Maggio 2013

Transcript

Maggio 2013
periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e dalmazia
Centro Studi Padre Flaminio Rocchi
Giorno del Ricordo 2013
5
ANNO XIX | N.
MAGGIO 2013 | POSTE ITALIANE SpA | SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE | D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) ART. 1 COMMA 2 DCB - ROMA
Un’identità riaffermata,
oltre il
Giorno del Ricordo
Riflessioni sul percorso della memoria, tra obiettivi conseguiti e sfide ineludibili
A
nove anni di distanza
dall’istituzione
della
Legge 92 del 2004, istitutrice
del Giorno del Ricordo, siamo
indotti a riflettere sulla nostra
storia, su ciò che è stato, sulle
attività da noi condotte con così
grande passione e sulla prospettiva futura del nostro popolo,
alla luce di scenari che mutano
e che trovano via via maggior
accoglienza delle istanze da noi
sollecitate con la semplice esiQ Istria,
Grisignana, i
segni del lungo
abbandono
(foto www.
tripadvisor.com)
stenza, o se si vuole, dalla nostra
stessa peculiare identità.
Quando finalmente fu varata quella legge, ci sentimmo, in
un certo senso, sdoganati da un
silenzio atroce, da un isolamento ancor più terribile del dramma patito all’inizio della nostra
vicenda umana; quel silenzio
aveva spaventosamente prolungato negli anni la tragedia,
estendendo nel tempo un’interminabile agonia verso cui le circostanze storiche condannavano
la nostra identità.
Negli anni del dramma
umano vissuto da migliaia di
nostri fratelli e sorelle, il disperato attaccamento alla vita ed
al senso di giustizia, di verità e
di bellezza gelosamente custodito nei nostri animi grazie alla
millenaria civiltà da noi rappresentata, ha saputo generare un
fronte di resistenza, mai violento, ma fermamente determinato, caparbio e ragionevolmente
teso alla promulgazione fiera del
nostro diritto all’esistenza.
Guardiamoci attorno, fino
al 2004 chi mai ci ha aiutato a
rivendicare i nostri diritti se non
noi stessi con la nostra paziente
opera?
Non poniamo in discussione che negli anni bui qualche
rara anima buona della società
civile abbia teso una mano o
abbia avuto compassione, ma è
fuori di ogni dubbio che simili
dimostrazioni di affetto ed attenzione siano emerse come casi
isolati, non organicamente tese
alla ricostituzione della nostra
vitalità, da noi mai sopita né
negata.
ENtRARE NEL
GRANdE GIoCo dELLA
CoMUNICAZIoNE
NAZIoNALE
D
a una decina di anni la
nostra storia è uscita
dall’autoreferenzialità,
eppure sembra che non sia successo
nulla. Ma non è così!
da un lato, osserviamo
come sui media nazionali, sulla
grande stampa, nei canali televisivi principali, anche quest’anno, a ridosso del 10 febbraio, si
sia parlato pochissimo di noi.
dall’altro lato constatiamo, per
contro, un’esplosione esponenziale di iniziative, di convegni,
di commemorazioni, di inaugurazioni di lapidi e monumenti,
di lezioni e presentazioni presso
scuole, associazioni, istituzioni, di presenza nelle tv e nelle
radio locali, di articoli su ogni
quotidiano a diffusione provinciale o regionale che raccontano
le cronache delle celebrazioni
condotte da qualcuno che ama
la nostra storia, il nostro popolo
LA REDAZIONE RISPONDE
I beni disciplinati dall'art. 79 del trattato di pace.
La Croazia: nessun diritto di restituzione.
A cura dell’Avv. Vipsania Andreicich 4
e la nostra terra.
Esiste un problema innegabile: riusciamo ad essere presenti
sul territorio, nelle scuole e nelle
istituzioni, riusciamo a coinvolgere chi incontriamo ed a sollecitare l’animo altrui alla tutela
ed alla compartecipazione delle
nostre istanze, ma non riusciamo a catturare l’attenzione di
chi governa il grande gioco della
Antonio Ballarin
segue a pagina 16
didattica
della storia, il
Seminario apre
nuovi orizzonti
all’insegnamento
C
ome insegnare le vicende del confine orientale
d’Italia? A questa domanda, sottesa all’intero quarto Seminario
sul confine orientale del quale
abbiamo dato notizia nei precedenti numeri, hanno inteso dare
«La vicenda complessa
di questa regione è una storia
che sta al centro dei problemi
dell’Europa contemporanea»
Il saluto di Lucio toth a nome delle associazioni
degli esuli al Seminario sul confine orientale di trieste
È stato affidato a Lucio Toth,
vicepresidente della FederEsuli e
presidente onoraio Anvgd, il compito di progere il saluto ai doicenti
partecipanti al quarto Seminario
sul confine orientale MIUR-AssoEsuli svoltosi a Trieste dal 14 al 16
marzo scorso. Ne riproduciamo alcuni passaggi più significativi.
[…]
«Chi crede che la
vita sia soltanto nel
domani e trascura la memoria,
toglie il nervo al proprio sviluppo» Scriveva Giani Stuparich, lo
scrittore di Lussino, socialista,
volontario nella Grande Guerra,
che non perdonò negli
anni bui del
secondo dopoguerra «di
aver permesso lo strazio
di Zara, di
fiume,
il
suicidio di
pola e la tragedia di tutte le nostre belle città, italianissime fin
nelle pietre».
per questo sono qui a portare
il saluto delle associazioni degli
segue a pagina 12
padre Rocchi,
una vocazione per gli Esuli
in classe
come supporto
all’inserisposte
colla- che
Dianche
Padrei workshop
Flaminio Rocchi,
dal dopoguerra
e sino
agli
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dellagiuliani
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«La condizione
il decennale dell’Adriadella scomparsa
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tra Venezia,
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opera
assistenziale,
Venerdì
15, nella
ricordiamo,
Radivo
e Guido
Rumici;
«Casia più voci
morativi:
il primo,
un ricordo
il 6 giugno
BiblioIn occasione del centenario della nascita e del decennale della scomparsa, la famiglia Rocchi invita a ricordare a Roma
la luminosa figura francescana dell'Apostolo degli Esuli giuliano-dalmati
Padre Flaminio Rocchi
(Neresine 3 luglio 1913 - Roma 9 giugno 2003)
Biblioteca San Marco
Chiesa dei Santi Quaranta
(Via Reiss Romoli 27, Giuliano-Dalmata)
(Via S. Francesco a Ripa 20, Trastevere)
Chiesa di S. Marco Ev. in A. L.
(Piazza Giuliani e Dalmati)
giovedì 6 giugno ore 18
Ricordo a più voci
di Padre Flaminio Rocchi
domenica 9 giugno ore 11
Santa Messa
nel decennale della scomparsa
mercoledì 3 luglio ore 19
Santa Messa
nel centenario della nascita
con la partecipazione di
Patrizia C. Hansen, Marino Micich,
Adriana Martinoli e i brani letti
da Antonio De Lucia
con Esposizione commemorativa
sabato 8 e domenica 9 giugno
ore 9-12 e 17-19
con Esposizione commemorativa
solo mercoledì 3 luglio
ore 8-12 e 17-20
si erano svolte le
relazioni
didattici
e buone
at- Giuliano-Dalmata
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Marco pratiche
al Quartiere
di Roma,
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nel centesorgimento
Seconda guerra vaggi, dal Ricordo alla Storia;
nario dellaalla
nascita.
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Venezia
mondiale»
Micichun estratto
A pag.con
12 Marino
pubblichiamo
dalpupo,
volume
padre Giulia
Flafare dall’A
storiaNVGD
di frone minio
Massimiliano
Lim e dalmazia:
Rocchi:Lacota;
l’uomo,«La
il francescano,
l’esule edito
.
W Trieste, Seminario sul confine
orientale 2013, due istantanee
del tavolo dei relatori
segue a pagina 2
Trieste, Great Success for the MIUR-AssoEsuli Seminar
On the Eastern border Region
In english language to page 14
Trieste, pleno suceso del Seminario Miur-AssoEsuli
sobre el confín oriental
En lengua española en la página 15
2
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
FATTI e COMMENTI
ŻĚĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ
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D/hZͲ^^K^h>/^h>KE&/EKZ/Ed>
tiera; di Ethel Serravalle, Libri
di testo e normativa; di Roberto
Spazzali, Non è la stessa storia...
Diacronie nazionali e didattica
della storia; ed infine di Maria
Ballarin, Il trattato di pace del 10
febbraio 1947 nei programmi e
nei testi scolastici di storia.
Un’attenzione particolare è
stata pertanto rivolta alla storiografia scolastica nella quale
notoriamente per decenni la
«questione adriatica» non ha
trovato descrizione e argomentazione adeguate, anzi rimasta
frequentemente assente dai capitoli dedicati alla formazione
della nazione italiana e della
storia del Novecento. In questa
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circostanza gli enti organizzatori
del Seminario (Miur, Associazioni degli Esuli) hanno attribuito un valore considerevole
alla presenza, per la prima volta,
della responsabile Settore Scuola dell’Aie (Associazione Italiana Editori) Ethel Serravalle, alla
quale - si apprende - è stato assegnato il compito di farsi portavoce presso le case editrici delle
esigenze emerse sia dagli interventi dei relatori del Seminario
che dai tutor dei workshop.
La prof.ssa Serravalle ha
inoltre assicurato che si sarebbe
resa tramite presso gli editori
delle istanze delle associazioni
dell’esodo per avviare un dialogo nel rispetto della libertà editoriale e scientifica. L’obiettivo
comune deve essere infatti quello di perfezionare la didattica
scolastica, uno degli obiettivi di
più vasta portata e prospettiva
che il Gruppo di lavoro istituito nel 2009 presso il Miur si è
dato dalla sua costituzione.
RIPENSARE
I CONCETTI DI
CONFINE, IDENTITÀ
E IL PROFILO
DELL’ADRIATICO
ORIENTALE
ͨD
olto accurati e rigorosi sono stati
gli interventi di tutti i relatori
i quali hanno contribuito ad
arricchire la conoscenza e la riflessione sulla “questione adriatica”», si legge nell’intervento di
Laura Cumbo (una dei 170 docenti italiani iscritti al Seminario) e pubblicato su www.alboscuole.it: interventi che hanno
consentito di reintrodurre nella
riflessione storica e didattica i
concetti di confine, di identità e
appartenenza nazionale, ma anche la cartografia dell’Adriatico
orientale, in una parola la composita storia della Venezia Giulia e della Dalmazia: categorie,
queste, non soltanto storiografiche ma anche concettuali che
sinora la scuola italiana ha largamente trascurato, privando così
le giovani generazioni di conoscenze essenziali per comprendere l’evoluzione della nazione
italiana nella più ampia cornice
europea di incontri e contrasti
con popoli contermini.
Molto interessante, a parere
degli insegnanti cui il Seminario
e i workshop sono stati dedicati,
le riflessioni e le comparazioni
tra testi scolastici (Maria Ballarin, Il trattato di pace del 10
febbraio 1947 nei programmi
e nei testi scolastici di storia), la
quale, attraverso un confronto
tra diversi libri di Storia in uso
per le scuole, ha avuto modo di
dimostrare quali differenze di
prospettiva e di interpretazione esistono relativamente alla
«questione adriatica». Ma sarà
la pubblicazione degli Atti di
questo IV Seminario nella collana Studi e Documenti degli
Annali della Pubblica Istruzione
(ne sono già usciti due volumi,
del primo e del secondo Seminario, rispettivamente del 2010
e del 2011) ad offrire ai docenti
e a quanti vogliano approfondire la materia un completo e
autorevole strumento di consultazione e di orientamento. I
primi due, lo ricordiamo, sono
già scaricabili dalla pagina Le
vicende del confine orientale
ed il mondo della scuola, Anno
2012, Numero 138 http://www.
annaliistruzione.it/content/
search?SearchText=&anno_
form=2012&numero_
form=138&argomento_
form=off&categoria_form=off; e
Le vicende del confine orientale
ed il mondo della scuola, Anno
2012, Numero 138 http://www.
annaliistruzione.it/content/
search?SearchText=&anno_
form=2012&numero_
form=138&argomento_
form=off&categoria_form=off.
TCI_ANVGD,
LA SETTIMA EDIZIONE
DEL CONCORSO
“CLASSE TURISTICA”
d
ra gli interventi di Trieste da registrare anche
quello di Leonardo Devoti, delegato del Touring Club Italiano
al Gruppo di lavoro e responsabile dell’Area Giovani, Educazione e Scuola del Tci, il quale
ha riferito dell’ottimo esito della
prima edizione speciale dedicata
al confine orientale di «Classe
turistica. Festival del turismo
scolastico», dedicata nel 2012
non soltanto a tutte le scuole superiori d’Italia, come nelle edizioni precedenti, ma anche alle
scuole appartenenti alle minoranze italiane di Istria, Fiume e
Dalmazia. Un’edizione speciale
emersa dall’attività del Tavolo
di lavoro fra Miur e associazioni degli esuli istriani, fiumani e
dalmati e che si avvale del contributo dell’Anvgd.
Ora, Il Touring Club Italiano, indice e organizza la settima
edizione del Concorso nazionale
«Classe turistica», la cui cerimonia di premiazione si terrà a Trieste dal 17 al 19 ottobre 2013. In
particolare con l’edizione speciale il Concorso intende promuovere nelle scuole italiane i viaggi
d’istruzione che abbiano come
meta i luoghi storici quali quelli
espressione della civiltà istriana,
fiumana e dalmata, e accrescere
la consapevolezza e la conoscenza delle proprie origini culturali
negli studenti italiani e in quelli di lingua italiana residenti in
Slovenia e Croazia.
Possono partecipare al Concorso: le prime 4 Classi delle
Scuole Secondarie di II grado,
statali e paritarie di tutta Italia;
le prime 4 Classi delle Scuole
Medie Superiori delle minoranze italiane di Croazia e Slovenia.
Ogni Scuola può partecipare
con più Classi, ognuna delle
quali potrà concorrere con un
solo elaborato. Per tutti i dettagli, le modalità di partecipazione e il modulo di iscrizione
2013 http://www.classeturistica.
it/modulo-di-iscrizione-al-concorso-classe-turistica-festival-delturismo-scolastico/#EdiSpe
Infine, un contributo di riflessione giunge anche dal prof.
Fulvio Salimbeni, Insegnare il
Giorno del Ricordo. Il ruolo fondamentale della scuola, che pubblichiamo alle pagine 5 e 6 di
questo numero.
ZĞĚ͘
Croazia,
l’Ue promuove
Zagabria

agabria è pronta per fare
il suo ingresso nell’Unione europea il 1° luglio 2013. Lo
ha confermato il rapporto finale
di monitoraggio della Commissione Ue, consegnato dal commissario europeo all’allargamento, Stefan Fule, ai rappresentanti
del governo croato. Dopo dieci
anni di negoziati di adesione,
dunque, la vicina Repubblica
«fornisce garanzie sufficienti» per
consentirle di entrare a pieno titolo nel novero dei 27.
Quanto ai confini croati,
che dal prossimo luglio diventeranno quelli esterni dell’Unione,
una vicenda che riguardava i risparmi di circa 130.000 cittadini
croati, depositati nella banca poi
divenuta slovena dopo la dissoluzione della Jugoslavia. Un compromesso finanziario tra i due
Paesi era stato siglato dai due primi ministri, Janša e Milanovic,
di nuovo accordandosi perché la
vicenda fosse risolta nell’ambito
della Banca dei Regolamenti Internazionali.
Più critica, invece, la relazione della Commissione Europea
sulla lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, temi su
cui, secondo il documento, vanno completate le riforme, dandovi una piena applicazione. «Ci si
aspetta che la Croazia continui a
seguire il suo percorso nel campo
dello stato di diritto, in particolare nella lotta contro la corruzione», avverte l’esecutivo europeo.
W ĂŐĂďƌŝĂ͕ƵŶĂƉƌŽƚĞƐƚĂĂŶƟĞƵƌŽƉĞĂĚĞŝŵĞƐŝƐĐŽƌƐŝ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĂďĐ͘ŶĞƚ͘ĂƵͿ
gli osservatori non prevedono
particolari problemi. La Croazia,
comunque, che aspira ad entrare nell’area Schengen, dovrà dimostrare di avere un sistema di
gestione e una politica di visti e
controlli in linea con i requisiti
europei. Su questo fronte, fanno
sapere fonti europee, «ci sarà un
rapporto sull’area di Schengen
prima dell’adesione della Croazia». In attesa del fatidico 1° luglio, Zagabria attende che anche
gli ultimi cinque Stati membri
conducano a termine la ratifica:
Germania, Olanda, Danimarca,
Belgio, mentre la Slovenia ha
adempiuto positivamente nei
primissimi giorni di aprile dopo
un lungo periodo di contenziosi. La Germania, in particolare,
si era riservata di valutare il rapporto finale di Bruxelles prima di
completare il processo di ratifica.
LE QUESTIONI
IN SOSPESO
d
ra le questioni bilaterali
ancora aperte tra Zagabria e Lubiana, oltre alla controversia sui confini marittimi
nel golfo di Pirano, demandata
ad un arbitrato internazionale e
pertanto ancora lontana dal risolversi, v’era quella dei debiti
della Nova Ljubljanska Banka,
Infine, secondo un recentissimo sondaggio condotto
dall’agenzia “Ipsos Plus” per
il canale Nova Tv meno della
metà dei cittadini della Croazia
(45,1%) crede nella correttezza
della scelta europeista del Paese.
Secondo la rilevazione, il 26,6%
degli intervistati ritiene che
l’adesione all’Unione Europea sia
contemporaneamente un passo
positivo e negativo, mentre un
altro 25,6% percepisce negativamente l’integrazione europea.
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Slovenia,
allarme rosso
per economia
e finanze
͞^
i sposti Cipro, avanti
la Slovenia”: il “Washington Post” fotografa così
l’emergenza economica nel Paese
finito di recente sotto i riflettori
della crisi finanziaria di Eurolandia. Ma c’è un altro fattore
che preoccupa i mercati e cioè
i rischi di contagio nella Nuova
Europa. Infatti nella lista dei sorvegliati speciali potrebbero finire
3
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
CULTURA e LIBRI
anche Ungheria e Croazia». Ne
scrive “Il Piccolo” in un servizio
apparso il 2 aprile scorso, ma gli
allarmi sono rimbalzati su molte
agenzie e siti di informazione.
Dopo una lunga agonia, il
governo di centrodestra di Janez
Janša ha dovuto lasciare il posto
al centrosinistra. Ma la prima
donna premier, Alenka Bratušek,
ha ereditato una situazione definita dagli osservatori «catastrofica» e non potrà esimersi dall’assumere decisioni largamente
impopolari. La Slovenia si trova
davanti un anno di previsioni e
dati allarmanti: le imprese sono
soffocate dai debiti, le grandi
ditte esportatrici segnalano una
sensibile riduzione degli ordini
e il sistema bancario nazionale è
sull’orlo del baratro.
«Non è esagerato affermare - scrive Primož Cirman su
Kaschmann Signore delle scene,
in volume la storia
del baritono lussignano
h
n lavoro certosino e
paziente, quello che ha
dato corpo al volume Giuseppe
Kaschmann Signore delle scene,
curato da Giusy Criscione ed
edito dalla Comunità di Lussinpiccolo / Associazione delle Comunità Istriane (Trieste 2012,
pp. 406, s. i. p.), nel quale hanno
trovato collocazione ed ordine i
molti materiali documentari del
grande baritono lussignano che
la vulgata croata contemporanea
ha “tradotto” in Kašman per aggiungerlo alle glorie patrie.
La stesura del corposo saggio è proceduta contestualmente
1909 quando venne promulgata un’amnistia generale.
Stabilitosi a Milano, ottenne la cittadinanza italiana,
e dunque il passaporto che ne
comprova l’incontestabile nazionalità. Dal 1880, ormai acclamato baritono, intraprese la
sua carriera all’estero, della quale
il volume di Giusy Criscione dà
puntuale e cospicua documentazione iconografica e cronachistica. Del 1883 è il debutto
alla Metropolitan Opera House
di New York con Lucia di Lammermoor, dell’anno successivo il
trionfo al San Carlo di Napoli,
del 1887 la prima tournée in
Sud America, sino all’apoteosi è il caso di dirlo - a Bayreuth nel
1892 e ’94 interprete di Wagner
nel tempio della sua musica. La
padronanza di ben sette lingue
permise a Kaschmann di cantare
bilì a Roma con la figlia Bianca, avendo perduto la moglie
Emma nel 1918. La sua salute
iniziò a declinare nel 1922, la
morte sopravvenne nel febbraio
1925. Una storia collaterale è
quella del busto che i lussignani gli vollero dedicare nel 1927
a Lussinpiccolo, scomparso con
l’avvento del comunismo jugoslavo e rinvenuto negli anni Sessanta, quindi restaurato e fuso in
bronzo da uno scultore croato e
dedicato a Josip Kašman, completato da una stella rossa sulla
fronte. Successivamente la stella
rossa è scomparsa, e il busto è
posizionato nel piccolo giardino
antistante la Chiesa di Sant’Antonio, sulla Riva di Lussinpiccolo.
È molto probabile, come
scrive la curatrice del volume,
che oggi quasi nessuno sap-
in tedesco, «primo - ne scrisse il
Celletti - ad essere sensibile alle
esigenze d’un cambiamento del
repertorio».
Dalla Germania a San Pietroburgo a Mosca, alla Spagna e
al Portogallo all’Egitto, tra fine
Ottocento e primi Novecento il
baritono si cimentò in un genere
musicale piuttosto trascurato a
quel tempo, quello dell’oratorio,
il che gli permise di “riscoprire”
autori di grande statura come
Claudio Monteverdi e Domenico Cimarosa.
Rientrato presumibilmente per l’ultima volta a Lussino
nel 1924, Kaschmann si sta-
pia chi fosse quel personaggio
che fu udito cantare a Roma
dall’imperatore Francesco Giuseppe , che ne apprezzò molto le
doti interpretative ma non volle
intervenire per annullare con la
sua autorità l’accusa infamante
di diserzione. Il saggio di Giusy
Criscione, così come la donazione della famiglia Stuparich
al Civico Museo Teatrale “Carlo
Schmidl”, consegnano al lettore
contemporaneo la storia di un
personaggio e di un intero ambiente culturale e civile obliati
dalla storia postuma di conflitti
e di esodi.
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ĂƌůŽŶĞ>͛ƌŶĂŶŝĚŝ'ŝƵƐĞƉƉĞ
sĞƌĚŝ͕ƋƵŝŝŶƵŶĂĨŽƚŽŐƌĂĮĂĚĞůůŽ
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W >ƵďŝĂŶĂ͕ƉƌŽƚĞƐƚĞĚĂǀĂŶƟůĂƐĞĚĞ
ĚĞůWĂƌůĂŵĞŶƚŽ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĚĞůŽ͘ƐŝͿ
www.presseurop.eu - che dopo
cinque anni di crisi la Slovenia
è quasi “clinicamente morta”. La
recessione, accompagnata dagli
eccessi umani ed etici delle élite politiche ed economiche, ha
provocato grande frustrazione
nella popolazione e ha fatto perdere ogni speranza». «Le grandi
imprese regionali chiudono una
dopo l’altra, mentre gli ospedali
non hanno più denaro per pagare
i farmaci. I giovani lasciano il Paese, mentre i vecchi hanno sempre più problemi ad arrivare alla
fine del mese e la classe media sta
scomparendo».
In Slovenia, secondo un rapporto del Gruppo Intesa San Paolo, «il rallentamento dell’attività
e il deterioramento della qualità
del credito hanno portato a un
peggioramento dei risultati bancari in particolare in Ungheria e
Slovenia». Il vicino Paese è stato
gravemente colpito da una profonda crisi bancaria, con crediti
in sofferenza che pesano sulle tre
maggiori banche, per sostenere le
quali lo Stato si è dovuto indebitare oltre i limiti di guardia. E,
come il giornale economico “Finance” scrive, la solvibilità della
Slovenia è garantita soltanto fino
all’estate. Secondo il Fondo monetario internazionale gli istituti
di credito sloveni necessitano di
liquidità per circa un miliardo di
euro, dei quali certo Lubiana non
dispone.
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alla donazione, da parte della famiglia Stuparich, in particolare
della signora Giovanna, ultima
figlia del grande scrittore istriano, della documentazione e dei
cimeli del baritono al Civico
Museo Teatrale “Carlo Schmidl” di Trieste, dove hanno trovato definitiva e adeguata sede.
Materiali che gli Stuparich,
legati da vincoli di parentela al
cantante d’opera, avevano ricevuto dalla figlia di Kaschmann,
Bianca, benché - come ricorda la
curatrice nelle sue Note - a causa dei disordini provocati dalla
seconda guerra mondiale molto
materiale è andato perduto.
Ma fortunatamente non abbastanza da non testimoniare,
con ricchezza di documenti e di
immagini e di oggetti, una sfolgorante carriera internazionale
iniziata con il debutto a Regio
di Torino per approdare negli
anni successivi nei teatri d’Europa, Russia, delle Americhe:
«stile classico ed espressione moderna» fu il giudizio unanime
dei critici, che ne rimarcarono
«una gamma vastissima di mezze tinte, oltre che di estensione,
robustezza, resistenza», come ha
ricordato Giorgio Gualerzi nel
suo contributo.
Nato nel 1850 a Lussinpiccolo, era, per madre Eugenia
Ivancich, figlia benestante di
capitani e armatori, e particolarmente da lei assorbì i forti sentimenti di italianità che più tardi
gli sarebbero costati il divieto, da
parte delle autorità di Vienna, di
esibirsi nei territori dell’impero
austro-ungarico. Nel suo apprendistato musicale fu aiutato
dal fratello maggiore, Venanzio,
un medico appassionato di canto, grazie al quale poté studiare
a Udine mentre la madre non
avrebbe visto di buon occhio
la prospettiva di avere un figlio
«teatrante», per quella diffusa
opinione del tempo che immaginava gli artisti uomini senza
Dio e senza moralità.
Il debutto al Teatro
dell’Opera di Zagabria, nel
1870, fu accolto con entusiastico favore dai giornali zagabresi, già intenti a quell’epoca
a rivendicarne la nascita in terra
croata. Ma il vero debutto egli
lo ebbe al Teatro regio di Torino nel 1875 ne La favorita di
Donizetti, e da lì a Venezia, a
Trieste, a Roma, alla Scala di
Milano i passi furono brevi. Nel
1878 venne richiamato dalle
autorità militari austriache per
prestare servizio nella mobilitazione di truppe dell’impero
nella Bosnia-Erzegovina, ma
non fece rientro a causa di una
indisposizione non riconosciuta dal Comando del suo reggimento che gli costò l’accusa di
diserzione: decaduta appena nel
WĂƚƌŝnjŝĂ͘,ĂŶƐĞŶ
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PRO ANVGD
e “DIFESA ADRIATICA”
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I beni disciplinati dall’art. 79
del trattato di pace.
La Croazia: nessun diritto
alla restituzione
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Che possibilità ci sono, di riottenere la proprietà dei beni immobili situati sul territorio appartenente all’ex Jugoslavia prima dell’entrata in
vigore del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 (ovvero beni disciplinati
dall’art. 79 del medesimo accordo) per i cittadini italiani che furono costretti ad abbandonare tali beni in seguito alla seconda guerra mondiale?
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ome più volte da me esposto, l’attuale legge croata sulla denazionalizzazione prevede che «I diritti prescritti da questa
legge (ovvero diritto alla restituzione-risarcimento) possono essere
acquisiti anche dalle persone fisiche e giuridiche straniere se ciò viene stabilito con accordi interstatali».
Sulla questione della restituzione dei beni nel territorio croato
agli ex proprietari aventi la cittadinanza italiana, vi sono stati negli
ultimi anni molti incontri tra i vertici del Governo italiano ed i
vertici del Governo croato, ma la Croazia si è sempre rifiutata di
concedere le restituzioni ai cittadini italiani, giustificando il proprio operato con il fatto che l’Italia, con il Trattato di Osimo, aveva
definito tutta la questione relativa ai beni situati sul territorio della
ex Jugoslavia ed appartenuti a coloro che dopo la seconda guerra
mondiale avevano optato per la cittadinanza italiana.
Anche le amministrazioni croate, che hanno emanato provvedimenti a seguito di richieste di restituzioni presentate da cittadini italiani, hanno sempre (in base alle mie esperienze su tali questioni) respinto
tali richieste, giustificando il rigetto delle domande con il presupposto
che le questioni attinenti ai beni dei cittadini italiani erano state risolte
in base agli accordi internazionali stipulati tra l’Italia e la Jugoslavia.
LA COMMISSIONE LEANZA (2001):
Le categorie di beni non rientranti negli accordi
italo-jugoslavi
^
ulla base di quanto risulta dal rapporto finale della Commissione mista Ministero degli Affari Esteri / Federazione degli
Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati del 22 dicembre 2001 (c.d. Commissione Leanza), molti dei beni abbandonati nella ex Jugoslavia dai
cittadini italiani a seguito della seconda guerra mondiali non possono
in nessun modo essere ricompresi nei trattati di pace e nei successivi
accordi internazionali, e che pertanto per tali beni la Croazia erra
nel non concedere la restituzione adducendo come motivazione la
risoluzione del problema a seguito della firma dei predetti accordi.
La Commissione Leanza ha infatti individuato diverse categorie
di beni non rientranti negli accordi italo-jugoslavi e precisamente:
a) I beni esclusi, in quanto incamerati prima del Trattato di pace a
seguito di misure oblative generali (art. 79);
b) I beni esclusi, in quanto incamerati prima del Trattato di pace a
seguito di provvedimenti ad personam;
c) I beni esclusi per carenza della condizione di optante riguardo a
soggetti già in Italia o fuggiti clandestinamente;
d) I beni che risultano ancora iscritti in favore di esuli e nella loro
libera disponibilità;
e) I beni espropriati in violazione della legislazione jugoslava.
RIGETTATE TUTTE LE DOMANDE
/
n tutti questi casi, sulla base di quanto affermato dalla Commissione Leanza, la Repubblica croata non avrebbe alcun diritto di negare il diritto alla restituzione nei confronti dei cittadini
italiani, in quanto tali beni non erano assolutamente ricompresi
negli accordi italo-jugoslavi.
Sulla base delle mie personali conoscenze, purtroppo, Zagabria
non ha ancora mai riconosciuto il diritto alla restituzione a cittadini
italiani pur nelle ipotesi sopra contemplate, ritenendo di rigettare
le domande di restituzione presentate dai nostri connazionali, affermando che tutte le questioni relative ai beni degli italiani sono state
tutte disciplinate con gli accordi italo-jugoslavi.
Questa rubrica riporta:
- le elargizioni dei sostenitori di
“Difesa Adriatica”;
- le elargizioni dirette alla Sede nazionale ANVGD;
- le offerte pro “Difesa Adriatica”;
All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine
alfabetico. Ringraziamo da queste
pagine tutti coloro che, con il loro
riconoscimento, ci inviano il segno
del loro apprezzamento e del loro
sostegno. Le offerte qui indicate
non comprendono le elargizioni
ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ANVGD.
ELARGIZIONI
ALLA SEDE NAZIONALE
ANVGD (ccp 52691003)
ELARGIZIONI
DA SOSTENITORI DI
“DIFESA ADRIATICA”
(conto corrente postale
32888000 intestato Difesa
Adriatica-Roma o Iban IT34
N076 0103 2000 0003 2888 000).
L’elenco comprende le elargizioni
superiori a 30 euro.
GENNAIO 2013 STELLI Guido (Na) € 50, STOCCO MORETTI Silvia (Vt) € 50, SUPERINA Pietro (Mi) € 50, SURAN
Emilio (Vt) € 50, TENTARDINI Enrico (Mi) € 50, TOMASICH Arge (Na) € 80 in memoria
di Padre Rocchi, TOMASSONI
Eleuterio (Bg) € 50, TOMATIS Nicolò (To) € 50, UGUSSI
Gianfranco (Mi) € 50, UNICH
Gianni (Rm) € 60, VANI Carlo
(Ve) € 50, VELICOGNA Alfredo
Ottone (Ud) € 50, VERBANO
Lorenzo (Tv) € 50, VERNIER
Dario (Rm) € 50, VIOLA Italo
(Tn) € 50, WANKE Enrico (Ge)
€ 100, WOLF Anna Maria (Rm)
€ 100, ZANFABRO Livio (To) €
50, ZVIETICH Benito (Fi) € 60,
ZVIETICH Vittorio (Fi) € 35.
FEBBRAIO 2013 ALIFAX SpA
(Pd) € 50, ANDREUZZI Pietro
(Mi) € 50, BABONI Attilio (Lc)
€ 40, BEDENDO MORO Mirta (Ve) € 50, BENUSSI Paolo
(Vr) € 50, BERTOSSA Giovanni (Bg) € 40, BRACCO Bruna
(Ts) € 50, BRECCIA Anita Bruna (Al) € 40, CEGLIAN Rosaria (Ve) € 35, COLAGRANDE
Emidio (Ve) € 50, COVACICH
Ena Maria (Mb) € 50, DANDRI
Livio (Ts) € 32, DRIZZI Vittorio
(Si) € 50, GIURINA Lucio (Co)
€ 100, GRASSI CIULLI Maria
(Rm) € 50, JURMAN Nadia
(To) € 50, LEGOVICH Antonia
(Bo) € 50, LEMESSI M. Luisa
(Rm) € 50, LIVRAGHI Giuseppe (Lo) € 50, MARSI Tullio
(Mi) € 50, MASSIDDA Paolico
(Ge) € 35, MATTIAZZI Orietta
(Mi) € 40 in memoria dei genitori,
MENESINI Silvana (Rm) € 50,
MIZZAN Antonio (Va) € 50,
OLOVINI CANALETTI Immacolata (Rm) € 35, POCORNI
Oreste (Ra) € 35, SORGARELLO Grazia Maria (Tn) € 50,
TOMISSICH Egle (Ud) € 50,
VALENTI Umberto (To) € 50,
VENTURINI Erminio (Cr) €
40, VITALI Lidia (Ap) € 50, ZERAUSCHEK Mario (Fi) € 100.
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Francesco, Piutti Graziano, Quarantotto Luciano, Tonsi Ersilia.
ANCONA Bugatti Ugo, Ciceroni Fabio, Damiani Arianna,
Giantomassi Mirella, Manoni
Alceo, Mogioni Silvana, Tiblias
Aldo. AREZZO Ausilio Claudio,
Giadrossich Gianni. ASTI Damiani Gino. AVELLINO Persich
Carlo. BARI Contento Lia, De
Lombardo Claudio, Francisco
Livia. BARLETTA ANDRIA
TRANI Schiaroli Elio. BELLUNO Brescak Gabriele, Costantini
Adelia Orietta, Fornasar Luciano, Malusà Giuseppe, Mezzacasa
M. Elisa, Nasazio De Pol Silvana,
Parisi Marco, Pilla Aldo, Randich
Antonio. BERGAMO Barca
Vincenzo, Bellan Italo, Carloni
Santa, Cosatto Melita, Dorcich
Miranda, Fabi Nello, Marussich
Ettore, Matulich Aldo, Paoletti
Ottilia, Stanziola Marisa. BIELLA Baretich Erica, Cheria Corra-
do, Leinweber Zerbo Antonietta.
BOLOGNA Bernabeo Raffaele
Alberto, Colonnello Giovanni,
Crisman Guido, Decastello Natalina, Giachin Antonio, Marcellino Teresa Maria, Mateglian Elena, Ober Tullio, Saggini Tullio,
Stipcevich Pietro. BOLZANO
Biblioteca “Claudia Augusta”,
Bittner Ilda, Buttignoni Fodor
Arianna, Franco Franolich Duilio, Rizzi Mariarosa, Salghetti
Drioli Giovanni, Sascor Stelio,
Solis Loretta, Valdemarin Mari,
Vianello M. Grazia. BRESCIA
Biagini Cecilia, Carlini Giovanni, Casalaz Vito, Cattunar Giovanni, Cerni Bolzoni Fernanda,
Clapci Piccoli Nevia, Duiella
Franco, Fioretti Silvio, Franichievich Sergio, Gelleni Lidia,
Greco Gianni Guido, Mariotto
Craincevich Bruna, Matulich
Sergio, Salvador Paolo, Sardo
Silvana. CAMPOBASSO Damiani Sara, Lombardi Ottorino,
Persich Bruno, Tomasello Angelo. CASERTA Ciurcovich Bruno. CATANIA Bettanin Giovanni, Musina Livio. COMO
Cassani Liliana, Gallessi Daniela, Giurina Maria, Ruzich Maria. COSENZA Matessich Giuseppe. CREMONA Mariconti
Giacomo, Penotti Fabiano, Zizzi Maria Pia. CUNEO Blascovich Bruno, Gaiero Giuseppina.
FERRARA Favretto M. Luisa,
Gelleni Roberto. FIRENZE
Anticaglia Giancarlo, Bellasich
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5
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
Insegnare il Giorno del Ricordo.
Il ruolo fondamentale della scuola
Perché non basta ricordare
Un contributo di riflessioni e di proposte, questo che ci perviene dal prof.
Fulvio Salimbeni, docente di Storia
Contemporanea nell’Università di
Udine, che volentieri pubblichiamo.
nche quest’anno è passato
il Giorno del Ricordo, con
i consueti discorsi di circostanza delle
autorità, testimonianze di superstiti
di quelle drammatiche vicende e interventi di studiosi, ma di tutto ciò
quanto resta ai giovani, per i quali
in particolare tale ricorrenza, come
quella della Memoria, è stata istituita, affinché queste dolorose pagine di
W hŶĂĐĂƌƟŶĂĚĞůͨ>ŝƚŽƌĂůĞ
ĂƵƐƚƌŝĂĐŽͩĚĂƚĂƚĂϭϴϵϳĚĂůZĂŶĚ
DĐEĂůůLJtŽƌůĚƚůĂƐ
storia non cadano nell’oblio e possano servire, invece, da efficace monito
affinché tutto ciò non si ripeta?
Chi scrive il 10 febbraio scorso
è stato invitato a tenere il discorso
ufficiale alla cerimonia organizzata
dal Comitato udinese dell’Anvgd:
pubblico numeroso e attento, interventi non retorici, ma sentiti, del
prefetto e dei rappresentanti del Comune e della Provincia, proiezione
di interessanti documentari, tutto
bene, quindi, ma con un «però».
Di studenti, infatti, neppure
l’ombra e rari pure i docenti, per lo
più esuli o loro discendenti, mentre la maggior parte dei presenti era
costituita da persone direttamente
coinvolte nella storia rievocata. Il
problema che, allora, almeno a nostro avviso, si pone è quello d’andare oltre la ritualità e l’ufficialità,
pensando a programmi di vasto
respiro e organici, che non s’esauriscano in una giornata, dopo di che
tutto continua come prima sino al
prossimo 10 febbraio.
INVESTIRE PIÙ
E MEGLIO SUL
VERSANTE SCOLASTICO
^
e veramente si vuole che il
ricordare abbia un autenti-
co senso e significato, pare doveroso
ripensare radicalmente l’attuale formulazione, investendo al massimo
sul versante scolastico, che è quello
decisivo. A tal fine non bastano un
seminario annuale d’aggiornamento per docenti (circa un centinaio),
promosso dal Ministero, che dura
un paio di giorni, articolandosi su
alcune relazioni di esperti, o qualche singola conferenza nelle scuole,
che lasciano, sostanzialmente, il
tempo che trovano, per corrispondere alle richieste della legge istitutiva, al riguardo essendo necessario
ben di più e di meglio.
Quanto viene rievocato essendo un aspetto specifico d’una storia
che non è affatto locale, meramente adriatica, né circoscrivibile al
solo periodo del secondo conflitto
mondiale e degli anni immediatamente successivi, ciò comporta un
ripensamento complessivo dell’intera questione, da collocare in un
contesto metodologico, didattico
e storiografico maggiormente ampio, che rimanda alla dimensione
geopolitica europea e a una cronologia che spazia almeno dalla metà
dell’Ottocento al secondo dopoguerra. Posto che ricordare non
basta, se non si spiega e non si fa
comprendere come e perché certe
catastrofi siano potute avvenire,
tutto sarà inutile, e tanto varrebbe
nemmeno onorare il 10 Febbraio.
È, pertanto, necessario che tutte
le associazioni della diaspora: Anvgd, Associazione delle Comunità
Istriane, Coordinamento Adriatico,
Unione degli Istriani, così come la
Lega Nazionale, sempre sensibile a
tali tematiche, mettano insieme le
forze e i mezzi disponibili per un
progetto organico, pluriennale, di
vasto respiro, mirato specificamente
al mondo della scuola, coinvolgendo anche le istituzioni scientifiche
espressione di quel mondo, e tutte
del pari benemerite, dalla Società
Istriana di Archeologia e Storia patria
alla Società di Studi Fiumani, dalle
Deputazioni Dalmate di storia patria
di Roma e di Venezia all’Irci, che a
titolo individuale già qualche cosa
in tale direzione negli ultimi anni
hanno fatto e che dovrebbero aprire
stabilmente alla questione didattica i
fascicoli delle loro pregevoli riviste.
CONTESTUALIZZARE
LA STORIA
GIULIANO-DALMATA
Y
uando si lamenta che i
giovani nulla sappiano di
foibe ed esodo si dovrebbe aver presente che, in realtà, essi molto poco
sanno perfino del XX secolo, ignorando quasi tutto della stessa storia
nazionale, come si può facilmente
verificare agli esami di storia contemporanea. Quando, a inizio corso
chi scrive chiede agli studenti frequentanti fin dove sono arrivati con
il programma liceale di storia, anno
dopo anno la risposta è la medesima:
pochissimi al 1989 e alla fine della
Guerra Fredda, un certo numero a
quella del Vietnam, circa la metà al
1945, non pochi nemmeno al fascismo, e ciò dopo che da quindici
anni la direttiva del ministro Berlinguer richiede che nell’ultimo anno
delle superiori si copra, almeno nelle
grandi linee, tutto il Novecento.
Se poi si chiede loro se a scuola
abbiano mai sentito parlare di foibe
ed esodo, la risposta quasi unanime,
salvo rarissime eccezioni, è negativa.
È chiaro, perciò, che si tratta d’affrontare prima di tutto tale problema, perché altrimenti gli studenti
non conosceranno, né capiranno
mai la cornice storica in cui la questione del nostro confine orientale
si colloca, dato che essa è solo un
aspetto, benché rilevante, d’un tema
storico di portata generale, che, con
lo scatenarsi dei nazionalismi, maturati nei decenni precedenti, e con
l’affermarsi di ideologie totalitarie,
che volevano costruire uomini, razze e società nuove, ha portato ai ben
noti lutti, che hanno segnato in particolare l’Europa centro-orientale,
crogiolo di popoli, di lingue e di
fedi diverse, per secoli convissute
pacificamente in seno agli imperi plurinazionali degli Asburgo, di
Russia e degli Ottomani.
Il 16 febbraio scorso, a questo
proposito, è stato presentato a Trieste il volume di Antonio Ferrara e
Niccolò Pianciola, L’età delle migrazioni forzate. Esodi e deportazioni
in Europa: 1853-1953 (Il Mulino,
Bologna 2012), che correttamente
contestualizza la vicenda giuliana,
fiumana e dalmata nel quadro continentale di politiche “semplificatrici” delle complessità etniche. Se la
storiografia accademica, dunque,
sta compiendo il proprio dovere
in merito, e ormai non si contano
i lavori d’approfondimento comparsi anche in ambito locale, dovuti a studiosi come Giannantonio
Paladini, Marina Cattaruzza, Raoul
Pupo, Roberto Spazzali, Gianpaolo Valdevit e altri facenti capo
all’Istituto regionale per la storia
del movimento di liberazione nel
Friuli Venezia Giulia, è sul versante scolastico che mancano specifici
strumenti ad hoc.
Obiettivo prioritario dovrebbe, quindi, essere per un verso
quello d’impostare corsi nazionali
d’aggiornamento per insegnanti di
storia, ma in genere delle discipline umanistiche, strutturati su base
regionale e fondati su un modello
standard messo a punto da qualificati esperti, che fornisca ai partecipanti una storicizzazione rigorosa
degli eventi adriatici nel contesto
del “secolo criminale, genocida, assassino” partendo dall’ottocentesca
“primavera dei popoli” e dall’“invenzione” della Nazione.
FAR CONOSCER LA
CULTURA E LA CIVILTÀ
DELL’ADRIATICO
ORIENTALE
D
a il discorso in materia
non può, né deve esaurirsi nella dimensione politica, diplomatica, militare e istituzionale,
di grande importanza essendo far
conoscere pure la civiltà fiorita nei
secoli sull’altra sponda adriatica e
i suoi rappresentanti maggiori, dai
filosofi rinascimentali Pierpaolo
Vergerio sr. e Francesco Patrizi allo
scienziato settecentesco Ruggero
Boscovich, dal sommo Niccolò
Tommaseo a linguisti quali il Bartoli, il Vidossi, l’Ive e il Goidanich,
per giungere agli scrittori contemporanei Franco Vegliani, Enrico
Morovich, Fulvio Tomizza e lo stesso Enzo Bettiza, a parte germanisti
e magiaristi quali Ladislao Mittner
e Paolo Santarcangeli, lo storico
della filosofia Giorgio Radetti, lo
storico Ernesto Sestan e il politico
e storico Leo Valiani, tutte personalità di prestigio e rilievo non solo
nazionale, favorendo pure la conoscenza delle loro opere, magari tramite la pubblicazione di antologie
letterarie, così da far lavorare i giovani direttamente sui testi.
A ciò dovrebbero accompagnarsi convegni annuali su temi
particolari di storia della civiltà
adriatica nei suoi diversi aspetti,
momenti e componenti, con particolare attenzione al contesto italiano, centro-europeo e balcanico di
riferimento, data la complessità di
questa regione di frontiera, punto
di confluenza e d’incontro di mondo romanzo, germanico e slavo.
Avendo presente quello che in
tale ottica per l’età contemporanea
nel suo insieme da tempo meritoriamente va facendo l’Istituto nazionale per la storia del movimento
di liberazione con le sue articolazioni provinciali, tutto ciò, inoltre,
dovrebbe tradursi in idonee pubblicazioni per la scuola, rifacendosi
al precedente dell’Irci, che con tali
finalità già vent’anni fa pubblicò
un riuscito volumetto sulla storia
dell’Istria, da tempo esaurito, uno
simile essendo in cantiere per iniziativa della Società Istriana di archeologia e storia patria, mentre sta
per uscire la seconda edizione, rivista e ampliata, d’una storia della Venezia Giulia, a cura di Maria Grazia
Ziberna, promossa dal Comitato
goriziano dell’Anvgd, che di re-
cente ha dato alle stampe pure la
nuova edizione d’un utile dizionario biografico dei giuliani, fiumani
e dalmati; di questi giorni, infine, è
l’uscita, per i tipi della Fondazione
Rustia Traine, d’un dizionario dei
dalmati illustri, firmato da Daria
Garbin e Renzo de Vidovich.
PROGETTI
PLURIDISCIPLINARI
ppena edito è pure un
documentato volume di
Alessandro Cuk su La questione
giuliana nei documentari cinematografici (Alcione, Venezia-Mestre
2013), che, riprendendo e integrando l’indagine avviata con Il cinema di frontiera: il confine orientale
(del medesimo autore ed editore,
2007), opportunamente amplia
il discorso alla dimensione visuale
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ďůŽŐƐƉŽƚ͘ŝƚͿ
e al fronte filmico, dalle indubbie
potenzialità educative, se correttamente impiegato. Sono, però, tutte opere a prevalente circolazione
regionale o nel mondo degli esuli,
mentre il coordinamento delle istituzioni di cui s’è detto con le loro
varie rappresentanze territoriali potrebbe facilmente diffonderle tra le
scuole di tutta Italia.
Ricordando, inoltre, che gli
attuali programmi di storia correttamente richiedono di dare adeguato spazio a quella localizzata e alla
microstoria come risvolto specifico
della storia generale e della cosiddetta macrostoria, diventa ancor
più facile proporre alle scuole un
articolato progetto pluridisciplinare
(storia, letteratura, arte, musica, filosofia) in materia, andando oltre la
casualità e l’occasionalità, facendo sì
che quello che sino ad ora è proprio
solo di alcune scuole, in cui operano insegnanti motivati e preparati,
divenga realtà effettiva del loro complesso su base nazionale. Sarebbe
bene, dunque, che le già menzionate
associazioni e istituzioni convocassero una sorta di stati generali, in cui,
superando divisioni e rivalità, affrontare in maniera seria e rigorosa tale
questione, concentrando su essa le
loro energie e risorse morali e materiali, perché solo così sarà possibile svolgere un ragionamento serio e
responsabile sul Giorno del Ricordo,
portandolo nelle aule scolastiche con
un’accurata preparazione dei docenti, con strumentazione scientifica e
didattica idonea, operando in maniera coerente sul territorio secondo
linee guida comuni, messe a punto
da specialisti, e non affidandosi solo
all’onda emotiva della memoria e del
vissuto individuale, pur importanti.
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6
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
Nasce dalla collaborazione tra un
giornalista, Jan Bernas, autore del fortunato saggio Ci chiamavano fascisti.
Eravamo italiani (Mursia 2010) e
Simone Cristicchi, tra i più apprezzati cantautori contemporanei, il primo
spettacolo teatrale e musicale sul tema
dell’esodo, che debutterà il 22 ottobre
prossimo al Teatro Stabile di Trieste,
con il titolo Magazzino 18. Per comprendere le circostanze e le ragioni di
questo inedito incontro tra due autori
attivi in settori diversi della comunicazione, abbiamo rivolto loro alcune
domande. Iniziando a Bernas.
Bernas, Lei, giornalista di
origini polacche, come e quando si
è avvicinato alla storia dell’esodo
giuliano-dalmato?
Sono da sempre un appassionato di storia patria. Il mio primo incontro o meglio scontro con la storia
dell’esodo giuliano-dalmata l’ho avuto al Liceo. Chiesi alla mia professoressa di Storia come mai tutte quelle
persone stavano lasciando la propria
terra all’indomani del conflitto. Lei
sprezzante mi gelò: «tutti fascisti in
fuga». Ecco quella risposta mi ha lasciato una ferita aperta nel cuore per
anni che sono riuscito a rimarginare
solo attraverso lo studio, l’approfondimento della complessa questione
del confine orientale e l’esperienza
diretta maturata nei miei viaggi in
Istria e in Dalmazia. Il mio libro in
fondo vuole essere una risposta, credo
obiettiva, a tutti i giovani che cercano la verità e che sono stufi dell’uso
strumentale e politico della memoria.
La Sua origine dall’Europa
dell’Est ha in qualche misura orientato il Suo interesse per quei territori orientali dell’Italia, trovatisi ad
un certo momento del secolo scorso
schiacciati da opposti sistemi ideologici e feroci conflitti etnici?
Ho avuto la fortuna nel corso
dei miei studi all’estero di conoscere
tanti amici dell’ex-Jugoslavia: Croati,
Serbi, Macedoni. Loro sanno poco di
questa storia e quel poco che sanno è
chiaramente viziato dalla dicotomia
preconcetta: italiani tutti fascisti e
cattivi. Slavi solo vittime. Ho imparato a riconoscere le loro ragioni. Loro
hanno compreso i soprusi subiti da
esuli e rimasti ma soprattutto hanno
imparato che prima del fascismo o
delle foibe, c’è stata una popolazione
- quella italiana – che per secoli ha
plasmato culturalmente, economicamente e socialmente l’Istria, Fiume e
parte della Dalmazia.
Dalle Sue ricerche e dalle Sue
interviste agli esuli è nato un libro
che ha avuto ottimi riscontri in
termini di diffusione e di apprezzamento, Ci chiamavano fascisti.
Eravamo italiani, edito da Mursia
nel 2010. Dal punto di vista umano
cosa Le è rimasta di quella indagine?
Non scorderò mai gli occhi di
tutte le persone che ho intervistato.
Le loro lacrime. Sia di chi ha deciso di partire esule, sia di chi invece
preferì restare, scoprendosi straniero a casa propria. Mi hanno aperto
la porta del loro cuore con dignità e
sofferenza ma con un grande desiderio di tramandare ciò che avevano vissuto nella speranza che questa
tragedia non fosse più considerata
«Educazione alla memoria»:
Jan Bernas e Simone Cristicchi
per la storia giuliano-dalmata
W /ůŐŝŽƌŶĂůŝƐƚĂ:ĂŶĞƌŶĂƐĂůƚĂǀŽůŽ
ĚŝůĂǀŽƌŽ
solo come la loro storia ma come la
storia di tutti. Storia d’Italia.
E dal punto di vista professionale?
Il mio desiderio più grande è
sempre stato quello di entrare nelle
scuole. Forse proprio perché a scuola è sorto il mio interesse per questa
storia. Vorrei che i giovani italiani e i
giovani italiani dell’Istria, di Fiume e
della Dalmazia imparassero a conoscersi meglio, a riconoscersi, a sentirsi figli dello stesso popolo, anche
se divisi dalla storia. Il libro resta per
me uno strumento attraverso il quale
ricostruire una memoria di popolo.
Come è avvenuto l’incontro
con il cantautore Simone Cristicchi? E come è sorta l’idea di un progetto comune a partire dal Suo libro
per giungere alla canzone d’autore?
Non ringrazierò mai abbastanza
Simone Cristicchi per il coraggio e
la sensibilità dimostrata nell’approcciare questa pagina di storia. In un
certo senso è facile – quanto giusto
e doveroso – parlare della Resistenza
o della Shoah. Occuparsi di foibe,
degli esuli e dei rimasti, farne uno
spettacolo di teatro civile, è assai più
rischioso perché purtroppo è una
questione che suscita ancora oggi
opposti ciechi ideologismi. Chi osa
avvicinarcisi, spesso, rischia il linciaggio mediatico. Solo un animo
sensibile e curioso come quello di
Simone Cristicchi poteva arrischiarsi
a portare a teatro questa pagina dimenticata del nostro Paese. Quando Simone mi ha contattato per
dirmi che aveva letto il mio libro e
partendo da questo voleva realizzare
uno spettacolo teatrale, il pensiero è
andato immediatamente a tutte le
persone che ho incontrato in Italia e
in Istria nel corso delle mie ricerche.
Un piccolo dono, un atto di giustizia nei loro confronti che li ripaga
in parte di tante lacrime versate. E
anche per questo ringrazio Simone.
Lei ha visitato il Silos di Trieste? Quali sensazioni ne ha ricavato e cosa ha ritenuto di trasmettere a Cristicchi per coinvolgerlo in
un’idea di elaborazione musicale di
un’esperienza storica?
Mi rammarico di non aver ancora visitato il Silos di Trieste. Sarà
l’occasione per andarci con Simone
anche perché, essendo la fotografia
una mia grande passione, abbiamo
pensato di realizzare una mostra fotografica itinerante sul Magazzino
18 che accompagni lo spettacolo
nei teatri d’Italia e in Istria dove
vorremmo portare lo spettacolo a
Pola e a Fiume. Un altro modo per
far entrare lo spettatore, anche visivamente, nella complessa storia che
Simone rappresenterà dal palco.
Simone Cristicchi è un artista
poliedrico, tra i pochi rimasti in
Italia a produrre e ispirare cultura
piuttosto che limitarsi a sfornare
merce da vendere sul mercato. Non
mi stupisce quindi che abbia saputo
intravedere e fare proprio lo spirito
che ha animato il mio libro: rendere
omaggio a tutti gli italiani dell’Istria,
di Fiume e della Dalmazia, siano
essi esuli o rimasti, per la lezione di
dignità e attaccamento alla propria
terra impartita ad un’Italia che invece cinicamente si è voltata dall’altra
parte per bieco opportunismo.
Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani e ancor più Magazzino
18 nascono come opere di educazione alla memoria. Un ponte ideale tra italiani divisi dalla storia ma
pronti finalmente a riconoscersi in
una memoria e in un senso d’appartenenza comune.
CRISTICCHI:
«QUARTIERE
GIULIANO DALMATA»:
«MA QUESTO SIGNOR
GIULIANO DALMATA,
CHI ERA?»
Recentemente Lei è stato definito da un quotidiano nazionale
uno degli «alfieri di quella “seconda
generazione” di cantautori capitolini che a partire dagli anni Novanta
ha segnato una svolta nella canzone d’autore». Come è arrivato a
dedicare una canzone all’esodo dei
giuliani e dalmati? La storia, tanto
più quella di cui trattiamo, non è
esattamente un tema prediletto dalla musica leggera…
Ho scoperto la storia dell’esodo grazie al libro di Jan Bernas Ci
chiamavano fascisti, eravamo italiani. Lo comprai perché il titolo
mi incuriosiva. Non sapevo nulla,
anche perché questa è una pagina
di storia che non insegnano nelle
scuole. Poi, un anno fa, mentre ero
alla ricerca di storie e testimonianze sulla seconda guerra mondiale,
capitai a Trieste e volli visitare il
magazzino 18 del porto vecchio.
Appena entrato, trovandomi in
mezzo a quei duemila metri cubi
di masserizie abbandonate, ho provato una sensazione fortissima, ho
“visto” la tragedia, e ho deciso che
avrei fatto qualcosa per dare voce a
quegli oggetti e ai loro proprietari
dimenticati. La canzone ha avuto
una lunga gestazione; soprattutto
il testo, che avrei potuto scrivere
in mille modi. Alla fine ho scelto
di immedesimarmi nel figlio di un
esule che va a cercare nel magazzino
le tracce di un padre tanto amato,
un padre che non è morto in una
foiba, ma per via di un male sottile
e permanente: la malinconia.
Nei Suoi testi scolastici di storia, le vicende del confine orientale
erano chiaramente trattate?
Nei libri scolastici non ricordo
che si parlasse di quelle vicende.
Forse arrivammo a studiare solo
l’avvento del fascismo...
Lei ha incontrato Jan Bernas,
un professionista dell’informazione
autore di un volume che raccoglie
molte significative testimonianza di
esuli giuliano-dalmati. Quali impressioni ha ricavato dalla lettura
di quel libro?
Il libro di Jan l’ho letto 4 volte,
ed ogni volta è stato fonte di grande
stupore ed emozione mista a rabbia. Mi ha colpito perché ho rivisto
il metodo di lavoro che anche io ho
adoperato per «Centro di Igiene
Mentale»e la mia ultima fatica «Mio
nonno è morto in guerra», dove ho
scritto e raccolto le testimonianze
degli ultimi reduci viventi della seconda guerra mondiale. Lo stesso
Jan mi ha concesso di pubblicare
una delle storie del suo libro.
Leggendolo, ho avuto la sensazione di trovarmi proprio davanti
alle persone che raccontavano. Ma
l’impressione più forte, alla fine della
lettura, è stata quella di constatare
quante sfaccettature abbia l’evolversi
di questa vicenda. L’esodo, i campi
profughi, l’accoglienza in Italia, i
monfalconesi, Goli Otok, i rimasti...
E pensare che per cinque anni, nel
tragitto che l’autobus 765 faceva per
portarmi al Liceo, c’era una fermata. Vicino a quella fermata c’era un
cartello, una specie di targa con su
scritto «Quartiere Giuliano Dalmata». Ogni volta che ci passavo davanti, leggevo quel cartello, e nella mia
ignoranza mi chiedevo: «Ma questo
signor Giuliano Dalmata, chi era?».
Meno male che non l’ho mai chiesto
a nessuno...Poi negli anni mi sono
reso conto di quanti ancora ignorano il senso di quel cartello. Quante
persone, giovani e adulti, gente del
popolo o sapientoni, si saranno fatte
la mia stessa domanda?
Quando e come la conoscenza
di quegli eventi si è mutata in idea
di canzone, di testo e di musica?
Aspettando il nuovo spettacolo teatrale, cosa ha ritenuto di dover mettere meglio e più in evidenza?
Probabilmente è stato un senso di vergogna, a spingermi a fare
qualcosa. Vergogna per non aver
saputo, per tanti anni. Poi, il fortissimo impatto emotivo davanti alle
masserizie degli esuli, e la lettura di
diversi libri dopo quello di Jan Bernas, mi hanno spinto a realizzare un
monologo di teatro civile, genere che
“frequento” con passione da 4 anni.
Con l’aiuto prezioso di Jan, coautore
del testo dello spettacolo, abbiamo
lavorato sodo in quest’ultimo anno
alla costruzione del racconto, e alla
ricerca di una forma di narrazione,
un linguaggio semplice che possa
appassionare un pubblico giovane.
Io interpreterò vari personaggi, tra i
quali uno sprovveduto quanto ignorante archivista romano, inviato dal
Ministero a fare un inventario di
tutte le masserizie. Con lo spettacolo
che debutterà a Trieste il prossimo
ottobre, non vogliamo certo aizzare
polemiche desuete, o essere accusati
di faziosità o revisionismo storico.
Vorremmo solo utilizzare la musica,
le parole, le immagini, affinché lo
spettatore esca dal teatro con una sua
idea, un bagaglio di emozioni e me-
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moria. E soprattutto, vorremmo che
lo spettacolo sia il degno omaggio
a tutti gli istriani fiumani e dalmati
dimenticati e offesi dalla storia (in
questo caso con la “s” minuscola”).
C’è qualcosa di «1947» di Endrigo nella Sua elaborazione del
brano dedicato al Silos di Trieste?
Sicuramente, la cosa che accomuna i due brani, è il senso della
malinconia degli esuli. Nel testo
parlo di un esule che letteralmente
“muore” di malinconia. E questo è
stata – a mio avviso – l’altra faccia
delle foibe. Quanta gente si è tolta
la vita perché non poteva più vedere
la propria casa, la propria terra? La
canzone «1947» è un piccolo capolavoro di semplicità e poesia, che solo
un grande cantautore come Endrigo
poteva scrivere. Io ho avuto l’onore
di poter incidere un duetto con Sergio, qualche anno prima che morisse, e tutt’ora non c’è un concerto o
uno spettacolo dove non ricordi dal
palco questo mio grande maestro.
Nella Sua esperienza, anche
formativa, vediamo esserci stata attenzione per i temi sociali e umani:
cosa Le ha trasmesso, come musicista
e come uomo, l’incontro con la realtà
storica dei profughi italiani che Lei
ha intraveduto oggi nelle masserizie
accatastate allora nel Silos?
Conoscere questa storia mi ha
insegnato innanzitutto la grande
dignità del popolo degli esuli e dei
rimasti, che silenziosamente e con
grande forza d’animo hanno ricostruito in qualche modo la loro vita,
lontano dalla loro terra rubata. Il loro
esempio ci aiuta a sentirci più “italiani”, nel senso più nobile del termine.
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7
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DAI COMITATI
Giorno del Ricordo 2013
alla memoria e un diploma, concesso dal Presidente della Repubblica, ai nipoti del sig Donato
Summa, vittima delle Foibe.
Nella giornata di domenica
10 febbraio, a Tortona presso i
Giardini di Corso della Repubblica, il cappellano militare Don
Augusto Piccolo ha celebrato un
momento di ricordo in onore del
Vice Questore di Fiume Giovanni Palatucci, morto a soli 36 anni
***
nel campo di sterminio di Dachau dopo aver salvato dalla deCOMITATO
portazione innumerevoli persone
DI ALESSANDRIA
di religione ebraica.
enerdì 8 febbraio, presso
Alle ore 11, presso la Parrocla Sala consiliare del Co- chia di San Michele, è stata celemune di Alessandria, si è tenuta brata la S. Messa in memoria di
la cerimonia commemorazio- tutte le vittime delle Foibe; successivamente, presso
il Sacello dedicato
agli esuli, (ex Caserma Passalacqua
che ha visto negli
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che hanno sostato
dall’immediato
dopoguerra sino agli anni Settanta
nel campo profughi di Tortona. È
stata allestita inoltre, presso lo stesso Comune, una mostra fotografica a cura della Regione Piemonte
sull’esodo che ha interessato circa
350.000 italiani della Venezia
Giulia e della Dalmazia.
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Prosegue su questo numero,
e sui successivi, la pubblicazione
delle cronache delle manifestazioni
promosse dai Comitati e dalle Delegazioni provinciali in occasione
del 10 Febbraio sul territorio nazionale e in collaborazione con le
istituzioni. Naturalmente tutti gli
aggiornamenti in tempo reale sul
sito www.anvgd.it.
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organizzate numerose iniziative, di diverso
tipo, a Bologna
e provincia. Grazie all’impegno
del
Comitato
provinciale
di
Bologna, in particolare del suo
presidente Marino Segnan e con
il contributo organizzativo di Provincia, Comune di Bologna, Comuni di San
Lazzaro di Savena, Zola Predosa
e Casalecchio, Budrio, Bentivoglio, Molinella e Imola, Quartieri San Donato e San Vitale, per
dieci giorni ha preso vita un fitto
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Draghetti, per celebrare il giorno del Ricordo, ascoltando una
relazione di Luciano Monzali,
studioso e docente della Facoltà
di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari. Egli ha ripercorso gli eventi che portarono
a quell’intensificarsi di violenze
che costrinse gli italiani a lasciare
le proprie terre, culminando con
le esecuzioni sommarie di tanti
connazionali. Monzali ha anche
analizzato l’accoglienza da parte
delle popolazioni locali degli esuli e il loro progressivo radicamento segnato dal successo di tanti
che nella Penisola hanno trovato
nuova casa.
Anche il Consiglio Comunale di Bologna si è riunito in seduta solenne per celebrare il Giorno
del Ricordo, alla presenza del
sindaco, Virginio Merola e della
presidente del Consiglio, Simona
Lembi. Venerdì 8 febbraio, avanti ad un folto pubblico, comprendente anche alcune classi
delle scuole superiori “Galvani”
e “Itis Belluzzi”, Marina Cattaruzza, docente di Storia contemporanea dell’Istituto di Storia
dell’Università di Berna, ha presentato una relazione su L’esodo
dall’Adriatico orientale tra storia
e memoria [disponibile integralmente sul sito www.anvgd.it per
gentile concessione dell’Autrice
e pubblicata in forma ridotta su
“Difesa” di Aprile 2013, ndr].
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ne del Giorno del Ricordo, nel
corso della quale la classe quinta
dell’Istituto “Fermi-Nervi” , coordinata dalla prof.ssa Maria Teresa
Bianchi, ha presentato una ricerca
multimediale sull’esodo e gli eccidi delle Foibe durante e dopo la
seconda guerra mondiale. Ricerca
molto approfondita, arricchita da
interviste di testimoni che hanno
vissuto l’esodo. Presenti alla manifestazione, oltre alla rappresentanza del Comune di Alessandria , il
prefetto e le alte cariche di Guardia di Finanza, Carabinieri, Pubblica Sicurezza e Vigili del Fuoco.
Alle ore 18.00, presso la Prefettura, alla presenza del ministro
della Sanità Renato Balduzzi, il
prefetto Romilda Tafuri, ha consegnato una medaglia d’onore
***
DELEGAZIONE
DI AREZZO
omenica 3 febbraio, nei
locali dell’oratorio di Levane, si è tenuta la celebrazione del
Giorno del Ricordo. Per l’occasione, per «Lettori al caffè», evento
organizzato dal Comune e dalla
Biblioteca di Montevarchi, la prof.
ssa Cristina Ulivieri con gli studenti della classe 3.a B dell’Istituto
Comprensivo “F. Mochi” e gli esuli
istriani Claudio Ausilio (Delegato
Anvgd), Giulio Sabatti e Manlio
Giadrossich, hanno letto brani
tratti dal libro di Stefano Zecchi
Quando ci batteva forte il cuore. Gli
esuli citati hanno inoltre fornito
importanti fotografie, documenti
e testimonianze sulla loro storia.
È stata una occasione impor-
tante per i molti studenti presenti,
ai quali è stato dato modo di confrontarsi con il pubblico, di leggere
il romanzo e di studiare una importante ma purtroppo dimenticata
pagina di storia. La storia di Sergio,
protagonista del racconto di Zecchi ha visibilmente appassionato i
giovani lettori perché ha permesso
loro di “vivere” la condizione degli
istriani, fiumani e dalmati che da
un giorno all’altro si ritrovarono ad
essere profughi in Italia.
Presente anche il sassofonista
Carmelo Librizzi che ha improvvisato al sax le emozioni della serata.
Arezzo ricorda le vittime
delle foibe
W
er commemorare le vittime delle Foibe e l’esodo italiano dall’Istria, da Fiume
e dalla Dalmazia, domenica 10
Febbraio alle 12.00 si è svolta la
cerimonia di deposizione di una
corona di alloro in Largo Martiri
delle Foibe, presenti le autorità
cittadine e militari.
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***
COMITATO
DI BOLOGNA
Tutte le iniziative nel
capoluogo e in Provincia
nche quest’anno il Giorno del Ricordo ha visto
programma di commemorazioni, conferenze, letture e concerti.
Il primo momento significativo si è svolto lunedì 4 febbraio: il Consiglio Provinciale
si è riunito in seduta solenne,
presente la presidente, Beatrice
L’autrice, autorevole studiosa
della storia dei Paesi dell’Adriatico, ha invitato a guardare gli
eventi dell’esodo all’interno di
un contesto più ampio, che di
esodi ne ha visto innumerevoli.
All’analisi dei fatti puntuale e documentata è seguita una seconda
parte in cui è stato spesso citato
il libro Bora di Nelida Milani e
Anna Maria Mori, attendibili
testimoni oculari degli eventi,
racconto prezioso e lucido, che
riporta i fatti storici con qualità
letteraria.
Domenica 10 si sono svolte
diverse manifestazioni: la mattina, alle ore 10.00, è stata deposta
una corona d’alloro sulla lapide
posta nella Stazione centrale,
al primo binario, che ricorda il
passaggio del treno che condu-
ĐŽŶƚŝŶƵĂŹ
8
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
ceva gli esuli nelle varie città di
destinazione. Presenti l’assessore
Matteo Lepore e la presidente
del Consiglio comunale Simona
Lembi. Alle ore 11.00, è stata
deposta una corona d’alloro alla
rotatoria Martiri delle Foibe, in
via Cristoforo Colombo.
Restaurata e ripristinata la
lapide in ricordo degli Esuli
h
n altro appuntamento
di grande significato si
è svolto sabato 16 febbraio. Alle
ore 11.00, in via dell’Artigiano,
nel Quartiere San Donato dove
sorgeva il Villaggio Giuliano, davanti ad un numeroso pubblico
è stata ricollocata una lapide ritrovata e restaurata nella quale
si legge «La Nazione ai giuliani e
ai dalmati fedeli nel dolore delle
memorie alla patria immortale».
È stata anche posta una targa con
una sintetica spiegazione del significato della lapide e della presenza di tanti esuli. La cerimonia,
alla quale hanno preso parte il
presidente del Quartiere San Donato, Simone Borsari, autorità
civili e militari ed Esuli, ha suscitato un vivo interesse tra giovani
e meno giovani, rinnovando i ricordi di chi nel «villaggio giuliano» è vissuto e facendo conoscere
questa realtà (che oggi non esiste
più, in quanto le casette del villaggio sono state abbattute circa
vent’anni fa e oggi al suo posto
sorge una recente costruzione)
alle nuove generazioni. Il «Concerto per il Giorno
del Ricordo»
>
a cerimonia è stata accompagnata dalle musiche eseguite da un gruppo di
studenti di tromba della scuola
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Media “Besta”. Domenica 17,
nella Sala Silentium del Quartiere San Vitale, il Coro San Michele in Bosco - Anvgd, diretto
da Alberto Spinelli ha presentato
il «Concerto per il Giorno del
Ricordo». L’appuntamento, alla
sua seconda edizione, ha visto
i posti della sala rapidamente
esauriti. Il programma presentava musica corale alternata a
musica per pianoforte a quattro
e sei mani. Il Coro ha eseguito
il raffinato Cantique de Jean Racine di Gabriel Fauré, un brano
per Coro femminile a tre voci di
Gioachino Rossini, La Carità, il
tormentato Canto autunnale di
Felix Mendelssohn, concludendo
con due brani verdiani: O Signore
dal tetto natio e Va’ pensiero. Accompagnava sul bel pianoforte
Steinway della Sala, il Maestro
Paolo Passaniti. Il direttore, Alberto Spinelli, e Paolo Passaniti
hanno quindi eseguite a quattro
mani musiche la Danza slava op.
46 n. 3 di Antonin Dvorak e una
trascinante Ouverture da La gazza ladra di Rossini. Il Concerto si
è concluso con la bella Fantasia
da l’opera La Traviata scritta per
pianoforte a sei mani dal compositore Giusto Dacci. Al pianoforte Filippo Bergonzoni, Andrea
Corridoni e Alberto Spinelli. Alla
fine applausi entusiasti per tutti.
Sabato 23 febbraio, una
delegazione del Comitato provinciale Anvgd di Bologna ha
deposto una corona d’alloro al
cippo collocato nel Giardino
Martiri dell’Istria, Venezia Giulia e Dalmazia, via Don Luigi
Sturzo, 42. Da segnalare, infine,
che verranno tenute delle conferenze in alcuni Istituti Superiori
e che la presidenza del Consiglio
comunale, con la collaborazione
del Comitato provinciale Anvgd
ha predisposto e inviato a tutti
gli istituti superiori di Bologna
e provincia il Dvd «Esodo. Una
storia dimenticata» perché sia disponibile come supporto didattico a completamento di quella
parte di storia non ancora scritta
su molti libri di testo.
Altre iniziative ancora fuori
provincia. Sabato 9 febbraio, a
Quattro Castella (Reggio Emilia),
dove riposano le spoglie di Graziano Udovisi, unico sopravvissuto alle Foibe, presso la scuola
media si è svolta la cerimonia
di premiazione degli allievi delle scuole ed è stata consegnata
la targa intitolata a «Graziano
Udovisi un Testimone Italiano»
a Rossana Mondoni, studiosa
delle vicende storiche del confine
orientale dopo la II Guerra mondiale. L’iniziativa è a cura della
Famiglia Udovisi e del Comitato
Anvgd di Bologna.
A San Lazzaro di Savena
E
el pomeriggio a San
Lazzaro di Savena si è
svolta una suggestiva e partecipata cerimonia ufficiale. Davanti
al monumento ai Martiri delle
Foibe, nella Via loro dedicata,
sono intervenuti il sindaco di San
Lazzaro, Marco Macciantelli; il
presidente provinciale Anvgd
Marino Segnan; la presidente
Giunta Regionale Emilia Romagna, Palma Costi, del parroco di
San Lazzaro, mons. Domenico
Nucci e diverse autorità civili e
militari. Davanti ad un pubblico
numeroso, alla presenza dei gonfaloni di Provincia e Regione e ai
labari di diverse associazioni d’arma, mentre veniva eseguito il Silenzio, è stata deposta una corona
d’alloro ai piedi del monumento
dell’artista Achille Ghidini.
A Zola Predosa e
Casalecchio di Reno
ltri momenti sono seguiti nei giorni successivi. Lunedì 11, nel Comune di
Zola Predosa, è stato proiettato
il documentario sull’esodo «La
memoria negata». È seguita una
conferenza di Marino Segnan,
Paolo Jelic e Maria Grazia Benci,
testimone di un doppio esodo.
Presentazione dell’Assessore alla
cultura, Antonio Buccelli.
Martedì 12, nella Casa della Conoscenza, a Casalecchio
di Reno, si è tenuta una serata,
promossa dal Comune, intitolata «Storie della frontiera occidentale». I volontari del gruppo
«Legg’io» hanno magistralmente
letto brani da libri di Stefano
Zecchi, Fulvio Tomizza, Anna
Maria Mori, Nelida Milani, Marisa Madieri e Carlo Sgorlon.
Dietro di loro scorrevano le immagini del documentario «La
memoria negata».
ŚŝĂƌĂ^ŝƌŬ
***
organizzato un Seminario di riflessione e di studio rivolto ai dirigenti scolastici e agli insegnanti
delle scuole secondarie di 1° e di
2° grado, in occasione del quale è
stato presentato dagli autori, Paola Dalla Costa e Nicola Carraro,
il fascicolo didattico Una questione del ‘900. Le vicende ai confini
orientali d’Italia dall’Armistizio
di Villa Giusti, Padova 1918, ai
giorni nostri. All’incontro erano
presenti Chiara Saonara, vicedirettrice dell’Istituto Veneto per la
storia della Resistenza e dell’età
contemporanea che ha messo in
rilievo l’importanza della memoria e la necessità di conoscere la
storia; Graziella Fiorentin che
ha reso testimonianza e Italia
Giacca, presidente del Comitato Provinciale Anvgd che ne ha
presentato la genesi e le funzioni,
ieri e oggi.
Il 7 febbraio, al Cinema
“Porto Astra” è stato proiettato il
film di Luigi Zampa Cuori senza
frontiere, presentazione e testimonianza di Italia Giacca e Mario
Bonifacio. L’8 febbraio, nella Sala
Polivalente “Paride Piasenti” del
Museo dell’Internato Ignoto di
Terranegra, è stato rappresentato
uno spettacolo teatrale dal titolo
Il lungo esodo a cura della compagnia teatrale Belteatro e Terracrea.
Autrice del testo una giovane padovana che si è esibita assieme ad
altri due attori, tutti molto bravi.
Sorprendente in giovani non giuliano-dalmati l’adesione alle nostre tragiche vicende e la perfetta
conoscenza delle stesse, segno di
attenzione e studio.
Il 9 febbraio, nel Centro Culturale Altinate-San Gaetano Padova, inaugurazione della Mostra
COMITATO
DI PADOVA
Un impegnativo calendario
di interventi per il Giorno
del Ricordo
W
artenza veloce quest’anno e particolarmente ricca di interventi per il Comitato
ancor prima del Giorno solenne del Ricordo. Dal 2 febbraio
numerosi sono stati gli incontri nelle sedi somunali e nelle
scuole. E un apprezzabile rilievo
è stato dato dalla stampa e dalle
emittenti locali, con interviste e
servizi, tra i quali: il 5 febbraio
«Tv7 Gold», con Italia Giacca
e Adriana Ivanov; l’8 febbraio
«Tv7 alle sette» Tri-Veneta, con
Italia Giacca, Adriana Ivanov,
Franco Luxardo; il 10 febbraio
«Tele Nuovo», con Italia Giacca;
il 14 febbraio «Rete Veneta», con
Adriana Ivanov.
E di seguito le iniziative promosse dal Comitato padovano.
Il 5 febbraio, nell’Aula Magna dell’Istituto Tecnico Statale
Commerciale e per il Turismo
“Luigi Einaudi”, l’Assessorato
alle Politiche Scolastiche ed Educative del Comune di Padova in
collaborazione con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Padova ha
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Istria, ieri e oggi, nelle immagini.
Dopo i saluti dell’assessore alla
Cultura del Comune di Padova,
Cristina Toso, la presidente Italia
Giacca ne ha spiegato la genesi.
La mostra si presenta come un
assemblaggio tra quella inaugurata a Trieste da Mariuccia Ragaù e
alcuni pannelli realizzati da Tullio
Canevari in collaborazione con
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Mario Grassi e Franco Dazzara.
Il 17 febbraio, nell’Auditorium del centro culturale “Altinate- S.Gaetano”, dopo i saluti della
rappresentante comunale Cristina Toso, Italia Giacca e Giampiero Vecchiato hanno brevemente
tratteggiato il libro Istria d’amore, lasciandone la presentazione
all’autore, Ulderico Bernardi ,
che ha coinvolto il numeroso
pubblico presente in un viaggio
attraverso una terra composita e
affascinante che ha amato fin dal
1960 e che gli è entrata nel cuore.
A Padova la cerimonia
istituzionale del 10
Febbraio
/
l 10 Febbraio, davanti a
Palazzo Moroni, sede del
Municipio di Padova, ha avuto
luogo la cerimonia istituzionale
di commemorazione del Giorno
del Ricordo alla presenza delle
autorità civili e militari. La solennità del momento è iniziata
con la deposizione di una corona
d’alloro sulla lapide che ricorda
i martiri delle Foibe, con l’ac-
compagnamento della fanfara
dei Bersaglieri in congedo, tra i
labari delle Associazioni combattentistiche e d’Arma e i gonfaloni
del Comune, della Provincia e
dell’Università. Così ha esordito
il Vicesindaco, Ivo Rossi: «Nove
anni dalla istituzione del Giorno
del Ricordo sono ancora troppo
pochi per riparare una doppia
ingiustizia, quella delle foibe e
dell’esodo». Concetto ribadito
subito dopo anche dall’assessore
provinciale Enrico Pavanetto.
Intenso come sempre l’intervento della presidente Giacca
che, citando il pensiero di Pablo
Neruda «La parola è un’ala del silenzio» ha detto che l’espressione
ben si adatta alla nostra storia…
Anche noi dopo lunghi anni di
silenzio mettiamo «le ali» a parole messaggere di sentimenti, scrigno dell’animo umano….. Il testimone sta passando alla nuova
generazione che è in grado di far
sua quella parte di responsabilità
storica e culturale con una grande battaglia di civiltà e di cultura,
principi che non si spengono come ha detto il neo presidente
nazionale, Antonio Ballarin - con
lo spegnersi di una generazione».
È seguita la S. Messa in onore delle vittime delle Foibe.
Le manifestazioni in
provincia
>͛
8 febbraio, nella Sala
Agostiniani del Comune
di Polesella, interventi vari sul tema
Gli esuli di Fiume e della Dalmazia.
Presenti il sindaco Ornella Astolfi
che ha salutato e ringraziato, l’assessore alla Cultura, Daniele Milan, il delegato Anvgd di Rovigo
Lorenzo Maggi. Serata di commozione con gli interventi dei testimoni delle tristi vicende, Adriana
Ivanov, esule da Zara e Nidia Zemella Colmanni, esule da Fiume.
Nel Comune di Fontaniva, conferenza di Elio Ricciardi.
Successivamente, scoprimento di
una lapide alle vittime delle Foibe e celebrazione della S. Messa.
Nel Comune di Este, proiezione del film Cuori senza frontiere, presentazione di Italia Giacca,
excursus storico di Adriana Ivanov.
Nel Comune di Maserà, interventi di Italia Giacca e Adriana Ivanov, cui ha fatto seguito
la rappresentazione teatrale E la
barca va…
Nella Sala comunale di Cadoneghe, il 14 febbraio, proiezione de La città dolente, presentazione e testimonianze di Italia
Giacca e Mario Grassi.
Nella Biblioteca comunale di
Battaglia Terme, il 15 febbraio,
Tullio Canevari ha presentato la
Mostra Istria fecunda e industriosa, sulla villa romana di Loron
(Parenzo).
Nel Comune di Saonara,
presso l’Auditorium di Villatora,
commemorazione del Giorno del
Ricordo, testimonianze di Dario
Odoni e Italia Giacca.
Nell’Auditorium del Comune di Limena, il 16 febbraio, proiezione del film La città dolente
con presentazione di Italia Giacca, preceduta dai saluti del sindaco, dell’assessore alla Cultura
e un intervento di Franca Dapas
sul significato dell’esodo.
Il Viaggio della Memoria
/
l 18 febbraio, con partenza da Padova, sei classi
di altrettanti Istituti Superiori
hanno partecipato al Viaggio
della Memoria e del Ricordo
promosso come ogni anno dal
Comune di Padova - Assessorato alle Politiche Giovanili, con
destinazione Trieste e visite alla
Risiera di S. Sabba, alla Foiba di
Basovizza, all’ex campo profughi
di Padriciano. Accompagnatori
per il Comune Chiara Saonara,
vicedirettrice dell’Istituto per la
Resistenza, Annarosa Davi, comandata allo stesso Istituto e
Franca Dapas, in rappresentanza
dell’Anvgd di Padova. Significativo l’impegno del Comune «per
diffondere la conoscenza della
storia alle nuove generazioni e
per promuovere i valori di pace,
libertà, democrazia, solidarietà».
Sempre il 18 febbraio, nella Sala Polivalente del Museo
Internamento, Elio Ricciardi
ha presentato il filmato Vento
dell’Adriatico.
/
Altre iniziative
noltre, con la collaborazione della Delegazione
Anvgd di Rovigo, sono stati promossi i seguenti interventi: il 4
febbraio, nell’Istituto Comprensivo di Rovigo 3, Scuola Secondaria Primo Grado “G.B. Casalini”, Graziella Fiorentin, esule da
Canfanaro e autrice del libro Chi
ha paura dell’uomo nero? è intervenuta con la sua testimonianza
sull’esperienza personale, mentre
Daniele Milan, collaboratore della
delegazione di Rovigo, ha parlato
del «significato della Giornata del
Ricordo». Presente anche un’esule
da Fiume, la signora Nidia Colmani Zemella che ha reso una
toccante testimonianza sulla sua
triste vicenda con la sparizione del
padre, catturato il 2 maggio 1945
e non più ritrovato. Gli stessi interventi vengono ripetuti lo stesso
giorno nell’Istituto Compressivo
di Polesella, Scuola Secondaria primo Grado “ Nino Serafini”.
Il 5 febbraio, ore 11 nell’Istituto Comprensivo Rovigo1,
Scuola Secondaria di primo grado, “G.Bonifacio”, dopo i saluti
e i ringraziamenti del dirigente
scolastico e la presentazione di
Daniele Milan, il Delegato Anvgd di Rovigo, Lorenzo Maggi,
è intervenuto sul significato del
Giorno del Ricordo e Franca Dapas ha reso la sua testimonianza di esule da Rovigno d’Istria,
inserita in un excursus storico,
mentre l’esule da Fiume, Nidia
Colmani Zemella, ha commosso
tutti con la narrazione della sua
tragedia familiare.
Molti gli interventi nelle
Scuole Medie Inferiori e Superiori, con la presenza di Mario Grassi, Elio Ricciardi, Italia Giacca e,
in particolare, di Adriana Ivanov
e Franca Dapas, interventi che
sono continuati fino al mese di
aprile per far conoscere ai giovani la nostra storia, ma soprattutto per «far diffondere l’antica
e fondamentale presenza italiana
nell’Adriatico Orientale» come si
è espresso il presidente nazionale
Ballarin nell’ultimo numero della “ Difesa Adriatica”.
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***
COMITATO
DI PALERMO
L’omaggio al Cippo Martiri
delle Foibe
E
onostante le avverse
condizioni
atmosferiche, il 10 Febbraio è stato celebrato dal Comitato palermitano
presieduto da Gino Zambiasi e
dalla Amministrazione cittadina nel corso di una cerimonia
svoltasi davanti al Cippo eretto
in ricordo dei Martiri delle Foibe e avvolto per l’occasione nelle
bandiere italiana istriana, fiumana e dalmata. La manifestazione
ha visto la presenza di un buon
gruppo di esuli istriani che non
mancano mai di intervenire col
cuore ed il sentimento. Significativa la partecipazione di diverse autorità civili e militari che si
sono unite alla cerimonia con i
rispettivi labari.
L’amministrazione provinciale ha aderito alle manifestazioni
del Giorno del Ricordo, rappresentata dall’assessore Dario Falzone. «Durante la cerimonia - ha
commentato Zambiasi - ho avuto
modo di stringere la mano anche
a tanta gente comune alla quale
mi è capitato di rispondere circa il
perché di questa indimenticabile
giornata. Si deve sicuramente ricordare la presenza del Generale
di Brigata Gualtiero Consolini,
presidente Unuci della Sicilia,
nativo di Pola, che non manca
mai di presenziare la cerimonia
unitamente alle altre Associazioni
d’Arma con labari e Bandiere».
Dopo la Cerimonia alla «Villa Martiri delle Foibe» (dove si
trova il Cippo), i convenuti si
sono recati alla Chiesa di Maria
SS. Consolatrice, situata a breve
distanza, dove il parroco Don
Giuseppe Spataro ha celebrato
la S. Messa. Nella Chiesa, la cerimonia si è svolta non solo alla
presenza degli esuli, ma di numerosi fedeli locali.
Il giorno 8 febbraio il presidente del Comitato Gino Zambiasi si è recato all’Istituto “ Duca
degli Abruzzi” dove ha commentato un Dvd di immagini illustrative delle vicende storiche della
popolazione giuliana e dalmata
di fronte ad un centinaio di studenti con i rispettivi insegnanti,
rimasti ammutoliti di fronte a
quelle toccanti immagini.
Il 9 febbraio, presso il Liceo
“Garibaldi” si è svolta una manifestazione, sempre in relazione
al Giorno del Ricordo, durante
la quale, purtroppo, non è stata
consentita la presenza di persone
estranee all’Istituto.
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***
COMITATO
DI PISA
La commemorazione in
Palazzo Gambacorti
L’omaggio alle donne giuliane e dalmate
omenica 10 febbraio a
Pisa le cerimonie in memoria dei martiri delle Foibe organizzate dal Comune di Pisa, dalla
Provincia di Pisa, dalla Prefettura
di Pisa e dal Comitato provinciale
Anvgd guidato da Rossella Bari.
Le manifestazioni hanno
avuto inizio a Marina di Pisa, al
Villaggio Profughi di Via Milazzo
55, con la deposizione della corona di alloro al Cippo «Martiri
delle Foibe». Quindi, al Cimitero
suburbano di Pisa, nella Chiesa
di San Gregorio, la celebrazione
della S. Messa, officiata da mons.
Egidio Crisman alla presenza delle massime autorità cittadine. Nel
corso dell’omelia egli, profugo da
Fiume, ha ricordato la tragedia
dell’esodo e delle foibe. È seguita
la deposizione della corona d’alloro al Cippo Vittime delle Foibe e degli esuli giuliano-dalmati
alla presenza del prefetto di Pisa
Francesco Tagliente, del sindaco
Marco Filippeschi, del presidente
della Provincia Andrea Pieroni e
di una qualificata rappresentanza
dell’Anvgd. Sono state deposte le
corone della Prefettura, del Comune, della Provincia e dell’An-
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vgd, mentre un trombettiere
eseguiva il Silenzio. La presidente
Rossella Bari ha quindi letto la
Preghiera degli infoibati scritta da
mons. Antonio Santin.
Alle ore 12.00, a Palazzo
Gambacorti sede del Comune,
la solenne commemorazione del
Giorno del Ricordo, alla quale
sono intervenuti il prefetto di
Pisa Francesco Tagliente, il sindaco di Pisa Marco Filippeschi, il
presidente della Provincia Andrea
Pieroni.
Nel suo intervento, il prefetto Tagliente ha rivolto un pensiero a tutti i familiari delle vittime
dei massacri delle Foibe ed ai rappresentanti delle associazioni che
coltivano la memoria di quella
tragedia e dell’esodo di intere popolazioni, sottolineando il grande
impegno a non dimenticare, registrato negli ultimi anni da parte
delle Istituzioni. «Stragi come
quelle delle Foibe e dell’Olocausto non devono essere dimenticate - ha sottolineato Tagliente - ma
devono costituire un monito per
le nuove generazioni, affinché
sviluppino un profondo spirito di
comprensione e solidarietà verso
tutti i nostri simili, qualunque sia
la loro estrazione geografica, storica, politica, religiosa e sociale».
Al termine la presidente del
Comitato Anvgd ha ringraziato
i rappresentanti delle istituzioni
per la disponibilità e la collaborazione avuta nell’organizzare il
Giorno del Ricordo e ha sottolineato la necessità che le vicende
drammatiche del confine orientale siano studiate con obiettività, con onestà intellettuale senza
pregiudizi ideologici.
Il 20 marzo, a cura del Comune e del Comitato provinciale, nell’ambito delle varie
manifestazioni previste dall’Amministrazione comunale nel mese
di marzo dedicato alle donne, è
stato presentato nella Sala Regia
di Palazzo Gambacorti il volume
La donna in Istria e in Dalmazia
nelle immagini e nelle storie edito
dalla Anvgd nazionale a cura di
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Giusy Criscione, nel quale sono
confluiti i materiali iconografici
e documentari della mostra omonima allestita nel 2005 dall’Anvgd nella Biblioteca Nazionale di
Roma. A presentare il volume la
stessa curatrice.
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***
COMITATO
DI VERONA
La XII edizione del Premio
«Generale Loris Tanzella»
/
l 22 marzo scorso, presso il
Foyer del Teatro Nuovo di
Verona, si è svolta la cerimonia
di premiazione della XII edizione
del Premio Letterario Nazionale
«Associazione Nazionale Venezia
Giulia e Dalmazia Comitato di
Verona - Gen. Loris Tanzella».
La cerimonia di premiazione ha
concluso le manifestazioni organizzate dal Comitato di Verona
in collaborazione con l’Amministrazione comunale per celebrare
il Giorno del Ricordo.
In una sala gremita di pubblico, il consigliere Antonia Pavesi,
delegato alla cultura, ha portato
il saluto del sindaco di Verona,
Flavio Tosi, sottolineando l’importanza della manifestazione
nel mantenere viva la memoria di
eventi che hanno segnato tragicamente le popolazioni dell’Istria,
di Fiume e della Dalmazia e
la profonda condivisione della
causa giuliano dalmata da parte
dell’Amministrazione Comunale
sempre vicina al Comitato Anvgd
di Verona.
La presidente del Comitato,
avv. Francesca Briani, ha rivolto ai
numerosissimi ospiti un caloroso
saluto ed ha ringraziato in particolare mons. Roberto Tebaldi,
vicario del vescovo di Verona e
il prof. Maurizio Zangarini, docente di Storia Contemporanea
dell’Ateneo veronese e presidente
dell’Istituto veronese per la Storia
della Resistenza e dell’Età Contemporanea. La presidente ha poi
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sottolineato come il Premio, attraverso le opere in concorso, offra
l’opportunità di conoscere i tanti
risvolti della storia e della tradizione culturale delle terre italiane del
confine orientale. Ha ringraziato
inoltre i componenti della Giuria
del Premio, la presidente, prof.ssa
Loredana Gioseffi e i consiglieri
Tullia Manzin, Donatella Stefani
Veronesi, Dolores Ribaudo e Giuseppe Piro, per il lavoro impegnativo che quest’anno hanno svolto
in considerazione della qualità e
dell’elevato numero delle opere in
concorso.
La prof.ssa Loredana Gioseffi
ha quindi illustrato le finalità del
Premio istituito dal Comitato di
Verona dell’Anvgd per salvaguardare e divulgare il patrimonio
culturale, storico, artistico e linguistico delle terre dell’Istria, di
Fiume e della Dalmazia e far conoscere la causa giuliano-dalmata
nei suoi molteplici, complessi e
tragici risvolti. Le novità che caratterizzano questa XII edizione
del Premio, riguardano alcuni lavori che evidenziano, da un lato
un approccio originale, moderno
alle vicende del confine orientale
come mai si era verificato nelle
edizioni precedenti e dall’altro lavori di ricerca, di notevole interesse e molto specifici nei contenuti,
finora mai affrontati e strutturati
in modo innovativo. Numerosissime anche quest’anno le opere in
concorso che la Giuria ha suddiviso nelle seguenti sezioni: Narrativa, Storia, Lingua, Testimonianze e
Sezione Giovani.
La
presidente
della Giuria Loredana Gioseffi ha quindi
aperto la XII edizione del Premio con il
conferimento del Primo Premio assoluto
della grande tradizione religiosa di
Rovigno d’Istria. Questo patrimonio trae le sue origini nell’antica
tradizione del patriarcato di Venezia e di Grado e ancor prima di
Aquileia, come tramandato nelle
liturgie cattoliche di rito latino
delle più antiche ed insigni chiese dell’Istria, del Quarnero e della
Dalmazia.
Rovigno fu esempio di cattolicità per tutta l’Istria, parrocchia
modello mai eguagliata. La religiosità dei suoi abitanti era espressione di una fede bimillenaria,
fondamento della civiltà istriana
e le tradizioni liturgiche erano
parte dell’identità stessa dell’essere rovignese. L’opera, pertanto, ha
un valore inestimabile, in quanto
salva questo patrimonio che si era
sviluppato nel corso dei secoli e lo
salva perché la tragedia dell’esodo
che, nel corso del secondo conflitto mondiale e nell’immediato
dopoguerra, travolse e disperse
la popolazione giuliano-dalmata,
provocò una devastante disgregazione e frammentazione culturale.
Conseguentemente le generazioni depositarie e custodi delle più
diverse tradizioni, quindi anche
quella religiosa, o si erano estinte
o erano irraggiungibili.
Con le riforme attuate dal
Concilio Vaticano II, poi, le liturgie officiate nelle chiese di Rovigno o furono abolite o del tutto
trasformate. Il lavoro dell’Autore
si rivela quindi di straordinaria
importanza e per questo la Giuria
ha deciso di conferirgli il Primo
Premio Assoluto della XII edizione. L’importante riconoscimento è stato consegnato a Di Paoli
dalle presidenti Francesca Briani
e Loredana Gioseffi, alla presenza
del vicario del vescovo di Verona,
mons. Roberto Tebaldi. La motivazione del Premio è stata invece
letta dall’esule rovignese Giuseppe
Gioseffi con comprensibile commozione e orgoglio, anche in considerazione del fatto che risulta
presente in una foto del volume
premiato come allievo della banda dell’oratorio salesiano di Rovigno nel 1934, all’età di 13 anni.
L’attore del Teatro Nuovo Mirco
Segalina ha letto i versi toccanti
di due poesie presenti nell’opera
premiata dal titolo Chiesa, chiese,
chiesette di Rovigno di A. Inchiostri
e A douti i ruvignisi sparnissadi di
Antonio Benussi Moro. La cerimonia, in un’atmosfera di sentita
commozione e partecipazione, è
proseguita con il conferimento
dei premi assegnati
Premio Letterario
A-Comitato
di Verona
«Gen. Loris Tanzella».
I premiati della XII
Edizione e le motivazioni
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rimo Premio Assoluto
«Così Rovigno canta e
prega a Dio», di David di Paoli Paulovich. «Opera di gran
mole, che, attraverso un lavoro
ventennale di ricerca minuziosa
ed appassionata, riporta in vita
la grande tradizione religiosa,
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al dott. David Di Paoli Paulovich
autore dell’opera Così Rovigno
canta e prega a Dio. La grande tradizione religiosa, liturgica e musicale di Rovigno d’Istria. Un’opera
ponderosa dal valore inestimabile,
che sorprende per la sua compiutezza, ha sottolineato la presidente, in quanto riporta in vita un
patrimonio culturale che il dramma dell’esodo aveva disgregato
e frammentato. Si tratta di una
ricerca capillare svolta dall’autore
con ferma ostinazione (e «meticolosa e infinita pazienza» per usare
le sue stesse parole) che ha per oggetto la liturgia e la musica sacra
11
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liturgica e musicale di Rovigno
d’Istria, riunendo tutte le fonti oggi disponibili in materia.
Questo patrimonio, espressione
sublime della bimillenaria civiltà istriano-veneta, si ricompone
come in un mosaico dopo che le
dolorose vicende dell’esodo e le
trasformazioni operate dalla riforma post-conciliare ne avevano
determinato la sua disgregazione, annullando al tempo stesso
tutte le tradizioni popolari ad
esso collegate. La religiosità, profondamente radicata nel tessuto
socio-culturale della comunità
rovignese senza alcuna distinzione di ceto e di età, ne permeava il
vivere quotidiano e si esprimeva
nelle svariate forme di devozione
popolare, nella solennità dei riti
e nella bellezza delle melodie,
grazie alle quali la parrocchia di
Rovigno aveva primeggiato nei
secoli».
Sezione Storia - Primo Premio
«Il confine orientale da Campoformio all’approdo europeo», di
Giorgio Federico Siboni. «Disamina precisa e minuziosa dei
mutamenti del confine orientale
come conseguenza delle guerre
degli ultimi due secoli. L’impianto segue un ordine cronologico necessario per inquadrare
le complesse vicende di un’area
di frontiera dove le differenze
etniche, culturali e alla fine politiche hanno scatenato tensioni e
lacerazioni fino al tragico epilogo
delle foibe e dell’esodo. Data la
ricchezza dei documenti esaminati, quest’opera potrebbe essere
la fonte per ulteriori svolgimenti
di più ampio respiro anche in
ambito scolastico, in un percorso
che prelude all’unione degli stati
europei».
Sezione Storia - Secondo Premio «“Mosaico dalmata”. Storie
di dalmati italiani», di Guido
Rumici. «L’interessante volume
raccoglie un’introduzione storica
sulle comunità italiane in Dalmazia fra il 19° e 20° secolo, con
valorizzazioni di documenti poco
noti alla storiografia ufficiale,
importanti per la ricostruzione
delle politiche culturali nell’epoca della dominazione asburgica.
All’introduzione segue la sezione “Saggi e testimonianze” che
arricchisce i dati d’archivio con
quelli delle memorie personali e
familiari degli italiani in Dalmazia fra l’età asburgica e gli anni
dell’ultimo esodo».
Sezione Storia - Terzo Premio
«Miniere d’Arsia tra eventi storici e sociali», di Antonio Zett.
«L’evoluzione storica della
zona mineraria dell’Arsia coinvolge le vicende di un periodo
e di una regione più vaste. L’attenzione dell’autore si rivolge alla
vita e alle problematiche sociali
dei minatori, una popolazione
variegata, di diversa provenienza geografica, che ha svolto un
duro lavoro con un forte senso di
appartenenza. Alle vicende tragiche, legate alla pericolosità intrinseca dell’attività mineraria, si
sono aggiunte nel corso della storia le persecuzioni, le deportazioni nei campi di concentramento,
gli eccidi delle foibe che hanno
resi martiri questi lavoratori oggi
dimenticati».
Menzione d’Onore - Sezione Storia «Le Cinque Giornate
di Fiume», di Silvia Moscati.
Menzione d’Onore - Sezione Storia «Guida agli attori giuliano
dalmati», di Alessandro Cuk.
Menzione d’Onore - Sezione Storia «Piccola storia di Fiume 1847
- 1947», di Rodolfo Decleva.
Sezione Lingua - Primo Premio «La lingua veneta e i suoi
dialetti», di Giovanni Rapelli.
«L’autore, valente linguista, svolge un lavoro minuzioso
di ricerca dove traspare anche il
suo amore per la terra e la lingua
di origine. La lingua veneta per
secoli ebbe importanza europea
grazie alla Repubblica di Venezia
e fu usata in diplomazia, negli
scambi commerciali, nella Commedia dell’Arte e in letteratura.
L’opera, non voluminosa nella
mole, ma densa di contenuti,
mette in risalto la continuità della cultura italiano-veneta in Istria
ed in Dalmazia. La ricerca sui
dialetti, un tempo più radicati di
oggi, rappresenta un patrimonio
culturale da trasmettere alle nuove generazioni».
Menzione d’Onore - Sezione
Lingua «Voci veneto-italiane nella parlata della città di Lesina», di
Ferruccio Delise.
Sezione Testimonianze - Primo Premio «Parenzo. Gente, luoghi, memoria», di Aulo Crisma.
«Nella
testimonianza
dell’autore si nota un’appassionata ricerca del passato, dopo il
sofferto esodo, di persone e luoghi, ripercorrendo le strade che
lo hanno visto ragazzo e poi giovane studente alle Magistrali. La
vita quotidiana della comunità
parentina si anima nel racconto
di aneddoti e di fatti curiosi, nelle descrizioni bonarie di persone
note del paese, suscettibili di caricature, dalle felici espressioni
dialettali, curiose nel loro significato. Prosa vivace e ritmo narrativo avvincente che catturano il
lettore come un film di luoghi e
persone».
Sezione Testimonianze - Secondo Premio «I gatti di Pirano.
Dal mare istriano al campo di
Fossoli», di Anna Malavasi e Marino Piuca.
«In quest’opera gli autori
raccontano le peripezie di una
famiglia che dalla natia Pirano
segue la sorte di centinaia di migliaia di persone esuli dall’Istria e
dalla Dalmazia dopo il secondo
conflitto mondiale, costrette ad
abbandonare la terra d’origine.
La descrizione passa attraverso
la nostalgica ricerca dell’infanzia
perduta del piccolo Marino con
il distacco dalle quotidianità di
quel luogo meraviglioso sul mare
fino ad arrivare, attraverso alcuni passaggi di campi profughi, al
Villaggio San Marco di Fossoli
di Carpi in Emilia. Il racconto è
intervallato da brani di scrittori
triestini ed istriani, legati come
l’autore, a quei luoghi».
Menzioni d’Onore - Sezione
Testimonianze «Mare e Fiume nel
cuore», di Reneo Lenski. «Lontani anni verdi. Ricordi di un muleto polesan», di Glauco Dinelli.
«24 maggio. Sogni e speranze»,
di Mario Lorenzutti. «Quei de
Via Carpaccio.Zibaldone», a
cura dei “Quattro Moschettieri”, di Ruggero Botterini, Bruno
Carra, Francesco Tromba, Veniero Venier. «Come Eva ma sensa
pecà», di Amina Dudine.
Conferimento Targa Pisani
“Per non dimenticare”. Il Gen.
Pisani ha consegnato la sua bellissima targa “Per non dimenticare” alla Signora Tiziana Pulich
Dabovic, giornalista presso la
casa editrice Edit di Fiume e direttrice del giornalino per ragazzi
“Arcobaleno” per la sua raccolta
di poesie.
Sezione Narrativa - Primo
Premio «I cento veli», di Massimiliano Comparin.
«Opera moderna scritta da
un giovane che coinvolgerà anche i giovani. Un crescendo di
suspence accompagna l’intera
narrazione con imprevedibili
colpi di scena quasi a presagire la
tragicità dell’epilogo. Nel clima
di una Trieste mitteleuropea si
inseriscono personaggi dal profilo ambiguo e tenebroso, coinvolti nelle vicende storiche verificatesi dopo l’otto settembre 1943».
Menzioni d’Onore - Sezione
Narrativa «9 gennaio 1944», di
Giuliana Donorà. «Dedicato a
mio padre esule figlio di una terra perduta», di Rita Muscardin.
Sezione Giovani - Premio Unico «Il grande esodo. Memorie di un’esule istriana», di
Martina Raimondo. «La giovane
autrice, nel riproporre la testimonianza dell’esodo da Cittanova d’Istria della nonna paterna,
fa conoscere non solo il dramma
della famiglia di origine, ma anche le tragiche vicende di tante
vite di perseguitati istriani, travolte dal vento della Storia. Il
suo lavoro, organico e lineare,
frutto di un lodevole impegno
e di una spiccata sensibilità, si
avvale di opportuni e puntuali
riferimenti storici e si arricchisce
di significative citazioni letterarie
inerenti al tema del distacco dalla
terra natia e dallo sradicamento
da essa senza prospettiva di ritorno, nella diversità delle situazioni
storiche, sociali e individuali».
Menzione di Merito - Classe
V Sezione A Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “Giuseppe Medici”, Porto di
Legnago (Verona) «Le foibe: da
cavità naturali del Carso a nere
culle di orribili massacri».
Attestati di Partecipazione
«Questo è uno, uno dei tanti»,
di Guerrino Kotlar. «Raccolta
di poesie», di Mariella Potocco
Barbato. «Dindio che pensa»
Miscellanea di Silvia Sizzi.
COMITATO
DI VICENZA
in Palazzo Trissino
/
l Giorno del Ricordo è
stato celebrato a Vicenza
sabato 9 febbraio nella Sala degli Stucchi di Palazzo Trissino,
sede del Comune. La cerimonia
è stata organizzata dall’Amministrazione cittadina in collaborazione con il Comitato Anvgd
vicentino guidato da Coriolano
Fagarazzi. Questi, nel corso del
suo intervento ha rievocato gli
eventi richiamati dalla legge
istitutiva del Giornata del Ricordo. Sono seguiti la lettura di
alcuni brani e poesie e un concerto degli allievi del Conservatorio “Arrigo Pedrollo”.
Domenica 10 febbraio momento celebrativo al Cimitero
maggiore, con la deposizione
della corona d’alloro e gli onori
ai Martiri delle Foibe, il saluto
dell’Amministrazione comunale e del presidente del Comitato
provinciale Anvgd Coriolano
Fagarazzi e la lettura dell’invocazione per le vittime delle
Foibe.
- ma di fascisti in Istria ce n’erano come in Veneto o in Calabria. Eravamo parte dell’Italia.
Avremmo dovuto infoibare tutti
i fascisti italiani? C’erano fascisti come antifascisti, partigiani,
carabinieri infoibati. Abbiamo
espresso esponenti di ogni parte
politica. Noi non siamo fuggiti
in Italia, eravamo Italia. Siamo scappati dalle persecuzioni
dell’invasione straniera del regime comunista». E non ha mancato di ricordare i significativi
interventi del Presidente Napolitano «che nel suo settennato
ha sempre commemorato questa
tragedia, parlando di “pulizia
etnica” e mettendo in evidenza
lo stuolo di negazionisti e giustificazionisti. Le date commemorative hanno lo scopo di far
riflettere, ma noi abbiamo anche
il dovere di guardare al futuro».
«Foibe, alcune scuole
rifiutano di parlarne»
>
a denuncia è partita
dall’Anvgd, alla quale
ha fatto eco il sindaco Variati:
«Inaccettabile che siano stati rifiutati gli incontri con i testimoni. Le loro storie sono importanti per i più giovani».
«Nel Dopoguerra - ha dichiarato Fagarazzi nel corso
della cerimonia a Palazzo Trissino riportato dal “Giornale di
Vicenza” - la vicenda degli esuli
giuliano dalmati era conosciuta.
Dopo è stata taciuta per opportunità politica. Noi andiamo
nelle scuole per testimoniarla,
ma troviamo ostilità e in alcune
non possiamo ancora entrare.
E questo lo dico con dolore».
Fagarazzi ha voluto sottolineare
le difficoltà incontrate nel diffondere una memoria rimossa e
ancora non condivisa.
«Veniamo tacciati di fascismo - ha proseguito il presidente del Comitato Anvgd, nato
nel campo profughi di Vicenza
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Giorno del Ricordo
10 FEBBRAIO 2013
In memoria delle Vittime delle Foibe,
dell’esodo Giuliano-Dalmata,
delle vicende del confine orientale.
Comune di Vicenza
e Associazione Nazionale
IL PRESIDENTE
Co rio la n o F a ga ra zzi
Venezia Giulia e Dalmazia
Comitato Provinciale di Vicenza
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IL SINDACO
Ach ille Va ria ti
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12
Esodo e
patria nelle
riflessioni
di Padre
Flaminio
Rocchi
e la sera dopo per i partigiani.
Un figlio nell’esercito italiano
e un altro mobilitato dai partigiani. Sei interrogato, ma non
rispondi perché hai paura di
sbagliare, perché non conosci il
croato e una parola in italiano
può rovinarti. Il vento ti porta
in casa dalla vicina Foiba l’odore acre della catasta di corpi
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
no che stacca le scarpe dalla sua
terra; dello storico che abbandona la loggia veneziana e della
casalinga che spegne l’ultima
brace del suo focolare; del prete che bacia il suo altare e della
vecchia che accarezza la croce
del suo cimitero; del sindaco
che chiude il portone del municipio e del campagnolo che
Per onorare la figura e l’opera di Padre Flaminio Rocchi
- del quale ricorre il 3 luglio
prossimo il centenario della nascita e il 9 giugno il decennale
della scomparsa - prosegue su
questo numero la pubblicazione di alcuni estratti dal volume Padre Flaminio Rocchi:
l’uomo, il francescano, l’esule
edito nel 2007 dalla stessa ANVGD a cura di Fabio Rocchi.
Per chi lo desideri, il volume è
ancora disponibile e può essere
richiesto alla Sede nazionale ai
numeri di telefono 06.5816852
(dalle ore 10.00 alle 13.00), di
fax 06.6220 7985, via mail a
[email protected]
ͨ
in decomposizione, compreso
quello di tuo marito, di tua figlia. Ma tu non ti puoi affacciare, non puoi deporre un fiore
perché quei morti sono stati
definiti “criminali”. L’unico avvenire dei tuoi figli è il comunismo balcanico.
Devi abbandonare la chiesa, smettere di pregare, marciare
dietro la bandiera rossa, ignorare
di essere nato italiano, imparare
una nuova lingua, denunciare
anche i parenti sospetti perché
vengano eliminati. […] Non c’è
un’autorità alla quale rivolgersi.
In questo clima di morti straziati e di vivi disperati nasce la
terribile parola:
esodo. Risuona
sui campi e sui
focolari, sulle
barche e nei negozi, negli uffici e nei cantieri,
nei conventi e
nelle canoniche, perfino nei
palazzi vescovili. […]
W ZŽŵĂ͕ĂŶŶŝŝŶƋƵĂŶƚĂ͕WĂĚƌĞZŽĐĐŚŝ;ƉƌŝŵŽĂƐŝŶ͘Ϳ
ĐŽŶŝĚŝƌŝŐĞŶƟĚĞůů͛Äò¦—
« L’ e s o d o
dei
giuliani
liani che incontrano. […]
comincia alla fine del 1943 e
La collaborazione diventa raggiunge il massimo negli anni
una parola maledetta. Un pez- 1947-1948. Per l’esule persezo di pane può condannarti a guitato che fugge tutti i mezzi
morte. Hai paura di avere una sono buoni: il treno-merci e il
spia anche in casa. Un soldato, carro-agricolo, il piroscafo e il
un politicante improvvisato si trabaccolo, la fuga notturna atdiverte a giudicare, a condan- traverso i boschi e la barchetta
nare, a uccidere. Preti che ospi- a remi. È una lunga, dolorosa
tano capi partigiani e preti che processione che si snoda atsbattono la porta a un confra- traverso tutte le strade d’Italia
tello perseguitato. Senzadio che perché i 109 Campi di Raccolta
spaccano crocifissi nelle scuole sono disseminati in tutte le ree nei cimiteri e altri che chiedo- gioni. […]
no il viatico. […] Focolari obL’esodo è quello dello stubligati a cuocere una sera mi- dioso che saluta il Leone di S.
nestroni e galline per i tedeschi Marco, ma anche del contadiopo 1’8 settembre
1943 la piccola
Istria è stata teatro di una guerriglia feroce: spettatrice e vittima la popolazione. Ai tedeschi, disperati per la sconfitta,
irritati per l’abbandono italiano, braccati dai partigiani, non
basta l’occhio per l’occhio, ma
dieci italiani per un tedesco
ucciso. Deportano nei campi
di sterminio 3.215 giuliani. I
partigiani slavi galvanizzati da
una vittoria insperata contro
l’invincibile Hitler, umiliati
dall’attacco di Mussolini, si
vendicano contro i primi ita-
la recentissima pubblicazione di un volume sui morti
dell’ultima guerra, ha dato il
più ambito riconoscimento
ai profughi giuliani, fiumani
e dalmati. La nostra regione
detiene il primato dei Caduti per la Patria. Primato
durissimo, ma che attraverso la pesante ed inoppugna-
Q DĂƌŐŚĞƌĂ͕ŝŶĞŵĂ
͞ƵƌŽƌĂ͕͟WĂĚƌĞZŽĐĐŚŝ
ĂůƌĂĚƵŶŽĚĞŐůŝĞƐƵůŝ
ĚĂEĞƌĞƐŝŶĞĚĞůϭϵϳϮ
;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ŶĞƌĞƐŝŶĞ͘ŝƚͿ
scioglie la cavezza dell’asino che
resta; del patriota che stringe la
sua bandiera e dell’operaio che
ripiega la tuta; del deportato,
dell’infoibato e del bimbo in
braccio che guarda e non comprende le lacrime della madre.
Pazzia, disperazione, ribellione,
brandelli di anima rimasti impigliati nei ricordi, tanta, forte,
cieca speranza. L’esodo non è
una barca che può ritornare. È
una radice strappata dalla crepa
di una pietra sacra. […]
«Esodo doloroso, spesso
drammatico, ma che si è rivelato come unico mezzo per
sfuggire alla morte […] Lo
confermano le continue fughe
di coloro che per vent’anni
hanno cercato inutilmente una
coesistenza dignitosa e che poi
hanno tentato di riconquistare
la libertà attraverso l’Adriatico
col rischio di venir presi e deportati e con la sola prospettiva di finire in un campo di
raccolta in Italia, senza cittadinanza e senza alcun diritto.
[…]
I profughi sentono il peso
e la responsabilità della fuga.
Hanno paura. Passano alla periferia delle città e si chiudono in
un dignitoso riserbo nei campi
vuoti dei prigionieri di guerra. Non portano per le piazze
il loro esodo. Forse anche per
questo è poco conosciuto. […]
INTERVENTO
DI PADRE FLAMINIO
IN UNA
TRASMISSIONE
RADIO RAI DEL 25
SETTEMBRE 1957
ͨ>͛
Istituto Centrale
di Statistica, con
bile eloquenza delle cifre,
dice che noi non siamo dei
patrioti sentimentali, capaci soltanto di scampanellare per l’Italia le nostalgiche
campane di S. Giusto, o di
invocare la Patria nel tono
ampolloso o dolciastro di
certa politica o poesia patriottarda.
La travagliata vita di
frontiera ci ha insegnato ad
amare l’Italia con la rinuncia, la sofferenza, col sacrificio della vita. Se la media di
tutte le regioni nell’ultima
guerra è di 10 morti per ogni
mille abitanti, se il Friuli raggiunge il massimo di 16 per
mille, la Venezia Giulia con
Fiume e Zara raggiunge quasi il 30 per mille. […] Quanta storia di gloria e di dolore
sotto il velo anonimo di queste cifre! Domani i posteri
non potranno rimproverarci
nulla. […]
Tanto sacrificio di sangue e di lacrime avrà placato il sonno tormentato dei
600.000 che caddero per la
nostra Redenzione dal 1915
al 1918. Possiamo affermare
che i nostri morti hanno fatto
l’impossibile per conservare
alla Italia quelle terre. A qualcuno potrà sembrare esagerato questo glorioso primato;
non ai giuliani e ai dalmati
il cui patriottismo, per molti
incomprensibile, si è alimentato ed è cresciuto nel clima
aspro di una frontiera difficile e insidiosa, dove non c’era
posto per la sonnolenza; non
alla nostra gente che, col rischio di scandalizzare, non si
vergogna di piangere ancora
per la Patria».
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ŻĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ
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Esuli italiani dall’Istria, Fiume
e Dalmazia. Vi spiegherò le loro
varie denominazioni perché in
esse è il segno della loro origine,
fatta di speranza e di disperazione
insieme. Quando gli alberi vengono squassati da una tempesta,
anzi sradicati dalla terra, gli uccelli
fuggono dai nidi e vanno a fondare un nido nuovo, di qua e di
là, dove li porta il vento. Per tenersi uniti e non perdere l’anima
si scambiano segnali nella lingua
che conoscono, come se quella
lingua, quel dialetto anzi - che per
noi è l’istro-veneto e il dalmatoveneto - conservasse il calore e il
sapore del nido che hanno lasciato. […] Chiese e strade che per
benevolenza del destino stanno
ancorà là, malgrado le devastazioni delle guerre. Quelle « insenature di mare turchino che penetrano nel verde della campagna»
(Stuparich) e che sono rimaste nel
nostro sguardo perché introvabili
in qualsiasi altra parte del mondo.
W >ƵĐŝŽdŽƚŚ;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ĮĚĂͲƐŝĚĂ͘ŝƚͿ
L’ANVGD, DA NORD A
SUD I SUOI COMITATI
΀͙΁
Comincio dall’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia, di cui
sono stato presidente e alla quale ero iscritto da ragazzo. Nacque
negli anni Cinquanta riunendo i
primi Comitati giuliani e dalmati
che si erano venuti costituendo in
varie città italiane già nell’estate
del 1945, quando tutta la Venezia
Giulia di allora (che si estendeva
oltre dieci volte la Venezia Giulia di oggi) era sotto occupazione
straniera: iugoslava o anglo-americana. Nel distintivo dell’Anvgd sono infatti rappresentati gli
stemmi non solo di Pola, Fiume e
Zara, province poi consegnate alla
ex-Iugoslavia, ma anche di Gorizia e Trieste che la Repubblica Italiana è riuscita a recuperare.
I profughi in quegli anni
avevano bisogno soprattutto di
assistenza materiale. Ma le associazioni si impegnarono anche a
livello politico per difendere per
quanto possibile la sovranità italiana su quei territori. Ne face-
13
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
vano parte anche ex combattenti
della guerra di Liberazione o della
Repubblica Sociale Italiana, uniti dal fine comune di difendere
l’italianità di quelle terre, là dove
la storia e la composizione etnica
della popolazione lo consentiva.
Questa infatti è una regione
plurale abitata da secoli da popoli
di lingua e origine diversa. I più
dei nostri profughi trovarono accoglienza nei «campi di raccolta»
sparsi per tutta Italia, dalla Sicilia alla Sardegna, al Piemonte.
Ecco il perché di tanti comitati
della Anvgd, da Napoli a Venezia, che copriva quindi i fuggiaschi da tutte le province investite
dall’esodo, e dell’attuale presenza
un po’ ovunque degli iscritti di
tutte le nostre associazioni.
[…] Siamo qui raccolti - con
la collaborazione del Ministero
per l’Istruzione, l’Università e la
Ricerca, nel quadro del Tavolo
di coordinamento istituito dalla
Presidenza del Consiglio - non
per parlarvi soltanto di noi, cioè
della sorte di noi esuli, ma per
farvi conoscere tutta questa strana regione di frontiera che va
dalle Alpi Giulie (Julijske Alpe in
sloveno, Julische Alpen in tedesco) alla pianura friulana, come
è stata nel tempo e come è oggi.
Vaste programme, direte. Ma
affascinante, perché vi consenti-
rà di aprire una finestra che per
la maggior parte degli italiani è
rimasta chiusa: la realtà di una
regione plurale dove hanno convissuto per secoli culture diverse: l’italiana, le due culture slave
croata e slovena, quella tedesca e
anche quella ungherese.
UNA VISIONE
PROVINCIALE
GUARDARE SOLO
DENTRO I NOSTRI
CONFINI POLITICI
>
a tragedia delle Foibe,
dove alla fine della II
guerra mondiale sono stati precipitati migliaia di italiani di queste
terre e il drammatico Esodo che
ne seguì, con mezzi spesso fortunosi e sotto la minaccia di armi
nemiche, diventano l’occasione
per esplorare una storia millenaria dell’Adriatico orientale e dei
popoli che vi si affacciano. Perché soltanto questa lunga storia,
che non comincia nel 1918 o nel
1941, ma ha radici lontane, può
farci capire quella tragedia e quel
dramma e insieme aprirci con generosa e curiosa intelligenza alla
storia di «altri», di chi per l’insorgere di ideologie esclusive sono
diventati nostri nemici per oltre
un secolo. Ma il «secolo breve»,
irto di odi e rancori tra popoli
europei, è alle nostre spalle. Dobbiamo guardare avanti al presente
e all’avvenire. L’uno e l’altro ci
resterebbero indecifrabili senza
conoscere il passato. Come si può
costruire una casa comune se non
si conosce il terreno dove deve
sorgere e le fondamenta stesse di
una cultura comune, pur nelle
sue profonde diversità ?
È una visione provinciale
guardare solo dentro i nostri confini politici, dimenticando le dimensioni europee dei problemi,
le difficoltà che ne derivano ma
anche i vantaggi che ne possiamo
trarre. […] La vicenda complessa di questa regione può essere
esaltante o tragica. Ma è una storia che sta al centro dei problemi dell’Europa contemporanea,
dall’Ottocento al Novecento fino
ai nostri giorni, che ne hanno
ereditato i nodi irrisolti. […] La
posizione geografica dell’Italia la
colloca tra il continente europeo
e il Mediterraneo e questa regio-
W ZĂŐƵƐĂĚŝĂůŵĂnjŝĂŝŶƵŶĂ
ĐĂƌƚŽůŝŶĂĚĞůů͛ƵůƟŵŽǀĞŶƚĞŶŶŝŽ
ĚĞůy/yƐĞĐŽůŽ
ne in particolare è la porta verso
il nord germanico, l’oriente slavo
e il sud greco. Perchè è qui, tra
Aquileia e Venezia, Fiume e Trieste, Zara e Ragusa di Dalmazia
(Dubrovnik) che queste anime
d’Europa si sono incontrate nel
tempo. I loro segni sono nelle
pietre delle nostre città, nel loro
tessuto urbano, nel paesaggio,
nella loro arte. Sono negli archivi
religiosi e civili, nei mosaici, negli
affreschi, nei quadri delle chiese.
CERTAMENTE UNA
PREVALENZA DELLA
CULTURA ITALIANA
>
a pluralità di queste terre, dal Friuli al Carso, al
Quarnaro, alle Bocche di Cattaro,
si manifestava e ancora si manifesta in tutte le forme della vita
quotidiana, dal cibo alle canzoni,
che sono le espressioni primarie
del sentire di un popolo e ne rivelano i tratti comuni. Certamente
una prevalenza della cultura italiana, nelle arti, nelle lettere e nelle
scienze non può essere negata,
con una sorta di damnatio memoriae che offende l’intelligenza, prima ancora di ferire il cuore di chi
di quella cultura è legittimo erede.
Ma essa non derivava da
una supposta superiorità culturale. Nessun popolo e nessuna
lingua è superiore o inferiore,
perché non sono che un diverso
modo di sentire e di vivere valori
comuni all’animo umano. Nasceva dal fatto oggettivo di una
vicinanza geografica che poneva la costa orientale adriatica in
contatto diretto con un Paese,
come l’Italia, più esteso e abitato
e collegato a sua volta all’area europea occidentale, che dal Medio
Evo in poi è stata il fulcro della
civiltà occidentale. Un Paese che
aveva espresso in prima persona
Umanesimo e Rinascimento ed
era stato poi interessato dall’Illuminismo di origine inglese e
francese. Era naturale quindi che
letterati, poeti, artisti, scienziati
dell’Adriatico orientale si servissero della lingua italiana come in
passato si erano serviti di quella
latina e dalla cultura italiana traessero idee e ispirazione. Ed era
W /ůĨƌŽŶƚĞƐƉŝnjŝŽĚŝƵŶ͛ĞĚŝnjŝŽŶĞ
ǀĞŶĞnjŝĂŶĂĚŝƵŶ͛ŽƉĞƌĂĚŝ
&ƌĂŶĐĞƐĐŽWĂƚƌŝnjŝĚĂŚĞƌƐŽ
naturale che la popolazione autoctona di quelle terre sia passata
dal latino popolare alle lingue romanze e poi, con l’influenza veneziana, alla lingua italiana nella
sua variante veneta. Convivendo
insieme con popolazioni di lingua slava, che da secoli vi si erano
insediate e determinando stratificazioni sociali e connotazioni
etniche diverse da luogo a luogo
nel rapporto tra maggioranze e
minoranze, come vi verrà obiettivamente spiegato.
LA CAPACITÀ DI
INTEGRAZIONE DELLE
NOSTRE CITTÀ
E
essuna sorpresa quindi
che un Francesco Patrizi di Cherso o un De Dominis
di Arbe, i due Laurana di Zara,
Giorgio Orsini il Dalmatico o i
musicisti istriani Giuseppe Tartini e Luigi Dallapiccola siano
espressioni alte della cultura italiana. Così come l’opera di Nicolò Tommaseo sia un passaggio
fondante nella definizione della
nostra lingua. La capacità di integrazione delle nostre città ha
trasformato per secoli in istriani,
in fiumani e in dalmati italiani
chiunque venisse a vivere sui nostri lidi, quale che ne fosse l’origine. Così non deve sorprendere
che patrioti italiani si chiamassero Scipio Slataper, Gianni e Carlo
Stuparich o Guglielmo Oberdank
e che lo scrittore Ettore Schmitz
si facesse chiamare Italo Svevo.
Né può sorprendere che personalità di rilievo di queste terre facciano parte integrante della vita
italiana, dalle attività produttive
allo sport, allo spettacolo.
[…] Oggi siamo qui, in questa città, in questa terra tra l’alpe
e il mare, per conoscerle e contuinuare ad amarle come una parte
di noi stessi, della nostra identità
di italiani e di europei. «Una città
- diceva Stuparich di Trieste - che
ha la possibilità di una cultura
nuova, moderna, che sarà viva
nell’Europa di domani, fusione
di civiltà, di sud e di nord, d’occidente e d’oriente». E mi fa piacere che sia tra noi per la prima
volta una delegazione dell’Aie
(Associazione Italiana Editori),
per darci i giusti consigli per questo compito… immane.
In questi primi anni del XXI
secolo l’integrazione in un’Europa unita dovrebbe far superare
contrapposizioni scioviniste e nostalgie totalitarie anacronistiche,
in nome di valori comuni. È a
questo che siamo impegnati. […]
>ƵĐŝŽdŽƚŚ
W ZŝƚƌĂƩŽĚŝDĂƌĐŽŶƚŽŶŝŽĞ
ŽŵŝŶŝƐŝŶƵŶ͛ĞĚŝnjŝŽŶĞĚĞůϭϲϭϳ
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NOTE DOLOROSE
Ώ
È venuto a mancare il 18 marzo
2013 a Bologna
Bruno Raccamarich
vedovo Silvana Garutti.
Lo annunciano le figlie Maria Chiara e Silvia con le loro famiglie, i cinque nipoti e i dodici
pronipoti.
Nato a Pago il 4 aprile, Maggiore T.O., era reduce ed ultimo
ufficiale del Battaglione Bersaglieri “Zara” , classe 1920.
Volontario
universitario,
sottotenente di fanteria dei bersaglieri 10 gennaio 1943, combattente di guerra 1940-’43, due
campagne di guerra, due croci al
merito, profugo da Zara dal gennaio 1944.
Professore di lettere e Preside
nella Scuola Media, ha ricostruito la Sua vita nella città di Bologna dove aveva incontrato la
moglie.
14
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
ENGLISH
Trieste, Great Success for the
MIUR-AssoEsuli Seminar
On the Eastern border Region
Teachers’ places were immediately sold out
/
n Trieste, the 4th annual
Seminar on the Eastern
Border region was held recently,
organized by the Ministry of
Public Education and the GiulianiDalmati
associations
which
comprise the Work Group in this
sector. At the Revoltella Civic
Museum auditorium, at the seat of
the I (Institute for the Culture
of Istria, Fiume and Dalmatia) and
at the regional Education Board
office, over 200 teachers from
various regions had the precious
opportunity for formation and
delving deeper into knowledge
of pages that were overlooked for
decades in national history.
The Seminar was inaugurated
at the Prefecture in Trieste, on
March 14th, with a welcoming of the
teachers on the part of institutional
and association representatives
along with an opening concert
of Trieste’s “Giuseppe Tartini”
Conservatory orchestra, who
recently made a highly apprised
showing at the Quirinale. Lucio
Toth, vice-president of the
FederEsuli and honorary president
of the A, made the opening
remarks, and Giovanni Stelli,
historian and professor from Fiume,
opened the first day’s session.
Part of the event was a visit to the
Basovizza foiba and the Padriciano
refugee center.
This year’s theme was The
History of the Eastern Border
in scholastic teaching: present
state and future prospects. Work
began on Friday the 16th at the
Revoltella museum, with Daniela
Beltrame, general director of
the regional scholastic office,
offering opening remarks. Enrico
Conte, the city’s education head,
underlined the “civic duty” of
telling history together with the
Exiles’ associations for the benefit
of the younger generations, and
to supply teachers with adequate
instruments to do so. After regional
councilman Adele Pino spoke on
hopes that Slovenia and Croatia
would accept the Foibe and Exodus
in a European framework of
getting over the conflict, Carmela
Palumbo, director of M’s
scholastic autonomy office (which
held the first work group, in 2009)
announced that editors, who were
present this year for the first time,
would hopefully be verifying the
utility of new teaching tools.
At this point, the main planned
speeches began. Professor Giorgio
Federico Siboni summarized the
changes in geopolitics from the
15th through the 20th century, in
the eastern regions. Bruno CrevatoSelvaggi, from Rome’s Dalmatian
Patrician History Society, discussed
Julian and Dalmatian history from
the Roman age to our own times, to
underline the importance of reading
an ample slice of history in this
region. Professor Raoul Pupo the
discussed the birth of the concept
of nationhood, in the 19th century.
Notable was the examination of the
conditions, after 1918, in which
ethnic minorities found themselves,
not only from ex-Austria-Hungary,
but elsewhere: they fell victim to
discrimination, forced assimilation
or expulsion. After the Second
World War, these procedures
were, in a word, fine-tuned, to
the point of violent repression, as
shown through the foibe murders
of antifascists who were against
annexation to Yugoslavia, and the
massacre at Porzûs.
There was much anticipation
of Professor Ethel Serravalle’s
speech: she represented the Italian
Editors’ Association as a consultant
for scholastic publishing. She
recommended prudence in applying
a “digital revolution” that would do
away with most traditional books.
This, she argued, would not serve
the purposes set out in the Seminar.
On this subject, Professor
Roberto Spazzali spoke out on the
perplexities shown in the so-called
“liquid book”, as defined in new
A D’Annunzio-filled 2013, in honor of his 150th Birthday
&
or all lovers of culture,
history, linguistics and
good taste, 2013 means something
special: it is the 150th year since
his birth (in Pescara, March 12th,
1863) and the 75th year since his
death (In Gardone Riviera, in his
sumptuous home at “Vittoriale
degli Italiani”). Unquestionable
protagonist of Italian and
European literature in the 19th
and 20th centuries, his was a
wealthy and refined production of
literature, and he lent his name to
the “Fiume Exploit” of 1919-20.
We’ll be publishing an in-depth
W &ŝƵŵĞ͕KĐƚŽďĞƌϭϵϭϵ͕ĂƉƵďůŝĐ
ƐƉĞĞĐŚďLJ'ĂďƌŝĞůĞĚ͛ŶŶƵŶnjŝŽ͕
ƚŚĞ͞ŽŵŵĂŶĚĂŶƚĞ͟ŽĨƚŚĞĐŝƚLJ
;ƉŚŽƚŽǁǁǁ͘ĐƌŽͲĞƵ͘ĐŽŵͿ
look at this, in the June issue.
Throughout Italy, events are
being planned to commemorate
d’Annunzio. In Turin, in May,
the International Book Fair,
will be hosting a large exhibit of
objects, autographs, documents
and rare books, coming from
the “Vittorial” collection, which
offers a great creative season for
building a rare model for life
and poetry. There will also be
conventions on d’Annunzio and
his ability to build up himself
as larger-than-life, his strategy
in communication, and his lead
role in the “Fiume Exploit” as a
laboratory of modernity; besides
this, there will be prestigious republications, such as the two
volumes on d’Annuzio’s theater
in Mondadori’s “Meridiani”
collection.
In
September
1919,
d’Annunzio, having placed
himself at the head of volunteer
troops of the Italian Army,
moved towards the Adriatic city
of Fiume, disputed by Italy and
the Yugoslav kingdom. After the
First World War, in fact, Fiume’s
National Council, established
to represent the mahority
Italian population, proclaimed
the city’s annexation to Italy,
starting from October 1918.On
August 12th, 1920, d’Annunzio
proclaimed the “Reggenza del
Carnaro”, a region to which he
gave complete civil and military
self-government and power.
The Rapallo Treaty (November
12th, 1920) made Fiume a Free
and Independent State, but
d’Annunzio didn’t recognize
it as such. On November 28th,
he and his legionaries opposed
the regular troops of General
Caviglia, sent by the government
in Rome to squelch the Exploit,
but not before December 31st,
after harsh battles known as
the “Christmas of Blood”,
the general gave rise to a new,
temporary government. The
matter, much more complex
than space permits here, was
resolved only in 1924, through
the Rome Accords in which
Yugoslavia recognized Fiume as
part of Italy.
Ɖ͘Đ͘Ś
teaching methods. He also focused
on supplementary History texts
in Slovenian schools (used also in
Slovenian schools in Italy) and in
Croatia, where texts are inspired
by a historiography that is openly
nationalistic and ethnocentric. For
example, Spazzali stated that, in
Slovenian textbooks, it is taught that
the “ethnic territory of Slovenia” is
more vast than its political domain,
the 1945 Slavic occupation of
Julia is termed “liberation”, there
is no mention of the foibe, and
reference to the Exodus is made only
regarding a return to Italy proper of
Italians who had come to Slovenia
after 1918.
In the June edition, there will be
more details on various Workshops
held on specific themes by
professors from Exiles’ associations,
all of whom have been committed
to eastern border issues for years.
^ƚĂī
Croatia to enter the European Union
July 1st, 2013.
After ten years of negotiations

agreb is finally poised to enter the European Union, on July
1st, 2013. The news comes at the end of the E Commission’s
monitoring report, published by Stefan Fule, the EU’s Commissioner for
Expansion, for Croatian government representatives. After ten long years of
negotiations for adhesion, European Union sources feel that Croatia’s work
to consolidate its state of law and justice, and its fight against corruption
and organized crime, “give sufficient guarantees” to allow it to enter as a full
member of the 27-nation Union.
Regarding the borders of Croatia, which, starting from July 2013 will
be the European Union’s outer border, the E source states that “we don’t
foresee any major problems.” Croatia, which continues to work on its future
entrance into the Schengen area, needs to show that its system and policies
for visas and border checks are in line with European requisites. In the
meantime, Zagreb awaits the last
five states to finalize the ratification
process:
Germany,
Holland,
Denmark, Belgium and Slovenia.
Germany, especially, was waiting for
the final report from Brussels before
completing its ratification.
ZAGREB’S FIRST
EUROPEAN ELECTIONS.
WITH PLENTY OF
SKEPTICISM.
W ĂŐƌĞď͕ĂĚĞŵŽŶƐƚƌĂƟŽŶŽĨƌŽĂƟĂŶ
ĂŶƟͲƵƌŽƉĞĂŶĂĐƟǀŝƐƚƐ͘EŽƚĞƚŚĞ
roatia’s first European
ƉŚŽƚŽŽĨĞdžͲ'ĞŶĞƌĂůŶƚĞ'ŽƚŽǀŝŶĂ͕
Union encounter was on
ŝŶƚĞƌƌŽŐĂƚĞĚďLJƚŚĞ,ĂŐƵĞdƌŝďƵŶĂů
April 14th, when its almost 4 million
ĨŽƌǁĂƌĐƌŝŵĞƐŝŶƚŚĞĂůŬĂŶĐŽŶŇŝĐƚ
voters went to the polls to elect the
ŽĨϭϵϵϱ͕ĂŶĚĂĐƋƵŝƩĞĚĂŌĞƌĂŵƵĐŚͲ
country’s 12 representatives to the
ĚŝƐĐƵƐƐĞĚĞdžŽŶĞƌĂƟŽŶƐĞŶƚĞŶĐĞ͗ŚĞ
European Parliament. The twelve
ŚĂƐďĞĐŽŵĞĂŶŝĐŽŶŽĨƌŽĂƟĂŶƵůƚƌĂͲ
will remain in office until Spring of
ŶĂƟŽŶĂůŝƐŵ;ƉŚŽƚŽǁǁǁ͘ĐƌŽͲĞƵ͘ĐŽŵͿ
2014, when elections will be held
for parliamentary elections in all 28 member states.
Among the candidates, according to several Croatian dailies, there
are many avowed anti-Europeans, ultra-nationalists, and anti-foreigners.
And there are plenty of famous people from the world of sports and
show business. Among these, the London 2012 Olympian Giovanni
Cernogoraz, an Istrian Italian Community member.
However, Croatian public opinion has not been found to take European
prospects seriously. Several polls have shown a consistent skepticism, if
not worse, regarding the candidates’ trustworthiness. According to those
interviewed, candidates are only motivated by hopes of securing the 8,000
euros promised pay of a parliamentarian. And observers note that Croatian
political parties have not discussed any pressing European themes, due to
the average citizen’s partial or complete ignorance of the mechanisms and
procedures of E institutions.
To complete the picture, up to now the Croatian national political
scene has concentrated mainly on its administrative elections to be held in
May, while other elections are also of more pressing importance: namely,
the national elections, which have been moved up.
͘͘
;ƚƌĂĚƵnjŝŽŶŝĚŝ>ŽƌŝĞ^ŝŵŝĐŝĐŚĂůůĂƌŝŶͿ
15
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
ESPAÑOL
Trieste, pleno suceso
del Seminario Miur-AssoEsuli
sobre el confín oriental
Los puestos a disposición de los docentes se han agotado
en seguida
^
e ha mantenido en Trieste
el cuarto Seminario sobre
el confín oriental organizado por el
Ministerio de la Publica Instrucción y
por las asociaciones giuliano-dalmatas
componentes del Grupo de trabajo
situado en el Ministerio. En el auditórium del Civico Museo Revoltella,
en la sede del Irci (Instituto per la
Cultura Istriana, Fiumana y Dalmata)
y de la Oficina Escolástica Regional
poco menos de 200 docentes provenientes de diversas Regiones han tenido una ocasión preciosa de formación
y de profundización relativamente
sobre páginas descuidadas durante decenios por la historia nacional.
La inauguración ha tenido lugar
el 14 de marzo en la Prefectura, donde los participantes han sido acogidos
por los representantes de las instituciones y de las mismas asociaciones
con un concierto de bienvenida encomendado a la orquesta del conservatorio “Giuseppe Tartini” de Trieste,
apreciada en el Quirinale. El saludo ha
sido encargado a Lucio Toth, vicepresidente de la FederEsuli y presidente
honorífico de la Anvgd, mientras que
la apertura del trabajo de la primera
jornada a la disertación de Giovanni
Stelli, historiador y docente fiumano.
Están previstas, como el año pasado,
visitas a la Foiba de Basovizza y al
Centro de Recogida de prófugos de
Padriciano.
Tema del Seminario 2013 La historia del confín oriental en la enseñanza escolar: actualidad y perspectivas
futuras. El trabajo ha sido iniciado el
viernes 16 en el Auditorium del Civico Museo “Revoltella”, por Daniela
Beltrame, director general de la Oficina Escolar Regional del Friuli Venezia
Giulia. El director del Área Educación
del Municipio, Enrico Conte, ha
subrayado el «deber civil» de contar
la historia en colaboración con las
asociaciones de los desterrados a las
jóvenes generaciones y proporcionar a
los docentes instrumentos didácticos
adecuados. Después de la intervención del asesor provincial Adele Pino,
que ha anhelado la recepción, por
parte de Eslovenia y de Croacia, de
las vicisitudes de las Foibe y del Éxodo
en un cuadro europeo de superación
de los conflictos, Carmela Palumbo,
director general del Orden escolar y
la Autonomía escolar del Miur (en el
que se encuentra el Grupo de trabajo
constituido en el 2009), ha preanunciado que con los editores - presentes
en el seminario por primera vez - se
espera verificar la utilidad de los nuevos instrumentos didácticos.
Han iniciado las disertaciones
previstas en el programa. El prof.
Giorgio Federico Siboni ha resumido los cambios geopolíticos que han
tenido lugar durante los siglos XV al
XX en los territorios orientales. Bruno Crevato-Selvaggi, de la Sociedad
Dalmata de Historia Patria de Roma,
se ha detenido en la historia giulianodalmata del periodo de la romanización hasta nuestros días, para remarcar la necesidad de una lectura de
larga duración de las vicisitudes y de
los pasos históricos de aquella región.
El prof. Raoul Pupo ha tenido ha sido
encargado de evocar el nacimiento de
la idea de nación en el siglo XIX. Es
interesante el examen de las condiciones en las que se encontraron, después
de 1918, las minorías nacionales del
ex impero austro-húngaro y no solo
éstas, víctimas de discriminaciones,
asimilaciones forzadas o expulsiones.
Después de la Segunda guerra mundial aquellos instrumentos fueron, por
decir de alguna manera, perfeccionados hasta el punto de conducir a las
represiones violentas, como demostraron los enfoibamentos también de
exponentes antifascistas contrarios a la
anexión a Yugoslavia y a la masacre de
Porzûs.
Hay una grande ansia por la reunión - la primera en absoluto - con los
representantes de la Aie (Asociación
Italiana Editores), en la persona de la
prof. Ethel Serravalle, consultora de
la editorial escolástica. La delegada
Aie, por lo que refieren las crónicas,
ha recomendado tener prudencia en
Un 2013 a todo d’Annunzio por los 150 años del nacimiento
l 2013 es, para todos los
amantes de la cultura, de
la historia, de la lengua y del gusto, el año de Gabriele d’Annunzio, del que celebramos los 150
años de su nacimiento (en Pescara el 12 marzo 1863) y los 75 de
la muerte (en Gardone Riviera,
en su suntuosa demora del «Vittoriale degli Italiani»). Protagonista indiscutible de la historia y
de la literatura italiana y europea
de los siglos XIX y XX, ha ligado su nombre a una riquísima y
refinada producción literaria y a
la llamada «Empresa de Fiume»
del 1919-‘20. Sobre este asunto
publicaremos una remembranza
histórica en el número de Junio.
Han sido tantas las iniciativas puestas en acto en toda Italia
por el aniversario. Entre otras,
el Salón Internacional del Libro
de Torino hospeda en mayo una
amplia muestra de objetos, autógrafos, documentos y libros raros, provenientes de las colecciones del «Vittoriale», que propone
de nuevo una fecunda estación
creativa orientada a constituir
un modelo inimitable de vida y
de poesía. Y también convenios
sobre d’Annunzio constructor
del mito de sí mismo, habilísimo estratega de la comunicación, intrépido comandante de
la «Empresa de Fiume» como
laboratorio de la modernidad;
y reediciones prestigiosas, como
los dos volúmenes del Teatro
dannunziano en la colección Meridiani de Mondadori.
En el septiembre 1919 d’Annunzio, puesto a la cabeza de repartos voluntarios del ejército italiano, fue hacia la ciudad adriática
Q &ŝƵŵĞŽĐƚƵďƌĞϭϵϭϵ͕ƵŶƌĞƉĂƌƚŽ
ĚĞůĞŐŝŽŶĂƌŝŽƐĚĂŶŶƵŶnjŝĂŶŽƐ
;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ŝůĐĞŶƚƌŽ͘ŐĞůŽĐĂů͘ŝƚͿ
de Fiume, contendida entre Italia
y el Reino de Yugoslavia. De hecho, al final de la Primera Guerra mundial, el Consejo nacional
fiumano, constituido para representar a la población italiana
mayoritaria, había proclamado la
anexión a Italia desde finales de
octubre 1918. El 12 agosto 1920
d’Annunzio proclamó la «Reggenza del Carnaro», atribuyéndole todos los poderes civiles y
militares. El tratado de Rapallo
(12 noviembre 1920) constituyó
Fiume un Estado libre e independiente, pero d’Annunzio no
lo reconoció. El 28 de noviembre
se opuso con sus legionarios a las
tropas regulares del gen. Caviglia enviadas por el gobierno de
Roma para poner fin a la Empresa, pero el 31 de diciembre, después de duros enfrentamientos
conocidos como «la Navidad de
sangre», esto atribuyó el poder a
un nuevo gobierno provisional.
La cuestión, que aquí solo se perfila, fue resuelta solo en el 1924
con los acuerdos de Roma en los
que Yugoslavia concedía Fiume a
Italia.
la aplicación de la «revolución digital»
dirigida a sustituir en buena parte al
libro tradicional, pues a su parecer, la
progresiva marginalidad no será de
soporte para la profundización de los
temas que son objeto del Seminario.
En relación a esto, el Prof. Roberto Spazzali está de acuerdo sobre la
perplejidad manifestada sobre lo que
es definido el «libro liquido» así como
está delineado por las nuevas didácticas. Él se ha detenido además sobre los
susidios de historia de las escuelas eslovenas (en uso también en los institutos
eslovenos en Italia) y croatas, inspirados en una historiografía manifiestamente nacionalista y etnocéntrica. Por
ejemplo, en los textos eslovenos - ha
expuesto Spazzali - se remarca que el
«territorio étnico esloveno» es más vasto del político, se define «liberación»
a la ocupación de los territorios giulianos en el 1945, se ignoran las Foibe y
se refiere al éxodo como una vuelta a
la península de los italianos que llegaron después del 1918.
En el número de Junio habrá
ulteriores profundizaciones sobre los
Workshop mantenidos sobre temas
específicos por docentes de las asociaciones de los Desterrados comprometidos desde hace años en la didáctica
del confín oriental.
ZĞĚ͘
Croacia entra en la Unión Europea el
1 de julio del 2013
después de diez años de negociaciones
W
or fin Zagabria está preparada para su ingreso en la Unión Europea
el 1 de julio 2013. La noticia viene de la relación final de la monitorización de la Comisión Ue, entregado por el comisario europeo al alargamiento, Stefan Fule, a los representantes del gobierno croata. Tras diez años
de negociaciones de adhesión, según las fuentes
de la Unión Europea el trabajo de Croacia para
consolidar el Estado de derecho y la justicia, la
lucha contra la corrupción y la criminalidad
organizada, «proporciona suficientes garantías»
para permitirle entrar a pleno título en la Europa de los 27.
En cuanto a los confines croatas, que
desde julio 2013 serán los confines externos
de la Ue, «no prevemos grandes problemas», W hŶĂŝŶƐƚĂŶƚĄŶĞĂĚĞ
añaden las fuentes comunitarias. Croacia, que
ƵŶĂŵĂŶŝĨĞƐƚĂĐŝſŶ
continúa trabajando para entrar en el área
ĂŶƟĞƵƌŽƉĞĂĞŶ
Schengen, debe demostrar que tiene un siĂŐĂďƌŝĂ
stema de gestión y una política de visados y
;ĨŽƚŽǁǁǁ͘ŶŽǀŝůŝƐƚ͘ŚƌͿ
controles en línea con los requisitos europeos.
Mientras tanto Zagabria espera a que los últimos cinco Estados miembros
-Alemania, Holanda, Dinamarca, Bélgica y Eslovenia- lleven a término el
proceso de ratificación. Alemania en particular esperaba el informe final de
Bruselas antes de completar la ratificación.
LAS PRIMERAS ELECCIONES EUROPEAS PARA
ZAGABRIA. CON MUCHO ESCEPTICISMO
>
a primera cita con la Unión Europea para Croacia será el 14 de
abril, cuando los electores, son casi 4 millones los que tienen derecho, se dirigirán a las urnas para elegir a los 12 representantes para el Euro
parlamento que tendrán el cargo hasta la primavera del 2014 cuando se
tendrán las elecciones parlamentarias en los 28 Estados de la Ue.
Entre los candidatos, como han referido varios diarios cotidianos croatas, muchos son anti-europeístas declarados, ultranacionalistas y xenófobos. Y no faltan entre los aspirantes a parlamentarios europeos muchos
nombres del deporte y del espectáculo. Entre estos, el jugador olímpico
de tiro al plato de Londres 2012 Giovanni Cernogoraz, exponente de la
comunidad nacional italiana presente en Istria.
Pero la opinión publica croata no parece tomar en serio la cita europea: de diversos sondeos efectuados emerge un consistente escepticismo,
si no peor, a cerca de la fiabilidad de los candidatos, que - según los entrevistados - en realidad son movidos exclusivamente por la esperanza de
asegurarse los honorarios de ocho mil euros de eurodiputados. Y según
los observadores, los partidos croatas han tratado poco los temas de la
jornada electoral europea, de cara al escaso o nulo conocimiento de los
mecanismos de las instituciones comunitarias por parte de los ciudadanos.
Para completar el cuadro, hasta ahora la política nacional croata se
ha concentrado sobre todo en las elecciones administrativas de mayo,
mientras empiezan a tener sitio otras elecciones, las políticas nacionales
anticipadas.
͘͘
;ƚƌĂĚƵnjŝŽŶŝĚŝDĂƌƚĂŽďŝĂŶͿ
16
EƵŵĞƌŽϱͮDĂŐŐŝŽϮϬϭϯ
ŻĂůůĂƉƌŝŵĂƉĂŐŝŶĂ
hEΖ/Ed/dZ/&&ZDd͕K>dZ/>'/KZEK>Z/KZK
comunicazione nazionale. Così
come non riusciamo a raccontare la nostra storia e rivendicare
con efficacia i nostri diritti al di
fuori dell’Italia. Insomma, tutta la vicenda umana drammaticamente segnata da migliaia
di eccidi, dalla pulizia etnica e
dall’esodo resta avviluppata nei
lacci di una logica perversa che
relega la nostra questione come
locale, regionale, periferica insomma, limitata e non di portata universale in quanto lesiva,
in maniera aberrante, dei diritti
fondamentali della persona.
LE RADICI DEL
NEGAZIONISMO
nche coloro che ancora
oggi negano, per pura
strumentalizzazione ideologica, l’esodo e la pulizia etnica,
davanti alle indiscutibili testimonianze, alle prove ed alle
documentazioni scientifiche,
non possono che arrendersi
all’evidenza del tentato genocidio perpetrato non solo quando abitavamo la nostra Terra,
ma anche nei luoghi dove siamo stati ospitati. Quel genocidio, prima di tutto, nasce ed
ha radici nell’odio viscerale alla
nostra cultura e trova sponda
in patria presso coloro che, con
l’eliminazione prima fisica e
poi ideologica, sperava di poter
far scordare le responsabilità di
generazioni di governi complici, prima, ed ammiccanti, poi,
ai nostri carnefici.
Ci rendiamo conto che
per coloro che non ci amano,
restare davanti alle proprie responsabilità, spalanca il bara-
tro nelle loro coscienze, ed è
innegabile che, piuttosto che
soffermarsi a rimirare il buio
profondo delle colpe dirette od
indirette, sia più facile negare e
giustificare. Oppure spostare il
problema sulle cause, sui perché e sui percome, tentando di
sviare l’attenzione da questioni
ancora aperte, come i diritti di
una minoranza, la nostra, mai
adeguatamente presi in considerazione, né in Italia e neppure, ovviamente, nei consessi
internazionali.
L’ANVGD, SPINA
DORSALE
DELL’IDENTITÀ
GIULIANO-DALMATA
/
l lavoro svolto dalla nostra Associazione è veramente ponderoso. I nostri Comitati e le nostre Delegazioni
costituiscono la spina dorsale
di un’identità che non muore.
Nonostante una comunicazione che non conquista i grandi
schermi o passa in cavalleria
davanti a produzioni televisive sciocche e vuote, assistiamo ad un fervore crescente.
Da città in cui mai avremmo
pensato di poter istituire una
nostra comunità organizzata,
giungono richieste per una
presenza stabile. Ed è fuori di
ogni dubbio che tali richieste
nascono dal desiderio umano
e ragionevole di considerare
in maniera adeguata sia la tragedia sia la prospettiva. Una
prospettiva che vede a, settant’anni di distanza, gli esuli ed i loro discendenti, così
come le comunità autoctone
nell’Adriatico orientale, prendere coscienza della loro identità indissolubilmente legata a
null’altro che alla Terra.
In questa prospettiva il
grande successo comportato
dal tavolo di lavoro istituito
presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, permette la diffusione capillare di una storia negata o trattata male sui libri di
scuola. Non solo, l’incontro
con i giovani che di tutto ciò
poco o nulla sanno, registra
un coinvolgimento delle nuove generazioni, così sensibili ed attente ai diritti negati,
desiderose di capire il perché
di una tragedia, tutta italiana,
accuratamente nascosta.
Le persone che incontriamo ci chiedono di essere fatti
partecipi della vicenda umana
che noi rappresentiamo, donandoci non solo quelle carezze dell’animo di cui la nostra
gente ha sempre sofferto la
mancanza, ma un’energia carica di prospettiva.
Le persone che incontriamo ci chiedono di vedere i
luoghi dove ci hanno sbattuto per l’Italia, ci chiedono di
conoscere la nostra cultura,
i luoghi di provenienza. Ci
chiedono di tornare con loro
nella nostra Terra, per capire, conoscere, ricostruire. Ci
chiedono di parlare la nostra
meravigliosa lingua, l’istroveneto, da molti di noi abbandonato per l’ansia di essere
facilmente accettati, oppure
trascurata per una vergogna
indotta da un razzismo strisciante che mal sopportava la
nostra presenza.
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Progetto grafico e impaginazione Massimo Stasi
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UN’IDENTITÀ
RIAFFERMATA
bbene, oggi, nel 2013,
osserviamo un fiorire
di attività, che vanno dalla
costituzione di un Tavolo di
lavoro per porre la questione
dei diritti disattesi al primo
punto nell’ordine del giorno
del nostro popolo, alla generazione di nuovi Comitati,
dalla presenza sempre più capillare nelle scuole, all’estensione delle attività in merito al
Giorno del Ricordo ben al di
là della fine di febbraio, dalla
ricerca di forme di comunicazioni tese a valicare i confini
Campo profughi di Altamura,
si cercano testimonianze
'
iuseppe Massari abita
a Gravina in Puglia,
cittadina in provincia di Bari
a 10 chilometri di distanza
dall’ex Campo profughi che
ricadeva nel territorio di Altamura. In qualità di socio del
«Comitato 10 Febbraio» della
sua città, unitamente ad alcuni
amici, ha intrapreso un lavoro
di ricerca storica sull’Esodo
giuliano-dalmata. Per questo è
alla ricerca di testimonianze e
documentazioni sulla vita nel
Campo profughi, sull’organizzazione e di ogni dettaglio in
merito, ovvero di racconti e di
singoli episodi di vita quotidiana vissuti dai giuliano-dalmati che vi transitarono.
Per contatti: Giuseppe
Massari, Via G. Salvemini 5,
70024 Gravina in Puglia (Bari),
e-mail [email protected].
Allo scopo di inquadrare
storicamente la vita del Campo profughi di Altamura, ecco
come lo descrive Padre Flaminio
Rocchi ne L’Esodo dei 350mila
giuliani fiumani e dalmati.
«Il Campo era stato costruito per i prigionieri di guerra in
una pietraia squallida e deserta, battuta dal vento e dal sole.
Esso è composto da casermette
in tufo, prive di infissi, circondate da una siepe aggrovigliata di filo di ferro spinato ed
arrugginito e da una seconda
recinzione di filo spinato, alta
4 metri. Ai quattro angoli ci
sono ancora le torrette per le
nazionali, ai viaggi del ritorno
di scolaresche e amanti della
nostra storia, viaggi che vengono guidati seguendo la toponomastica nella nostra lingua e che fanno perno presso
le comunità autoctone ancora
presenti nella nostra Terra.
Chi pensava che saremmo
scomparsi non aveva messo
in conto la nostra aspirazione
alla giustizia, il nostro profondo desiderio di una vita
degna, l’amore sconfinato per
la nostra Terra e la granitica
certezza in un’identità riaffermata.
ŶƚŽŶŝŽĂůůĂƌŝŶ
WƌĞƐŝĚĞŶƚĞŶĂnjŝŽŶĂůĞÄò¦—
Q >͛ĂƌĞĂĚĞůů͛ĞdžĂŵƉŽ
ƉƌŽĨƵŐŚŝĐŽŵĞĂƉƉĂƌĞ
ĂŝŶŽƐƚƌŝŐŝŽƌŶŝ;ĨŽƚŽ
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sentinelle con le feritoie per le
mitragliatrici. Qui sono passati
prigionieri inglesi, americani,
greci, polacchi, tedeschi e italiani. Lo confermano le numerose
scritte ed immagini lasciate sui
muri. Con l’arrivo dei nostri
profughi nulla è cambiato.
Siamo a 6 chilometri da
Altamura, ma non c’è un mezzo di collegamento. I bambini
vanno a scuola a piedi. Altamura è una piazza depressa per
il lavoro. I profughi vivono col
sussidio delle 100 lire giornaliere. Nella stagione dei raccolti i più fortunati lavorano
presso i contadini e portano ai
figli qualche chilogrammo di
pomodori. Il salario in denaro
provoca l’immediata cessazione del sussidio. Scrivono lettere, petizioni in tutta Italia.
Così per 2, per 5, per 10 anni.
Le famiglie italiane chiedono
soltanto “serve”.
I profughi non hanno
mai dato un colore politico di
parte alla loro tragedia. Non
hanno neanche mai lanciato
né grida, né sassate contro le
finestre delle Prefetture, neanche quando, nel 1954, hanno appreso che il consenso di
Tito per il ritorno di Trieste
all’Italia era stato pagato con
una parte (46 miliardi di lire
di allora) delle loro proprietà, abbandonate nella Venezia
Giulia. Nel Campo di Altamura trovo il signor Domenico di
Rovigno: “Finalmente vi ho
trovato. Sapete che il Ministro
della Difesa Pacciardi vi cerca
per darvi una medaglia d’argento che vi era stata proposta
in Russia”. “Padre - risponde
calmo e sorridente - la mia
giacca di povero profugo non è
degna di portare una medaglia
d’argento. Ma dica al signor
Ministro che il mio amore per
l’Italia è sempre d’oro”».
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