Il servo di Dio SE mons. Giuseppe Carraro Mater

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Il servo di Dio SE mons. Giuseppe Carraro Mater
Verona, 7 settembre 2009
Novena Madonna del Popolo
Il servo di Dio S.E. mons. Giuseppe Carraro
Mater mea fiducia mea
Quante volte la voce, decisa e suadente, del servo di Dio S.E. mons. Giuseppe Carraro è risuonata in questa Cattedrale che lui ha amato più che se fosse una sua casa personale. Ne ha sempre avuta una altissima considerazione pensandola come la casa della sua
famiglia diocesana a lui affidata dal mandato della Chiesa nel 1959. Ad essa ha assicurato,
con puntualità, sovrabbondanza e rara competenza, il cibo nutriente, al passo con i tempi
di Dio e dell’uomo, dell’annuncio della Parola, di cui aveva il genio comunicativo, dalla cattedra da cui prende nome la Cattedrale. L’ha guidata con saggezza fino al 1978 quando,
pur con grande sofferenza, accettò di amare e servire la Chiesa nel nascondimento silenzioso, nella sofferenza, nella preghiera.
L’ultima volta in cui la sua parola è risuonata in questa cattedrale fu proprio in occasione della conclusione della novena della Madonna del popolo di ventinove anni fa, l’8
settembre 1980, a pochi mesi dal suo pio passaggio da questo mondo al Padre. Una sorta
di testamento spirituale di impronta mariana consegnato a viva voce alla sua diocesi.
Potremmo scorgervi un tratto della Provvidenza che anche in tal modo ha svelato
l’animo suo pronto a consegnare alla sua gente e al suo presbiterio, nella confidenza del
cuore, quell’amore alla Vergine Maria che l’ha accompagnato fin da fanciullo, e fino
all’ultimo respiro. Di tale amore ha lasciato chiare dichiarazioni, che rispecchiano il suo animo mariano e ne documentano la densità e purezza di devozione, in precise circostanze
che ci è caro ripercorrere, a ritroso, per cenni e stralci.
Anzitutto il citato discorso dell’8 settembre 1980. In esso ritiene come ispirata la
coincidenza della celebrazione del Convegno diocesano sulla famiglia, indetto dal suo successore, S.E. mons Giuseppe Amari, che lo invitò fraternamente alla festa della Madonna
del Popolo: “Il culto e la devozione alla Madonna del Popolo hanno avvolto e compenetrato il convegno diocesano di una atmosfera di fede, di fiducia, di amore alla Vergine Santa.
Fratelli Veronesi, conservate fedeltà alle vostre tradizioni cristiane di culto, devozione, pietà sentita e convinta alla Benedetta Madre di Cristo e Madre nostra, Maria S.S. la nostra
Madonna del Popolo”. E rivolgendosi filialmente a Maria, così la supplicava: “Compi, o Madre, la tua missione. Sii presente nelle nostre case, alle nostre famiglie. Segui, difendi, guida i nostri figli, i nostri giovani, le nostre giovani. Conforta e corrobora i genitori, i papà e le
mamme. Diffondi il tuo sorriso e porta la tua benedizione. Madonna del Popolo, ausiliatrice dei cristiani, salute degli infermi, consolatrice degli afflitti, sostegno e speranza degli an1
ziani… ti promettiamo di essere fedeli tuoi figli durante tutto il nostro pellegrinaggio terreno, nell’attesa della beata speranza di esserlo perennemente, con Te concittadini del Cielo”. E siamo certi che ora, lui concittadino del Cielo, rivolge benedicente su di noi il suo abituale sorriso che ci incoraggia in questi tempi travagliati.
Dalla chiesa Cattedrale, primo santuario mariano della diocesi, a quello che a buon
diritto può essere definito santuario mariano diocesano di eccellenza: il santuario basilica
minore della Madonna della Corona. L’8 giugno 1978 vi tenne l’ultimo discorso, ancora da
vescovo titolare di Verona, ma con il sapore di commiato, al suo Presbiterio ivi radunato
numerosissimo, in occasione della ‘giornata di santificazione sacerdotale’. Un discorso magistrale. Avviato da una premessa: la naturale soddisfazione anche personale di aver potuto la domenica precedente, 4 giugno, procedere al rito della dedicazione del Santuario dopo la ristrutturazione, da lui fortemente voluta, durata oltre tre anni.
Sentendo suo dovere predisporre gli animi dei presbiteri all’accoglienza del nuovo
pastore della diocesi, nel caso specifico S.E. mons. Giuseppe Amari, ritenne opportuno intrattenere, con la sua consueta amabilità e con la sua proverbiale capacità espositiva, i
presbiteri ‘sulla figura, la missione, le funzioni del Vescovo nella Chiesa’. Attinse ad ampie
mani al Concilio Vaticano II di cui era stato protagonista assieme all’episcopato mondiale.
Dopo aver esortato i preti ad amare il nuovo vescovo e a farlo amare dai fedeli, concluse il suo intervento, ampio e articolato, come era sua abitudine con il riferimento esplicito a Maria: “La Vergine Addolorata, la Madonna della Corona, che continuerà in questo
santuario ripristinato, a dispensare, per la sua supplichevole onnipotenza e in vista di Cristo mediatore, grazie di misericordia, di conforto, di luce e di forza, accolga la nostra voce
corale e ottenga al nuovo Pastore e a voi tutti, in questa svolta della Chiesa di S. Zeno, di
proseguire il cammino con fedeltà, zelo e amore, sempre solleciti di ‘conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace’ (Ef 4, 3). A Lei, al suo cuore materno, affido tutti
voi e me stesso; ci affidiamo insieme con tutti gli altri e con l’intera diocesi. Noi confidiamo, come detta per ciascuno di noi, la parola di Gesù morente a Maria: ‘Donna, ecco tuo
figlio’, e a Giovanni: ‘Ecco tua Madre’, e procediamo guardando sereni al nostro cammino
terreno e al giorno eterno del Cielo”.
Quattro giorni prima, la domenica 4 giugno 1978 appunto, il vescovo Giuseppe Carraro in occasione della messa nella quale dedicò il santuario completamente ristrutturato
incentrò la sua omelia sull’espressione: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito
esulta in Dio mio salvatore”. Precisò che “Oggi noi tutti, templi viventi del Signore, raccolti
in questo luogo, costituiamo la Chiesa viva che è in Verona nella quale è presente la Chiesa
universale, una santa cattolica e apostolica, ed eleviamo a Dio il nostro canto di lode e di
grazia con le parole di Maria, cui è dedicato questo santuario”. Poi, alla scuola del Concilio,
citando ovviamente la Lumen Gentium, chiarì il rapporto tra la Chiesa e Maria “invocata
nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice senza nulla togliere alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore”. A questo punto, c’era da aspettarsela, una preghiera, a cuore aperto, come una dolcissima e tenerissima sinfonia di
devozione filiale, quasi mistica, o almeno lirica. Ne riproduco qualche frammento: “Tu ci
ascolti, è vero, Madre santa? Ecco chi ti parla sta per lasciare l’ufficio di pastore di questa
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carissima Chiesa di S. Zeno. Ti prego, Madre dolce e forte, proteggi la diocesi dal male, dai
mali che tante volte ho denunciato e Tu conosci. Conforta, illumina e sostieni il nuovo pastore. Assisti, segui, difendi da ogni pericolo e rinvigorisci e consola nei momenti della prova i miei confratelli, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, dei monasteri di clausura e delle comunità di vita apostolica attiva; fa brillare davanti a tutti la luce e la gioia di seguire Cristo e
la Chiesa con totale dedizione, in comunione fraterna la più forte in Cristo, con zelo bruciante per il bene vero dei fratelli. Benedici tutti i laici… tutte le famiglie, i seminari, i noviziati, i movimenti… tergi le lacrime degli afflitti, dei malati, degli infermi, degli anziani… Una
speciale sollecitudine ti domando per i giovani… fa germogliare nel cuore di tanti nostri ragazzi il germe della vocazione consacrata, religiosa o sacerdotale. O Maria, Madonna della
Corona, Madre dolcissima, Madre del divino amore, della santità, della pace, madre del
mio sacerdozio presbiterale ed episcopale, eccoti la mia povera vita, qualunque sia il suo
futuro decorso. Ascoltaci, o Mamma, siamo tuoi figli!”.
Quanto radicato fosse il pensiero del vescovo Giuseppe Carraro nella devozione a
Maria, con un crescendo verso il tramonto della sua esistenza terrena, viene riconfermato
da un altro discorso tenuto l’8 settembre del 1977 festa della Madonna del popolo, che ha
intitolato “Una rinvigorita devozione alla Madonna ‘segno dei tempi’ e fonte di speranza”.
Insiste sul valore della pietà popolare mariana, messa un po’ in crisi da una cattiva interpretazione del Concilio: “la pietà mariana si rivela sempre più elemento intrinseco del culto
cristiano, e anche le sue espressioni popolari come il S. Rosario si arricchiscono di nuova
luce di fede e di autentica partecipazione al mistero pasquale”. Uno dei segni dei tempi
viene ravvisato in quello che Paolo VI ha chiamato “L’Ora mariana: “E’ difficile oggi trovare
un segno dei tempi che possa infondere tanto ottimismo, dilatare il cuore cristiano alla
speranza, rincuorare nelle asprezze dell’esilio terreno come la devozione a Maria. Essa
proietta una luce di sicurezza, di serenità, di conforto anche in questa valle di lacrime… In
una giusta rivalutazione e promozione della donna, Maria rappresenta il modello, il tipo
eminente della condizione femminile, della donna attiva e responsabile…Non lasciamoci
vincere dal pessimismo; intensifichiamo preghiera e fiducia nella Vergine santissima, Madonna del Popolo, cioè Madre della Chiesa. Riprendiamo in mano il santo rosario!”. In proposito, chi gli è stato a lungo a fianco come collaboratore, assicura che il Servo di Dio recitava ogni giorno l’intero Rosario, cioè tre corone. Quando poi si metteva in viaggio ne aggiungeva altre.
Sempre nel 1977, in occasione del venticinquesimo di episcopato, l’11 novembre,
così scriveva: “Dal primo giorno del mio sacerdozio sempre nel cuore e sul labbro” Madre
mia, fiducia mia” (Mater mea, fiducia mea): espressione con cui del resto intestava tutti i
suoi scritti: Mmfm.
Andando ancora a ritroso, durante la settimana di studi mariani per il Clero a Padova tenne, pari suo, una meditazione approfondita ai sacerdoti sul valore della preghiera a
Maria, il 14 luglio 1966. E vi evidenziò una delle ragioni principali su cui edificare una autentica devozione a Maria, quella riconosciuta ufficialmente da Paolo VI, con cui condivideva amicizia, spiritualità, sensibilità, amore a Cristo e alla sua Chiesa: Maria Madre della
Chiesa. Da notare un dato preciso: negli anni del post Concilio il servo di Dio si appella con3
tinuamente alle costituzioni e ai decreti del Vaticano II, di cui fu protagonista assieme ai
vescovi del mondo intero, desideroso come era di farlo conoscere a tutti, presbiteri, consacrati e laici. Anche sotto il profilo del culto mariano. E la citata meditazione ne è una documentazione singolare.
E prima del Concilio? Non è certo preconciliare in fatto di culto mariano.
Ne è conferma il suo intervento al Congresso mariano di Adria, tenuto il 7 ottobre
1958, dal titolo “Il sacerdote e il cuore della Madonna”. Sostanzialmente confida e svela le
linee direttrici della sua spiritualità mariana: “A nessuno è lecito avere una devozione (mariana) non illuminata. Per l’ampiezza dei problemi che considera, dei rapporti con Cristo e
gli uomini, questa dottrina ha nella teologia un posto a sé e non può considerarsi come una
appendice al De Verbo incarnato”. Questo suo convincimento sta all’origine della sua difficoltà iniziale ad accettare che il Concilio trattasse di Maria come capitolo conclusivo della
Lumen gentium. Temeva che la devozione e il culto a Maria risultasse una appendice, una
marginalità rispetto al cammino di fede ecclesiale di ogni credente e della Chiesa stessa.
Appena invece intuì la fecondità di tale collocazione nella Lumen Gentium (capitolo VIII,
che porta questo titolo eloquente: “La Beata Maria Vergine Madre di Dio nel Mistero di
Cristo e della Chiesa”), come un dato di compimento, se ne fece solerte promotore. Era infatti preoccupato che la dottrina su Maria non ne avesse decurtazioni che la potevano alterare: “Senza dubbio da ciò, cioè da uno studio approfondito della teologia mariana, i Ministri di Dio si renderanno conto ancor meglio fino a qual punto l’azione pastorale debba
trarre impulso da Colei che diede Gesù al mondo e rimane, accanto al Figlio suo, il modello
della santità cristiana e il canale di grazia e di salvezza per l’umanità”. Di conseguenza, al
dire del servo di Dio, il sacerdote ama la Madonna di un particolare amore filiale e guarda a
Lei come maestra nello spirito di servizio e di amore alla Chiesa. Una spiritualità mariana
giova molto alla santificazione dei sacerdoti.
Infine, risaliamo la corrente fino al 1954. In un momento di sofferenza, degente
all’ospedale di Treviso, scriveva: “predicherò sempre il tuo amore materno. Farò tutto insieme con Te. Stammi vicina, Mamma, in certi momenti ho paura; se tu starai con me,
niente mi turberà”.
Ci siamo soffermati su alcuni specifici interventi. Dovremmo fare altrettanto attingendo a tutte le sue omelie tenute nelle festività mariane: vi ritroveremo comunque le
medesime accentuazioni. Non ci sfugge neppure il fatto che tutte le sue omelie erano siglate da un esplicito, spesso orante, riferimento a Maria. E che dire della sua partecipazione ai
pellegrinaggi a Lourdes con L’UNITALSI e a Loreto con il Treno bianco dei ragazzi della Pace!
Per concludere questi appunti sulla spiritualità mariana del servo di Dio il vescovo
Giuseppe Carraro, ci troviamo concordi nell’affermare che è stato un singolare devoto di
Maria e un educatore alla vera devozione a Maria come prete, come educatore in seminario, come vescovo. E gliene siamo grati anche noi veronesi: in una diocesi dove la devozione a Maria è sempre stata ed è asse portante della spiritualità, egli ha contribuito ad incrementarla e a mantenerla nell’alveo della pura tradizione ecclesiale.
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Da queste premesse, non andiamo lontano dalla realtà se ipotizziamo che il servo di
Dio, il vescovo Giuseppe Carraro, sia passato da questo mondo al Padre proprio con
l’invocazione in cuore, e forse anche sulle labbra, come era nel suo desiderio: “Mater mea,
fiducia mea”. Nella certezza del suo cuore di figlio che ad accompagnarlo e a consegnarlo
al Padre, per mezzo del Crocifisso Risorto, nell’abbraccio di amore dello Spirito era appunto Maria, la Madre di misericordia che dopo il pellegrinaggio in questa valle di lacrime, al
termine di questo esilio terreno, ci farà contemplare e accogliere come Lei e insieme a Lei il
frutto del suo grembo, Gesù, il Crocifisso Risorto.
Carissimi, questa novena della Madonna del Popolo, collocata nell’Anno sacerdotale, ci ha offerto l’opportunità di far scorrere davanti alla nostra attenzione ammirata immagini di vere perle del Clero di Verona, cui altri si potevano aggiungere, unitamente a uno
dei suoi più significativi vescovi, il servo di Dio Giuseppe Carraro.
Dal cielo ci ottengano il dono di tenere Gesù e Maria inseparabili nella nostra spiritualità. Proprio come ebbe a precisare il servo di Dio in uno scritto in occasione del secondo centenario dell’incoronazione della Madonna del Popolo. Scriveva il 20 luglio 1970: “La
devozione alla Madonna del Popolo, illuminata e fervente, mentre condurrà ad approfondire il rapporto ‘Maria e il Popolo di Dio’ secondo le due traiettorie delineate dalla Costituzione L.G. e dalla G.S., dissiperà ogni equivoco di attenuazione o alterazione del culto alla
Santa Vergine col pretesto di un escludente ‘Cristocentrismo’, quasi la vera devozione mariana non porti di suo peso verso l’unica sorgente della nostra salvezza che è Cristo”. Proprio in questa sua precisazione mi sembra si possa ravvisare la chiave ermeneutica della
spiritualità mariana di Giuseppe Carraro: il suo appassionato amore a Gesù, in specie
all’Eucaristia celebrata e adorata; e alla Chiesa. Gesù, il Figlio unigenito di Maria: un tal Figlio! Inseparabile da Maria: una tal Madre! E la Chiesa di cui Maria è Madre nello Spirito!
Una vera devozione a Maria non oscura l’amore a Cristo, ma ci fa amare Cristo e la
sua Chiesa con il suo cuore; e un vero amore a Cristo non demotiva né eclissa una autentica devozione a Maria: ce la fa guardare con gli occhi di Cristo, suo Figlio e amare con il suo
cuore di figlio.
Per Carraro dunque la devozione a Maria non è stata una nicchia di privatismo spirituale, in cui rifugiarsi intimisticamente dalle intemperie. Per lui spiritualità trinitaria, cristologica, ecclesiologica e mariana non sono che dimensioni della spiritualità del cristiano.
Ognuna è richiamo immediato alle altre, senza le quali sarebbe esposta a
pericolose alterazioni.
Una autentica devozione ecclesiale a Maria, ne siamo certi, propizia
l’evangelizzazione, anzi, la rievangelizzazione della nostra gente che con Maria, la Madonna del Popolo, mantiene sempre uno speciale vincolo di simpatia e di amore filiale.
Giuseppe Zenti
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