MEDICINA_E_SANITA_1_2010:MEDICINA E SANITA 1 2010
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MEDICINA_E_SANITA_1_2010:MEDICINA E SANITA 1 2010
a cura del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie Anno XIV / N. 1 - Gennaio-Marzo 2010 Programma di attività del CEFORMED PER L’ANNO 2010 A cura del Comitato Esecutivo MMG e PLS tabagisti: un problema da affrontare I risultati del questionario sul fumo distribuito al Congresso di Grado nel settembre 2009 Riccardo Tominz 1,2 , Alessandro Vegliach 2 , Doriano Battigelli 3 1 Referente Regionale SITAB per il Friuli Venezia Giulia 2 Centro Interdipartimentale Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’Azienda per i Servizi Sanitari n.1 “Triestina” 3 MMG, Ceformed Mutilazione dei genitali femminili (MGF) e Progetto Regionale Rita Leprini - MMG Trieste Piastrinopenia indotta da eparina: Quando e quanto dobbiamo temerla? Come possiamo sospettarla? Che cosa può fare il MMG per tutelate il paziente (e se stesso)? Doriano Battigelli - MMG Ceformed Il cancro colorettale è una malattia prevenibile: Cosa può fare il medico di medicina generale? Di Luigi Buri* e Olivia Giannini** *) Direttore S.C. di Gastroenterologia ed Endoscpia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti di Trieste” **) Medico di Medicina Generale, Trieste La Borreliosi di Lyme: come districarsi Maurizio Ruscio Laboratorio Analisi e Microbiologia, Centro di Riferimento per la Malattia di Lyme, ASS 4 Medio Friuli, San Daniele del Friuli (UD) L’assistenza al paziente diabetico istituzionalizzato: progetto regionale Senio Rosario Falanga - Medico di medicina generale ASS6 “Friuli Occidentale” Guido Lucchini - Medico di medicina generale ASS6, esecutivo CEFORMED a cura del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie Anno XIV / N. 1 - Gennaio-Marzo 2010 Direttore Responsabile Doriano Battigelli Coordinatore Redazionale Marina Tutta Gruppo Redazionale L. Canciani, G. Latella, G. Lucchini, F. Samani, G. Simon, R. Vallini, D. Venier Stampa e grafica Stella Arti Grafiche - Trieste Stampato su carta riciclata Iscrizione al Tribunale di Trieste n. 976 del 13.01.1998 Via Galvani n. 1 - 34074 Monfalcone - tel. e fax 0481 487578 E-mail: [email protected] http://www.ceformed.it Un dono per la vita “Sportello Comuni donazioni organi” Giuseppe Latella MMG - Comitato esecutivo CEFORMED Le malattie rare: quale ruolo per gli attori delle cure primarie Licia Gerin MMG - Cormons L’angolo del Dottore Commercialista Nicola Santin Dottore Commercialista Programma di attività del CEFORMED PER L’ANNO 2010 3 A cura del Comitato Esecutivo MMG e PLS tabagisti: un problema da affrontare I risultati del questionario sul fumo distribuito al Congresso di Grado nel settembre 2009 1,2 2 6 3 Riccardo Tominz , Alessandro Vegliach , Doriano Battigelli 1 Referente Regionale SITAB per il Friuli Venezia Giulia 2 Centro Interdipartimentale Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’Azienda per i Servizi Sanitari n.1 “Triestina” 3 MMG, Ceformed Mutilazione dei genitali femminili (MGF) e Progetto Regionale 11 Rita Leprini - MMG Trieste Piastrinopenia indotta da eparina: Quando e quanto dobbiamo temerla? Come possiamo sospettarla? Che cosa può fare il MMG per tutelate il paziente (e se stesso)? 17 Doriano Battigelli - MMG Ceformed Il cancro colorettale è una malattia prevenibile: Cosa può fare il medico di medicina generale? 26 Di Luigi Buri* e Olivia Giannini** *) Direttore S.C. di Gastroenterologia ed Endoscpia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti di Trieste” **) Medico di Medicina Generale, Trieste La Borreliosi di Lyme: come districarsi 31 Maurizio Ruscio Laboratorio Analisi e Microbiologia, Centro di Riferimento per la Malattia di Lyme, ASS 4 Medio Friuli, San Daniele del Friuli (UD) L’assistenza al paziente diabetico istituzionalizzato: progetto regionale Senio 35 Rosario Falanga - Medico di medicina generale ASS6 “Friuli Occidentale” Guido Lucchini - Medico di medicina generale ASS6, esecutivo CEFORMED Un dono per la vita “Sportello Comuni donazioni organi” 39 Giuseppe Latella MMG - Comitato esecutivo CEFORMED Le malattie rare: quale ruolo per gli attori delle cure primarie 43 Licia Gerin MMG - Cormons L’angolo del Dottore Commercialista Nicola Santin Dottore Commercialista 2 46 A cura del Comitato Esecutivo programma ceformed Programma di attività del CEFORMED per l’anno 2010 In coerenza con la pianificazione strategica regionale e in accordo con le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dell’area delle cure primarie, il Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie concorre al miglioramento continuo delle conoscenze scientifiche e delle competenze di tutti gli operatori sanitari, nell’interesse della salute dei cittadini. Ai sensi di quanto previsto dalla DGR 139 DD. del 30.1.2006 integrata con la DGR n. 2718 dd. 03.12.2009, a decorrere dal 1° gennaio 2010 la Direzione Centrale salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali, a seguito della soppressione dell’Agenzia regionale della sanità, si avvarrà dell’Azienda per i servizi sanitari n. 2 “Isontina” per l’espletamento delle funzioni di gestione amministrativa e finanziaria del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie. Al Centro sono attribuiti i seguenti compiti: • garantire la formazione permanente dei Medici di medicina generale, della continuità assistenziale, dell’emergenza territoriale, dei Pediatri di libera scelta, degli Specialisti ambulatoriali interni e delle altre professionalità ambulatoriali, secondo le previsioni dei rispettivi Accordi Collettivi Nazionali; • organizzare i corsi di formazione specifica in medicina generale, necessari per l’esercizio dell’attività di medico chirurgo di medicina generale nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi del Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 368 – Titolo IV, Capo I e successive modificazioni e i corsi di idoneità all’emergenza sanitaria territoriale, ai sensi dell’Art. 96 del vigente Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale; • organizzare altre attività formative, tenendo conto degli obiettivi sia di interesse nazionale, individuati dalla Conferenza Stato- Regioni, sia di interesse regionale e aziendale - coerenti con i programmi ECM - e in accordo con le Università, al fine di conseguire una più efficace integrazione tra i professionisti, promuovere attività di ricerca clinico – epidemiologica e sperimentale e realizzare la formazione dei medici di medicina generale finalizzata allo svolgimento dell’attività didattica. Considerate le “Linee annuali per la gestione del Servizio Sanitario Regionale nel 2010” (DGR n. 2643 dd. 26 novembre 2009); Preso atto, di quanto previsto dalla DGR 139 del 30.1.2006 integrata con la DGR n. 2718 dd. 03.12.2009 Premesso che, per quanto attiene alla formazione permanente, sono state garantite le procedure previste dai vigenti Accordi Collettivi Nazionali della categoria; Considerato che in contemporanea al terzo anno del Corso triennale di formazione specifica in medicina Generale 20072010 con la frequenza di n. 12 medici tirocinanti di cui n. 9 con borsa di studio e n. 2 medici ammessi in soprannumero (come da DGR n. 2148 dd. 14 settembre 2007 pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia n. 40 dd. 03 ottobre 2007) e n. 1 medico militare; al secondo anno del Corso triennale di formazione specifica in Medicina Generale 2008-2011 con 18 medici, ha preso avvio il primo anno del Corso triennale di formazione specifica in Medicina Generale relativo al triennio 2009-2012 con 15 medici, per complessivi 45 medici in formazione di cui 42 con borsa di studio, mentre senza borsa di studio n. 3 di cui n. 2 in soprannumero e n. 1 medico militare. Si allega il programma di attività del CEFORMED - Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie per il 2009 approvato dal Comitato Esecutivo nella seduta tenutasi a Udine il 04 marzo 2010. Le attività del Centro verranno realizzate secondo criteri di priorità individuati in funzione del finanziamento per l’anno 2010 attribuito al Centro dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia pari a complessivi Euro 1.320.000 (DGR n. 2787 dd. 10 dicembre 2009). LINEE PROGRAMMATICHE DELLE ATTIVITA’ DEL CENTRO Le linee programmatiche delle attività del Centro per il 2010, considerate le “Linee annuali per la gestione del Servizio Sanitario Regionale nel 2010” (DGR n. 2643 dd. 26 novembre 2009), declinano una serie di attività finalizzate a completare quanto programmato negli anni precedenti e nel contempo ad accogliere i cambiamenti e le innovazioni in essere nel Sistema Sanitario Regionale. 3 programma ceformed Obiettivo primario è l’adeguamento delle competenze e dei compiti dei professionisti in funzione del miglioramento delle cure e della continuità nell’assistenza, in un processo virtuoso continuo che dalla definizione delle buone pratiche, attraverso indicatori di processo e di esito condivisi e misurabili, incrementi la qualità e riduca i rischi, migliorando l’informazione del cittadino e responsabilizzandolo sulla propria salute. Per la necessità di una comunicazione e informazione funzionale alle attività programmate ed efficace nei confronti dei professionisti così come dei cittadini, vengono ridefiniti obiettivi e linea editoriale della rivista Medicina e Sanità e si procede al potenziamento del sito Internet; si fa capo direttamente al Comitato Esecutivo del Centro la loro gestione complessiva, con la riconferma della collaborazione per l’anno in corso del dr Doriano Battigelli nel ruolo di Direttore Responsabile della Rivista “Medicina & Sanità” e del dr Roberto Vallini nel ruolo di Referente per l’Informatica e la gestione del sito web (www.ceformed.it). Si intende rafforzare la partecipazione del Centro allo sviluppo dell’ECM regionale, in collaborazione con tutte le strutture coinvolte. Il Centro, continuando a sintonizzare le proprie attività formative con il sistema ECM regionale, promuoverà nel corso dell’anno 2010 più attività di formazione nell’ambito delle Cure Primarie, sia come attività di formazione residenziale, che come formazione sul campo e a distanza (FAD), nei Corsi triennali di Formazione Specifica così come nella formazione continua. Questo complesso di attività richiede un coinvolgimento sempre più considerevole di persone che lavorino “nel” Centro e “per” il Centro. Negli ultimi anni sono state oltre un centinaio ad anno le diverse figure coinvolte in attività formative, informative, didattiche o di ricerca organizzate dal Centro. Il passaggio da Centro regionale di Formazione per l’Area della Medicina Generale a Centro regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie ha ampliato in modo considerevole competenze e compiti con la necessità di un salto di qualità sia in termini programmatici che organizzativi e gestionali. Le strutture logistiche attuali non sono adeguate alle necessità segretariali, gestionali, e soprattutto didattiche; sarà pertanto prioritario, per garantire l’appropriatezza degli interventi e il miglior utilizzo delle risorse assegnate, ridefinire l’assetto del Centro in termini normativi, organizzativi e logistici. Per il 2010 si intende procedere come negli anni precedenti secondo un modello di budget previsionale in cui, a fronte di obiettivi definiti, azioni programmate e risultati attesi, si allocano risorse in un piano dei costi definito con criteri di contabilità analitica per centri di costo e centri di responsabilità, sottolineando l’incremento dei costi collegato alla crescita del numero delle borse di studio dei tirocinanti dei Corsi di Formazione Specifica . Per procedere nel percorso intrapreso, teso ad adeguare i contenuti della Medicina Generale e delle Cure Primarie ai cambiamenti in essere nel SSN e SSR ed al processo di innovazione tecnologica, al fine di derivarne i conseguenti compiti e competenze, si declinano le seguenti priorità: 1) Perseguire secondo precisi parametri di qualità l’attività di formazione permanente dei formatori ed accreditare la loro attività, quali: a) Animatori di Formazione, cioè Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera scelta che, adeguatamente formati, si occupano della Formazione continua dei medici convenzionati, come normato dagli AA.CC.NN; per questi professionisti è necessaria una formazione continua, con richiami periodici al fine di adeguare le loro competenze alle nuove e crescenti esigenze del SSR. b) Conduttori della Comunicazione tra Pari, individuati su base vocazionale ed in collaborazione con le UDMG per consentire l’attività di peer review nelle attività di formazione continua a livello distrettuale anche per il 2010. c) Tutors per il Corso di formazione specifica, ovvero Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta che, opportunamente formati, accolgono nel proprio studio un tirocinante; hanno un ruolo chiave nella formazione dei futuri Medici di Medicina generale e pertanto necessitano di un aggiornamento continuo. d) Trainers, ovvero i medici ospedalieri e territoriali che seguono il tirocinante dei Corsi triennali di formazione specifica in medicina generale durante il tirocinio pratico ospedaliero e territoriale; a questi professionisti sono affidati importanti compiti sia didattici (pratici e teorici) che valutativi. e) Tutors valutatori nell’ambito del tirocinio pratico propedeutico all’esame di abilitazione alla professione di Medico Chirurgo, come previsto dal Decreto del MIUR n. 445 del 19 ottobre 2001; il Centro individua un proprio referente che in collaborazione con gli Ordini dei Medici delle quattro province del FVG, provvederà ad organizzare corsi formativi e a monitorare l’operato svolto da tali tutors che sviluppano peculiarmente capacità valutative. f) Tutors dedicati agli studenti del corso di Laurea in Medicina e Chirurgia; anche grazie alla definizione di un tavolo tecnico regionale si consolida e si formalizza la collaborazione con le Università degli Studi di Trieste e di Udine per l’insegnamento della Medicina Generale nel corso del V e VI anno del corso di laurea con lezione teoriche e frequenze pratiche presso medici di Medicina Generale a ciò adeguatamente formati . g) Tutors per il Servizio di Continuità Assistenziale proseguendo nell’attività iniziata nel corso del secondo semestre del 2008 . h) Docenti di contenuto, cioè Animatori di Formazione, Tutors e Trainers da utilizzare nella trasmissione teorica delle competenze specifiche; tale attività richiede, oltre che spiccata attitudine, anche adeguata formazione sulle tecniche didattiche. 4 programma ceformed 2) Garantire con la Formazione Professionale, nel rispetto degli ACN e AIR vigenti e con l’offerta di percorsi aggiuntivi, in sintonia con le linee programmatiche e di indirizzo definite a livello regionale, in collaborazione con le UDMG ed i Responsabili di Distretto e con la partecipazione delle altre figure professionali coinvolte nei singoli percorsi di cura, l’attività distrettuale di audit e di peer review a livello di forma associativa e individuale, in continuità con il Progetto Qualità Misurabile avviato nel 2008. 3) Collaborare ad ogni livello, sia istituzionale che di comunità, per la realizzazione della continuità nell’assistenza, attraverso le modalità di intervento di integrazione tra Ospedale e Territorio e tra sanitario e socio assistenziale consolidate negli anni precedenti ma anche attraverso attività di sperimentazione e di ricerca finalizzate rispondenti alle linee programmatiche e di indirizzo definite e in divenire a livello regionale. 4) Sviluppare, con specifiche attività dedicate ed il coordinamento di progetti già delineati, FVG.net quale rete di ricercatori in grado di supportare l’organizzazione delle cure primarie secondo programmi attivi di governo clinico, tali da consentire la rilevazione epidemiologica, la promozione della salute, il monitoraggio delle popolazioni a rischio, la produzione di informazioni utili alla misurazione di risultati di salute e di valutazione della qualità. 5) Intensificare la collaborazione con i Farmacisti, individuando e promuovendo eventi formativi di reciproco interesse e perseguendo attività di ricerca. 6) Supportare, a servizio delle forme associative e delle figure di rappresentanza e di coordinamento della Medicina Generale in ambito distrettuale, la formazione manageriale. 7) Promuovere attività di formazione dei collaboratori di studio. Alle singole aree del Centro viene affidato il compito di individuare e sviluppare le attività funzionali a tali priorità mentre resta responsabilità del Comitato Esecutivo rendere coerenti tutte le iniziative sopra citate, in una costante opera di coordinamento delle varie aree e di raccordo tra le varie iniziative. In collaborazione con AMD (associazione medici diabetologi) sezione Friuli Venezia Giulia viene promosso il progetto SENIO, finalizzato al miglioramento della qualità dell’assistenza al paziente diabetico istituzionalizzato nelle Case di Riposo. In collaborazione con la rete degli Hospice regionale si avvia un progetto di formazione multidisciplinare e multi professionale finalizzato all’individuazione di protocolli condivisi nell’ambito delle cure palliative. In continuità con quanto avviato nel corso del 2009, nel 2010 si intende portare a termine l’attività formativa interdisciplinare sui percorsi di cura e di inclusione sociale della salute mentale in Regione Friuli Venezia Giulia, proseguire nel programma di audit clinico della BPCO e riprendere l’attività del Progetto Gente di Cuore, con specifiche iniziative sia nel campo della formazione che della sperimentazione e ricerca. L’Esecutivo del Centro si attiva inoltre per un sempre più stretto collegamento con la Direzione Centrale della Salute, Integrazione Sociosanitaria e Politiche Sociali, con le Aziende Sanitarie Territoriali e Ospedaliere, con ANCI-Federsanità nonché con le Facoltà di Medicina delle Università degli Studi di Trieste ed Udine, con gli Ordini dei Medici del Friuli Venezia Giulia e con le Società Scientifiche. L’Esecutivo, inoltre, si fa carico di una costante attività di collaborazione con le Istituzioni Sanitarie Nazionali e con le altre realtà regionali della Medicina Generale, in particolare a livello Triveneto, e si pone l’obiettivo di continuare a presenziare ai principali Congressi Nazionali con proprie attività di formazione, sperimentazione e ricerca. IL TESTO COMPLETO DEL PROGRAMMA DI ATTIVITA’ DEL CEFORMED PER L’ANNO 2010 E’ CONSULTABILE NEL SITO WEB: www.ceformed.it 5 mmg e pls tabagisti MMG e PLS tabagisti: un problema da affrontare I risultati del questionario sul fumo distribuito al Congresso di Grado nel settembre 2009 Riccardo Tominz 1,2 , Alessandro Vegliach 2 , Doriano Battigelli 3 Referente Regionale SITAB per il Friuli Venezia Giulia 2 Centro Interdipartimentale Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’Azienda per i Servizi Sanitari n.1 “Triestina” 3 MMG, Ceformed 1 Introduzione Il tabacco è riconosciuto dall’OMS come la seconda causa di morte nel mondo, causando una morte su 10 fra gli adulti di tutti i paesi (circa 5 milioni di morti all’anno). Qualora la prevalenza dei fumatori dovesse restare invariata per il 2020 avremmo quasi 10 milioni all’anno di morti fumo correlate: metà di coloro che sono attualmente tabagisti (circa 650 milioni) alla fine morirà a causa del tabacco. Se consideriamo i fattori comuni modificabili di malattia il tabacco si pone al quarto posto, anche perchè il costo economico del suo uso è devastante. Va infatti non solo conteggiato il costo per la sanità pubblica delle malattie tabacco correlate, ma vanno prese anche in considerazione le conseguenze degli anni di vita produttiva perduti sia a livello di famiglia (un padre lavoratore che muore per tumore ai polmoni, ad esempio) sia a livello di nazione, con la riduzione della popolazione attiva. Inoltre la produttività del tabagista è inferiore a quella di chi non fuma. Un report del 1994 stimava a 200 mila milioni di dollari la perdita annuale netta derivante dall’uso del tabacco, ed un terzo di questa cifra era a carico dei paesi in via di sviluppo. 1 Nella promozione di uno stile di vita sano e, quindi, nella prevenzione e nella cura del tabagismo, il Medico di Medicina Generale e il Pediatra di Libera Scelta rivestono un ruolo primario, considerata anche la loro posizione di punto di primo contatto medico nell’ambito del sistema sanitario, caratterizzato da accesso aperto, a bassissima soglia, dall’approccio centrato sulla persona e sulla continuità longitudinale delle cure con intenso rapporto di relazione medicopaziente basato sulla fiducia. 2 3 4 Se il tabacco fa male, è nocivo, si può ben dire che contiene sostanze tossiche, ed è pure provato che dà dipendenza, e nessun medico può affermare “in scienza e coscienza” che il fumo non fa male alla salute. Un medico fumatore è dunque in contraddizione palese con gli scopi della sua professione e viene meno a quella funzione di esempio necessaria per veicolare un messaggio di promozione alla salute. In effetti già più di 30 anni or sono era stato suggerito che i medici sarebbero più 5 efficaci nel suggerire ai loro pazienti di smettere di fumare se essi stessi non fossero tabagisti. Guardando la cosa dal punto di vista del paziente ci si potrebbe limitare a dire (parafrasando un detto popolare): “Poco importa se il calzolaio cammina con le sue scarpe rotte: l’importante è che aggiusti le mie per bene”? Ciò non è credibile, in base alle attuali conoscenze sui processi di qualità e di efficacia delle cure e, in modo particolare, sul tema della comunicazione del rischio e delle metodologie più adatte per far cambiare i comportamenti alle persone sane (prevenzione) o ammalate. In un mondo in cui l’immagine conta sempre di più si è mutuato dal campo della politica il detto “Ma tu compreresti mai un’auto usata da quel politico con quella faccia?” per significare quanto importanti siano gli aspetti non “verbali” nell’approccio ad una comunicazione che permetta una relazione di fiducia. Presentarsi per una cura dimagrante e trovare dall’altra parte della scrivania una persona vistosamente obesa, credo possa dirsi poco invitante. Così come risulterebbe poco credibile un macellaio che si dichiari vegetariano. Quale fiducia può avere in un medico fumatore un paziente (magari con patologie correlate al fumo) sapendolo un tabacco-dipendente? Quale efficacia curativa potrà avere il suo messaggio dissuasivo per i comportamenti a rischio del paziente? La questione, dunque, non va posta in termini morali, ma misurata sul terreno dell’efficacia della relazione curativa. Esistono aspetti psicologici di “dissonanza conoscitiva” che ruotano intorno alla domanda: “Perché un medico fumatore non smette di fumare?” che ha molto più a che fare con il saper essere che non con il saper fare della professione medica o sanitaria in genere. Senza scomodare le recenti deduzioni sul comportamento e l’apprendimento umano (evidenziato dagli studi sul ruolo dei nostri neuroni “specchio”)6 è comunemente risaputo il valore pedagogico dell’esempio pratico (“saper essere”) e un medico che fuma è indiscutibilmente un cattivo esempio. Nel 2003 il professor Silvio Garattini aveva avanzato una proposta: licenziare i medici che fumano nell’esercizio della professione perché, a suo dire, il medico fumatore sarebbe in conflitto d’interessi con il suo datore di lavoro ovvero il Sistema Sanitario Nazionale.7 Facendo una semplice ricerca in rete con la stringa “fumo e camici bianchi” o “medici e fumo” si può rintracciare gran parte della discussione che seguì alla provocazione di Garattini. Purtroppo effettivamente molti operatori della salute fumano, medici fumano, medici di famiglia fumano, ed a volte lo fanno nei loro stessi luoghi di lavoro. Se la prevalenza di tabagisti fra i medici sembra essere in costante declino nei paesi di lingua inglese 8 9 la situazione italiana non risulta essere delle migliori. La prevalenza di tabagisti fra i medici italiani negli ultimi 5 anni del XX secolo risultava, da più studi indipendenti, fra il 24% ed il 39%. 10 11 12 6 mmg e pls tabagisti Considerando globalmente i dipendenti sanitari e quelli non sanitari dell’Azienda per i Servizi Sanitari 1 Triestina era emerso che i primi fumano di più (42%, con RR 1,59 (IC 95%: 1,04- 2,42; p 0,037). 13. In realtà la prevalenza di fumatori fra i MMG triestini sembrava essere molto minore, 19% (IC 95%: 14%-25%)14, in linea con quanto trovato da altri ricercatori, secondo i quali i medici fumano meno rispetto ad altri operatori della salute.15 Il 13° Congresso del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie, tenutosi a Grado il 23 e 24 settembre 2009 e dedicato alla “Salute del respiro”, ha fornito un’occasione opportuna per chiarire la prevalenza di fumatori fra i MMG/PLS del Friuli Venezia Giulia, e per raccogliere informazioni circa possibili strategie per aiutare a far smettere chi fra loro fuma. Materiali e metodi Durante il Congresso è stato distribuito a tutti i Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta partecipanti un questionario anonimo, con 14 domande. Sono stati raccolti 453 questionari. Si tratta quindi di un campione di convenienza. Le analisi sono state effettuate con Epi info. Come da definizioni OMS fumatore è definito chi ha fumato in vita almeno 100 sigarette ed è tuttora fumatore, ex fumatore il fumatore in astinenza da almeno 1 anno, ex fumatore recente il fumatore in remissione (da meno di un anno) e, infine, mai fumatore la persona che in tutta la sua vita ha fumato meno di 100 sigarette. Per gli intervalli di confidenza sono utilizzate le abbreviazioni IC (Intervallo di Confidenza), Lower Confidence Limit (Limite inferiore dell’intervallo di confidenza) e Upper Confidence Limit (Limite superiore dell’intervallo di confidenza). Risultati Il 16,5% (IC 95%: 13,2% - 20,4%) del campione è costituito da fumatori. In realtà fra questi è compresa una quota di tabagisti in remissione, che hanno smesso di fumare da meno di 1 anno. Si tratta di 6 colleghi che rappresentano l’1,4% del campione (IC 95%: 0,6% - 3,1%). Tabella 1: distribuzione di frequenza del tabagismo fra MMG/PLS del Friuli Venezia Giulia. Grado, settembre 2009 n % LCI UCI 72 16,5 13,2 20,4 6 1,4 0,6 3,1 ex fumatori 128 29,3 25,1 33,8 mai fumatori 237 54,2 49,4 59,0 TOT 437 100 - - fumatori di cui in remissione Gli ex fumatori (coloro che hanno smesso da almeno 1 anno) costituiscono il 29,3% (IC 95%: 25,1% - 33,8%) del campione e coloro che affermano di non aver mai fumato almeno 100 sigarette in vita sono il 54,2% (IC 95%: 49,4% 59,0%). Questi sono dati di prevalenza, e la durata dello stato di “remissione” è nota (1 anno). Possiamo quindi, utilizzando la formula I=P/d (Incidenza = Prevalenza/durata) stimare il tasso annuale di incidenza, cioè la percentuale di individui che, ogni anno, smettono di fumare: da 1 a 3 colleghi MMG/PLS ogni 100 (compresi i mai e gli ex fumatori) smettono ogni anno di fumare. La maggioranza dei fumatori dichiara di fumare meno di 10 sigarette al giorno: 56,7% (IC 95%: 44,0% - 68,8%) e di lasciar passare più di un’ora fra il risveglio e la prima sigaretta: 55,4% (IC 95%: 42,5% - 67,7%). La combinazione di questi due elementi consente di determinare il grado di dipendenza da tabacco, che risulta basso nel 91,9% (IC 95%: 82,2% - 97,3%). La motivazione a smettere è alta nel 45,9% (IC 95%: 33,1% - 59,2%). L’analisi delle singole componenti considerate per la misura del grado di motivazione mostra come al 70,1% dei fumatori (IC 95%: 57,7% - 80,7%) piacerebbe smettere se ciò fosse facile, ma solo il 22,7% (IC 95%: 13,3% - 34,7%) sarebbe intenzionato a farlo “subito” (nei prossimi 15 giorni). Il grado di interesse a smettere di fumare è sostanzialmente elevato (oltre il 65% riferisce abbastanza o molto interesse, vedi figura) mentre la possibilità percepita di smettere effettivamente nel medio periodo vede la maggioranza dei colleghi fumatori riferire “No” o “Forse sì”. Il 39,4% (IC 95%: 27,6% - 52,5%) dei fumatori ricorrerebbe ad un Centro Antifumo per smettere di fumare ma, l’esame della figura che illustra le risposte alla domanda su come smetterebbero di fumare solo l’8,1% (IC 95%: 2,7% 17,8%) ricorrerebbe alla squadra di specialisti (cioè al CAF). Uguale la percentuale di quanti ricorrerebbero ad uno specialista, mentre la grande maggioranza - 69,4% (IC 95%: 56,3% - 80,4%) afferma che smetterebbe da solo e senza l’utilizzo di farmaci. 7 mmg e pls tabagisti Figura 1: Interesse a smettere di fumare Effettivamente anche la grande maggioranza di coloro che hanno smesso di fumare (sia ex fumatori che fumatori i remissione) lo hanno fatto da soli e senza utilizzare farmaci. In particolare nessuno tra quelli che dichiarano di aver smesso nell’ultimo anno ammette di aver fatto ricorso a farmaci o ad un centro anti fumo. I collaboratori e gli eventuali visitatori non rispettano sempre il divieto di fumo nel 6,4% dei casi (IC 95%: 4,4% 9,2%). Parallelamente è permesso fumare, per lo meno in qualche stanza ed in qualche situazione, negli studi del 2,4% dei MMG/PLS (IC 95%: 1,3% - 4,5%). 8 Figura 3: Rispetto del divieto di fumo mmg e pls tabagisti Figura 2: Come smetterebbero di fumare Lo stato di fumatore (esclusi i fumatori in remissione) non risulta associato al rispetto del divieto da parte di colleghi/collaboratori e visitatori dello studio. L’essere fumatore è invece associato con il permesso di fumare almeno in qualche stanza ed in qualche occasione nel proprio studio (RR: 8,9; IC 95%: 2,7 - 29,7; p=<0,01). Conclusioni Il fumo del medico o pediatra di famiglia è un argomento importante. La conoscenza di questo fenomeno aiuta a stimare la possibile efficacia di qualunque intervento volto alla lotta del tabagismo. Appare infatti difficile convincere la popolazione generale a non fumare se il modello sanitario costituito dal medico continua a farlo. Inoltre la prevalenza del fumo fra i medici è un dato importante per stabilire lo stadio dell’epidemia di tabagismo in quella comunità. A questo proposito sarebbe però importante disporre di dati aggiornati circa la prevalenza di tabagismo fra altre figure della sanità: se restasse confermato che fra queste i medici sono quelli che fumano di meno probabilmente resterebbero i modelli migliori cui fare riferimento in campagne di promozione alla salute. I Medici di Medicina Generale del Friuli Venezia Giulia, secondo il campione raccolto a Grado, evidenziano in effetti la loro virtuosità rispetto i problemi fumo correlati. Secondo gli ultimi dati del sistema PASSI in Friuli Venezia Giulia fuma il 28,6% (IC95%: 24,7% - 32,5%) dei residenti di età fra 35 e 49 anni, ed il 17,5% (IC 5%: 14,4% - 20,7%) di quelli fra 50 e 69 anni. La percentuale di fumatori tra i MMG/PLS regionali (16,5%) risulterebbe quindi inferiore alla media della popolazione in regione16 ma anche alle percentuali di fumatori negli operatori sanitari in genere 10. Un’ulteriore indicazione positiva in questa popolazione è che la quasi totalità (92%) dei MMG/PLS che fumano hanno una dipendenza bassa. Questo dato, già di per sé rilevante, diviene importante quando lo si incrocia con i dati riguardanti la motivazione a smettere: il 46% dei medici regionali dichiara una alta motivazione a farlo. Questo, unito all’altissimo numero di soggetti a bassa dipendenza fisica, può tradursi in un’ampia porzione di medici fumatori che potrebbero smettere con un intervento a bassa intensità clinica. Forse proprio quest’ultima informazione può fornire una spiegazione a un aspetto discordante che emerge dalle risposte date ai questionari. Infatti, benché la maggioranza dei rispondenti affermi che ricorrerebbe ad un centro specialistico per smettere, quando vengono posti di fronte alle modalità con cui lo farebbero dichiarano che smetterebbero da soli e senza l’ausilio di farmaci, in linea con quanto fa la popolazione generale. Questa discordanza può riflettere da un lato la parte professionale del medico, che dimostra di essere a conoscenza che la miglior modalità di smettere è quella 9 mmg e pls tabagisti attuata con l’aiuto di un centro specialistico multidisciplinare, dall’altro la sottovalutazione dell’operazione di smettere, che viene sovente data da chi fuma in modo contenuto. Il tutto si traduce nella formula “fumo poco, smetto facilmente” il che purtroppo non si traduce con la stessa linearità nella pratica clinica. Va inoltre aggiunto che la soluzione “smetto da solo e senza farmaci” potrebbe essere quella ritenuta più praticabile dal Medico di Medicina generale visti anche gli scarsi ritagli temporali disponibili da dedicare alla cura. Di fatto, i risultati confermano che questa pratica naif è quella maggiormente agita anche dai medici che hanno smesso. Questa ricerca, pur nella sua semplicità, fornisce quindi delle importanti indicazioni: • è ragionevole implementare programmi per la diffusione delle pratiche antifumo ambulatoriali di primo livello tra i MMG/PLS regionali vista la loro sensibilità e coerenza verso il problema; • è parimenti ragionevole proporre programmi per smettere di fumare ai colleghi tabagisti, visto le caratteristiche qualitative e quantitative emerse dalla quota di medici fumatori. Quest’ultimo aspetto assume un tono di necessità, vista la propensione dei colleghi a scegliere metodi di svezzamento naif, che portano ad alte percentuali di ricadute entro il primo anno di astinenza; • vanno sottolineate le quote, pur residuali, di ambienti ambulatoriali in cui si fuma: questo dato andrebbe azzerato, viste le indicazioni legislative in materia e vista la priorità di proteggere la salute degli assistiti che è insita nel ruolo e nell’azione di ogni medico di medicina generale. In conclusione, sono indicati programmi di cura dedicati ai medici fumatori, perché, qualora riuscissero a diventare ex-fumatori, la loro esperienza concreta sarebbe di grande aiuto per trovare la giusta empatia con i pazienti cui consigliano di smettere di fumare. Bibliografia 1 WHO. Why is tobacco a public health priority? http://www.who.int/tobacco/health_priority/en/index.html. Accesso 8 marzo 2010. 2 Fowler G: Educating doctors in smoking cessation. Tob Control 1993, 2:5-6. 3 Nett LM: The physician’s role in smoking cessation: A present and future agenda. Chest 1990, 97(Suppl):28S-32S 4 Luciani V. Il ruolo del medico di medicina generale nella prevenzione delle patologie fumo correlate. Tabaccologia 2009, 10:37-39 5 Garfinkel L: Cigarette smoking among physicians and other health professionals, 1959–1972. Cancer J Clin 1976, 26:373-375. 6 Iacoboni M, Mazziotta JC. Mirror neuron system: basic findings and clinical applications.Ann Neurol. 2007 Sep;62(3):213-8. 7 Enea D, Tinghino B. Medici che fumano. Tabaccologia 2003, 3:46 8 Smith DR. The historical decline of tobacco smoking among United States physicians: 1949-1984. Tob Induc Dis. 2008 Sep 9;4:9. 9 Smith DR, Leggat PA.The historical decline of tobacco smoking among Australian physicians: 1964-1997. Tob Induc Dis. 2008 Dec 29;4:13. 10 Nardini S, Bertoletti R, Rastelli V, Ravelli L, Donner CF: Personal smoking habit and attitude toward smoking among the health staff of a general hospital. Monaldi Arch Chest Dis 1998, 53:74-78. 11 La Vecchia C, Scarpino V, Malvezzi I, Baldi G: A survey of smoking among Italian doctors. J Epidemiol Community Health 2000, 54:320. 12 Pizzo AM, Chellini E, Grazzini G, Cardone A, Badellino F: Italian general practitioners and smoking cessation strategies. Tumori 2003, 89:250-254. 13 Tominz R, Murolo G, Montina G, Poropat C, Zorzut F, Peresson M, Barbierato D. Esposizione a fumo passivo di tabacco nei locali di una ASL del Nord Italia: atteggiamento del personale e misura dell’inquinamento nei luoghi di lavoro Epidemiol Prev 2006; 30(6): 305-372 14 Tominz R, Poropat C, Piscanc AM, bovenzi. Conoscenze, attitudini e comportamenti nei riguardi del fumo di tabacco dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Trieste, 2005 Not Ist Super Sanità 2007;20(3):iii-iv 15 Nardini S, Bertoletti R, Rastelli V, Ravelli L, Donner CF: Personal smoking habit and attitude toward smoking among the health staff of a general hospital. Monaldi Arch Chest Dis 1998, 53:74-78 16 Sistema di sorveglianza Passi. Rapporto regionale 2008. Friuli Venezia Giulia. Da http://www.epicentro.iss.it/passi/pdf2010/Passi_FVG-08.pdf. Accesso 8 marzo 2010 10 Rita Leprini MMG Trieste UN PO’ DI STORIA mgf e progetto regionale Mutilazione dei genitali femminili (MGF) e Progetto Regionale Le mutilazioni dei genitali femminili (MGF) sono una pratica tradizionale di numerosi gruppi etnici africani e di altre aree del mondo. Non è facile risalire alle sue origini, sappiamo per certo che si tratta di una pratica molto antica, forse già in uso nell’antico Egitto. Solitamente le bambine sono sottoposte alla pratica durante l’infanzia e prima della pubertà, ma troviamo significative differenze nelle diverse etnie. In generale, nei Paesi che hanno adottato leggi che vietano le MGF, si osserva un abbassamento dell’età alla quale la bambina è sottoposta alla pratica. In questo caso in genere l’intervento è più limitato e meno mutilante in quanto il corpo della bambina è all’inizio dello sviluppo, ma soprattutto, una volta adulte, non ne conservano alcun ricordo, non credono di aver avuto dolore e tendono a pensare che la pratica non sia poi una tradizione così nociva. Da quasi tre decenni in Africa, sono promosse campagne volte a promuovere l’abbandono di tale pratica e c’è stata un’effettiva diminuzione delle forme più cruente di mutilazione a favore di pratiche meno invasive. Tali campagne hanno inquadrato la pratica in un discorso pubblico volto a promuovere i diritti umani e l’uguaglianza di genere, facendo crescere il numero delle donne e degli uomini che si dicono non intenzionati a sottoporre le proprie figlie a MGF, crescendo altresì anche il numero delle organizzazioni che a diversi livelli sono impegnate a contrastare il fenomeno. DEFINIZIONE L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce MGF tutte le pratiche che portano a rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o ad altri danni agli organi genitali femminili compiuti sulla base di motivazioni culturali o altre motivazioni terapeutiche. DIFFUSIONE L’OMS stima che siano dai 100 ai 140 milioni le donne nel mondo sottoposte a una forma di MGF e che le bambine sottoposte a tali pratiche sono, ogni anno 3 milioni. La pratica delle MGF è documentata in 28 paesi africani e in Medio Oriente (Iran, Iraq, Oman, Arabia saudita, Israele). Sono segnalati casi di MGF anche in altri Stati (Indonesia, Malesia, alcune regioni dell’India. Esistono paesi africani in cui la prevalenza di donne che hanno subito MGF è maggiore del 90% come Egitto, Gibuti, Guinea, Sierra Leone, Somalia e Sudan. CLASSIFICAZIONE DELLE MGF Tipo I – Circoncisione asportazione del prepuzio del clitoride Tipo II - Escissione: asportazione del clitoride con asportazione parziale o totale delle piccole labbra Tipo II I- Infibulazione o circoncisione faraonica: asportazione di parte o della totalità dei genitali esterni e sutura/restringimento del canale vaginale Tipo IV - Non classificabile: include piercing, incisione o stiramento del clitoride, introduzione di sostanze corrosive nella vagina con restringimento cicatriziale, ecc. 11 mgf e progetto regionale COMPLICANZE PRECOCI DELLE MGF • • • • • • Emorragia Shock Infezioni (condizioni igieniche, mancanza di sterilità) Ritenzione urinaria (da minzione dolorosa post-trauma) Lesioni dei tessuti adiacenti come uretra, vagina, perineo, retto Tetano COMPLICANZE A LUNGO TERMINE DELLE MGF: • • • • • • • • Ritenzione urinaria Cicatrice e dolore vulvare Ostruzione del flusso mestruale Fistole urinarie e fecali Infertilità Cheloidi (restrizione dell’orifizio vaginale con gravi conseguenze) Disfunzioni sessuali Complicanze durante la gravidanza e il parto. Queste le complicanze di tipo fisico. Non ci sono sufficienti studi sugli effetti psico-sessuali della pratica, ma la letteratura in merito segnala problemi di frigidità, anorgasmia, stress, disturbi del comportamento, malattie psico-somatiche, ansia, depressione, incubi, psicosi LEGISLAZIONE Esiste una normativa internazionale inerente le MGF che attualmente sono proibite nella maggior parte dei Paesi occidentali e in molti Paesi africani. In diversi Paesi europei, sono vietate da misure generiche sulle lesioni personali RILEVANZA DEL FENOMENO IN ITALIA I dati forniti dal Ministero dell’Interno sulla presenza di donne straniere titolari di permesso di soggiorno valido al 31 luglio 2006 indicano 188,047 donne provenienti da Paesi a tradizione escissoria di cui 125.421 (66,7%) tra i 19 e i 40 anni. Nel Friuli Venezia-Giulia sono 5.380. Paradossalmente, mentre lentamente la pratica nei Paesi d’origine sta diminuendo, in Italia con il fenomeno dell’immigrazione, tale numero potrebbe invece aumentare ed esistono giovani donne e bambine che rischiano o subiscono la pratica delle MGF durante il periodo di permanenza in Italia o comunque durante un periodo di vacanze nel paese d’origine dei genitori. Esiste la legge n.7 del 9 gennaio 2006 che è stata appositamente varata per il contrasto delle mutilazione genitali femminili. Contestualmente sono state elaborate Linee Guida destinate alle figure professionali sanitarie che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove tale pratica viene effettuata, per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a mutilazione. Il principio su cui si basano queste Linee Guida, è un principio di diritto alla salute e all’integrità della persona, di cui ogni donna e bambina è portatrice, al di là di ogni tradizione e convenzione. Questo evita di cadere in un falso relativismo culturale al fine di rispettare tradizioni che contrastano con i principi fondamentali della Costituzione italiana. Vanno evitate criminalizzazioni, ma è doveroso informare le comunità interessate, che in Italia queste pratiche sono proibite, non per una forma di discriminazione nei confronti di una cultura diversa, ma in nome di principi universali di libertà, di uguaglianza tra i sessi, di tutela dell’integrità fisica e psichica dei minori e nel rispetto della dignità della persona. Da questi principi emerge la necessità di formare degli operatori sanitari per facilitare la comunicazione, al fine di avere un approccio corretto a donne e bambine già sottoposte a tali pratiche. Vanno formate anche altre figure professionali come mediatrici/mediatori culturali, assistenti sociali, personale di volontariato che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi a tradizione escissoria, non12 ché operatori della scuola. mgf e progetto regionale Mutilazione genitale femminile eseguita con una “moderna” lametta da barba.+ Gli operatori sanitari dovrebbero essere in grado di capire se una minore rischia di essere sottoposta a MGF e saper affrontare l’argomento con i suoi genitori per informarli sia dei danni fisici cui esporrebbero la loro figlia, sia dei rischi legali cui andrebbero incontro essendo in Italia una pratica illegale. PROGETTO REGIONE Il progetto è stato elaborato in seguito alla ripartizione, tra le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano della somma messa a disposizione dalla Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminili” (vedi in appendice) per l’attuazione di quanto previsto dall’art. 4 concernente la formazione delle figure professionali, sanitarie, nonché di altre figure professionali che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono attuate tali pratiche, per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte alla pratica. Coltello e amuleto usati in Africa per mutilazioni genitali femminili nell’usanza tribale - Da Morris K. Lancet 2006; 368:S64 - S67, 13 Il progetto prevede che le attività siano implementate da partner diversi: mgf e progetto regionale • ASS n. 1 “Triestina” • ASS n. 6 “Friuli Occidentale” • Università di Trieste- Facoltà di Medicina e Chirurgia- Scuole di Specializzazione, Corsi di Laurea di Scienze infermieristiche e Ostetriche • AIDOS (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, associazione di donne e allo stesso tempo organizzazione non governativa di cooperazione, riconosciuta nel 1992 dal Ministero degli Affari Esteri come ente idoneo a gestire fondi pubblici per la realizzazione di progetti di cooperazione allo sviluppo. Fin dalla sua fondazione, AIDOS ha lavorato - nei Paesi in via di sviluppo, in Italia e nelle sedi internazionali - per costruire, promuovere e tutelare i diritti, la dignità, il benessere e il progresso di tutte le donne). In particolare l’ASS n.1 “Triestina” ha funzioni di capofila, gestendo la parte amministrativa e coordinando la formazione degli operatori sanitari delle aziende delle regioni, compresi i MMG e PLS. In questo contesto è stato coinvolto il nostro Centro di Formazione Regionale per l’Area delle Cure Primarie con l’espressa richiesta di attivare entro febbraio 2011 una sessione sul tema nell’ambito dell’aggiornamento obbligatorio. Il progetto ha preso avvio a febbraio 2010, prevede tre incontri del Tavolo di Coordinamento Regionale, un Convegno Regionale programmato a maggio 2010, la Formazione operativa “itinerante” tra settembre 2010 e febbraio 2011, la Formazione specialistica tra febbraio e maggio 2011. E’ prevista la conclusione del progetto a giugno 2011. ORGANIZZAZIONI NEL MONDO CHE OPERANO PER SRADICARE LE MGF: – – – – OMS UNICEF (Fondo per l’Infanzia delle Nazioni Unite) IAC (Commissione Inter-africana sulle Pratiche Tradizionali Dannose) UNFPA (Fondo per le Popolazione delle nazioni Unite APPENDICE: Legge 9 gennaio 2006, n. 7 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile“ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2006 Art. 1. (Finalità) 1. In attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il 15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, la presente legge detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine. Art. 2. (Attività di promozione e coordinamento) 1. La Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità promuove e sostiene, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, il coordinamento delle attività svolte dai Ministeri competenti dirette alla prevenzione, all’assistenza alle vittime e all’eliminazione delle pratiche di mutilazione genitale femminile. 2. Ai fini dello svolgimento delle attività di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministriDipartimento per le pari opportunità acquisisce dati e informazioni, a livello nazionale e internazionale, sull’attività svolta per la prevenzione e la repressione e sulle strategie di contrasto programmate o realizzate da altri Stati. 14 mgf e progetto regionale Art. 3. (Campagne informative) 1. Allo scopo di prevenire e contrastare le pratiche di cui all’articolo 583-bis del codice penale, il Ministro per le pari opportunità, d’intesa con i Ministri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e dell’interno e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, predispone appositi programmi diretti a: a) predisporre campagne informative rivolte agli immigrati dai Paesi in cui sono effettuate le pratiche di cui all’articolo 583-bis del codice penale, al momento della concessione del visto presso i consolati italiani e del loro arrivo alle frontiere italiane, dirette a diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine, e del divieto vigente in Italia delle pratiche di mutilazione genitale femminile; b) promuovere iniziative di sensibilizzazione, con la partecipazione delle organizzazioni di volontariato, delle organizzazioni no profit, delle strutture sanitarie, in particolare dei centri riconosciuti di eccellenza dall’Organizzazione mondiale della sanità, e con le comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l’integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine; c) organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in stato di gravidanza, finalizzati ad una corretta preparazione al parto; d) promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole dell’obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, per aiutarli a prevenire le mutilazioni genitali femminili, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine; e) promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi pregressi già noti e rilevati localmente. 2. Per l’attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005. Art. 4. (Formazione del personale sanitario) 1. Il Ministro della salute, sentiti i Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e per le pari opportunità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida destinate alle figure professionali sanitarie nonchè ad altre figure professionali che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate le pratiche di cui all’articolo 583-bis del codice penale per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche. 2. Per l’attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005. Art. 5. (Istituzione di un numero verde) 1. È istituito, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso il Ministero dell’interno, un numero verde finalizzato a ricevere segnalazioni da parte di chiunque venga a conoscenza della effettuazione, sul territorio italiano, delle pratiche di cui all’articolo 583-bis del codice penale, nonchè a fornire informazioni sulle organizzazioni di volontariato e sulle strutture sanitarie che operano presso le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate tali pratiche. 2. Per l’attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 0,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005. Art. 6. (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili) 1. Dopo l’articolo 583 del codice penale sono inseriti i seguenti: 15 mgf e progetto regionale «Art. 583-bis. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili). – Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità. La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia. Art. 583-ter. – (Pena accessoria). – La condanna contro l’esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall’articolo 583-bis importa la pena accessoria dell’interdizione dalla professione da tre a dieci anni. Della sentenza di condanna è data comunicazione all’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri». 2. All’articolo 604 del codice penale, al primo periodo, le parole: «da cittadino straniero» sono sostituite dalle seguenti: «dallo straniero» e, al secondo periodo, le parole: «il cittadino straniero» sono sostituite dalle seguenti: «lo straniero». Art. 7. (Programmi di cooperazione internazionale) 1. Nell’ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo condotti dal Ministero degli affari esteri e in particolare nei programmi finalizzati alla promozione dei diritti delle donne, in Paesi dove, anche in presenza di norme nazionali di divieto, continuano ad essere praticate mutilazioni genitali femminili, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, sono previsti, in accordo con i Governi interessati, presso le popolazioni locali, progetti di formazione e informazione diretti a scoraggiare tali pratiche nonchè a creare centri antiviolenza che possano eventualmente dare accoglienza alle giovani che intendano sottrarsi a tali pratiche ovvero alle donne che intendano sottrarvi le proprie figlie o le proprie parenti in età minore. Art. 8. (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231) 1. Dopo l’articolo 25-quater del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, è inserito il seguente: «Art. 25-quater. 1. – (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all’articolo 583-bis del codice penale si applicano all’ente, nella cui struttura è commesso il delitto, la sanzione pecuniaria da 300 a 700 quote e le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno. Nel caso in cui si tratti di un ente privato accreditato è altresì revocato l’accreditamento. 2. Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, comma 3». Art. 9. (Copertura finanziaria) 1. Agli oneri derivanti dagli articoli 3, comma 2, 4, comma 2, e 5, comma 2, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a euro 5.000.000 per l’anno 2005, a euro 769.000 per l’anno 2006 e a euro 1.769.000 a decorrere dall’anno 2007, l’accantonamento relativo al Ministero della salute, quanto a euro 4.231.000 per l’anno 2006, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e quanto a euro 3.231.000 a decorrere dall’anno 2007, l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. 2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 16 Doriano Battigelli MMG Ceformed Che cos’è? piastrinopenia da eparina Piastrinopenia indotta da eparina: Quando e quanto dobbiamo temerla? Come possiamo sospettarla? Che cosa può fare il MMG per tutelate il paziente (e se stesso)? L’eparina (nelle sue varie molecole) è uno degli anticoagulanti più spesso somministrati, sia in ospedale che nel territorio. Il rapporto nazionale dell’OSMED (Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali) gennaio-settembre 2009 dimostra una spesa lorda per eparine a basso peso molecolare pari a 179 milioni di euro, con un aumento sia in termini di DDD che di spesa (rispettivamente +7,9% e +6,0%) rispetto all’anno 2008, e tra queste in particolare di dalteparina (+185% delle DDD) ed enoxaparina (+33% delle DDD). Nel Friuli-Venezia Giulia, in particolare, sono state prescritte nel 2008 28.735 confezioni di eparine a basso molecolare. L’eparina può indurre un effetto collaterale, la piastrinopenia, che in rari casi può essere grave o addirittura mortale poiché realizza una condizione pro-trombotica e di coagulazione intravascolare disseminata, anziché emorragica. Tale effetto collaterale, fino a pochi anni fa poco conosciuto tranne che dagli esperti di coagulazione, ha ricevuto recentemente grande attenzione anche da parte dei non specialisti, sia sulla base dell’uso di eparine sempre più esteso, disinvolto e non sempre motivato, sia per l’azione di marketing volta a enfatizzare il rischio di piastrinopenia da eparine nei confronti della sicurezza del fondaparinux, presumibilmente privo di tale effetto, farmaco che ha registrato nei primi 9 mesi del 2009 un consistente aumento di prescrizioni in Italia (+56,7% delle DDD rispetto al 2008, pari a una spesa di 12 milioni di euro). Ciò ha portato ad una situazione di grave preoccupazione per le conseguenze medico-legali della piastrinopenia indotta dall’eparina da parte di molti Medici di Medicina Generale (i quali spesso si trovano a prescrivere la terapia eparinica direttamente o seguendo l’indicazione di vari specialisti), con il conseguente insostenibile (dal punto di vista organizzativo) proliferare di frequentissime richeste di conteggi piastrinici a domicilio, ripetuti per molte settimane, o l’altrettanto inappropriato uso sistematico di fondaparinux. Cerchiamo dunque di fare chiarezza sul problema e di identificare i compiti del Medico di Medicina Generale, secondo il principio della buona pratica clinica. La piastrinopenia di tipo I indotta da eparina è una situazione molto frequente di lieve riduzione della conta piastrinica, con meccanismo non immune, dovuta all’azione diretta dell’eparine sull’aggregazione piastrinica, che avviene nei primi 4 giorni dopo l’inizio della terapia, non provoca rischi emorragici né trombotici, non richiede alcuna terapia. La piastrinopenia di tipo II indotta da eparina è invece una situazione ben più rara, comportante riduzione più marcata, ma non gravissima, delle piastrine, di natura immunitaria. Infatti anticorpi IgG o più raramente IgM si attaccano al complesso eparina + fattore piastrinico 4, risultando in un supercomplesso molecolare che si lega ai recettori Fc sulla superficie delle piastrine con conseguente attivazione delle piastrine; esse si aggregano, aderiscono alle superfici endoteliali vascolari e liberano microparticelle pro trombotiche che accelerano la produzione di trombina; le piastrine aggregate sono poi fagocitate dal sistema monolitico-macrofagico, da cui la riduzione nel loro numero. Tuttavia non tutti gli anticorpi producono piastrinopenia: sono presenti anticorpi anche in molti soggetti esposti a eparina che non svilupperanno piastrinopenia (in rapporto 5-10:1). Le differenze di catena molecolare e/o di tipo di solfatazione delle varie preparazioni di eparine commerciali (eparina non frazionata > eparine a basso P.M. > fondaparinux) influenzano significativamente l’’affinità degli anticorpi e la formazione di complessi macromolecolari. Dopo sospensione della terapia eparinica gli anticorpi anti-PF/eparina persistono per 40-60 giorni, talora per mesi. Perciò non è utile (e quindi è sconsigliato) misurare gli anticorpi anti-PF4/eparina in assenza di un quadro clinico di piastrinopenia di tipo II, caratterizzato da un’inattesa diminuzione del numero delle piastrine e/o da un’inatteso evento clinico trombotico (vedi sotto). In particolare non è indicata la determinazione degli anticorpi anti-PF4/eparina di routine prima di somministrare eparine, poiché è dimostrato che non predice la comparsa di piastrinopenia immune e non migliora l’esito della terapia. Data la rarità dei casi di piastrinopenia di tipo II e la disparità del numero di pazienti trattati con le diverse eparine a basso PM nelle varie situazioni cliniche, non ci sono dimostrazioni che una eparina a basso PM sia correlata a maggiore incidenza di piastrinopenia rispetto a un’altra. 17 piastrinopenia da eparina Tabella 1. Quali sono i tipi di piastrinopenia indotta da eparine? Caratteristiche Piastrinopenia da eparine di tipo I = NON PERICOLO PER LA VITA Piastrinopenia da eparine di tipo II = PERICOLO PER LA VITA Prevalenza (rispetto ai casi trattati con eparine) 10%-30% < 5% (dipende dai fattori di rischio; in media: 0,2%) Tempo di esordio dopo l’inizio della terapia 1- 4 giorni 1. Di solito 4-14 giorni nei soggetti mai trattati con eparine o trattati > 100 giorni prima 2. < 4 giorni (mediana 10-11 ore) se già trattati con eparina < 100 giorni prima (e soprattutto < 30 giorni prima) 3. Raramente 9-40 giorni dopo la sospensione della terapia Conta minima tipica di piastrine 100.000/mm3 (e comunque > 50% del valore pretrattamento, anche se il valore assoluto rimane < 150.000/mm3) 20.000-60.000/mm3 (comunque < 30-50% del valore pretrattamento, anche se il valore assoluto rimane > 150.000/mm3) Mediata da anticorpi NO SI’ (anticorpi anti-complesso PF4-eparina) Fenomeni tromboembolici (in qualsiasi vaso sanguigno) NO SI’ rischio relativo: 20-40 x rischio assoluto: 30-75% Mortalità: 20% Amputazione di un arto per ischemia: 5-10% Fenomeni emorragici NO Rari (1-2%) Ignoti 1. Situazione clinica (pazienti traumatizzati o chirurgici, specie ortopedia/cardiochirurgia > pazienti internistici > pazienti gravide, bambini, pazienti in emodialisi) 2. Gravità del trauma 3. Durata della terapia con eparina > 4 giorni 4. Esposizione a eparina nei precedenti 100 giorni 5. Uso di eparina non frazionata > eparine a basso P.M. 6. Uso prolungato di eparine (28 gg > 7 gg) 6. Sesso femminile (x 1,7 rispetto al sesso maschile) NO (osservazione) SI’ = cessazione immediata dell’eparina e ospedalizzazione urgente Fattori predisponenti Trattamento 18 piastrinopenia da eparina La piastrinopenia si produce di solito da 4 a 14 giorni dopo l’inizio della terapia nei pazienti mai trattati con eparine o trattati oltre 100 giorni prima, mentre avviene entro poche ore (e comunque entro 4 giorni) nei soggetti già trattati con eparine entro i 100 giorni precedenti. In una piccola percentuale di pazienti, la piastrinopenia può comparire più tardivamente (“piastrinopenia ad esordio ritardato”), tra il 9°e il 40° giorno dall’esposizione all’eparina, anche in pazienti già dimessi e non più in terapia eparinica. Studi sierologici dimostrano che questi pazienti hanno un titolo anticorpale molto elevato e un’attivazione piastrinica sia eparino-dipendente sia eparino-indipendente. Probabilmente la piastrinopenia di tipo II tardiva è causata da un’alta concentrazione di anticorpi che riconoscono sia il PF4 in assenza di residui di eparina farmacologicamente attivi, sia il PF4 legato ai glicosaminoglicani endoteliali. La piastrinopenia di tipo II può mettere in pericolo la vita, a causa dell’alto rischio trombotico che può interessare qualsiasi vaso sanguigno, spesso in sedi multiple (eventi in 3-7 soggetti su 10: trombosi venose con embolia polmonare o gangrena venosa degli arti, trombosi arteriose con ischemia arteriosa agli arti o alle dita con necessità di amputazioni, infarto miocardico, stroke ischemico/embolico, trombosi delle vene surrenali che con conseguente emorragia e iposurrenalismo, trombosi arteriolo-capillare con necrosi cutanea soprattutto – ma non solo - nella sede d’iniezione, ecc.). Il rischio rimane elevato per giorni o varie settimane dopo la sospensione della terapia eparinica, pur in presenza di una conta delle piastrine rinormalizzata. La propensità alle trombosi distingue la piastrinopenia di tipo II indotta da eparina dalle altre piastrinopenie da farmaci, nelle quali la conta piastrinica è più bassa (mediana 10.000/mm3) e c’è invece di solito rischio emorragico. Manifestazioni atipiche ma patognomoniche sono le reazioni anafilattoidi (febbre, brividi, tachicardia, ipertensione, dispnea, ecc.) entro 30 minuti dalla somministrazione di boli endovenosi di eparina (fatto che dev’essere segnalato nella lettera di dimissione dopo un ricovero e che il Medico di Medicina Generale deve indagare nella storia di un paziente da sottoporre a un nuovo trattamento). In caso di sospetto (per i criteri vedi avanti) il Medico di Medicina Generale deve sospendere la somministrazione di eparina e ricoverare d’urgenza il paziente, per la conferma della diagnosi, il monitoraggio clinico e l’infusione parenterale di farmaci inibitori diretti della trombina o anti-fattore Xa (lepirudina, danaparoide, argatroban, bivalirudina, eventualmente fondaparinux). 19 piastrinopenia da eparina Tabella 2. Qual è l’incidenza della piastrinopenia di tipo II (immune) indotta da eparina? Tipo di terapia Eparine a basso PM Rischio % anticorpi antiPF4+-eparina % piastrinopenia tipo II Pazienti internistici o neurologici intermedio (primo trattamento o ritrattamento > 100 giorni) pazienti sottoposti a interventi di chirurgia generale od ortopedica Quando fare la conta piastrinica Prima d’iniziare il trattamento 2 - 8% 0 – 0,9 % Ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima) ignota 0 – 0,1 % Non indispensabile Gravidanza basso Eparine a basso PM o eparina non frazionata Pazienti pediatrici generali Prima d’iniziare il trattamento Ignoto ritrattamento < 100 giorni o precedente trattamento ignoto Tutte le situazioni cliniche ignota ignota Prima d’iniziare il trattamento Elevato 14% 3-5% Intermedio Pazienti adulti o pediatrici sottoposti a interventi di cardiochirurgia 25 - 50% 1-2% Pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica Ogni 1-2 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima) Prima d’iniziare il trattamento Pazienti internistici o neurologici Intermedio 24 ore dopol’inizio del trattamento Ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima) Pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica Eparina non frazionata (primo trattamento o ritrattamento > 100 giorni) Situazione clinica 8 – 20% 0,8 – 3 % Ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima 0 – 2,3 % 0 – 0,1 % Non indispensabile Pazienti sottoposti a emodialisi acuta Gravidanza Basso Pazienti pediatrici generali Pazienti sottoposti a emodialisi cronica (da Arepally GM, Ortel TL . N Engl J Med 2006;355:809-17.) 20 Tabella 3. Esempi di rischio di piastrinopenia di tipo II indotta da eparina Pazienti con rischio stimato > 1% (elevato piastrinopenia da eparina In sintesi: Pazienti operati/traumatizzati che ricevono dosi profilattiche o terapeutiche di eparina non frazionata per più di 4 giorni Pazienti operati/traumatizzati che ricevono eparine a basso PM per più di 4 giorni Pazienti con rischio stimato 0,1-1% (non comune) Pazienti internistici o in gravidanza che ricevono un’eparina a basso PM dopo avere ricevuto eparina non frazionata Pazienti internistici o in gravidanza che ricevono dosi profilattiche o terapeutiche di eparina non frazionata per più di 4 giorni Pazienti operati che ricevono boli di eparina non frazionata endovenosa per più di 4 giorni Pazienti internistici o in gravidanza che ricevono eparine a basso PM per più di 4 giorni Pazienti con rischio stimato < 0,1% (raro) Qualsiasi paziente che riceve per la prima volta eparina a basso PM o non frazionata per meno di 4 giorni Pazienti internistici o in gravidanza che ricevono soltanto boli endovenosi di eparina non frazionata Pazienti con rischio ignoto (probabilmente elevato) Pazienti in tutte le situazioni cliniche ritrattati con eparina non frazionata o eparina a basso peso molecolare entro 100 giorni o con trattamento precedente ignoto (Warkentin TE, Greinacher , Koster A, Lincof AM. American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines 8th Edition - CHEST 2008; 133:340S–380S, modificato) Tabella 4. Quando il MMG deve controllare il conteggio delle piastrine nei pazienti in terapia con eparine? Prima d’iniziare il trattamento Pazienti con rischio stimato > 1% (elevato) Ogni 1-2 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima del 14° giorno) necessario comunque il consenso informato del paziente (RACCOMANDAZIONE DI GRADO 1 C) Prima d’iniziare il trattamento Pazienti con rischio stimato 0,1-1% (non comune) Ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima del 14° giorno) necessario comunque il consenso informato del paziente (RACCOMANDAZIONE DI GRADO 2 C) Pazienti con rischio stimato < 0,1% (raro) Si può evitare: necessario comunque il consenso informato del paziente (RACCOMANDAZIONE DI GRADO 2 C) Prima d’iniziare il trattamento 24 ore dopo l’inizio del trattamento Pazienti con rischio ignoto Ogni 2-3 giorni dal 4° al 14° giorno o finché la terapia non cessa (se ciò avviene prima) (RACCOMANDAZIONE DI GRADO 1 C) 21 piastrinopenia da eparina Data l’assoluta rarità della piastrinopenia di tipo II ad esordio tardivo (9°-40° giorno) non ci sono valide motivazioni nel continuare il conteggio delle piastrine in pazienti asintomatici in terapia eparinica prolungata oltre il 14° giorno (raccomandazione 2 C). (Warkentin TE, Greinacher , Koster A, Lincof AM. American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines 8th Edition - CHEST 2008; 133:340S–380S, modificato) N.B. GRADI DELLE RACCOMANDAZIONI: RACCOMANDAZIONE DI GRADO 1 C: Raccomandazione “forte”, in cui è dimostrato che i benefici superano i costi e da applicare sistematicamente alla grande maggioranza dei pazienti, basata però su un’evidenza scientifica di bassa qualità, come trial controllati randomizzati di mal disegnati o mal eseguiti, con risultati imprecisi o inconsistenti o indiretti o soggetti a errori sistematici, oppure studi osservazionali di piccole dimensioni. RACCOMANDAZIONE DI GRADO 2 C: Raccomandazione “debole”, per la quale non è dimostrato che i benefici (o i rischi) superino i costi, da non applicare sistematicamente alla grande maggioranza dei pazienti, ma giudiziosamente tenendo conto delle aspettative e delle preferenze del paziente nonché della sostenibilità locale (economica e organizzativa). Anche queste raccomandazioni sono basate su un’evidenza scientifica di bassa qualità, come trial controllati randomizzati di mal disegnati o mal eseguiti, con risultati imprecisi o inconsistenti o indiretti o soggetti a errori sistematici, oppure studi osservazionali di piccole dimensioni. Non è sostenibile (né utile) eseguire conteggi seriati delle piastrine in tutti i pazienti in terapia eparinica. I pazienti vanno selezionati in base al rischio e, nelle situazioni di rischio stimato non comune o raro (< 0,1%), in cui c’è pure una raccomandazione “debole” da parte della linea-guida oggi più accreditata, il conteggio delle piastrine può essere omesso o deciso sulla base della fattibilità locale (o se il paziente, molto ansioso, lo desidera fortemente). Questo approccio è analogo a quanto avviene in altre situazioni di rischio clinico: non è sostenibile né utile eseguire i test di trombofilia a tutte le donne in terapia estroprogestinica, la determinazione plurisettimanale cronica dell’INR a tutti i soggetti in terapia anticoagulante orale (che pure produce emorragie con frequenza > 1%), un test da sforzo a tutti i soggetti con dolore toracico, l’ecocardiografia a tutti gli ipertesi, ecc., ma i tali indagini vanno prescritte ai pazienti e nei tempi selezionati in base alla stima di un sufficiente rischio pre-test, valutato clinicamente. Come diagnosticarla: La piastrinopenia di tipo II indotta da eparina è una “sindrome clinico-patologica”, la cui diagnosi può essere complessa, va effettuata in ambiente ospedaliero correlando temporalmente il quadro clinico con quello di laboratorio e non è compito del medico di cure primarie, il quale deve soltanto sospettarla o escluderla. In caso di sospetto il MMG/PLS deve sospendere subito la terapia eparinica e ricoverare il paziente. Come può il MMG/PLS escludere una piastrinopenia di tipo II indotta da eparina? Il MMG può escludere una piastrinopenia di tipo II (immune) indotta da eparina applicando il “punteggio delle 4 T” di Warkentin (vedi tabella 5),a elevato valore predittivo negativo; si basa sul conteggio delle piastrine, il rilevamento del tempo in cui iniziano a ridursi le piastrine dall’inizio della terapia, l’osservazione clinica (eventuale comparsa di necrosi cutanee specialmente nella sede d’iniezione, di nuovi eventi trombo embolici o di peggioramento di quelli già in atto, di reazioni anafilattoidi all’eparina), e sull’esclusione di altre cause di piastrinopenia. Quest’ultima componente del punteggio va valutata con particolare attenzione dal momento che la piastrinopenia può derivare da molte altre cause (vedi tabella 6) e i pazienti hanno spesso multiple condizioni morbose e assumono farmaci che possono confondere la presentazione e la diagnosi della piastrinopenia di tipo II da eparina. Da tenere presente che la comparsa di fenomeni emorragici in presenza di piastrinopenia depone contro una piastrinopenia immune da eparina. Se il punteggio è 0 – 3 punti (= probabilità nulla o bassa) il MMG può continuare la terapia eparinica monitorizzando attentamente il paziente dal punto di vista clinico e laboratoristico (conta piastrinica) (Arepally GM, Ortel TL, Annu. Rev. Med. 2010. 61:77–90); la presenza di anticorpi anti-PF4/eparina è poco probabile “a priori” (< 5%): perciò un dosaggio positivo può essere poco predittivo e non è consigliato; meglio eventualmente consultarsi con uno specialista, se disponibile (ematologo, specialista in trombosi ed emostasi, medico di laboratorio). Se il punteggio è > 4 punti (probabilità intermedia o elevata) Il MMG deve invece sospendere la somministrazione di eparina e ospedalizzare d’urgenza il paziente; data la situazione di rischio trombotico imminente non è opportuno che prescriva a domicilio il dosaggio degli anticorpi anti-PF4/eparina o di altri test, i quali possono richiedere tempo (per organizzare il prelievo, per il laboratorio) e competenza (nel laboratorio e nel medico che deve conoscere e valutare il tipo e significato del test). In questa situazione l’uso da parte del MMG di anticoagulanti orali o antivitamine K (warfarin, acenocumarolo) al posto dell’eparina costituirebbe un grave errore terapeutico: l’effetto anticoagulante non si manifesta subito (mentre il paziente è a forte rischio di trombosi o ha già trombosi in atto), e per di più di produce una rapida riduzione della sintesi epatica dei fattori anticoagulanti vitamina K-dipendenti (proteina C e proteina S). Ciò può scatenare o aggravare fenomeni trombotici (per esempio comparsa di microtrombosi e gangrena venosa degli arti). Gli anticoagulanti orali si possono usare, iniziando a basse dosi ed embricandoli su una terapia già in atto con inibitori diretti della trombina o fondaparinux, quando la conta piastrinica ritorna a essere > 150.000/mm . Tuttavia tali decisioni terapeutiche vanno lasciate allo specialista, in ambito generalmente di ricovero ospedaliero. Da ricordare che il punteggio delle 4 T ha una basso valore predittivo positivo, è cioè inadatto a diagnosticare in modo affidabile una piastrinopenia di tipo II indotta da eparina, poiché un punteggio più o meno elevato può derivare da una diversa valutazione dei parametri da parte dei medici che lo applicano. 22 Categoria 2 punti 1 punto 0 punti Trombocitopenia > 50% del valore pretrattamento 30-50% del valore pretrattamento < 30% del valore pretrattamento Tempo di diminuzione delle piastrine Giorni 5-10 < 1 giorno se esposizione all’eparina nei 30 giorni precedenti > Giorno 10 o non chiaro (mancano le conte piastriniche) < 1 giorno se esposizione all’eparina nei 30-100 giorni precedenti < 4° giorno senza esposizione all’eparina nei 30-100 giorni precedenti Trombosi o altre conseguenze Trombosi dimostrata, necrosi cutanea o reazioni sistemiche anafilattoidi dopo eparina Trombosi progressiva, ricorrente o silente Lesioni cutanee eritematose assenti AlTre cause di trombocitopenia Nessuna evidente Possibili sicure 6-8 fortemente probabile / 4 – 5 probabilità intermedia / 1-3 poco probabile Warkentin T. Br J Haematol 2003; 121: 535–555 Tabella 6. Altre cause possibili di piastrinopenia nei soggetti in terapia con eparina Piastrinopenia con rischio di emorragie piastrinopenia da eparina Tabella 5. Punteggio delle 4 T (Warkentin) probabilità di piastrinopenia di tipo II indotta da eparina Depressione midollare Meccanismi immuni senza attivazione piastrinica • Antitumorali (carboplatino, oxaliplatino, agenti alchilanti, antracicline, antimetaboliti) • Alcol etilico • Cloramfenicolo • Malattie mieloproliferative (leucemie acute e croniche, mieloma, mielofibrosi) • Malattie linfoproliferative (linfomi non Hodgkin, leucemia linfatica cronica) • Aplasia o ipoplasia midollare idiopatica • Mieloftisi (metastasi ossee) • Ematopoiesi inefficace (mielodisplasia, deficit di vitamina B12 o folati) • FANS e antireumatici (aspirina, paracetamolo, diclofenac, naprossene, penicillamina, sali d’oro) • Sedativi, antiepilettici (diazepam, valproato, fenitoina, carbamazepina) • Chemioterapici anti-infettivi (sulfamidici, penicilline, cefalosporine, cotrimossazolo, linezolid, rifampicina, vancomicina, chinina) • Sulfoniluree • Farmaci cardiovascolari (diuretici tiazidici, digossina, chinidina, metildopa) • Antipiastrinici (abciximab, eptifibatide, tirofiban) • Farmaci gastroenterologici (cimetidina) • Porpora trombocitopenica idiopatica o autoimmune (Morbo di Werlhof) • Splenomegalia congestizia • Collagenopatie • Infezioni (HIV, epatiti virali, citomegalovirus, Epstein-Barr virus, rosolia, varicella) Piastrinopenia con rischio di trombosi • Adenocarcinomi • Embolia polmonare • Cheto acidosi diabetica • Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi • Terapia trombolitica • Coagulazione intravascolare disseminata associata a sepsi • Endocardite infettiva • Emoglobinuria parossistica notturna • Porpora post-trasfusionale • Porpora trombotica trombocitopenica Piastrinopenia senza rischio di emorragie o trombosi • Piastrinopenia di tipo I da eparina (Zinkovsky DA, Antonopoulos MA, P & T, 2008; 23: 642-651. Aster RH, Bougie DW. N Engl J Med 2007;357:580-7; Warkentin TE, N Engl J Med 2007; 356;9 McMillan R. In Goldman L, Ausiello D Cecil Textbook of Medicine 23th edition; accesso online 15.3.2009) 23 piastrinopenia da eparina PIASTRINOPENIA IN PAZIENTE IN TERAPIA CON EPARINE STRATIFICA IL RISCHIO APPLICA LE “4 T” PUNTEGGIO “4 T” = 4-8 RISCHIO INTERMEDIO O ALTO PUNTEGGIO “4 T” = 0-3 RISCHIO BASSO O NULLO STOP EPARINE RICOVERO CONTINUA LA TERAPIA EPARINICA CONTROLLA LE PIASTRINE NON DOSARE GLI ANTICORPI ANTI-PF4/EPARINA (Arepally GM, Ortel TL, Annu Rev Med 2010; 61:77–90, modificato) Che cosa il MMG deve dire al paziente in terapia eparinica? Il MG/PLS deve informare ogni paziente che riceve un’eparina a scopo preventivo o per trattamento di una trombosi circa la possibilità di un calo delle piastrine e delle sue conseguenze (nuove trombosi, lesioni cutanee) e deve avvisarlo della necessità di contattare subito il medico (o il Pronto Soccorso) se si verificano questi eventi. E’ meglio raccogliere anche il consenso informato scritto. Tale consenso informato va raccolto indipendentemente dal fatto che venga monitorata o meno la conta delle piastrine. E che fare se il paziente ha già una storia di piastrinopenia di tipo II da eparina e necessita di un nuovo trattamento anticoagulante? I pazienti con precedente diagnosi di piastrinopenia di tipo II indotta da eparina non devono di solito essere riesposti alle eparine. Infatti il ruolo della memoria immunitaria nella piastrinopenia di tipo II non è chiarito (rischio di risposta rapida anamnestica) anche gli anticorpi anti-PF4-eparina scompaiono di solito entro 3 mesi dopo la diagnosi. In tale casi è meglio usare un anticoagulante parenterale alternativo (inibitori diretti della trombina, fondaparinux?) Fondaparinux: è più sicuro? Il fondaparinux è un inibitore indiretto, mediato dall’antitrombina, del fattore Xa. E’ un analogo sintetico del pentasaccaride dell’eparina necessario al legame con l’antitrombina, per cui ha una maggiore affinità. Dopo somministrazione di fondaparinux a scopo profilattico si è osservata la produzione di anticorpi anti–PF4/eparina, con una frequenza simile a quella osservata con l’enoxaparina. Tuttavia questi anticorpi non sembrano legarsi bene in vitro al PF4 in presenza di fondaparinux (il pentasaccaride contiene meno gruppi e domini elettronegativi necessari per complessarsi con gli anticorpi) e pertanto il rischio di indurre una piastrinopenia immune di tipo II sembra teoricamente molto basso. Inoltre il fondaparinux non crossreagisce nei test in vitro con gli anticorpi anti-PF4/eparina dei soggetti con piastrinopenia immune da eparina. Tuttavia il ruolo del fondaparinux nel rischio di piastrinopenia di tipo II o nel suo trattamento è per ora controverso. Infatti, l‘efficacia e la sicurezza di fondaparinux nei pazienti con piastrinopenia di tipo II da eparina non sono state ancora studiate in modo formale. Uno studio prospettico pilota, non in cieco, su 7 pazienti e altri studi retrospettivi su almeno 12 pazienti con piastrinopenia di tipo II indotta da eparina, supportano l’uso del fondaparinux come anticoagulante alternativo. Molti dati esistono solo sotto forma di “case report” (segnalazioni spontanee di casi), e dimostrano la normalizzazione della conta piastrinica senza evidenze di nuove trombosi. E’ stato pertanto proposto pertanto il ruolo del fondaparinux come alternativa o come “ponte”, in caso di piastrinopenia di tipo II, tra la terapia eparinica e quella con inibitori diretti della trombina di uso ospedaliero (raccomandazione di grado 2 C – “debole”, vedi sopra - dell’8ª edizione delle Linee-Guida Pratiche dell’American College of Chest Physician del 2008; Workshop FCSA, Milano 18.1.2008). Sono però stati pubblicati 3 “case reports” che sostengono il ruolo causale del fondaparinux nell’insorgenza della piastrinopenia di tipo II e/o la sua inefficacia come alternativa all’eparina. Tuttavia le differenze nelle situazioni cliniche e di dose di fondaparinux rendono difficile la loro interpretazione, le prove sono complessivamente di bassa qualità, e a tutt’oggi non e’ stata stabilita un’associazione causale tra il trattamento con fondaparinux e l’insorgenza della piastrinopenia di tipo II. 24 MESSAGGI CHIAVE: QUALI SONO I COMPITI DEL MMG? piastrinopenia da eparina La scheda tecnica dell’EMEA raccomanda che il fondaparinux venga utilizzato con cautela in pazienti con anamnesi di Trombocitopenia Indotta da Eparina; la scheda tecnica americana (FDA) dell’agosto 2009 raccomanda, nei pazienti trattati con fondaparinux, di monitorare strettamente i pazienti per la piastrinopenia e d’interrompere la somministrazione del farmaco se le piastrine scendono sotto le 100.000/mm3. Quest’ultimo avviso è però in discordanza con le linee-guida 2008 dell’American College of Chest Physicians, le quali invece raccomandano “fortemente” (grado 1 C) di non misurare le piastrine nei pazienti in terapia con fondaparinux. Il fondaparinux è oggi mediamente più costoso rispetto alle eparine a basso PM (soprattutto se usato a dosi terapeutiche, per trattare trombosi in atto). Senza entrare nel merito della sua efficacia antitrombotica e del suo rischio emorragico, per quanto riguarda soltanto il rischio di piastrinopenia di tipo II non sembra per ora giustificato preferirlo sistematicamente alle eparine a basso PM, soprattutto nelle situazioni a rischio < 0,1%, come nei pazienti internistici, pediatrici o in gravidanza o nei pazienti che ricevono per la prima volta una terapia parenterale per la prevenzione o il trattamento dei fenomeni tromboembolici. Il fondaparinux potrà eventualmente sostituire le eparine solo dopo attenta valutazione dei costi e del suo impatto nella pratica di tutti i giorni (raccomandazione Workshop FCSA, Milano 18.1.2008). 1. Usa le eparine (o fondaparinux) solo in situazioni in cui c’è dimostrazione di utilità e in dosi e tempi raccomandati 2. Informa il paziente sul rischio di piastrinopenia, su come si manifesta e quando contattare il medico; ottieni quindi il consenso al trattamento (meglio se anche scritto). 3. Informati se il paziente ha già avuto entro i precedenti 100 giorni una terapia eparinica e/o con eparina non frazionata. 4. Accertati che il paziente non abbia già avuto reazioni anafilattoidi alla somministrazione endovenosa di eparina o precedenti episodi di piastrinopenia di tipo II indotta da eparina. 5. Determina sempre qual è/era il conteggio delle piastrine prima della terapia (+ la clearance della creatinina, la cui riduzione marcata controindica le eparine a basso PM e il fondaparinux) 6. Valuta il rischio di piastrinopenia e, nei casi indicati (soprattutto a rischio > 1% o rischio indeterminato), richiedi dopo l’inizio della terapia il conteggio delle piastrine secondo i tempi raccomandati 7. Non richiedere ulteriori conteggi delle piastrine dopo il 14° giorno di terapia in assenza di segni/sintomi di trombosi/emorragie. 8. In caso di sospetta piastrinopenia, applica il punteggio delle 4 T. In caso di probabilità intermedia o alta, sospendi la terapia eparinica e ricovera subito il paziente. Non somministrare anticoagulanti orali. Non richiedere test di laboratorio (anticorpi anti-piastrine, anti- PF4/eparina, ecc.). 9. Usa appropriatamente il fondaparinux nelle situazioni ad alto rischio di piastrinopenia di tipo II da eparina. Appendice. EPARINE A BASSO P.M. E FONDAPARINUX DOSI E COSTI (PER 10 GIORNI DI TERAPIA PER UN SOGGETTO DI 80 KG) (DICEMBRE 2009) Principio attivo (nome commerciale) Profilassi TEV in chirurgia generale e/o a rischio moderato Profilassi TEV in chirurgia ortopedica maggiore o ad alto rischio (e internistici*). Trattamento TVP ed EP** in atto Bemiparina (Ivor) 2.500 UI x 1/die 3.500 UI x 1/die 115 UI/kg x 2/die 25,23 € 37,71 € 107,74 € Dalteparina (Fragmin) 2.500 UI x 1/die 5.000 UI x 1/die 200 UI/kg x 1/die 30,61 € 54,85 € 173 € Enoxaparina (Clexane, Clexane T) 2.000 UI x 1/die 4.000 UI x 1/die* 100 UI/kg x 2/die** 28,73 € 54,50 € 152,24 € Nadroparina (Fraxiparina, Seledie, Seleparina) 2.850 UI x 1/die 57 UI/kg x 1/die 92,7 UI/kg x 2/die 31,97 € 57,09 € 129,60 € Parnaparina (Fluxum) 3.200 UI x 1/die 4.250 UI x 1/die 6.400 UI x 2/die 30,93 € 41,27 € 109,80 € Reviparina (Clivarina) 1750 UI x 1/die 4.200 UI x 1/die 26,73 € 1,5 mg x 1/die 68,13 € 2,5 mg x 1/die* 87,5UI/kgx 2/die** Dose singola non disponibile > 72 kg 40,44 € 67,45 € Fondaparinux (Arixtra) (L’ulteriore bibliografia, non citata nel testo, è disponibile a richiesta) 25 7,5 mg x 1/die* 207,01 € il cancro colorettale Il cancro colorettale è una malattia prevenibile: cosa può fare il medico di medicina generale? Di Luigi Buri* e Olivia Giannini** *) Direttore S.C. di Gastroenterologia ed Endoscpia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti di Trieste” **) Medico di Medicina Generale, Trieste Esistono tutti i presupposti perché il cancro colo rettale (CCR) sia oggetto di uno screening efficace nella popolazione generale: incidenza elevata (1), prevenibile attraverso l’interruzione della sequenza adenoma-carcinoma mediante la polipectomia endoscopica (2), curabile con alta probabilità di guarigione se diagnosticato in fase precoce (Dukes A o B) (3;4)), disponibilità di diverse metodiche di screening di efficacia dimostrata in diversi studi (5). Per questo nella nostra Regione ha preso il via il progetto di screening per il CCR. Questo prevede l’invio della lettera in cui il cittadino viene invitato a ritirare gratuitamente presso le farmacie il kit necessario per la ricerca del sangue occulto fecale con metodo immuno-enzimatico (da ripetere con cadenza biennale); in caso di positività, segue una colonscopia con biopsia ed eventualmente, quando è indicato e possibile, la polipectomia (6;7). Lo screening viene offerto a soggetti asintomatici nella fascia di età tra i 50 e i 70 anni, in quanto in questa popolazione si riscontra il 70% del CCR e dei suoi precursori benigni (perlopiù polipi adenomatosi e soprattutto se > di 1cm con displasia severa o meno) (8;9;12). Però lo sforzo economico potrebbe essere vanificato o non essere sufficiente, perché l’adesione allo screening non è scontata e perché esistono situazioni che esulano dal rischio standard legato all’età, che richiedono la diffusione della cultura della prevenzione e un’iniziativa di tipo diverso da parte del medico. Il Medico di Medicina Generale può svolgere un ruolo cruciale. In virtù del rapporto diretto e continuativo con i propri iscritti, può effettuare un intervento di enorme impatto nella prevenzione del CCR. Da un lato, può promuovere attivamente l’adesione allo screening da parte dei soggetti a rischio standard (età dipendente) , dall’altro, ha la possibilità di individuare i soggetti a rischio aumentato avviandoli al percorso di screening più adatto alla loro particolare condizione. E’ questo secondo aspetto dell’attività preventiva che vorremmo analizzare in questo articolo con l’intento di fornire una traccia per i percorsi dei pazienti a rischio. QUALI SONO I SOGGETTI A RISCHIO AUMENTATO DI CANCRO COLO-RETTALE? I) Soggetti con un parente di primo grado affetto da CCR o polipo/i adenomatoso/i: il rischio è tanto più elevato quanto più precoce è stata l’età d’insorgenza della patologia neoplastica nel parente ed aumenta ulteriormente se nella famiglia più di un parente ne è risultato affetto(10;11). 1) Se il parente di primo grado ha avuto un CCR prima dei 50 anni, può essere sospettata una sindrome ereditaria rara, come: A) un cancro colo rettale ereditario non poliposico (HNPCC) o B) una poliposi adenomatosa familiare (FAP). A) Il HNPCC è responsabile del 5% di tutti i CCR; è un disordine autosomico dominante caratterizzato da un precoce sviluppo di cancro colo-rettale. Nei pazienti con HNPCC la neoplasia si sviluppa ad un’età media di 44 anni e si localizza generalmente a monte della flessura splenica. La diagnosi di HNPCC è posta raccogliendo un’accurata anamnesi familiare, o in altri casi riconoscendo le caratteristiche della patologia (12;13;14). Sono stati identificati dei criteri clinici che consentono di sospettare questa patologia. (15;16) Criteri di Amsterdam II (sensibilità 40%) Oltre alla presenza di almeno 3 parenti con un tumore associato all’HNPCC (CCR, endometriale, dell’intestino tenue, pelvi-ureterale) devono essere presenti tutti i seguenti criteri: • • • • • uno dovrebbe essere parente di primo grado degli altri due devono essere affette almeno due generazioni successive almeno un caso deve essere diagnosticato prima dei 50 anni tutti i tumori devono essere verificati con esame istologico in caso di CCR deve essere esclusa la FAP 26 il cancro colorettale Criteri di Bethesda (revisionati, sensibilità 90%) • CCR diagnosticato prima dei 50 anni • presenza di un cancro HNPCC-correlato (CCR, endometriale, dell’intestino tenue, dell’ovaio, del pancreas, pelvi-ureterale, biliare, cerebrale, delle ghiandole sebacee) • CCR con particolari manifestazioni patologiche in pazienti con età < 60 anni (linfociti infiltranti il tumore, reazione linfocitica Crohn’s like, pattern di crescita midollare o differenziazione mucinosa ad anello con castone) • CCR diagnosticato in uno o più parenti di primo grado con un cancro correlato al HNPCC di cui almeno uno diagnosticato prima dei 50 anni • CCR in due o più parenti di primo o secondo grado indipendentemente dall’età B) La FAP è responsabile dell’1% di tutti i CCR; è legata ad una mutazione autosomica dominante del gene APC e gli individui con questa sindrome vanno incontro a CCR nel 100% dei casi tra i 40 e i 50 anni. Questi soggetti richiedono uno screening colonscopico particolarmente serrato (fin dai 10 anni di età in caso di FAP e dai 20-25 anni in caso di HNPCC) e dovrebbero essere inviati ad uno specialista esperto in queste sindromi ereditarie per ottenere una storia familiare completa, prendere in considerazione la consulenza genetica e stabilire un timing appropriato per la sorveglianza endoscopica.(17) 2) Se un parente di primo grado ha manifestato un CCR ad un’età compresa tra 50 e 60 anni, il rischio di sviluppare un CCR fra i membri della famiglia aumenta da 2 a 4 volte (5). Lo screening endoscopico dovrebbe essere iniziato a 40 anni o quando il soggetto a rischio ha un’età di 10 anni inferiore a quella in cui è stato diagnosticato il caso più precoce in famiglia. Il timing dei successivi controlli dipende dal risultato del primo esame. II) Soggetti affetti da Colite Ulcerosa o colite da Morbo di Crohn Presentano un rischio aumentato per CCR proporzionale alla durata e all’estensione della malattia:(rischio aumentato del 34% nella pancolite ulcerosa a 30 anni dalla diagnosi; rischio aumentato del 5-10% nella colite da M. di Crohn). (18;19) Questi pazienti dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza endoscopica annuale, con biopsie multiple seriate ad iniziare dall’ottavo-decimo anno dalla diagnosi (B) (20). QUAL’E’ LA METODICA DI SCREENING CONSIGLIABILE NEI SOGGETTI A RISCHIO AUMENTATO? La colonscopia, in virtù della sua elevata accuratezza, è l’unica metodica di screening consigliata nei soggetti a rischio aumentato.(B) (21). Non possono essere raccomandati la colonscopia virtuale (22;2) e il test del DNA fecale (23;24) per i risultati contraddittori ottenuti negli studi finora effettuati (A) (2). QUALI SONO LE RACCOMANDAZIONI PER SOGGETTI CON RISCHIO DI SINDROME EREDITARIA? Soggetto con positività per HNPCC nella storia familiare: colonscopia ogni 1-2 anni iniziando dai 20-25 anni di età o 10 anni prima del caso di CCR più precoce verificatosi in famiglia colonscopia annuale dopo i 40 anni di età (B) (25;26) Soggetto con anamnesi familiare positiva per parente con FAP e test genetico positivo: va proposto il test genetico con counseling al soggetto a rischio (C) (22) - Se test genetico positivo: sigmoidoscopia annuale dai 10-12 anni di età. se si sviluppano polipi > colectomia totale se non si sviluppano polipi> sigmoidoscopia annuale fino a 40 anni poi ogni 3-5 anni (B). - Se test genetico negativo: il soggetto viene considerato non a rischio aumentato tuttavia gli si può consigliare una sigmoidoscopia ogni 7-10 anni fino a 40 anni dopo i 40 anni una colonscopia ogni 5 anni. Il test genetico, quindi, cambia l’atteggiamento da tenere nel soggetto a rischio solo se risulta negativo. Soggetto con anamnesi familiare positiva per parente con FAP e test genetico negativo: sigmoidoscopia annuale a partire dai 10-12 anni fino ai 40 anni, dopo di che si ricade nella prevenzione generica 27 il cancro colorettale CATEGORIA A RISCHIO METODICA DI SCREENING INIZIO SCREENING SORVEGLIANZA quando ripetere l’esame Parente di 1° con CCR o polipi adenomatosi prima dei 60aa COLONSCOPIA A 40 anni o 10 anni prima del caso più precoce in famiglia Ogni 3-5 anni Parente di 1° con CCR o polipi adenomatosi dopo i 60 aa COLONSCOPIA A 40 anni Ogni 10 anni, se negativa Parente di 1° con FAP e test genetico positivo TEST GENETICO RSS SE TEST GENETICO POSITIVO: a 10-12 anni Ogni anno fino a 40 poi ogni 3-5 anni, se negativa RSS SE TEST GENETICO NEGATIVO: a 10-12 anni Ogni 7-10 anni fino ai 40 anni, poi ogni 5 anni Parente di 1° con FAP e test genetico negativo RSS A 10-12 anni Ogni anno fino a 40 anni, poi ogni 5 anni Parente di 1° con HNPCC COLONSCOPIA A 20-25 anni o 10 anni prima del caso più precoce in famiglia Ogni anno fino a 40 anni, poi ogni 5 anni DECISIONI SUCCESSIVE Colectomia totale, se positiva per polipi Diagnosi di FAP Positivo: test genetico nel parente di I° grado Se positivo: RSS a 10-12 anni Negativo: RSS a 10-12 aa nel parente di I° grado SE negativo: RSS a 12 anni quindi ogni 7-10 aa. fino a 40 anni Se neg.: RSS ogni anno fino a 40 Diagnosi di poliposi: Colectomia totale Colonscopia ogni 5 anni Normal. Endo.: RSS ogni anno fino a 40 anni Positivo per poliposi.: Colectomia totale Colonscopia ogni 3-5 anni 28 Se ha un parente di primo grado con CCR diagnosticato prima dei 60 anni Colonscopia di screening a 40 anni o 10 anni prima del caso più precoce in famiglia Se negativa: colonscopia di sorveglianza ogni 3-5 anni (B) Se ha un parente di primo grado con CCR diagnosticato dopo i 60 anni Colonscopia di screening a 40 anni di età Se negativa: colonscopica di sorveglianza ogni 10 anni Se ha un parente di primo grado con polipo adenomatoso diagnosticato prima dei 60 anni Colonscopia di screening a 40 anni di età o 10 anni prima del caso più precoce in famiglia Se negativa: colonscopia di sorveglianza ogni 5 anni (B) Se ha un parente di primo grado con polipo adenomatoso diagnosticato dopo i 60 anni Colonscopia di screening in età personalizzata Se negativa: ci si comporta come con i soggetti a rischio standard Se ha un parente di secondo o terzo grado con CCR o polipi Colonscopia di screening come nei soggetti a rischio standard Se negativa: ci si comporta come con i soggetti a rischio standard (C) ALTRE SITUAZIONI IN CUI VA PREVISTA UNA COLONSCOPIA DI SORVEGLIANZA QUALI SONO LE RACCOMANDAZIONI DI SORVEGLIANZA PER SOGGETTI CON STORIA PERSONALE DI NEOPLASIA COLORETTALE (27) il cancro colorettale QUALI SONO LE RACCOMANDAZIONI PER SOGGETTI CON STORIA FAMILIARE DI CCR O DI POLIPI ADENOMATOSI? (22) Storia personale di cancro del colon Colonscopia 1 anno dopo l’intervento di resezione (B) Se una colonscopia completa non era stata eseguita prima o durante l’intervento dovrà essere eseguita entro 6 mesi dalla resezione (B) Se negativa: dopo 3 e poi ogni 5 anni (B) Storia personale di cancro rettale Colonscopia 1 anno dopo l’intervento Se negativa: dopo 4 e poi ogni 5 anni Sigmoidoscopia ogni 3-6 mesi per 2-3 anni nei casi trattati con resezione anteriore bassa, se non c’è stata irradiazione pelvica o escissione mesorettale(B) Storia personale di 1 o 2 polipi adenomatosi < 1 cm con displasia di basso grado Colonscopia non prima di 5 anni (B) Storia personale di 3-10 polipi adenomatosi o di polipo/i con displasia di grado elevato Colonscopia dopo 3 anni (B) Storia personale di più di 10 polipi adenomatosi Colonscopia entro 3 anni(a discrezione dell’endoscopista, in base alle caratteristiche dei polipi)(B) Storia personale di polipo sessile a larga base d’impianto con potenziale incompleta escissione endoscopica Colonscopia dopo 2-6 mesi Quando possibile tutti i polipi > 0,5 cm vanno rimossi e recuperati per sottoporli ad esame istologico (B) 29 il cancro colorettale CATEGORIA A RISCHIO METODICA DI SCREENING INIZIO SCREENING SORVEGLIANZA Storia personale di CCR operato con colonscopia precedente parziale Colonscopia Entro 6 mesi 3-5 anni Storia personale di CCR con colonscopia precedente completa Colonscopia Un anno 5 anni Storia personale di 1-2 polipi <1 cm. (displasia basso grado) Colonscopia Non prima di 5 anni 5 anni Storia personale di più di 3 o polipo/i con grave displasia Colonscopia Entro 3 anni su indicazione dello specialista 5 anni Colonscopia con biopsie multiple 8-10 anni con l’obiettivo di evidenziare la displasia grave Se pos.=colectomia totale Se neg.= controllo annuale Storia personale di RCU estesa o di Crohn BIBLIOGRAFIA: 1. Jemal A, Siegel R, Ward E, et al. Cancer Statistics, 2009. CA Cancer J Clin 2009;59:225-49 2. Levin B, Lieberman DA, McFarland B, et al. Screening and surveillance for early detection of colorectal cancer and ademomatous polyps, 2008: a jkoint guideline froma the America Cancer Society, the US Multi-Society Task Force on Colorectal Cancer, and the American college of Radiology. Gastroenterology 2008; 134:1570-95 3. Preventive Services Task Force. Screening for colorectal cancer: Preventive Services Task Force Recommendation Statement. Ann Intern Med 2008; 149:627-37 4. 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Gastrointest Endosc 2005;61(1):1-7 30 Maurizio Ruscio Laboratorio Analisi e Microbiologia, Centro di Riferimento per la Malattia di Lyme, ASS 4 Medio Friuli, San Daniele del Friuli (UD) la borreliosi di lyme La Borreliosi di Lyme: come districarsi Riassunto La Borreliosi di Lyme (BL) è una patologia infettiva trasmessa dalle zecche che in Europa determina mediamente 60.000 nuovi casi l’anno. Interessa principalmente la cute, le articolazioni, il sistema nervoso e il cuore. Ha uno sviluppo a stadi successivi e nel 60-80% dei casi esordisce con una lesione cutanea a carattere espansivo (eritema migrante), che rappresenta il marker clinico dell’infezione. L’agente etiologico è una spirocheta appartenente al genere Borrelia, specie Borrelia burdorferi. La diagnosi di laboratorio si basa sugli accertamenti sierologici, ma i test disponibili attualmente non hanno un valore predittivo assoluto e richiedono di essere correlati all’osservazione clinica, al dato anamnestico ed epidemiologico. Introduzione: Caratteristica della patologia infettiva è di essere mutevole nel tempo, con la conseguenza che mentre alcune forme morbose diventano infrequenti o scompaiono altre assumono un’evidenza crescente. Nel novero delle malattie emergenti si colloca la Borreliosi di Lyme (BL), un’infezione multisistemica ad andamento in stadi progressivo, che negli Stati Uniti e in Europa rappresenta la più frequente zoonosi trasmessa da vettori, nel vecchio continente si registrano infatti 60.000 nuovi casi l’anno con un’incidenza nelle aree endemiche variabile tra 120 a 450 casi all’anno per 100 000 abitanti. L’agente eziologico: L’agente patogeno della malattia di Lyme è una spirocheta appartenente all’ordine Spirochetacee, genere Borrelia, specie Borrelia burgdorferi sensu lato, di cui si conoscono tre principali ceppi patogeni principali: la Borrelia burgdorferi sensu stricto, la Borrelia afzelii e la Borrelia garini, con tropismo diverso per i tessuti umani. All’esistenza di ceppi diversi sono state associate talune variazioni cliniche nella presentazione della malattia osservate nelle diverse aree geografiche. La Borrelia burgdorferi si mantiene nell’ambiente in piccoli roditori di bosco, che ne rappresentano i serbatoi naturali, mentre zecche dure del genere Ixodes (specie: ricinus/scapularis/persulcatus) ne rappresentano il vettore di trasmissione agli animali ed occasionalmente all’uomo. La sintomatologia: E’ una patologia multisistemica che coinvolge principalmente la pelle, le articolazioni, il sistema nervoso (centrale e periferico) il cuore e altri organi interni. Caratteristicamente presenta un’evoluzione a stadi, ciascuno dei quali contraddistinto da varie espressioni cliniche. La descrizione delle manifestazioni viene usualmente raggruppata in due fasi: la fase precoce (o acuta) e la fase tardiva (o cronica) (Tabella I). Di norma, anche se non obbligatoriamente, la BL inizia con una lesione a carico della pelle e determina, anche negli stadi successivi della malattia, un caratteristico coinvolgimento cutaneo. Nel 60-80% dei casi, infatti, la manifestazione d’esordio è l’eritema migrante, che costituisce il marker clinico tipico dell’infezione. Le lesioni eritematose possono essere multi(zecche genere Ixodes ricinus in diverso stadio di sviluppo: dal- ple (eritemi migranti multipli) nel II° stadio, o presentarsi l’alto in senso antiorario, una femmina adulta, due larve e una come lesioni croniche a carattere atrofico (acrodermatite cronica atrofica) nel III° stadio. ninfa) da Lindquist L, Vapalahti O. Lancet 2008; 371: 1861–71 31 la borreliosi di lyme (eritema migrante) (eritemi migranti multipli) (due quadri di acrodermatite cronica atrofica) Accanto alle forme cutanee la disseminazione della Borrelia burgdosferi può determinare l’interessamento dell’apparato muscolo-schelettrico (con artromialgie a carattere migrante, seguite talora da mono – oligoartrite asimmetrica) e il coinvolgimento del sistema nervoso (neuroborreliosi), con quadri clinici che possono variare dalla meningite subacuta isolata, all’encefalopatia, comprendendo la meningoradicolite con coinvolgimento dei nervi cranici (frequente è la paralisi del VII° n.c.). La disseminazione della Borrelia burgdosferi, inoltre, può bersagliare l’occhio (congiuntivite, cheratite, iridociclite, vasculite retinica, neuropatia ottica, ecc.) e il cuore (disturbi del ritmo cardiaco/blocchi AV, pericarditi, miocarditi). Lo sviluppo della BL può altresì registrare, nel II° e III° stadio, manifestazioni cliniche generali, quali: astenia, inappetenza, grave malessere, irrequietezza, alterazioni della memoria e della psiche. Tuttavia una quota non insignificante di persone infettate dalla Borrelia (18%) presenta solo sintomi generali aspecifici (malessere generale, astenia) e per contro, nelle aree endemiche, esiste un’elevata percentuale di residenti (oltre 20%) con sieropositività asintomatica. Inoltre, il 10% circa dei pazienti affetti da BL rivela una coinfezione da uno o più patogeni trasmessi dal morso di zecca (TBE virus, l’Anaplasma phagocytophilum, vari tipi di Rickettsiae, e protozoi come la Babesia microti). La presenza di più infezioni concomitanti induce quadri clinici a maggiore complessità. Va rimarcato infine che in età pediatrica le manifestazioni del III° stadio sono alquanto rare; parimenti in tutte le età lo sviluppo completo della BL può evolvere invece in modo anomalo, autolimitando la progressione degli stadi o esordendo con manifestazioni caratteristiche degli stadi avanzati. I test diagnostici: Nella diagnosi strumentale della BL le indagini sierologiche costituiscono la strategia maggiormente seguita, anche se pongono non pochi problemi di sensibilità, specificità e standardizzazione. Infatti, nonostante la loro ampia diffusione (vengono comunemente eseguiti in ogni laboratorio), possono determinare esiti molto diversi, con conseguenti difficoltà di interpretazione dei risultati. 32 Il flusso della richiesta di test diagnostici: Il paziente che si sottopone ad accertamenti sierologici per la diagnosi di BL si trova essenzialmente in tre situazioni: la borreliosi di lyme Ciò è in parte dovuto al tipo di metodica (IFI, EIA, CLIA, Western blot), ai valori soglia adottati, alla diversa modalità di espressione dei risultati (qualitativi, quantitativi), ma è determinato principalmente dalla qualità degli antigeni utilizzati (naturali o ricombinanti) e dalla loro tipologia (selezione e combinazione). La scarsa sensibilità dei test sierologici è correlata all’utilizzo di composizioni antigeniche incomplete e/o all’esecuzione precoce dei test (prime settimane di infezione, quando la reazione immunitaria non si è ancora sviluppata o è stata inibita dalla terapia antibiotica assunta a scopo di profilassi dopo il morso di zecca). L’insufficiente specificità è data dall’uso di componenti antigeniche comuni ad altre spirochete che possono portare a reazioni falsamente positive (cross-reattività). Ulteriori risultati falsamente positivi possono inoltre essere indotti dalla presenza del fattore reumatoide e da altre infezioni quali quelle da EBV o Parvovirus. Per quanto attiene ai test di conferma Western blot l’interpretazione del bandeggio da parte del laboratorio presenta elementi di complessità. Per una corretta decodifica del pattern anticorpale, infatti, è necessaria una familiarità con il significato diagnostico assunto dalle bande in relazione ai diversi ceppi e allo stadio evolutivo della malattia. A tale riguardo non sono applicabili i criteri interpretativi proposti negli Stati Uniti frutto di una diversa ecologia della Borrelia (presenza della sola Bb sensu stricto) e spesso riproposti tout court dai produttori di kit diagnostici. Ad esempio, anche un pattern incompleto può essere considerato positivo se si tratta di malattia in fase precoce; di converso, può risultare determinante ai fini diagnostici non tanto la presenza, quanto l’intensità di alcune bande (p41, Osp C). Per questa ragione va sottolineata la necessità di fornire un commento interpretativo all’esame, oltre che l’elenco delle bande rilevate. Nel tentativo di migliorare le performances analitiche e la standardizzazione sono state indicate nuove strategie diagnostiche; una delle più utilizzate è la strategia a due step avanzata dal Centrers for Disease Control and Preventon nel 1994: il primo step prevede l’utilizzo di un test immunoenzimatico e il secondo la Western immunoblots per la conferma la positività ottenuta con i test di primo livello. 1. ha subito un morso di zecca con successivo sviluppo di manifestazioni cliniche caratteristiche per la BL (eritema migrante); 2. presenta un quadro clinico compatibile con la BL, con o senza ricordo di morso di zecca; 3. ha subito (o è stato esposto al rischio di subire) un morso di zecca senza evidenziare segni e sintomi clinici. Nel primo caso il percorso diagnostico è guidato dalla tipologia della manifestazione clinica e dal dato anamnestico (esordio della lesione nell’arco di 4-20 gg dalla rimozione della zecca; ricordo del morso) che costituiscono condizione sufficiente per porre diagnosi di malattia. La ricerca degli anticorpi anti Borrelia oltre che inutile (la sieroconversione è infatti lenta e all’esordio dell’eritema migrante non più del 30-50% ha un test positivo) genera un inevitabile rischio per il paziente, rappresentato dal ritardo nella prescrizione della terapia per necessità di attendere l’esito degli esami. Nel secondo caso, invece, il sospetto diagnostico spesso indotto da manifestazioni articolari, neurologiche, cutanee o cardiache, legittima e rende necessario il ricorso alle indagini di laboratorio. L’osservazione clinica supportata dall’eventuale dato anamnestico e dal contesto epidemiologico costituisce quindi il paradigma per il ricorso agli accertamenti di laboratorio, dal cui esito dipenderanno la diagnosi di BL e la conseguente terapia. Nel terzo caso, infine, l’accertamento sierologico non sempre è corretto e utile al paziente asintomatico. La probabilità infatti di ammalarsi dopo un eventuale morso di zecca è modesta e l’esecuzione indiscriminata di esami sierologici può produrre risultati positivi difficili da gestire inducendo, quasi inevitabilmente, trattamenti terapeutici non indispensabili e controlli successivi. Tale eventualità è particolarmente elevata nei pazienti che abitualmente risiedono o frequentano zone a rischio (o endemiche) che possiedono una sieropositività asintomatica. I possibili rischi di errore nell’iter diagnostico della BL: Nella diagnosi di BL emergono le seguenti possibilità di errore, e quindi di rischio per il paziente: I°) l’inappropriatezza della richiesta, frutto di un’incompleta o erronea analisi del contesto clinico. L’esecuzione dei test è inutile in presenza di sintomi patognomonici per la BL (eritema migrante), in pazienti asintomatici dove il test viene richiesto con un generico scopo di screening e nei giorni immediatamente successivi al morso di zecca; II°) carenza/assenza di elementi essenziali da parte del laboratorio, quali: tipo di strumentazione, competenze necessarie all’esecuzione dell’indagine, tempo di risposta inadeguato, impiego di kit diagnostici con scarsa sensibilità/specificità, mancata definizione di una strategia diagnostica (es. modello a due step), missinterpretazione del bandeggio del test di conferma Western blot, scarsa standardizzazione nell’espressione dei risultati (qualitativi o quantitativi); 33 la borreliosi di lyme III°) errata interpretazione dei risultati (infezione attiva o cicatrice immunitaria di infezione remota ed estinta) con conseguente under/overdiagnosis e ricadute sul comportamento terapeutico. Conclusioni: La diagnosi di BL, a differenza della maggior parte delle malattie infettive, non può essere affidata solo al risultato dei test di laboratorio e richiede di dover rapportare l’interpretazione dei test sierologici al contesto clinico-anamnestico. Il migliore outcome per il paziente si raggiunge, quindi, con la condivisione di percorsi clinico-diagnostici, che tengano conto del significato interpretativo, e non assoluto, dei risultati degli esami quale indirizzo - sempre subordinato alla clinica - verso il corretto e appropriato iter terapeutico. La sfida di oggi e dei prossimi anni sarà quella di riuscire a declinare questa interazione tra clinica e diagnostica, con i nuovi scenari prefigurati dalla politica sanitaria, sempre più orientata alla concentrazione/fusione dei laboratori e sempre più sensibile alla chimera ragionieristica degli esamifici, che mal si coniuga con gli obiettivi –anche economici- della salute. Dott. Maurizio Ruscio, Laboratorio Ricerche Cliniche e Microbiologia, Dipartimento Diagnostico e Strumentale, ASS 4 Medio Friuli, Ospedale Civile, viale Trento e Trieste n. 38, 33038 San Daniele del Friuli (UD). Tel. 0432-949350,1, fax 0432-949263, e-mail:[email protected] Fase Precoce Manifestazioni Fase Tardiva Stadio 1 (fase precoce - localizzata) Stadio 2 (fase precoce-disseminata) Stadio 3 (fase tardiva) Eritema migrante (60-80% dei casi, incubazione 3-32 gg., media 12 gg) - Eritemi migranti multipli - Linfocitoma (<1% dei casi) - Acrodermatite cronica atrofica (tardiva, 6 mesi – 8 anni dall’infezione) - Artralgie migranti - Mialgie - Tendiniti (24 %, 30-180 gg. dall’infezione) - Artrite Neurologiche - Meningite - Paralisi di Bell e neuriti dei nervi cranici (15% settimane o mese dall’inf.) - Encefalite, - Encefalomielite - Polineuropatia - Encefalopatia - Parkinsonismo Cardiache Cardite: - Blocco atrioventricolare (4-8% dei casi, qualche sett. dopo l’infezione) - Miopericardite Cutanee Muscoloscheletriche -Congiuntivite -Uveite - Panoftalmia - Cheratite - Cecità Oculari (<5% dei casi) Linfatiche - Splenomegalia - Poliadenopatie - Adenopatia regionale - Astenia - Malessere Varie Tabella I. Manifestazioni della malattia di Lyme nei vari stadi (in grassetto le forme più frequenti) 34 - Asteniaricorrente Rosario Falanga Medico di medicina generale ASS6 “Friuli Occidentale” Guido Lucchini Medico di medicina generale ASS6, esecutivo CEFORMED Introduzione l’assistenza al paziente diabetico L’assistenza al paziente diabetico istituzionalizzato: progetto regionale Senio L’assistenza ai pazienti diabetici ospiti nelle Case di Riposo (CdR) pone dei problemi specifici che derivano tanto dalle loro caratteristiche che dall’istituzionalizzazione stessa. Da queste considerazioni deriva l’interesse di un progetto dedicato al diabete nelle Case per Anziani, un settore ancora modesto sotto il profilo epidemiologico, ma che per intuibili ragioni demografiche e sociali ha iniziato a dilatarsi nel volgere degli ultimi anni. Per questo è nato il progetto Senio (dio protettore della vecchiaia), voluto dall’AMD (Associazione Medici Diabetologi) delle sezioni del Triveneto (Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige), dal CEFORMED (Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie), con il contributo non condizionante di alcune aziende (Sanofi Aventis, Abbot e Artsana). Obiettivo di questo progetto è quello di raccogliere dati epidemiologici certi sulla prevalenza del diabete nelle Case per Anziani del Triveneto, attraverso un censimento dei pazienti ospiti nelle CdR affetti da diabete, migliorare l’assistenza al paziente diabetico istituzionalizzato attraverso la condivisione di un profilo di cura omogeneo da implementare, evidenziare aree di miglioramento e in un’ultima analisi di creare un team docente che svolgesse attività formativa nel campo dell’assistenza al diabetico istituzionalizzato con attivo coinvolgimento dei team medico-infermieristici impegnati nell’assistenza. Materiali e Metodi Dopo il primo evento formativo svolto a Bussolengo (Verona) il 28 novembre, 2009, in Friuli Venezia Giulia il progetto è partito dalla Provincia di Pordenone con la collaborazione del CEFORMED e dell’ASS6 “Friuli Occidentale”. Nel mese di ottobre del 2009 sono stati distribuiti dei questionari a 36 Medici di medicina generale (MMG) che operano nelle 18 Case di Riposo della Provincia di Pordenone, per censire quanti anziani diabetici sono ospiti nelle CdR e conoscere sesso, età, patologie associate, durata della malattia diabetica, complicanze, terapia, ultima emoglobina glicosilata, tipo di monitoraggio, alimentazione. Nel mese di novembre 2009 alla fine, sono stati raccolti 31 questionari. Team di progetto: M. A. Pellegrini (responsabile scientifico), G. Felace. R. Mingardi, L. Zenari Medici di medicina generale dell’ASS6, che operano nelle Case di Riposo, partecipanti al progetto: D. Adore, P. Amorello, L. Barbaro, V. Barei, M. Bernardo, F. Berto, B. Bertoia, D. Bidoli, P. Brovedani, C. Campagna, A. Cataldo, R. Celia, L. Cerrone, A. Covre, A. Cristofoli, G. Deotto, F. Diliberto, R. Falanga, M. Fiorentin, M. Giacomel, L. Laurora, G. Lucchini, P. Maronese, S. Mian, G. Missana, G. Musotto, R. Pradolin, C. Raffin, S. Riccitelli, C. Rosti, D. Sartor, G. Tedde, A. Tellan, P. Turchet, V. Verzotto, S. Zavagno N.B. i componenti del team e i MMG dell’ASS6 partecipanti al progetto sono a pieno titolo coautori del presente lavoro. I dati elaborati sono stati presentati il 12 dicembre 2009 ad Aviano (PN) nell’evento formativo proposto per il progetto, accreditato per MMG e infermieri professionali (IP). Oltre alla presentazione dei dati raccolti, da parte di un MMG che opera nelle Case di Riposo e che ha partecipato al progetto, l’evento si è proposto, con l’aiuto dei diabetologi di riferimento: – per migliorare le conoscenze sulla terapia insulinica, in particolare sull’utilizzo degli analoghi rapidi e sull’importanza della copertura basale; – per migliorare le competenze e le conoscenze sulla prevenzione, riconoscimento e corretta gestione dell’ipoglicemia; – per migliorare le conoscenze sul trattamento dei diversi fattori di rischio cardio-vascolare negli anziani diabetici (in particolare ipertensione arteriosa e complicanze macrovascolari con particolare riferimento al piede diabetico); – per far crescere la comunicazione tra medico di medicina generale, personale infermieristico delle CdR e specialista diabetologo di riferimento; – per raccogliere i bisogni formativi attraverso un questionario di autovalutazione somministrato a MMG e IP. 35 l’assistenza al paziente diabetico Risultati Considerando che gli ospiti totali delle Case di Riposo della provincia di Pordenone sono 1734, i pazienti diabetici censiti ospiti nelle CdR sono risultati 426, il 25% degli ospiti totali. L’età media degli uomini e di 76,7 anni, delle donne di 85,9 anni. I pazienti in terapia con antidiabetici orali sono 280 (66%), di cui 81 uomini e 199 donne (fig. 1), in particolare in terapia con sola metformina 82 (29%), con sulfoniluree 87 (31%), associazione sulfoniluree/metformina 88 (31%) e 23 (8%) altro (repaglinide 7, acarbose 1, dieta 1). I pazienti in terapia insulinica sono 146 (34%), di cui 45 uomini e 101 donne, di questi 51 (35%) fanno insulina secondo stick, 37 (25%) una doppia somministrazione, 26 (18%) insulina regolare o analogo ai pasti, 16 (11%) una sola somministrazione di insulina, 16 (11%) terapia intensiva con 4 somministrazioni/die (fig. 2). Il controllo glicemico nei pazienti in terapia con ipoglicemizzanti orali avviene nella maggior parte dei casi con stick glicemico settimanale a digiuno su sangue capillare, mentre nei pazienti in terapia con insulina nella maggior parte dei casi con stick glicemico prima dei tre pasti principali. 36 l’assistenza al paziente diabetico Dai dati è emerso purtroppo che nel 77% delle strutture non esiste un protocollo condiviso relativo al trattamento dell’ipoglicemia, che come sappiamo nell’anziano diabetico è più frequente e più difficile da gestire e nei pochi casi presente, il protocollo non sembra essere quello corretto proposto dalle linee guida (fig.3) Trattamento dell’ipoglicemia PAZIENTE COLLABORANTE (in grado di assumere alimenti/bevande) Somministrare 15 grammi di zucchero pari a: 4 zollette di zucchero o tre bustine di zucchero o ½ succo di frutta zuccherato (100 ml) o 150 ml (1 bicchiere) di coca cola, aranciata o altra bibita zuccherata Ricontrollare la glicemia dopo 15 minuti. Ripetere il trattamento fino a glicemia >70 mg/dl. Per glicemia <40 mg/dl far assumere anche 15-20 gr di carboidrati a più lento assorbimento come: 25-30 gr di pane, crackers, fette biscottate o 300 ml di latte. PAZIENTE NON COLLABORANTE Somministrare glucosio 25 gr e.v. ovvero 75 cc glucosata 33% in bolo Proseguire con infusione di glucosata al 10% finchè il paziente non è cosciente e collaborante In alternativa GLUCAGEN 1 mg per via sottocutanea o intramuscolo Normalmente il paziente risponde entro 10 minuti. Dopo che il paziente ha risposto alla terapia, si consiglia di somministrare carboidrati per via orale al fine di ripristinare il glicogeno epatico e prevenire un’eventuale ricomparsa dell’ipoglicemia. Per quanto riguarda il controllo dell’emoglobina glicata, esiste una notevole disomogeneità, comunque nella maggior parte dei casi viene effettuato ogni sei mesi, insieme ad altri esami specifici (funzionalità renale, es. urine completo, microalbuminuria, funzionalità epatica, LDL colesterolo) oltre alla glicemia a digiuno naturalmente. Le consulenze specialistiche relative ai pazienti diabetici ospiti nelle CdR, più attivate in ordine: visita oculistica, diabetologica, cardiologica, fisiatrica, nefrologica, neurologica. Considerazioni e conclusioni E’ ingiustificato ritenere che l’iperglicemia nell’età avanzata sia una condizione quasi fisiologica, sostanzialmente benigna, perché caratterizzata da rialzi glicemici che solo raramente raggiungono livelli “allarmanti” e che spesso risultano limitati ai periodi post-prandiali. Infatti, è ormai ampiamente dimostrato che l’instabilità glicemica e l’iperglicemia post-prandiale rappresentano importanti fattori di rischio vascolare, specie nei pazienti anziani (Sinclair AJ, 2001). Non esiste un diabete “senile”, ma diabetici invecchiati (diabetici divenuti anziani, abituati alla malattia che non pongono particolari difficoltà di gestione, se non una adeguata revisione degli obiettivi terapeutici) e anziani diventati diabetici (pazienti divenuti diabetici dopo i sessantacinque anni, per le peculiarità tipiche dell’età, sono quelli che pongono più problemi dal punto di vista terapeutico e gestionale, con la necessità di modificare abitudini di vita ed alimentari inveterate). Le patologie cardiovascolari sono 3-4 volte più frequenti che negli anziani non diabetici di pari età, hanno prognosi peggiore e più spesso sono oligo o asintomatiche Sono più frequenti i fatti infettivi broncopolmonari e urinari e insorgono facilmente lesioni ulcerative infette agli arti inferiori. Il diabete nell’anziano inoltre si associa a complicanze micro e macroangiopatiche, disabilità, cadute, e decadimento cognitivo (Logroscino G., 2004). Dalla lettura delle linee guida sono state evidenziate molte carenze dell’assistenza diabetologica nelle strutture istituzionali (inadeguata attenzione alla dieta, assenza di standard comuni, mancanza di un follow-up specialistico, carenza formativa del personale). Dall’analisi dei dati del nostro progetto e dell’incontro formativo sono emerse alcune criticità e proposte: ■ Disomogenea raccolta dei dati, relative al questionario proposto, con risposte che andavano forse più standardizzate, magari previo breve incontro formativo con i MMG partecipanti al progetto, per una più corretta e omogenea raccolta dei dati, per dare più rigore metodologico alla ricerca e al censimento. 37 l’assistenza al paziente diabetico ■ Riscontro di bisogni formativi, relativi alle classi di antidiabetici orali e varie insuline in commercio, indicazioni, modi e tempi di somministrazione. ■ Gestione del paziente diabetico con PEG. ■ Notevole disomogeneità relativa al controllo della glicemia e dell’HbA1c. ■ Controllo con stick della glicemia su sangue capillare: chi, quando, perche? ■ Difficoltà da parte delle infermiere a effettuare stick glicemici 3 volte al di, nei pazienti insulino dipendenti, sia per eccessivo carico di lavoro sia per scarsa compliance dei pazienti stessi. ■ Difficoltà a gestire una corretta dieta, specie nei pazienti psichiatrici affetti da diabete. ■ Nella maggior parte delle strutture non esiste un protocollo condiviso relativo al trattamento dell’ipoglicemia. ■ Migliorare la possibilità di teleconsulto con i centri diabetologici di riferimento. ■ Periodiche verifiche (audit) relative alla gestione dei pazienti diabetici e le loro complicanze come indicatori di esito. ■ Protocolli condivisi uguali in tutte le CDR tra medici e infermieri. ■ Fissare degli standard per la qualità dell’assistenza. ■ Stabilire dei programmi di formazione del personale. Un moderno sistema di gestione e di trattamento del diabete nell’anziano richiede l’organizzazione di un “healthcare team”, che preveda e valorizzi l’integrazione e l’interazione tra medici di medicina generale, infermieri, diabetologi, specialisti ospedalieri ed ogni altra figura professionale coinvolta nel processo assistenziale. Il team di cura deve essere dotato di un approccio multi-dimensionale che valorizzi la prevenzione del diabete e delle sue complicanze (Pellegrini M.A.,2009). Gli obiettivi di cura essenziali per i pazienti diabetici anziani ospiti nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e nelle Case di Riposo dovrebbero essere: – mantenere il massimo livello di qualità di vita e di benessere, evitando di sottoporre i pazienti a interventi medici e terapeutici non appropriati e superflui; – fornire supporto e opportunità per mettere in grado i pazienti di gestire la propria condizione diabetica, ove ciò sia possibile e utile (Standards of Medical Care in Diabetes, 2009). – raggiungere un controllo metabolico soddisfacente (se non ottimale), evitando sia iper- sia ipoglicemia, consentendo il massimo livello di funzione fisica e cognitiva; – ottimizzare la cura dei piedi e la cura della vista, per favorire il miglior grado possibile di mobilità; – ridurre il rischio di cadute ed evitare ricoveri ospedalieri non necessari; – assicurare un piano nutrizionale e dietetico bilanciato al fine di prevenire uno stato malnutritivo (in eccesso e in difetto); – effettuare uno screening efficace delle complicanze del diabete a intervalli regolari, con particolare attenzione alla neuropatia e alla vasculopatia periferica, che predispongono all’ulcerazione e all’infezione dei piedi, nonché alle complicanze oculari. Lo sviluppo del Progetto Senio prevede la raccolta dei dati epidemiologici attraverso questionari somministrati ai medici che operano nelle CdR delle altre province del Triveneto, per un censimento globale dei pazienti diabetici e eventi formativi collegati. Analisi a 12 e 24 mesi del grado di conoscenze e di eventuali cambiamenti nell’approccio al diabetico anziano. Raccolta dei dati globali e presentazione del primo step al Congresso Nazionale di Geriatria e AMD 2011. Bibliografia 1) Standards of Medical Care in Diabetes— 2009 DIABETES CARE, Volume 32, Supplement 1, January 2009. 2) Sinclair AJ. Issue in the initial management of non-insulin-dependent diabetes mellitus in elderly. In: Sinclair AJ, Finucane P: Diabetes in old age, Second Edition. New York, Brisbane, Singapore, Toronto, 2001, pp. 155-164. 3) Logroscino G, Kang JH, Grodstein F. BMJ. 2004 Mar 6; 328(7439): 548. 2004 Feb 23. 4) Pellegrini M.A., De Bigontina, A., Cimino A., Giorda C., Meloncelli I., Nicolucci A., R.Iannarelli R., Gentile L., Vespasiani G. Indicatori di qualità dell’assistenza diabetologica in Italia: la fotografia dell’assistenza diabetologica negli anziani con diabete di tipo 2. DAGLI ANNALI AMD, 2007. 38 Giuseppe Latella MMG - Comitato esecutivo CEFORMED un dono per la vita Un dono per la vita “Sportello Comuni donazioni organi” Crescono i trapianti in Italia. Nel 2009 sono stati 3.164 i pazienti trapiantati contro i 2.932 del 2008, per un aumento percentuale tra organi solidi, tessuti e cellule del 10.5%. E’ uno dei dati del Report 2009 del Centro nazionale trapianti (Cnt). I donatori effettivi nel 2009 sono 1.167 (contro i 1.094 del 2008) con un aumento percentuale assoluto del 6.7%. Per quanto riguarda, invece, i dati regionali, divisi in aggregazioni interregionali, l’area NIT - Lombardia, Veneto, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento e Marche - ha registrato 778 donatori segnalati rispetto ai 679 nel 2008. Negli anni - spiega il Centro Nazionale Trapianti - il sistema delle liste d’attesa si è mantenuto in sostanziale equilibrio e in linea con quello dei principali Paesi europei. Nonostante l’incremento delle donazioni negli ultimi anni, il numero di pazienti in lista d’attesa continua a dimostrare come la rete trapiantologica, il Centro Nazionale Trapianti e la società tutta deve continuare a impegnarsi a fondo per promuovere la cultura della donazione al fine di soddisfare il numero maggiore di richieste possibili. Pazienti in lista d’attesa per trapianto n. 9.331 anno 2009 Tipologia trapianto n. pazienti n. anni Rene 6808 2.97 Fegato 1447 2.06 Cuore 702 2.47 Pancreas 226 3.06 Polmone 312 1.90 Centro Regionale Trapianti Attività complessiva trapianto organi solidi in FVG Trapianti Organi 2006 2007 2008 2009 Da inizio attività Cuore 25 22 27 29 420 Fegato 33 33 30 34 420 Rene 44 37 40 53 597 Totale 102 92 97 116 1437 Il Friuli Venezia Giulia in termini di donazioni è tra le prime regioni d’Italia, subito dopo la Toscana, come pure l’attività del Centro Trapianti. C’è una attenzione particolare da parte delle istituzioni sanitarie e delle Amministrazioni locali, ANCI e Federsanità ANCI, nel voler promuovere l’informazione consapevole e diffondere la cultura del dono presso i cittadini, attraverso incontri nelle scuole, il coinvolgimento delle varie associazioni di volontariato sociale, il rapporto con i medici di medicina generale. Il trapianto è una terapia erogabile solo attraverso la scelta di qualcuno. Tale scelta deve essere informata e consapevole di voler essere utili agli altri attraverso un gesto di solidarietà sociale. Il progetto un dono per la vita nasce nell’ambito della campagna di comunicazione 2007, promossa dal Ministero della salute, Centro nazionale trapianti, in collaborazione con ANCI- Associazione Nazionale Comuni d’Italia - con un duplice obiettivo: utilizzare i momenti d’incontro tra l’amministrazione locale ed i cittadini per sensibilizzare alla donazione di organi e consentire la sottoscrizione di volontà sulla donazione presso gli uffici comunali. Iniziativa resa possibile a seguito del Decreto ministeriale 11 marzo 2008, che ha incluso gli Uffici comunali ed i Centri regionali per i trapianti tra u punti abilitati alla raccolta delle espressioni di volontà e successivo protocollo d’intesa tra ANCI e Centro nazionale trapianti. 39 un dono per la vita Attività di donazione per regione – Anno 2008 vs 2009* PMP Donatori utilizzati Il Progetto L’iniziativa risponde all’esigenza di sensibilizzare i cittadini sul tema della donazione e coinvolge le Amministrazioni locali, tramite Federsanità ANCI e ANCI FVG, le Aziende sanitarie e la rete trapiantologica del Friuli Venezia Giulia. Un percorso capillare di coinvolgimento dei cittadini fondato sulla corretta informazione e la consapevole espressione di volontà di donare, quale preparazione anche per la messa in rete dei sistemi (Autonomie locali, SSR, registro Trapianti ecc.) Nel Novembre 2008 è stata avviata una sperimentazione tramite un gruppo misto, politico e tecnico, che ha coinvolto dieci Comuni: Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine, Monfalcone, Codroipo, Tavagnacco, Basiliano, Sacile e Duino Aurisina. Il progetto è articolato su due fasi Fase I- Informazione e Formazione del personale dei Comuni del FVG (Aprile- Dicembre 2009) Maggio 2009 è stato illustrato ufficialmente a Udine ai 218 Comuni del FVG in un Convegno: Donazione e Trapianto: progetto Comuni d’Italia ruolo delle Autonomie locali e delle Associazioni di volontariato Luglio 2009 presentazione Progetto formativo e inizio sperimentazione presso i dieci Comuni campione Ottobre 2009 è stata definita una proposta di “Delibera Standard” che è stata inviata a tutti i Comuni del FVG Piano di comunicazione interistituzionale • Pubblicazione e distribuzione del materiale informativo (carta dei servizi del CRT, altro materiale divulgativo sulla donazione e trapianto); • Pubblicazione sui siti internet della Regione, di ANCI e Fedesanità ANCI FVG dei Comuni (ed eventuali newsletter), nonchè nel portale del cittadino, con eventuale coinvolgimento INSIEL(progetti e-gov, etc.). 40 un dono per la vita Novembre 2009 avviata attività di formazione e coinvolgimento degli operatori dei Comuni, anche tramite FAD e iniziative di formazione sul posto per i Comuni capoluogo Fase II- Messa in rete e informazione ai cittadini (Gennaio- Dicembre 2010) Sensibilizzazione dei Cittadini per dichiarazione di volontà Attivazione sistema informatico per la messa in rete banche dati (connessioni tra sistemi SSR, Autonomie locali e Registro nazionale trapianti, INSIEL, etc.) Attivazione Sportello Comuni-Donazione organi(connessioni tra sistemi SSR, Autonomie locali e Registro nazionale trapianti) La dichiarazione della volontà di donare gli organi è regolata da una legge varata nel 1999. All’epoca, è stato introdotto il principio del silenzio assenso in base al quale ad ogni cittadino maggiorenne viene chiesto di pronunciarsi. Se una persona non si esprime, la legge attuale prevede la possibilità per i familiari di opporsi durante il periodo di osservazione di morte. Il decreto “Milleproroghe” del 10 febbraio 2010 prevede la possibilità di indicare sulla carta d’identità il “ consenso, ovvero il diniego della persona a donare i propri organi in caso di morte”. La delibera da approvare in Consiglio per l’adesione dei Comuni al progetto PROGETTO “UN DONO PER LA VITA” (CRT del Friuli Venezia Giulia, ANCI FVG e Federsanità ANCI FVG) PROPOSTA DI “DELIBERA STANDARD” PER I COMUNI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA Sperimentazione e documenti a cura del GL composto dai rappresentanti, politici e tecnici, dei Comuni di: Trieste, Gorizia, Pordenone, Udine, Monfalcone, Sacile, Codroipo, Tavagnacco, Basiliano e Duino d’Aurisina – Preso atto che la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha deciso di sostenere il progetto “Un dono per la vita”, promosso dal Ministero della Salute, insieme al Centro Nazionale Trapianti, con il patrocinio dell’A.N.C.I., in collaborazione con il Centro Regionale Trapianti, Federsanità ANCI Federazione del Friuli Venezia Giulia, ANCI FVG e le Associazioni di volontariato, utilizzando gli ordinari momenti di “incontro” tra l’amministrazione locale ed i cittadini per sensibilizzare la popolazione alla donazione di organi; – Rilevato che l’iniziativa è resa possibile dal Decreto ministeriale 8 aprile 2000, modificato dal Decreto ministeriale 11 marzo 2008 che ha incluso gli uffici comunali ed i centri regionali per i trapianti tra i punti abilitati alla raccolta delle espressioni di volontà; – Considerato che il progetto “Un dono per la vita. Sportello Comuni donazioni organi”, è stato presentato ufficialmente agli amministratori locali ed al personale dedicato dei 218 Comuni del Friuli Venezia Giulia il giorno 18 maggio u.s. presso l’Auditorium della sede della Regione a Udine, alla presenza del Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa e dell’Assessore regionale, Vladimir Kosic, insieme ai presidenti di ANCI e Federsanità ANCI FVG, rispettivamente, Gianfranco Pizzolitto e Giuseppe Napoli, congiuntamente con i rappresentanti delle Associazioni di donatori e trapiantati; – Rilevato che dai numerosi incontri svolti tra i rappresentanti dei Comuni, della Regione e del C.R.T., nell’ambito della sperimentazione attivata da Federsanità e ANCI FVG dal settembre 2008, è emersa la volontà di procedere ad una prima fase sperimentale che prevede il coinvolgimento dei Servizi dei dieci Comuni del FVG che hanno manifestato la loro adesione al progetto (Trieste, Udine, Gorizia, Pordenone, Monfalcone, Codroipo, Tavagnacco, Sacile, Basiliano e Duino Aurisina); – Preso atto che dalle riunioni sopra indicate è stato suggerito che il contatto con la cittadinanza avvenga mediante la consegna del materiale informativo con lo scopo di informare, stimolare e sensibilizzare il cittadino sul tema della donazione, in concomitanza con l’invio dell’avviso a presentarsi presso gli sportelli dell’Ufficio anagrafe per il rinnovo della carta d’identità in scadenza; 41 un dono per la vita – Ritenuto che: – Il C.R.T. metterà a disposizione il materiale informativo tradotto in più lingue e ha dichiarato la sua disponibilità ad organizzare incontri e seminari territoriali di approfondimento, nonché attivare un “filo diretto” con i Comuni ; – il Comune: a. si impegnerà a mettere a disposizione gli uffici dei servizi anagrafici individuati per le finalità del progetto, dando spazio al materiale informativo e pubblicitario dell’iniziativa presso i locali dei Servizi anagrafici; b. prenderà parte attivamente e collaborerà alle iniziative organizzate dal Centro regionale trapianti a sostegno del progetto stesso (missioni, gruppi di lavoro, incontri operativi, istituzionali e di formazione); c. segnalerà tempestivamente al Centro regionale trapianti eventuali difficoltà e contribuirà alla messa a punto delle procedure; d. metterà a disposizione il materiale informativo per ciascun singolo cittadino residente nel Comune che si rechi al servizio anagrafico; e. indicherà i modi in cui il cittadino potrà approfondire l’informazione necessaria ad esprimere una volontà libera e consapevole; f. concorderà una sinergia operativa con i rappresentanti del volontariato in questo settore consentendo, nell’ambito della propria autonomia e discrezionalità, l’allestimento di banchetti presso il Comune per rispondere alle domande dei cittadini; – Ritenuto, pertanto, di aderire alla nobile iniziativa – Visto il parere – Vista la Legge – Con voti unanimi DELIBERA 1. di aderire al progetto “Un dono per la vita. Sportello Comuni donazioni organi” promosso dal Ministero della Salute, con il patrocinio dell’A.N.C.I., in collaborazione con il C.R.T., ANCI FVG e Federsanità ANCI, Federazione del Friuli Venezia Giulia e le Associazioni di volontariato. 2. In particolare il Comune: a. si impegnerà a mettere a disposizione gli uffici dei servizi individuati per le finalità del progetto (demografici, informa giovani, servizi sociosanitari, etc.) dando spazio al materiale informativo e promozionale dell’iniziativa presso i locali dei Servizi; b. prenderà parte attivamente e collaborerà alle iniziative organizzate dal Centro regionale trapianti a sostegno del progetto stesso (missioni, gruppi di lavoro, incontri operativi e di formazione); c. segnalerà tempestivamente al Centro regionale trapianti eventuali difficoltà e contribuirà alla messa a punto delle procedure; d. metterà a disposizione il materiale informativo a ciascun singolo cittadino residente nel comune che si rechi al servizio anagrafico; e. indicherà i modi in cui il cittadino potrà approfondire l’informazione necessaria ad esprimere una volontà libera e consapevole; f. supporterà tali comunicazioni anche tramite i propri strumenti informativi (es. fogli informativi, siti internet, convegni, conferenze, etc.); g. concorderà una sinergia operativa con i rappresentanti del volontariato in questo settore consentendo l’allestimento di banchetti presso il Comune per rispondere alle domande dei cittadini. 42 Le malattie rare: quale ruolo per gli attori delle cure primarie Licia Gerin MMG - Cormons le malattie rare Le MALATTIE RARE (MR) vengono definite dalla Unione Europea malattie con prevalenza uguale o inferiore a 5 casi ogni 10.000 persone. L’OMS ha individuato circa 7000 M.R., ma solo 583 patologie e/o gruppi di patologie di malattie rare sono ad oggi incluse nell’elenco ministeriale (le rimanenti non beneficiano quindi del diritto di esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia essendo escluse dai livelli essenziali di assistenza-LEA). Colpiscono circa il 6-8% della popolazione: si contano 30 milioni di malati in Europa (la maggior parte presentano patologie anche con frequenza inferiore pari a 1/100.000) e 1,5 milione di pazienti in Italia Nella nostra nazione nascono 20.000 bambini affetti da M.R. ogni anno. L’ Unione Europea giudica pertanto le MR un obiettivo sanitario rilevante. Il L IBRO BIANCO –espressione ufficiale delle strategie sanitarie della Unione Europea identifica le M.R.: SETTORE PRIORITARIO D’ AZIONE per il periodo 2008-2013. Le Malattie Rare presentano attualmente multiple criticità diagnostiche, terapeutiche, assistenziali, riabilitative: ■ Difficoltà ad arrivare a una diagnosi in tempo breve. La rarità delle malattie rende il percorso diagnostico più difficile e lungo: mediamente 3,5 anni sono necessari per poter accedere a un trattamento specifico. ■ Andamento cronico e invalidante. Comporta il coinvolgimento di medici con diverse specializzazioni e l’affiancamento di diverse figure professionali: infermiere, riabilitatore, nutrizionista, assistente sociale, psicologo La collaborazione è indispensabile per affrontare le multiple problematiche assistenziali trasversali peculiari delle Malattie Rare. ■ Scarsità di percorsi assistenziali strutturati: in primis il passaggio di consegne mirato e guidato dall’età pediatrica a quella adulta. Urgente definire un protocollo di passaggio di consegne dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale a garanzia di una reale continuità assistenziale. Questo passaggio di competenza è attualmente uno snodo delicato dell’assistenza quotidiana del malato raro. Oggi è assolutamente casuale essendo ancora legato alle singola sensibilità individuale scontrandosi con la comprensibile impreparazione del medico di medicina generale. La Pediatria e la Medicina generale intraprendono ora un percorso di sensibilizzazione-formazione sulle problematiche di una ampia categoria di malati complessi per affinare una nuova sensibilità diagnostica ed assistenziale. ■ Trattamento e cura: farmaci orfani. La massa critica dei malati rari i farmaci orfani sono studiati in maniera ancora non sufficiente e necessitano sostegno economico pubblico per potenziare la ricerca innovativa e una sensibilità legislativa anche a livello U.E. Infatti ad oggi, secondo Orphanet, data base sulle M.R. e farmaci orfani, delle 5863 MR note e clinicamente identificabili, solo 250 possiedono un codice nelle attuale classificazione internazionale delle Malattie rare pertanto non tutti i malati rari beneficiano della medesima garanzia assistenziale comprensiva di diritto all’esenzione per le prestazioni sanitarie correlate ed incluse nei LEA. ■ Carico familiare ad alto impatto emotivo: La solitudine di fronte alla malattia è doppiamente dolorosa per le incertezze diagnostiche e per le precarie indicazioni sul futuro con inevitabili ripercussioni sulla qualità e sulle abitudini di vita dell’intero nucleo familiare. 43 E’ indispensabile quindi promuovere informazione adeguata e costante, fornire un servizio di sostegno attivo alla persona con malattia rara e alla sua famiglia ed impedire l’isolamento sociale per le difficoltà a incontrare altre persone con la stessa patologia e con cui condividere le esperienze o le necessità. Una importante risposta viene dalle ORGANIZZAZIONI dei pazienti affetti da patologie rare: sono la voce di 30 milioni di MALATI RARI EUROPEI. le malattie rare In ITALIA una coalizione di 70 associazioni di pazienti di malattie rare – circa 600 patologie – ha fondato nel 1999 UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare. UNIAMO fa parte della rete europea di alleanze nazionali chiamata EURORDIS che conta 350 associazioni di malattie rare in 39 paesi diversi che coprono piu’ di 1000 malattie rare. EURORDIS, fondata nel 1997, è un’alleanza non governativa, è sostenuta dalla Commissione Europea da fondazioni private, dall’industria sanitaria, dall’Associazione Francese Distrofia Muscolare e dai suoi membri. Tutelano i diritti dei malati rari:promuovono il miglioramento della vita di tutte le persone coinvolte con azioni volte alla sensibilizzazione dei decisori, del personale medico, dell’opinione pubblica, promuovono l’equità nell’accesso alla cura e trattamento dei pazienti; contribuiscono ad orientare la ricerca e l’informazione finalizzata all’omogeneità dei trattamenti di assistenza e di servizi terapeutici essenziali a livello internazionale, nazionale e regionale. Le Malattie Rare, in virtu’ della loro bassa prevalenza ed alto grado di complessità e specificità, sono dunque uno straordinario banco di prova di efficacia e di efficienza per tutti i Sistemi Sanitari. E’ imperativo adottare strategie coerenti e coordinate a livello regionale, nazionale ed integrarle in piani nazionali. Il primo passo è la revisione della classificazione-codificazione delle Malattie Rare. Nel 2007 l’OMS ha avviato l’adozione della undicesima versione della classificazione internazionale delle malattie rare; il processo di revisione con proposte di codifica e classificazione si prefigge l’obbiettivo di creare nel 2014 una identificazione implementata e comune delle M.R. da parte di tutti gli Stati membri dell’U.E. per agevolare la collaborazione a livello comunitario in tale settore. Si avverte l’urgenza di conferire alle MR la corretta visibilità - con codice rintracciabile in tutti i sistemi di informazione sanitaria europea - per il giusto riconoscimento nei sistemi sanitari nazionali a garanzia assistenziale e di rimborso nazionale (comprensiva di diritto all’esenzione per le prestazioni sanitarie correlate ed incluse nei LEA). Un repertorio dinamico delle M.R. è e sarà lo specchio della relativa e continua evoluzione conoscitiva delle malattie rare in significativa progressione in termini nosologici,diagnostici e terapeutici. Strategica, considerato il carattere poco frequente di tali condizioni - correlato al numero limitato di pazienti e alla scarsità delle conoscenze - è la individuazione di centri di competenza a livello regionale e nazionale. La cooperazione e la condivisione della conoscenza maturata tra centri di competenza regionali e nazionali sono le garanzie ottimali e indispensabili per fornire una valida organizzazione assistenziale multidisciplinare e fornire idonea risposta alle peculiari complessità e diversità proprie delle malattie rare. Una sinergia efficace assistenziale si realizza quindi con la creazione di RETI REGIONALI e NAZIONALI, previa identificazione di centri di competenza e dei ruoli che questi devono svolgere. ■ Il Decreto Ministeriale n 279 del 18 maggio 2001 ”Regolamento di istituzione nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie“ ha appunto avviato in Italia: ■ la RETE NAZIONALE di monitoraggio ed assistenza dedicata specificamente a questa area di patologie, ■ l’erogazione di particolari benefici ai malati che ne sono affetti, ■ il supporto a soggetti pubblici e privati attivi nel campo della ricerca e della realizzazione di nuove tecnologie e prodotti utili per migliorare il decorso delle patologie,nonché ■ l’attivazione di programmi di formazione dei professionisti ed informazione dell’opinione pubblica. DM 279/2001 definisce quindi operativamente la rete nazionale dei centri ospedalieri regionali di riferimento per la diagnosi, la cura e l’assistenza dei malati rari. Dal 2002 una serie di DGR identificano i Presidi Regionali per la prevenzione, sorveglianza, la diagnosi e la terapia, i percorsi assistenziale delle malattie rare. DGR n 2228/22/9/ 2006 sigilla il primo modello organizzativo per l’attivazione della RETE per le Malattie Rare nella Regione Friuli Venezia Giulia; DGR n 1480 dd.22/6/2007, in armonia con il PSN 2006-2008, sigla l’accordo volontario di 4 Amministrazioni partecipanti all’Area Vasta e realizza una RETE di Centri di Riferimento a valenza interregionale. 44 Si integrano in un ambito territoriale ampio 5 Presidi nel territorio della regione FVG: • Azienda Ospedaliera – Universitaria di Udine • Azienda Ospedaliera S.Maria degli Angeli – Pordenone • Azienda Ospedaliera – Universitaria di Trieste • IRCCS Burlo Garofolo di Trieste • IRCCS Centro di riferimento Oncologico – CRO di Aviano) le malattie rare con 12 nel territorio della regione Veneto e con 1 presidio rispettivamente nel territorio della Provincia Autonoma di Trento e di Bolzano. Con la realizzazione di ambiti territoriali ampi con l’aggregazione di piu’ Amministrazioni regionali si rispetta il proposito razionale legislativo del D.M. 279/2001 di attivare i registri regionali ed interregionali delle malattie rare e proporre strategie uniche e tempestive per l’assistenza alle persone affette da malattie rare, compresa l’erogazione di prestazioni diagnostiche e/o di presa in carico di assoluta eccellenza, in modo semplice e trasparente per la persona e piu’ vicino possibile al suo luogo di vita. Lo spostamento delle persone viene cosi ridotto al minimo attraverso la stratificazione dell’esperienza condivisa dall’intera rete. L’eccellenza e l’alta complessità dei processi diagnostici-terapeutici-assistenziali svolti presso i Centri di riferimento accreditati si giovano dell’utilizzo di protocolli e infrastrutture comuni, della disponibilità di tecnologie innovative facilitanti la condivisione dell’informazione. Quest’ultima si avvale di un previsto sistema di monitoraggio avente il compito di verificare il funzionamento della rete e di facilitare il funzionamento della stessa. I centri della Rete tuttavia non sempre rispondono alle necessità e alla specifica competenza che la gestione della malattia rara richiede. Il mancato collegamento tra la gestione clinica e quella socio-assistenziale, unitamente alle maggiori autonomie delle regioni nelle politiche sanitarie, hanno comportato una marcata diseguaglianza territoriale nello sviluppo e nella realizzazione dei percorsi di assistenza per i malati rari. Si comprende quindi come la Programmazione Nazionale sia favorevole alle aggregazioni tra regioni per la formazione di una rete sanitaria e socio-assistenziale omogenea nazionale ancora deficitaria e valuti l’opportunità di una sorta di tutoraggio da parte delle regioni meglio organizzate a favore di quelle meno strutturate con possibili incentivazioni finanziarie. Si segnalano accordi tra Area Vasta con l’Emilia Romagna(2006) e Liguria (2008) e gruppi di lavoro interregionali specifici per malattie aree neurologiche metaboliche,genito-urinarie, ematologiche e dermatologiche. IL D.M. 279/2001,in sintonia con le raccomandazioni del Consiglio dei ministri della Sanità dell’Unione Europea, valorizza strategicamente il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti in tutti i processi decisionali e di monitoraggio-promuovendo cosi l’empowerment del paziente e individua la necessità di supportare le famiglie dei pazienti e i professionisti del SSN con azioni di informazione e formazione mirate In tale panorama di intenti le Associazioni dei pazienti affetti da Malattie Rare cooperano con le Società Scientifiche (SIP,SIMG, SIMGe Ped, SIGU)e di categoria (FIMP, FIMMG). Scopo: potenziare e promuovere la rete collaborativa tra i centri di riferimento specifici di terzo livello-chiamati a fornire l’eccellenza diagnostica ed assistenziale, con le strutture e le figure territoriali -in grado di offrire la cittadino affetto da malattia rara la continuità assistenziale quotidiana - e con i servizi abilitativi, riabilitativi e di supporto di base. Una sinergica collaborazione, con pari dignità degli operatori, è indispensabile alla realizzazione della miglior qualità di vita possibile. Tale promozione si realizza anche con Seminari scientifici a carattere nazionale e regionale (Giornate scientifiche a Roma e Venezia nel 2009) che sensibilizzano e implementano la crescita formativa della classe medica della presa in carico globale dei malati affetti da malattie rare. I Seminari sono eventi formativi capillari nazionali/regionali catalizzatori di tutti gli attori coinvolti e promuovono, agendo di concerto e in collaborazione stretta con le istituzioni regionali preposte alla formazione alla diagnosi ed all’assistenza delle malattie rare, la rispettosa risposta alla PRIORITA’riconosciuta alle malattie rare e alla richiesta attuazione di piani nazionali per le stesse che dovranno avere attuazione entro il 2013. 45 l’angolo del commercialista L’angolo del Dottore Commercialista Nicola Santin Dottore Commercialista In questo numero di “Medicina e Sanità” iniziamo a pubblicare una rubrica dedicata ai problemi di natura fiscale e/o previdenziale in cui frequentemente i Medici di Medicina Generale, i Pediatri di Libera Scelta e gli Specializzandi s’imbattono nella loro attività quotidiana, problemi che non di rado turbano il loro sonno (o la digestione), quando non ne vuotano i conti correnti. Lo scopo è cercare di fare chiarezza in una materia così complessa e controversa – talora persino le opinioni dei singoli fiscalisti o degli impiegati dell’Agenzia delle Entrate sono divergenti – in modo da aiutare i Colleghi nello scegliere il comportamento più opportuno e vantaggioso.. A tale fine ci avvarremo della qualificata collaborazione del Dott. Nicola Santin, iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti e al Registro dei Revisori contabili di Udine, il quale si occupa di consulenza strategica e direzionale e di formazione, selezione e sviluppo delle risorse umane ed è specializzato nella consulenza fiscale contabile e previdenziale dei liberi professionisti, in particolare in ambito sanitario. Auspichiamo una partecipazione attiva dei Colleghi fin dal prossimo numero, con domande, osservazioni, esposizione di problemi di interesse comune per la Professione, a cui il Dott. Santin cercherà di dare risposta con una trattazione chiara ed esauriente.. Contabilità Professionisti e potenziali conflitti d’interessi Spesso il libero professionista non è in grado di orientarsi bene nella scelta del sistema di tenuta della contabilità più conveniente tra i regimi contabili previsti dal Fisco italiano. Questa difficoltà deriva dalla complessità e dalla continua evoluzione caratterizzante la normativa fiscale italiana. Spesso però a queste difficoltà si aggiunge la possibilità di un conflitto di interessi tra il cliente ed il proprio Commercialista di fiducia. Tradizionalmente la contabilità semplificata è sempre stata considerata la contabilità naturale per i liberi professionisti. Essa prevede la tenuta di due registri: registro iva acquisti e registro iva vendite in essi è possibile registrare tutte le operazioni contabili svolte dal libero professionista. A chiusura dell’anno solare la tenuta corretta dei due registri ci permette di pervenire all’elaborazione di un conto economico che riporta le entrate e le uscite dell’anno e l’utile d’esercizio su cui verranno conteggiate le imposte. Storicamente questo regime negli anni passati aveva visto un calo di favore da parte del Fisco italiano: l’introduzione degli Studi di settore prima e la tracciabilità dei compensi poi avevano spinto molti Commercialisti suggerire ai loro clienti il passaggio alla contabilità ordinaria. La contabilità ordinaria è notoriamente più costosa di una contabilità semplificata in quanto comporta una mole di lavoro di gran lunga superiore. Oggi giorno, e già da alcuni anni, le problematiche connesse agli Studi di settore e alla tracciabilità dei compensi sono venute meno, pertanto, laddove non vi sia la possibilità del ricorso al regime dei minimi, in quanto si ha un fatturato annuo superiore ai 30.000,00 €, il regime più conveniente per il professionista è il regime semplificato. Eppure molti Studi di Commercialisti continuano a mantenere i loro clienti Professionisti in contabilità ordinaria per ovvi motivi di convenienza economica. Un problema analogo ma con Soggetti diversi lo troviamo tra il regime nuove iniziative imprenditoriali che prevede una tassazione del 10% ed il regime dei minimi che prevede una tassazione del 20%. Spesso ho visto l’Amministrazione finanziaria promuovere il regime dei minimi tralasciando il regime nuove iniziative imprenditoriali. Quest’ultimo regime è particolarmente appetibile per i giovani liberi professionisti che hanno appena aperto l’attività e che si trovino a non dover pagare l’IRAP in quanto non hanno la stabile organizzazione richiesta dall’imposta. Anche qui una mancata informazione è forse dovuta da un scarso interesse del Fisco a promuovere questo regime per ovvi motivi di cassa interna. Infatti non dobbiamo dimenticare che il Legislatore italiano è un soggetto diverso dal Amministrazione Finanziaria; spesso tutti i soggetti pubblici vengono identificati come rappresentanti un unico soggetto: lo Stato Italiano, mentre vanno visti realmente per quello che sono: enti con finalità differenti e potenzialmente in confitto tra loro. Pertanto non c’è da meravigliarsi se il Legislatore promuove regimi agevolati volti a favorire il contenimento del carico fiscale su alcuni soggetti passivi ed al contempo l’Amministrazione Finanziaria cerchi di massimizzare il gettito fiscale a discapito dei medesimi soggetti. Ritengo pertanto di dover consigliare il medico ed in generale qualsiasi libero professionista di tenersi informato. Soprattutto in quelle aree come quella fiscale, contabile e finanziaria che sono soggette a continue evoluzioni e cambiamenti con la conseguente possibilità di generare potenziali conflitti di interesse tra le differenti parti in causa. 46 l’angolo del commercialista I compensi dei Medici specializzandi La risoluzione 254/E del 29 settembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i compensi corrisposti da un’azienda ospedaliera per l’attività intramuraria svolta da medici in formazione specialistica devono essere qualificati quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Questa risoluzione elimina il dubbio che tali compensi fossero equiparabili a reddito di lavoro autonomo con tutte le conseguenze del caso. Il dubbio nasceva dal fatto che rispetto al personale medico del servizio sanitario nazionale i medici in formazione specialistica autorizzati all’esercizio dell’attività intramoenia: a. non sono legati da un rapporto di lavoro dipendente con l’Azienda Ospedaliera Universitaria presso cui prestano la loro attività; b. percepiscono un compenso dall’Università non soggetto a tassazione ai fini delle imposte sui redditi; c. il contratto di formazione specialistica è stipulato con l’Università e non con l’Azienda Ospedaliera. La risoluzione ha eliminato ogni dubbio: il medico specializzando che svolge attività intramoenia vedrà tassati i suoi compensi come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e conseguentemente non sarà soggetto ad obblighi fiscali tipici del lavoro autonomo. I compensi saranno soggetti a tassazione nella misura del 100% se l’attività intramuraria viene svolta nelle strutture delle aziende convenzionate e nella misura del 75% se l’attività intramuraria viene svolta negli studi privati (la non tassabilità del 25% è un rimborso forfetario per le spese connesse alla gestione degli studi in quanto come soggetto assimilato al lavoratore dipendente non può dedurre dai compensi alcun costo se non tramite un riconoscimento forfetario da parte del Legislatore medesimo). Il Medico specializzando non è soggetto ad alcun obbligo di natura contabile né ai fini IVA né ai fini delle imposte sul reddito, non necessita di aprire la partiva IVA e conseguentemente non può emettere fatture e non deve tenere registri contabili previsti per i lavoratori autonomi. Poiché però il paziente ha diritto ad ottenere un documento idoneo a provare la spesa sanitaria per poter usufruire della detrazione fiscale, il Medico in formazione specialistica deve rilasciare una quietanza predisposta su un apposito bollettario intestato alla ASL. Le quietanze dovranno essere numerate progressivamente e dovranno essere in triplice copia di cui una va consegnata al paziente, una va consegnata all’ASL e la terza va conservata dal medico stesso. Il reddito conseguito è assoggettato alla contribuzione obbligatoria ENPAM ed il costo è a carico del medico che dovrà provvedervi ad inviare apposita comunicazione. Prestazioni non gratuite e gratuite: Un problema sollevato recentemente da un’Associazione sindacale di categoria riguardava le prestazioni non gratuite soggette ad iva che vengono, per scelta del professionista sanitario, erogate gratuitamente. Ci si chiedeva se andasse effettuata comunque la fatturazione da parte del professionista e versata l’iva dovuta in sede di liquidazione. Sono state diffuse notizie confuse ed errate probabilmente dovute alla scarsa competenza del professionista fiscale a cui si è rivolta l’associazione e che ha confuso la normativa fiscale delle imprese con quella dei liberi professionisti. La soluzione al quesito è in realtà abbastanza semplice. Una prima risposta l’abbiamo dall’articolo 54 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi il quale stabilisce che il reddito di lavoro autonomo è determinato secondo il principio di cassa. Da tale fondamentale principio si deduce l’irrilevanza fiscale delle prestazioni di servizi rese gratuitamente, in quanto il legislatore ha chiaramente stabilito che ogni prestazione professionale assume rilevanza fiscale solo dal momento in cui il relativo compenso viene incassato. Pertanto nessun obbligo sorge in capo al Medico che decidesse di erogarle gratuitamente. Logicamente, qualora le prestazioni rese gratuitamente siano eccessive, l’Amministrazione Finanziaria potrebbe procedere alla rettifica del reddito dichiarato con la motivazione che il professionista ha proceduto regolarmente a dedurre dei costi inerenti quelle prestazioni gratuite (affitti, dipendenti, cancelleria, utenze, ecc.). Analizziamo ora per completezza l’articolo 3 comma 3 del D.P.R. 633/1972, per intendersi il testo normativo di riferimento in materia IVA. Probabilmente è sulla base di una lettura superficiale di detto comma che è sorto questo malinteso, infatti prevede sì che la prestazione di servizi di valore superiore alle vecchie 50.000 £ sia oggetto di fatturazione ancorché sia di natura gratuita, ma fa evidente ed esplicito riferimento alla figura dell’imprenditore che soggiace ad un principio di competenza e non di cassa. In definitiva è evidente, da una lettura congiunta della normativa fiscale, che il problema non sussiste: il medico può erogare gratuitamente qualsiasi prestazione soggetta o non soggetta ad iva senza dover sottostare alcun obbligo di fatturazione. Quest’ultimo sorge al momento dell’incasso della prestazione professionale. Dott. Comm. Nicola Santin www.fiscoliberiprofessionisti.it [email protected] 47 xx congresso nazionale SIQuAS-VRQ Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria XX Congresso Nazionale SIQuAS-VRQ QUALITÀ È SOSTENIBILITÀ Grado, 27 - 29 maggio 2010 Palazzo Regionale dei Congressi di Grado Viale Italia 2 Iscriviti subito: risparmi fino al 30%! Iscriviti alla SIQuAS-VRQ: risparmi il 10% su tutte le quote di iscrizione! 48 Per la prima volta si affaccia nel panorama sanitario italiano il concetto di Sostenibilità. Grazie alla diffusione della cultura e degli strumenti della Qualità, e alla sinergia tra aziende e professionisti che operano in Sanità, sarà possibile ridurre i costi, migliorare le cure e liberare risorse prima utilizzate in modo inappropriato. Il risultato sarà il raggiungimento della sostenibilità del sistema Sanità, con evidenti benefici in ambito sanitario, economico e ambientale. Il Congresso Nazionale sarà preceduto, nella giornata di giovedì 27 maggio, da due eventi pre-congressuali di rilevanza nazionale e internazionale: un convegno formativo destinato ai Medici di Medicina Generale, considerati attori co-responsabili della Sostenibilità del Sistema Sanità; un seminario di John Ovretveit, tra i massimi esperti europei di Qualità in ambito sanitario, che spiegherà ai Direttori Generali, Direttori Sanitari, Direttori Amministrativi e ai Manager della Aziende sanitarie italiane come implementare i cambiamenti che migliorino la qualità delle cure riducendo i costi. ACCREDITAMENTO ECM. Convegno pre-congressuale “Sostenibilità, qualità e cure primarie” - evento n. 487110014211: accreditamento ECM per i Medici di Medicina Generale Seminario pre-congressuale di John Ovretveit - evento n. 4871-10014594: accreditamento ECM richiesto per tutte le professioni XX Congresso Nazionale SIQuAS-VRQ - evento n. 4871-10014314: accreditamento ECM richiesto per tutte le professioni Per gli interventi dei relatori stranieri è prevista la traduzione simultanea 1 49 xx congresso nazionale INTRODUZIONE PRESENTAZIONE xx congresso nazionale XX CONGRESSO NAZIONALE SIQuAS-VRQ QUALITÀ È SOSTENIBILITÀ Grado, 27 - 29 maggio 2010 Palazzo Regionale dei Congressi di Grado, viale Italia 2 - 34073 Grado (GO) Nel 1984 il Friuli-Venezia Giulia, grazie all’iniziativa di Franco Perraro e al supporto di Gabriele Renzulli, vide la fondazione della Società Italiana per la Verifica e Revisione della Qualità dell’Assistenza Sanitaria e delle Cure Mediche (VRQ). L’occasione fu un seminario internazionale, tenutosi a Grado nei primi giorni di giugno 1984, in cui per la prima volta in Italia vennero esposti i concetti di accreditamento, audit clinico, indicatori clinici, soddisfazione dei pazienti. L’anno successivo l’Ospedale Gervasutta ospitò un workshop dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla formazione per la qualità delle cure mediche e dell’assistenza sanitaria, che riunì un panel di esperti europei. Venne elaborato un documento che ancora oggi ispira le politiche per la formazione alla qualità in Europa e fu fondata l’International Society for Quality in Health Care (ISQUA), che oggi ha iscritti in ottanta Paesi del mondo. Grado, Udine e il Friuli-Venezia Giulia sono stati quindi la culla del movimento internazionale per la qualità dell’assistenza sanitaria che nei successivi venticinque anni ha determinato cambiamenti importanti nelle prassi organizzative e professionali dei sistemi sanitari. A distanza di 25 anni la Società Italiana di VRQ, oggi Società italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria (SIQuAS-VRQ) ritorna in Friuli-Venezia Giulia con il suo XX Congresso Nazionale “Qualità è Sostenibilità”. Ci sono molte evidenze di letteratura ed esperienze che dimostrano che l’utilizzo di strategie, modelli, strumenti, metodi, tecniche per progettare, organizzare, valutare e migliorare la qualità organizzativa, professionale e orientata al cittadino, contribuisce a ridurre gli sprechi e i costi, e a liberare risorse per realizzare nuovi modelli organizzativi e servizi più vicini ai bisogni sanitari e sociali dei cittadini. Il congresso esporrà queste esperienze in tre giorni di lavori, che vedranno la presenza sia degli esperti internazionali e nazionali che hanno contribuito a fondare la SIQuAS-VRQ e l’ISQUA, sia di quelli che oggi sono i ricercatori di punta europei nel campo della ricerca della qualità delle cure per i cittadini d’Europa. 2 50 EVENTI PRE-CONGRESSUALI. Convegno formativo organizzato in collaborazione con CEFORMED. Destinato ai Medici di Medicina Generale. GIOVEDÌ 27 MAGGIO 2010 09.00 - 09.10 09.10 - 09.40 09.40 - 10.00 10.00 - 10.20 10.20 - 10.40 10.40 - 11.00 11.00 - 11.15 11.15 - 11.30 11.30 - 11.45 11.45 - 12.00 12.00 - 13.00 13.00 - 14.00 Benvenuto e introduzione ai lavori della giornata Andrea Gardini Sessione 1. La qualità delle cure a garanzia della sostenibilità del sistema Moderatori: Mario Baruchello, Luigi Canciani Intervento dell’ Assessore alla Salute della Regione Friuli-Venezia Giulia Vladimir Kosic Qualità e cure primarie: scenari e prospettive in Friuli-Venezia Giulia Luigi Canciani Misurare la qualità: strumenti e percorsi di audit Fabio Samani L’audit clinico. Risultati preliminari della raccomandazione sull’audit clinico di SIQuAS-VRQ Ulrich Wienand Discussione Sessione 2. FVG.net: per un laboratorio delle cure primarie Moderatori: Alessandro Fanzutto, Pierpaolo Dobrilla I risultati del progetto Clinical Governance Diabete Mellito Roberto Vallini L’esperienza sull’appropriatezza e la persistenza delle terapie ipolipemizzanti nel diabete mellito di tipo 2 Doriano Battigelli General Practice Governance: self audit e strumenti decisionali nella pratica quotidiana Luciano Prelli Discussione Lezione magistrale. “Migliorare le cure primarie: cosa funziona e fa ridurre i costi generali del sistema” Richard Grol Colazione di lavoro 3 51 xx congresso nazionale “Sostenibilità, qualità e cure primarie” EVENTI PRE-CONGRESSUALI. xx congresso nazionale 14.00 - 14.20 14.20 - 14.40 14.40 - 15.00 15.00 - 15.10 15.10 - 15.30 15.30 - 15.50 15.50 - 16.10 16.10 - 16.30 16.30 - 17.00 Sessione 3. Qualità dell’integrazione sociosanitaria e sostenibilità Moderatori: Giuseppe Napoli, Giorgio Simon La qualità nell’integrazione dei servizi sanitari con i servizi sociali: definizioni, mandati, contesto, bisogni, domande, risorse potenziali, fonti di informazione Anna Apicella,Giorgio Banchieri, Lidia Goldoni e Gruppo di Lavoro SIQuAS sulla qualità nell’integrazione dei servizi sul territorio I dati del Bilancio di Missione dell’Azienda Usl di Bologna sulle cure primarie, costi e comportamenti organizzativi nei distretti Sandra Vernero Esperienze di audit civico in Italia e in Friuli-Venezia Giulia Alessio Terzi Discussione Sessione 4. Percorsi di qualità: alcune esperienze locali Moderatori: Siro Carniello, Adriana Fasiolo Benefici e costi dell’approccio anteriore mininvasivo per la protesi d’anca: ipotesi di partecipazione dei medici di famiglia al rapid recovery Vincenzo Alecci Percorsi virtuosi nelle richieste degli esami di laboratorio Maurizio Ruscio Logiche di appropriatezza e qualità nell’organizzazione del laboratorio: il contributo dei MMG al miglioramento del sistema (Dati, proposte e proiezioni per il Friuli-Venezia Giulia dei possibili comportamenti virtuosi) Claudio Rieppi MMG e tempi di attesa: protagonisti o comparse? Giuliano Mariotti Discussione e conclusioni Evento n. 4871-10014211: accreditamento ECM per i Medici di Medicina Generale 4 52 EVENTI PRE-CONGRESSUALI. Seminario di John Ovretveit (Director of Research, Professor of Health Innovation Implementation and Evaluation, Medical Management Centre, The Karolinska Institutet, Stockholm) GIOVEDÌ 27 MAGGIO 2010 10.00 – 16.00 Seminario organizzato in collaborazione con Federsanità ANCI e FIASO. Destinato a Direttori Generali, Direttori Sanitari, Direttori Amministrativi, Direttori di Dipartimento, Direttori dei Servizi Infermieristici, Direttori dei Distretti Sanitari Alla luce delle recenti contingenze internazionali i sistemi sanitari di tutto il mondo si interrogano su come sia possibile garantire equità di accesso ai cittadini, qualità delle cure e un contenimento della spesa. I ricercatori che indagano sui sistemi per garantire e migliorare la qualità si sono allertati, e stanno uscendo una serie di ricerche e di dati che dimostrano come, in sempre più frequenti situazioni cliniche e organizzative, sia possibile raggiungere notevoli contenimenti della spesa tramite azioni volte a garantire la qualità e l’appropriatezza. Una delle principali figure tra questi ricercatori è il prof. John Ovretveit, consulente del Servizio Sanitario inglese e professore di Healthcare management al Karolinska Institute di Stoccolma, che ci dedica un’intera giornata di studio nella quale terrà un seminario dedicato alle direzioni strategiche delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere, ai Direttori degli Ospedali e dei Distretti, ai Direttori di Dipartimento e ai Direttori dei Servizi Infermieristici. Evento n. 4871-10014594: accreditamento ECM richiesto per tutte le professioni 5 53 xx congresso nazionale “How to decide which changes will improve quality and save money and how to implement them effectively: a research and experience based approach for leaders” medicina e legge Secondo Congresso Regionale della Medicina Specialistica Ambulatoriale “MEDICINA E LEGGE” attualità, controversie, prospettive CEFORMED CENTRO REGIONALE DI FORMAZIONE PER L’AREA DELLE CURE PRIMARIE Via Galvani n. 1 - 34074 MONFALCONE (GO) Giovedì, 10 Giugno 2010 Auditorium dell’Ospedale San Polo Via Galvani, 1 - MONFALCONE (GO) PROGRAMMA: 09.00 - 09.15 Registrazione dei partecipanti 09.15 - 09.30 Introduzione alla giornata congressuale – pre-test 09.30 - 10.15 dr. Lucio Costantini, psicologo: “Approccio al paziente mirato a ridurre il rischio di conflittualità” 10.15 - 10.45 Coffee break 10.45 - 12.30 Tavola rotonda: “Quando emergono le conflittualità…”: dr. Mauro Marin, MMG, dr.ssa Laura Manzoni, Specialista Ambulatoriale, dr. Carlo Donada, Dirigente Ospedaliero. dr. Marco Barone, Dirigente Ospedaliero 12.30 - 13.00 Discussione plenaria 13.00 - 14.00 Intervallo 14.00 - 17.00 Tavola rotonda: “La responsabilità professionale del medico”: dr.ssa Clara Zuch, medico legale, dr. Pasqualino Stampanato, avvocato, dr. Paolo Sceusa, magistrato. 17.00 - 18.00 Discussione collegiale - post-test - Conclusione dei lavori Il Congresso è organizzato dal CEFORMED – Centro Regionale per la Formazione delle Cure Primarie. E’ stato richiesto l’accreditamento ECM per le seguenti figure professionali: medici - tutte le discipline -, psicologi, infermieri professionali. L’iscrizione al congresso è gratuita e potrà essere formalizzata in occasione del congresso medesimo. L’attestato di frequenza all’evento verrà consegnato ai partecipanti contestualmente. Il conferimento dei crediti formativi ECM è subordinato al rispetto delle modalità previste dalla normativa ECM. 54 Via Galvani n. 1 - 34074 Monfalcone tel. e fax 0481 487578 E-mail: [email protected] http://www.ceformed.it 55 ceformed IL CEFORMED INVITA A COMUNICARE ALLA REDAZIONE DI “MEDICINA E SANITÀ” TUTTE LE ATTIVITÀ, I PROGETTI, LE SPERIMENTAZIONI, LE LINEE-GUIDA, I PERCORSI DIAGNOSTICOTERAPEUTICI RIGUARDANTI LE CURE PRIMARIE ELABORATE DALLE AZIENDE SANITARIE, DAI DISTRETTI O DA REALTÀ PROFESSIONALI DEL FRIULI VENEZIA GIULIA, AI FINI DELLA LORO DIVULGAZIONE E DISCUSSIONE NELLA RIVISTA.