Omelia nell`Eucarestia esequiale di don Tarcisio Dal Zotto «Quando
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Omelia nell`Eucarestia esequiale di don Tarcisio Dal Zotto «Quando
Omelia nell’Eucarestia esequiale di don Tarcisio Dal Zotto Chiesa arcipretale di Altivole, 6 ottobre 2014 «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). Queste parole di Gesù che abbiamo appena acoltato suscitano dentro di noi, in questo momento, la fiducia che il nostro don Tarcisio sia là dove è il Signore: sia accolto nella sua gloria, nella pienezza del suo amore. L’Eucarestia che ci vede qui riuniti e partecipi è implorazione della misericordia di Dio, perché, purificato da ogni colpa, questo nostro fratello sacerdote possa entrare nella vita vera, quella definitiva, quella procurata dalla risurrezione di Cristo. Del resto ogni esistenza umana, particolarmente ogni esistenza segnata dal Battesimo, è una storia di salvezza, destinata ad entrare, dopo l’esperienza della precarietà e della fragilità della sua fase terrena, nello spazio meraviglioso della relazione beatificante con Dio. Anche la vita di don Tarcisio è stata storia di salvezza: iniziata 86 anni or sono e conclusa il 2 ottobre scorso, festa degli Angeli Custodi. E così egli ha raggiunto la mèta: è giunto alla porta del cielo per esservi accolto e amato per l’eternità. Noi vogliamo pensare che, davanti al Dio che – come ci ha detto il profeta Isaia – elimina per sempre la morte ed asciuga le lacrime di ogni volto (cf. Is 25,8), don Tarcisio abbia esclamato – per riprendere ancora le parole del profeta –: «Ecco il mio Dio; in lui ho sperato» (Is 25,9); è il Dio che ho cercato, amato, lodato, annunciato, celebrato, servito. Davanti a Dio egli ha portato, infatti, anche i suoi 61 anni di vita sacerdotale, donati con generosità e fedeltà a questa nostra chiesa di Treviso. Si prendono in mano con commozione i documenti che riguardano don Tarcisio e che attestano la sua vita buona. La prima testimonianza che ci parla di lui è contenuta in una diligente nota del parroco di Venegazzù, don Sante Brusa, richiesta dal Seminario diocesano per l’ammissione del giovane Tarcisio alla “vestizione clericale”, avvenuta nel 1949, nella data tradizionale per il nostro Seminario, il 19 marzo, solennità di San Giuseppe. Scriveva il parroco: «Come seminarista, nel tempo della sua permanenza in parrocchia, fu sempre di esemplare condotta, devoto nella pietà, nell’obbedienza, nella frequenza ai santi sacramenti, nell’osservanza di tutte le norme prescritte dai superiori..., nella premura dell’insegnamento catechistico e nello zelo ad aiutare l’Azione Cattolica». Più sopra il parroco aveva parole semplici ma significative sulla famiglia di don Tarcisio: «Famiglia profondamente cristiana, in seno alla quale, e anche fra i suoi parenti, fiorirono in passato altre vocazioni allo stato ecclesiastico...». Tarcisio, fanciullo, adolescente, giovane, è vissuto dunque in un ambiente in cui si respirava un intenso clima di fede, nel quale fiorivano numerose e generose tutte le vocazioni: da quella matrimoniale e famigliare, origine di tutte le altre successive, tutte uscite dall’acqua del Battesimo, fino a quella di una dedizione totale al Signore, al servizio del suo popolo. Il 21 giugno 1953 don Tarcisio diventa sacerdote e inizia il suo ministero, secondo un percorso tradizionale per il giovane clero della nostra diocesi, quello cioè di cappellano in parrocchie diverse: dapprima a Montebelluna, poi a Maerne e a Sant’Ambrogio di Fiera, in Treviso, fino al 1967. In quell’anno viene inviato come vicario cooperatore accanto all’anziano parroco di Fanzolo e nel 1969, con lo stesso incarico, a Selva delle Montello. Il 1° maggio 1971 viene nominato arciprete di questa parrocchia di Altivole, dove rimarrà fino al 30 agosto 2004; ininterrottamente per 33 anni: interamente dedicati a questa comunità che è divenuta la sua famiglia, per la quale si è speso con dedizione. Don Tarcisio, come molti parroci della sua generazione e di quelle precedenti, ha avuto il dono, ma anche la responsabilità, di una lunga permanenza nella stessa parrocchia. Questo gli ha dato modo di radicarsi in un ambiente e in un popolo, per poter conoscere, discernere, progettare; raccogliendo, da una parte, il ricco e condiviso patrimonio della tradizione pastorale e spirituale del nostro presbiterio, e, dall’altra, impegnandosi con i fedeli laici della sua comunità e con i confratelli del vicariato in una riconsiderazione globale del ministero e delle istituzioni parrocchiali. Non dimentichiamo, infatti, che egli ha svolto buona parte del suo ministero di parroco in quel particolare e provvidenziale tempo che è stato il post-concilio, stagione che non poteva lasciare nessuno tranquillo nelle proprie assodate consuetudini. Vorrei ricordare due attenzioni particolari espresse don Tarcisio, nel suo ministero, quasi due ambiti previlegiati, segno di due sue attitudini spirituali. Anzitutto l’attenzione alla Parola di Dio che, da sensibilità personale, è divenuta un metodo pastorale e strumento di educazione della comunità. La sua predicazione era fondamentalmente una commento alla Parola ascoltata; e i fedeli, al loro posto nei banchi, non trovavano il consueto foglietto ma il messale, che imparavano ad usare e valorizzare, dando anche al parroco una maggiore libertà nella scelta dei testi possibili, offerti dalla liturgia. La seconda priorità, da tutti segnalata, ė stata l’attenzione alle famiglie bisognose, alle quali riservava gesti concreti di carità e sostegno. Don Tarcisio, com’era nel suo carattere, riservato, timido e diligente, rispettoso degli orientamenti diocesani, ha attraversato quegli anni offrendo alla comunità un tempo di impegno e di rinnovamento, e iniziando con gli altri parroci del comune di Altivole, don Fabio e don Marcello, un buon lavoro di collaborazione. L’esperienza pastorale di don Tarcisio ad Altivole è stata caratterizzata, a partire dall’anno 2000, anche da una presenza che, seppur discretamente, ha segnato la vita della comunità parrocchiale: l’arrivo di una fraternità di Cooperatrici pastorali diocesane, destinate ad animare, in stretta collaborazione con il parroco e con i laici più preparati, la vita della comunità parrocchiale e i diversi servizi che la rendono tale: liturgici, catechistici, formativi, caritativi. Come tutte le relazioni plasmano progressivamente le persone, anche le relazioni pastorali contribuiscono di solito a dare una fisionomia al sacerdote, lo rendono più capace e disponibile a farsi guida e accompagnatore adeguato alla comunità che è chiamato a servire, pastore per quel particolare gregge; lo aiutano ad assumere modi nuovi di porsi accanto ai fratelli e sorelle affidati alle sue cure pastorali. Così è stato per don Tarcisio nei suoli lunghi anni di permanenza e di ministero ad Altivole. Nel 2004 don Tarcisio ha concluso il servizio di parroco ad Altivole, ritirandosi nel suo paese natale di Venegazzù, dove ha continuato ad esercitare il ministero presbiterale per quanto gli permettevano le sue forze. Ha trascorso gli ultimi anni in Casa del Clero a Treviso, dove è stato accudito con la consueta cura e delicatezza; e ne voglio ringraziare sentitamente il Direttore e tutto il personale. Noi ora consegniamo questo fratello e questo pastore all’amore del Padre: ricco della sua gioia, la gioia della sua fede e del suo ministero, ma anche delle croci con cui Gesù, negli ultimi anni della vita, ha voluto unire a sé il discepolo, quasi riscrivendo in lui il percorso della propria passione. Ma noi crediamo che mentre – per riprendere le parole di Paolo – l’uomo esteriore si andava disfacendo (cf. 2Cor 4,16), l’uomo interiore si preparava all’incontro decisivo con il Signore. Ora la storia di don Tarcisio entra nell’eternità e Gesù mantiene la sua promessa, espressa nella preghiera rivolta agli apostoli nel Cenacolo prima della sua passione: «Padre voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria» (Gv 17,24).