Béjà: Carta 08 per ricordare Tienanmen

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Béjà: Carta 08 per ricordare Tienanmen
Jean-Philippe Béjà è uno dei più conosciuti sinologi del mondo. Già
ricercatore presso il Cnrs di Parigi e il Centro studi sulla Cina
contemporanea di Hong Kong, è oggi uno dei promotori di Carta 08, un
Béjà: Carta 08
per ricordare Tienanmen
CINA
a cura di Claudia Astarita
movimento che sta avendo molto successo nella società civile cinese.
In questa intervista lo studioso-attivista spiega quali siano l’origine e gli
obiettivi del movimento
l 2009 per la Cina è un anno molto
importante. A marzo verrà ricordato in
Tibet il cinquantenario dell’esilio forzato
del Dalai Lama, e a giugno il ventennale della
tragedia di Piazza Tienanmen. A fine 2008,
invece, in occasione del trentennale delle
riforme economiche, un gruppo di dissidenti e
attivisti politici ha rilanciato il dibattito sulle
riforme politiche che Pechino non ha più
menzionato dal 1989. Questa volta
non lo ha fatto con una
manifestazione, ma con un
documento scritto, la Carta
08, che ha riscosso un
inaspettato successo tra i
cinesi e che, soprattutto,
sembra aver alterato i
classici schemi di
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reazione che il partito era solito adottare
contro le iniziative dei dissidenti. Per capire
meglio la portata innovativa del documento,
le paure che ha suscitato nella dirigenza
cinese e le sue possibili connessioni con gli
importanti anniversari che segneranno il
2009 della Repubblica popolare, east ha
incontrato a Hong Kong il francese JeanPhilippe Béjà, uno dei più rinomati sinologi
del mondo, già ricercatore presso il Cnrs di
Parigi e il Centro studi sulla Cina
contemporanea di Hong Kong.
Professore, cos’è la Carta 08
e da chi è stata promossa?
Il testo della Carta 08 in realtà
non è una novità, ma circola da
più di due anni.
AFP_T.Aljibe
_Rose in memoria del massacro degli studenti di Tienanmen poste sulla
cancellata di un ufficio governativo cinese a Hong Kong
Nel 2008, in corrispondenza del sessantesimo
anniversario della Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani e del trentesimo delle
riforme economiche di Deng Xiaoping, la
Carta 08 è servita a rilanciare il dibattito e
l’interesse per quelle riforme politiche che, al
contrario, non sono mai state avviate. Tra
dissidenti, specialisti, docenti e professionisti
attivi nella riflessione politica partita negli
anni Ottanta la Carta 08 ha circolato
abbondantemente, ma oggi, finalmente, è
arrivata alle orecchie di tutti.
I redattori sarebbero quindi i sostenitori delle
riforme politiche stesse?
Sembra che alla stesura del testo abbiano
partecipato almeno un centinaio di persone, a
dimostrazione di quanto esso sia il frutto di
un ampio consenso.
Il documento è diviso in tre parti. La prima
introduce una riflessione sulla storia della
Cina dal 1898 ad oggi, aiuta il lettore a
ripercorrere con la memoria i tentativi di
modernizzazione del sistema politico
intentati dal Paese e ne spiega le cause dei
fallimenti. Gli autori tracciano un bilancio
fermo, schietto e prevalentemente negativo
della Repubblica popolare, senza mai
nascondere gli eccessi del regime.
La seconda e la terza parte, invece,
di cosa parlano?
La seconda riprende quei principi che, per
gli autori, sono fondamentali per rimediare al
fallimento politico e plasmare il destino della
Cina. Si parla di libertà, diritti umani,
uguaglianza, costituzionalismo, democrazia e
repubblica. Sono concetti che raccolgono una
fetta di consenso molto ampia e danno l’idea
di una piattaforma di principi su cui
rilanciare il sistema politico del Paese, ma,
allo stesso tempo, non esprimono nulla di
nuovo. La vera parte innovativa del
documento è la terza, quella che contiene le
“diciotto rivendicazioni”.
Diciotto? Non erano diciannove?
La prima versione della Carta 08 contava
cinquanta punti. In un secondo momento sono
stati riassunti in diciotto, e solo
nell’ultimissima fase è stato aggiunto il
diciannovesimo, sul federalismo. Chiede al
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BÉJÀ: CARTA 08 PER RICORDARE TIENANMEN
governo di valutare la possibilità di creare una
repubblica federale per rispettare le esigenze
di tutti i gruppi etnici del Paese.
formalizzata un’esplicita condanna contro la
sua persona. A un certo punto venne liberato,
ma i due anni di carcere non servirono a
dissuaderlo dal pubblicare le sue riflessioni
I sostenitori della Carta 08 sono già più di
sul regime cinese, seppure dagli anni
ottomila. Dal punto di vista del sostegno della Novanta in poi, ha potuto farlo solo sulle
società civile cinese questo è un successo
riviste di Hong Kong. Per qualsiasi editore
importante, non trova?
cinese sarebbe stato troppo rischioso
I fimatari al momento sono ottomila e
accettare i suoi contributi.
duecento, e sono convinto che nei prossimi
Nel ’95 venne di nuovo sottoposto a otto mesi
mesi il loro numero continuerà a crescere. Ma di arresti domiciliari per aver promosso una
non va dimenticato che il Partito comunista
petizione che richiedeva la liberazione dei
cinese è stato uno dei principali responsabili di prigionieri politici cinesi, e nel ’96 fu spedito
questo risultato. Mao Zedong, se fosse ancora in un campo di rieducazione tramite il lavoro
in vita, avrebbe forse ricordato ai leader di
per aver sostenuto una seconda petizione. Vi
Pechino un detto cinese secondo cui “lo stolto rimase fino al ’99, ma anche dopo questa
è colui che lancia la pietra per poi lasciarsela
esperienza non rinunciò all’attivismo politico.
cadere sul piede”. Se non fosse stato arrestato Liu Xiaobo rappresenta il legame tra tutte le
Liu Xiaobo, la Carta 08 non avrebbe mai
generazioni dei dissidenti cinesi: gli anziani lo
raggiunto la popolarità che ha avuto.
stimano, e anche i giovani lo sentono vicino.
Come mai? Chi è Liu Xiaobo, e per quale
ragione è stato arrestato?
Per rispondere alla domanda sul perché sia
stato arrestato varrebbe la pena ribaltare un
secondo proverbio cinese, secondo il quale
ogni tanto è necessario “ammazzare il pollo
per far paura alle scimmie”. Ma nel caso di
Liu Xiaobo il governo ha ammazzato la
scimmia per far paura ai polli.
Dove si trova adesso?
Al momento è rinchiuso in un albergoprigione alla periferia di Pechino. Si tratta di
una struttura utilizzata spesso dal ministero
per la Sicurezza Nazionale per tenere sotto
controllo i sorvegliati speciali. I prigionieri
rinchiusi in questo albergo consumano i loro
pasti in piatti di carta e non hanno diritto a
ricevere né bicchieri né coltelli perché la
polizia penitenziaria teme possano essere
Liu Xiaobo è senza dubbio il dissidente più
famoso al mondo, erede del movimento del 4
maggio. Come critico letterario fece parlare di
sé per la prima volta nel 1986, quando in un
articolo definì la “letteratura di cicatrice”, la
corrente cinese che ha cercato di riflettere
sugli anni più bui della storia del Paese, quelli
della Rivoluzione culturale, un movimento
non indipendente ma plagiato dal partito.
Venne soprannominato “cavallo nero”, e i
più giovani amano ricordarlo perché,
nell’aprile dell’’89, dagli Stati Uniti ritornò a
Pechino per sostenere il movimento
studentesco. Il 3 giugno lanciò uno sciopero
della fame contro la repressione violenta a
Tienanmen, e dopo la mezzanotte dello
stesso giorno negoziò con i militari
l’evacuazione degli studenti dalla Piazza.
Olycom/Sipa Press
Si spieghi meglio.
E a quel punto cosa successe?
Naturalmente venne arrestato, e trascorse
venti mesi in prigione senza che venisse mai
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_Carri armati in piazza Tienanmen a Pechino durante la rivolta studentesca
del 1989. Nella pagina accanto il dissidente Liu Xiaobo e sua moglie
AFP
utilizzati come armi per tentare il suicidio. Chi
è nelle condizioni di Liu Xiaobo passa la
giornata in celle dove le finestre sono feritoie
strette e altissime. Da qui non può uscire, non
può guardare la televisione e tantomeno
leggere. Tuttavia, è possibile che le condizioni
detentive di Liu Xiaobo siano marginalmente
migliorate. Fino ad oggi, quando la moglie
andava a trovarlo e lasciava libri per lui, questi
ultimi le erano sempre restituiti. Qualche
settimana fa, invece, il commissario li ha
accettati, ma ad oggi non sappiamo se siano
stati effettivamente consegnati a Liu Xiaobo.
Perché quindi il partito avrebbe “ammazzato
la scimmia per fare paura ai polli”?
Il fatto che Liu Xiaobo fosse così
conosciuto all’estero ha dato alla notizia del
suo arresto un’eco molto più forte di quanto si
aspettassero persino i dirigenti del partito. A
Pechino hanno pensato che mostrando di
poter avere la meglio sul dissidente “più
protetto”, avrebbero fatto capire agli altri
attivisti e alla popolazione in generale di
essere in grado di arrestare tutti. Ma nella
realtà è successo l’esatto contrario.
Di preciso cosa è successo,
come ha reagito il partito?
I primissimi firmatari della Carta 08 erano
trecentotre. Alcuni sono stati convocati da
funzionari politici che hanno chiesto loro
come erano venuti a conoscenza del
documento, cosa ne pensavano e da chi lo
avevano ricevuto. Nessuno ha accettato di
ritirare la firma, e tutti hanno ribadito la
propria approvazione per il contenuto della
Carta 08. Altri sono stati convocati, sempre
dalla Sicurezza di Stato, al commissariato o
“per prendere un tè”, ma quando è stato
chiesto loro di cancellare la propria firma si
sono rifiutati di obbedire. Tutto questo
conferma non solo che i cinesi desiderano
sostenere il documento, ma anche che il
governo, agli ammonimenti, non vuole o non
può far seguire nessun tipo di reazione. Per
ora, e con l’eccezione di Liu Xiaobo.
Tra i firmatari ci sono anche persone
ordinarie?
Tantissime, e mi aspetto che continuino ad
aumentare. Certo, il numero dei sostenitori
della Carta 08 non si avvicinerà mai a quello
(ottocentomila) che ha firmato, ad esempio, la
petizione contro i centri Carrefour, ma il fatto
che tante persone comuni condividano i
contenuti del documento e mostrino di essere
stufi, per dirla con parole di Liu Xiaobo, di
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Michael Reynolds/epa/Corbis
godere soltanto della “libertà del maiale” di
mangiare e consumare, è senza dubbio un
segnale positivo. Tutti questi cittadini non si
sono lasciati inibire né dalla paura né dalle
minacce del partito, che a sua volta si rende
conto che se i simpatizzanti della Carta 08
aumenteranno diventerà sempre più difficile
gestirli. Arrestare così tante persone ha un
costo troppo elevato dal punto di vista della
condanna internazionale. Operai e contadini,
purtroppo, possono passare inosservati, ma i
dissidenti famosi no.
Secondo lei la crisi economica internazionale
ha aiutato la Carta 08 a raccogliere consensi?
Chi ha scritto il documento lo ha fatto per
protestare contro l’immobilismo politico, non
contro la crisi, ma è possibile che la recessione
globale abbia spinto tante persone ad
appoggiare la Carta 08 anche per mostrarsi
pronte a reagire, a democratizzare il sistema.
Attenzione però: il dissesto finanziaro
potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per
il partito ma anche per i sostenitori del
documento. Il primo, in virtù del successo
della Carta 08, è diventato molto più sensibile
e apprensivo di fronte a ogni minima protesta
(e nel 2008 ce ne sono state ben
centoventimila), ma i secondi sono consapevoli
che una comunità internazionale che ha
bisogno di Pechino per superare la recessione
sarà meno propensa a fare pressioni per il
rispetto dei diritti umani.
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_Un uomo passeggia davanti al manifesto gigante che ritrae i leader del
partito comunista Mao Tsetung, Deng Xiaoping e Jiang Zemin
E il movimento tibetano viene in qualche
modo agevolato dalla Carta 08?
Formalmente sì, visto che il documento
promuove l’idea di una federazione cinese in
cui verrebbero inseriti anche i tibetani. Ma
un’alleanza tra dissidenza cinese e attivisti
tibetani è molto difficile, tant’è che fino ad
oggi solo un tibetano ha firmato la Carta 08.
Il 2009 segna anche il ventesimo
anniversario della tragedia di Tienanmen. Ci
saranno manifestazioni, magari organizzate
dai sostenitori della Carta 08?
A giugno sicuramente succederà qualcosa,
ma prevedere cosa è molto difficile. I
dirigenti del partito ricordano molto bene
come i movimenti alla memoria dei martiri
hanno marcato la storia moderna della Cina.
Le settimane che vanno dal 15 aprile al 4
giugno sono sempre state considerate un
periodo sensibile, e Pechino sta facendo di
tutto per evitare che si sviluppi un
movimento di opposizione compatto,
autonomo e forte. Ma dall’89 ad oggi il
governo ha sempre affrontato le crisi
singolarmente, non con una strategia ad
ampio raggio, e non c’è ragione per
immaginare che ne abbiano imbastita una
proprio quest’anno.