui, anziché chinare il capo per farlo passare, l'ha artigliato... Ho fatto per raddrizzare la barra e controbilanciare il suo peso, ma ormai era fatta: la barca
ha scuffiato, e noi a mollo, come due idioti, in mare aperto.
In barca con papa non ci vado mai più.
Non abbiamo nemmeno tentato di capovolgere la barca. Papa non voleva, preferiva restare cosi,
aggrappato alla chiglia,
ad aspettare i soccorsi.
Per fortuna eravamo
vicini al faro, il
guardiano ci ha visti e
ha subito chiamato i
soccorsi, che sono
arrivati molto presto.
I guardiacoste ci hanno
fatti salire sulla loro
motovedetta: bella di
brutto, bianca, con le
sirene, i radar, le
mitragliere. Un uomo
rana si è tuffato, in
quattro e quattr'otto ha
rivoltato
la
nostra
barca, ci è montato
sopra ed è partito in
direzione
della
spiaggia. A noi ci
hanno
avvolti
con
asciugamani e coperte,
ci hanno offerto té zuccherato e dolcetti, ci hanno strofinato la schiena per tutto il viaggio.
Adesso papa è in camera sua, a letto. Ha 39 di febbre. Il dottore gli ha dato una medicina contro la
pleurite, una dose tripla. Anche mamma piange il triplo. Ha una paura retrospettiva, che è peggio di
una paura normale, più difficile da far passare. Deve prendere dei tranquillanti, e durante questo
tempo tocca a me occuparmi di Antoine, dargli da mangiare e tutto il resto. Lui ha ricominciato a
pisciarsi addosso.
Ciò che è più preoccupante è che il tempo sembra rimettersi al bello, il che significa che dovremo
prepararci a difendere nuovamente il muro.
Ti mando anche un osso di seppia che Sylvìe ha trovato sulla spiaggia dopo la burrasca. Ci ha inciso
sopra col suo temperino: AIUTO!
Solo che non so come potresti aiutarci.
Ciao.
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Sesta lettera
Caro Christophe,
come previsto, c'è bel tempo.
Ieri siamo andati a comprare un cane per fare la guardia al muro.
È stato durante la tregua. Eravamo mamma, Sylvie, Antoine e io: hop! come schegge verso il canile
della Val Malarica, che è a trenta chilometri da qui.
Era orribile, tutti quei Fido che abbaiavano per niente, rinchiusi in certe gabbie con al centro una
specie di scarico per fare i bisogni.
Mamma ha scelto il pastore tedesco più grosso che c'era. Ha preso anche un collare di ferro e una
museruola.
Tornando a casa, la tua lettera era arrivata e, sfiga massima, mamma ha aperto la cassetta della
posta prima di me. Ha immediatamente riconosciuto il francobollo italiano e ha capito che eri tu.
Allora, senza chiedermi il permesso, ha subito aperto la busta e ha letto. Era la lettera dove raccontavi tutte le meraviglie di Firenze e di Siena, e di quanto gli italiani sono bella gente e ospitali, e
come sono ricchi i musei. A un tratto l'ho vista fare delle smorfie, e penso che era arrivata dove
scrivevi di quanto ti diverti con il tuo amico Flo-rian; mentre leggeva è diventata pallida. È incredibile come lo detesta!
Ho temuto che strappasse la lettera dopo averla letta, e invece no, l'ha piegata, l'ha rimessa nella
busta e me l'ha restituita dicendo:
-Bah, l'ortografia del tuo signor fratello non è migliorata neanche un po'.
Tutto qui, e in tono secco secco. Poi è andata davanti al muro della casa per piantare un picchetto.
Vi ha fissato una catena lunga quanto basta perché il nostro super pastore tedesco possa azzannare
le chiappe di tutti quelli che saranno ancora tentati di venire a piazzarsi sul nostro muro.
La prima volta che ho visto questo cane, al canile, ho subito trovato che aveva un non so che
d'idiota. Intanto si vedeva chiaramente che aveva un orecchio sbrindellato, però quando l'ho fatto
notare a mamma lei mi ha risposto:
Meglio cosi, sarà più feroce.
E ha tirato fuori il suo portafogli. Solo che questo cane non è feroce neanche un po'. Invece di
scagliarsi sulla gente che si avvicinava a muro, si è messo a girare intorno al picchetto abbaiando, e
a ogni giro la catena si accorciava. Come l'hanno visto, quelli
delia spiaggia erano piegati dal ridere, e hanno cominciato a
provocarlo a tal punto che dopo un quarto d'ora quel povero cane
completamente idiota si è ritrovato incaprettato sul picchetto, e
se non correvamo a liberarlo ci moriva strangolato. S'è preso un
tuie spavento che adesso non vuole più uscire dì casa. È là, ai
piedi del divano, e trema e abbaia ogni volta che una macchina
passa sulla strada. Mamma ha di che sgridarlo perché faccia
silenzio, ma è come niente fosse: è una specie di riflesso, si vede
che anche lui vorrebbe riuscire a impedirselo, ma è più forte di
lui, deve abbaiare.
Ogni tanto papa lancia qualche urlo stranissimo dal fondo del suo
letto, sono gli incubi della febbre.
Sylvie e io cerchiamo di far quadrato contro tutta questa
sfortunaccìa che s'è abbattuta sulla nostra famiglia. Abbiamo
deciso di dormire nella stessa camera, cosi stiamo rannicchiati,
stretti l'uno all'altra per tutta la notte.
Ti mando anche questa valva di cozza in cui Sylvie ha versato le
sue lacrime di ieri.
Spero che in Italia il tempo sia bello come qua, e che tu pensi a
noi.
Ciao.
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Settima lettera
Caro Christophe,
ieri pomeriggio il muro è crollato. Il tempo era splendido e come al solito la gente della spiaggia ha
cominciato a indietreggiare man mano che il mare avanzava, fino al muro; qualcuno vi si è
appoggiato soltanto, altri vi sono bellamente saliti. Da due giorni li lasciavamo fare, perché mamma
non aveva più forza di sgridarli o di minacciarli col bastone. Da due giorni stava là, dentro casa,
seduta su una sedia, le braccia penzoloni, senza dar segni. Quando ha sentito le urla, di fuori, ha
capito che il muro era crollato, allora ha chiuso gli occhi, lentamente, e ha detto in un sospiro:
- Bene, è finita, stavolta siamo rovinati.
Ci sono stati parecchi feriti, che abbiamo dovuto medicare in casa. Avevano solo qualche
sbucciatura, ma si lamentavano apposta, solo per farci dispetto. Dicevano che era colpa nostra e che
l'avremmo pagata cara. Abbiamo dovuto sparecchiare la tavola per farvi adagiare una ragazza che
credeva di aver preso una storta. C'erano feriti ovunque, sul divano, sulle poltrone, stesi sui tappeti,
Ì familiari venivano a chiedere notizie, entravano in casa, tutti si calpestavano l'un l'altro.
Sembra che avremo dei processi, e che ci toccherà versare dei risarcimenti per anni. Non so come
faremo.
Quel che è certo è che non avevamo abbastanza cotone e mercurocromo per medicare quei falsi
feriti, e allora mamma mi ha mandato alla farmacia per prenderne. È stato là, alla farmacia, che mi
sono innamorato cotto di Sophie Marineau. Lei stava comprando una crema per il viso, era indecisa
tra la Nivea e la Klorane, cosi il farmacista ha cominciato a friggere:
-Avanti, signorina, si decida, ci sono dei clienti
che stanno aspettando.
Lentamente, piuttosto arrogante, la signorina s'è
girata verso di me con i suoi due flaconi di
crema tra le mani.
E io, anziché «Razza di rompiballe, lei e le sue
creme per il viso», le ho detto:
-Non si preoccupi, non ho mica fretta. Devo
prendere solo del cotone e del mercurocromo
per medicare alcuni feriti gravi, giù da me.
Hanno già perso parecchio sangue, ma non c'è
problema,
ne
hanno ancora, possono aspettare.
Pensava che scherzassi e ha sorriso. Allora ho
continuato:
-Abbiamo una casa in riva al mare, e il muro è
crollato sopra Ì bagnanti. Ce ne sono ancora alcuni sepolti dai massi, ma aspetteranno anche
loro.
Questo l'ha fatta proprio ridere, e a me piaceva
vederla cosi: ha dei denti che trovo magnifici.
Ha solo due anni più di me, ma sembra molto
più vecchia: le si darebbero come niente sedici o
diciassette anni.
Ha comprato la sua crema per il viso e io tre
flaconi di mercurocromo e due chili di cotone
per i feriti. Quando Sophie mi ha visto uscire
dalla farmacia con quell'armamentario, ha riso
di nuovo. Il bello è che ha creduto che lo facessi
per lei, per farla ridere e poi sedurla.
Dove vai con tutta quella roba?
A casa mia, le ho risposto, devo andare a curare i feriti.
12
Allora lei mi è venuta dietro per sapere la verità, era sicura che la prendessi per il naso, e più
scendevo in particolari meno mi credeva. Siamo andati avanti cosi per due chilometri, io che raccontavo le mie vacanze, la storia del muro, la barca eccetera eccetera, e lei che continuava a non
credere a una parola e a ridere. Non ho mai fatto ridere cosi una donna.
Arrivati davanti casa, l'ho invitata a venire a verifìcare lei stessa che tutto ciò che le avevo detto era
vero, ma lei deve aver creduto che era un trucco per baciarla in qualche angolo.
È vero che avevo un sacco di voglia di baciarla.
-Devo tornare a casa mia, ha detto.
-Va be'. E dov'è, casa tua?
-Al campeggio. È facile da trovare: la nostra è la roulotte più grande.
Hai qualche altro fidanzato? le ho chiesto.
Lei non ha risposto.
Potrò venire a trovarti alla roulotte?
- No, non da me. Domani alle sei dietro il cinema.
Ci siamo dati la mano, ma sono sicuro che anche lei aveva voglia di baciarmi.
Io non so cosa avresti fatto tu al posto mio.
Domani alle sei: è oggi, fra mezz'ora, solo che sta per salire la marea e mamma mi ha chiesto di
montare la guardia davanti al muro crollato, che la gente non venga in giardino.
Non so come fare. Comincio ad averne le scatole piene, di questa vacanza. Dei momenti mi dico
che sei stato proprio un mascalzone, a lasciarci in questo brodo.
Stavolta non ti mando niente da parte di Sylvie, che è già andata al cinema per avvisare Sophie
Marineau che non potevo venire. Sylvie le deve consegnare una lettera nella quale ho cercato di
inventare una storia divertente, ma non sono mica sicuro che funzionerà.
Ciao.
13
Ottava lettera
Caro Christophe,
Sophie Marineau ha strappato la mia lettera e l'ha gettata addosso a Sylvie.
Preferirei non averla mai incontrata, né essere mai andato in quella farmacia, né essere mai venuto
in vacanza in questa casa in riva al mare, né aver mai avuto questa famiglia, questa madre, questo
padre, e nemmeno tu, e tutta questa gente, avrei preferito non essere mai nato.
Dopo che mamma li ha ben medicati, i feriti hanno preteso un pasto con tanto di champagne, a
titolo di consolazione. SÌ sono ubriacati per tutta la notte, mangiando granchio e aragosta, fumando
i sigari di papa, rompendo tre bicchieri di cristallo (neanche nostri), fracassando lo specchio del
caminetto, bruciando il tappeto, i cuscini, rovesciando la salsa rosa sulle tende della sala da pranzo.
Ce n'era uno cosi ubriaco che è andato a vomitare in bagno, e poi s'è appoggiato troppo forte sul
lavandino ed è crollato tutto. Se non avevo la prontezza di andare subito a chiudere l'acqua in
cantina, a quest'ora eravamo degli alluvionati. Ma adesso io, che arrivino pure tutte le catastrofi, me
ne frego. Qualche volta lei passa davanti casa (parlo di Sophie Marineau), mette su la sua aria da
smorfiosa, lei e le sue scarpettine da spiaggia: so che mi guarda, Sono sicuro che mi ama, in fondo
in fondo, solo che è offesa; non so, forse dovrei andare a scusarmi, però è stata lei a strappare la mìa
lettera. Non mi piace che le mie lettere vengano strappate.
Sono innamorato.
Mi avevi detto che saresti stato qui per aiutarmi, quando fosse successo, e adesso mi sta succedendo
e tu non ci sei.
Mi chiedo francamente a cosa serve avere un fratello.
Credo che anche mamma vorrebbe che tornassi. A vederla fa pietà; siamo qui da quindici giorni, e
lei non s'è abbronzata nemmeno un po', non vuole andare da! parrucchiere e si trucca come viene
viene, un giorno in azzurro, il giorno dopo in rosso. È tutto il giorno a gridare dietro ad Antoine che
s'è messo a farsi addosso non solo la pipi, ma anche la cacca. Ieri sera mamma l'ha sgridato cosi
forte che lui s'è messo a piangere come non ha mai fatto, e in mezzo ai singhiozzi l'hanno sentito
tutti: ti ha chiamato.
Papa è quasi del tutto guarito, però non vuole scendere dal letto. Credo che abbia ancora vergogna
per come è andata con la barca. Mamma deve avergli detto che ti scrivo delle lettere e che ne ricevo
da te, perché stamattina mi ha fatto andare vicino al suo letto, era gentilissimo, dolce dolce, parlava
lentamente per paura di mettersi a tossire, mi ha detto e cosi e colà, e poi dopo mi ha chiesto notizie
di te. Io gli ho raccontato dell'Italia, soprattutto i musei, e lui mi ha domandato se eri ancora furioso
con lui e mamma per quella storia che c'è stata con il tuo amico Florian,
E che ne so, io, se sei ancora furioso, e allora gli ho detto:
- No, papa. Non me ne ha neppure parlato. Ha scordato tutto. Vi vuoi bene come prima.
La cosa gli ha fatto piacere, ho quasi creduto che stesse per alzarsi, Invece no. Mi ha detto grazie e
s'è tirato le coperte fino alle orecchie.
Questa lettera è corta perché sono piuttosto triste e stanco per la notte che abbiamo passato con i
falsi feriti.
Ti mando da parte di Sylvie una piuma di cormorano. L'ha trovato morto stamattina, steso sui
ciottoli, dove l'aveva buttato il mare; Sylvie era triste e ha avuto l'idea di staccargli una piuma e di
mandartela per farti vedere quanto era triste.
Ti mando anche un traveller-chèque di mille franchi da parte di mamma: ha paura che ti manchi
qualcosa durante il viaggio. Ti augura buone vacanze, spera di rivederti presto.
Ciao.
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Nona lettera
Caro Christophe,
quando ho aperto la tua lettera da Venezia e ci ho letto che saresti venuto a trovarci, ero cosi contento che mi sono precipitato in camera di mamma e papa gridando:
-Viene qui! Viene qui!
Ho cominciato a leggere la tua lettera. All'inizio mamma aveva le lacrime agli occhi, ma quando ha
capito che avevi l'intenzione di venire con il tuo amico Florian, allora è ridiventata secca come un
ceppo. E ha detto:
-Ah, questa poi no! Non se ne parla nemmeno, di ospitare in casa nostra quella specie di
ragazzaccio vizioso!
Come al solito, papa non ha detto niente, ha fatto finta di avere un accesso di tosse.
Nel frattempo, nel soggiorno, Sylvie stava già facendo un carosello con Antoine e il cane, li si
sentiva trotterellare cantando: «Torna a casa! Torna qua, trallallero trallallà!»
Mamma mi ha sfilato la lettera di mano per rileggerla.
-Siamo oltre ogni limite, ha detto. Ma insomma, per chi ci prende? Ci
sono delle cose che neppure una madre potrà mai tollerare. Mai !
Le ho ripreso la lettera e ho cercato di spiegarle la faccenda:
Se l'amico di Christophe non viene, penso che non verrà neppure
Christophe.
Allora la mettiamo cosi: è un ricatto! Ecco un bel sistema di trattare la
propria famiglia: il ricatto! Ebbene, non cederemo mai a un ricatto!
Gridava cosi forte che ho cominciato a gridare anch'io:
-Luì ha comunque il diritto di avere gli amici che vuole !
A udire queste parole, ha smesso di colpo di gridare. Mi ha guardato,
sopraffatta. Non le avevo mai parlato cosi.
Non è un amico, ha detto poi, è un mostro.
Cos'ha fatto?
Delle cose che... non te lo posso dire. Colpe gravi, estremamente gravi.
Da grande capirai.
Secondo me la colpa grave è quando quell'idiota di Sylvie è andata a
raccontarle che vi aveva visti, tu e Florian, mentre vi baciavate sulla bocca.
Non mi sembra che quella sia una colpa grave. Anzi, non trovo neppure che sia una colpa. Oh
insomma. Se non sì ha più il diritto di baciare gli amici dove si vuole, beh, tanto vale andare subito
in gattabuia.
-Allora si rimane cosi? ho detto. Si resta fino alla fine delle vacanze con la barca nel garage,
senza il diritto di andare in spiaggia, con tutta la gente che ci detesta e questo grosso cane idiota che
non fa che abbaiarci nelle orecchie? Ne ho le tasche piene, io!
E me ne sono andato sbattendo la porta. Avevo quasi voglia di frignare, alla fine.
Sono salito in camera mia e l'ho chiusa a doppia mandata.
Sono rimasto lassù tutto il giorno. Sentivo tutti i rumori della casa, quello che parlava, quell'altro
che si agitava, quel terzo che veniva a raschiare alla mia porta, Sylvie, Antoine; sono venuti di sopra
a turno per cercare di farmi scendere, ma io non ho risposto.
E poi, proprio prima di cena, è venuta mamma. Mi ha parlato dal buco della serratura, con voce
gentile:
- Ci abbiamo riflettuto, Mathieu. Ora tutto si accomoda: potrai mandare una lettera a Christophe per
dirgli che l'aspettiamo, che li aspettiamo, lui e il suo amico.
Allora ho aperto la porta della camera e ci siamo buttati l'uno nelle braccia dell'altra, quasi
piangendo.
Le penne erano impeccabili, la salsa deliziosa, il formaggio ottimo e abbondante.
Ti mando anche una piantina della zona con tutte le indicazioni, cosi non ti perdi uscendo da
Nantes. Te l'ha disegnata papa.
Ciao.
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Ultima lettera
Caro Christophe,
siamo rimasti a lungo davanti casa, io, Sylvie, Antoine, papa e mamma, ben dopo che la tua moto è
scomparsa dalla vista, ben dopo che si sono posate le ultime nuvolette di polvere.
Mamma ha detto:
- Aspettiamo ancora un po', che delle volte non si sia dimenticato qualcosa.
Ma niente. Abbiamo sentito il rumore della tua moto allontanarsi lungo il paese, e quando c'è stato
silenzio abbiamo capito che stavolta era fatta: eri partito.
Abbiamo avuto paura, un po' di paura, che tutto tornasse orribile come prima. Invece no. Tutto
quello che hai fatto qui è solido e resisterà almeno fino alla fine delle vacanze.
Intanto il muro. È stata davvero una fortuna che il padre di Florian faccia il muratore. Mamma non
si capacitava della velocità con cui lui ha rimesso pietra su pietra. Il muro è addirittura più bello di
prima. Ciò che è bello è soprattutto la tua idea di piantare dei rosai. Troppo forte: adesso nessuno
viene a infilzarsi le chiappe sulle spine. In più, fanno dei bellissimi fiori, ne ho tagliati tre per
offrirli a Sophie Marineau che, da parte sua, mi ha regalato un libro di poesie. Anche lei scrive poesie, inventa rime e tutto quanto; deve leggermene una o due stasera, sulla diga; abbiamo appuntamento alle dieci. È una ragazza che adora la luna e i suoi riflessi dorati sul mare calmo.
C'è un'altra cosa che le piace molto, ed è quando le parlo di te. Ha paura che tu abbia un incidente in
moto; lei si rannicchia contro di me, io le racconto di come prendi le curve a 180 all'ora, gioco con i
suoi capelli, adoro i suoi grido-lini, mi fanno venire i brividi. Ho l'impressione che le sue poesie
saranno un po' noiose, ma le farò comunque i complimenti. A che serve criticare?
Papa stamane è uscito in mare. Ha preso il cane con sé. Sulla spiaggia sono tutti simpaticamente
sorpresi di vedere un cane cosi grosso salire su una barca a vela cosi piccola. Si stende sul fondo e
da quando la barca lascia la riva, si vede la testa del cane posarsi sul bordo con quel suo orecchio
sbrindellato. Sembra davvero felice di partire, e dovresti vedere come ne va fiero papa; lui dice che
un giorno gli insegnerà a reggere il timone, e sostiene che con questo cane si può sempre sapere da
che parte arriva il vento, basta guardargli le orecchie. Dice che è il cane più intelligente del mondo.
L'ha battezzato Ulisse.
Per il resto, tutto bene. Mamma finalmente va sulla spiaggia a prendere il sole e chiacchiera con le
amiche, mentre Antoine se ne va in giro tutto nudo. Ha smesso di sporcarsi le mutande.
Sylvie continua a raccattare tonnellate di conchiglie di tutti i colori, ossi di seppia, alghe: si direbbe
che vuoi spogliare la spiaggia. Le abbiamo chiesto se ci costruiva un bellissimo castello, di quelli
che lei sa fare cosi bene, e ha detto:
- No. Costruirò una casa in riva al mare dove potremo sempre andare in vacanza.
È la mia ultima lettera, ho finito la carta.
Ciao.
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