Se il Giudice di Pace condanna un Comune a risarcire

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Se il Giudice di Pace condanna un Comune a risarcire
“Se il Giudice di Pace condanna un Comune a risarcire un cittadino” di Monica Bombelli e
Matteo Iato
Fonte: Corriere di Novara n. 93 del 30/8/2008
Un giudice di pace condanna un Comune (che riscuoteva anche la Tarsu) a risarcire ad un cittadino
i danni patiti per mancata raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani.
Questi i fatti.
Un tizio fa causa al proprio Comune di residenza, esponendo che, pur pagando regolarmente la
Tarsu, egli non godesse del corrispettivo servizio. Infatti, dice il cittadino, la strada in cui abita è
impraticabile e lurida per i rifiuti ivi abbandonati e spesso bruciati. Anche i marciapiedi e le strade
della città sono sempre sporche e invase da cumuli di rifiuti. Il Comune, sostiene il tizio nella
propria citazione, non fa la raccolta dei rifiuti in modo adeguato e sufficiente. La conseguenza è che
egli si trova, suo malgrado, costretto a convivere quotidianamente con sporcizia e con i derivanti
pericoli igienico-sanitarie, deve respirare aria maleodorante e il tutto si aggrava con l’innalzarsi
delle temperature. Da ciò, lamenta il tizio, derivano a suo carico lesioni alla sua persona, alla sua
salute, alla vita di relazione. Quindi chiede che il giudice di pace condanni il Comune, a suo
giudizio responsabile per tale situazione, a risarcirgli i danni subiti.
Nel giudizio, il Comune non si costituisce e viene dichiarato contumace. Compiuta l’istruttoria, il
giudice di pace accoglie la domanda del tizio e condanna il Comune a risarcirgli la somma di mille
euro per i danni subiti, oltre alla refusione delle spese legali come ivi liquidate.
Scrive il giudice, nella motivazione della sentenza, che il Comune in questione, non provvedendo
alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, è stato “inottemperante” agli obblighi
imposti dalla normativa vigente in materia e altresì “all’obbligo assunto, al momento della
riscossione della tassa sui Rsu, costringendo la popolazione comunale, a vivere in un ambiente
malsano, e minando, in tal modo, il diritto alla salute, quale diritto inviolabile garantito
costituzionalmente”.
Infatti, secondo il giudice di pace, compito dei Comuni “è quello di effettuare la gestione dei rifiuti
urbani, e di disciplinarla con appositi regolamenti; intendendosi, per gestione dei rifiuti, non
soltanto ‘la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti’, ma anche ‘il controllo di
queste operazioni’”. Però, il fatto che le strade di questo Comune fossero “sommerse da rifiuti
putridi e maleodoranti, veicoli di infezioni ed epidemie, a danno della salute dei cittadini, è indice
dello stato di degrado in cui versano, che è imputabile ad una non corretta gestione della ‘res
pubblica’, da parte dell’Amministrazione comunale, che, non soltanto non si è adoperata per la
raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, ma che ha anche tralasciato di effettuare i relativi controlli su
tale attività, difformemente da quanto previsto dalla normativa vigente”. Sostiene invero il
giudicante che le singole amministrazioni comunali siano gravate, appunto dalla normativa vigente,
“dall’obbligo di provvedere alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, adottando,
all’uopo, appositi piani di smaltimento rifiuti, in conformità con la normativa nazionale e, per la
cui attuazione, sono autorizzati alla riscossione, dalla cittadinanza, di una tassa di smaltimento dei
rifiuti, il cui importo è demandato alla determinazione delle singole Amministrazioni comunali, in
relazione alle diverse esigenze avvertite nel territorio locale”.
Vi sono quindi, a parere del giudice di pace, tutti i requisiti di legge per la condanna dell’ente locale
comunale al risarcimento dei danni in favore del cittadino attore nella causa in oggetto. C’è infatti
l’”evento dannoso: il mancato ritiro e smaltimento rifiuti” che “rende le strade impraticabili in
quanto da tempo sommerse da cumuli di rifiuti putridi e maleodoranti che, non soltanto ostano alla
circolazione dei veicoli e dei pedoni, ma sono anche causa della esposizione della cittadinanza
comunale ad esalazioni inquinanti e malsane, nocive, oltre che per l’ambiente, anche per la salute,
quale diritto inviolabile e costituzionalmente garantito ex art. 32 Cost.”. C’è il danno ingiusto, “in
quanto incidente su interessi rilevanti per l’ordinamento: la tutela della salute pubblica, ma anche
il diritto, inviolabile, garantito a ciascun individuo, di vivere in modo libero e incondizionato, il che
si esplicita anche nel compimento delle attività più semplici della vita quotidiana, quali il semplice
passeggiare lungo la strada o affacciarsi alla finestra”. C’è il messo di causalità perché l’evento
lamentalo “è riconducibile alla condotta omissiva del Comune” che non ha provveduto secondo
quanto avrebbe dovuto stando alla normativa vigente. Ed esiste l’elemento soggettivo, essendo la
mancata raccolta dei rifiuti “senza dubbio imputabile ad una sua [del Comune] condotta colposa, in
quanto frutto di negligenza, imprudenza ed imperizia nella assunzione de esecuzione di incarichi
previsti ed imposti dall’ordinamento”. E ci sono, secondo il giudice di pace, i danni di natura non
patrimoniale, sofferti dal cittadino, e cioè il danno esistenziale, alla salute, alla vita di relazione,
all’immagine. Che vanno risarciti. Nella misura che il giudice ha liquidato secondo equità, e cioè
mille euro.
A cura dell’Avv. Monica Bombelli e dell’Avv. Matteo Iato