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PROVE
Numero 71
24 Luglio 2012
107 Pagine
NEWS
Mercato
MOTOGP
SUPERBIKE
Kymco Agility R16
restyling
Aprilia RS4 125 Replica
cambio Quick Shift
MOTOCROSS
24 Luglio
Anno
Numero
2012
02
71
SPORT
Speciale Superbike
Repubblica Ceca
Articoli e pagelle del
weekend di gara
da pag. 28 a 45
Speciale MX Russia
La cronaca, l’intervista
a Cairoli e la sequenza
della caduta di Seewer
da pag. 50 a 59
| COMPARATIVA SUPERBIKE |
anniversari
Peugeot. 110 anni
di tecnologia e
innovazione
BMW
S1000RR
VS
Ducati
Panigale
1199S
da Pag. 2 a Pag. 17
All’Interno
NEWS: Honda PCX 150 | N. Cereghini Gli anni Settanta, 7ª puntata | “Al Mugello pochi spettatori” | M. Clarke I segmenti
del pistone | La storia dei V4 Honda da corsa | MOTOGP: GP d’Italia dammi un cinque! | Le foto più belle del GP
comparativa superbike
BMW S1000RR VS
Ducati Panigale 1199S
di Francesco Paolillo | Le protagoniste della nostra comparativa sono eccezionali sotto tutti i punti
di vista, tecnico, prestazionale, ma soprattutto rappresentano l’espressione massima delle rispettive
Case. Le abbiamo provate sul circuito di Imola
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NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
D
SPORT
ucati 1199 Panigale S VS BMW S 1000 RR
Entrambe le moto protagoniste della nostra comparativa
sono eccezionali, sotto tutti i punti di vista, quello tecnico,
quello prestazionale, ma soprattutto rappresentano l’espressione
massima delle rispettive Case motociclistiche nel settore delle supersportive. Ma c’è altro, la BMW S 1000 RR è una moto con un
significato particolare per la Casa di Monaco di Baviera, è la prima
sportiva dura e pura che ha prodotto, espressamente concepita
per la guida in pista e in particolar modo per le competizioni. La
Ducati 1199 Panigale invece rappresenta una svolta tra le Superbike made in Bologna, una storia iniziata con la 851/888, proseguita
con la 916 ( e con le successive 996 e 998 ), con una lieve flessione per la 999 (solo dal punto di vista commerciale, perché quello
sportivo l’ha vista salire sul gradino più alto del podio tre volte sia
nel Mondiale Costruttori che in quello Piloti) e di recente con le
1098/1198. La Panigale ha fatto fare uno, o forse anche due salti
generazionali alle sportive Ducati, sia dal punto di vista del design,
ma soprattutto da un punto di vista tecnico. Abbiamo portato le
due sportive su una delle piste più belle del mondo, il Circuito Enzo
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e Dino Ferrari di Imola, per un confronto serrato, che ha messo in
luce le caratteristiche e la personalità delle protagoniste annunciate del Mondiale Superbike 2013.
Estetica
Ducati 1199 Panigale
A Borgo Panigale hanno fatto un vero e proprio capolavoro, da
qualsiasi punto di vista la si guardi la 1199 è spettacolare, e ha invecchiato la concorrenza diretta, italiana, giapponese o tedesca
che sia.
Piccola e compatta è davvero curata in ogni particolare, mentre
design-tecnica-funzionalità sono fusi insieme in maniera assoluta,
come forse mai si è visto prima d’ora.
BMW S 1000 RR
Paragonata alla rivale italiana, la sbk tedesca cede il passo, ma ha
sempre qualche cosa da dire, con quello sguardo asimmetrico e
con le prese d’aria diverse a seconda della fiancata. Il complesso però è meno personale, anche in questa versione 2012, e forse
troppo allineato alla concorrenza giapponese.
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NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
Finiture complessiva
Ducati Panigale
Siamo a livelli d’eccellenza, materiali e trattamenti superficiali
sono di altissima qualità, mentre la cura di ogni singolo particolare è maniacale. L’unico particolare, che secondo noi stona, sono i
connettori delle sospensioni elettroniche che oltretutto si trovano proprio in bella vista davanti agli occhi del pilota, ma è proprio
“cercare il pelo nell’uovo”.
BMW S 1000 RR
A Monaco ci deve essere un conflitto interno, tra il settore delle
due e quattro ruote. Tanto sono curate e rifinite le vetture con l’elica bianco/blu sul cofano, quanto sono estremamente razionali
e funzionali (badano al sodo o poco più) le due ruote. La S 1000
RR non scappa a questa logica, e paga pegno mettendo in mostra
particolari che stonano su una moto di rango. Leve al manubrio e
plastiche (quelle non verniciate), telaietto reggi sella, supporti e
pedane passeggero sono criticabili, mentre anche alcuni accoppiamenti meriterebbero una cura maggiore. L’unico modo di porvi
rimedio è quello di fare la spesa, a caro prezzo, nel ricco listino
degli optional.
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MOTOCROSS
SPORT
Ergonomia e confort
Ducati 1199 Panigale
Stiamo giudicando una moto studiata e perfezionata per l’uso in
pista, quindi il voto piuttosto alto va letto da questo punto di vista,
anche perché se il metro di paragone fosse quello di un utilizzo
stradale, saremmo alla sufficienza scarsa … molto scarsa! La Ducati 1199 Panigale è però una vera e propria moto da corsa targata,
e quindi il giudizio è strettamente legato a un suo utilizzo sportivo,
e da questo punto di vista è eccellente, in virtù di una spaziosità in
sella che contrasta con delle dimensioni totali davvero contenute
(anche i piloti più alti, come Giovanni Baggi che ha provato con
noi le moto sul circuito di Imola, possono trovare una posizione di
guida ottimale). Mentre il peso che grava sugli avambracci e sui
polsi è accettabile , anche grazie ai semimanubri belli aperti che
agevolano la guida tra i cordoli, e paragonabile a quello della rivale
tedesca. Decisamente poco protettivo il plexiglass di serie, meglio
quello rialzato disponibile tra gli optional a pagamento, anche e
soprattutto per un utilizzo pistaiolo.
BMW S 1000 RR
A vederle fianco a fianco, avremmo giurato che la BMW S 1000 RR
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fosse più comoda e spaziosa della rivale italiana, invece una volta
saliti ci siamo in parte dovuti ricredere. La distanza della sella dalle
pedane e il carico sulle braccia è paragonabile, ma i semimanubri sono più chiusi. La sbk tedesca offre una maggiore protezione
dall’aria e una sella più imbottita, ma niente di più.
Strumentazione
Ducati Panigale
Strumentazione TFT a colori per la bolognese, con una quantità
di informazioni visualizzate che è quasi imbarazzante per numero e tipologia. In modalità “Road” e “Wet”, la velocità è messa in
primo piano sul cruscotto, mentre selezionando la mappa motore
“Race”, i protagonisti diventano il contagiri e il cronometro. Sempre sotto controllo i dati riguardanti le regolazioni del Traction
control (DTC), del freno motore (EBC) e dell’ABS. Migliorabile la
leggibilità del contagiri in modalità “Race”.
BMW S 1000 RR
Più tradizionale e con un contagiri analogico dalla leggibilità ottimale, la strumentazione della BMW S 1000 RR non vanta la ricchezza di informazioni di quella che equipaggia la Ducati Panigale,
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
Motore
Ducati 1199 Panigale
Lo spettacolare bicilindrico Superquadro della Panigale è il più
potente e raffinato motore a due cilindri raffreddato ad acqua
attualmente sul mercato, e i 193 Cv a 10.600 (177 alla ruota) ne
confermano le incredibili prestazioni. La concorrenza però, forte
di quattro cilindri in linea dalle caratteristiche degne di un motore
da F1, mette sul banco la terrificante potenza di 201 Cv a 10.600
giri (184,5 alla ruota)… numeri dell’altro mondo. La coppia pende
a favore del motore Ducati, che con 13,2 Kgm a 8.900 giri prevale
sul plurifrazionato BMW che ferma gli strumenti su un 12,1 Kgm a
10.450 giri.
BMW S 1000 RR
Il punto in più il motore della S 1000 RR lo guadagna non tanto
Prezzo (Dotazione di serie –
Accessori) Ducati 1199
Panigale
La sbk di Borgo Panigale è al
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SPORT
prevede il Race ABS, il Quick shift e il DTC (Controllo di trazione)
per allinearsi alla rivale, il che significa che si passano di poco i
18.900 euro (offerte e sconti scaccia crisi a parte), a cui si dovrebbero aggiungere se proprio dobbiamo dirla tutta, alcuni particolari
di miglior fattura (leve e pedane per primi). Così facendo la differenza tra le due moto passerebbe da abissale ad accettabile.
ma svolge il suo compito in maniera adeguata, visualizzando
tutto ciò che è necessario al
pilota. Inoltre è possibile dotarla di due funzioni aggiuntive, “Best lap in progress” e
“Speedwarning” (il primo tiene
informato il pilota se il tempo
sul giro è in miglioramento rispetto ai precedenti il secondo avverte quando si supera
la velocità precedentemente
impostata) ma solo montando
sulla propria S 1000 RR il Data
Logger (acquisizione dati).
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per la maggiore potenza, che
comunque rimane sbalorditiva, quanto per la linearità
dell’erogazione, che nel bicilindrico Ducati è perfettibile tra i
4/6.000 giri (a detta dei tecnici
di Borgo Panigale il fenomeno è
assai più limitato se no del tutto
assente quando si montano gli
scarichi Termignoni racing con
la centralina dedicata), mentre
nel 4 cilindri tedesco è costante
e prepotente sino all’intervento
del limitatore.
Prestazioni Ducati 1199
Panigale
Con un peso in ordine di marcia
di 194 kg e quasi 180 CV alla
ruota le prestazioni della Panigale non possono che essere
top anche nel prezzo. 19.190 euro servono per parcheggiarsi nel
box una versione base, mentre la protagonista della nostra prova
ne richiede ben 23.990 euro per perdere il posto dal concessionario e trasferirsi a casa nostra. Le sospensioni a controllo elettronico Ohlins ( al posto dell’accoppiata Marzocchi da 50 mm e Sachs)
e i cerchi forgiati, al posto di quelli in fusione, differenziano le due
versioni. Fatti trenta facciamo trentuno, non sia mai che manchi
l’ABS optional, e il DDA+ (Ducati Data Analizer – Aquisizione dati)
in modo da completare una dotazione che prevede di serie il controllo di trazione (DTC) il Quick shift (DQS) e la regolazione del
freno motore (EBC), oltre alle luci full led e al Riding Mode per la
selezione delle mappature del bicilindrico. Se poi volete esagerare
e rendere davvero unica la bicilindrica bolognese, potete sfogarvi sfogliando il catalogo accessori che prevede fibra di carbonio a
profusione e scarichi racing in materiali ultraleggeri, con centraline dedicate.
BMW S 1000 RR
16.850 euro possono sembrare pochi se confrontati con quelli della rivale italiana, ma a ben guardare la dotazione di serie della S
1000 RR base deve essere arricchita del pacchetto elettronico che
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MOTOGP
SUPERBIKE
strepitose, e raggiungibili solo in pista. Ma a farne un’arma non
sono solamente i numeri, ma soprattutto è l’insieme, elettronica e
ciclistica rendono possibile il raggiungimento delle massime prestazioni consentite dal bicilindrico, forse ancor più che non sulla
rivale tedesca, che però rimane un riferimento dal punto di vista
delle prestazioni pure, velocità massima e accelerazione in primis.
BMW S 1000 RR
La quattro cilindri tedesca paga qualche chilo in più sulla bilancia,
circa 10, per un totale di 204 (con Race ABS ), ma la straordinaria
forza del suo motore annulla completamente questo gap, che riemerge prepotentemente solo nel misto e nei cambi di direzione.
Comportamento su strada
Ducati 1199 Panigale
Utilizzare per strada una moto espressamente studiata e sviluppata per rendere al 100% nell’uso in pista non può che essere
mortificante, e per quanto sia un piacere esibire questo gioiello tecnologico, e portarla a spasso per strada, bisogna davvero
sudare sette camice. La posizione di guida sportiva , ma che più
sportiva non si può, il calore che genera quel gran bel cilindro che
ci si trova stretto tra le gambe, e la scarsa propensione a girare
basso del bicilindrico, sono fattori che limitano decisamente il piacere di guida su strada, se poi ci aggiungiamo il fatto che durante le soste al semaforo, poggiando i piedi a terra, questi vengono
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MOTOCROSS
SPORT
investiti dai gas roventi che fuoriescono dai bellissimi terminali di
scarico laterali, la voglia di tornare a casa è tanta. In compenso la
1199 è decisamente agile e leggera da guidare.
BMW S 1000 RR
La situazione in sella alla SBK tedesca non è che sia molto meglio,
però la maggior trattabilità del quattro cilindri anche ai regimi più
bassi fa guadagnare qualche cosa in termini di fruibilità, anche se
il calore sprigionato dal motore e la posizione di guida sacrificata
rendono la vita difficile anche al guidatore della tedesca. La minore agilità e il peso superiore emergono solo quando si affrontano
percorsi ricchi di curve, situazione in cui prevale, seppur di poco,
la rivale italiana.
Comportamento in pista
Ducati 1199 Panigale
Che questo sia il terreno naturale della 1199 Panigale ci vuole poco
a capirlo. Provata in precedenza sul Circuito Yas Marina di Abu
Dhabi, l’abbiamo rimessa sotto esame sul Circuito Enzo e Dino
Ferrari di Imola e il risultato è stato che la bicilindrica bolognese
si è dimostrata un animale di gran razza. L’elettronica di altissimo
livello permette di approcciarsi a questa moto in maniera meno
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reverenziale di quanto si possa credere, comunque i numeri che
esprimono il motore e la ciclistica sono sempre da tenere ben presenti. La Panigale, se sfruttata a dovere, rimane sempre una moto
per veri motociclisti e l’esperienza, elettronica o no, è necessaria
per goderne appieno le prestazioni. Svelta, rapida e terribilmente precisa, con quell’avantreno che solca letteralmente l’asfalto.
Da sottolineare ancora che la Panigale in prova è nella versione S
(dotata di sospensioni elettroniche e cerchi forgiati, più leggeri di
quelli in fusione), che costa 23.990 euro e dà un evidente vantaggio in pista alla moto italiana, vantaggio destinato a ridursi sensibilmente nel confronto tra entrambe le moto in versione standard. L’agilità della Panigale S rispetto alla rivale è superiore sia
nei cambi di direzione che negli ingressi curva, in percorrenza e in
uscita emerge una perfetta taratura sia dell’ EBC che del DTC, che
consente al “gommone” da 200 posteriore, il Pirelli Diablo Supercorsa SP (i pneumatici utilizzati sono per entrambe quelli di primo
equipaggiamento) di mettere a terra quanti più cavalli possibile e
sempre in maniera meno invasiva rispetto a quanto avviene con
la BMW S 1000 RR. Anche la frenata appare superiore sulla Ducati, mentre l’intervento dell’ABS è perfetto e una volta chiamato
a intervenire permette un controllo superiore rispetto a quanto
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
SCHEDA TECNICA
SCHEDA TECNICA
avviene con la quattro cilindri tedesca. La mancanza di un antiwheeling che mantenga l’avantreno sempre ben saldo a terra si
sente qui a Imola come in precedenza ad Abu Dhabi; in questo
BMW ha visto più lontano, anche se il funzionamento a scatti
che lo caratterizza infastidisce al punto che a volte è preferibile
escluderlo. La potenza e soprattutto l’allungo del bicilindrico sono
eccezionali, ma poco possono contro l’incredibile motore della
SBK tedesca, che recupera quanto perso in inserimento curva e
nei cambi di direzione non appena si presenti un pezzo di nastro
d’asfalto dritto.
BMW S 1000 RR
La S 1000 RR rispetto alla Panigale appare sin da subito più “facile”, se una moto con un rapporto peso-potenza di questo genere si
può ritenere tale. Il comportamento della ciclistica appare più rotondo e lineare, ma rispetto alla rivale sembra anche meno incisivo. Dopo qualche giro di pista emerge la sensazione che, in mano a
un pilota esperto, la BMW possa andare subito fortissimo, ma che
lo faccia soprattutto sul veloce e in particolare sui rettilinei dove
può scatenare la furia dei suoi 200 CV. Quando si inizia a frenare
e le protagoniste diventano le curve, la rossa si riavvicina rapidamente. Anche l’elettronica della tedesca, che ha segnato una svolta tra le sportive di serie, segna il passo nei confronti di quella che
equipaggia la 1199, che è di livello superiore.
Il parere del pilota
Giovanni Baggi partecipa al CIV - Categoria Superbike con l’Aprilia
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SPORT
Bmw
S 1000 RR (2012)
Tempi: 4
€ 16.850
Cilindri: 4
Cilindrata: 999 cc
Disposizione cilindri: in linea
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 193 cv (142 kW) / 13000 giri
Coppia: 11.42 kgm / 9750 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 320-220 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro
Peso: 183 kg
Lunghezza: 2056 mm
Larghezza: 826 mm
Altezza: 820 mm
Capacità serbatoio: 17.5 l
Segmento: Super Sportive
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RSV4 del Team Nuova M2 Racing.
Ducati 1199 Panigale
La Panigale mi è apparsa subito una moto da corsa vera e propria,
a partire dall’impostazione di guida, ma anche per la ricchezza della dotazione elettronica da vera “professionista”. Il motore sulle
prime mi ha colpito per l’incredibile allungo e per la potenza agli
alti regimi, ma ha evidenziato anche una leggera flessione ai medi
(come emerso dalla nostra prova al banco, ndr). Incredibile la precisione e la stabilità dell’avantreno, mentre il posteriore tende a
muoversi maggiormente. Notevole la funzionalità delle Ohlins a
controllo elettronico. Eccellente il cambio, morbido e preciso, che
però appare forse meno rapido di quello della BMW.
BMW S 1000 RR
Impostazione corsaiola anche per la tedesca, che garantisce una
maggiore protezione dall’aria e che mette sul piatto della bilancia
un motore formidabile per potenza e allungo, con una serie di controlli elettronici che si rivelano partner ideali per sfruttarne le grandissime potenzialità. Più simile nel comportamento di guida alle
quattro cilindri giapponesi, la S 1000 RR mette a proprio agio immediatamente con un avantreno stabile, ma non particolarmente
svelto, e un posteriore con un ottimo grip e un controllo di trazione
dal funzionamento ottimale. Il raggiungimento delle massime prestazioni appare più a portata di mano che non sulla Panigale, ma la
sensazione “di non poter andare oltre”, di aver raggiunto il limite
c’è. In sella alla rivale italiana si sente che più si spinge, più si osa,
più lei va forte e ti asseconda.
Ducati
1199 Panigale S
Tempi: 4
(2012)
Cilindri: 2
€ 23.990
Cilindrata: 1198 cc
Disposizione cilindri: a L
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 195 cv (143 kW) / 10750 giri
Coppia: 13.5 kgm / 9000 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 330-245 mm
Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 164 kg
Lunghezza: 2075 mm
Altezza: 825 mm
Capacità serbatoio: 15.5 l
Segmento: Super Sportive
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
di Edoardo Licciardello | Abbiamo potuto vivere una giornata da piloti
veri al Misano World Circuit, in sella alla Ducati 1198RS con cui Luca
Pedersoli corre nel CIV in categoria Superbike. Assistiti da tecnici di
livello mondiale
N
on si fa un favore ad un
pilota se lo si ricorda
più per la sua attività di
istruttore che non per quella
agonistica, ma nel caso di Luca
Pedersoli il dilemma è forte. La
sua Riding School, che fa base
sul circuito di Franciacorta ma
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estende la sua attività su diversi circuiti italiani, è una delle (poche)
eccellenze di settore, ed è inevitabile che la fama da essa derivante finisca per superare quella che nasce dalle gare. Ma non è per
parlare della Riding School che siamo qui al Misano World Circuit
Marco Simoncelli, oggi, ma per cogliere al volo un’occasione irrinunciabile: poter provare in esclusiva la 1198RS in allestimento
Superbike con cui Luca corre nel CIV con i colori del team Batter
Pedersoli Motorsport. Luca purtroppo non è presente,
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News
SPORT
Test Racing: Ducati 1198RS
di Luca Pedersoli
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convalescente a seguito della
brutta caduta del Mugello costatagli una frattura del bacino.
La carriera agonistica di Pedersoli lo ha visto arrivare rapidamente ad alti livelli, approdando al palcoscenico mondiale
con qualche partecipazione da
wild card al Mondiale SBK
2003. La sua carriera ha però
subito un brusco arresto a causa di un brutto infortunio al ginocchio; Luca si è riavvicinato
alle corse nel 2008, quando
ancora in riabilitazione ha vinto
il trofeo Harley-Davidson
XR1200. Nel 2009 il pilota bresciano (ma milanese di origine)
passa alla Roadster Cup con la
Buell 1125CR, ma la casa statunitense viene chiusa alle prime avvisaglie di crisi, ed assistenza e sviluppo ne risentono non poco. Il
2010 lo vede partecipare al CIV nella categoria Superbike, dove
corre “in proprio” dall’anno successivo con l’appoggio del team
Barni per la fornitura di mezzo e ricambi, nonché tecnici di alto livello – gli stessi che curano le Ducati di Sylvain Guintoli, Maxime
Berger e Brett McCormick nel Mondiale Superbike con il team Liberty Effenbert. Il che ci porta fino ad oggi quando, in una giornata
normalmente riservata ai fortunati allievi della sua Riding School,
ci ha invitati a provare in prima persona la sua Ducati 1198RS che,
riparata, attende fiduciosa il rientro del pilota. Il quale al telefono,
fra il serio e il faceto, ha parlato di rientrare per l’ultima prova del
CIV: il 14 ottobre a Vallelunga. Daniele Penzo e Fabio Morandini, i
due meccanici, allestiscono il box e controllano la moto mentre
Luca Capocchiano, l’ingegnere di pista, sistema la parte elettronica per poi raccontarci vita, morte e miracoli di questa 1198RS. La
Ducati Superbike è una moto sostanzialmente immutata dal 2008
(la sigla era 1098, ma la “R”, dunque la base della versione racing,
era già a limite dei 1200cc regolamentari), anno del debutto nel
mondiale. Meccanicamente ha subito aggiornamenti di dettaglio,
principalmente in area distribuzione, che hanno consentito di spostare sempre un po’più in alto il limitatore di giri, ma per il resto le
evoluzioni sono state limitate a diversi link per la sospensione posteriore, forcelloni di diverse lunghezze e, ovviamente, sospensioni. E’ nell’elettronica che sono stati fatti i passi avanti più significativi. A parte l’affinarsi delle strategie dei controlli trazione e
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SUPERBIKE
MOTOCROSS
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SPORT
gestione del freno motore, a partire dal 2009 il team ufficiale ha
adottato un sistema di controllo ride-by-wire per il comando acceleratore. Non disponendone sul mezzo di serie, il sistema agisce
tramite una centralina aggiuntiva che, leggendo la posizione del
comando a manubrio, controlla gli attuatori deputati a... far credere ai corpi farfallati di essere collegati ad un normale cavo. Il team
Batter Fix ha deciso di fare il grande salto l’anno scorso, acquistando il sistema direttamente da Ducati: si tratta di uno dei pochi
team privati che disponga dell’acceleratore elettronico in un campionato nazionale. Una soluzione tecnica che porta diversi vantaggi in termini di possibilità di definizione delle strategie elettroniche,
ma anche un ulteriore elemento di complicazione nella fase di
messa a punto. Attualmente, il team ha la possibilità di regolare
controllo di trazione, freno motore e progressione di risposta
dell’acceleratore curva per curva – in assenza di ricevitori GPS o
piattaforme inerziali che dicano alla centralina dove si trova la
moto (arriverà sulla Panigale), il sistema si resetta ad ogni passaggio sul traguardo e, sulla base della percorrenza del giro, ha
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un’idea approssimativa ma sufficientemente precisa di dove si
trovi. Se per esempio Luca alla Del Rio volesse ridurre un po’ la
potenza in seconda perché esce sul cordolo innescando un pattinamento indesiderato, e invece alla Quercia “mollare” un po’ il
controllo di trazione perché desidera chiudere la curva con un leggero sovrasterzo non ha che da chiederlo al suo omonimo ingegnere di pista, che con due colpi di laptop dirà all’elettronica come
deve comportarsi. Ma pur con un tale livello di sofisticazione della
gestione elettronica, la 1198RS di Pedersoli rimane, come ci ricorda Capocchiano, una moto come tutte le altre. Sarà, ma al momento di salire in sella un po’ di timore reverenziale resta. Il nostro
test si articolerà su tre uscite da cinque giri ciascuna; l’idea è di
provare tre diverse configurazioni elettroniche. La mappatura A è
iperconservativa, tanto per farci prendere le misure alla moto – si
tratta di una configurazione che nessun pilota userebbe nemmeno sul bagnato, la B è quella che si usa realmente in gara, mentre
la C è una mappa a piena potenza che, su una pista relativamente
lenta come Misano, quasi nessun pilota troverebbe redditizia. Via
le termocoperte, l’avviatore fa
tuonare il bicilindrico bolognese nel box ed è ora di partire.
Una lunga sfrizionata per compensare una prima altrettanto
lunga, e via. Così configurata, la
1198RS è un vero e proprio giocattolo capace di darci una
confidenza inaspettata fin dalle
prime curve. Più alta di sella rispetto al modello di serie e forse un filo più raccolta, ma relativamente
comoda
nella
seduta, la Ducati Superbike si
presenta con un’agilità sconosciuta al modello di serie: dove
la 1198 stradale richiede impegno e un po’ di fatica nei cambi
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di direzione, la RS volta con la
rapidità di una 600, per poi mostrare però la stessa stabilità e
confidenza in percorrenza della
cugina di serie. Perdonateci l’abuso di un luogo comune, ma
l’unione di pneumatici (Pirelli
Diablo Superbike in mescola
SC1), sospensioni e impostazione di guida fa sentire l’avantreno come se i semimanubri
fossero imbullonati sul perno
ruota. Al contrario, il motore in
questa prima uscita è un vero e
proprio anticlimax: apriamo il
gas con circospezione aspettandoci una gran botta, e invece… arriva la mappatura A, che
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
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SPORT
nelle prime tre marce stronca brutalmente le velleità del motore
tanto che quando inseriamo la quarta la progressione sembra addirittura più rapida che nei rapporti inferiori. Piccola curiosità: la
coppia del bicilindrico bolognese consente ai piloti di scegliere fra
usare, qui a Misano, cinque o addirittura solo quattro marce, a seconda del fatto che si preferisca percorrere il Curvone più bassi o
alti di giri. Cinque giri finiscono in un soffio; abbiamo giusto il tempo di iniziare a forzare qualche staccata trovando, qui sì, l’esatto
effetto che ci aspettavamo – quello di sbattere contro un muro. Ai
box diamo le nostre impressioni, trovando conforto nel fatto che
non ci siamo sognati un po’ di effetto on-off dell’acceleratore ma
che invece con il comando RbW sulla 1198 se ne lamentino anche i
piloti quando le mappe sono così conservative. L’uscita con mappa B va decisamente meglio: ora ad azione sull’acceleratore corrisponde l’esatta reazione del propulsore che ci aspettiamo, con la
Ducatona che scarica bordate di coppia sul pneumatico posteriore e causa gustosissime – e controllabili – impennate all’uscita
delle curve più lente. Un tocco del pulsante sul manubrio sinistro e
Anno
02
“
Il team ha la possibilità di regolare controllo di
trazione, freno motore e progressione di risposta
dell’acceleratore curva per curva
“
PROVE
24 Luglio
2012
passiamo alla mappa C, che
però si rivela davvero troppo
brutale. La risposta diventa più
sgarbata, cattiva e perde efficacia, impedendo al pilota di
sfruttare le dolcezza dell’erogazione e la tanta coppia che il
bicilindrico Ducati eroga ai
medi regimi in uscita di curva. I
tre turni finiscono troppo in
fretta. Soprattutto il terzo,
quando abbiamo iniziato a conoscere la moto e a prenderci
gusto, la scritta “BOC” sulla tabella di segnalazione, la stessa
che il team usa per richiamare
Pedersoli in pitlane, appare
presto, prestissimo. A noi non
resta che salutare con una pacca sul serbatoio la RS, ringraziare Luca, Daniele e Fabio per
averci fatto sentire veri piloti
ufficiali, ma soprattutto Luca
Pedersoli per averci… prestato
la moto. In bocca al lupo, Luca.
E a presto in pista!
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23
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
24 Luglio
Anno
Numero
2012
02
71
»»»»Prove
News
SPORT
dimostrate un punto di riferimento in alcune circostanze, in particolare in frenata e soprattutto nel grip garantito in percorrenza e
uscita di curva. Caratteristiche che ritroviamo invariate su asfalto
asciutto. Rispetto alla generazione precedente, monomescola, le
nuove Z8 guadagnano un posteriore bimescola. Il reparto Ricerca
e Sviluppo Metzeler ha approntato nuove mescole per la nuova
versione dell’apprezzato pneumatico gran turismo che mixano
sapientemente un polimero sintetico ad alto rendimento con la
silice, oltre a diversi tipi di resine e agenti plastificanti. La silice,
che ricordiamo garantisce un miglioramento del grip sul bagnato,
è presente al 100% sulle spalle del pneumatico posteriore, mentre
la fascia centrale del battistrada è caratterizzata da una mescola
che ne prevede il 70%. Questa percentuale è considerata la scelta
ottimale per garantire una migliore resa chilometrica e una stabilità del pneumatico alle alte velocità. L’anteriore prevede l’utilizzo
di una mescola che deriva da quella applicata alle spalle del posteriore, dunque 100% silice. In passato la percentuale di questo
elemento era del 50% e il restante era composto da nerofumo. Le
novità del nuovo Roadtec Z8 Interact M/O (che conserva l’aspetto
del predecessore, con il medesimo profilo e lo stesso disegno del
battistrada) non finiscono qui.
Per fare interagire al meglio le
nuove mescole con la struttura
interna del pneumatico, quella
che volgarmente chiamiamo
“carcassa”, è stata modificata
anche la tensione dei cavi metallici che attraversano in senso
longitudinale lo stesso (un’esclusiva della tecnologia Interact – Multi Zone Tension) per
ottimizzare l’area di impronta
a terra e migliorarne al tempo
stesso il comportamento nelle
varie condizioni di guida. L’abbinamento tra i pneumatici
dell’elefante e la naked Suzuki
ci è parso azzeccato: una ciclistica rigida e reattiva, con un
motore bello aggressivo, e un
Sette giorni con le Metzeler
Z8 Interact M/O
di Francesco Paolillo | Il nuovo pneumatico bimescola Metzeler
Roadtec Z8 Interact ™ M/O, che abbiamo avuto modo di apprezzare
sul bagnato nella nostra comparativa, passa al banco di prova
dell’asciutto per i nostri spostamenti quotidiani
C
i eravamo lasciati sul tracciato di Vizzola Ticino, la pista
di collaudo Pirelli, con la promessa di approfondire la conoscenza delle Roadtec Z8 Interact M/O nella nuova configurazione bimescola anche in condizioni di asfalto asciutto, e
così è stato. Montate su una Suzuki GSR 750, le rinnovate gomme
italo-tedesche hanno confermato le ottime prestazioni e l’equilibrio generale emersi nel test bagnato, dove avevano dimostrato,
nei confronti di una agguerrita e altamente performante concorrenza, di aver alzato l’asticella prestazionale rispetto alla versione
precedente. In un contesto di risultati largamente positivi per tutti
quanti i pneumatici del test, le Roadtec Z8 Interact M/O si sono
24
25
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“
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SUPERBIKE
MOTOCROSS
SPORT
24 Luglio
Anno
Numero
2012
02
71
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News
Quanto avevamo apprezzato sulla precedente
generazione dei Roadtec Z8 viene ampiamente
confermato da questa nuova versione
26
“
paio di scarpe comode con cui
fare tanta strada e dotate della capacità di “ammorbidire”
anche le personalità più spigolose. Memori dell’ottimo comportamento stradale della precedente versione delle Roadtec
Z8 Interact M/O, che avevamo
anche brevemente messo alla
prova in pista (!), non possiamo
che essere fiduciosi sulle caratteristiche di guida del nuovo
bimescola su asfalto asciutto
e in presenza di temperature elevate. Quanto avevamo
apprezzato sulla precedente
generazione dei Roadtec Z8
viene ampiamente confermato da questa nuova versione:
la capacità di adattamento
che garantiscono queste gomme è al di sopra della media, e
spicca anche in questo caso il
loro riuscire ad armonizzare il
comportamento anche delle ciclistiche più nervose, come quella
della nostra Suzuki. Non saranno le più rapide a scendere in piega,
ma lo fanno in maniera lineare e fluida; non saranno confortevoli tanto quanto altri pneumatici, ma la capacità di assorbimento
delle Roadtec Z8 Interact M/O non è inficiata da una carcassa che
sostiene poco e che rende meno stabile la moto quando si guida
in maniera sportiva o nel caso in cui si viaggi in coppia, magari con
bagagli annessi. In queste occasioni, le Z8 dimostrano di essere sempre all’altezza, precise e stabili anche quando si forzano i
ritmi, ben frenate e sicure negli appoggi anche quando parecchi
chili gravano sulle loro spalle. Anche in presenza di temperature
elevate - e in questi giorni si superano spesso e volentieri i 30° - le
Metzeler si comportano ottimamente. Certo, con il caldo di questi
giorni non possiamo che parlare bene della rapidità di entrata in
temperatura, ma con queste temperature, al contrario, il grip potrebbe mostrare qualche scompenso, cosa che invece non avviene minimamente. I limiti consentiti dalle Roadtec Z8 Interact M/O
su strada sono decisamente elevati e garantiscono allo stesso
tempo sicurezza per chi ama viaggiare e divertimento a chi vuole godere delle sensazioni che solo una moto può dare. Equilibrio,
questo è il termine che sovviene ogni qual volta ci si trovi a guidare
con le Roadtec Z8 Interact M/O montati sulla propria moto. Adesso non ci resta che vedere quanto questo possa durare in termini
chilometrici…
27
SPECIALE SUPERBIKE
IL GRAN PREMIO della
repubblica ceca
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NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
di Carlo Baldi | Gara condizionata inizialmente dalla pista non
completamente asciutta. Sul podio anche le due Kawasaki di Sykes
e Baz. Biaggi è sesto. Solo sedici piloti al traguardo
E
’ stata una gara strana
che ha vissuto momenti
concitati già sulla linea di
partenza, con i piloti ed i rispettivi team che dovevano scegliere quali gomme utilizzare, visto
che la pista, bagnata dalla pioggia caduta sino a tarda mattinata, si stava asciugando grazie al vento e ad un pallido sole.
La scelta cadeva su gomme
30
slick con qualche pilota che preferiva però un’intermedia all’anteriore. Al termine del giro di ricognizione Badovini, ancora dolorante per la caduta di ieri in Superpole, decideva per il ritiro. Sykes
partiva come un fulmine dalla pole position seguito da Giugliano,
Checa e da uno straordinario Berger che aveva scelto una gomma
anteriore intermedia (come il suo compagno di squadra Smrz) e,
partito dalla quinta fila con il diciannovesimo tempo, concludeva il
primo giro in quarta posizione, davanti all’altrettanto sorprendete
Baz, che era invece partito dalla quarta fila così come Biaggi, tredicesimo al termine del primo giro. Dopo qualche scaramuccia tra
Sykes e Giugliano, Berger si portava addirittura in testa, mentre il
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Numero
02
71
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SPORT
Melandri si aggiudica Gara 1 a Brno
24 Luglio
2012
giovane pilota del team Althea scivolava probabilmente su una delle chiazze ancora presenti in pista e concludeva la sua gara sulla
sabbia della via di fuga. Nel corso del sesto giro Sykes si riprendeva la testa della gara, con il francese che veniva superato anche da
Rea. Quarto era Baz, davanti a Checa, Melandri ed Haslam. Biaggi
nel frattempo era risalito sino alla decima posizione e battagliava
con Fabrizio. Stupiva il tredicesimo posto di Brignola, che precedeva Polita e Mercado. L’argentino del team Pedercini era in piena
zona punti quando al termine del lungo rettilineo dei box veniva
superato da Aoyama che però gli chiudeva la strada toccandogli
la ruota anteriore e facendolo cadere. Una manovra inconcepibile per un pilota dell’esperienza del giapponese, che solo per fortuna non ha causato danni fisici a Mercado. A metà gara in testa
si formava un trenino di sei piloti composto nell’ordine da Sykes,
Rea, Baz, Checa, Laverty e Melandri. Il pilota della BMW iniziava
a migliorare i suoi tempi sul giro e a superare i suoi avversari sino
a portarsi alle spalle di Sykes per poi superarlo a due giri dal termine. Si arrivava così all’ultimo giro con Melandri in testa, mentre alle
sua spalle Rea cercava di infilarsi in uno spazio lasciato libero da
Sykes, arrivato largo in una curva, ma accortosi dell’impossibilità
della manovra frenava con la ruota anteriore sul cordolo e cadeva,
attraversando la pista, con Checa che per evitarlo era costretto a
frenare bruscamente, perdendo contatto con i primi tre. Melandri
andava a vincere davanti a Sykes e ad un eccezionale Baz che ha
corso come un veterano una gara difficile che gli consegna il suo
primo podio in Superbike. Checa è quarto davanti a Laverty e a
Biaggi. Il Corsaro perde quindici punti pesanti nei confronti di Melandri che ora gli deve ancora recuperare 33 punti (il suo numero
di gara) per una classifica che vede Sykes al terzo posto staccato
di 66 punti (il suo numero di gara) dalla vetta. Checa è a 70 punti
mentre Rea con lo zero odierno
deve dire forse definitivamente addio alle sue ambizioni di
classifica. Primi tre punti mondiali per l’ex campione italiano
Superbike Norino Brignola che
ha chiuso la gara al tredicesimo posto dietro a Polita, che
festeggia il suo rientro nel mondiale con 4 punti. Le molte cadute ed i ritiri (oltre a Badovini
che non ha preso il via, si sono
ritirati anche Salom e la wild
card Kispataki) hanno fatto si
che solo sedici piloti abbiano
tagliato il traguardo con Zanetti
che ha occupato l’ultima posizione.
Superstock 1000
In Superstock 1000 seconda
vittoria per Bryan Staring ed il
team Pedercini. L’australiano
della Kawasaki è partito in testa
e così come ad Aragon ha concluso al primo posto con quasi
cinque secondi di vantaggio sul
secondo classificato, Eddi la
Marra su Ducati. Terza un’altra
Kawasaki, quella di Guarnoni.
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
di Carlo Baldi | Melandri a Brno si aggiudica anche la seconda
manche. Secondo posto per un coriaceo Sykes e terzo per Checa
che precede Biaggi. In classifica Melandri è a soli 21 punti da Biaggi
P
rima doppietta di Melandri (ascolta la sua
intervista) e della BMW
nel mondiale Superbike, proprio sulla pista dove da sempre
Biaggi detta legge. Oggi però
oggi il pilota dell’Aprilia si è dovuto accontentare di un sesto
ed un quarto posto, lasciando
a Melandri non solo le due vittorie ma anche ventisette punti
32
in classifica. La gara ha preso il via su di una pista asciutta nonostante qualche nuvolone nero in cielo. Solita partenza a cannone
di Sykes, seguito da Laverty, Haslam, Melandri, Checa, Giugliano
e Biaggi, che in poche curve recuperava tutto lo svantaggio che gli
era derivato dal dover partire dalla quarta fila. Nei primi giri l’inglese della Kawasaki cercava di allungare sui suoi inseguitori, tra i
quali si faceva largo Melandri, che risaliva posizioni sino a raggiungere il secondo posto, con Biaggi che transitava invece al quinto.
All’inizio del sesto giro Laverty lasciava strada al suo compagno di
squadra che si metteva all’inseguimento dei primi tre, nell’ordine
Sykes, Melandri e Checa, che nel frattempo avevano accumulato
Anno
Numero
02
71
» Prove
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SPORT
Doppietta di Melandri a Brno
24 Luglio
2012
tre secondi di vantaggio. Prima di metà gara Melandri iniziava a
pressare Sykes, mentre Checa (ascolta la sua intervista) mostrava ben presto di doversi accontentare della terza piazza. La lotta
per la vittoria era quindi limitata ai soli Sykes e Melandri, con Checa spettatore interessato. Biaggi per alcuni giri provava a forzare il
proprio ritmo nel tentativo di raggiungere Checa, ma successivamente doveva gettare la spugna in quanto il suo svantaggio anziché diminuire iniziava ad aumentare. Occhi puntati allora sui due
di testa. Chi pensava che, come spesso è accaduto in passato, la
Kawasaki di Sykes iniziasse a perdere terreno nel finale, complice
la solita anomala usura delle gomme, doveva ricredersi in quanto Tom non mollava la presa, ma anzi rispondeva agli attacchi di
Melandri. Marco riusciva a superare Sykes, ma una violenta sbandata gli faceva perdere la prima posizione a favore dell’inglese. Si
arrivava così all’ultimo giro e proprio in fondo al rettilineo dei box
il pilota della BMW sferrava l’attacco decisivo, con Sykes che gli
restava molto vicino, ma senza mai accennare ad un sorpasso. Seconda vittoria per Melandri che riapre di fatto un campionato che
sembrava volgere a favore di Biaggi. Resta un poco di rammarico
per Sykes che mai come in questa manche ha visto la vittoria a
portata di mano (fatta eccezione per l’anomala gara di Monza). Checa si accontenta del
terzo posto e di aver rosicchiato
alcuni punti a Biaggi che riparte
da Brno con i peggiori risultati
di sempre da quando corre in
Superbike. Un weekend difficile per Max che mai avrebbe
immaginato di perdere 27 punti
proprio a Brno, il suo circuito
preferito. Ma questa è la Superbike e basta una giornata storta o una gomma sbagliata per
rimettere tutto in discussione.
Laverty chiude al quinto posto
primo del gruppetto degli inseguitori, seguito da un ottimo
Davies, da Haslam che replica
il settimo posto di gara uno e
dal sorprendete Baz, ancora
inebriato per il suo primo podio in Superbike. Un’occhiata
agli altri italiani per vedere che
Fabrizio è decimo e precede
Giugliano che dopo la caduta in
gara uno avrebbe voluto senza
dubbio rifarsi con un risultato
diverso. Da dimenticare le due
gare di Rea, dodicesimo nella
seconda manche. Abbastanza
anonime le due prestazioni del
padrone di casa Kuba Smrz,
che precede Hopkins, Berger
e Zanetti, che torna a casa con
un solo punticino. Brignola non
ripete l’exploit di gara uno ed
è diciassettesimo davanti alla
wild card ungherese Kispataki. Nessuna caduta, ma da segnalare i ritiri di Polita, Salom,
Aoyama e Badovini, non ancora
ristabilitosi dalla brutta caduta
di ieri in Superpole.
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
di Carlo Baldi | Poteva essere l’allungo decisivo in campionato per
Biaggi e invece è stata la domenica di Melandri. Fa festa anche la
Kawasaki con il sempre più sorprendete Baz e con Sykes, finalmente
in gara sino alla fine. Delude Giugliano
D
a sempre in Superbike
i pronostici sono fatti per essere smentiti,
ma pensare che Brno potesse
essere favorevole a Melandri
e contraria a Biaggi sembrava
davvero un’eventualità improbabile. Invece sulla sua pista
preferita Max ha avuto lo stesso problema che su altre piste
34
aveva invece ostacolato Melandri : il chattering. E’ stata la domenica di Melandri che ha conquistato la prima doppietta sua e della
BMW, recuperando ben 27 punti in classifica si appresta a rendere
avvincente il finale di stagione. Cosa è successo al Corsaro. Una
weekend difficile ed anche sfortunato quello del romano, se si
considera l’errore del suo team che in Superpole non ho montato la gomma tenera al momento giusto costringendolo a partire
dalla quarta fila. Ma poi in gara Max ha rimediato al problema con
due ottime partenze (in gara due era settimo all’uscita dalla prima curva), ma la sua Aprilia non era a posto e, come lui stesso ha
Anno
Numero
02
71
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SPORT
Le pagelle del GP della Repubblica Ceca
24 Luglio
2012
dichiarato, nessuno nella sua squadra riesce a comprendere il motivo di una tale scarsa competitività proprio sulla pista che Biaggi
conosce benissimo. «Io so come si guida a Brno, ma oggi la moto
no me lo ha consentito». Ecco in sintesi delle due gare di Biaggi in
Repubblica Ceca. Anche Melandri in prova non è che avesse esaltato e venerdì il chattering aveva fatto la sua comparsa. Però poi
Marco ha conquistato l’ultima fase della Superpole e la seconda
fila ed in gara la sua abilità e la sua voglia di vincere hanno fatto la
differenza. Grande passo avanti anche per la Kawasaki che piazza
due piloti sul podio in gara uno e dimostra nella seconda di aver
forse trovato il bandolo della matassa e di poter finalmente competere per la vittoria sino agli ultimi giri, senza quei cali paurosi
che avevano sino ad ora caratterizzato le prestazioni del simpatico Tom. Settima Superpole, ma soprattutto tanta grinta. La prima
vittoria “vera” (quella di Monza è stata molto particolare) sembra
ormai essere alla portata di Sykes. Ma la Kawasaki gongola anche
per la fantastica prestazione del giovane Baz in gara uno. Arrivato
nel team ufficiale quasi per caso (a Monza il team spagnolo che
gestisce le verdone di Akashi aveva provato Gadea) Loris Baz sta
dimostrando di avere tanto
talento, ma anche tanto acume tattico e una maturità che
nessuno gli riconosceva. Maturità che deve ancora trovare
Davide Giugliano. Il romano del
team Althea ha un grande talento, ma dopo aver dominato
le prove ci si aspettavano da lui
due buone prestazioni anche in
gara. Invece Davide si è forse
fatto prendere dalla smania di
vincere e la caduta della prima
manche gli ha tarpato le ali.
Tutta esperienza acquisita che
verrà utile nelle prossime gare.
Rea è tornato “l’impaziente
inglese” di qualche stagione
fa. Anche il suo talento non si
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PROVE
discute, ma un pilota ufficiale
in lotta per il titolo non può rischiare di compromettere tutto in una curva con un’entrata
da kamikaze. E a proposito di
kamiaze, che dire dell’entrata
di Aoyama su Mercado in fondo
al rettilineo? Un errore inconcepibile per un pilota della sua
esperienza, che ha rischiato
di causare dei danni non solo
alla Kawasaki di Pedercini (distrutta) ma anche al giovane
argentino, rimasto attaccato
alla Honda del giapponese. Ma
vediamo nel dettaglio come si
sono comportati i protagonisti
di Brno ed i nostri voti.
36
NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
Marco Melandri – Ieri si è celebrato il Melandri day. Prima doppietta in Superbike per lui e per la BMW che ora
spera di vincere un titolo mondiale che solo due anni fa sarebbe
sembrato impossibile raggiungere. Marco ha corso due gare quasi
perfette.
Vive un momento magico. Sa di poter contare su di una moto
competitiva e su di un team che lo segue ciecamente e tutto questo ne esalta le indubbie capacità. E’ l’unico che può contendere il
titolo a Biaggi
7,5
Max Biaggi – Più costernato che deluso. Non era mai
andato così male a Brno, dove aveva raccolto nove podi
(quattro vittorie e quattro secondi posti) nelle ultime dieci gare.
Sperava di poter incrementare il suo vantaggio in campionato
e invece perde 27 punti in un solo weekend. Dopo la debacle in
Superpole, in gara riesce se non altro a limitare i danni, portando
vicino al podio un’Aprilia che non gli permette di guidare come sa.
Nightmare
Anno
Numero
02
71
» Prove
»»»Superbike
SPORT
10
24 Luglio
2012
8,5
Carlos Checa – Secondo in Superpole, terzo e quarto
in gara. Probabilmente non poteva fare di più. Sfrutta
al massimo la sua Ducati e non sbaglia niente. Nemmeno la scelta
delle gomme in gara uno (Assen docet). Con la 1198 forse non è
più possibile vincere il titolo, ma lui ci proverà sino alla fine.
9
Tom Sykes – «Domani cercherò di tramutare questa settima Superpole in una vittoria in gara» ci aveva detto sabato
pomeriggio e Tom ci ha provato sino all’ultimo metro di pista. Ha
lottato come non mai per salire sul gradino più alto del podio e se
non avesse trovato sulla sua strada un Melandri in stato di grazia
probabilmente ce l’avrebbe fatta. Sembra che finalmente la sua
Kawasaki sia in grado di assecondarlo anche nella parte finale delle gare e se questo verrà confermato anche nelle prossime gare
forse tra i due litiganti….
9
Loriz Baz – E’ il leader di una generazione di giovani piloti
francesi che dalla Stock 1000 potrebbero fare il gran balzo
in Superbike. Lui lo ha fatto e
in Kawasaki si stanno stropicciando gli occhi. Che fosse veloce lo si era capito, ma che a
diciannove anni potesse correre con la maturità di un veterano forse non lo sapeva nemmeno lui. Normalmente il talento
aggiunto all’acume tattico caratterizza i campioni. Staremo
a vedere.
7
Eugene Laverty – Ottimo in prova, manca l’esame di maturità in gara. E’
uscito dalla crisi che lo aveva
attanagliato nella prima parte della stagione, ma ora deve
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PROVE
dimostrare di che pasta è fatto.
E’ il primo delle Aprilia e raccoglie molti punti, ma a Silverstone, davanti ai suoi tifosi, questo
non basterà.
6,5
Chaz Davies – Solo
undicesimo in gara
uno, si avvicina alle posizioni che contano nella seconda
manche. A Brno le Aprilia hanno sofferto e lui con loro, però
l’inglese giramondo impara in
fretta e dopo il podio di Aragon
siamo certi che lo vedremo
spesso nella top five.
6
38
Leon Haslam – Dov’è finito Leon il leone? La sua
NEWS
MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
6
Michel Fabrizio – Vale in parte quanto scritto per Haslam.
Sa che per il prossimo anno deve cercarsi una sistemazione
diversa, ma proprio per questo ci aspettiamo degli acuti e non delle gare anonime. In prova ci aveva fatto sperare, ma le posizioni in
gara, sulla sua pista preferita, ci hanno deluso.
6
Maxime Berger – Jakub Smrz – Li accomuniamo nello stesso giudizio perché hanno saputo mettersi alle spalle i problemi che in questi giorni hanno caratterizzato la loro squadra. Hanno infilato la testa nel cupolino e hanno dato il massimo. Maxime
in gara uno ha fatto anche quattro giri in testa, ma poi la gomma
intermedia scelta per l’anteriore lo ha fatto scivolare a metà classifica. Il sostegno dei suoi tifosi non è invece bastato a Kuba per
mettersi in mostra.
Anno
Numero
02
71
» Prove
»»»Superbike
SPORT
stagione sembra quella di una candela che si consuma con il passare del tempo. Certo le ultime decisioni della BMW non lo avranno messo di buon umore, ma il settimo posto (sia in Superpole
che nelle due gare) non è quello che ci aspettiamo da lui. Letargo.
24 Luglio
2012
5,5
Davide Giugliano – In prova l’alfiere del team Althea
aveva dimostrato di poter stare tra i primi della classe,
ma poi in gara la conferma non è arrivata. Se lo valutiamo come un
esordiente di ventitre anni i suoi risultati non sono certo da buttare via, ma siccome conosciamo il talento di Davide sappiamo che
può fare molto meglio. Che serva come esperienza.
5
Jonathan Rea – E’ tornato “l’impaziente inglese”. Come i
veri cavalli di razza, Johnny ogni tanto si imbizzarrisce e rischia di fare dei danni. Ieri li ha fatti a se stesso ed ha rischiato di
farne anche ad altri. Delude il suo team che è sempre in attesa che
lui firmi il contratto del 2013. Urge pronta prestazione a Silverstone tra due settimane.
3
Hiroshi Aoyama – Sappiamo che parlare di Aoyama è come
sparare sulla croce rossa, ma siamo sempre più convinti che
Hiroshi invii alle gare delle controfigure e che lui, l’ultimo campione
del mondo della 250, resti in Giappone.
A Brno ha mandato un pilota inesperto che chiude Mercado in
fondo al rettilineo e lo fa cadere
malamente in mezzo alla pista.
Per fortuna nessun danno fisico, ma fossimo nel team Pedercini manderemmo una fattura
al team Ten Kate per i danni
alla ZX 10R del “povero” pilota
argentino.
8
Norino Brignola – L’ex
campione italiano della
Superbike è arrivato nel mondiale in punta di piedi a quaranta anni, per vivere una bella
avventura.
Ieri si è tolto la soddisfazione
di andare a punti e di mettersi
dietro un ex MotoGP. Vi pare
poco? Grande Norino!
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SUPERBIKE
MOTOCROSS
SPORT
24 Luglio
Anno
Numero
2012
02
71
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SBK Brno
Classifica Gara 2
Classifica Gara 1
Pos.
Pilota
Tempi
Pos.
Pilota
Punti
1
Melandri Marco
25
1
Melandri Marco
25
2
Sykes Tom 20
2
Sykes Tom
20
3
Baz Loris
16
3
Checa Carlos
16
Biaggi Max
13
4
Checa Carlos
13
4
5
Laverty Eugene
11
5
Laverty Eugene 11
Davies Chaz
10
6
Biaggi Max
10
6
7
Haslam Leon
9
7
Haslam Leon
9
8
Fabrizio Michel
8
8
Baz Loris
8
Camier Leon
7
Fabrizio Michel
6
9
Berger Maxime
7
9
10
Smrz Jakub 6
10
11
Davies Chaz
5
11
Giugliano Davide
5
12
Polita Alessandro
4
12
Rea Jonathan
4
13
Brignola Norino
3
13
Smrz Jakub
3
Classifica Generale
Pos.
Pilota
1
Max Biaggi
271.5
2
Marco Melandri
250.5
3
Tom Sykes
212.5
4
Carlos Checa
204.5
5
Jonathan Rea
187
6
Leon Haslam
160
7
Eugene Laverty
148
8
Sylvain Guintoli
110
9
Davide Giugliano
99
10
Chaz Davies
93
40
Punti
41
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
di Carlo Baldi | Dopo il divorzio dal team Effenbert, Guintoli è vicino
ad un accordo con il team Pata Ducati con il quale potrebbe disputare
le ultime cinque prove del mondiale Superbike
N
on ha impiegato molto
tempo Sylvain Guintoli
a trovare una sella per
concludere la stagione 2012.
Dopo il burrascoso divorzio
dal team Effenbert, avvenuto
ad inizio settimana, il francese
è vicino ad un accordo con il
team Pata Racing, complice la
Ducati con il suo responsabile
Superbike Ernesto Marinelli e
42
con la supervisione di Infront Motorsports che hanno contribuito
a trovare una sistemazione per il vincitore della gara di fine Aprile
ad Assen. Sembrava addirittura che Guintoli potesse correre già
da oggi nel team Pata, ad iniziare dalle qualifiche di questa mattina, tanto che ieri sera i meccanici della squadra italiana erano al
lavoro per mettere in pista una moto, partendo dal rolling chassis di Zanetti. Questa mattina invece siamo venuti a sapere che il
francese non ha ancora firmato il contratto che lo legherebbe sino
a fine stagione al team italiano e sembra quindi che il suo debutto
sulla Ducati Pata sia rimandato al prossimo appuntamento di Silverstone. Lorenzo Zanetti resta al suo posto e spera di poter trarre
Anno
Numero
02
71
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»»»Superbike
SPORT
Guintoli vicino al team Pata Ducati
24 Luglio
2012
vantaggio da un eventuale ingresso in squadra di un pilota
esperto come il francese, che
dopo aver corso dal 2000 prima in 250 e successivamente
in MotoGP, nel 2009 ha gareggiato nel British Superbike per
poi passare nel 2010 al mondiale Superbike prima con il team
Alstare Suzuki e l’anno successivo con il team Effenbert
Ducati. Sembra concludersi
positivamente per Guintoli il
divorzio dal team Effenbert, per
il quale invece il futuro appare
alquanto incerto. Al momento
non si hanno notizie ufficiali riguardanti la squadra della Repubblica Ceca, che qui a Brno
schiera i soli Berger e Smrz.
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SUPERBIKE
MOTOCROSS
SPORT
23 Luglio
Anno
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2012
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bbbbbbbbbbbbbbb
In forse il GP di Portimao
di Carlo Baldi | I gravi problemi del Circuito portoghese
costringeranno gli organizzatori a cercare un altro circuito per
ospitare la penultima tappa del mondiale SBK. Già si parla di Jerez
S
embra infine che i problemi economici stiano mettendo in
forse la penultima tappa del mondiale Superbike che si dovrebbe correre a fine settembre sul circuito di Portimao.
Il tracciato portoghese ha già visto cancellate le gare del campionato automobilistico GP2 e GP3 per inadempienze contrattuali
da parte della società che gestisce l’autodromo e si teme che gli
stessi problemi possano portare all’annullamento della prova di
settembre della Superbike. Per ora non ci sono comunicati ufficiali
a riguardo e restiamo quindi in attesa di notizie più certe. Nel caso
il penultimo round della Superbike si potrebbe svolgere a Jerez o
in altro circuito ancora da stabilire.
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45
SPECIALE MOTOCROSS
IL GRAN PREMIO
di russia
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
di Massimo Zanzani | Dopo essersi imposto nella qualifica il siciliano
conferma la sua grandezza segnando la quarta doppietta stagionale
uguagliato da Herlings nella MX2
I
l campionato continua
all’insegna della KTM che
nel Gran Premio di Russia
ha letteralmente sbancato il
podio delle due classi con Antonio Cairoli e Jeffrey Herlings
che hanno confermato il loro
ruolo di leader aggiudicandosi
48
entrambi tutte e due le manche . Cairoli ha portato a 20 i punti
di vantaggio su Clement Desalle con una grintosa prima manche
che lo ha portato al comando dopo aver scavalcato prima il belga e poi il compagno di squadra De Dycker, mentre nella seconda
dopo essere partito al comando un errore al primo giro gli ha fatto
perdere un paio di posizioni. Dopo aver atteso il momento giusto
al sesto giro è riuscito a mettersi alle spalle Christophe Pourcel
per poi mettersi alla caccia di Desalle che ha agganciato passato
Anno
Numero
02
71
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SPORT
Giornata perfetta per Cairoli
e Herlings al GP di Russia
24 Luglio
2012
la metà gara iniziando a mettergli pressione. Tattica che ha funzionato, perché a quattro tornate dalla fine il vallone ha fatto un
errore del quale ne ha approfittato Cairoli che si è poi involato verso la bandiera a scacchi. Desalle si è quindi dovuto accontentare
del secondo posto assoluto di giornata davanti a De Dycker che
grazie al suo terzo podio consecutivo spera nella riconferma della
KTM per il 2013 anche se la Casa austriaca che sembra voler tenere nella classe regina solo due piloti ha in ballo anche l’opzione
Jeremy Van Horebeek. Quarto Pourcel, che nella prima manche
è stato fin troppo remissivo dietro al belga, e quinto il pilota di
casa Evgeny Bobryshev applauditissimo dall’incredibile numero
di spettatori presenti. 13° assoluto Davide Guarneri, messo fisicamente alla prova anche dalla trasferta fatta tutta in proprio, che
in Gara 1 dopo essere stato 8° per quasi tutta la gara sul finale ha
avuto un calo fisico ed è finito 12° per chiudere 13° la successiva.
MX2
La MX2 non ha invece avuto storie grazie all’incredibile velocità
che Jeffrey Herlings è riuscito ad imprimere alla gara, rimanendo
in testa per i 42 giri disputati e
chiudendo entrambe le frazioni
con la bellezza di 36 secondi di
vantaggio sul suo più prossimo
inseguitore. Velocissimo anche
Tommy Searle, penalizzato
dall’ultima posizione al cancello per il ritiro in qualifica, che
nella frazione iniziale è rimontato dalla 17ª alla 3ª posizione,
e nell’altra dall’ultima alla 2ª,
risultato eccezionale che lo ha
ripagato col posto d’onore assoluto davanti a Van Horebeek.
Solo 14° Alex Lupino, costretto
a rimonte nelle retrovie e a rimediare una scivolata nella seconda manche. Guarda tutte le
classifiche MX1 e MX2
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2012
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La seconda manche è stata più difficile, cosa è successo?
«Sono partito davanti, ho fatto un paio di giri a un buon ritmo e
stavo prendendo un po’ di vantaggio. Poi sulle wave ho fatto un errore, ho perso il controllo e la moto mi ha sbalzato in avanti. Sono
ripartito terzo, ci ho messo un po’ a passare Pourcel. Poi ho fatto
un po’ di bei giri e sono arrivato dietro a Desalle. Glio ho messo un
po’ di pressione, sapevo che non mi voleva far passare, è uno tosto
da sorpassare e allora ho aspettato il momento giusto, ha fatto
l’errore e l’ho superato».
Adesso sembra che sia un po’ più mansueto quando si tratta
di sorpassi.
«Una volta era più aggressivo, adesso ha capito che altri lo possono fare a lui e quindi si comporta in maniera più prevedibile. Ha
fatto delle belle gare, sta facendo un bel campionato anche lui. Io
sono comunque contento, anche di come è migliorata la moto in
queste gare, con la 350 stiamo lavorando sempre e si vede: due
partenze in testa, stiamo andando proprio bene».
Cairoli: “Se non si cadeva era meglio”
di Massimo Zanzani | Un Gran Premio perfetto quello in Russia, ma
il campione siciliano non è lo stesso del tutto soddisfatto. Quell’errore
nella seconda manche proprio non l’ha digerito
U
n altro gran premio
alla grande, più di così
non si poteva fare.
«Se non si cadeva era meglio.
Purtroppo uno sbaglio in una
manche lo facciamo sempre,
speriamo di migliorare questa
cosa. Sono contento di come
è andata la gara in generale.
Speriamo di continuare così e
di finire sempre sul podio. Anche Ken ha fatto una bellissima
gara e per il team è buono».
50
La prima manche niente storie: partito e andato via.
«Ken è partito davanti con un buon ritmo, poi io ho fatto un piccolo
errore. C’era Desalle che spingeva da dietro per i primi due giri.
Poi ho trovato il mio passo e ho passato Ken, sono arrivato verso
la fine con un buon margine. Sono contento».
Dov’è che guadagnavi in questa pista?
«Non c’era un punto particolare, sulle wave guadagnavo, ho superato anche Desalle in quel punto».
Un bello smacco passarlo in un punto così tecnico.
«Sì, era uno dei punti che preferivo, uno dei più tecnici, e ho portato lì l’attacco».
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24 Luglio
Anno
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2012
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La spettacolare sequenza
della caduta di Seewer
di Massimo Zanzani | Ecco la sequenza della caduta dello svizzero
Seewer nella prova dell’europeo EMX250 corsa domenica in Russia a
Semigorje
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
La casa taiwanese presenta un restyling per Agility R16, dai 50 al 200i
passando per il 125. Prezzi interessanti: 1.599 (50), 1.799 (125), 2.099
(200i), migliorabili con la promozione “Giù senza freni”
N
ovità per Kymco, che
effettua un restyling
di un certo spessore
sull’Agility R16 - uno dei suoi
cavalli di battaglia nel settore
low-cost di alto profilo. Già dai
concessionari, Il Kymco Agility
54
R16 è stato rivisto nel rivestimento della sella (ora con inserti in
materiale liscio e lucido alternati a schemi reticolati) per migliorare
il comfort del pilota. Nella stessa direzione va la revisione del comparto sospensioni, con molle multistadio e tampone di fondocorsa
maggiorato: migliorie apprezzabili soprattutto sui dissestati fondi
delle nostre città. Diversi anche gli pneumatici di primo equipaggiamento, con una nuova mescola dal miglior grip. Rivista anche
Anno
Numero
02
71
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SPORT
Kymco Agility R16: il restyling
già dai concessionari
24 Luglio
2012
la componente estetica: i contrappesi manubrio sono ora cromati;
il parafango anteriore è ora in tinta con il resto della carrozzeria, e
i cerchi in lega vantano la nuova colorazione argento metallizzato. L’azzurro fa da sfondo all’adesivo posizionato sul fianchetto e
alla grafica della strumentazione, richiamando la sfumatura lenti
dei fari alogeni anteriore e posteriore e degli indicatori. La gamma Agility R16 restyling è disponibile nelle colorazioni Bianco Ice,
Antracite Blumone e Nero Maggiore (solo 125 e 200i). Tutti vantano il bauletto in tinta di serie e con chiave unica; optional invece
il parabrezza maggiorato. Estremamente concorrenziale il prezzo
di listino: Agility R16 125 viene proposto a 1.799€, mentre il 200i
a 2.099€. I due 50, sia a due che quattro tempi, costano invece
1.599€. Tutti potranno beneficiare della promozione in corso “Giù
senza freni” che prevede uno sconto di 200 € per i targati, che
arrivano così rispettivamente a 1.599 e 1.899€, e di 150 per i 50
(prezzo finale: 1.449€). La promozione “Giù senza freni” non prevede obbligo di rottamazione e scade il 30 di Settembre 2012.
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SUPERBIKE
MOTOCROSS
Aprilia presenta una versione unica della RS4 125. A renderla speciale,
oltre ai numerosi dettagli tecnici, il cambio rapido Aprilia Quick Shift di
serie, fino all’anno scorso disponibile solo come optional.
Prezzo invariato: 4.590 f.c.
D
opo i successi ottenuti
con RS 125 con motore
a 2 tempi (prodotta dal
1993 ad oggi in oltre 100.000
unità e venduta in più di 30
paesi nel mondo), Aprilia ha introdotto nel 2011 la sua prima
ottavo di litro a 4 tempi, direttamente derivata dalla RSV4,
vincitrice del campionato del
56
mondo Superbike nel 2010 e in vetta alla classifica con il fuoriclasse Max Biaggi. Diventata in breve tempo la sportiva più amata e
ambita dai giovani, che hanno subito apprezzato le prestazioni
e le caratteristiche di guida da pura racer. Ad un anno dal lancio
dell’inedita RS4 125, Aprilia propone la RS4 125 Replica. Il nome
richiama alla mente i successi di Aprilia nelle corse: 49 titoli mondiali e centinaia di gare iridate conquistate, numeri che hanno reso
Aprilia in pochi lustri di storia il marchio italiano ed europeo più
vincente nel Motomondiale con 294 GP vinti, portando alla massima affermazione campioni del calibro di Biaggi, Rossi, Capirossi,
Anno
Numero
02
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SPORT
Aprilia RS4 125 Replica: disponibile con
cambio rapido Aprilia Quick Shift
24 Luglio
2012
Melandri, Stoner, Lorenzo. Sulla base della RS4, il personale del
Reparto Ricerca e Sviluppo Aprilia ha operato sul duplice profilo
di rendere la RS4 125 simile nelle grafiche a quella che compete
con successo nel campionato mondiale SBK e allo stesso tempo
acuirne le buone caratteristiche di guida. La carenatura guadagna
così la livrea in nero e rosso, con i profili anteriori delle fiancate
impreziositi dai colori della bandiera italiana. La porzione di sella
del passeggero è sostituibile con il guscio removibile monoposto
in tinta con la carrozzeria. Il numero “3” che capeggia sul codino e
sul cupolino è un omaggio alle imprese di Max Biaggi e alle sue vittorie ottenute nel campionato mondiale delle derivate di serie. A livello tecnico l’impianto frenante della RS4 è migliorato adottando
una coppia di dischi in acciaio dal profilo a margherita. L’anteriore
è da 300 mm e lavora all’unisono con la pinza a quattro pistoncini
ad attacco radiale, mentre il posteriore è da 220 mm. Per esaltare
le caratteristiche di guida sono stati selezionati pneumatici sportivi: la scelta è caduta sui nuovi Pirelli Diablo Rosso II. I pneumatici
sono calzati su cerchi da 17” a sei razze e rimangono invariati nelle
già generose misure (110/70 l’anteriore e 150/60 il posteriore).
RS4 125 Replica è la prima della sua categoria a prevedere di serie il sistema di cambio rapido Aprilia Quick Shift, una soluzione
tecnica derivata dalla sorella maggiore RSV4 APRC che consente
al pilota di innestare il rapporto
superiore mantenendo il gas
aperto e senza utilizzare la frizione, rendendo così più semplice e veloce la cambiata. Attenti studi aerodinamici hanno
consentito di ridurre al minimo
le superfici senza penalizzare la
protettività, lasciando in vista
telaio e motore. Il triplo faro anteriore, è diventato l’elemento
caratterizzante di tutti i prodotti sportivi Aprilia, mentre il codino integra il fanale posteriore
a LED. Immutato lo scarico,
completamente integrato nella
parte inferiore della carenatura, ispirato alle moto racing. Il
telaio utilizza due travi laterali
pressofuse in lega d’alluminio
con nervature incrociate di
rinforzo. Una struttura leggera, in grado di offrire un’alta
rigidità torsionale. La sospensione anteriore è costituita da
una forcella con steli rovesciati
da 41 mm e foderi anodizzati
neri, mentre il monoammortizzatore è fissato al forcellone asimmetrico. Aprilia RS4
125 Replica è spinta dal nuovo
monocilindrico 125 cc, 4 tempi,
4 valvole, dotato di alimentazione a iniezione elettronica e
raffreddamento a liquido. La
distribuzione a doppio albero a camme in testa (DOHC)
assicura la massima potenza
prevista per questa cilindrata,
assieme a un’erogazione fluida
e lineare nel rispetto dell’ecologia, essendo conforme alle più
severe normative anti inquinamento.
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2012
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Ce ne parla Costantino Paolacci, responsabile delle
comunicazioni di Honda Italia
Costantino, già dal debutto di PCX 125 la richiesta da parte degli utenti di una cilindrata maggiore è stata grande. Come mai
solo ora, due anni dopo, arriva sul mercato la cilindrata da 150
cc?
“PCX è prodotto in Thailandia (da Ottobre sarà prodotto nello stabilimento di Atessa (CH), nda), e nel mercato del sud-est asiatico la cilindrata da 150 cc non esiste, non se ne sente la necessità
come in Italia. Quindi PCX 150 è stato “creato da zero”.
Domanda dovuta, non temete “la concorrenza in casa” con
l’SH?
“No, SH è un prodotto premium, ha un altro prezzo e altre dotazioni”.
Quindi si rivolge ad un altro target di pubblico?
“Sì, SH ha forme diverse, pedana piatta, ruote da 16”, doppio freno
a disco, bauletto di serie, si rivolge ad un altro tipo di utente. Il PCX
invece è “un maxiscooter in piccolo”.
PCX 150 va quindi a completare la gamma scooter di Honda.
“Esatto, l’utente che cerca uno scooter cittadino Honda ora può
scegliere tra l’entry level Vision 110 che costa 1.815 Euro, l’SH 125
e 150 e il PCX 125 e 150”.
Honda PCX 150
Già nelle concessionarie a 2.410 Euro
di Cristina Bacchetti | PCX 150 debutta sul mercato forte del
successo del fratello da 125 cc, in vendita dal 2010. Ce ne parla
Costantino Paolacci, responsabile delle comunicazioni di Honda Italia
S
iamo a Roma per provare il nuovo PCX 150
che va ad affiancare,
dopo due anni dal suo debutto sul mercato, la versione da
125 cc, il due ruote più venduto in Europa nel 2011, con oltre
58
23.000 unità. Lo stile è lo stesso, cavallo che vince non si cambia,
ma sul 150 debutta il nuovo motore Honda eSP (enhanced Smart
Power), più potente grazie alla cilindrata di 153 cc. Si tratta di un
monocilindrico 4 tempi, raffreddato a liquido, ideato per garantire
massima resistenza, minimi consumi e un funzionamento silenzioso. PCX 150 è già nelle concessionarie a 2.410 Euro f.c. A breve
la prova completa su Moto.it.
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NEWS
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SUPERBIKE
Nico Cereghini ci racconta
gli anni Settanta, 7ª puntata
di Nico Cereghini | Un periodo mitico del
motociclismo, tanto che le moto di allora sono
ancora le più richieste. Nella settima puntata:
la Honda Gold Wing 1000, la RG 500 e Lucchinelli,
Read, Lansivuori, Toracca, Bonera, Coulon...
MOTOCROSS
24 Luglio
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2012
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News
SPORT
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Allora vivevamo in una specie di Paese
del Bengodi, nessun valligiano protestava se andavi
per boschi e sentieri, e la moda si allargò anche
tra i piloti da GP
“
nche se il trial è antichissimo, il primo campionato mondiale risale solo al 1975. Bultaco, Montesa, Ossa: le due tempi
spagnole dominavano l’europeo già dal ’68, ed erano piuttosto famose anche in Italia, anche se ne circolavano pochissime.
Piloti come Sammy Miller, Mick Andrews, e poi Lampkin, Rathmell, Vesterinen, Karlson erano leggende per quelli della mia generazione, li seguivamo attraverso le letture di Motociclismo. Fino
a che, grazie ad Antonio Rovelli, che sapeva guardare avanti (lo
stesso Rovelli che aveva inventato le Triumph di Koelliker) anche
qui da noi entrarono forte le Montesa con un nuovo importatore,
e nei primi anni Settanta molti comprammo una moto da trial. La
più diffusa era la Cota 247 Ulf Karlson Replica, rossa con i suoi bei
parafaghi d’alluminio. Allora vivevamo in una specie di Paese del
Bengodi, nessun valligiano protestava se andavi per boschi e sentieri, e la moda si allargò anche tra i piloti da GP, per scorazzare la
domenica senza troppa velocità. Si faceva il moto alpinismo, più
che il trial, e ricordo i fratelli Brambilla e i Bonera in Brianza, ma
anche Lusuardi e Villa a Modena, e i romani e i siciliani. Il primo
campione italiano di trial fu il Teto Adamoli di Premana, in Valsassina. Un grande. Nel ’76 nacquero, quasi contemporaneamente, le
prime due moto da trial italiane la Fantic e Lancillotti forse addirittura antecedente. Nel ‘78 la prima moto da trial di alta cilindrata,
la SWM, che partecipò al mondiale con Coutard e nell’81 fu iridata con Burgat. Più avanti sarebbero arrivati i titoli mondiali anche
per la Fantic Motor, la Beta e l’Aprilia. Tra le marche giapponesi
la più attiva sul mercato mondiale era in quel momento la Suzuki.
Sì, comparvero altre belle moto come la prima e innovativa Honda Gold Wing 1000 nel ’74, il massimo del comfort, e tre anni più
tardi arrivò anche la Yamaha XS 1100 da 95 cavalli, con il cardano;
ma Suzuki osò di più e il Wankel ne è l’esempio più eclatante. Si
chiamava RE 5, questa moto a pistone rotante del ’74 disegnata
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da Giorgetto Giugiaro; aveva
richiesto investimenti senza
precedenti, erogava 63 cavalli con una coppia da paura,
però consumava parecchio, il
mercato non gradì, venne abbandonata dopo un biennio e
anche la Suzuki passò alle sue
prime quattro tempi con la GS
750 quattro cilindri, che aveva
più o meno la stessa potenza,
64 cavalli, girava molto in alto
e sfiorava i 200 all’ora. Bella,
la mia era azzurra.. Ed ecco qui
la moto simbolo degli anni Settanta, almeno dei miei: la RG
500. Costruita in soli sessanta
esemplari nell’inverno tra il ’75
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MOTOGP
SUPERBIKE
MOTOCROSS
Anno
Numero
02
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ed il ’76, la RG costava l’equivalente di 60.000 euro di oggi o giù di
lì, miagolava con un sound spettacolare ed era la copia della moto
ufficiale: quattro cilindri in quadrato, ammissione a disco rotante,
quasi cento cavalli, circa 140 chili e serbatoio da 36 litri. Nelle partenze a spinta non era una piuma, ma non si era mai visto niente di
simile e di colpo la griglia della 500 si arricchì: prendevano il via da
30 a 36 piloti secondo il circuito, e dovevi fare il tempo altrimenti tornavi a casa. Lucchinelli, Read, Lansivuori, Toracca, Bonera,
Coulon, tutti correvano con quella e un giornalista-tester come me
poteva girare a un secondo dal campione del mondo. Che fu Barry
Sheene, naturalmente, il grande Barry che abbiamo conosciuto
nella terza puntata. La RG avrebbe avuto un a lunghissima carriera. A proposito di corse, tutto non si può raccontare, ma una nota
merita certamente la famiglia Lazzarini che oggi è rappresentata
dal fortissimo Ivan nel mondiale Supermoto, ma che nello zio, Eugenio, ha il suo simbolo: pesarese, tre volte campione del mondo
nelle piccole cilindrate alla fine degli anni Settanta, lui ha corso con
Morbidelli, Kreidler, MBA, Garelli, Piovaticci, ma soprattutto con la
24 Luglio
2012
Lazzarini costruita in casa, anzi in cantina, insieme al fratello Enzo.
Il loro libro ve lo abbiamo presentato di recente ed è una gran bella
storia di passione targata anni Settanta.
Chiudo con un amico che non c’è più. Walter Villa è scomparso
giovane, dieci anni fa ed era uno dei più forti piloti italiani di sempre. Modenese, tecnicamente molto preparato, simpatico e spiritoso, lo chiamavamo il reverendo per la pancetta, il gusto della
buona tavola (i suoi amici di Castelnuovo Rangone portavano i
migliori salami del mondiale) e la saggezza da ridere che spargeva
volentieri; era rimasto coinvolto nel terribile incidente di Monza nel
’73: gravissimo, fu salvato dal dottor Costa per un pelo, e allora è
stato uno dei più attivi a battersi per la sicurezza quando non era
vantaggioso mettersi contro la FMI e i gestori delle piste.
Ago, per dire, non lo faceva. Walter ha vinto il titolo nel ’74, ‘75
e ‘76 con l’Harley-Davidson 250, e ha fatto doppietta con la 350
nell’ultimo anno. Ventiquattro vittorie. Ma ha corso anche con la
Benelli, poi con le Triumph, e per anni è stato collaudatore per la
Pirelli, instancabile e prezioso.
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24 Luglio
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2012
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News
SPORT
“
La crisi che avanza, Valentino che resta
indietro, pochi italiani vincenti, lo slittamento a metà
luglio. Quale è stata la causa dominante del mezzo
flop di questa edizione?
di Nico Cereghini | Tira e tira e la corda si spezza. Da anni prezzi
impossibili. La crisi economica e quella di Rossi hanno innescato il flop,
prevedibile. Però in Portogallo…
C
iao a tutti! Ciao a tutti!
Non c’è niente di più
bello che assistere di
persona ai nostri Gran Premi,
in Italia. Era bellissimo e solenne andare a Monza negli anni
Sessanta, l’urlo delle pluricilindriche non riusciva a coprire del
tutto il rombo cupo delle grosse
mono, soltanto una curva da
vedere, i piloti in tuta nera erano
miti, sei gare dalla 50 ai sidecar.
64
Poi Imola con il colore, le piadine, la neve che veniva giù dai pioppi,
le tribune piene di allegria, in pista meno velocità ma più battaglia.
E Misano, neanche una pianta per una tregua d’ombra ma mezza
pista sotto gli occhi. E il Mugello, prima un nastro d’asfalto perfetto ma pericoloso e in un contesto fatiscente; poi sempre più sicuro, curato, festoso, agitato, spettacolare. Ma caro. Troppo. Era da
anni che i motociclisti si lamentavano per l’esorbitante costo del
biglietto. Nelle ultime edizioni circolavano volantini che invitavano
tutti a disertare: “basta, si è passato il segno, diamogli una lezione”.
Ma poi la voglia di esserci ha sempre prevalso. Ogni volta a dire no,
quest’anno stiamo a casa, spendiamo meglio i nostri soldi, magari
andiamo al mare oppure andiamo a girare in pista una volta di più;
“
“Al Mugello pochi spettatori.
Guarda un po’”
ma ogni proponimento vacillava man mano che la data della corsa
si avvicinava, e alla fine tutti lì, sui prati, tra i camper che tolgono la
visuale e il fumo delle grigliate che ti soffoca. A tifare, a gridare e a
spendere troppo. La crisi che avanza, Valentino che resta indietro,
pochi italiani vincenti, lo slittamento a metà luglio. Quale è stata
la causa dominante del mezzo flop di questa edizione? Forse tutte queste insieme. La domenica si aspettavano i soliti ottantamila
e, al di là delle dichiarazioni ufficiali, si sarà presentata la metà, o
anche meno. Prati semideserti, tribune disabitate, uno spettacolo
triste da guardare anche alla televisione. Belle gare, tutte e tre, finalmente proprio belle; ma poca gente a vederle dal vivo. Novanta
euro il prezzo minimo per la domenica. Il prato. E poi su, fino agli
oltre duecento per le migliori tribune. Sicuri che sia l’unica strada?
In Portogallo, a maggio, ci hanno riflettuto sopra e alla fine hanno
deciso: il prato a venti euro. Hanno fatto il pieno a dispetto dei tempi magri, hanno guadagnato il giusto, hanno dato un bel segnale di
responsabilità e fatto una bella promozione al motociclismo. Noi
no, gli italiani sono più ricchi, o sono più fessi, chissà, comunque
“vedrai che alla fine vengono tutti di sicuro, come sempre”. Risultato? Chi non c’era domenica scorsa, per anni non torna più sul
divano di casa già soffriva di lontananza, poi ha visto le immagini e
si è depresso anche di più. Bel servizio al nostro sport.
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di Massimo Clarke | I segmenti sono organi meccanici che svolgono
un compito impegnativo per il funzionamento del motore. Anche se
sembrano semplici, sono il prodotto di una tecnologia molto evoluta
C
i sono organi meccanici ai quali si pensa assai poco, forse perché
hanno un aspetto quasi banale,
sono di piccole dimensioni o
perché l’importanza della loro
funzione non viene considerata
come meriterebbe. Un posto di
assoluto riguardo, in quest’ottica, spetta indubbiamente ai
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segmenti, che possono sembrare dei semplicissimi anelli metallici
muniti di un intaglio, ma che nascondono contenuti tecnologici di
prim’ordine e svolgono un compito fondamentale, al punto che
senza di essi il motore non potrebbe funzionare. Il pistone viene
montato nel cilindro con un certo gioco. In altre parole, ha un diametro leggermente minore, rispetto alla canna nella quale è inserito. Questo è necessario per consentire il movimento del pistone
stesso e la formazione di un sottile strato di olio, che deve essere
sempre presente per separare le superfici metalliche dei due componenti, in modo da assicurare una adeguata lubrificazione.
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“I segmenti del pistone”
24 Luglio
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I valori in gioco
Occorre però evitare che nel gioco, ovvero nello “spazio” in questione, possano passare i gas e l’olio (eccezion fatta per un velo
poco più che molecolare di lubrificante, che rimane aderente alle
pareti).
Durante la combustione all’interno della camera, ossia al di sopra
del pistone, vengono raggiunte pressioni il cui valore massimo può
raggiungere valori impressionanti: oltre 85 bar nei motori a benzina aspirati di elevate prestazioni e oltre 120 bar in quelli sovralimentati di alcune auto di serie.
Per i diesel turbo la situazione è ancora più seria, con picchi che si
avvicinano ai 200 bar! I segmenti devono svolgere il loro compito
anche il presenza di pressioni così elevate (200 atmosfere, o 200
kg/cm2, per usare le vecchie unità di misura), che per di più vengono raggiunte in tempi brevissimi.
Se si pensa anche alla temperatura dei gas in questione, è ben evidente quanto sono gravose le condizioni di lavoro di questi componenti.
Differenti tipologie di segmenti
A seconda della funzione che
sono chiamati a svolgere, e
della geometria della quale di
conseguenza vengono dotati, si distinguono i segmenti
di tenuta (che impediscono
il passaggio dei gas) e i raschiaolio. Nei moderni motori
di serie di norma si impiegano
due segmenti del primo tipo,
installati nelle due cave più alte
del pistone, e un raschiaolio,
montato subito sotto di essi.
In realtà la tenuta non può essere assolutamente perfetta,
principalmente per via del fatto che i segmenti sono dotati
di un intaglio, necessario per
consentire il montaggio nelle
cave del pistone e per ottenere
l’indispensabile elasticità, che
permette ad essi di “copiare”
accuratamente la superficie
della canna, durante il movimento del pistone. Una piccola
quantità di gas trafila inevitabilmente oltre i segmenti; ad
essa i tecnici si riferiscono col
termine di blowby. È importante anche sottolineare che i segmenti “collaborano” tra loro,
nel senso che anche quelli di
tenuta contribuiscono a ridurre
il consumo di olio. Per svolgere la loro funzione i segmenti
“utilizzano” sia la loro elasticità
che la pressione dei gas, grazie
alla quale aumenta la forza che
li spinge contro la parete del
cilindro, durante le fasi di compressione e di espansione. I gas
si insinuano sopra i segmenti e
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Per ridurre le perdite
Per ridurre le perdite in questione due strade importanti sono
costituite dalla diminuzione del numero dei segmenti (ma se ne
venissero impiegati due soltanto il blowby sarebbe eccessivo, per
i motori di serie) e dalla diminuzione della loro altezza. Su questo
secondo punto si è lavorato molto, grazie anche allo sviluppo di
riporti superficiali in grado di assicurare comunque una elevata
vita utile a questi componenti anche in presenza di una notevole
riduzione della superficie di contatto con la canna. Oggi nei motori della auto a benzina sono comuni, per quanto riguarda il primo
segmento, altezze dell’ordine di 1,2-2,8 mm (negli anni Ottanta si
andava in genere da 1,8 a 3,6 mm); è interessante osservare che
nei motori delle moto sportive si scende a valori che vanno in genere da 0,8 a1,0 mm e in quelli delle monoposto di Formula Uno si
arriva a 0,7 mm (e qualcuno è sceso anche a 0,6!).
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forte peggioramento della tenuta.
L’integrità strutturale è importantissima
È anche importante che il pistone sia sempre ben guidato nel suo
movimento all’interno della canna e che il suo gioco non sia eccessivo; in caso contrario i segmenti non potrebbero più svolgere
correttamente la loro funzione. Sempre in quest’ottica, è fondamentale infine che la canna non presenti distorsioni (ovvero scostamenti sensibili dalla forma geometrica ideale, che è quella cilindrica) o danneggiamenti della superficie di lavoro.
Negli ultimi anni i segmenti sono stati oggetto di particolari attenzioni da parte dei tecnici e questo sia per limitare al minimo il blowby e il consumo di olio, voci importanti nel quadro del contenimento delle emissioni di scarico, che per ridurne i consumi. Una parte
considerevole (ben oltre il 20%) delle perdite meccaniche che
hanno luogo all’interno del motore è dovuta proprio ai segmenti,
che pertanto hanno una forte influenza sul rendimento meccanico
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e quindi anche sul consumo specifico.
quindi tra la loro parte interna e
il fondo della cava, spingendoli
verso l’esterno. Questa azione
come ovvio è particolarmente sensibile nel caso del primo
segmento e assai meno per il
secondo. Il gioco assiale nella
cava dunque serve a consentire il libero movimento radiale
dei segmenti e a permettere lo
sfruttamento della pressione
dei gas.
Non deve però essere eccessivo, altrimenti si possono avere
autentiche azioni di martellamento delle cave, con rapida
usura, e/o di pompaggio, con
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Per ridurre gli attriti
Un’altra strada di notevole importanza, per ridurre l’attrito causato dai segmenti, è costituita dalla diminuzione della forza radiale
da essi esercitata contro la canna, cosa che deve però essere ottenuta senza determinare un peggioramento della tenuta. Un’ulteriore possibilità che si offre ai tecnici è quella della adozione
di rivestimenti superficiali dotati di un coefficiente d’attrito più
basso. Ai classici riporti di cromo (applicato galvanicamente) e di
molibdeno (depositato per spruzzatura alla fiamma o al plasma),
impiegati da decenni con ottimi risultati, si sono di recente aggiunti quelli cromo-ceramici e quelli di DLC (Diamond Like Carbon). In
quest’ultima “categoria” ad esempio rientra il Carboglide della Federal Mogul che, secondo il produttore, consente una diminuzione
dell’attrito anche dell’ordine del 20%.
La conformazione della superficie di lavoro
Particolarmente critica è la conformazione della superficie di lavoro dei segmenti che, anche se a prima vista possono sembrare
semplici anelli a sezione rettangolare, in effetti hanno una geometria molto più complessa, nella quale anche piccoli dettagli (non
apprezzabili a occhio nudo), come una lieve bombatura asimmetrica, o una leggerissima inclinazione, possono determinare
grandi differenze a livello di funzionalità e di prestazioni. In fase di
messa a punto per ogni motore viene individuata la segmentatura
che fornisce i migliori risultati e che quindi verrà impiegata nella
produzione di serie.
Differenze tra segmenti raschiaolio e segmenti di tenuta
I segmenti raschiaolio sono
notevolmente diversi da quelli
di tenuta, in quanto dotati di
due sottili margini raschianti,
e presentano delle feritoie (o
comunque una nutrita serie di
passaggi), attraverso le quali
passa il lubrificante asportato
dalle pareti del cilindro durante il movimento del pistone.
Possono essere in un sol pezzo
(con una molla che ne aumenta
il carico radiale) o essere costituiti da due anelli di acciaio tra i
quali è interposta una molla separatrice-espanditrice. Il materiale tradizionalmente impiegato per realizzare i segmenti è la
ghisa, ma di recente, anche per
via della grande riduzione dello
spessore di questi componenti,
l’acciaio la sta soppiantando in
notevole misura.
Ghisa a grafite sferoidale
Alla tradizionale ghisa grigia nel
corso degli anni si è andata ad
aggiungere la ghisa a grafite
sferoidale, dalle caratteristiche
meccaniche superiori (e dal costo più elevato).
Nei motori da competizione, in
quelli delle moto sportive e in
molte auto di serie di elevata
potenza specifica i segmenti,
di altezza decisamente ridotta,
vengono realizzati in acciaio, e
in genere vengono sottoposti a
un trattamento di nitrurazione.
Pure i raschiaolio in tre pezzi
sono sempre in questo materiale.
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Da Peugeot Motocycles a Peugeot
Scooter. 110 anni di tecnologia e
innovazione
di Maurizio Tanca | Uno dei più antichi costruttori di veicoli a due
ruote motorizzati del mondo festeggia i suoi 110 anni di continuativa
presenza sul mercato italiano con l’evocativo Vogue, erede del mitico
“moped” 103. Costa solo 959 euro
E
h sì, 110 anni di attività
continuativa nel mondo
delle due ruote motorizzate sono un traguardo davvero unico per un costruttore. Il
primato appartiene alla terra
di Francia, e ovviamente se
lo aggiudica l’attuale Peugeot Scooters, ragione sociale
che nel 2010, in occasione del
200° compleanno dell’emblematico leoncino rampante, ha
sostituito l’antenata Peugeot
Motocycles. Anche perchè il
cosiddetto “core business” di
questo ramo cadetto del gruppo automobilistico francese
PSA - che, com’è noto, raggruppa Peugeot e Citroën - è
notoriamente sostenuto principalmente dagli scooter. Tuttavia, il protagonista del felice
genetliaco non è uno scooter,
bensì un simpatico ciclomotore a pedali, o, per dirla alla
francese, un “moped”. Molti si
ricorderanno benissimo, infatti, che nella storia di Peugeot i
moped hanno avuto una notevolissima importanza. E questo
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ammiccante Vogue vuol proprio omaggiare un suo celebre antenato, il 103 degli anni settanta, al quale è evidentemente ispirato.
Mossa interessante, quella di rilanciare un fascinoso ciclomotore
a pedali, con motorino a due tempi raffreddato ad aria e alimentato a carburatore (omologato Euro 2) e la caratteristica marmitta
corta e tozza sotto al motore. Magari le ruote a raggi sarebbero
state un plus piuttosto gradito dagli amanti del vintage, ma il Vogue è chic anche così, e se consideriamo che il suo prezzo è di 959
euro verrebbe davvero voglia di fare un salto nel passato. Peugeot
Vogue è dotato di impianto illuminante sempre attivo, gas rapido
e tachimetro anch’esso illuminato. Colorazioni disponibili? Bianco
Neve e bicolore Blu/Argento.
Una storia affascinante
Ma vediamo un po’ cosa ci racconta la storia di questo celebre
marchio transalpino, vero pioniere nella tecnica e nell’innovazione, cercando di riassumerne i punti essenziali. Si chiamava “Grand
Bi”, la prima bicicletta di gran successo – in realtà il famoso biciclo,
con ruota anteriore enorme e posteriore molto piccola - costruita
nel 1882 da Peugeot, che iniziò così la sua avventura di costruttore di mezzi a due ruote che, qualche anno più tardi, avrebbero
ricevuto anche il loro bravo motore. Tant’è che la prima “motocicletta” marchiata Peugeot, equipaggiata con un motore De Dion
Bouton montato sulla ruota posteriore, venne esposta al Salone di
Parigi già nel 1898, anche se in realtà poi non venne mai prodotta.
Accadde così che la prima “moto” Peugeot andata in produzione
in effetti fu un triciclo, anch’esso motorizzato De Dion Bouton, nella fattispecie monocilindrico da 239,5 cc: veicolo che certamente non era né praticissimo da usare né tantomeno emozionante,
però costava poco e dunque ebbe un buon successo.
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Il primo motociclo
La prima “due ruote” motorizzata prodotta in serie fu dunque
la Motobicyclette del 1902, con
propulsore svizzero ZL da 198
cc e 1,5 cv con valvola di aspirazione automatica e accensione
a bobina, montato davanti ai
pedali, ovviamente in un telaio
da bicicletta opportunamente
rinforzato. Il mezzo, che viaggiava a 40 km/h e percorreva
33 km con un litro di benzina,
già in quell’anno era in vendita
anche in Italia. E l’anno successivo si aggiudicò il record
assoluto di velocità: 123,249
km/h. Nel 1904 nascono i primi
motori P.F. (Peugeot Frères,
fratelli Peugeot) monocilindrici
in quattro versioni, da 2,5 - 2,75
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- 3,5 e “ben” 5 cavalli, montati all’interno della triangolazione del
telaio: cinque moto con motore da 3,5 cv parteciparono alla ParigiMadrid del 1903. E già nel 1905 ecco arrivare una nutrita serie di
bicilindici a V da 330, 480, 500, 660 e addirittura 1.000 cc, che
iniziarono a farsi valere nelle competizioni, utilizzati ovviamente
anche da altri costruttori: a partire addirittura dalla Norton con cui
nel 1907 Rem Fowler, vinse la prima edizione del Tourist Trophy
dell’Isola di Man, con un V2 da 5 cv. Ma la Casa francese fu anche
pioniera nell’introdurre sofisticate testate a doppio albero a camme in testa, sia per i motori da moto che per quelli da auto. Infatti,
già nel 1913 presentò il primo bicilindrico parallelo con testate bialbero a 4 valvole per cilindro montato sulla M1 500, una vera racer
che avrebbe debuttato al GP di Francia dell’anno successivo se la
prima Guerra Mondiale non avesse sconvolto il mondo. Il 14 giugno del 1914, comunque, Paul Pean portò la sua Peugeot M1 500
bialbero a infrangere il record assoluto di velocità sul chilometro e
sul miglio lanciati, portandoli rispettivamente a 122,449 e 121,205
km/h sul lungo rettilineo che attraversava la foresta di Fontainbleau. Ma anche dopo la guerra quel prestigioso bicilindrico, che
rimase a lungo il più avanzato motore del mondo, vinse parecchie
gare.
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Moto e Auto
Negli anni venti avvenne la separazione tra i settori auto e moto di
Peugeot, e nel 1926 nacque la Nouvelle Societé des Cycles Peugeot, che si occupava esclusivamente di moto e biciclette, e che
all’inizio del 1930 iniziò la produzione di alcuni modelli destinati a
diventare molto popolari.
Il più “grosso” dei quali, il P107 monocilindrico da 350 cc, venne
reso celebre dal famoso fotoreporter Robert Sexé, che lo utilizzava per i suoi viaggi.
Per contrastare l’arrembante industria britannica e i suoi modelli
di cilindrata elevata, i francesi lanciarono la nuova 515, presentata logicamente all’Expò parigino del 1933: era una monocilindrica
sportiva da 500 cc a 4 tempi con scarico sdoppiato, che l’anno
successivo, sul mitico circuito di Monthlery, battè il record di velocità sulle 24 ore alla media di 118,747 km/h.
Questa fu l’ultima, grande motocicletta francese perché il difficile periodo successivo alla seconda guerra mondiale, per forza di
cose, favorì la diffusione di motoleggere con motori più piccoli e
ovviamente meno costosi come la P55, versione aggiornata di un
modello risalente agli anni trenta, seguita da una 175 e da una bicilindrica 250.
Gli anni Cinquanta
Fino ad allora, Peugeot rimase
di gran lunga il più importante
costruttore francese di motociclette, seguito a debita distanza da Motobécane e Terrot. Ma
con l’avvento degli anni 50 le
cose iniziarono a cambiare, e la
356TB, bicilindrica a due tempi
da 125 cc andò a rappresentare un po’ il classico “canto del
cigno” per il celebre marchio
del leone rampante. Che tuttavia, degli oltre 300 marchi che
hanno lasciato una pur minima
impronta nella storia del motociclismo francese, è l’unico ancor oggi in attività, per la maggior parte grazie all’avvento
dei ciclomotori a pedali - i “moped” appunto - e degli scooter.
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Peugeot è stato significativamente e a lungo presente nel
settore dei moped, spinti da
piccoli motori a due tempi da
50 cc. Un segmento di mercato
vivacissimo, che in effetti il costruttore francese copriva già
negli anni 30 con modelli come
il P50 del 1931 (con motore
però da 100 cc, fu il primo che
si fregiò del termine ”ciclomoteur”, inventato da Peugeot),
ma che nel periodo postbellico
iniziò a dilagare a macchia d’olio fino ai giorni nostri. O, perlomeno, fino a non moltissimi
anni fa. Per contrastare l’incredibile successo del celeberrimo
Motobécane Mobylette, nato
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Arrivano gli scooter
Ma torniamo agli scooter, settore nel quale Peugeot entrò negli
anni ‘50 in scia al successo delle nostre Vespa e Lambretta, e che
in effetti fu una concausa del declino del comparto motociclistico
dell’azienda parigina. Era il 1953 quando venne presentato (al Paris Exhibition, naturalmente) l’S55, vagamente ispirato alla celebre
vettura 203 di allora, con il musone facente funzione di bagagliaio
ma col sedere decisamente di stampo “lambrettiano”. Il motore a
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nel 1946, ma anche del particolarissimo Velosolex, col motore sopra la ruota anteriore, Peugeot nel 1949 lanciò il PHV25, e nel ’52
il Bima, che ebbe un grandissimo successo. A questi seguirono il
BB2 (fine anni 50) e, nel ’62, l’elegantissimo BB104. Mentre nel
1967 nacque la serie 100, costituita da vere pietre miliari (in questo contesto, s’intende) quali il 102, il 103 e il riproposto 104 del
1974, anno in cui Peugeot fece il boom con 550.000 ciclomotori
venduti. Per non parlare dei cattivissimi “moped” sportivi derivati
dai modelli citati, che in patria spopolavano anche a livello di competizioni dedicate, ma in Italia ebbero poco seguito.
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due tempi da 125 cc era quello della motoleggera P55, ma raffreddato ovviamente ad aria forzata. L’oggetto ebbe breve vita: solo
un anno, prima di venir parzialmente modificato trasformandosi in
S57 e disponibile anche con motore da 150 cc. Nel 1956, un paio di
questi scooter vennero utilizzati per un viaggio dall’allora Indocina
(oggi Vietnam) alla casa madre, partendo da Saigon il 21 aprile alla
volta di Parigi, dove giunsero il 25 agosto dopo aver attraversato
Cambogia, Siam, India, Iran Turchia, Yugoslavia e, naturalmente,
l’Italia.
Gli anni Settanta e Ottanta
Dopo un periodo di breve declino, gli scooter tornarono a destare interesse negli anni ‘70 e ‘80. In particolare, proprio nei primi
anni ‘80, in seguito alla compartecipazione azionaria del 25% da
parte di Honda, fu proprio Peugeot a dare il via a quello che sarebbe presto diventato il cosiddetto “fenomeno scooter”: prima
dell’avvento del primo Hondino SH50, infatti, furono gli scooterini automatici Peugeot a diffondersi nelle principali città italiane,
spagnole e ovviamente anche francesi, in massima parte. A partire
dagli SC 50 e 80 Metropolis di derivazione Honda, lanciati nell’82,
i primi con carrozzeria in plastica, seguiti nell’85 dall’ST Rapido e
nel ’90 dall’SV. E poi arrivarono
i vari Zenith, Bugsy, Speedake,
ma anche il ciclomotore Fox.
Dopodiché iniziò un vero forcing tecnologico da parte del
marchio francese, che nel 1996
presentò lo Scoot’Elec, ardito
antesignano degli scooter a
propulsione elettrica del quale il Comune di Firenze è stato
uno dei primi fruitori. Nel 1998
la partnership con Honda si
sciolse, e Peugeot Motocycles
venne inglobata nel forte gruppo automobilistico PSA, costituito, com’è noto, da Peugeot
e Citroën. Altro primato per il
costruttore francese, nel 2002,
con l’arrivo di Elystar 125, scooter GT con motore a iniezione
e Abs anteriore abbinato alla
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frenata combinata servoassistita. E ancora, l’anno seguente, ecco
l’aggressivo scooter sportivo Jet Force 50 e 125, quest’ultimo dotato più avanti addirittura di compressore volumetrico (nel 2005),
trasferito l’anno dopo anche sullo stesso Satelis 125. Senza scordare la corsa al super-economico, rappresentata dal super-minimalista scooterino Ludix del 2004.
Oggi
Ed eccoci ai giorni nostri, con una ricca gamma di modelli di ogni
tipologia con motore fino a 500 cc, con in arrivo un nuovo ed evoluto monocilindrico da 400 e con l’atteso maxi a tre ruote, visto
per la prima volta nel 2009 in veste di prototipo, ma presentato
all’ultimo Eicma in veste molto meno futuristica e decisamente
più concreta. Per un ulteriore approfondimento alleghiamo il PDF
ufficiale di Peugeot
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di Maurizio Tanca | La genesi e l’evoluzione dei motori da
competizione Honda Force V4 dal 1978 al 2012, narrata nel sito
ufficiale giapponese: 35 anni di sviluppo tecnologico ai massimi livelli,
racontati a puntate. Ecco la prima
I
ntroduzione
Nel novembre del 1977, Honda annunciò a sorpresa il suo rientro al mondiale GP dopo una decina d’anni di assenza. L’eclatante annuncio coincideva esattamente con l’inizio della genesi
dei suoi leggendari motori V4, in un periodo in cui il Campionato
del Mondo di Motociclismo era totalmente dominato dai potenti
pluricilindrici a due tempi. Sicché Honda scioccò letteralmente
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La storia dei V4 Honda da corsa
Prima puntata
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tutti presentando la sua rivoluzionaria NR500 come antagonista
delle velocissime Suzuki e Yamaha. Moto decisamente bruttina,
la NR, ma tecnologicamente eclatante, principalmente per il suo
incredibile V4 a quattro tempi: un progetto talmente sofisticato da
godere di pistoni “ovali” (o, più propriamente, “oblunghi”) e testate con otto valvole per cilindro! Non solo: ogni pistone era supportato da due bielle! Roba mai vista prima, che peraltro destò subito
perplessità a livello regolamentare, sollevando l’obiezione che virtualmente avrebbe potuto essere equiparato ad un otto cilindri,
aggirando quindi il regolamento in vigore, che dal 1970 vietava un
frazionamento superiore a quattro. «Non volevamo imitare nessuno, ma sfidare la tecnica convenzionale con un concetto completamente inedito» dichiararono con giusto orgoglio gli ingegneri di Honda, che per raggiungere il loro ambiziosissimo obiettivo
inaugurarono la tecnologia dei futuri motori V4 a quattro tempi.
Negli anni successivi, gli incredibilmente performanti motori Honda V4 sono stati continuamente oggetto di continui sviluppi nelle
competizioni su tutte le piste del mondo, e videro la nascita ad
un’intera genealogia di motociclette sportive.
Nei decenni che seguirono,
infatti, Honda avrebbe infatti
prodotto molti modelli sportivi di successo con motori V4:
moto che ancora oggi hanno un
numeroso seguito di appassionati e nostalgici “tifosi” in tutto
il mondo.
Sono passati quasi 35 anni da
quando la NR500 fece il suo
clamoroso debutto, nel mondiale del 1979 : oggi, il V4 più
potente di Honda (che nel sito
ufficiale lo cita come “il più potente del mondo”) ulula in MotoGP, nel telaio della RC213V.
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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
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bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
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da corsa che rappresentasse il massimo della tecnologia possibile - racconta il Presidente, Takeo Fukui -. Un motore che avrebbe
scioccato il mondo. In quegli anni i motori a due tempi dominavano, e il regolamento della classe regina imponeva la medesima cilindrata di 500 cc e un massimo di quattro cilindri anche per eventuali motori a quattro tempi». I quali erano comunemente ritenuti
assolutamente non competitivi con un regolamento così. Ma vista
la rinomata reputazione di Honda nel campo dei “quattro tempi”,
il team di sviluppo fu molto determinato a dimostrare a tutti quello
che sapeva fare, dando inizio a quella che in effetti fu una vera rivoluzione, in questo settore.
Da creatività e idee non convenzionali nasce un rivoluzionario
V4
In poche parole, per rendere competitivo un motore a quattro
tempi a parità di regolamento con un sibilante “due tempi”, il primo avrebbe dovuto spingere ad un regime di rotazione doppio.
Perciò andava inventato un sistema di distribuzione in grado di
resistere a regimi di rotazione elevatissimi (si parlava di 23.000
giri…), aumentando nel contempo enormemente l’efficienza in
fase di aspirazione. Per ottenere queste condizioni di lavoro apparentemente impossibili, i progettisti riuscirono a tirar fuori un’idea
stupefacente: raddoppiare il numero delle valvole per cilindro –
ovvero otto anziché le usuali quattro – assicurando un’elevatissime efficienza di combustione grazie a incredibili pistoni “ovali”.
Naturalmente, ancora non esisteva ancora una tecnologia per realizzare pistoni – e relativi segmenti – di tale fatta, quindi iniziò
una lunga e fittissima serie di
esperimenti in merito, e relativi
test. Sei mesi dopo, i primi disegni erano pronti: denominato
OX, l’incredibile motore V4 era
realizzato completamente in
magnesio, raffreddato a liquido
con due radiatori laterali; le due
coppie di cilindri formavano
una V di 100°, con distribuzione
bialbero a 32 valvole in titanio
azionate da una cascata di ingranaggi. Ecco, quindi, come gli
ingegneri di Honda, liberandosi
della “schiavitù” dei tradizionali
pistoni cilindrici, avevano inventato un propulsore assolutamente rivoluzionario.
“
Volevamo creare una moto
da corsa che rappresentasse
“
Cominciando da zero
Nel 1978, anno seguente all’annunciato ritorno ai GP con la
nuova NR (ufficialmente NR,
ma presto ingloriosamente
definita “never ready”, cioè
“mai pronta” dai burloni del
paddock, per via delle notevoli
difficoltà tecniche sofferte), il
team di sviluppo, capeggiato
dall’ingegner Soichiro Irimajiri, iniziò a lavorare sulla nuova
creatura. Honda aveva stabilito
tre obiettivi ben precisi per il
suo rientro ufficiale alle competizioni. Primo: dimostrare la
propria superiorità tecnologica
vincendo delle gare. Secondo:
creare una tecnologia rivoluzionaria. Terzo: crescere una
nuova generazione di ingegneri e progettisti nel puro spirito
delle corse. I componenti del
team di sviluppo, quindi, erano tutti molto giovani e carichi
di entusiasmo ed idee nuove.
«Volevamo creare una moto
il massimo della tecnologia
possibile
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Gabriele Del Torchio
confermato AD di Ducati
Si completa l’acquisizione di Ducati da parte di Audi attraverso la
controllata Lamborghini. Audi conferma il management italiano:
Del Torchio sarà Amministratore Delegato e Domenicali è nel nuovo CdA
C
ompletata l’acquisizione della totalità del pacchetto azionario Ducati
Motor Holding da parte di Audi
AG, per tramite della sua controllata Automobili Lamborghini S.p.A. L’assemblea di Ducati
Motor Holding ha nominato il
nuovo Consiglio di Amministrazione che è composto dall’Amministratore Delegato di Audi
AG, Rupert Stadler, che è stato
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nominato Presidente del CDA, e dai consiglieri Gabriele Del Torchio e Claudio Domenicali per quanto riguarda Ducati, Horst Glaser e Axel Strotbek, di provenienza Audi AG Il Consiglio di Amministrazione, che si è riunito subito dopo l’Assemblea, ha nominato
Gabriele del Torchio Amministratore Delegato Ducati. Nella stessa riunione è stato costituito il Comitato Esecutivo di Ducati Motor
Holding, di cui Gabriele Del Torchio è stato nominato Presidente.
Del comitato esecutivo faranno parte anche componenti del CDA
e componenti del management aziendale. Risultano confermati
anche i principali ruoli manageriali e operativi dell’azienda. Audi
AG ha anche deciso di nominare Gabriele Del Torchio nel Consiglio
di Amministrazione di Automobili Lamborghini S.p.A.
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24 Luglio
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2012
02
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SPORT
Il ricordo di Nico Cereghini
L’ho conosciuto in Africa per la Dakar, un ricordo piacevolissimo,
un persona simpatica e capace di capire alla perfezione la gente e
le situazioni. Bergamasco autentico, finto rude ma in realtà molto
brillante ed empatico. Tutti di lui ricordano la capacità organizzativa e l’astuzia nelle gare di enduro. Vederlo alla scrivania del PR
dopo tutte le avventure dell’off-road è stato un sacrificio duro anche per lui. Mi lascia un grande vuoto, un abbraccio sincero alla
famiglia.
Gianni Perini ci ha lasciato
di Nazzareno Falappi | Ci ha lasciato Gianni Perini, ex manager Gilera
rally e commissario tecnico della nazionale di regolarità. Aveva 78 anni,
funerali martedì 17 a Bergamo. Il ricordo di Nico Cereghini e Nazzareno
Falappi
G
ianni Perini è un nome
che chiunque si sia interessato di fuoristrada negli anni 80 conosce molto
bene. Nato agonisticamente
nella regolarità, come commissario tecnico della Nazionale, è
stato artefice della grande vittoria nella Sei Giorni a squadre
nel 1979 in Germania. L’Italia
84
non vinceva da 38 anni, ma con Gianni si tornò a vincere nel 1980
e poi nell’81. Poi Perini lasciò, seguendo il richiamo dei rally africani: sua la guida del Team Gilera con le RC monocilindriche a quattro tempi che non trionfarono mai alla Dakar ma fecero vincere al
marchio di Arcore un Rally di Tunisia, con Medardo, e un Faraoni,
con Picco. Gilera però lasciò i rally, schiacciata da difficoltà economiche, e Perini intraprese la carriera di PR. Gianni Perini era nato
a Bergamo il 22 febbraio 1934; i funerali si svolgeranno martedì 17
nella città natale. Alla famiglia vanno le condoglianze della redazione di Moto.it
Il ricordo di Nazzareno Falappi
Era la fine dell ’85 o i primi dell’86 quando Giovanni Manfredini,
l’allora P.R. della Gilera, mi disse di avere strappato Gianni Perini alla KTM allettandolo con un programma pluriennale alla conduzione del Team Ufficiale Gilera nei Rally. Per tutti noi, gileristi e
rallysti della prima ora, fu una grandissima soddisfazione vedere
arrivare questa icona della “ regolarità”. In quegli anni la sua fama
era al massimo. Personaggio di grande carisma, manager e direttore sportivo quotatissimo dopo i tanti successi nelle Sei Giorni e
negli Europei (il mondiale di Enduro di allora). Sulle sue spedizioni
nell’Est Europa ci sarebbe da scrivere un libro. Arrivato in Gilera
, Perini, spinse la Casa ad impegnarsi sempre di più nella nuova
specialità. Inizialmente furono le gare di Trofeo Motorally nelle
quali raccolse una serie impressionante di successi sostenendo
anche diversi Team privati, primo fra tutti l’Old Farm Racing. Contemporaneamente riuscì a convincere i vertici di Piaggio a lanciarsi nel nuovo mondo delle gare africane trovando, da grande manager qual’era, le risorse economiche portando Henninger a Gilera.
Per la Casa di Arcore iniziò così una nuova epopea. Per tre anni
consecutivi primi nella categoria Silhouette con Medardo, Mandelli e Sotelo poi le vittorie di Medardo in Tunisia e Picco con il 750 ai
Faraoni. Perini era un personaggio d’altri tempi: burbero e rigoroso , cinicamente determinato alla ricerca del risultato utile all’interesse della propria Casa. I suoi piloti lo stimavano , soprattutto gli
ultimi “africani”, Mandelli e Medardo che avevano con lui un rapporto bellissimo, quasi filiale. Grande, in ogni caso, il rispetto per
l’avversario: dopo una gara persa, sempre il primo a stringere la
mano al vincitore. Vorrei ricordare due episodi. Nell’81 fu uno degli
artefici del successo della Six Days dell’Isola d’Elba tracciandone il
percorso ed organizzando la logistica. Ad un Rally dei Faraoni fece
un pazzesco tour de force per accompagnare Roberto Mandelli
all’ospedale al Cairo. Più di 1000 km a tutto gas nella notte per
riuscire a tornare, in tempo, alla partenza della tappa successiva.
Per tutti noi Gianni Perini è stato un Maestro.
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di Alfonso Rago | Debutto nella capitale dello scooter per l’X10,
nuovo granturismo di Piaggio: un evento con test drive, diretta
radiofonica e musica dal vivo per presentare il prossimo protagonista
della mobilità urbana
S
erata speciale presso la
concessionaria Romana Scooter: in una città
oppressa dal caldo africano ci
voleva davvero una motivazione particolare per spingere
i più pigri ad abbandonare il
divano, la televisione accesa e
la birra ghiacciata in frigo. Ma
era davvero un’occasione da
86
non perdere: il debutto ufficiale sulle strade capitoline dell’X10, il
più recente tra gli scooter Piaggio, già candidato ad un ruolo da
protagonista nel segmento dei veicoli da granturismo. L’evento,
ben curato sotto il profilo organizzativo, ha visto convergere molti
appassionati in piazzale della Radio, curiosi di fare la conoscenza
con il nuovo arrivato. Primo a compilare il modulo per la prova, e
primo a salire sullo scooter, è stato Nico, il cui giudizio non lascia
dubbi sulla qualità del veicolo: «Mi ha sorpreso per la facilità di guida ed anche per la grande sensazione di sicurezza che trasmette. Per me, che guido tutti i giorni una moto, è stato facilissimo
Anno
Numero
02
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Il Piaggio X10 si presenta
al pubblico romano
24 Luglio
2012
adattarmi alla posizione in sella, comoda ed intuitiva. Malgrado le
misure, sembra di guidare una bicicletta, per come si muove tra
le auto in colonna. Ed anche il motore mi è sembrato dotato della
giusta potenza e del carattere necessario a farsi largo nel traffico di Roma». Il commento, rilasciato ai microfoni di Radio Globo
(emittente molto forte nella Capitale e partner media dell’evento),
sarà servito a convincere anche i più recalcitranti a non farsi sfuggire l’occasione: dopo l’apripista che ha rotto il ghiaccio, in diverse
decine hanno approfittato della possibilità di provare gli X10 a disposizione. Nel dettaglio si trattava della versione 350 Executive
(full optional), nelle intenzioni degli organizzatori la più adatta alle
sempre critiche condizioni del traffico romano in quanto garante del miglior equilibrio tra prestazioni e costi di gestione. Paolo
Campanale, responsabile vendite Area Roma, rappresentava ufficialmente la Piaggio: «L’evento nasce dalla volontà comune, di
azienda e concessionaria, di essere presenti con modalità inedite
sul territorio. Vogliamo proporre al pubblico i nuovi veicoli in modo
giovane e dinamico, coinvolgendo le persone e facendo provare
gli scooter nell’habitat in cui sono chiamati ad operare. Si tratta
anche di uno sforzo che Piaggio compie per togliersi di dosso l’immagine di azienda statica e poco dinamica, retaggio di un passato remoto. Oggi, e sempre di più nel futuro, vogliamo ribaltare la
prospettiva e diventare simbolo della mobilità moderna, giovane
ed aperta alle nuove tecnologie. Non a caso abbiamo scelto di
far svolgere le prove sulla versione Executive, il cui pacchetto di
dotazioni comprende anche la piattaforma multimediale che ci
differenzia molto dai competitor e che può diventare un fattore
decisivo al momento di scegliere un nuovo veicolo». A luci spente,
il giudizio finale spetta a Riccardo Tavernese, responsabile della
Romana Scooter: «Il lavoro organizzativo è stato ricompensato
dal successo dell’evento: i diversi test drive si sono trasformati in
cinque contratti d’acquisto, favoriti anche dallo speciale sconto di
600 euro sul prezzo di listino e dall’offerta contemporanea di bloccadisco ed antifurto. Va anche rimarcato come uno degli scooter
venduti sia stato in versione full optional, in listino a quasi 9.000
euro; la qualità, evidentemente, viene riconosciuta ed apprezzata».
L’estate romana, cominciata con X10, è destinata ad avere un’appendice: il buon risultato del lancio urbano ha convinto Romana
Scooter ha mettersi al lavoro su un prossimo evento da realizzare sul litorale. La location sarà Fregene, appendice mondana sul
mare della movida romana. Si annuncia una notte caliente, con
musica, balli e ricco buffet, oltre ovviamente alla prove di scooter.
Restate in contatto per tutti i dettagli.
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primo soccorso tipo “ spencer”, da un telo portaferiti ad un frigo
da trasporto per medicinali e sacche sangue fino ad un defribillatore portatile semiautomatico. Il Burgman inoltre è stato attrezzato con un sistema radio digitale, un bauletto e un portapacchi
posteriori, una torcia ad alta visibilità e altre attrezzature utili per
facilitare l’attività e la sicurezza del soccorritore. Questo modello
Suzuki è ormai abituato ad essere utilizzato per attività sociali e
per supportare le pubbliche autorità: in passato, infatti, anche i
Vigili del Fuoco avevano usufruito di un Burgman 650 per lo svolgimento del loro complicato lavoro. L’iniziativa, denominata “una
moto per la vita”, ha raccolto un consenso unanime dal momento
che è riuscita a destinare un motoveicolo solitamente impiegato
per il trasporto di persone e per il tempo libero, allo svolgimento di
azioni di grande importanza sociale e medica.
Suzuki Burgman 650, il primo
“scooter-ambulanza”
Lo scooter Suzuki il primo veicolo in Italia a due ruote ad essere
stato adibito a primo soccorso medico e ad altre attività
infermieristiche come, per esempio, il trasporto del sangue,
di plasma e di organi
A
d Albano Laziale sabato 7 luglio il Comune, alla presenza della
stampa e delle autorità, ha donato il motoveicolo da soccorso ai Volontari della Protezione
Civile durante una cerimonia
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ufficiale. Il maxi scooter è stato allestito come mezzo di primo
soccorso dopo un intenso lavoro durato oltre 6 mesi che ha interessato attivamente il concessionario Suzuki Valdomoto di Pescara. Il motoveicolo è stato equipaggiato con un allestimento molto
ampio e specifico per il suo nuovo utilizzo: dai sistemi di allarme
visivo, sonoro e amplivoce ad un sistema di localizzazione GPS, da
2 caschi integrali apribili intercomunicanti ad uno zaino medico di
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di Antonio Privitera | La testa mi scoppiava e correvo alla toilette ogni
dieci minuti, era il conto da pagare per avere ecceduto con la birra. Belle
ma troppo alcoliche, le riunioni notturne tra centauri...
L
a testa mi scoppiava e
correvo alla toilette ogni
dieci minuti, era il conto
da pagare per avere ecceduto
con la birra. Belle ma troppo alcoliche, le riunioni notturne tra
centauri: quella sera d’estate
non fece eccezione, eravamo in
90
trenta a quel tavolo di pub lungo una quaresima, tutti alticci,
allegri e vanamente loquaci. Il
pub si chiamava Distortion, lo
ricordo bene. Si agitava sul palco una tribute band dei Cult, il
chitarrista imbracciava una
White Flacon vintage e aveva
tra i piedi un preamplificatore
V-Twin. Quando si dice il caso.
Molti parlavano ad alta voce,
alcuni addosso a se stessi, altri
solo per annuire, altri solo per
mentire. nD’improvviso il tavolo traballò impennandosi come
un Ciao truccato: all’estremità
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Numero
02
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I racconti di Moto.it: “Rozzo Motostile”
24 Luglio
2012
opposta un gigantesco commensale si mise in piedi aiutandosi con le mani, sorrise a tutti
e alzò il boccale da un litro, versandone il contenuto in gola
imponendo il silenzio. Dopo
aver trangugiato una quantità
di birra da stendere un cinghiale, aprì gli occhi e parlò con il
tono di chi comunica il proprio
più delicato pensiero: “Eppure
io vi dico che un giorno le motociclette non saranno più tutte
uguali, ognuno avrà una moto
in base ai propri bisogni e ai
propri meriti”. Con questa frase pronunciata a fronte alta,
Jack ci abbandonò salendo su
una motocicletta grigia-nera e
noi tutti, attoniti, prendemmo a
domandarci chi fosse questo
ragazzo grande quanto un
1300 sei cilindri e coperto di tatuaggi dalla schiena fino alle
dita grosse come cannoli alla
ricotta. Rauni, nome finlandese
per un ragazzo siciliano, ci disse: “è Jack”. “e che fa, Jack?”,
chiese uno alla mia destra.
Rauni rispose “è mio amico,
creiamo motociclette”. “ah”,
dissi io con la bocca impastata
e la testa in un vortice. I più eleganti di noi si alzarono dal tavolo del pub ridicolizzati dalla
semplicità delle parole appena
udite, ripresero le loro brillanti
cavalcature e si dileguarono,
accusando Jack di fare il Saint
Just della trinacria. Ma lui non
poteva sentirli, aveva già avviato i due cilindri della sua cafè
racer che sporgevano come
bimbi da dietro le spalle del
papà. Quelli più fradici di birra,
come me, si alzarono dal tavolo
per ultimi, lasciarono una cifra
a loro parere sufficiente sul
piatto del conto e inforcarono
ognuno la propria motocicletta
col proposito di tallonare Jack
che stava allontanandosi nel
buio, come il vento. Nella notte
il gruppo si sgranò e rimanemmo in tre a inseguire il fioco e
lontano luccichio di una luce di
coda; seguivamo una moto per
statali non illuminate, guidati
dall’inconfondibile suono di un
Guzzi immatricolato almeno
due decenni fa. Poi rimasi da
solo, persi tutti gli altri per strada, e dopo un’ora percorsa a
velocità fuorilegge su strade
mai viste prima, il rumore mi
condusse fino a Jack e a quella
che, in seguito capii, era la sua
officina, garage, casa, ritrovo,
nido d’amore per se e per la sua
fidanzata Roberta, luogo di riflessione, camera ardente per
rottami e sala parto per le nuove creature a due ruote inventate dalle mani sue e di Rauni,
tuner associati. Jack si accorse
di me quando il suo cane, non
so se per dovere o per convinzione, abbaiò; aprì il cancello e
nonostante l’ora indecente mi
accolse come un prete nel proprio santuario: a braccia larghe
e sorriso aperto. Il garage di
Jack, tutt’altro che ordinato, rigoroso e sicuro meno di niente,
tutto meno che convenzionale,
mi apparve come il paese dei
balocchi. Rauni era già lì con
una bottiglia di birra a penzolare dalla mano per il collo, una
serena allegria in corpo lo illuminava e un sorriso gli bucava
la barba. Vecchie moto da restaurare sonnecchiavano accanto a parti di motociclette
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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
antiche, vecchie o nuove avute
a prezzo di favore da amici oppure ancora comprate a costo
di sacrifici ai mercatini, da meccanici ignoranti, da privati che
non ne conoscevano il valore o
che, conoscendolo, non seppero resistere alla tentazione di
lucrarci sopra; parti acquistate
da Jack e Rauni solo per non lasciarle in mani sbagliate. Non
esiste tutto ciò che Jack immagina. Lui inventa le parti delle
sue motociclette dal niente,
partendo dai materiali e dagli
oggetti più impensabili, con la
genialità di chi ha dovuto spesso fare di necessità virtù. Rauni
sorseggia un’altra birra accanto alle loro creazioni che non
avranno un compratore: perché non tutto è in vendita, non
tutto ha un prezzo. Rauni non
venderebbe mai la sua Guzzi
643: era di suo padre, quando
92
era una custom. Poi divenne un
bobber, poi una cafè racer, ora
è una scrambler che usa ogni
giorno. Stessa storia per Jack:
la sua 750 non è in vendita.
Jack e Rauni non sono commercianti, sono tuner con uno
stile e amano prendere in cura
la moto di un amico e adattarla
ai suoi desideri, senza renderla
uguale a nessun’altra, senza
preconcetti. Ce ne sono diverse
in giro per la Sicilia, mi dissero
mostrandomi appassionati le
foto delle loro realizzazioni:
sembravano moto da matti, invece a guardarle bene mi convinsi che sono motociclette
pazzesche. Mi venne da ridere
e da abbracciarli; amo la semplicità creativa e la schiettezza
nella gente come nelle due ruote e nelle moto di fronte a me
tutto era semplice da capire:
nulla di complicato e nessun bi-
sogno di qualcuno che ti spiegasse cos’era o come funzionasse, tutto era modificabile, di
certo vi era solo il relativo. Toccando le moto di Jack e Rauni
mi sentii come di fronte al crollo di ogni bislacca e acrobatica
fantasia sessuale indotto dalla
conquista della purezza di una
donna così vera e passionale da
indurmi il più grande appagamento nella semplicità di un
amplesso che altri definirebbero banale. O Forse era l’alcol,
ma non importa: alla luce del
neon alcune splendide Guzzi,
vera passione dei due tuner siciliani, brillavano e attendevano
di essere completate. Ero ancora alticcio, lo stato confusionale mi rendeva euforico e curioso, Jack e Rauni chiedevano
pareri, opinioni, mi mettevano
di fronte la loro sterminata
esperienza nell’inventarsi una
soluzione di tuning estetico e
tecnico. Mi mostrarono come
un serbatoio di un vecchio Honda Four calza perfettamente il
doppia culla di una cafè racer
Guzzi teste tonde, mi diedero
da reggere un faro all’acetilene
e fatto capire che, come disse
Rauni, “se ha due ruote si può
fare”. E’ proprio così: se ha due
ruote si può fare. Si può fare
amicizia, lavoro, mestiere, arte,
ricerca; se ha due ruote puoi
fare tutto, divertendoti. Jack è
un diluvio di passione e di risate. Jack è una persona che se la
incontri non te la scordi. Jack
suona il basso. E ti pareva. Jack
tempo fa ha avuto un incidente,
era sera e in autostrada ci fu un
tamponamento a catena tra
motociclisti. Roberta gli cadde
addosso e rimasero a terra in
mezzo all’autostrada, ma tutti
salvi. Aprimmo un’altra birra e
parlammo dei pensieri nati in
quei momenti di grandissima
paura. Io, la volta che ho creduto veramente fosse la fine, continuavo a dirmi “che modo balordo di morire”, lui mi confessò
di avere solo pensato “che cazzo succede!?” Con Rauni si
sono incontrati ad un raduno e
da allora si sporcano insieme le
mani nel garage; Jack’s Garage
si è fuso col Bifolco Garage e
hanno dato vita al Rozzo Motostile. Dove “Rozzo” rimarca l’asciutta essenzialità, il minimalismo ostentato come tratto
distintivo dove ogni parte ha un
preciso valore funzionale e il rigetto della raffinatezza fine a se
stessa attraverso il ricorso a
componenti ottenute dal lavoro
artigianale. E’ il loro valore aggiunto, lo chiamano Rozzo Motostile e va bene così: il mondo
è pieno di gente dispari che non
puoi necessariamente incasellare. Gente unica, come le loro
motociclette. Le tre di notte, e i
vapori di benzina aggravavano
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quelli dell’alcol. Jack’s Garage
era un bel posto ma io dovevo
tornare a casa. Dopo avermi
salutato con un abbraccio,
Jack rimase a guardare affettuosamente i pistoni della sua
MV 350 e Rauni mi accompagnò alla mia moto, fuori dal
cancello: quando mi spiegò la
strada per tornare verso la città, io annuii sperando soltanto
in un colpo di culo perché ero
veramente brillo, la stanchezza
mi serrava le palpebre e non
capivo un accidente di quello
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che il siciliano di Finlandia mi
diceva. Colsi solo l’invito a rivederci presto unito alla richiesta
di un recapito per ritrovarci
ogni tanto: apuntopriviterachiocciolinaemailpuntoit
e
schizzai via col contagiri a
7000. La strada appena fuori
dal paese saliva e piegava a destra, io tirai dritto: mi sembrò
per un attimo di sentire “cabin
crew prepare for take off”, frase che mio figlio Gaber di sette
anni una volta storpiò in “cabin
crew: tutti al bar” mettendo di
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buonumore un intero Airbus.
La moto prese il volo saltando il
guard rail e mi sentii leggero
quando vidi sotto i miei piedi le
luci di Catania; quando fui nel
punto più alto della parabola fui
felice di pensare che quella sarebbe stata una buona scusa
per rifare la moto in perfetto
Rozzo Motostile. Che bello.
Immediatamente dopo mormorai “che modo balordo di
morire”. Atterai con la faccia
sul tavolo del Distortion mentre una ragazzina ne puliva la
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superficie con la pezza umida
e la cover band dei Cult smontava gli strumenti nel locale
ormai deserto. Ero deluso, ridicolo, senza dubbio me stesso.
Con la coda tra le gambe mi
alzai maledicendo chi mi aveva lasciato appisolare al tavolo
senza svegliarmi, poi andai al
parcheggio dove trovai il mio
Morini solitario, irto come un
totem; la dormita almeno mi
aveva già reso abbastanza lucido e guidai fino a casa senza
correre rischi. Peccato. E Jack?
E Rauni? Cari Lettori, da oggi
sospetto che fosse tutto vero;
ho ricevuto una mail dove Jack
e Rauni mi invitano a prendere
una birra (un’altra?? Basta!)
domani sera. Io non mi fido più
di nulla e ho chiesto loro di portare i loro amici e le loro moto
in una cava, così li fotografo e
ho le prove. Se accettano, le
trovate nella gallery. Se invece
volete contattare i due tuner
Rozzo Motostile, li trovate su
[email protected]; se vi
offrono una birra, rifiutatela.
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di Giovanni Zamagni | Cinque episodi che rendono indimenticabile il
GP d’Italia: eccoli in ordine crescente: Fenati, Joe pompiere, Dovizioso
su Bradl e...
C
INQUE: FENATI
Dopo due GP difficilissimi, Romano Fenati
torna prepotentemente sul podio e lo fa al termine di un GP
da ricordare. Un lettore di Moto.
it segnala il terzo giro di Fenati
(quattro sorpassi e tre posizioni
recuperate) come uno di quelli
da vedere e rivedere, ma tutta
la sua gara è stata da applausi,
compreso l’ultimo giro, al di là
della volata persa, senza colpe, per 20 millesimi. Ma merita
di essere segnalata anche la
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prestazione di Niccolò Antonelli, quarto dopo essere stato a lungo
nel gruppo di testa.
QUATTRO: JOE POMPIERE
Imperdonabile una settimana prima in Germania, commovente e
da applausi in Italia. Andrea Iannone il pompiere (“al Mugello fa
sempre molto caldo e bisognava che qualcuno raffreddasse i bollenti spiriti”) ha vinto per la seconda volta in tre anni il GP d’Italia,
regalando emozioni e sorpassi da brividi. Come l’ultimo, alla San
Donato, nel giro conclusivo: nonostante Pol Espargaro abbia frenato fortissimo, Andrea l’ha saltato con una facilità disarmante.
Evviva.
TRE: DOVIZIOSO SU BRADL
Andrea Dovizioso finisce spesso in questa rubrica: significa che
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GP d’Italia, dammi un cinque!
24 Luglio
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quando c’è da fare un soprasso non si tira indietro! Ancora una volta, la sua superiorità in staccata – in questa occasione su Bradl,
sempre alla San Donato, a tre giri dal termine – è stata premiata
con il terzo posto. Bravo Dovi.
DUE: ULTIMO GIRO MOTOGP
Non è stato un GP esaltante, ma l’ultimo giro è stato davvero bello, perché cinque piloti erano potenzialmente in lotta per l’ultimo
gradino del podio. Nel passaggio finale si è visto il bel sorpasso di
Hayden su Bradl, il cotrosorpasso di Bradl su Hayden con tanto di
spallata, il sorpasso di Rossi su Hayden, i tentativi di attacco, non
riuscito, di Crutchlow. Bello davvero.
UNO: UNA HONDA PER IL SIC
E’ stato un momento toccante e commovente quando sabato alle
12.30 il paddock si è radunato di fronte all’hospitality del team
Gresini per assistere alla consegna da parte della HRC alla famiglia
Simoncelli della Honda RC213V con la quale aveva corso Super Sic
nella passata stagione. Non era mai successo che la HRC donasse
una sua moto, ma Shuhei Nakamoto, numero due esecutivo della Casa giapponese, ha mantenuto la promessa fatta a papà Paolo a Sepang, proprio nel giorno del terribile incidente a Marco.
Inoltre, è stata anche consegnata una CBR1000RR con
grafica realizzata da Aldo Drudi:
verrà messa all’asta e il ricavato verrà devoluto alla Fondazione Simoncelli. Oltre a Paolo,
c’era anche mamma Rossella:
entrambi continuano ad avere
una dignità da brividi: non ci
sono parole per descrivere la
loro forza d’animo. «E’ la prima
volta che torno in un circuito –
ha detto Paolo -: dal 23 ottobre
non ho più nemmeno guardato
le gare in televisione. E’ incredibile l’affetto che c’è per Marco:
sono stato in vacanza in Sardegna e in tre luoghi differenti,
ho incontrato tre ragazze con il
58 tatuato sul corpo. Questo mi
fa capire quanto Marco fosse
amato da tutti».
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Usura propulsori: CRT nei guai?
Una rapida occhiata al numero di motori punzonati mostra un consumo
poco superiore alla media per tutti i prototipi ma qualche problema per
le CRT, in particolare ART
D
all’introduzione del regolamento che ha limitato a sei il numero di
propulsori quasi nessuna delle
case ha avuto problemi nel rispettare il vincolo, sia pure con
qualche eccezione. Suzuki, a
cui venne concessa una deroga
in virtù dei problemi di competitività espressi, e Ducati, che lo
scorso anno punzonò l’ormai
celebre settimo motore per
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poter utilizzare il nuovo telaio scatolato in alluminio facendo sì
che Rossi dovesse prendere il via dai box per la gara di Aragòn. Al
Mugello, giro di boa della stagione, solo cinque dei dodici piloti su
prototipi hanno utilizzato quattro motori. Bradl e Bautista con le
Honda private, nonché Lorenzo,
Crutchlow e Dovizioso sulle Yamaha. Le Honda ufficiali si confermano come le moto più parsimoniose in termini di usura propulsore (punzoneranno il quarto a Laguna per poter utilizzare la
versione 2013 provata nei test di lunedì, ma tecnicamente non ce
ne sarebbe bisogno - Stoner è addirittura ancora al secondo) ma
anche le Yamaha non sembrano da meno: Spies sta ancora utilizzando il terzo, e Lorenzo è stato costretto ad utilizzare il quarto
solo a seguito del disastroso incidente di Assen costatogli appunto un motore. Anche Ducati sta proseguendo in linea con il ruolino di marcia, con i propulsori in arrivo a Laguna semplicemente
predisposti per le nuove parti interne che ne dovrebbero addolcire
il carattere - quando arriveranno. Quadro più preoccupante per
quanto riguarda le CRT, alle quali il regolamento concede dodici
motori a stagione. Propulsori non nati per l’impiego in MotoGP,
quelli che spingono le CRT si sono rivelati molto più soggetti ad
usura, con tutti i piloti già a quota sei unità punzonate, comunque
in linea con le percorrenze attese nell’arco della stagione. Fanno
eccezione, in negativo, le ART del team Aspar, non a caso regolarmente le più veloci in pista. Randy De Puniet è addirittura a quota otto (ma paga diverse cadute con conseguenze dannose per
il motore) e Aleix Espargaro a sette. I propulsori Aprilia utilizzati
sulle CRT sono al massimo stato di preparazione utilizzato in Superbike o forse anche qualcosa di più, nel tentativo di compensare
al meglio il deficit di cavalleria dai prototipi, e stanno iniziando a
pagare pegno. I materiali e le soluzioni impiegati per la realizzazione di propulsori di serie non sono le stesse che vengono utilizzati
per i motori delle MotoGP. Nati per l’uso stradale, devono costare
cifre diverse e non hanno le stesse esigenze di durata in termini
prestazionali; le lunghissime
percorrenze che garantiscono
nell’impiego normale, a questi
livelli di potenziamento, non
si riflettono in quello agonistico - facendo una media sui
dati attuali, possiamo stimare
una durata di circa 1400km
per motore derivato dalla serie
contro i circa 2800 garantita
dai prototipi. Ci potremmo attendere CRT ancora più lente
sul finale di stagione, anche se
la penalizzazione imposta per
il punzonamento di un motore aggiuntivo non penalizza le
CRT quanto un prototipo.
Partire dai box, sia pure con ritardo, non è comunque molto
diverso dal farlo in fondo allo
schieramento.
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SUPERBIKE
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stesso Pramac Racing Team con un comunicato sul proprio sito.
Dott. Xavier Mir
Dopo l’operazione, durata circa tre ore, il Dott. Mir ha fornito informazioni più dettagliate sulla condizione di Héctor dicendo: “L’intervento è andato bene. Siamo fiduciosi che Héctor potrà lasciare
l’ospedale in 48 ore e che potrà iniziare una leggera attività fisica
già tra una settimana. E’ difficile, però, stabilire una data precisa
per la completa riabilitazione: dobbiamo valutare i progressi del
paziente giorno per giorno. Ragionevolmente penso ci vorranno
dalle 4 alle 6 settimane, prima che Héctor possa risalire in moto”.
Héctor Barberà
Héctor Barberà dopo l’operazione ha dichiarato: “Il Dott. Mir e il
Dott. Jimeno hanno fatto un lavoro eccellente. Mi sento abbastanza bene. Sono ancora un po’ assonnato a causa dell’anestesia, ma
è normale. Ovviamente sono molto affranto. In questo momento
del Campionato del Mondo MotoGP proprio non ci voleva, una
frattura. Stavo andando forte. Con il mio team c’era un’intesa fortissima e nelle ultime tre gare mi sono divertito molto a guidare la
mia Ducati e a combattere con i piloti ufficiali. Peccato.. davvero il
momento sbagliato! Adesso devo concentrarmi sulla riabilitazione, per poter tornare in sella alla mia moto il prima possibile!”.
Barberà operato alla gamba
Fuori dalle gare fino a settembre
Il pilota del Pramac Racing Team Hèctor Barberà è stato operato a
Barcellona per ricomporre la frattura alla tibia e al perone procurata
venerdì durante una sessione d’allenamento
A
l pilota spagnolo sono state inserite diverse viti e una placca di titanio nella parte inferiore della gamba, vicino alla
caviglia sinistra. Il delicato intervento è stato effettuato
dal Dott. Xavier Mir, primario del reparto di chirurgia plastica, in
collaborazione con il Dott. Eugenio Jimeno, specialista in chirurgia plastica degli arti inferiori, presso l’Instituto Universitario USP
Dexeus di Barcellona, Spagna. A comunicare la sfortunata notizia
che mette fuori dai giochi Barberà almeno fino a settembre è lo
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Le foto più belle del GP d’Italia
Un Lorenzo impressionante al Mugello ha dominato la MotoGP.
Le soddisfazioni per i piloti di casa sono arrivate in Moto2 e Moto3.
Ecco gli scatti più emozionanti dentro e fuori dalla pista italiana
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Maglia Azzurra: la lista dei piloti
convocati dalla FMI
La Commissione Sportiva Nazionale ha reso nota la lista dei piloti che
parteciperanno alla Sei Giorni di Enduro 2012 e all’unica prova del
Campionato del Mondo di Motocross Junior
C
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vittoria finale. Anche questa
volta gli italiani sono stati selezionati seguendo le linee guida
del Settore Tecnico Federale
FMI e considerando soprattutto tre caratteristiche: essere
pilota di “interesse nazionale”;
avere esperienza europea; aver
partecipato ai raduni collegiali.
La prova unica del Campionato del Mondo Motocross Junior, si disputerà a Sevlievo, in
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SPORT
Età dei piloti: minima 13 anni,
massima 17 anni
I nomi dei convocati a vestire
la Maglia Azzurra:
- Classe 65:
Facca Alessandro; Giuzio Raffaele, Nava Giulio
- Classe 85:
Camporese Lorenzo; Lentini
Alessandro; Ragadini Tomas;
Ricciutelli Paolo; Zonta Filippo
- Classe 125:
Bonini Davide; Furlotti Simone;
Righi Riccardo.
ampionato del Mondo
Motocross Junior
Dopo l’edizione 2011
svoltasi in Italia, a Cingoli, si
torna dunque all’estero per
una “vetrina” importante che
mette in mostra i migliori giovani crossisti in attività, che
ancora una volta si troveranno di fronte i temibilissimi avversari degli Stati Uniti, come
sempre fortissimi candidati alla
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Bulgaria, il 25 e 26 agosto 2012.
I piloti saranno impegnati in tre
diverse classi, gareggiando
però in una sola delle classi indicate.
- Junior 65, motore 2T
Età dei piloti: minima 10 anni,
massima 12 anni
- Junior 85, motore 2T
Età dei piloti: minima 11 anni,
massima 14 anni
- Junior 125, motore 2T
Sei Giorni di Enduro 2012
La Commissione Sportiva
Nazionale della Federazione
Motociclistica Italiana ha reso
noti i nomi dei piloti convocati
per partecipare alla Sei Giorni
di Enduro 2012, in programma
dal 24 al 29 settembre in Germania .
I nomi dei piloti convocati dalla FMI per vestire la Maglia
Azzurra in questa occasione:
Trofeo Mondiale
- Balletti Oscar, Beta, Team
Beta
- Gritti Mirko, KTM, Team Treviza
- Michleuz Maurizio, Honda,
Team NSM
- Monni Manuel, KTM, Team
KTM Farioli
- Philippaerts Dany, Beta, Team
Beta Boano
- Salvini Alex, Husqvarna, Team
CH Racing
Trofeo Junior
- Conforti Guido, Yamaha,
Team Treviza
- Bresolin Matteo, Husaberg,
Team GP Motor
- Mori Nicolò, TM, Team TM
- Moroni Rudy, KTM, Team
KTM Farioli
Squadra di Club
- Bruschi Nicolò, HM Honda,
Team HM Honda Zanardo
- Soreca Davide, Yamaha,
Team Beta Boano
- Martini Gianluca, Beta, Team
Lunigiana Enduro.
Squadre nazionali
motocross 2012
Di seguito i nomi dei piloti convocati per i prossimi
appuntamenti di motocross a
squadre per Nazioni. La presentazione ufficiale delle squadre è fissata per domenica 9
settembre, a Faenza.
Motocross delle
Nazioni – Lommel (Belgio),
30/09/2012:
Classe MX1 – Cairoli Antonio,
KTM, team Red Bull KTM Factory Racing
Classe MX2 – Lupino Alessandro, Husqvarna, team Husqvarna Ricci Racing
Classe Open – Guarneri Davide, KTM, team KTM Silver Action
Motocross delle
Nazioni Europee
Kiev (Ucraina), 14/10/2012:
Classe MX1 – Guarneri Davide,
KTM, team KTM Silver Action
Classe MX2 – Lupino Alessandro, Husqvarna, team Husqvarna Ricci Racing
Classe Open – Bonini Matteo,
KTM, team Marchetti Racing
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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