1 2013 MORONE solitudine laico

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1 2013 MORONE solitudine laico
LA SOLITUDINE DEL LAICO.
RIFLESSIONI SU COME L’INIZIATIVA EUROPEA “ONE OF US”
È PRESENTATA NELLA SCUOLA PUBBLICA
Giovanna Morone*
* Insegnante di filosofia, scuola secondaria di secondo grado; Consulta di Bioetica onlus, Sezione di Torino.
Creonte. Non hai pudore, a sentirti isolata con le tue idee?
Sofocle, Antigone, v. 510.
In questo breve testo cercherò di esaminare come l’iniziativa europea “One of us” affronti la
questione dell’embrione e di analizzare come l’introduzione della stessa campagna referendaria
nelle istituzioni scolastiche pubbliche, e non solo nelle agenzie religiose, vada a incidere sulla
formazione morale dei giovani, condizionandoli a un paradigma etico predeterminato. Questo
lavoro non ha la pretesa di essere una trattazione esaustiva della questione quanto piuttosto di
spingere alla riflessione su un fatto che riguarda da un lato la bioetica dall’altro il problema della
laicità della scuola pubblica.
L’iniziativa europea “One of us” mira alla raccolta di un milione di firme entro il primo novembre
2013 per chiedere alle istituzioni comunitarie «la protezione giuridica della dignità, del diritto alla
vita e all’integrità fisica di qualsiasi essere umano dal momento del concepimento in tutti i campi di
competenza della Ue»1. Il presidente del comitato promotore è un giurista francese, Gregor
Puppinck, insieme ad altri sei membri: Filippo Vari (MpV-Italia), Liebner Manfred (Stiftung ja zum
Leben-Germania), Latorre Alicia (Federacion Espaňola de Asociaciones Provida-Spagna),
Quintavalle Josephine (ProLife Alliance and Core-Gran Bretagna), Fridvalsky Edith (Togheter for
Life Association-Ungheria), Baltroszewicz Jakub (Polish Federation of Pro-Life MovementsPolonia). A fianco dei promotori si schierano «moltissimi leader di organizzazioni pro life»2; nei
fatti i moltissimi leader sono trenta e non appartengono nemmeno a tutti gli stati dell’Unione. Lo
stesso Puppinck ammette le difficoltà nell’iniziare la campagna in alcuni paesi europei come la
Francia, dove sta cominciando solo ora, e lamenta che la stessa situazione si sta verificando in
Germania in cui «fa fatica a decollare»3. La raccolta viene fatta in prevalenza attraverso la consegna
di un modulo cartaceo che permette anche ai vari responsabili e operatori del MpV di entrare in
contatto con i firmatari. Internet non viene escluso, ma i promotori sembrano preferire il primo
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Cfr. http://www.oneofus.eu/it/initiative-explanation/ (ultimo accesso 30 maggio 2013).
Cfr. http://www.oneofus.eu/it/about-us/(ultimo accesso 30 maggio 2013).
Cfr. http://www.oneofus.eu/it/la-vita-che-vince/ (ultimo accesso 30 maggio 2013).
canale di raccolta. Sempre Puppinck rende espliciti gli obiettivi dell’iniziativa e questo è un fatto
significativo, infatti, sulla stampa italiana promotrice di “One of us” non compaiono affatto, o
almeno sono avvolti dentro la retorica, e chi volesse conoscerli dovrebbe almeno collegarsi alla
pagina internet dedicata. Il primo obiettivo è vietare i finanziamenti di attività che implicano la
distruzione di embrioni umani, in particolare nella ricerca, in questo modo si intende condizionare il
programma “Horizon 2014-2020” e il suo comitato di regolamentazione, vietando la proposizione
allo stesso di ricerche che distruggono embrioni umani, compresi quelli necessari per
«l’approvvigionamento di cellule staminali». Il secondo obiettivo dichiarato apertamente da
Puppinck e in modo più melenso dai promotori italiani, è «proibire qualsiasi finanziamento
pubblico all’aborto»4 e impedire inoltre i finanziamenti comunitari alle Organizzazioni non
governative che ne sostengono la pratica.
L’iniziativa “One of us” è arrivata sulla stampa italiana in maniera massiccia tra aprile e maggio
2013, in preparazione agli eventi e alle iniziative di raccolta firme promossi in tutta Italia in
occasione della Festa della mamma.
Qui intendo raccontare un aspetto di questa iniziativa, ossia come essa è stata presentata in alcune
scuole superiori italiane. Il campione non è vasto, ma sufficiente a illustrare una linea di tendenza e
rivela uno stile di azione che viene usato anche con il “Concorso per la vita” proposto ogni anno
nelle scuole pubbliche italiane. Anzi, nel caso specifico, c’è stata una sovrapposizione di aspetti per
far entrare in azione sinergica le due iniziative.
Già a partire dall’autunno scorso era giunto in molte istituzioni scolastiche pubbliche l’invito,
diretto ai dirigenti, affinché sollecitassero l’adesione degli alunni e dei docenti a un concorso (non
ben precisato). Le modalità attraverso le quali veniva proposto ai docenti erano inusuali, e poco
rispettose delle norme che regolano tali tipologie di interventi nella scuola; infatti, quando si tratta
di attività aggiuntive rispetto alla programmazione abituale e sollecitate da enti esterni (fondazioni,
associazioni, ecc.) la proposta deve essere diretta al Consiglio di classe nella sua interezza e deve
essere anche approvata dal Collegio dei docenti, proprio per garantire la convergenza delle diverse
iniziative con il progetto educativo complessivo dell’istituzione scolastica. La sollecitazione alla
partecipazione all’iniziativa “One of us”, diretta ai singoli docenti, quasi in forma privata, risultava
quindi anomala rispetto alla norma e denotava da una lato la volontà di cooptare individualmente i
docenti, dall’altro la svalutazione della funzione degli organi collegiali.5
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Dal punto di vita
Cfr. http://www.oneofus.eu/it/la-vita-che-vince/ (ultimo accesso 30 maggio 2013).
M. Vigli, “Libertà di insegnamento. E di educazione?”, in M. Bovero, Quale libertà?, Laterza, Roma-Bari, 2004,
pp.107-119. L’autore traccia un quadro chiaro e disincantato di come è cambiata la scuola italiana soprattutto in
seguito all’introduzione della funzione dirigenziale e allo svilimento degli organi collegiali.
dirigenziale tale azione non si poteva che configurare come un abuso nei confronti della funzione
educativa dei docenti e come un condizionamento della libertà di insegnamento. I docenti, posti in
tale situazione, si sono trovati davanti alla scelta se adeguarsi a proporre ai propri studenti un
concorso di un’agenzia fortemente legata a una chiesa o opporre un rifiuto in nome della laicità
della scuola pubblica, assumendosene completamente la responsabilità, senza alcuna condivisione e
appoggio degli organi collegiali.
La difficoltà della scelta era acuita dal fatto che la presentazione stessa del concorso in questione
era piuttosto fuorviante: la dicitura dello stesso era “Concorso Europeo” e solo leggendo
attentamente il testo ed esaminando i logotipi presenti sulla lettera di adesione si scorgevano quelli
dei Prolife, del MpV e del Forum delle associazioni familiari. Esaminando però con più attenzione
le pagine dedicate al “Concorso Europeo”, e magari leggendo le pubblicazioni del MpV, diventava
chiaro che il connubio tra il Movimento, promotore dell’annuale “Concorso per la vita”, e
l’iniziativa europea “One of us” era di lunga data e che anche l’uso del termine “europeo” applicato
a iniziative di tal genere poteva far pensare a qualcosa proveniente davvero dall’Unione Europa o
qualche organismo a essa connesso. Solo ripercorrendo la storia ci si accorge che così non è. Già il
primo “Concorso europeo”, indetto a Firenze nel 1986, anno in cui la città era stata designata
Capitale europea della la cultura, nel suo stesso titolo, “Firenze, Europa, cultura: prima di tutto la
vita”, sembrava voler sollecitare l’Unione Europea a una difesa netta dell’embrione, vantando la
presenza di personalità come Madre Teresa di Calcutta e Chiara Lubich. Negli anni successivi il
tema della sacralità della vita e dei diritti dell’embrione ritornava con forza nelle scuole pubbliche,
così come l’invito a estendere i diritti umani anche a chi non era ancora nato.6
Rileviamo ora che l’attuale convergenza del “Concorso europeo” con l’iniziativa One of us trova la
sua giustificazione nel fatto che «in fondo la piazza, intesa come presenza e visibilità pubblica» è un
aspetto della mission del MpV.7 La mission viene perseguita chiedendo appunto ai giovani di far
sentire una «gran voce» e di rendere esplicite e pubbliche le richieste avanzate per molti anni, con i
precedenti concorsi, affinché le carte dei diritti fondamentali dell’Unione non lascino «nel silenzio
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Cfr. http://www.concorsoeuropeo.org/p/la-storia.html (ultimo accesso 30 maggio 2013).
Ricordiamo, a titolo di esempio, i titoli di alcuni dei Concorsi europei: “La vita? Una bella notizia... una sfida per
l’Europa e per ciascuno (1996, per celebrare l’Evangelium vitae del 25/03/1995)”; “Chi ha diritto ai diritti per
l’uomo? (1998, nel cinquantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti per l'uomo)”; “La prima
sfida è quella della vita (2006, in memoria di Giovanni Paolo II)”. Il “Concorso europeo” in questione, a detta degli
stessi promotori, ha visto una progressiva crescita e istituzionalizzazione, nel corso di venticinque anni.
D. Nardi, “Perché quel bambino è Uno come noi”, Sì alla vita, n. 10, marzo 2012, pp. 11-13. Già il titolo di questo
articolo è eloquente: l’embrione viene automaticamente definito bambino.
l’uomo concepito e non ancora nato»8. Gli insegnanti che si sono addentrati nelle pagine allegate
hanno avuto modo di capire ancora meglio che dietro le richieste iniziali del concorso, piuttosto
generiche e riguardanti «l’esposizione di un pensiero relativo al tema messo a concorso, anche in
forma grafica o figurativa sul tema: L’embrione è uno di noi?»9, si celava in realtà la propaganda
per una sola posizione: quella del MpV. Infatti, sia l’introduzione che la presentazione della
tematica del concorso sono scritte da Carlo Casini, Presidente del Movimento, il quale non fa altro
che presentare con insistenza e a senso unico gli argomenti dello stesso, quasi fosse impegnato in
azione di “propaganda” più che di “formazione”. I diritti umani vengono automaticamente intesi in
modo estensivo (cosa che non c’è nella Dichiarazione dei diritti umani del 1948, né tanto meno nel
Trattato di Lisbona) e viene data per scontata, addirittura ovvia, l’applicazione degli stessi
all’embrione, quando questi invece sono stati pensati dai legislatori per individui nati; la dignità
della persona umana viene richiamata più volte come l’idea che la superiorità del vivente umano sia
massima. Senza chiarire che cosa sia “dignità” si afferma che la dignità umana fonderebbe il
principio di uguaglianza10, cosicché si giunge alla conclusione che «basta essere uomini per avere la
dignità umana». Non si capisce che cosa sia allora fondante, se la dignità o l’umanità. Ancora,
l’Unione Europea, istituzione da sempre molto attenta all’uguaglianza di tutti e alla promozione dei
diritti umani, viene presentata come addirittura incapace di tutelare questi diritti, in quanto non sono
immediatamente estesi anche all’embrione. Farebbe eccezione a questo quadro la sentenza
“Brüstle” della Corte europea di giustizia, perché secondo l’interpretazione data sembra dia per
scontato che l’embrione è uno di noi.
Non si nega, ovviamente, alle varie organizzazioni il diritto di poter diffondere le proprie posizioni
e anche di proporre la loro propaganda. Il problema è che quando si ha a che fare con concorsi
scolastici, che sono promossi o approvati a vario titolo dall’amministrazione scolastica, come è
avvenuto anche nel caso di concorsi europei11 (veramente tali), una volta definito il tema proposto,
si lascia spazio a una libera ricerca di fonti e documenti da parte di docenti e allievi, i quali sono
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C. Casini, “Lettere al Popolo della vita”, Sì alla vita , n. 5, febbraio 2012, p. 5. Anche in questo articolo, come in
quello citato nella nota precedente, non compare il termine embrione ma direttamente il termine uomo; questo
stratagemma permette all’autore di scavalcare tutta una serie di questioni complesse sulla natura dell’embrione.
http://www.concorsoeuropeo.org/p/caro-studente-e-caro-professore (ultimo accesso 30 maggio2013)
C.A. Viano, “Persona e protezione”, in Quaderni laici “Natura, vita, persone, corpi”, 2010, 1, Torino. «Spesso si
dice che una qualità intrinseca della persona, proporzionale alla sua personalità è la dignità: questa nozione è
ampiamente usata anche nel linguaggio giuridico ed è presente nelle costituzioni, ma spesso i giuristi riconoscono
che si tratta di una nozione giuridicamente non ben definita.»
La Commissione europea ha organizzato negli anni passati alcuni importanti concorsi per le scuole: nel 2007
“Primavera dell’Europa. Le idee fanno muovere l'Europa”, sulla creatività e l’innovazione; nel 2012 il CNR e la
Rappresentanza in Italia della Commissione europea hanno promosso “Invfactor, concorso per invenzioni di ragazzi
e professori”.
Cfr. http://www.lineaamica.gov.it/notizie/invfactor-anche-tu-genio-bando-europeo (ultimo accesso 30 maggio
2013).
invitati conoscere le diverse prospettive. Infatti, l’azione educativa richiede il confronto delle
opinioni e l’attenzione alle diverse ragioni messe in campo. Così, per esempio, nella presentazione
dei diritti umani o della nozione di “dignità umana”, avremmo voluto veder almeno menzionate con
imparzialità anche posizioni diverse, come eventuali diverse interpretazioni della sentenza
“Brüstle”12. Invece, nulla di tutto questo: le posizioni della controparte sono azzerate o bollate come
frutto della “cultura della morte”. Sembra che per il MpV sia meglio indirizzare le giovani menti al
pensiero unico sui trattati, carte dei diritti e costituzioni, senza mai citare opinioni discordanti o
lasciare spazio alla critica. Ancora, nella documentazione allegata, il termine “persona” (già di per
sé difficile da padroneggiare), viene legato a entità molto diverse (ovulo, embrione, blastocisti, ecc.)
che è un po’ difficile identificare con la persona. La parte scientifica, poi, è centrata a favorire «lo
sguardo», perché le moderne apparecchiature fornite dalla tecnica dovrebbero farci capire che
l’embrione “è uno di noi”. Si passa così al discorso sulle immagini e sul loro uso, che dovrebbe
essere molto più ampio di quanto possa fare qui. Sia nei materiali forniti per il “Concorso europeo”
sia per l’iniziativa “One of us” (si veda Famiglia Cristiana in primis)13 le immagini sono fuorvianti
perché il tema riguarda l’embrione e la foto è quella di un florido e bel bambino. È chiaro che così
facendo si vuole sottolineare l’uguaglianza, ma la realtà è ben diversa. Lo si vede anche dalla solita
foto a ottomila ingrandimenti dell’embrione solitamente usata alla bisogna14. Come ho detto, il
discorso sull’uso delle immagini è ampio, ma sarebbe stata auspicabile maggiore sobrietà e
attenzione a non colpire la bassa emotività. Progetti educativi e formativi che entrano nella scuola
pubblica (e forse anche in quella privata) dovrebbero prestare attenzione anche a questo.
Ultimo aspetto da considerare del materiale allegato riguarda la pagina sul “cosa dice la scienza”,
che rivela una interessante “curiosità”. Infatti, dopo aver insistito tanto sul fatto che l’embrione è
già sin dall’inizio “uno di noi”, esattamente come noi, si scopre che “lo sguardo”, quel nuovo
“sguardo” che dovremmo acquisire, ci porterebbe a capire la centralità del finalismo intrinseco alla
natura. Questo punto è anche esemplificato nel logotipo di “One of us”, in cui è raffigurata una
progressione continua, dallo zigote all’individuo adulto. Nel testo si legge che «questo percorso, che
l’uomo compie dalla fecondazione alla nascita, è caratterizzato dal punto di vista biologico da un
finalismo progettuale; ciò significa che lo sviluppo prenatale dell’uomo procede senza fratture
evolutive fino alla nascita […] lo sviluppo prenatale dell’uomo procede per tappe evolutive secondo
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D. Neri, “Embrioni e brevetti: a proposito della sentenza della Corte europea di giustizia sul caso Brüstle”, Bioetica.
Rivista Interdisciplinare, XX (2012), n. 4. La sentenza sul brevetto richiesto da Brüstle riguarda cellule staminali
pluripotenti che non sono qualificabili come embrioni in quanto non hanno la capacità di dare avvio al processo di
sviluppo di un essere umano.
O. Vetri, “Firmiamo anche noi per dire che è Uno di noi”, Famiglia Cristiana, n.18, 5 maggio 2013, pp. 44-48.
Sulla questione dell’uso di materiale fotografico non appropriato e lesivo della sensibilità delle donne e degli
operatori si veda anche Bioetica. Rivista Interdisciplinare, Anno XX, n.2, Ottobre 2012, pp. 164-167.
un processo biologico orientato progettualmente secondo tre principi; la continuità, la gradualità, la
coordinazione»15. Il problema, qui, non è solo che questo presunto perfetto orientamento verso la
vita dell’embrione si scontra con la realtà di tanti embrioni che iniziano questo progetto ma non lo
portano a termine16, ma soprattutto che altro è il rispetto di una persona umana con una propria
biografia, e il rispetto di un mero processo biologico. Confondere questi due aspetti è, come
minimo, logicamente problematico e sorvolare sulla logica non favorisce quella sana educazione
che la scuola, ogni scuola ma soprattutto quella pubblica, deve favorire.
Ho esaminato alcuni aspetti della modalità con cui l’iniziativa “One of us” è stata presentata in
alcune scuole superiori del nostro Paese, collegata anche al “Concorso europeo”. Ho rilevato come
si tratti di un intervento fortemente collegato a una posizione ben precisa che non lascia spazio a
posizioni difformi e al fondo connesso a una particolare agenzia religiosa, quella cattolica. Non si
intende affatto censurare tali iniziative, che rientrano nella libertà di espressione. Quando però esse
entrano nella scuola pubblica, dovrebbero essere sottoposte ad attenta valutazione per vedere se si
inseriscono in un progetto formativo adeguato, cioè aperto e rispettoso della pluralità di posizioni
etiche presenti nella nostra società multiculturale. Questo, purtroppo, non sembra ancora accadere, o
comunque incontra serie difficoltà e non va in automatico come dovrebbe, perché sia tra i dirigenti
sia tra i colleghi si è ancora lontani dal pensare che le questioni morali esulino da un visione
religiosa: molti ritengono ancora, addirittura, che la religione sia uno dei mezzi migliori per
rafforzare la morale.17 Parimenti, le (poche) iniziative e proposte fatte da organizzazioni laiche nelle
scuole vengono solitamente viste con sospetto e diffidenza, e sottoposte alle più svariate forme di
controllo e attenzione al fine di garantire adeguato rilievo alle posizioni religiose. Questa
asimmetria di trattamento è particolarmente odiosa (anche se accettata nell’indifferenza generale) –
ma il punto grave su cui intendo richiamare l’attenzione è che iniziative come “One of Us” e il
presunto “Concorso europeo” passino tranquillamente e senza problemi – perché ciò è in contrasto
con lo spirito e la lettera del progetto educativo della scuola pubblica di uno stato laico. Infatti, più
che informazione equilibrata adatta a suscitare il confronto delle opinioni per la crescita di giovani
in formazione, gli opuscoli distribuiti si presentano come materiale di propaganda teso a esaltare
una sola posizione invece che sollecitare lo spirito critico.
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Http://www.concorsoeuropeo.org/p/4-cosa-dice-la-scienza (ultimo accesso maggio 2013)
C. Flamigni, M. Mori, La legge sulla procreazione medicalmente assistita, Paradigmi a confronto, Il Saggiatore,
Milano 2005, pp. 112-114.
M. Vigli, “Libertà di insegnamento. E di educazione?”, in M. Bovero, op. cit. «Gli insegnanti non sono chiamati a
testimoniare i propri valori, come vorrebbero i cattolici integralisti. Non sono profeti autoreferenziali in cerca di
proseliti, né asettici fornitori di pillole culturali.»
Questo è il clima culturale, un po’ asfittico, in cui molti insegnanti laici (per lo più chiamati
“laicisti”) si trovano a operare e a lavorare. Per sopravvivere questi si impegnano nell’esercizio
della pazienza e della mitezza18, cercando di vedere come tra mille lacci e laccioli sia possibile
continuare a trasmettere ai giovani il senso critico unito al rispetto per le posizioni diverse dalle
proprie. Non sempre ci si riesce, ma comunque, più o meno virtuoso o difettoso che sia, il laico è
spesso solo.
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C.A. Viano, “L’etica laica”, Notizie di Politeia, 12 (1997), n.41-42, pp. 6-9.