luisa latella

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luisa latella
Inchiesta
Obesità infantile:
tutta colpa del benessere
Moda
L’autunno è British
Cucina
Com’è dolce il buonumore
Viaggi
Goa, perla d’Oriente
LUISA LATELLA
NUOVO PREFETTO DI FOGGIA
2
settembre
duemiladodici
sommario
ditoriale
di ANNA RUSSO
Una bella sorpresa, direi.
Tenace ma non dura, consapevole del proprio ruolo, perspicace e diretta, ma sempre
pronta a cambiare idea. Perché, aggiungerei, solo gli stupidi non lo fanno. E lei, di
certo, stupida non è.
Luisa Latella, il
nostro nuovo prefetto, è arrivata a Foggia in una delle più calde giornate che questa strana estate ci
abbia regalato. Durante l’intervista le ho chiesto se avesse accolto la notizia del trasferimento con sollievo o con un
sobbalzo. Ha risposto, sorriso
sulle labbra, di essere pronta ad affrontare ogni situazione. Ogni emergenza, sottolineerei. Perché di
situazioni a rischio a Foggia ce
ne sono tante, ne è consapevole anche lei. E in pochi giorni
ha tratto già le somme e disegnato un quadro a dir poco scoraggiante. Un quadro dai toni
foschi non per la crisi economica e la questione sociale ad essa collegata… sono emergenze di cui, tutto sommato, siamo
consapevoli ormai da tre anni.
Così come la presenza sul territorio
di una criminalità comune e organizzata, di cui tutti, bene o male, ci
siamo accorti.
È il “resto” che preoccupa: la
mancanza di collaborazione con le
forze dell’ordine da parte della comunità, la sfiducia verso la giustizia.
E quando ti rendi conto che non c’è
scampo perché quel “resto” siamo
noi, allora capisci quanto è malato
il tessuto sociale in cui viviamo. C’è
un attentato esplosivo o incendiario a danno di un commerciante?
“Mai ricevuto richieste o minacce
estorsive”. C’è un omicidio, magari in pieno giorno e tra la folla? “Io
non ho visto niente”. Perché quando la paura è tanta, nessuno ha più
occhi per guardare o bocca per parlare. Esiste solo un forte istinto di
autodifesa.
Pochi giorni sono serviti al prefetto Latella per capire tutto ciò.
Nulla che non abbia già visto altrove, in fondo. Forse per questo
nelle sue parole c’è un fermo invito a collaborare per cambiare una
società che “esiste per noi”, ma
che soprattutto “è costituita da
noi”. Il prefetto è pronto a cambiare idea a patto, aggiungo io, che
noi cambiamo mentalità. Perché è
un fatto culturale e i fatti culturali
non sono impressi nel DNA.
Con i capelli neri o biondi, con
gli occhi celesti o castani si nasce e
per quanto si possa fare per cambiarli, resteranno sempre impressi nei nostri geni. I modi di pensare, quelli no, possono anche essere
trasmessi da famiglia e contesto
sociale, ma è possibile sradicarli,
se lo si vuole. Solo che è difficile.
Per loro non basta un bagno di colore o un paio di lenti a contatto. È
necessario un grande lavoro che
solo un movimento di coscienze
può fare.
Perché solo gli stupidi non
cambiano idea.
4 Personaggio del mese
• Luisa Latella, donna al comando
5 Storie al femminile
• “Cenerentola” sfortunata
• Posto a chi è in attesa
6 Inchiesta
• Obesità infantile:
tutta colpa del benessere
8 Società&Cultura
• Con l’Europa si investe sul futuro
9 Iniziative
• Il CDS - centro studi
linguistici apre
le porte al mondo
10Test
• Come stai nel tuo corpo?
12Wedding planner
• Il viaggio di nozze perfetto
13Fashion
• A Miss Italia vince
la bellezza del Sud
14Cucina
• Com’è dolce il buonumore
15Moda
• L’autunno è British
16attualità
• I ladri, gli sprechi
e i malati di cancro
17Rubriche
21Salute
• Alito cattivo?
...ecco la soluzione!
22Viaggi
• Goa, perla d’Oriente
23Da leggere
• La vita? Ha il sapore
di un cachi
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duemiladodici
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duemiladodici
personaggio del mese
DAL NUOVO PREFETTO DI FOGGIA IL PUNTO SULLE CRITICITÀ DEL TERRITORIO
Luisa Latella, donna al comando
“Contro la criminalità fondamentale
è la collaborazione della comunità”
Avere a che fare con la criminalità di certo non la spaventa. Lei, che in Calabria è nata e ha lavorato per anni, tra Reggio e Vibo
Valentia, con una capatina fuori regione, a
Palermo, ad impreziosire (se ce ne fosse stato bisogno) il curriculum, è arrivata a Foggia
per occupare il Palazzo più prestigioso di città. Luisa Latella è il nuovo prefetto di una comunità che, lo ha subito intuito, vanta innumerevoli criticità.
Cosa ha potuto vedere nel suo primo
mese a Foggia?
I problemi sono tanti. A Foggia la crisi
mordeva prima ancora che scoppiasse questa
bolla internazionale per cui si sono aggravate situazioni preesistenti. Anche realtà economiche che prima avevano una qualche
consistenza, ora si stanno frantumando con
gravi problemi occupazionali. Di conseguenza può esserci il rischio di tensioni sociali perché si stanno creando troppe situazioni di crisi.
Può già tracciare un quadro delle priorità?
Ci sono due realtà che secondo me sono
strettamente connesse: la questione occupazionale e quindi sociale da un lato e la presenza di una forte criminalità, organizzata e
comune, dall’altro. Entrambe costituiscono
un grave problema. La mia sensazione è che
la comunità e di conseguenza la libertà economica e di impresa siano fortemente condizionate in questo senso. Allo stesso tempo,
però, sino ad ora, ma spero di ravvedermi, non ho visto forti spazi di reazione
da parte della cittadinanza. Giornalmente arrivano notizie di danneggiamenti ad attività commerciali anche
molto gravi, ma non sono accompagnati da denunce delle circostanze dei fatti.
Si dichiara di non aver mai ricevuto richieste estorsive, quando si sa bene che
se c’è il danneggiamento c’è una intimidazione.
Se c’è danneggiamento c’è estorsione, siamo d’accordo, ma se non c’è
denuncia cosa c’è?
C’è sicuramente un timore, ma anche una
scarsa propensione ad avere fiducia nelle istituzioni. Per carità, le istituzioni non corrispondono mai a pieno alle esigenze, ma la
collaborazione è fondamentale: deve passare un concetto, che nelle realtà meridionali
spesso non emerge, che lo stato non è formato
soltanto dalle istituzioni. Lo stato siamo noi,
ognuno con il proprio ruolo. Soprattutto in
questa tipologia di reati l’apporto del cittadino è fondamentale. Proprio sotto questo
aspetto, anche se è poco che sono qui, ho visto poco. L’unico segnale positivo è venuto
da una serie di imprenditori di Vieste che in
passato hanno denunciato. Oggi si appoggiano alle istituzioni, all’associazione antiracket che si è costituita, per continuare le loro attività. Le associazioni antiracket sono
fondamentali; non devono essere imposte
dall’alto ma nascere dagli stessi imprenditori che insieme lavorano e che insieme si proteggono perché la protezione non può essere solo quella dello stato, altrimenti diventa
una semiprigione. È necessaria però una presa di coscienza. Deve esserci una capacità di
reazione da parte del tessuto sociale. Mi auguro però con tutto il cuore di dover cambiare opinione.
Lei dice: non ci sono solo le forze dell’ordine e la magistratura. È un dato di fatto
però che la giustizia sia molto lenta…
Certo le lentezze esistono, ma è un dato di
fatto che la mole sia enorme perché tutto viene delegato dalla società alla magistratura.
Non è un fenomeno solo di Foggia, ma è diffusissimo ovunque.
Come ha reagito quando le è sto comunicato il trasferimento a Foggia? Un sospiro
di sollievo o un sobbalzo?
È nel mio DNA affrontare situazioni particolari. Foggia è stata per molto tempo all’attenzione nazionale. Lo è tutt’oggi. Ci sono
fenomeni che hanno bisogno di essere arginati.
Come è riuscita a conciliare la famiglia
con la vita da “girovaga”?
Sono stata vent’anni alla prefettura di
Reggio Calabria, questo mi ha consentito di
crescere i miei figli con l’aiuto della mia famiglia. Quando loro hanno cominciato a
muoversi l’ho fatto anch’io. Ora vivono fuori.
A casa è rimasto solo mio marito che purtroppo si è dovuto adeguare. Andiamo avanti comunque restando sempre molto uniti.
Com’è la strada di una donna in carriera?
Forse più semplice di ieri, ma gli ostacoli sono ancora notevoli perché c’è sempre diffidenza. La donna, diversamente dall’uomo,
deve affrontare preclusioni e prevenzioni. Il
mondo del lavoro è calibrato sulle esigenze
maschili e non femminili. Ci sono ancora molti anni di arretratezza da superare. È chiaro
che rimanere vent’anni nello stesso posto come è stato per me costituisce un handicap per
la carriera. L’uomo è più agevolato a spostarsi. Oggi ci sono molte donne prefetto. Per
altro abbiamo un ministro donna che viene
proprio dalla nostra carriera, la Cancellieri,
esempio di donna molto determinata.
Quindi un giorno la vedremo ministro?
No, non è comunque nelle mie aspirazioni, voglio continuare la mia carriera di prefetto… anche se nella vita tutto può accadere.
Anna Russo
settembre
duemiladodici
storie al femminile
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Femminicidio, fenomeno che non conosce età, tra le prime cause di morte in Italia
“Cenerentola” sfortunata
Molto spesso le idee più semplici sono quelle più efficaci e convincenti.
L’idea che sottende il suggestivo allestimento “80 paia di scarpe”,
presentato dall’associazione “Donne in rete” durante la “Notte in Rosa”
di Foggia, è riuscita, nella sua cruda
e commovente semplicità, a spalancare le porte della coscienza di ciascun visitatore su quel “buco nero”
costituito dall’incidenza del femminicidio, fenomeno inarrestabile, tra
le prime cause di morte in Italia.Un allestimento immediatamente riconoscibile e decifrabile, una istantanea
di un dramma. Bastano poche parole, poche righe di presentazione per
dare un peso drammatico a quelle
vecchie scarpe, disseminate in piazza Cesare Battisti.
“Immaginate una donna– si legge nella presentazione del progetto
- che tenta di sottrarsi alla violenza
di un uomo determinato ad imporle
con ogni mezzo e senza limiti la propria prepotente volontà padronale”;
un abuso di autorità che si tramuta
in presunzione di potere assoluto, tale da uccidere - dopo aver lungamente oppresso, schiavizzato e condizionato con ogni sopruso fisico e
psicologico, con ogni tipo di ricatto
affettivo, familiare, economico possibile - la vittima designata. “Immaginate ora quella donna in fuga disperata; immaginate il simbolo di
quella fuga rappresentato dalle cia-
“80 paia di scarpe”, suggestivo
Notte in rosa
allestimento proposto da “Donne in rete” PROFESSIONALITÀ, TALENTO E TANT’ALTRO
Lunghi drappi di tulle rosa hanno
guidato i visitatori della “Notte in
rosa”, a Foggia, per accompagnarli, evento dopo evento, alla
scoperta delle iniziative programmate nella zona pedonale cittadina per la festa dei talenti, delle
professionalità e delle idee femminili.
L’evento, dopo Otranto e Conversano, è sbarcato nel capoluogo
dauno, lo scorso 15 settembre,
promosso dalla Regione Puglia e
dalla consigliera regionale di Parità, Serenella Molendini, con il
coordinamento “Donne in Rete”.
batte, dagli zoccoli, da tutte le calzature perse e seminate durante questa corsa”. Ogni scarpa ha percorso
strade diverse, vissuto vite diverse;
ogni scarpa è associata ad un nome,
quello delle “Cenerentola” sfortunate del nostro tempo, morte per mano del proprio uomo, in nome di un
amore perverso, sbagliato, viziato:
all’appello rispondo 84 donne uccise
dall’inizio dell’anno.
Le attiviste di “Donne in rete”
hanno simbolicamenteraccolto quelle scarpe. Ci sono vecchie ciabatte e
scarpe sportive, scarpe dai tacchi
vertiginosi o scarpe comode, da riposo, perché il femminicidio non conosce età e non conosce ragione:
ogni calzatura diventa il simulacro
di una vita interrotta. “Le abbiamo
disposte sul percorso itinerante di
questa notte rosa affinché si possa
sollecitare la volontà civile e culturale su di un tema forte e di scottan-
Parcheggi rosa, atto di civiltà ignorato dai cittadini
te attualità”, spiega Rita Saraò, presidente di “Donne in rete”. Una riflessione amara durante la “festa”
dei talenti delle donne, una scelta coraggiosa che è stata apprezzata e
premiata dai visitatori.
“La nostra intenzione era quella di smuovere le coscienze sull’argomento e coinvolgere tutti – uomini, donne, adolescenti - ad una
riflessione critica, al dibattito. Costruire una cultura attenta al genere
è un processo lungo e complesso che
deve necessariamente passare dall’educazione al rispetto per l’altro, al
Le associazioni chiedono multe
per chi non rispetta le strisce rosa
del 2009, giorno in cui furono tracciate le prime strisce rosa. La richiesta fu fatta dal coordinamento territoriale dell’Associazione
Movimento Italiano Genitori, che rappresento sul
territorio (oggi Movimento Genitori Puglia ndr), a
Città Educativa e all’assessore dell’epoca, Claudio Sottile, il quale recepì
la sollecitazione e la indirizzò all’assessorato competente, quello alla Mobilità del Comune.
L’iniziativa è stata una
sperimentazione per la città di Foggia e seguiva il positivo esempio di
numerose altre realtà italiane.
Quale messaggio si intendeva comunicare?
Con questa iniziativa è stato compiuto un significativo passo avanti di
civiltà e modernità. I parcheggi “rosa” collocati nelle zone nevralgiche
della città, possono considerarsi un
passaggio importante nell’ambito di
un processo più generale che dovrebbe rendere Foggia una città più sicura, vivibile, “fruibile”.
A distanza di tre anni, qual è il bilancio dell’iniziativa?
Il numero delle “aree di sosta ro-
sa”, destinate non solo alle mamme
in attesa, ma anche a quelle con bebè a bordo, fino ad anno di vita, sono passate da 20 a 26, segnale del
successo dell’iniziativa e di una costante attenzione da parte del Comune per una politica di sensibilizzazione sociale ed una mobilità
solidale e sostenibile.Tante sono, infatti, le mamme che richiedono il
pass a Città Educativa, sede anche
del MoGeP. Purtroppo, la nota stonata è rappresentata dalla difficoltà
Come
richiedere
il Pass
Ottenere il pass è semplice: basta recarsi presso la sede di Città
Educativa, in Via Nardella 8, con
certificato medico del ginecologo
che indica l’ultima data delle mestruazioni e la data indicativa del
parto. Per le mamme che hanno
partorito, invece, è richiesto lo stato di famiglia che attesta la nascita
del bambino e dura fino al primo
anno di vita del piccolo
rispetto per la libertà dell’altro. La
strada da percorrere è lunga, ma è
ormai tempo di partire”. Vogliamo
riproporre al più presto la nostra mostra qui a Foggia – conclude Saraò –
predisponendo, questa volta, anche
uno spazio per raccogliere testimonianze, interviste o più semplicemente le impressioni dei visitatori.
Vogliamo creare un documento originale, raccogliere del materiale da
presentare nelle scuole per sensibilizzare, educare ed indurre alla riflessione anche i più giovani”.
Maria Grazia Frisaldi
Annarita Spadaccino,
MoGeP
Posto a chi è in attesa
Far posto a chi è in attesa è un
atto di rispetto e di civiltà troppo
spesso ignorato a Foggia dove è diventato sempre più difficile, per
donne incinte o con bambini entro
l’anno di età, usufruire di tali spazi,
26 in tutto, dislocati in vari punti della città. Ad occuparli, infatti, sono
sempre automobilisti
sfacciati, per i quali,
forse, il rosa della zona delimitata è solo lo
scherzo insignificante
di un writer con poca
fantasia. E così Foggia
Città Aperta ha lanciato la campagna:
‘Multare’ le auto che
non rispettano il segnale. Con un foglio di
carta, una scritta, un
appunto. Un multa solo simbolica,
purtroppo, perché, contro chi trasgredisce, vigili urbani e assessore
alla Sicurezza in questo caso hanno
le mani legate. Chi parcheggia negli
spazi rosa sprovvisto di apposito
pass, infatti, non incorre nel rischio di
essere multato. La speranza di Foggia Città Aperta e del MoGeP, (Movimento Genitori Puglia), è che, da
virtuale la multa possa trasformarsi
in reale. In che modo? Lo abbiamo
chiesto ad Annarita Spadaccino,
Presidente del MoGeP.
Quando e con che spirito sono nati
i “Parcheggi rosa”?
L’iniziativa è nata il 9 febbraio
Mostre, spettacoli, dibattiti e convegni, laboratori per bambini e il
conferimento del premio “Talento
donna”, consegnato alla docente
universitaria Franca Pinto Minerva: un ricco programma “per aprire e sensibilizzare la città alle pari opportunità – come ha spiegato
l assessore regionale al Welfare,
Elena Gentile - In ogni tappa, infatti, abbiamo portato energia e
creatività per mettere in evidenza
l’arte, la bellezza e la passione delle donne, le loro idee, la loro fantasia, le loro peculiarità”.
m.g.f.
Mensile di attualità e informazione.
Registrazione presso il Tribunale di Foggia
n° 2/2002 del 26/09/2002
da parte delle mamme di trovare libera l’area Rosa e ciò perché i parcheggi non sono previsti dal Codice
della Strada: chi ne usufruisce al posto delle mamme non è soggetto a
sanzione come accade invece nel caso degli spazi riservati agli invalidi,
oppure sulle aree destinate a parcheggio a pagamento. La loro istituzione fa parte di una norma di civiltà.
Cosa proponete per ovviare alla
perenne impunità ed impunibile
trasgressione dei Parcheggi Rosa?
Come Presidente dell’associazione Movimento Genitori Puglia,
ed utilizzando il vostro giornale, propongo al Comandante della Polizia
Municipale di prevedere, nelle aree
destinate alle mamme, il divieto di
sosta per gli altri veicoli, che non
espongono l’apposito permesso di
sosta così da far diventare sanzionabile la trasgressione. Spero, tuttavia,
che il senso civico abbia la meglio;
il rischio però è abbastanza ampio,
soprattutto a causa di quelle persone
che difficilmente si attengono a norme di carattere morale. Senza il timore di una sanzione, ci si sente in diritto di far valere le proprie
egoistiche ragioni, non considerando il danno che si arreca alla comunità. Non tutti sono disposti a “dare
la precedenza a chi aspetta”. Molto
spesso assistiamo a scene dove sensibilità e considerazione difettano e
non poco.
Elisabetta Ciavarella
Editore
Publicentro Servizi Pubblicitari s.r.l.
Direttore Responsabile
Anna Russo
Caporedattore
Angela Dalicco
Hanno collaborato
Maria Grazia Frisaldi
Mariangela Mariani
Dalila Campanile
Elisabetta Ciavarella
Irma Mecca
Emanuela Cafaro
Germana Zappatore
Rubriche
avv.
Palma Rubano
dott.ssa Floredana Arnò
dott.ssa Alessandra Marinari
dott.ssa Rosangela Loriso
dott.ssa Tiziana Celeste
dott.ssa Ines Panessa
dott.ssa Anna Lepore
prof.ssa Raffaella Scolozzi
prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere
prof.ssa Maria Santillo
Redazione
Foggia
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I testi e le foto da voi inviate non verranno restituite.
Questo numero è stato stampato in 43mila copie
e distribuito gratuitamente a domicilio nella città di Foggia
6
settembre
duemiladodici
A CURA DI ANNA RUSSO
inchiesta
Quando il grasso era bello. Come cambiano i tempi:
Obesità infantile: tutta colpa del benessere
Sotto accusa gli stili di vita inadeguati. E intanto 4 madri su 10 di bambini
con sovrappeso non ritengono che il proprio figlio abbia un peso eccessivo
Che un tempo il grasso fosse segno di prosperità e bellezza lo dimostra la maestosa produzione artistica dei secoli scorsi. Basta guardare, una per tutte, la Venere di Botticelli, che
nasce dal mare con la sua lunga chioma dorata a velarne le nudità. Allo sguardo di chi osserva si offrono seno e ventre morbidi, braccia
e cosce tornite. La sua bellezza è un mantra dell’arte di ogni tempo; da allora però, i canoni non
solo estetici, ma del benessere in generale, sono notevolmente cambiati. E l’equivalenza
grasso = sano oggi non è più così scontata.
L’obesità è ormai riconosciuta come un problema serio che si presenta ad ogni età. Quel-
la infantile, in particolare, è di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, denunciato a gran
voce dai più autorevoli nutrizionisti (in Italia
colpisce un bambino su quattro) è il risultato di
una introduzione di più calorie di quante se ne
consumano protratta nel tempo. La definizione
di sovrappeso/obesità nel bambino è più complessa rispetto all’adulto: si definisce obeso un
bambino il cui peso supera del 20% quello
ideale; in soprappeso se supera del 10-20%,
oppure quando il suo BMI (Indice di Massa
Corporea = peso in Kg diviso l’altezza in metri, al quadrato) è maggiore del previsto. Il Ministero della Salute ha lanciato un allarme: “ci
sono mamme – riporta una nota - che passano
ore in palestra, praticano jogging, bilanciano
le calorie della propria dieta in maniera eccessiva, ricorrono in casi estremi alla chirurgia plastica per eliminare accumuli di grasso e cellulite, ma paradossalmente non si accorgono dei
chili di troppo dei loro figli”.
Proprio il rapporto genitori – figli e, naturalmente, una alimentazione inadatta, sono tra
le maggiori cause del fenomeno.
Di seguito andremo ad eviscerare con i migliori specialisti del territorio le caratteristiche
del fenomeno che si manifesta come un disagio
fisico ed emotivo.
Lo stile di vita incide sulla qualità dell’alimentazione
Genitori? Ostili al problema
Ne soffre 1 bambino su 4 che quasi sempre diventa un adulto
obeso e con patologie cardiocircolatorie e metaboliche
In Italia ci sono 5 milioni di persone adulte obese. Sono il 10% della popolazione (il 40% nel 2025) e
oggi costano alla Sanità quasi 8 miliardi e mezzo di euro all’anno in cure mediche, soprattutto per malattie cardiovascolari e diabete. Molte
di loro sono obese fin dall’età infantile. Tra i più piccoli, infatti, i dati sono decisamente allarmanti: il 40%
è in sovrappeso, il 25% è obeso (ovvero un bambino su quattro pesa
molto più di quanto dovrebbe). Il
picco da triste primato (secondo
l’autorevole Commissione europea
Idefics) si tocca fra i 6 e i 9 anni: in
questa fascia d’età si registra un poco edificante e molto pericoloso
30%. Un bel problema, figlio della
modernità. Perché solo nell’1% dei
casi l’obesità dei fanciulli è un fattore genetico o dipendente da alterazioni e disfunzioni ormonali. È,
quindi, una conseguenza dello stile di vita.
Il dottor Antonio Longo, direttore della struttura pediatrica degli
Ospedali Riuniti di Foggia, va dritto
al cuore del problema. “E’ colpa del
cibo ipercalorico e a poco prezzo che
oggi, purtroppo, troviamo in quantità
industriale nei nostri negozi, nei fast
food e spesso anche sulle nostre tavole” non ha remore a dire. È il cosiddetto “cibo spazzatura” (gli inglesi lo chiamano junk food), ricco
di grassi e zuccheri, dal bassissimo
valore nutrizionale (non in termini
di calorie!). Hamburger, hot dog,
snack, patatine fritte e bevande gassate, giusto per citare gli alimenti
più consumati da bambini e adolescenti. Sono delle bombe ad orologeria a tutti gli effetti, pronte a far
scoppiare l’organismo. “Basti pensare – precisa Longo – che un solo
bicchiere di aranciata fornisce 30
I medici degli OO.RR. di Foggia: Dott.ssa Matilde Cioccia e Dott. Antonio Longo
grammi di zucchero mentre al nostro corpo ne servono fra i 12 e i 15
grammi al dì, o che 100 grammi di
patatine fritte apportano 400 chilocalorie (circa 1/4 del fabbisogno
giornaliero di un bimbo di 6 anni,
ndr) e non saziano neppure”. Si finisce, quindi, per assumere molte
più calorie, grassi e zuccheri di quelli che si consumano.
Ma non è tutta colpa della globalizzazione, dei malsani stili di vita d’oltreoceano sapientemente
venduti come cool, fighi, di tendenza, che sacrificano frutta e verdura
(quasi inesistenti nelle diete dei
bambini di oggi) per più colorate e
appetitose pietanze. Le cattive abitudini sono il companatico ideale di
una alimentazione scorretta e squilibrata. “La ridotta mobilità è un fattore di rischio – sottolinea– e la cosa
più preoccupante è che sta diventando una pratica sempre più frequente e diffusa. Le ore passate davanti a tv e computer, l’uso dell’auto
per qualsiasi spostamento anche il
più breve, le attività ludiche all’aperto e quelle sportive ridotte ai
minimi termini… spianano la strada all’insorgere e allo svilupparsi
del problema”. E poi ci mettono del
loro anche mamme e nonne. Le prime perché non hanno il tempo necessario da dedicare a spesa e preparazione di piatti genuini, colpa
delle carenti politiche di welfare di
questa Italia che non perora la causa delle mamme-lavoratrici. Le nonne, invece, reduci dai tempi di gra-
ma della guerra, trasmettono a figli
e nipoti il mantra “più mangi più sei
in salute”. “Anche perché l’obesità
– chiarisce la dottoressa Matilde
Cioccia, esperta in diabete infantile presso il Riuniti – nella percezione degli uomini moderni, è diventata la normalità”. Gli adolescenti
ormai non si imbarazzano più se
abiti striminziti lasciano intravedere le forme morbide del proprio cor-
po, mentre i bambini “paffutelli”,
“in carne” e di “buon appetito” sono la gioia di genitori che considerano un problema legato alla sfera
del cibo soltanto l’anoressia. “Molte mamme – continua Cioccia – pensano di poter correggere il tiro con
la chirurgia quando il figlio sarà un
adulto obeso. Niente di più sbagliato. Questo significa essere ostili al
problema e non volerlo vedere, perché non si tratta soltanto di un fattore estetico. Il peso eccessivo porta
con sé anche seri problemi si salute. L’obesità infantile, infatti, fa da
apripista a patologie quali l’ipertensione, l’artrosi, l’arteriosclerosi e
il diabete”. E non è detto che si debba aspettare l’età adulta perché si
manifestino. “Mi è capitato di avere
casi di bambini piccoli con valori glicemici al limite” confessa amaramente.
provi un senso di sazietà. Ecco perché mangiando in fretta il bambino,
come gli adulti, non si sazia e chiede
altro cibo. E’ questo il meccanismo
che entra in gioco con le patatine e
le merendine consumate rapidamente, magari davanti alla tv”.
Regola numero tre: ridurre la
sedentarietà a favore di una regolare attività sportiva “che assecondi
le inclinazioni e le preferenze del
bambino così da non diventare una
costrizione, ma un momento di piacere e divertimento” sottolinea la
dottoressa Cioccia.
CORRERE AI RIPARI
A tutto c’è rimedio, anche quando è troppo tardi per prevenire il
danno.
Regola numero uno: a parte entrare nell’ordine di idee che l’obesità è un problema, un corretto stile di
vita è, ovviamente, l’unica soluzione. E allora via da tavola e frigorifero i cibi tentatori e spazio a frutta,
verdura, bibite naturali e alimenti
preparati in casa.
Regola numero due: giocare sui
tempi. “Il pasto – evidenzia il dottor
Longo – deve tornare ad essere un
momento di convivialità in cui si
chiacchiera. Si ricordi che sono necessari ben venti minuti perché si
Infine non sarebbe male fare nostre anche alcune buone pratiche
d’oltreoceano. Negli USA, ad esempio, sono vietati gli spot che pubblicizzano cibi ipercalorici dopo le 17.00
(fascia oraria in cui i bambini guardano la tv). A New York, dove un terzo della popolazione adulta è obesa,
il sindaco Michael Bloomberg ha vietato, a partire dal prossimo marzo, la
vendita presso fast food, ristoranti,
pizzerie, chioschi e cinema di bibite
gassate formato XXL (poco meno di
mezzo litro). In Italia qualcuno ha
provato a tassare proprio le bibite
gassate… ma questa è un’altra storia… ed è un altro Paese.
Germana Zappatore
Si ringraziano per la collaborazione:
dott. Longo – direttore struttura pediatrica OO.RR. Foggia
dott.ssa Cioccia – esperta diabete infantile OO.RR. Foggia
prof. Cignariello – direttore struttura endocrinologia OO.RR. Foggia
inchiesta
settembre
duemiladodici
A CURA DI ANNA RUSSO
7
da segno di prosperità e salute a segnale di disagio
e dei ritmi accelerati della vita moderna
La rivoluzione degli snack
Merendine ipocaloriche, le ha “inventate” l’UniFg
Chi sostiene che gli snack dolci siano
tanto gustosi per il palato quanto dannosi
per la salute sia pronto a fare un passo indietro. Almeno in materia di merendine.
Grazie ad una ricerca portata a termine dai
“cervelli” dell’Università di Foggia, infatti,
arriverà presto la possibilità di “sfornare”
merendine e snack dolci ipocalorici e senza
conservanti. I ricercatori della facoltà di
Agraria, dopo circa due anni di studi e ricerche sulla materia, hanno messo a punto
una pellicola commestibile che, utilizzata
per glassare prodotti dolciari e di forno, andrà a sostituire i conservanti generalmente
usati per questo tipo di prodotto. Le merendine risulteranno così più leggere, digeribili e, soprattutto, più sane. Ad illustrare i
particolari di questa invenzione che presto
sarà brevettata, è la professoressa Carla Severini, a capo del team di ricerca composto
daTeresa De Pilli, Antonio Derossi, Antonio
Stasi e Maurizio Prosperi.
Merendine ipocaloriche e senza conservanti. Sembra una contraddizione intermini, invece sarà presto una realtà. Quali sono i cardini della ricerca?
Anche questa, come tutte le altre ricerche, è ispirata ad un uso “etico” delle tec-
nologie alimentano tipo merendine o
ri, cioè al servizio
muffin sono utilizdella salute del
zati da fasce particonsumatore.
colarmente delicate
Troppo spesso le
di consumatori, coconoscenze
me bambini, adolescientifico-tecnoscenti, studenti in
logiche in campo
generale, che li
alimentare sono
mangiano
per
state utilizzate
“spezzare” la fame
per scopi coma metà giornata. La
merciali, vale a
nostra ricerca rende
dire per rendere Prof.ssa Carla Severini, Facoltà di Agraria
possibile la realizpiù appetibile un
zazione di merendiprodotto a scapito della sua sanità o di un ne senza grassi animali o grassi vegetali
corretto bilanciamento nutrizionale. Il ri- idrogenati (saturi e dunque dannosi per la sasultato è l’allarme mondiale per l’obesità, lute) e senza sostanze quali etanolo, sorbaanche infantile, che porta al rischio di gravi ti o derivati dell’anidride solforosa, normalpatologie.
mente utilizzati per evitare lo sviluppo di
In che modo questa “pellicola comme- muffe. Inoltre si può fare a meno dell’uso di
stibile” contribuirà a salvaguardare la sa- polifosfati, che vengono spesso aggiunti per
lute degli adolescenti?
trattenere acqua e mantenere la morbidezSpesso leggiamo nelle etichette dei pro- za del prodotto finito.
dotti industriali un elenco esageratamente
Quali prodotti dolciari potranno esselungo di additivi e conservanti che servono re glassati in questo modo? La pellicola ina garantire la conservabilità e l’appetibilità fluisce sul sapore finale del prodotto?
di questi prodotti, denominati a torto proAbbiamo parlato di prodotti tipo mufdotti “edonistici”. In realtà, i prodotti da for- fin, quindi anche merendine e ogni tipo di
Più pappa più mamma?
prodotto da forno o da pasticceria con caratteristiche simili. Nel corso della ricerca è
stata condotta anche una “prova assaggi”
e non è stata rilevata nessuna modifica negativa nel sapore dei nuovi prodotti. Questo anche grazie la fatto che gli ingredienti
con i quali è composta questa pellicola edibile sono tutti naturali.
Per costituire una “sana rivoluzione”
nelle abitudini alimentari dei bambini e
degli adolescenti, però, tale brevetto deve
essere acquisito da un marchio dolciario.
Ci saranno, a breve, novità in tal senso?
Lo speriamo davvero. Non è facile convincere grandi e piccoli marchi che in una
piccola università come la nostra possano
nascere nuove idee. Certo è che chi vorrà
acquisire i diritti di sfruttamento del brevetto
ne trarrà un sicuro vantaggio economico:
nell’ambito della ricerca, infatti, è stata effettuata anche un’analisi di mercato dalla
quale emerge che più del 90% dei consumatori sarebbe disposto a spendere qualcosa in più rispetto al prezzo medio di mercato per un prodotto con queste
caratteristiche, soprattutto se destinato a
bambini o adolescenti.
Maria Grazia Frisaldi
A CURA DI ANITA D’ATRI
PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA
Quando il cibo diventa un surrogato della felicità
L’alimentazione non equilibrata interviene sul peso corporeo determinandone
l’alterazione, in eccesso o in difetto.
Il sovrappeso e l’obesità, così come il
sottopeso e l’estrema magrezza sono sintomi che non possono essere trascurati; se presenti in età infantile, invece, potrebbe essere questo il loro destino. La scarsa
attenzione che si pone al peso corporeo dei
bambini e delle bambine viene giustificata
dal mondo degli adulti con l’errata considerazione che l’obesità sia sintomo di benessere; tanto, si pensa, il tempo e la crescita apporteranno le giuste modifiche.
Il peso corporeo alterato, invece, è un
potente segnale d’allarme già in età infantile: potrebbe significare malessere fisico e
disagio psichico. I genitori hanno il compito di prestare ascolto a tutti i messaggi verbali e non verbali che provengono dai loro
figli. L’obesità infantile sottende sicuramente uno scorretto rapporto con il cibo.
Ha origini multifattoriali; uno screening
medico, a cui sottoporre non solo il bambino portatore di obesità ma tutto il nucleo familiare, può dare una prima risposta. A seguire, al fine di ottenere una diagnosi
esaustiva, si può richiedere una consulenza
psicologica.
La componente psicogena potrebbe risalire all’età neonatale.
La madre tende a relazionare il pianto
del neonato a poche esigenze, tra cui la richiesta di cibo. Invece, il pianto è uno strumento di comunicazione che il neonato ha
imparato ad usare dopo aver appreso che
ad esso corrisponde l’intervento quasi immediato di una figura accudente, di solito
la mamma. Non sempre, quindi, il neonato
piange perché ha fame; la mamma, purtroppo, spesso risponde a questo richiamo
solo con il cibo, nello specifico l’allattamento; il pianto si placa, ma più perché c’è
stato l’intervento di una figura di accudimento, che non perché ci sia un vero, impellente bisogno di mangiare.
Questo meccanismo di pianto/richiesta
e cibo/risposta può reiterarsi anche nella
prima infanzia: il bambino e la bambina
usano il canale del cibo per attrarre l’attenzione della mamma; di contro, la mamma
ritiene che, soddisfacendo al massimo il bi-
sogno del bambino e della bambina con
l’apporto di cibo, sia riuscita a colmare le attenzioni richieste.
Più cibo = più mamma.
Ma il cibo, da solo, non basta. L’essere
umano, in tutte le sue età, necessita di carezze, intese come cure affettive.
La sostituzione della carezza può essere il cibo; più si mangia, più si attenua la
mancanza di un caldo, protettivo abbraccio.
Il modello genitoriale , altresì, è fonte di
imitazione da parte del bambino; per cui,
se i genitori hanno un rapporto alterato con
il cibo, è quasi scontato che ne assumeranno i medesimi comportamenti.
I bambini obesi potrebbero sviluppare
una tendenza caratteriale alla passività;
ogni stimolo insorgente, quale la voglia di
dedicarsi ad una attività extrascolastica, se
non adeguatamente supportata dai genitori, potrebbe trovare come risposta un surrogato di felicità presente in tutte le dispense
delle nostre case: dolci e patatine fritte.
Il cibo, quindi, nelle sue varie forme, diventa compensazione di una frustrazione;
reale ed istantaneo riempitore di ogni vuoto.
Il bambino e la bambina obesa potrebbero incontrare difficoltà nei rapporti interpersonali: nel contesto scolastico, essere oggetto di discriminazione o di atti di bullismo.
L’età adolescenziale non sarà risolutiva delle problematiche dell’obesità infantile, se
non si interviene sui condizionamenti presenti nell’intero nucleo familiare. I genitori
devono acquisire la consapevolezza che
l’obesità deifigli è anche un loro problema.
Non porvi rimedio, rasenta la trascuratezza; il ripristino dell’equilibrio alimentare è indice del riassesto di dinamiche familiari
scompensate. Il problema obesità infantile,
dunque, ha la possibilità di essere arginato, se si verificano alcuni presupposti.
• la famiglia deve essere consapevole
dell’esistenza del problema; il sostegno medico - psicologico deve occuparsi dell’intero nucleo familiare e non solo del portatore
di obesità;
• le agenzie educative devono integrare i loro programmi, riservando spazio all’insegnamento della corretta alimentazione;
• i media, principalmente la televisione, devono ridurre i programmi di cucina e
la pubblicità di cibo, a favore, magari, di
programmi culturali ed educativi, il cosiddetto cibo per la mente.
L’obesità infantile, in conclusione, riguarda tutta la società; ne danneggia buona parte della popolazione infantile globale, causando serie patologie se non
adeguatamente contrastata. Per farlo, una ricetta semplice: 500 gr. di cura, 500 gr. di
amore, 500 gr. fantasia, amalgamare il tutto senza fretta e servire.
8
settembre
duemiladodici
società&cultura
Stage e tirocini con il Fondo Sociale Europeo
Con l’Europa si investe sul futuro
Tre classi dell’istituto Poerio trascorreranno gratuitamente un mese all’estero
“Con l’Europa investiamo nel
vostro futuro”, recita così lo slogan
dei nuovi progetti di formazione
linguistica dell’istituto Carolina
Poerio di Foggia, cofinanziati con
il Fondo Sociale Europeo e i cui destinatari sono gli studenti: tre gruppi di venti alunni sono partiti gratuitamente per un mese alla volta
dell’Inghilterra, della Germania e
della Francia. È dall’anno 2000 che
la scuola magistrale di Foggia si at-
tiva per l’organizzazione di viaggi
all’estero: in questo modo gli studenti dell’indirizzo linguistico - in
cui si studiano inglese, francese e
tedesco – ma anche gli altri, possono verificare su campo le proprie
competenze linguistiche acquisite.
Tuttavia, questo è possibile anche
«grazie alla passione, alla volontà
e all’appoggio della dirigenza nelle idee, che rende così la scuola dinamica e al passo con i tempi» spie-
ga la professoressa e ricercatrice di
progetti a livello europeo, nonché
una delle referenti per il coordinamento dei progetti PON e POF, Rita Cavallo – e con l’utilizzo dei fondi
dedicati
alle
Regioni
dell’obiettivo convergenza la scuola può espletare uno dei suoi compiti come quello di offrire viaggi all’estero ed esperienze simili».
Il primo gruppo ha già trascorso la propria permanenza presso la
località tedesca di Heidelberg. Il 3
settembre invece sono partiti i due
restanti gruppi per la capitale della Francia e per New Castle, in
Gran Bretagna.
Il rientro è previsto dopo un mese: il tempo giusto per permettere
ai partecipanti di ambientarsi e vivere un periodo di tirocinio o stage
nella lingua prescelta. È pur sempre un periodo piuttosto lungo che
«lascia ancora un po’ di paura nei
genitori, anche se il progetto è stato accolto molto favorevolmente. Si
tratta infatti di esperienze utili da
un punto di visita culturale e che a
distanza di tempo lasciano sempre
qualcosa» continua la professoressa Cavallo. «Molti studenti restano
impressionati dalla diversità delle
abitudini dei loro coetanei europei:
non è possibile perpetrare le abitudini del Sud in Paesi dove dopo le
FOGGIA, UN NOME, UNA STRADA...
Chi era Vincenzo Acquaviva
Via Vincenzo Acquaviva è facilmente
individuabile nell’ambiente urbano di Foggia; la strada intitolata al noto pittore
storico e ritrattista
(Foggia 1832- Napoli
1902), all’indomani
della sua morte, rimane nel quartiere Rione
dei Preti. Inizia in via
Vittime civili e termina in via Carlo Baffi.
Vincenzo Acquaviva all’età di sette anni studia pittura
nella città natale con Domenico Caldara; dal 1848 con Saverio Altamura, presso l’Istituto di Belle Arti di Napoli, ove
frequenta l’ambiente culturale e artistico
cittadino. Dopo la prima maniera giovanile in cui segue il suo Maestro, si orienta verso il colorismo di Domenico Morelli e il verismo di Filippo Palizzi, artista che
sostituisce al purismo accademico la
“macchia” pittorica.
In virtù dei progressi artistici consegue nel 1848 il premio del colorito. Rielabora nel 1850 una copia dell’Abele di
Domenico Caldara e ottiene una pensione dal Comune fino al 1856, anno in cui
dipinge l’Illuminato, tela conservata
presso l’Amministrazione Provinciale di
Foggia. Pittore di genere, ritrattista, narratore storico letterario con il suo assiduo
e favorevole impegno nell’arte raggiunge un’agiata posizione finanziaria. Vive
a Napoli in un sontuoso palazzo sulla
bella via Partenope, ma continua la sua
attività, sempre interessato agli avvenimenti legati al mondo dell’arte. Partecipa alla Promotrice fiorentina del 1864
con il dipinto “Preghiera” e nel 1877 all’Esposizione di Napoli con tre ritratti e
una tela dal titolo “Vagliami il lungo studio e il grande amor . . .” (Dante – Inferno). Nello stesso anno il suo dipinto “Il
carattere delle donne italiane” è premiato con medaglia d’oro all’Esposizione di Utrecht. Nel 1901 prende parte all’Esposizione romana “In Arte Libertas”
con l’opera “Lo sposalizio di Salvator
Rosa prima di morire”.
Lascia un’ampia e varia produzione
pittorica, comprensiva di alcuni ritratti
riuscitissimi per valore espressivo, tra
questi: il Cardinale vicario La Valletta, il
Conte Michele Pironti e quelli della Signora Correnti e della Signora Tonti.
Prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere
18 i negozi chiudono, non ci si assembra a bivaccare per strada e c’è
un ferro controllo della polizia».
Nello specifico, dal punto di vista
formativo, sono previste delle ore
di studio presso una scuola accreditata, poi si interrompe l’attività
didattica per dedicarsi ad uno stage
lavorativo presso strutture come il
Museo di Picasso in Francia, una
grande catena di profumeria in
Germania, oppure la Camera di
Commercio inglese e così via.
Si tratta di un’esperienza che
permette anche di rivalutare le
classi di un unico sesso e la figura
dell’insegnante: in questi tre Paesi
europei c’è un grande senso di civiltà e del dovere e i docenti sono
piuttosto intransigenti.
Tutte situazioni che dovrebbe-
ro servire da esempio e confronto
per i nostri studenti. Ad ogni modo
il Poerio offre anche altre modalità
per entrare in contatto diretto con
l’Europa: il progetto M.I.A. (Mobilità Individuale degli Alunni Comensius) permette agli alunni delle scuole secondarie di secondo
grado di trascorrere un periodo dai
3 ai 10 mesi presso una scuola e una
famiglia all’estero, frequentando il
quadrimestre scolastico nel Paese
prescelto.
Il Comensius inoltre ha come finalità primaria quella di fornire allo studente delle competenze atte
ad orientarlo sul territorio europeo,
con l’obiettivo di ottenere opportunità di lavoro.
E ancora l’ESABAC: al Poerio
è possibile diplomarsi due volte con
tale progetto che permette agli allievi di acquisire la lingua e la cultura del Paese partner e di ottenere
simultaneamente l’Esame di Stato
italiano e il Baccalauréat francese.
Da questo punto di vista, l’istituto
offre un ventaglio di esperienze
dall’importante spessore culturale
ed educativo, con cui abbattere i
pregiudizi e aprirsi ad un clima interculturale come la scuola stessa
già fa, accogliendo tra i suoi studenti 37 stranieri.
Dalila Campanile
L’ANGOLO DELLA CULTURA
a cura della prof.ssa
Raffaella Scolozzi
Settembre foggiano
I recenti esami di stato hanno riproposto,
con una traccia nuova ed intrigante, all’attenzione di studenti ed adulti il mito del labirinto,
uno dei simboli più suggestivi ed antichi che ha
provocato que- stioni ed interpretazioni diverse, da parte degli studiosi. Senza pretendere di
essere esaustiva, ne ripercorro sinteticamente gli
aspetti storici, artistici e letterari. L’origine del termine è ancora piuttosto oscura. L’ipotesi più accreditata è che la parola derivi dall’unione di labrys (ossia ascia bipenne) con la desinenza
inthos (casa), quindi casa dell’ascia bipenne, riferita al Palazzo di Cnosso a Creta che reca molte decorazioni con questo strumento usato nei riti sacrificali. Infatti il mito è collegato proprio al
re cretese Minosse, il quale ordinò a Dedalo, padre degli architetti, di costruire un palazzo con
molti corridoi in cui, una volta entrati, fosse impossibile uscire, per nascondervi il figlio mostruoso Minotauro, che aveva il corpo di uomo
e la testa taurina perché nato dall’orribile unione della moglie Pasifae con un toro. Quindi il
termine indica un intrico inestricabile e confuso di vie nel quale il viaggiatore si perde, oltre che
metaforicamente, come una situazione difficile
dalla quale è quasi impossibile uscire. L’Europa
l’ha esportato in tutto il mondo, e non solo nei
giardini (celebre quello di Versailles) o nei palazzi, ma anche all’ingresso e all’interno di numerose chiese. I lettori di Umberto Eco ricorderanno quello descritto nel romanzo Il nome della
rosa, che era poi la biblioteca dell’abbazia: una
fuga di stanze, una dietro l’altra, prive di finestre
ma con diverse porte, che finivano però tutte
davanti ad una parete nuda. Costruita in tal modo per impedire ai monaci di entrarvi; solo pochissimi - che ne conoscevano il segreto – erano
in grado di accedervi. All’interno erano custoditi
libri misteriosi la cui lettura doveva essere proibita, libri che con le loro idee avrebbero potuto
cambiare la mente e la struttura della società e
dell’abbazia.
Famoso è ancora quello nell’Orlando furioso, che però è un labirinto felice, come una selva, o il brano da L’Immortale di Borges, che
amava molto questa costruzione: “frutto di una
mente intelligente (l’architetto) per confondere
un’altra mente (quella di chi si vi avventura). E’
il luogo creato dalla ragione per annientare e
mettere in scacco sé stessa”.
Ma perché l’immagine del labirinto ha affascinato tanti architetti, scrittori ed artisti? La
paura di imboccare una strada sbagliata e di
perdersi è costante nella vita dell’uomo. Queste caratteristiche di fatica, di tipo fisico e psichico che comporta l’aggirarsi in un simile percorso, il non sapere mai che cosa ci nasconde il
prossimo angolo, il credere di avvicinarsi alla
meta per poi esserne allontanati di nuovo fanno
del labirinto, a mio avviso, un simbolo di quel
rito di passaggio che gli antropologi chiamano
iniziazione, che segna il trapasso da una forma
di esistenza ad un’altra. Dunque il labirinto indica morte e rinascita: la morte della precedente esistenza inferiore e la nascita di una nuova
condizione di vita.
Non si può concludere questo certamente
incompleto exursus, senza parlare del film Shining del regista Stanley Kubrick. L’immagine
del labirinto di siepi dell’albergo, la stessa struttura interna dell’edificio che richiama l’idea del
labirinto alludono alle tortuosità dell’inconscio
e rimandano al labirinto mentale nel quale si
perde il protagonista. Freud insegna.
settembre
duemiladodici
iniziative
9
Corsi di lingua straniera, riconosciuti e certificati, per adulti e bambini
Il CDS - centro studi linguistici apre le porte del mondo
Inglese, francese, tedesco o spagnolo. Quale fa per te?
Una equipe di professionisti per soddisfare qualunque esigenza
Che sia inglese, tedesco o spagnolo, la conoscenza di una lingua straniera deve essere, per tutti, una capacità acquisita, di default.
“Come una seconda lingua madre”, puntualizza dal centro studi linguistici CDS di
Foggia la docente Grazia Balzano che gestisce la struttura di via di Salsola 85, al Villaggio Artigiani, con Anna Quadrucci e
Stefano Chiericozzi. Non più una abilità secondaria, quindi, ma un requisito indispensabile per essere competitivi e vincenti nel
mondo - sempre più globalizzato - del lavoro. Approcciarsi ad una lingua straniera, potenziare capacità pregresse o certificare le abilità acquisite sono solo alcune delle possibilità offerte dal CDS, Trinity examination center, attivo a Foggia da un anno, una
realtà giovane e dinamica che si avvale di un team di professionisti del
settore in grado di pianificare e modulare con i vari interlocutori percorsi
studiati su misura per conseguire gli
obiettivi prefissati.
A chi si rivolgono i corsi di lingua CDS?
I nostri corsi si rivolgono a tutti,
indistintamente. La nostra vasta offerta formativa, infatti, permette di
accogliere corsisti di tutte le età – dai
3 ai 99 anni – e soddisfarne tutte le
richieste: dall’alfabetizzazione di
base allo studio delle lingue “tecniche” (giuridiche, economiche, scientifiche), dall’aggiornamento professionale per lavoratori e dirigenti aziendali al dopo-scuola. Organizziamo corsi di inglese, francese, tedesco e spagnolo, ma su richiesta possiamo attivare anche classi per lo studio delle lingue orientali. Inoltre, tutti i corsi CDS permettono di accedere agli esami per il rilascio di certificazioni
riconosciute a livello internazionale.
Quali sono i corsi pensati per i più piccoli?
Per i più piccoli, ad ottobre, partiranno tre
corsi differenti per didattica, obiettivi e finalità. Il corso “Baby approach” è dedicato ai
bambini in età pre-scolare (3-5 anni): in que-
sto caso, tutte le informazioni sono veicolate
attraverso il canale del “gioco” affinché i piccoli corsisti possano acquisire familiarità con
la lingua straniera in modo piacevole e naturale; “Initial steps”, invece, si rivolge ai
bambini della scuola primaria e si pone
come un potenziamento dell’attività scolastica;
“English for teenagers”, infine, è pensato per
gli adolescenti della scuola secondaria di primo grado. In tutti i casi verranno utilizzati moderni strumenti tecnologici a servizio della didattica come il laboratorio informatico e la lavagna interattiva multimediale.
Quali sono, invece, i servizi dedicati ad
adulti e ai lavoratori?
Accanto ai normali corsi di lingua straniera, abbiamo attivato alcuni corsi di
lingue tecniche, dedicate ad alcune
categorie di lavoratori. Nello specifico, abbiamo avviato, come unica realtà in Puglia, un corso certificato di
Legal English, il Toles (Test of Legal
English Skills) pensato per gli avvocati. Inoltre, abbiamo la possibilità di
organizzare corsi di aggiornamento
professionale, anche fuori sede.
Come sono organizzate le lezioni?
Il grande vantaggio offerto dal
CDS è quello di poter offrire la massima flessibilità, sia per quanto ri-
Grazia Balzano
guarda l’organizzazione delle lezioni, sia
per quanto riguarda esigenze ed obiettivi specifici. In base alle richieste dei nostri corsisti,
infatti, offriamo corsi one-to-one o in mini-classi per 12 utenti, per un incontro settimanale
di due ore.
Parallelamente ai corsi di lingua, quali
altri servizi offre il CDS?
Offriamo servizi di traduzione ed interpretariato. Inoltre, partiranno a breve anche
i corsi per la certificazione informatica Eipass
- European Informatics Passport e per la
certificazione di lingua italiana per stranieri.
10
settembre
duemiladodici
test
Come
stai
Test
nel tuo corpo?
Corpi perfetti e corpi meno perfetti. C’è chi convive benissimo con la propria
silhouette, e chi, invece, si crea problemi anche per il minimo difetto. E tu, come
stai nel tuo corpo? Hai un rapporto equilibrato o conflittuale? Per verificare in
che misura ti piaci oppure no, rispondi alle domande del test.
1
Se il tuo corpo fosse un albero,
la sua felicità dipenderebbe soprattutto…
A - Dai giorni di pioggia e da quelli di sole
B - Dal benessere e dalla profondità delle radici
C - Da una chioma grande e rassicurante
D - Dai frutti e dai fiori che dà
•••
Ti presentano una donna veramente bella. La tua prima reazione è…
A - Soltanto ammirazione
B - Cercarle qualche difetto perché
nessuna è perfetta!
C - Guardarla e pensare ai tuoi difetti
D - Sentirti un po’ inferiore a lei
•••
Il tuo rapporto nei confronti del
cibo è…
A - Sei ormai abituata alle rinunce:
curi te stessa e sai controllarti
molto
B - Conflittuale e vai a momenti: la
2
3
buona tavola ti piace, ma pensi
alla salute e temi di ingrassare
C - Di resa: sai ciò che dovresti evitare ma non ce la fai mai
D - Di amore: ti senti libera di mangiare ciò che vuoi
•••
Quando accusi un piccolo disturbo…
A - Di solito lo ignori
B - Te la prendi con te stessa, perché
ne hai sempre una!
C - Ti preoccupi troppo
D - Cerchi di capire quale messaggio il tuo corpo ti sta mandando
•••
E’ più vero che vivi la tua sessualità come…
A - Un bosco piuttosto intricato in
cui potresti smarrirti
B - Un quadro affascinante, ma non
perfetto e incompleto
C - Un’isola rigogliosa, magica e
segreta che tu conosci bene
D - Un bel giardino che attende chi
sappia aprirne il cancello
4
5
6
Credi che la sensualità del tuo
corpo sia…
A - Diffusa ovunque in te
B - Ci sarà ma tu non la vedi
C - Localizzata in parti ben precise
che ti piacciono di più
D - Un po’ mascherata ma qualcuno se ne accorgerà
•••
Quando ti vesti e ti trucchi prima
di uscire di casa, pensi di essere
“presentabile” soprattutto nei confronti…
A - Sugli uomini: ti piace suscitare
una certa ammirazione
B - Di te stessa: non pensi mai agli
sguardi altrui
C - Del giudizio comune: cerchi di
non sfigurare
D - Delle altre donne, che non mancano di valutarti dalla testa ai
piedi!
•••
Quando pensi alla bellezza, la
vedi soprattutto come…
A - Un traguardo che si deve raggiungere e mantenere
7
8
B - Riflesso di uno stato di salute
C - Un fascino che viene anche da
un’armonia interiore e che si riflette fuori
D - Una dote naturale: o c’è o non
c’è
•••
Il tuo specchio
risulta essere…
A - Non sempre amico: a volte vorresti evitarlo
B - Quello delle tue brame: fai del
tuo meglio per essere la più bella del reame!
C - L’occhio critico del mondo: ti
guardi come ti vedono gli altri
D - Sorridente perché allo specchio
ti sorridi spesso
•••
Vivi i tuoi capelli e la tua acconciatura come…
A - Una parte di te che curi moltissimo
B - La tua femminilità e vitalità
C - Lo specchio del tuo umore
D - Un cruccio: quasi mai sono come vorresti
9
10
settembre
duemiladodici
test
MAGGIORANZA DI
■
SIETE IN ARMONIA PERFETTA
Mostri sicurezza nei confronti del corpo. Forse fisicamente ti piaci molto o forse,
semplicemente, ti senti bella dentro e così
ti piaci anche per come sei fatta “fuori”. Come tutte le donne, puoi anche mostrarti critica nei confronti di certi eventuali difetti
MAGGIORANZA DI
✱
LO ABITI, MA NON TI SODDISFA
TABELLA RISULTATI
A ogni risposta è abbinato un simbolo,
controlla quale maggioranza hai ottenuto e leggi il profilo corrispondente.
QUESITI
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
A
✿
■
●
●
✱
■
✿
●
✱
●
B
■
●
✿
✱
●
✱
■
✿
●
■
MAGGIORANZA DI
C
✱
✿
✱
✿
■
●
✱
■
✿
✿
D
●
✱
■
■
✿
✿
●
✱
■
✱
✿
LO VIVI CON TENSIONE
Pare che tu non stia molto bene nel tuo
corpo e che lo viva con tensione per due motivi. Il primo è che sembra non soddisfarti pienamente, perché non lo vedi del tutto adeguato a quello che sono gli attuali canoni
Sembri spesso estranea al tuo corpo: lo
abiti, ma non ti soddisfa. Infatti assumi spesso una posizione rinunciataria riguardo alla
fisicità perché sembri non piacerti o comunque sentirti piuttosto lontana dai tuoi
desideri. Percepisci il contrasto tra te e le richieste sociali che ti vorrebbero differente
dall’immagine che hai di te stessa. La socie-
MAGGIORANZA DI
●
TRA DI VOI C’E’ COMPETIZIONE
Credi che assomigliare ai canoni estetici femminili imposti dalla società sia diventata per le donne una priorità. Consideri,
dunque, il corpo come un’arma di seduzione,
uno strumento di potere. Quindi la tua autostima come persona dipende in gran parte
anche da quanto tu riesci a mantenere il tuo
corpo attraente e in forma. Forse non sarai
estetici. Forse perché sei una perfezionista e
qualche difettuccio ti pare più evidente e importante di quello che è. Il secondo motivo,
per cui non vivi in perfetta armonia con la corporeità, è che percepisci il tuo corpo come un
“luogo” dove possono nascondersi insidie:
guai fisici, disturbi e malesseri. Sembri, infatti, molto attenta a prevenire possibili malanni
e pronta a metterti in apprensione appena si
11
estetici, ma questo non lede la buona armonia tra mente e corpo che hai raggiunto.
Perchè sei così: il tuo piacerti è il dono di
una salda autostima. Più si è stati amati e valorizzati da bambini, anche se sono importanti le esperienze successive all’infanzia,
e maggiore sarà l’autostima da adulti. Ebbene tu possiedi la forza della stima di te e anche il merito di aver trovato una buona armonia con la tua fisicità: il corpo è il tuo
miglior alleato.
I rischi che corri: se ti amassi troppo narcisisticamente, convinta di essere superiore
a ogni giudizio, potresti perdere di vista la realtà e i bisogni altrui.
Il consiglio: continua a piacerti senza
lasciarti condizionare da niente e da nessuno, perché è bello che ti piaccia come sei,
ma ricordati di coltivare sempre la femminilità e la tua carica seduttiva.
tà. Infatti, ti vuole bella, ben truccata, trendy, sana, sportiva, magra, dinamica e scattante: ma forse tu senti di non poter assecondare tali aspettative perché ti senti
diversa dai modelli proposti.
Perchè sei così: il non piacerti credi dipenda dal tuo aspetto, ma in realtà, come sempre, potrebbe avere radici più profonde e riguardare la tua autostima, i sentimenti che
nutri verso te stessa, la tua capacità di sostenerti con fiducia o, al contrario, di criticarti.
I rischi che corri: Il pericolo più evidente, per te, è quello di lasciarti andare fisicamente e purtroppo anche psicologicamente e di alzare bandiera bianca.
Il consiglio: ama il tuo corpo e non diventargli nemica: per valorizzarlo devi volergli bene. Sottolinea le tue particolarità e lascia che emerga la tua essenza di donna:
perché ogni femminilità può piacere, se autentica e sentita, anche quando non rispecchia i canoni di moda.
una fanatica della dieta, ma a tavola sei comunque sempre attenta e non ti lasci andare. In questo modo, però, finisci spesso per
trovarti in cometizione con le altre, dato che
è difficile emergere in un mondo dove quasi tutte ormai sono belle ed eleganti.
Perchè sei così: Vivi te stessa a un livello un po’ troppo superficiale e legato alle apparenze: molto dipende dal fatto che sei entrata in un ingranaggio sociale che ha quasi
espropriato il tuo corpo. Infatti, talvolta, non
sembra veramente più “tuo”, ma obbligato
a rispecchiare determinati canoni estetici
per salvaguardare la tua dignità, femminilità e autostima.
I rischi che corri: potresti perdere di vista la tua essenza autentica, i tuoi bisogni, e
te stessa.
Il consiglio: non centrare ogni tuo pensiero su te stessa, sui difetti del tuo corpo. Ci
sono aspetti profondi e interessanti della tua
personalità, che attendono di emergere, che
potrebbero renderti più bella e attraente di
qualsiasi dieta o attività fisica in palestra.
manifesta qualche sintomo anche se lieve.
Perchè sei così: sei un po’ tesa perché non
sfuggi alla pressione sociale che riguarda quello che fisicamente “dovresti” essere: quindi
temi di non piacere abbastanza e osservi, con
un pizzico di invidia, quelle donne che invece corrispondono in pieno ai canoni estetici
I rischi che corri: corri il pericolo di dipendere troppo dal giudizio altrui, di guar-
darti sempre con occhi critici e di non essere
quasi mai alleata di te stessa.
Il consiglio: pensa al tuo corpo come a un
grande amico che intende preservarti. Ascolta i suoi messaggi, non stressarti e vivi con
maggior spontaneità! Se poi sei troppo critica
nel cercarti difetti fisici, guardati allo specchio
con gli occhi di un uomo: di sicuro c’è qualcosa in te che piace e attrae l’universo maschile.
12
settembre
duemiladodici
wedding planner
Attenzione a clima, qualità dei servizi offerti e budget
Il viaggio di nozze perfetto
I consigli di Maddalena Colamussi della BV Viaggi
Quando si parla di matrimonio,
inevitabilmente si parla anche di viaggio di nozze, una conclusione perfetta per un giorno indimenticabile.
Ma come si sceglie il viaggio di
nozze? Questa è la domanda che più
spesso mi viene posta durante il primo colloquio con i miei sposi. La prima risposta che do è che non esiste
un viaggio ideale, bensì ci sono da
considerare una serie di aspetti che
contraddistingue ogni coppia.
Per rispondere accuratamente
a questa domanda, ho voluto incontrare una professionista nel settore, Maddalena Colamussi, titolare, insieme a Debora e Gianluca,
della BV Viaggi ,agenzia di Foggia
nata nel 2003.
Innanzitutto resto piacevolmente colpita dall’accoglienza ricevuta, dalla disponibilità, cortesia
e sorriso, e dall’ambiente informale
e familiare, che mi mette subito a
mio agio.
Che amino il lavoro che fanno è
evidente, e dal modo in cui mi rispondono si percepisce subito la loro voglia di realizzare i sogni dei futuri sposi.
Chiedo subito qualche consiglio a Maddalena che invita innanzitutto a valutare bene tutte le esigenze prima di scegliere, perchè il
viaggio di nozze è una esperienza
che non si ripete.
Magari da evitare, almeno per la
luna di miele, è la crociera, una tipologia di viaggio che regala tanta
comodità ma non permette di conoscere tutte le destinazioni promesse.
Esistono comunque delle piccole regole da seguire per individuare le 2/3 mete idonee (mai di
più, altrimenti la confusione permane e scegliere diventa ancora più
difficile).
Bisogna capire cosa si cerca dal
viaggio di nozze: riposo e relax, avventura, visite ed escursioni, cultura e interazione.
Il tutto va ovviamente mediato
tra le risposte dei due sposini, in
quanto la tanto attesa luna di miele
deve rispecchiare le esigenze di entrambi.
Compatibilmente con le varie
inclinazioni, un aspetto da non sottovalutare è il clima: pur non possedendo la sfera di cristallo e non potendo intervenire sulle condizioni
atmosferiche, esistono delle regole
di massima da seguire a seconda
del mese di viaggio, evitando le mete cosiddette a rischio e garantire la
migliore scelta possibile per il periodo delle nozze.
Spesso è meglio non farsi attirare quindi dalle tariffe più basse se
prima non si capisce il perché lo siano proprio in quella stagione! Due
esempi da evitare sono le Maldive a
giugno e il Messico a settembre,
mete proposte a prezzi da vero regalo...
C è poi da valutare in base alla
meta anche la qualità dei servizi:
spesso il desiderio di raggiungere
mete dall altra parte del mondo non
sempre si coniuga con la ricerca di
servizi, comodità e, perchè no, di
qualche lusso, da regalarsi almeno
per il viaggio di nozze!
Senza dimenticare la ricerca di
privacy o al contrario di mille divertimenti, ovviamente!
E infine il budget. Anche in
questo caso esistono modi per regalarsi un viaggio di nozze ideale. La
tempistica è fondamentale: prima ci
si muove, maggiori possibilità di risparmio si hanno, non solo per i voli aerei, ma anche per trovare posto in quelle strutture ricettive più
piccole ed esclusive!
Si può anche valutare l’alternativa di fare del viaggio
la lista nozze!
Credo che Maddalena non potesse essere più chiara ed
esaustiva, quindi
sposini, so che organizzare un matrimonio porta
via tanto tempo,
soprattutto se
non avete una
wedding planner
che vi aiuti, ma tra
le prime cose da fare, non trascurate di
affidarvi per il vostro
viaggio di nozze ad
una professionista come Maddalena, con
cui costruire un viaggio
insieme, ottimizzando
ogni elemento e soprattutto mettendosi al riparo da cattive sorprese.
Non mi resta che
augurarvi una Buona
luna di miele!
DI CRISTINA CUCCI
WEDDING PLANNER
Per i vostri quesiti:
[email protected]
Tel. 0881.563324
settembre
duemiladodici
fashion
13
Lo staff di NUOVA IMMAGINE consolida la storica collaborazione con il concorso
A Miss Italia vince la bellezza del Sud
È la fascia dei sogni. Quella che
ogni ragazza vorrebbe per sè. Perché programmi televisivi come
“Veline” ti offrono pure una chance, ma la proclamazione a Miss Italia, quella è tutt’altra cosa.
Selezioni su selezioni, sfilate in
costume nero, svolazzanti e fluenti
abiti da sera, attese e speranze legate a quel numero stampato su una
targhetta appuntata proprio lì, all’altezza del cuore. I sospiri ad ogni
eliminazione e la preghiera ad ogni
traguardo conquistato con lo sguardo rivolto verso il cielo: “Fa’ che sia
io”. Poi la vittoria. E il sogno diventa realtà. Flash, interviste e quella
corona, che per un anno intero ricorderà a tutti chi è la più bella.
Nel 2012 è lei, Giusy Buscemi,
la prescelta dagli italiani. Boccoli
biondi e occhioni verdi che le hanno fatto conquistare anche la fascia
‘Gli occhi di Enzo’, titolo ideato da
Patrizia Mirigliani in ricordo di suo
padre, scomparso lo scorso anno.
Bellezza, stile, eleganza in 175
centimetri d’altezza, è la nona Miss
Italia proveniente dalla Sicilia. Le
ultime sono state: Anna Valle nel
1995, Francesca Chillemi nel 2003
e Miriam Leone nel 2008. A conferma del fatto che le donne del Sud
hanno una marcia in più: ambiziose e sicure del fatto proprio, oltre
che, naturalmente, dotate di una
bellezza raffinata e mai comune.
Quella di Miss Italia è una ve-
Emozioni, successi e paure: i segreti del dietro le quinte
trina importante e prestigiosa ma
altrettanto dura: che il mondo dello spettacolo non sia però tutto rose
e fiori le concorrenti lo hanno sperimentato durante le fasi di selezione, segnate dai ritmi duri imposti dalla manifestazione. Una prova
che le 101aspiranti miss non hanno affrontato da sole. Accanto a loro la famiglia naturalmente, e un
team di esperti provenienti da tutta Italia. Truccatori e hairstylist che,
pur rispettando le caratteristiche
particolari di ogni ragazza, grazie
all’esperienza di anni nel settore,
hanno valorizzato i punti di forza di
ogni candidata. Tra loro è ormai
una certezza rassicurante la presenza dello staff dell’ ArtHair Studios Nuova Immagine di Foggia
diretto da Savia Cardone e Anna
Contestabile, parrucchiere ufficiali di Miss Italia da oltre quindici anni. Ancora euforiche per l’esperienza appena conclusa, le
professioniste del settore svelano i
segreti del dietro le quinte della
manifestazione. “Io e Savia – rac-
conta Anna – siamo arrivate a Montecatini Terme in occasione delle
serate finali. Nelle tre settimane
precedenti, la nostra Marianna Garofalo ha lavorato per noi dietro le
quinte, occupandosi di tutta la fase
di preparazione alla finalissima”.
Una fase delicatissima, come conferma Savia: “C’è tutta una preparazione di cui ci si occupa in questa
prima selezione che ha visto le ragazze diminuire da 200 a 101. Si ritoccano imperfezioni del colore,
si sistemano ricrescite, colpi di sole. Sempre però nel massimo rispetto del loro look naturale. Tre
settimane in tutto quindi, in cui, tra
concorrenti e parrucchieri, si crea
un rapporto di grande fiducia e
confidenza, lo stesso che si instaura anche nei nostri saloni quotidianamente”. Nei giorni delle di-
rette e in quello immediatamente
precedente, inoltre, il parrucchiere ha il compito di pettinare le candidate per la registrazione di stacchetti e messaggi promozionali.
“Le ragazze sono sempre più belle – conclude Anna – per cui anche
il nostro compito di hairstylist di-
venta impegnativo perché siamo
chiamati a mettere in gioco tutta la
nostra creatività e professionalità
per renderle davvero irresistibili”.
Ritornando a Giusy Buscemi…
l’avevamo lasciata a fantasticare
sul suo futuro da attrice. Eppure,
nonostante la giovane età e il traguardo appena conquistato, rimane una ragazza con i piedi per terra. Se la carriera sotto i riflettori non
dovesse decollare ha già pronta
un’alternativa. Quale? Quella di
medico.
14
settembre
duemiladodici
cucina
Com’è dolce il
BUONUMORE
Quando ci si sente giù
cresce il desiderio di cibi
dolci, perchè gli zuccheri
contenuti innescano
meccanismi ormonali che
alzano il morale.
Meglio, però, orientarsi
verso alimenti più sani
C’è chi di fronte ai cibi dolci non resiste.
Per un babà, una crostata o una meringa sarebbe disposto a tutto, compreso sacrificare
sull’altare della gola la forma, salvo poi pentirsi e, per rimediare al danno fatto e recuperare il peso perduto, imporsi diete tanto drastiche quanto improbabili. Ma si tratta, nella
maggior parte dei casi, di regimi alimentari
che soffrono spesso di numerose trasgressioni e che, non a caso, sono quasi sempre ricche di zuccheri. Si tratta soltanto di golosi da
relegare nell’inferno dantesco?
GLI ZUCCHERI TIRANO SU
Secondo alcuni studiosi americani, no.
Molto più probabilmente, infatti, si tratterebbe di potenziali depressi che, avvertendo l’iniziale calo del tono dell’umore, ricorrerebbero
inconsciamente a un maggiore apporto di zuccheri come a una medicina per aumentare il livello celebrale di serotonina, l’ormone del
buonumore. Nell’assorbimento di carboidrati e proteine esisterebbe, infatti, una relazione di “regolazione inversa”: mentre il consumo di proteine determinerebbe una maggiore
disponibilità di zuccheri a livello celebrale e,
quindi, un’esaltazione dell’attenzione e delle
performance mentali, l’assunzione di carboidrati determinerebbe un aumento di triptofano, un aminoacido da cui deriva la serotonina.
E con l’aumento della serotonina, aumenta lo
stato di tranquillità e buonumore.
IDEALI QUELLI DI FRUTTA,
CEREALI E LEGUMI
A questo punto, si potrebbe
pensare che cannoli, bignè,
ciambelle, cioccolatini e altri
snack dolci siano la cura perfetta della malinconie autunnali o, comunque, per quando
ci si sente un po’ tristi, ma non
è così. E’ più probabile, infatti,
che un’eccessiva assunzione di
queste sostanze induca sonno-
lenza e peggiori gli sbalzi d’umore. L’ideale,
invece, è ricorrere a carboidrati di qualità, come, per esempio, gli zuccheri semplici derivati dalla frutta fresca, dalla frutta secca e dal
miele e, soprattutto, i carboidrati, detti complessi, presenti nei cereali, nei tuberi e nei legumi. In particolare, di grande aiuto per quanto riguarda gli zuccheri semplici possono
essere le banane, gli ananas, le prugne e le
arance che, oltre ad apportare zuccheri semplici, sono molto ricchi anche di triptofano e
magnesio.
GLI ALTRI ALLEATI DEL BENESSERE
E’ utile ricordare, in questo senso, che anche il magnesio ha preziose qualità antistress,
rilassanti e stabilizzanti del tono dell’umore.
Molto importanti sono, inoltre, noci, nocciole
e mandorle, anacardi e arachidi, che contengono, anch’essi, buone quantità di triptofano
e magnesio. I cereali, come abbiamo visto, migliorano l’assorbimento del triptofano, tuttavia, alcuni di questi alimenti hanno una particolare azione stimolante sul tono in generale
e sull’umore in particolare. Tra tutti il riso integrale, ricco di triptofano e di enzimi ( sostanze che intervengono nelle reazioni chimiche dell’organismo) utili per prevenire non
solo la depressione ma anche l’ansia e l’insonnia, nonché quelle particolari cadute dell’umore che si verificano in fase premestruale. Non possiamo, però, scordare il miglio che,
grazie al suo notevole contenuto in lecitina,
costituisce un ottimo integratore per l’attività
celebrale, e l’orzo, che svolge un’azione stimolante del sistema neurovegetativo. Infine,
un cereale molto utile per migliorare il tono
dell’umore è l’avena, i cui effetti positivi vennero osservati inizialmente sul comportamento dei cavalli.
Non meno importante è il mais, che contiene notevoli quantità di potassio e di fosforo, sali minerali importantissimi per migliorare il tono generale. Certo il mais non è ricco
di triptofano ma, combinato con fagioli, lenticchie, ceci, in rapporto di tre parti di mais
per una parte di legumi, diventa una buona
ricetta per il buonumore.
Le Ricette
Risotto Pavese
Ingredienti
per 4 persone:
300g di riso Carnaroli, 100 g di
burro, 1,5 dl di vino rosso Barbera, 100 g di salsiccia luganega,
200 g di fagioli borlotti in conserva , 100 g di Grana Padana
grattugiato, ½ litro di brodo di
carne, 1 cipolla piccola, 1 mestolo di polpa di pomodoro, sale
Ricetta:
Tritare finemente la cipolla
e soffriggirla a fuoco medio in
una casseruola con 40 g di burro e la salsiccia, tritata e privata della pelle. Unire il riso,
farlo tostare mescolando finché i chicchi ap-
paiono traslucidi,
quindi regolare di
sale, versare il vino
rosso e lasciarlo evaporare. Aggiungere
il brodo bollente e la
polpa di pomodoro,
mescolare, quindi
portare a 18 minuti
di cottura bagnando
con il b rodo via via
che viene assorbito.
Togliere la casseruola dal fuoco, unire i fagioli ben sgocciolati dal
liquido di conservazione e mantecare il risotto con burro e grana. Servire ben caldo.
Torta di carote e nocciole
Ingredienti : 300 gr di carote, 5 tuorli, 4 cucchiai di acqua calda, 200 g di zucchero, 1
bustina di zucchero vanigliato, 5 albumi, 1
presa di sale, 250 g di nocciole macinate, 8
cucchiai di pangrattato, ½ cucchiaino di lievito in polvere, ½ cucchiaino di cannella, 1
cucchiaio di rum, buccia grattugiata di un limone.
Ricetta:
Grattugiare
finemente le carote, sbattere i
tuorli con l’acqua calda, aggiungendo lentamente
2/3
dello zucchero e
lo zucchero vanigliato, fino ad ottenere una
crema spumosa.
Montare a parte gli albumi a neve ben
soda con il sale, unendo a pioggia il rimanente zucchero.
Adagiare il meringaggio sulla crema,
sovrapporre le carote grattugiate, le nocciole, il pangrattato, il lievito in
polvere, la cannella il rum la scorza grattugiata del limone e amalgamare tutti gli ingredienti con
cautela. Ungere la tortiera di 24 cm
con il bordo sganciabile e riempirla con la pasta. Porla sul ripiano di
mezzo del forno preriscaldato a
180° e lasciare cuocere per un’ora.
Si conserva per diversi giorni.
settembre
duemiladodici
moda
15
Cardigan in cachemire, abitini
chiffon, cappelli e accessori vezzosi
L’autunno
è British
Così si crea il look dal sapore molto inglese
e bon ton per l’autunno 2012
Dopo i nomi storici e mitologici
affibbiati ai fenomeni atmosferici di
questa rovente estate 2012 non poteva mancare un’influenza analoga
per il guardaroba. Sarà un autunno
all’insegna del glamour post - vittoriano. Questo interessante diktat
modaiolo ha preso spunto dalla plu-
ripremiata serie televisiva inglese,
Downtown Abbey, ambientata nel
periodo tra l’affondamento del Titanic e la Prima Guerra Mondiale. Si
tratta del “periodo edoardiano”: caratteristiche principali delle donne
erano modi da milady austere e un
certo fascino castigato nello stile. Finalmente ora sapremo cosa fare di
tutti quei cardigan in cachemire sepolti nell’armadio: considerati fino
a poco tempo fa un indumento anti-
seduzione per eccellenza, adesso
cadranno a pennello su abiti in chiffon dalla scollatura quadrata e maniche corte fascianti o con uno spacco sulla spalla. Si gioca con
trasparenze e fantasie che si sposano con nuance molto autunnali.
Dal verde pallido, al viola, in un
abito possono
essere presenti più tessuti
come il raso e il
pizzo per creare sfumature
di colore. Una
tinta più audace può esserci
negli accessori: cinture di
vernice stringono
un
(eventuale) vitino di vespa
anche l’ausilio
di passanti. Le collane sono a girocollo vistoso o lunghe e sottili. I
guanti lunghi coprono mani e braccia dai primi freddi: sono stati l’accessorio cult dello scorso inverno e
ora si ripropongono in accostamento chic e mai fuori tempo. Mai fuori
luogo anche la presenza di svolazzanti foulard, camicette con piccole
rouches e abbottonatura con fiocco,
abiti o gonne louguette. Si tratta di
uno stile bon ton volto più all’esaltazione di una femminilità eterea
che materiale. Si ripristina l’attenzione su dettagli corporei dimenticati come il collo – messo in evidenza da nodi strategici di sciarpe,
orecchini lunghi e capelli raccolti – le
braccia e le gambe. Queste tuttavia
non cadranno nello scontato accostamento calza nera come ogni autunno. I collant sono velatissimi ma
nei colori grigio fumo, viola, borde-
aux e persino
con qualche inserto malizioso.
Se invece la
gamba non permette questo tipo di collant, allora ripiegate
pure su parigine
o autoreggenti
di fattura spessa
del colore bianco, panna o
marrone. Cloche o cappelli a
falda larga e stivaletti stringati
completano il
look per le due
estremità del
corpo. Il must
adeguato a questo stile è senza
dubbio l’ombrello: impazzano i modelli con il pizzo o i ricci in colori ultra femminili.
Con questo accessorio si può assumere l’aspetto di una vera dama
inglese e ci si può riparare dal sole o
dalla pioggia di un qualsiasi pazzo
tempo autunnale. In Italia come in
Gran Bretagna.
Dalila Campanile
Il pizzo non va in letarÈ stato il protagonista incontrastato dell’estate e ci terrà compagnia ancora
per molto. Dagli
abiti agli accessori ,
il pizzo è il materiale vezzoso e ultra
femminile che si sposa
alla perfezione con la tendenza British prevista per questo autunno. In contrasto a capelli raccolti sulla nuca si
sfoggiano orecchini grandi e lavorati in cui il pizzo indurito si mischia con pendenti preziosi e pietre. I colori si abbinano a quelli degli
abiti. Molto diffuse però le tonalità
vinaccio, prugna, bordeaux,
verde smeraldo
e blu cobalto.
Ogni orecchino è una piccola
opera
d’arte di intrecci e lavorazioni.
Avremo anche braccialetti nei medesimi toni
scuri, ma il pizzo si fa trovare anche sui guanti corti (per chi vuole
osare) e come inserto sulle calze. Un
materiale ammiccante che increspa
la sobrietà dello stile edoardiano.
16
settembre
duemiladodici
attualità
L’infelice metafora di Renata Polverini,
dopo lo scandalo che ha travolto i vertici della Regione Lazio
I ladri, gli sprechi e i malati di cancro
Realtà lontanissime tra loro che vengono sistematicamente accostate. Senza alcun rispetto per i malati
“I tumori che stanno qui dentro
vanno estirpati oggi come sono stati estirpati i tumori dalla mia gola”.
E’ la metafora choc usata da Renata Polverini nell’aula del consiglio
regionale del Lazio, il giorno dopo
l’esplosione di uno scandalo dalle
dimensioni macroscopiche, l’ennesimo di una politica italiana colta in
flagranza di reato mentre divora i
soldi pubblici (derivati da finanziamenti ai partiti occultati come rimborsi elettorali o come spese anticipate per iniziative di varia natura) per interessi che più privati non
sarebbe possibile, tra macchine di
lusso e ville, feste tanto costose
quanto imbarazzanti con relativa
appendice di escort, ostriche, champagne. La metafora faceva riferimento a un’esperienza personale
vissuta recentemente dal Presidente della Regione Lazio dopo il successo annunciato alle elezioni che si
sono succedute a un altro terremoto politico, provocato dall’ex Governatore Piero Marrazzo: ma proprio l’aver vissuto sulla propria pelle il dramma del cancro avrebbe –
a nostro parere – dovuto indurre la
Polverini ad adoperare un’altra metafora, meno irritante e dolorosa per
qualsiasi malato e qualsiasi
familiare legata a chi si vede
diagnosticato
improvvisamente un cancro, di chi vede
improvvisamente il baratro aprirsi sulla
sua vita e si ritrova costretto
a lottare per la
propria salvezza, per la propria sopravvivenza, senza
alcuna certezza di farcela.
Ammalarsi di cancro vuol dire
entrare in un calvario di sale d’attesa, di luminari da cercare , di analisi e di attese di risultati, e poi di
consulti e decisioni dolorose e tremende, data la posta in gioco altissimo: La propria vita! Vuol dire vedere di colpo sparire il futuro, come
coperto in un attimo da una nuvola scura e minacciosa. E poi sottoporsi a cure altrettanto invasive,a cicli su cicli intervallati da preghiere
disperate. Vuol dire convivere con
il fantasma della morte, vuol dire
portare nell’anima delle ferite che
nessun tempo riuscirà a rimarginare. Questa è la traduzione della parola ‘cancro’: devastazione, sconvolgimento interiore. Con tutto il rispetto, il collega di partito della Polverini sorpreso con le mani nella
marmellata, ‘er Batman’, offre di sé
e delle sue imprese ben altre immagini, un concentrato dei peccati capitali, di ostentazione ancor
più intollerabile in tempi di crisi, di
squallore. Lo squallore di automo-
bili – costosissime – comprate ‘tanto
per’, di un fiume carsico di
denaro pubblico mai finito
dove sarebbe
dovuto andare, ma dilapidato in maniera vergognosa.
Anche attraverso consulenze a peso
d’oro, l’ingresso di un numero spropositato
di assessori esterni e collaboratori,
di un ente pubblico di fatto ‘occupato’ da amici, simpatizzanti e parenti, e a nessuno importa l’enormità
del deficit e la necessità di rendere
conto alla collettività di investimenti così poco oculati. La Polverini è caduta finalmente dal pero, per
usare un’altra immagine tracciata da
Marco Travaglio: ma non ha e non
può avere alcuna giustificazione
per non aver intercettato e frenato
questo fiume di denaro strappato
dalle tasche di noi contribuenti, e per
non aver usato termini come ‘ladri’,
‘ruberie’, ‘nuovo sacco di Roma’, probabilmente in grado di sintetizzare
il maniera più efficace quanto sta
emergendo da un’inchiesta travolgente come un fiume in piena. Libera di non accorgersi di quanto stava avvenendo sotto i suoi occhi e dalle sue parti: ma ci risparmi, per favore, il cancro come metafora di furti ripetuti e consolidati. Il cancro non
lo si sceglie: rubare, vivere in maniera disonesta, imbrogliare i propri
elettori e colleghi di partito è una
scelta tutt’altro che obbligata, ma
semplicemente dettata dall’avidità,
dall’arroganza, dell’insofferenza a
qualsiasi controllo e a qualsiasi regola. Per questo il paragone va respinto al mittente. Altro che ‘cancro
da estirpare’: basterebbe una selezione più attenta dei candidati, possibilmente con una coscienza in dotazione. Il cancro e le sofferenze che
comporta lasciamoli ai malati e ai
loro cari, signora Polverini: i ladri lasciamoli in galera prima e poi agli arresti domiciliari in qualche convento, in attesa della restituzione del
bottino e dell’espiazione della propria colpa.
Angela Dalicco
settembre
duemiladodici
GINECOLOGA
Contraccezione femminile: cosa sapere e come sceglierli
DI TIZIANA CELESTE
Esiste un’ampia e svariata gamma di
anticoncezionali, come districarsi nella scelta?
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17
in poche
parole
Addio
mal di testa
Una scelta consapevole deriva da un’adeguata informazione
Il termine contraccezione indica
il complesso di tecniche anticoncezionali disponibili per evitare una gravidanza indesiderata. nella società
moderna la maggior parte dei giovani
scopre la sessualità senza un’informazione ed un’educazione adeguata alla loro età ed alle loro necessità.
I criteri per una scelta informata e consapevole di un metodo contraccettivo sono svariati, dovendo tenere in considerazione le diverse esigenze della donna e del proprio partner. Il contraccettivo ideale dovrebbe essere affidabile al 100%, reversibile, comodo, privo di effetti collaterali e facile da usare.
Oggi esiste una babele di metodi
di pianificazione familiare tra cui districarsi:
- contraccettivi orali combinati a
basso dosaggio ( la famosa pillola anticoncezionale di ultima generazione)
- contraccetivi iniettabili combinati ( che comprendono contraccet-
tivi combinati che si iniettano a intervalli di 4 settimane)
- cerotto combinato (è un cerotto estroprogestinico con rilascio transdermico applicabile su precise zone
del corpo: glutei, addome, dorso,
braccia.)
- anello vaginale combinato (un
anello di “gomma morbida e sottile”
che si introduce in vagina x 21 gg al
mese)
- pillola contraccettiva di emergenza (meglio nota come pillola del
giorno dopo)
- pillola di solo progestinico (la
cosiddetta minipillola)
- contraccettivi iniettabili di solo
progestinico (deposito di medrossiprogesterone acetato e noretisterone enantato)
- impianti sottocutanei di levonogestrel e etonogestrel
- dispositivi intrauterini con rilascio di levonogestrel
- dispositivo intrauterino al rame
(la classica spirale)
- dispositivo intrauterino x la
contraccezione di emergenza
- metodi barriera ( condom, diaframma, cappuccio cervicale, creme
spermicida...)
- metodi basati sulla conoscen-
za della fertilità (per es. OginoKnauss, temperatura basale, Billings...)
- metodo dell’amenorrea da allattamento
- coito interrotto
- sterilizzazione chirurgica.
Tutti questi metodi hanno un
ampio raggio di efficacia se usati regolarmente e correttamente.
La scelta deve essere mirata
non solo a prevenire una gravidanza indesiderata, ma anche ad evitare la trasmissione di eventuali infezioni (MST/HIV).
Quindi un’adeguata informazione può essere fornita dal Ginecologo, che deve offrire consulenze
di pianificazione familiare per aiutare
le pazienti a prendere decisioni consapevoli e volontarie sulla loro fertilità. Il ginecologo deve conoscere
dettagliatamente la storia clinica
della paziente (età, fattori fisici e
comportamentali come obesità, fumo,
...) la presenza di eventuali patologie
che possono influenzare la scelta di
un metodo specifico (malattie cardiovascolari di base, disabilità fisiche,
patologie vascolari,...) ed effettuare
un controllo completo (visita ginecologica, pap-test, ecografia, esami
ematochimici, controllo del seno).
Infine deve fornire informazioni
adeguate per aiutare la paziente a
compiere una scelta consapevole,
che includono:
- la spiegazione della relativa efficacia del metodo
- l’utilizzo corretto del metodo
- come funziona
- gli effetti collaterali
- i rischi e i vantaggi del metodo
- sintomi e segni che potrebbero necessitare un accesso in ospedale
- le informazioni sul ritorno alla
fertilità
- le informazioni sulla protezione dalle MST.
Infine è opportuno sottoporsi a
controlli periodici per verificare che
l’anticoncezionale usato sia sempre
compatibile con le proprie necessità e che non siano intervenuti cambiamenti fisici e metabolici che richiedono una rivalutazione del metodo scelto.
MEDICO CAV
Abuso di pillole ed errore umano
DI ANNA LEPORE
Troppi farmaci, troppi errori
A commettere le sviste maggiori sono i genitori
Più di mille casi di errori terapeutici in un anno. Gli sbagli e le sviste si annidano all’interno delle mura domestiche e riguardano gli
avvelenamenti e le intossicazioni da
farmaci. È questo il dato emerso dalla prima analisi descrittiva degli errori terapeutici rilevati dal Centro
Antiveleni di Foggia, principale
centro di riferimento in Puglia. Dal
database di un sistema informativo
dedicato alle esposizioni pericolose
e alle intossicazioni realizzato in collaborazione con l’Istituto Superiore
di Sanità, con gli altri Centri Antiveleni e con l’AIFA, sono stati estratti i
casi di esposizione a farmaci per errori rilevati dal 2008, il 97% dei quali avvenuto in ambito domestico. Attentissimi ai primi segni di malanno
dei figli, ma evidentemente un po’
superficiali nella gestione dei medicinali, a commettere le sviste maggiori sono proprio i genitori. Il 51 per
cento dei casi da noi rilevati ha riguardato bambini per il maggior numero e anziani. Tradotto in numeri:
a 350 bimbi era stata somministrata
una terapia sbagliata o in sovradosaggio. Genitori disattenti o cassette dei medicinali troppo piene? In realtà, la disponibilità di farmaci è
aumentata, così come l’utilizzo di
medicinali, nel tentativo di risolvere
i sintomi più rapidamente. La medicalizzazione,
ma soprattutto la
spinta ad usare
determinati farmaci, sbandierati nei messaggi
pubblicitari, è incalzante. Esiste
senza dubbio un
uso maldestro del farmaco. Quello
che più colpisce negli errori terapeutici è che quando viene richiesta
la causa dell’errore, le risposte più
frequenti sono:
“Avevo in
casa le stesse
supposte che già
somministravo al
più grande e non
mi sono resa
conto della differenza della dose”. “Era una bustina
da
sciogliere in acqua e non mi sono accorto che si trattava di un altro farmaco, perché la confezione mi sembrava simile”. “Non ho capito come
Bisogna sapere che...
È entrata in vigore la norma
sulla nuova ricetta del Servizio Sanitario Nazionale con l'indicazione
del principio attivo al posto del nome commerciale del farmaco. Sulla ricetta rossa del SSN, dovrà cioè
comparire il nome della sostanza,
contenuta nel farmaco. Bisogna
abituarsi a leggere attentamente
sia la ricetta che il farmaco per evitare spiacevoli errori.
Per comprendere la direttiva:
Federfarma Roma, 21 agosto 2012
Uff. - Prot. n° UE. RB. /13348/
303/F7/PE
Oggetto: Legge 135/2012.
Prescrizione
Per i vostri quesiti:
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doveva essere diluito, pensavo che
fosse come l’altro che assumevo, poi
ho letto il foglietto illustrativo e mi è
sorto il dubbio” oppure “Ho letto il
modo di prepararlo ma non ho capito le indicazioni riportate” e anche
“Non sapevo dovesse essere diluito, credevo dovesse essere assunto
in polvere”. Un caso su due non ha
avuto bisogno di cure ospedaliere.
Ma non sempre gli errori terapeutici si risolvono senza conseguenze. I
medicinali devono essere prescritti
dal medico curante e utilizzati sotto
la sua guida.
Il fai da te o il suggerimento
della vicina, dell’amica o della pubblicità devono essere evitati. E se
purtroppo si dovesse verificare un
errore o dovesse insorgere anche solo un dubbio è bene consultare immediatamente il Centro Antiveleni.
Un consiglio: ”Non praticate terapie improvvisate che non hanno alcuna efficacia (ad es. bere il latte),
non fidatevi di quello che sentite dire, i cosiddetti rimedi di una volta”.
Il Centro Antiveleni di Foggia il
giorno 11-10-2012 presenterà
“L’VIII Convegno di Tossicologia”
dal titolo “I Centri Antiveleni nella prevenzione e sorveglianza degli Errori Terapeutici“
In Italia il 26% della popolazione soffre di dolore cronico che,
causato da molteplici fattori tra
cui traumi, malattie, problemi di
salute, colpisce centinaia di milioni di persone in tutto il mondo.
Il Corriere della Sera ha trattato
tale argomento, dato l’ultimo
Congresso Mondiale sul Dolore,
tenutosi a Milano. I maggiori
esperti internazionali si sono confrontati sugli sviluppi della ricerca e della terapia del dolore. Mal
di schiena ed emicrania sono i
dolori più diffusi: si stima che 1
persona su 2 soffra di mal di testa almeno una volta all’anno,
mentre ogni adulto ha sofferto di
un episodio di dolore muscolo
scheletrico almeno una volta nella propria vita. “Oggi il dolore
non può essere più sottovalutato”, ha esordito la professoressa
Eija Kalso dell’Università di Helsinki e presidente di IASP (International Association for the Study of Pain), “è molto più
complesso di quanto si pensasse
in passato. Occorre un approccio
multidisciplinare per capire al
meglio i meccanismi legati al dolore e per migliorare l’efficacia
degli interventi terapeutici”.
Nell’anno mondiale contro l’emicrania (che termina ad ottobre),
gli esperti sottolineano come il
dolore sia proprio nella testa e come l’analisi del cervello con le
moderne tecniche di brain imaging apra nuove prospettive per
la terapia e la gestione dei pazienti. “Il brain imaging” ha
spiegato Irene Tracey dell’Università di Oxford e Presidente del
Comitato Scientifico del 14° Congresso Mondiale sul Dolore,
“consente di vedere all’interno
del sistema nervoso centrale
umano (encefalo e midollo spinale) e di misurare il suo funzionamento. Si può osservare il cervello mentre elabora i segnali
provenienti dalle aree danneggiate dell’organismo, generando
l’esperienza conscia del dolore.
Così si possono identificare le
aree più importanti da cui nasce
il dolore e studiare come altre
aree, una volta divenute attive,
lo peggiorino notevolmente, generando ansia, depressione e
aspettative negative. Sono state
fatte nuove scoperte e apprese
nuove informazioni sul cervello
e sulla centralità del suo ruolo:
speriamo che da qui possano svilupparsi nuove terapie”.
Elisabetta Ciavarella
18
settembre
duemiladodici
in poche
parole
Massaggi
e salute
ACCUMULO DEI VERSAMENTI
50&PIÙ ENASCO
Pensioni,
nuovo sistema di calcolo
DI FLOREDANA ARNÒ
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Funzionerà come un libretto di risparmio
Sul portale di Leonardo è apparso un affascinante argomento sui benefici del massaggio che
può classificarsi attraverso differenti tecniche: lo sfioramento, la
frizione, l’impastamento, la percussione e lo scarico. Il movimento deve essere sempre svolto dalla periferia verso il cuore,
per favorire il drenaggio dei metaboliti, attraverso il sistema venoso. Prima di iniziare il massaggio e bene riscaldare le mani
strofinandole fra loro. Lo sfioramento: viene effettuato con tutta
la mano, esercitando una pressione morbida e leggera. La mano scivola sulla pelle senza perderne mai il contatto, scalda la
parte trattata e sviluppa la sensibilità riattivando la circolazione
sanguigna. La frizione: la sua
funzione e di primo drenaggio.
Coinvolgendo i tessuti profondi,
favorisce il riflusso della circolazione venosa verso il cuore. Si
esegue, esercitando una leggera compressione sui tessuti, con le
mani contrapposte. Il movimento deve essere lento e leggero.
Durante la frizione i muscoli
massaggiati devono essere rilassati e decontratti. L’impastamento: è una vera e propria
“spremitura” del muscolo, che
viene afferrato in profondità nella sua estensione. I movimenti
delle mani sono contrapposti ed
alternati e, scivolando lungo il
muscolo per la sua lunghezza, favoriscono il deflusso di sangue
venoso contenente le scorie dei
tessuti. Si attiva in tal modo il metabolismo muscolare. I movimenti del massaggio devono essere dolci. La percussione: si
compie con la mano aperta e le
dita distese, eseguendo un veloce alternarsi di “appoggi e rilasci” contrapposti con le due mani, quasi a spingere il muscolo da
una mano all’altra. Si possono
usare le mani semichiuse, a “pugno”. L’effetto della percussione e determinare contrazioni riflesse del muscolo, provocando
un aumento della temperatura
locale ed incrementando l’attivazione del sistema nervoso centrale. Lo scarico: è la manovra
conclusiva del massaggio e consente di drenare il muscolo facilitando l’afflusso di nuovo sangue arterioso e di sostanze
nutritive rigeneranti. Il movimento delle mani e simile a quello adottato per la frizione. Drenaggio ed eliminazione delle
tossine si traducono concretamente in una diminuzione della
sensazione di stanchezza.
Elisabetta Ciavarella
Da quest’anno non ci sono più
differenze sul criterio di calcolo delle pensioni. La riforma “Monti” (legge n. 214/2011) ha previsto per tutti
il “sistema di calcolo contributivo”.
In altre parole, per le anzianità contributive maturate a partire dal 1°
gennaio 2012 le relative quote di
pensione sono calcolate tutte con il sistema contributivo, anche per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano
già versato 18 anni di contributi.
Il sistema retributivo, misto e
contributivo
Con la riforma “Dini” (legge n.
335/1995), il sistema di calcolo delle
pensioni si differenziava a seconda
dell’anzianità contributiva maturata alla data del 31 dicembre 1995: per chi poteva contare su almeno 18
anni di contributi (compresi i contributi figurativi e da riscatto), si applicava il cosiddetto sistema “retributivo”, legato appunto alle
retribuzioni dell’ultimo periodo lavorativo; - per chi aveva meno di 18
anni di contributi, il criterio utilizzato era misto, e cioè “retributivo” per
l’anzianità maturata sino al 31 dicembre 1995 e “contributivo” per i
periodi di attività successivi al 1°
gennaio 1996; - per chi aveva co-
minciato a lavorare successivamente al 31 dicembre 1995, ossia dal 1°
gennaio 1996, si applicava, invece, il
solo criterio contributivo, strettamente collegato al valore dei contributi versati.
La situazione attuale
La riforma “Dini”, con la triplice possibilità di calcolo della pensione, rimane in vita solo per coloro
che sono andati in pensione maturando i requisiti entro il 31 dicembre
2011. A partire dal 1° gennaio 2012,
invece, ossia per le anzianità maturate da tale data in avanti, esiste solo il sistema contributivo; di conseguenza, non c’è alcuna novità per
chi già appartiene a questo regime
(coloro che hanno cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1996) e per chi
è nel sistema misto. Invece, chi nel
2011 si trovava nel sistema retribu-
Strategie commerciali abusive
tivo, dal gennaio 2012 è passato al
nuovo misto: le anzianità fino al 31
dicembre 2011 danno vita a una
quota di pensione retributiva, mentre le anzianità dal 1° gennaio 2012
in poi danno vita a una quota di pensione contributiva.
Come funziona il sistema contributivo
Il sistema di calcolo contributivo funziona grosso modo come un
libretto di risparmio. Il lavoratore accantona ogni anno i versamenti: - se
è un lavoratore dipendente, l’accantonamento è pari al 33% dello
stipendio; - se è un lavoratore autonomo (artigiano, commerciante), accantona il 21,30% del proprio reddito (misura che salirà fino a
raggiungere il 24% entro l’anno
2018); - se è un collaboratore
(Co.Co.Pro.), accantona il 27% del
proprio compenso (misura che salirà fino a raggiungere il 33% a partire dal 2018). I contributi possono essere calcolati, però, fino ad un certo
importo di reddito o retribuzione;
questo limite, per il 2012, è pari a
96.149 euro (cosiddetto “tetto contributivo pensionabile”). I contributi versati costituiscono il montante
contributivo e producono una sorta
di interesse composto al tasso legato alla dinamica quinquennale del
Pil (Prodotto Interno Lordo). Quindi, più cresce l’Azienda Italia, maggiori sono le rendite su cui i lavoratori
possono contare.
I nuovi coefficienti di calcolo
Alla data del pensionamento, al
montante contributivo rivalutato è
applicato un coefficiente, detto di
trasformazione, che converte i contributi in pensione. La misura di tale coefficiente cresce con l’aumentare dell’età. Recentemente, con un
decreto ministeriale del 15 maggio
2012, sono stati fissati i nuovi coefficienti per il calcolo della pensione
per tutti i lavoratori che andranno in
pensione dal 1° gennaio 2013 e fino
al 31 dicembre 2015. Questi coefficienti non riguardano più soltanto le
età da 57 a 65 anni, ma si allungano
fino a 70 anni per incentivare facoltativamente la permanenza al lavoro, nella prospettiva di conseguire
una pensione più alta.
MOVIMENTO CONSUMATORI
DI ROSANGELA LORISO
Stop alle telefonate “mute”
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Dal Garante della Privacy multe a chi non rispetta la normativa
Il telemarketing è nuovamente al centro dell’attività del Garante per la Protezione dei dati
personali che di recente è intervenuto sul fenomeno delle cosiddette telefonate “mute” con un
nuovo ed interessante provvedimento.
Ma vediamo più da vicino che
cosa si intende per telefonate
“mute”.
Trattasi di telefonate in cui il
destinatario, dopo aver sollevato
il ricevitore, non viene messo in
comunicazione con alcun interlocutore. Il fenomeno sembra essere piuttosto frequente, tanto che
molti cittadini, infastiditi e disorientati, si sono rivolti all’Autorità per segnalare la ricezione ripetuta e continua di questo tipo di
telefonate anche per 10/15 volte
nell’arco di una giornata.
È evidente che la ricezione
frequente di telefonate mute, specie se ripetuta, oltre a provocare
agli utenti fastidio, genera allarme e preoccupazione.
Ad ogni buon conto, l’origine
di tali telefonate è da rinvenirsi
nella disorganizzazione delle società che si occupano di effettuare telefonate a scopo commerciale. Gran parte di queste società,
infatti, si serve di un sistema di in-
fettiva capacità ricettiva.
Al fine di arginare il fastidioso fenomeno, il Garante Privacy
ha prescritto una serie di misure
volte ad impedire la ripetizione di
una telefonata muta allo stesso
numero e la possibilità di chiamare quel numero per almeno trenta
giorni.
In particolare, nel provvedimento emanato, l’Autorità ha stabilito che le società dotate di sistemi di chiamata automatici
stradamento automatico di telefonate per mettere in comunicazione le singole utenze dei cittadini con gli operatori di call center
addetti alla promozione di servizi
e prodotti.
A volte, però, può capitare che
il sistema automatico indirizzi verso i call center un numero di chiamate superiore all’effettiva disponibilità degli operatori attivi.
Così il telefono del cittadino squilla, ma dall’altra parte non c’è nessuno.
Nel mirino del Garante Privacy è finita una grande società
energetica che – per evitare tempi morti o momenti di inattività degli operatori – ha utilizzato il sopra
menzionato sistema di instradamento ,in grado di inoltrare ai call
center un numero di telefonate anche molto superiore alla loro ef-
dovranno utilizzare accorgimenti
che impediscano la reiterazione
di tali telefonate ed escludano la
possibilità di richiamare uno stesso numero ripetutamente entro un
periodo di 30 giorni.
Le società che non si adegueranno alle nuove disposizioni rischieranno una sanzione amministrativa dai 30mila a 120mila
euro.
settembre
duemiladodici
La madre decide da sola e l’ex non paga
Le spese scolastiche
Richiedono necessariamente
il comune accordo tra i coniugi
Se nel regime di affido congiunto la madre sceglie la scuola della figlia, senza consultare previamente
l’ex marito, le spese scolastiche non
saranno tutte poste a carico di quest’ultimo. L’affidamento congiunto
comporta l’assunzione da parte di
entrambi i genitori degli stessi poteri e responsabilità, richiedendo una
costante e preventiva consultazione,
onde garantire la piena partecipazione alla vita del minore.
Tra l’altro, l’affidamento congiunto, implica un’attiva collaborazione di entrambi i coniugi nella educazione dei minori, relativamente ai
quali le decisioni per la crescita del
minore dovranno esser prese con il
consapevole contributo di ciascuno di
essi. Solo in tal modo, potrà infatti essere assicurata l’effettiva compartecipazione alle scelte riguardanti
l’educazione e la crescita del figlio.
Come è noto l’assegno disposto
in sede separativa, quale contributo
al mantenimento dei figli comuni, ha
una cadenza mensile e di fatto, nella stragrande maggioranza dei casi,
ha il fine di consentire al figlio di non
perdere del tutto quel tenore di vita
e quel contesto di appartenenza vissuta prima della separazione dei ge-
nitori.
A garanzia di ciò ogni
pronuncia di separazione
ha come finalità
quella di regolare i capitoli delle spese comuni che si affronteranno per
figli, che anche se non “caratterizzati” da certezza e da una specifica
cadenza mensile siano presenti e necessari per la sopravivenza dei figli,
anche se non se ne possa predeterminare, con esattezza, il tempo della concreta esigibilità. Si tratta, sostanzialmente, di due voci diverse di
contributo: le prime sono conosciute
come le spese extra (extra rispetto a
quella mensile) quali quelle da affrontarsi per la scuola o per un determinato sport, già praticato dai figli,
od anche quelle per le cure o medicine che non siano a totale carico del
Servizio Sanitario Nazionale. Le seconde sono le spese “straordinarie”,
che dovranno essere sostenute da
entrambi i coniugi in una misura per-
centuale, che viene di solito predeterminata e omologata dal Tribunale stesso; troveranno poi una loro individuazione in tutte quelle spese
ulteriori, che vedranno sempre i figli
come utenti finali, ma che dovranno
essere “previamente discusse ed approvate” di volta in volta dai coniugi. Infatti, per le prime, le spese “extra” ordinarie, ben si può dire come
i coniugi siano di fatto già a conoscenza della misura delle stesse e ciò
in quanto, sostanzialmente, i loro figli già praticavano un determinato
sport o frequentavano in precedenza una determinata scuola, o già in
passato si era posto il problema di coprire l’esubero dei costi delle spese
ordinarie per dei farmaci.
Per quanto riguarda invece le
spese straordinarie, queste di solito
Per superare passività e aggressività
Autostima e Assertività
Con un training
per le abilità
sociali si può
migliorare
L’assertività è uno stile di comportamento, che si posiziona a metà su un continuum comportamentale che va dallo stile passivo a
quello aggressivo. Le persone che
si comportano in maniera passiva o
aggressiva o che oscillano fra questi
due poli (comportamento passivoaggressivo) hanno una bassa autostima. Questi stili comportamentali,
infatti, non procurano relazioni soddisfacenti.
La persona passiva non sa esprimere le proprie opinioni e bisogni e
non difende i suoi diritti per paura
di rovinare il rapporto con l’altro o
perché terme di sembrare cattivo ed
egoista, facendo soffrire l’altro. A
causa di momenti di imbarazzo, tensione, ansia o sentimenti di colpa la
persona passiva inibisce le sue emozioni e, quindi, sono dominate da un
senso di inferiorità che le porta ad
adeguarsi agli altri, a compiacerli,
per evitare scontri e confronti e fornendo agli altri occasione per approfittarsi di lui. Spesso queste persone esplodono all’improvviso,
diventando aggressive, a causa del
continuo reprimere ogni genere di
emozione.
La persona aggressiva, al contrario, riesce sì a realizzare i suoi desideri, esprime i suoi diritti, bisogni
e critiche, ma lo fa in modo inappropriato, a spese degli altri, attaccando (verbalmente e fisicamente),
colpevolizzando o umiliando. Nel-
le relazioni con gli altri è arrogante,
ha comportamenti di dominanza,
prevaricazione e svalutazione; è invadente, cerca di porsi al centro dell’attenzione, interrompendo la comunicazione con l’altro o
mostrandosi eccessivamente (e manipolativamente) simpatica. I rapporti umani delle persone aggressive tendono a compromettersi a
causa dei loro comportamenti e/o
dei loro scoppi d’ira.
Generalmente, le persone non
hanno sempre lo stesso stile comportamentale; possono essere prevalentemente passive o aggressive,
modulando il loro modo di fare a seconda dei contesti in cui agiscono.
La persona assertiva, invece, sa
esprimere onestamente le sue emozioni e sentimenti, i suoi bisogni e
desideri, le sue preferenze, opinioni e critiche. Lo fa in modo diretto,
AVVOCATO
DI PALMA RUBANO
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scaturiscono da attività diverse, anche se di natura sportiva o di studio
dei figli, o da costi medici diversi da
quelli per i quali vi è il contributo del
Servizio sanitario nazionale, mai prima di allora condivise. Ne consegue
che su di queste si deve realizzare,
di volta in volta, un preciso accordo tra
i genitori, affinché ognuno dei due
possa poi, consapevolmente, divenire debitore della quota parte di
sua spettanza e del relativo esborso. È su questo tipo di spese che occorre necessariamente il comune
accordo tra i coniugi onde poter
così porre consapevolmente a
carico di ciascun genitore la quota
parte.
Tale onere trae origine da quanto disposto dall’art. 155 c.c., norma
che nella sua ultima formulazione ha
inteso ribadire il principio di pari responsabilità di entrambi i genitori
nella cura, nell’educazione e nell’istruzione dei figli. Tale principio,
trova piena applicazione nel caso di
affidamento congiunto o condiviso; se
così non fosse, l’apporto di uno dei
genitori si ridurrebbe ad una mera
somministrazione di denaro, senza
contributi decisionali, in palese contrasto con il fine di responsabilizzazione di entrambi i genitori e di far sì
che ciascun genitore non veda sconvolta la propria vita economica, con
il “subire” le scelte dell’altro, anche
se effettuate nominalmente nell’interesse dei figli.
PSICOLOGA
DI INES PANESSA
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adeguato, senza imbarazzo o sentimenti di colpa. Il suo comportamento è si mirato ad ottenere ciò che
desidera ma agisce rispettando i diritti e non i desideri degli altri.
Aumentare la propria autostima
e diventare assertivi è qualcosa che
si può imparare: capire come esprimere elogi e riceverli, esprimere desideri, fronteggiare la collera e la
prepotenza altrui, saper fare critiche e riceverle sono le abilità assertive che possiamo acquisire e praticare per migliorare la nostra
autostima e il rapporto con gli altri.
L’approccio psicologico aiuta le persone a riconoscere i pensieri automatici che generano in loro reazioni emotive e comportamentali
negative e che li fanno soffrire. Con
un training per le abilità sociali possiamo imparare ad essere assertivi
e quindi migliorare la nostra autostima.
19
in poche
parole
Pillola
per lui?
Sul portale di Repubblica rivoluzionari i risultati di esperimenti avanzati negli Stati Uniti
sulla pillola anticoncezionale per
lui. Un team di ricercatori ha sperimentato il composto di molecole, chiamato JQ1, sui roditori,
osservando una diminuzione del
numero e della qualità degli
spermatozoi, con profondi effetti sulla fertilità. Un processo reversibile e senza danni al testosterone, alla sessualità e
all’eventuale feto. Il controllo
delle nascite tramite la pillola anticoncezionale potrebbe diventare un metodo non più di appannaggio solo delle donne. Gli
studiosi statunitensi, infatti, hanno eseguito una serie di esperimenti che dimostrerebbero l’efficacia del primo contraccettivo
per via orale per l’uomo. Nonostante si pensi di essere ancora
lontani da questa rivoluzione in
materia, gli scienziati del DanaFarber Cancer Institute e del
Baylor College of Medicine (Usa)
stanno procedendo nella giusta
direzione. I ricercatori, nello studio pubblicato dalla rivista scientifica “Cell”, spiegano di aver
messo a punto e testato un composto di piccole molecole con
funzione contraccettiva, ma reversibile, sperimentandolo sui
topi maschi. Il composto, chiamato JQ1, penetrando attraverso il tessuto sanguigno del testicolo, arriva a interrompere la
spermatogenesi, cioè il processo
attraverso cui si sviluppano gli
spermatozoi maturi, diminuendone il numero e la qualità e permettendo di ridurre le probabilità di fecondazione dell’ovulo
femminile. “I nostri risultati dimostrano che, somministrato ai
roditori tramite iniezioni quotidiane da 50 a 100 mg/kg della
molecola JQ1 per sei settimane,
questo composto ha un effetto
contraccettivo totale: produce
una diminuzione rapida e reversibile della conta e della mobilità degli spermatozoi con profondi effetti sulla fertilità”, ha
sottolineato James Bradner, autore senior della ricerca. La pillola anticoncezionale per uomini,
inoltre, non avrebbe controindicazioni. Lo studio ha infatti dimostrato che la normale produzione di spermatozoi riprende
quando la terapia con JQ1 viene
interrotta ed il composto non influenza la produzione di testosterone, il comportamento sessuale o la salute della prole
concepita dopo l’eventuale interruzione del farmaco.
Elisabetta Ciavarella
20
settembre
duemiladodici
in poche
parole
Noci
in gravidanza
Ridurre il sodio e aumentare il potassio
Crescere in salute
PEDIATRA
DI ALESSANDRA MARINARI
Bimbi a tavola: attenzione al consumo di sale
Dal portale Ansa è emersa
una scoperta davvero interessante, secondo cui, se una mamma in
gravidanza mangia le noci, ci sarebbe un minore rischio di sviluppare le allergie nel nascituro.
Questi sono i risultati condotti da
uno studio danese. La ricerca è
stata effettuata dallo Statens Serum Institute di Copenaghen e
pubblicata sulla rivista Journal of
Allergy and Clinical Immunology. Lo studio ha analizzato ben
62.000 madri danesi e i loro bambini, seguendoli dalla nascita fino all’età dei 7 anni. Il rischio di
sviluppare allergie, sostanzialmente, si riduceva di un quarto a
18 mesi e di un terzo a sette anni.
La dottoressa Ekaterina Maslova,
che ha condotto la ricerca, ha
spiegato: "I dati confermano che
non necessariamente bisogna
evitare le noci in gravidanza, anzi le mamme che le assumono uno
o due volte alla settimana fanno
sì che nei loro bimbi il rischio di
sviluppare le allergie si riduca notevolmente". Tale risultato è anche a sostegno del parere espresso recentemente dai ricercatori
americani, che smentisce la teoria secondo cui le donne incinte
dovrebbero evitare le noci e le
noccioline, in quanto queste potrebbero invece aumentare il rischio del bambino di sviluppare
le allergie alla frutta in guscio o
altre forme di ipersensibilità come l’asma. È importante sapere
che le noci sono una buona fonte
di acidi grassi Omega 3 e nelle
culture dove si consumano molti di
questi acidi grassi, i bambini tendono ad essere più radiosi. Inoltre,
se ritardate, le allergie sono difficili da diagnosticare, dal momento che la reazione non si verifica
subito dopo l’assunzione dell’alimento, ma nel lungo periodo, e
può manifestarsi con una crescita
rallentata, delle coliche addominali o la presenza di sangue occulto nelle feci. Lo strumento più
utile per diagnosticarle è il cosiddetto “test dell’eliminazione”,
cioè si prova a togliere dalla dieta
un determinato alimento per 2030 giorni, verificando se e di quanto i disturbi del piccolo si riducano.
Poi si prova a reintrodurlo. Se i sintomi ritornano, la diagnosi è chiara e l’unica terapia è quella di eliminare l’alimento incriminato
dalla dieta del bambino.
Elisabetta Ciavarella
Il sale ci è necessario. Lo utilizziamo per insaporire e conservare gli
alimenti ed è per il nostro organismo
la principale fonte di sodio, un elemento indispensabile alla vita, ma
da non consumare in eccesso. Le
secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) e la Società Italiana per
la Nutrizione Umana (SINU), assumiamo troppo sale. Dovremmo consumarne in tutto un cucchiaino da tè
al giorno (compreso quello già contenuto negli alimenti) e invece la nostra quota media giornaliera raggiunge e talvolta supera i 10 grammi
al giorno (1 cucchiaio da tavola colmo). La quantità di sale giornaliera
raccomandata per i bambini dai
quattro ai sei anni è pari a 3 grammi
(mezzo cucchiaino da tè). Ora, poiché, in genere, i bambini a tavola
consumano gli stessi piatti dei loro
genitori, e questi ne assumono in
media 10-11 grammi (circa 6 grammi in più della quantità raccoman-
Il decalogo del mangiare safonti di sodio nell’alimentazione sono di varia natura, da una parte il sodio del sale aggiunto durante la cottura degli alimenti o a tavola
(definito sodio discrezionale) e dall’altra il sodio contenuto negli alimenti, sia presente naturalmente
che aggiunto nelle trasformazioni artigianali o industriali (sodio non discrezionale). È stato calcolato che il
sodio “discrezionale” rappresenta
circa 1/3 dell’apporto medio giornaliero e quello aggiunto nei prodotti
trasformati, artigianali, industriali o
della ristorazione collettiva è pari ad
oltre la metà. Stando alle statistiche,
sia negli USA, sia in Europa il consumo di sale è troppo elevato e raggiunge (e in alcuni casi supera) i 910 grammi al giorno. Anche in Italia,
L’INRAN propone pochi consigli essenziali per ridurre il consumo
di sale:
1. sia a tavola sia in cucina, diminuire la quantità di sale in modo
graduale;
2. evitare di mettere la saliera a
tavola e limitare il sale utilizzato per
cucinare e per condire;
3. non aggiungere sale nelle
pappe dei bambini, almeno per tutto il primo anno di vita. Limitare
l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio;
4. ricordarsi che il sale risveglia
il gusto ed è indispensabile in cucina, ma che alcuni cibi non hanno bisogno di sale per essere buoni;
5. consumare verdure crude o
surgelate piuttosto che in scatola;
6. limitare il consumo di alimenti a maggiore contenuto di sale
e abituarsi a scegliere le alternative
meno salate, leggendo l’etichetta
nutrizionale dei prodotti;
7. anche al ristorante, raccomandarsi che le portate siano poco
salate;
8. fare uso di spezie, erbe aromatiche, succo di limone e aceto per
“ingannare” il palato;
9. bere soltanto acqua per reintegrare i liquidi perduti con l’attività fisica;
10. avvicinare il più possibile il
proprio stile di alimentazione al Modello Mediterraneo che, essendo
basato sul consumo di cibi freschi e
minimamente trasformati, è naturalmente poco ricco di sale.
Dove finiscono le calorie assunte in eccesso?
Trigliceridi: la scorta che fa male
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data per loro) il consumo quotidiano
medio di sale dei bambini è di almeno 7 grammi troppo elevato. È noto
che la riduzione dell’apporto in sodio e l’incremento dell’apporto in potassio, attraverso il consumo di frutta e verdura, sono in grado di ridurre
i livelli di pressione ematica e sono
cruciali nella prevenzione dell’ipertensione. Il consumo del sale da cucina nei bambini e negli adolescenti è associato direttamente
all’aumento della pressione arteriosa sistolica. Inoltre, l’evidenza
suggerisce che il consumo di sale in
età pediatrica a livelli abituali per gli
adulti, sia correlato a un potenziale
maggior rischio per la salute nell’età adulta (l’ipertensione è responsabile del 62% degli ictus e del
49% degli accidenti coronarici). Infine, i cibi salati sono uno dei principali fattori che stimolano il consumo
di bevande gassate e dolcificate nei
bambini e negli adolescenti (circa il
31% dei liquidi assunti da bambini
e ragazzi di età compresa tra i 4 e i
18 anni), a sua volta correlato come
fattore legato allo sviluppo dell’obesità infantile e giovanile. Accanto
all’utile riduzione del sale contenuto negli alimenti prodotti industrialmente, è importante che i genitori
tengano conto che i bambini sono
particolarmente sensibili (e dunque
vulnerabili) ai sapori ed è proprio da
bambini che si acquisiscono le preferenze individuali.
FARMACIA
A CURA DELLA
FARMACIA SANTA RITA
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Cambiare lo stile di vita è fondamentale. Se necessario, associare dei farmaci
I trigliceridi sono un tipo di lipidi presenti nel sangue. Quando
mangiamo, l’organismo converte le
calorie di cui non
ha immediatamente bisogno in
trigliceridi, che
vengono quindi
immagazzinati
nelle cellule adipose. Successivamente gli ormoni
rilasceranno i trigliceridi per fornire energia tra
un pasto e l’altro.
Regolarmente si
assumono più calorie di quelle che si riescono a bruciare, soprattutto in caso di carboidrati e grassi e il risultato, appunto,
può consistere in elevati livelli di
trigliceridi. Di solito con l’esame del
sangue, in particolare con una misurazione dopo 12 ore di digiuno, è
possibile rilevare i livelli dei trigliceridi.
Il valore di trigliceridi considerato normale è quello che si attesta
al di sotto di 150 milligrammi per
decilitro (mg/dl). Secondo gli
esperti, il livello ottimale sarebbe
pari a 100mg/dl. In ogni caso non si
raccomandano farmaci per ottenere un tale livello, bensì si suggeri-
scono dieta e stile di vita equilibrati. Un valore medio di trigliceridi ha
un range cha varia da 150 a
199mg/dl, mentre risulta alto da
200 a 499mg/dl e molto alto se si attesta oltre i 500mg/dl.
CAUSE
Un elevato livello di trigliceridi nel sangue può essere causato
da obesità, da un diabete non controllato, dal malfunzionamento della tiroide, da patologie renali, dal
consumo di alcool, da eccessiva assunzione di calorie rispetto a quelle che vengono bruciate, dall’assunzione di alcuni farmaci (come
gli steroidi, i beta-bloccanti, i diuretici, gli estrogeni, le pillole anticoncezionali) o da predisposizione
familiare.
Generalmente l’eccesso di trigliceridi non presenta sintomi. Ciononostante contribuisce all’ispessimento delle pareti delle arterie e
aumenta il rischio di ictus, infarto e
cardiopatie. Mentre è spesso la spia
dell’esistenza di altre condizioni
che a loro volta aumentano il rischio
di danni all’apparato cardiovascolare: sindrome metabolica, quantità di grasso sul punto vita, elevata
pressione sanguigna, elevati livelli di zuccheri nel sangue, livelli anomali di colesterolo, patologie del fegato e dei reni.
RIMEDI
Il modo migliore per controllare i trigliceridi è modificare le abitudini quotidiane: perdere peso, ridurre le calorie, evitare cibi raffinati
e ricchi di zuccheri, preferire ali-
menti ricchi di fibre (cereali, legumi
e verdure che, assorbiti più lentamente dall’intestino, stimolano in
misura minore la produzione di trigliceridi da parte del fegato), limitare gli alimenti ricchi di colesterolo (carni rosse, uova, latte intero),
scegliere i grassi salutari (olio di oliva, pesce ricco di acidi grassi omega3 ), eliminare i grassi trans o i
grassi idrogenati e transgenici (presenti nei cibi fritti, nei biscotti, nei
crackers, nelle merendine), limitare il consumo di alcool, fare attività
fisica con regolarità.
Se il cambiamento di stile di vita non è sufficiente a controllare i
trigliceridi, il medico potrà consigliare alcuni farmaci che agiscono
anche riducendo il colesterolo; ad
esempio la niacina, i fibrati, le statine, gli acidi grassi omega3.
settembre
duemiladodici
salute
21
Addio a situazioni imbarazzanti e “distanze di sicurezza”
Alito cattivo? ... ecco la soluzione!
I consigli per prevenire e ridurre l’insorgenza dell’alito cattivo
Probabilmente non ve ne siete
mai accorti. Magari nessuno vi ha
mai informato per “buon costume”
o forse ve l’hanno fatto capire le “distanze di sicurezza” di conoscenti e
colleghi. E tutto per colpa dell’alito
cattivo, capace perfino di vanificare il più romantico dei corteggiamenti. In tal caso la regola è non abbattersi o rassegnarsi, perché la
soluzione è semplice ed esiste!
L’alitosi colpisce quasi metà della popolazione mondiale e contrariamente a credenze e supposizioni; nel 90% dei casi è dovuta a
problematiche della bocca e non
dell’apparato digerente.
La dott.ssa Eleonora Maenza,
direttore sanitario dello studio dentistico “Microdent Bari” e dello studio “Maenza” di Bologna, ci spiega
a cosa è dovuta e come è possibile
curarla.
Quali sono le cause dell’alitosi?
L’alitosi è causata dalla produzione da parte di particolari batteri
anaerobi (che vivono in assenza di
ossigeno) di un gruppo di sostanze
chiamate VSC (Compositi Volatili
Sulfurei), responsabili appunto dell’odore sgradevole che viene prodotto. Questi batteri vivono normalmente nella lingua e nella gola, ma
possono anche trovarsi all’interno
delle gengive, in quelle “sacche”
causate dalla parodontite, infezione batterica che mina la stabilità dei
denti fino alla loro perdita, nonché
principale responsabile dell’alitosi
persistente. L’alitosi, insieme al sanguinamento gengivale e alla comparsa di ipersensibilità o mobilità
dentaria, è un segnale d’allarme nei
confronti di questa importante infezione che, se diagnostica correttamente e in tempo, può essere curata in maniera rapida e non invasiva,
recentemente anche grazie all’utilizzo del laser ad alta potenza.
Ci sono ulteriori cause?
Oltre alla parodontite, causa più
frequente di questo problema, l’alitosi può essere causata da molte altre condizioni tra cui: presenza di carie destruenti, situazioni di bocca
secca, fumo, eccesso di muco nella
gola, dieta ricca di proteine, alcol,
diabete, assunzione di farmaci che
hanno come effetto collaterale la
secchezza della bocca, cambiamenti
ormonali, etc… L’alito cattivo prodotto da determinati cibi è simile a
quello prodotto dai batteri, perché
entrambi producono sostanze solforose. Facendo un esempio, riguardo ad un’alimentazione ricca di
aglio e cipolla, il cattivo odore proveniente da questi cibi risiede in alcune molecole ricche di sulfuri in essi contenuti, simili appunto a quelli
prodotti dai batteri. I batteri anaerobi che producono le molecole solforose, oltre che all’interno delle tasche parodontali (localizzazione
patologica), si trovano naturalmente al di sotto della superficie della
lingua e nella gola, dove hanno il
compito di coadiuvare la digestione
delle proteine introdotte con il cibo.
In particolari situazioni, o per deter-
minate persone, la decomposizione
delle proteine avviene ad un ritmo
più elevato e con una produzione
eccessiva delle molecole sulfuree
odorose.
In che modo si può verificare l’effettiva presenza di alitosi?
Esiste uno strumento professionale, detto alito metro, che misura la
percentuale effettiva di sulfuri nell’alito. Anche in assenza di questo
strumento è possibile analizzare
l’alito con tecniche più tradizionali
ma comunque efficaci (oltre ovviamente al farlo valutare da un conoscente o meglio dal proprio dentista):
è possibile ad esempio strofinare una
piccola garza sul dorso della lingua
e poi annusarla, o ancora leccare il
dorso della mano, attendere circa 1020 secondi per farlo asciugare ed infine annusare: se l’odore è acre, è
molto probabile che sia presente un
certo grado di alitosi.
Una volta diagnosticata com’è possibile trattarla?
Ovviamente la prima tappa è
una visita professionale per escludere ed eventualmente trattare problematiche gengivali o dentali. Una
volta escluse altre problematiche
ecco un insieme di consigli per prevenire e ridurre l’insorgenza dell’alito cattivo: mantenere una corretta e completa igiene orale con
spazzolino, dentifricio e strumenti
di igiene interdentale dopo ogni pasto; detergere la lingua con un nettalingua adeguato (acquistabile in
farmacia); utilizzare collutori privi
di alcool indicati per il controllo dell’alitosi (chiedere consiglio al proprio dentista o igienista); ridurre il
fumo ed il consumo di alcool; mantenere idratato il cavo orale, bevendo molta acqua o utilizzando prodotti specifici se viene identificato
uno stato di secchezza delle fauci
patologico; mantenere una dieta
equilibrata e ricca in vitamine A, B e
C; ridurre il consumo di cibi alitogeni come aglio, cipolla; utilizzare chewing-gum con xylitolo.
Seguendo queste indicazioni ed
eseguendo costanti ed accurati controlli professionali, sarà possibile ridurre drasticamente la comparsa di
questo fastidioso problema e prevenire patologie più importanti capaci
di minare la salute della nostra bocca. Dopotutto, un sorriso vale più di
mille parole...meglio se profumato!
A cura della Dott.ssa Eleonora Maenza
Per info:
www.microdentbari.it
www.excellencedentalnetwork.com
Via Calefati, 133 - Bari
Telefono: 080-2141954
22
settembre
duemiladodici
viaggi
E’ una delle località più famose dell’India
Goa, perla d’Oriente
Alla scoperta di un’isola paradisiaca dalle lunghissime spiagge bianche
Il tempo sembra essersi fermato a Goa,
dove le capanne sulla spiaggia regnano sovrane e indisturbate. È un rifugio ideale;
un’isola paradisiaca in cui perdersi in una vegetazione lussureggiante, inebriandosi al
profumo degli alberi di mango e di pompelmo. Non solo lunghissime spiagge bianche,
ma palmeti e risaie che si alternano agli alberi di frutti tropicali, quali la papaya, il mango e il ciku. Goa è considerata la perla
d’Oriente, una delle località più famose di
tutta l’India. Essa si trova nella costa occidentale dell’India ed è il più piccolo del Paese, oltre che il più ricco.
La dominazione portoghese durò per
quasi 500 anni e, durante tale dominio il Portogallo incoraggiò la religione cristiana a discapito dell’induismo. A Goa infatti, ci sono
più chiese che templi indù. Questi richiamano devoti da tutta l’India, e sono ricordati sia
per la loro particolare architettura che per la
torre dotata di lampada che si trova all’entrata. Passata poi dalla dominazione portoghese a quella indiana, mantenne una propensione al cattolicesimo, grazie alla figura
di San Francesco Saverio, sepolto nella chiesa di Bom Jesus.
la città più importante della regione di
Goa è Panaji. La sua caratteristica principale sono i tetti rossi delle case che contrastano
con i bei giardini tropicali oltre che agli svariati monumenti e le strade eleganti ed alberate. Degli oltre 100 chilometri di costa, la
parte settentrionale è il luogo ideale per divertirsi in spiagge e villaggi omonimi come
Anjuna e Vagator. La parte meridionale della costa è la più selvaggia ed affascinante dal
punto di vista naturalistico, perfetta per un
tipo di turismo giovane e, in generale, per chi
ha spirito di adattamento. La cittadina di Palolem nell’estremo sud, è ritenuta una delle
migliori spiagge con una magnifica vista sul
“peace, love and freedom”, trascorrevano le giornate su queste
soffici distese all’ombra delle
palme, tra yoga e meditazione.
Non c’era l’elettricità e la sera attorno al fuoco festeggiavano l’arrivo della luna in leggendari “full moon party” tra canti, danze e
concerti ritmati da tamburi. Oggi gli hippies
non ci sono più, ma la spiaggia è sempre la
stessa e continua a essere movimentata da
ristoranti alla moda, dalla musica dei locali e
da innumerevoli feste.
I paesaggi di Goa sono inoltre ricchi di
verde e di fiumi imponenti. La ricchezza della terra si traduce in verdure e frutta fresca. Ma
lato ovest della catena montuosa dei Ghats, ricoperta
da fitti boschi e rilievi, dove
si può praticare senza rischi
il trekking. Nel sud si trovano molte spiagge come
quelle di Velsao e Majorda,
decisamente più tranquille
rispetto a quelle situate a
nord. Alcune località sono
dotate di resort di lusso, altre invece offrono sistemazioni più semplici in appartamenti e case private, ma
questo conferisce maggiore fascino alla vacanza. Negli anni ’60 fu eletta a destinazione obbligata delle
migrazioni degli hippies
che a centinaia affollavano la mitica spiaggia di Calangute, considerata la regina tra le
spiagge di Goa. Si dormiva nella foresta in
capanne sugli alberi o sulla battigia con il
sacco a pelo, dopo aver scavato un buco nella sabbia per nascondere soldi e passaporto.
I “flowered” di tutto il mondo, sotto lo slogan
Agenda
• Periodo migliore Goa si può visitare tutto l’anno.
• Come arrivare L’aeroporto di Goa, Dabolim, a circa 30 km dalla capitale Panaji, è
servito sia dall’Indian Airlines che da altre
compagnie aeree. Inoltre la rete ferroviaria
è pratica e veloce ed anche le autostrade e
le strade nazionali sono ben collegate.
• Per spostarsi a Goa Il mezzo più comodo
è il motorino, il costo per affittarlo si aggira
sui 7 euro circa al giorno.
• Documenti per l’ingresso nel Paese Passaporto con validità residua di almeno sei
mesi dall’arrivo.
• Non tutti sanno Molti resort sono affittati da fotografi, scrittori e coreografi. Candolim è meta di meditatori e luogo d’incontro
per artisti, collezionisti, stilisti ed imprenditori di ogni nazionalità. A Goa si viene per
seguire il Bollywood film festival ed incontrarsi nei caffè letterari.
• Cucina Piatto tipico è il vindaloo, a base
di carne di maiale cucinata con tanto aceto
di vino ed aglio e che ha dato il nome ad una
sottocategoria di musica trance. Il cibo è
molto saporito, con curry e pesce fritto o alla griglia.
• Cosa acquistare Per chi ama il colore e i
sapori dei mercatini, famoso quello di Mapusa, dove ogni venerdì si tiene una fiera
molto famosa ed affollata con visite che arrivano da tutta Goa. Da non perdere inoltre
il mercato delle pulci di Anjuna e quello del
sabato sera ad Arpora. Baga è nota per il suo
Saturday Night Market, un bazar notturno
che trasforma con le sue luci la valle che lo
ospita in un presepe contemporaneo. Bancarelle di cibo e prodotti disparati: tibetani,
messicani e afro-cubani. Si avanza tra pifferai, giocolieri, scultori che incidono sul
marmo la figura del Buddha e sfilate di stilisti locali emergenti o già affermati.
anche prima dell’avvento del turismo Goa è
stata una città di grande importanza, un crocevia strategico dei commerci con il mondo
Arabo. È il luogo per eccellenza per chi desidera una vacanza di sole e di mare e per chi
vuole lo “sballo” e il divertimento; tra rave sulla spiaggia e feste nei locali c’è solo l’imbarazzo della scelta. Qui è nata la Goa-Trance, un
genere di musica in cui le note dai ritmi techno
si ripetono ipnotiche, accompagnate da movimenti di danza che evocano antichi ritmi
shamani.
Cosa visitare. Il Forte di
Adii Shah è una costruzione
interessante, risalente ad oltre 400 anni fa ed è di origine
portoghese. Da non perdere
sono anche Shri Shanta Durga
e Shri Manguesh, costruiti circa 400 anni fa., e i templi di
Ponda di trovano in splendidi
siti collinari, tra boschi e arbusti. La baia di Mormugao
(Mormugao Harbour) è uno
un bellissimo porto naturale e
qui attraccano navi passeggeri e commerciali che provengono un po' da tutto il
mondo.
Elisabetta Ciavarella
settembre
duemiladodici
da leggere
23
L’esordio letterario della pittrice foggiana Carmen Pafundi
La vita? Ha il sapore di un cachi
Segreti, misteri, dolore e sofferenze nella storia di Zeno e Adele
Se fosse un fiore sarebbe un girasole. Ma
se fosse un frutto… no, non ci aveva mai pensato. Eppure Carmen Pafundi adora l’idea
che una donna, una mamma, possa identificarsi in un albero di mele, di cachi, di limoni. “Vada per un cachi, perché ha davvero
tanti sapori, a seconda di quando e come lo si
vuole cogliere e gustare”. Sente che qualche
ramo è stato reciso, quando da Pietragalla,
in provincia di Potenza, dov’era nata, è stata
portata qui, a Foggia, strappata alla sua terra perché per una bambina nata prematura
era meglio così. La Lucania la sente ancora
dentro. A 41 anni sembra una ragazzina.
Qualcuno la ricorda come Pandì, il nome
d’arte col quale firmava le sue tele. La tetraparesi non l’ha mai fermata, e persino quando ha rischiato di perdere la vista ha continuato a scrivere. Ammette di portarsi
addosso il retaggio della sua personale sofferenza, che ha enfatizzato le sue emozioni.
Carmen è fatta così. Quando la incontriamo
è ancora in preda al panico dopo aver trovato alcuni errori di battitura nelle prime stampe. “Ma la storia si è salvata da sola”, l’hanno rassicurata. “Un albero di cachi sono
stata” (Altrimedia Edizioni, Collana “I narratori”) è il suo esordio letterario. Quel titolo,
che sembra un’espressione dialettale sarda,
le ricordava una preghiera di Sant’Agostino
“Tardi ti ho amato”. Le sembrava il titolo più
giusto, ma non le apparteneva.
Carmen nasce come una pittrice, perché
poi, ad un certo punto della vita, decide di
scrivere?
È solo un modo diverso di esprimere i sentimenti che provo per le cose che mi capitano,
verso quello che accade intorno a me. A volte è una tela, a volte è una pagina. Non cambia nulla: c’è lo stesso approccio, lo stesso stato d’animo, lo stesso pathos. Tra matita e
pennello c’è poca differenza. Tanto che sulla
tela devi comunque prima disegnare, per un
romanzo da qualche parte devi scrivere prima qualche appunto. Questo libro è partito
da un’emozione reale, dall’immagine vera di
un cachi. A quel punto avevo nella testa tut-
te le cose: una persona di una certa età dove
incontrare qualcuno, e quel qualcuno dove
essere per forza un affetto e mi sono dovuta arrovellare per capire come farli trovare.
Ma perché proprio quei personaggi?
Un amico attore mi disse: “Voi avete
un’idea ma attenti perché, ad un certo punto,
prima o poi i personaggi vi verranno a cercare. Saranno loro a raccontarvi qualcosa”. Ed
è proprio vero. Io avevo un’idea, però poi ad
un certo punto Adele racconta, Zeno racconta e io mi sono dovuta mettere ad ascoltare”.
Chi sono Zeno e Adele?
Zeno è un medico geriatra, poco più che
40enne. Ha una sua originalità nell’approccio
con i pazienti: li chiama fanciulli. Fa due cose durante i suoi turni di notte, non spegne
mai la luce blu che ha sul letto, e quando il
letto accanto ai suoi pazienti è libero, chiede
il permesso di addormentarsi accanto a loro.
E li ascolta. Adele viene portata in ospedale
da alcuni volontari che la soccorrono nei pressi della stazione di Roma dopo uno scippo.
Perde la memoria. In mano aveva un cachi,
ma non riusciva a far capire se lo odiasse o lo
desiderasse. Zeno odiava i cachi, e non si è
mai saputo spiegare il perché.
Conti di tornare a scrivere dopo questo
esordio?
È stato difficile arrivare alla pubblicazione. Sono quindici anni che chiedo consigli,
aiuto a scrittori. Ho altri racconti, soprattutto fiabe che vorrei pubblicare. Mio nipote
vuole che gliele legga. E negare una fiaba a
un bambino è un reato.
Perché definire la disabilità “un valore
aggiunto alla vita da artista”?
Perché nel momento in cui la disabilità ti
limita, e lo fa - mi limita nel fare le scale senza appoggiarmi, mi limita nel mettere le scarpe coi tacchi che vorrei - quando ti fa soffrire
quella sofferenza non la puoi tenere dentro.
Quello stato d’animo lo fai diventare qualcos’altro. Lì dove avrei potuto reagire in maniera negativa, la disabilità mi ha resa più
sensibile.
Segreti, misteri, dolore, sofferenze. Cosa vogliono dirci Adele e Zeno?
Quello che Adele e Zeno hanno insegnato a me, e che spero arrivi agli altri, è che
bisogna dire sempre quello che abbiamo voglia di dire, senza arrivare alla fine. Se non
ci riusciamo a farlo a voce lo possiamo scrivere, o racchiudere in un frutto, proprio come un cachi.
Mariangela Mariani
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settembre
duemiladodici