la rivoluzione industriale e le trasformazioni del
Transcript
la rivoluzione industriale e le trasformazioni del
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E LE TRASFORMAZIONI DEL PAESAGGIO a cura di Carolina Pacchi, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano La rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo e diffusasi in seguito con ritmi differenti negli altri paesi europei, può essere interpretata come l’intensificarsi di alcuni fenomeni che erano già in corso e che, combinati, hanno prodotto cambiamenti senza precedenti non solo nell’economia e nella società, ma anche nel paesaggio abitato e nel territorio europeo. In primo luogo possiamo ricordare l’aumento demografico e lo spostamento massiccio di popolazione verso le città: nel corso del XIX secolo alcune città europee, a partire da Londra e Parigi, vedono aumentare in modo considerevole la propria popolazione, e questo porta a una modifica radicale del paesaggio urbano, dato che le città divengono non solo molto più estese e popolose, ma anche luoghi delle grandi folle anonime, nei quali diverse popolazioni vivono vicine una all’altra senza conoscersi, provocando un forte sentimento di spaesamento. Dal punto di vista abitativo, l’affollamento in condizioni difficili di grandi masse di nuovi abitanti giunti dalle aree rurali provoca la necessità di rispondere in tempi brevi alle loro esigenze di alloggio, e questo sarà uno dei temi ricorrenti di critica sociale durante tutta la parabola della città industriale. Il secondo aspetto riguarda invece le scoperte della tecnica, e ad esempio, per quanto riguarda l’edilizia, l’utilizzo di acciaio e vetro per i progetti di edifici e per alcuni grandi progetti infrastrutturali e di servizi, che permette di liberare le facciate dalla pesantezza della pietra o dei mattoni, e successivamente l’introduzione del cemento armato. Le città si popolano in questo modo di nuovi edifici che possono coprire grandi volumi (ad esempio le stazioni ferroviarie, gli impianti industriali o di stoccaggio delle merci) o svilupparsi in altezza. Possiamo riassumere la rapidità e la scala delle trasformazioni con le parole di un grande storico della città, Leonardo Benevolo: “E’ del tutto nuova l’entità dei fenomeni – la moltitudine degli abitanti, il numero delle nuove case, la capacità dei nuovi impianti industriali e commerciali, i chilometri di nuove strade e di canali, il numero dei veicoli che circolano nelle strade della città – ed è senza precedenti la velocità delle trasformazioni: città che nascono e si raddoppiano in una generazione, iniziative di speculazione che si concretano improvvisamente in stabilimenti, strade, canali, miniere aperte in pochi anni nell’intatto paesaggio agreste, altiforni e camini drizzati contro il cielo accanto alle torri delle cattedrali”. (L. Benevolo, Le origini dell’urbanistica moderna, Laterza, Roma - Bari, 1963) In Italia questi stessi fenomeni avvengono con notevole ritardo e solo a partire dalle seconda metà del XIX secolo è possibile leggere alcuni grandi cambiamenti nella forma delle città e del territorio legati alla rivoluzione industriale. In estrema sintesi, se guardiamo agli effetti dello sviluppo industriale nel nostro Paese, tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, si possono mettere in luce quattro fenomeni: 1. la crescita delle città, che le porta non solo a espandersi nel territorio, ma implica anche alcune grandi operazioni urbane di rottura rispetto al passato, quale ad esempio la demolizione delle mura; 2. la localizzazione in esse delle grandi fabbriche, dapprima di manifattura leggera, in particolare tessili, in seguito anche siderurgiche e chimiche, che causano un salto di scala nell’organizzazione urbana; 3. in molti casi, la demolizione dei tessuti urbani antichi degradati e la sostituzione di questi con nuove costruzioni, sia per ragioni igieniche, che per ragioni di valorizzazione immobiliare; 4. la diffusione dei sistemi di infrastrutture stradali, ferroviarie, di produzione e distribuzione di energia, che si organizzano in una maglia, più o meno fitta, che modifica radicalmente le relazioni tra aree urbane e aree rurali.